importraits.

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a certain number of books.

Dan Perjovschi Bassim Al Shaker Francesco Lauretta Al Fadhil Claudio Parrini Ma Yongfeng Piero Golia Stefan Banz Caroline Bachmann Francesco Bertocco Filippo Falaguasta Sabine Delafon Oscar Giaconia Anteo Radovan Stefano Arienti Gianni Motti Elena Hamerski

importraits.

Samuele Menin Stefano Cagol Kensuke Koike Luigi Presicce Nicola Verlato Gabriele Di Matteo VladimĂ­r HavlĂ­k Paola Di Bello Andreas Schimanski Alessandro Di Pietro Erica Battello Diana Dorizzi Ottonella Mocellin Nicola Pellegrini Marion Baruch Adalberto Abbate Mario Cresci


an artist-run, occasional small press project by Giancarlo Norese and Luca Scarabelli


edited by Giancarlo Norese and Luca Scarabelli

importraits.

a certain number of books. 4

2014



G.N. I hate selfies… I don’t even want to mention them. But what is a self-portrait? And what makes it “important”? L.S.

I’d like to invite some artists to send us a contribution about their idea of selfrepresentation: i.e. a self-portrait made with drawings, photos, or words; or rather their portrait made by others; or the portrait of their double… In any case, a picture or a text where they deeply recognize themselves. Sometimes we are amazed by how good an image is, its simplicity, its banality, its ability to adapt to time and to the absolute lack of a conscious will to be lasting. Without forced constructions, exploiting a presence that had been suspended until that moment. The popes sought the “bontà,” the “goodness” of the image and its resistance in time as a form of eternity to make the viewer, faced with the portrait, be able to exclaim: “There was a time…”

Every time we find ourselves face to face with a medium that becomes a filter between us and the world, this reifies us, and when it transforms us into image, even without wanting to we become actors. It is not known who is being addressed, to whom something is said; we are made to emerge just enough to be called by name. G.N.

I have always thought that painting, any painting, is a magical act. Something that connects us deeply to “what we were, or what we have become, or what we might be.” Could that be true?

L.S. The “contemplation of an ancestral figure


strengthens the occult powers of the beholder.” (Walter Benjamin, “The Work of Art in the Age of Its Technological Reproducibility”, 1936)

Once I made a self-portrait. It was not enough for me. Now I look for one last snapshot as voluntary memory (thinking of Proust).

G.N. “A Portrait Painter, likewise, when he attempts history, unless he is upon his guard, is likely to enter too much into the detail. He too frequently makes his historical heads look like portraits; and this was once the custom amongst those old Painters, who revived the Art before general ideas were practised or understood. An History Painter paints man in general; a Portrait Painter, a particular man, and consequently a defective model.” (Sir Joshua Reynolds, “Discourses on Art”, 1771)

I would like to dedicate this collection of selfportraits to Giorgio B., a “self-portraitist” painter, who left us on a strange summer night, two summers ago.


importraits.

















All’inizio, nel villaggio di contadini dove sono nato e vivevo da bambino, il mio era un nome come tanti. Lo sentivo rare volte. Solo quando il pasto era pronto e mi attardavo a giocare nel cortile di Renato o sull’unica strada sterrata del paese. Per il resto, in famiglia, mia madre mi chiamava “mio piccolo”. E così mia sorella, anche se aveva solo due anni più di me. Per gli altri adulti ero il “piccolo Matuz” o anche solo “piccolo” perché in quel posto non si andava tanto per il sottile. Insomma, allora al mio nome badavo poco. Ho cominciato a farci caso solo dopo, quando ci siamo trasferiti in città. In città un giorno il maestro ci ha portati fuori dalla scuola. Attraversato corso Vittorio Emanuele, abbiamo proseguito per una strada acciottolata e alla fine ci siamo trovati davanti a un edificio basso con una targa dove c’era scritto “Ufficio di Igiene”. Siamo entrati, e per fare non so che vaccinazione, dovevamo passare in fila indiana davanti allo sportello dell’impiegato e dirgli il nostro nome. Sentivo i compagni davanti a me dire Paolo, Corrado, Giovanni, Maurizio. Quando è stato il mio turno ho sussurrato “Anteo”. «Come hai detto?», fa l’impiegato a voce alta. Gliel’ho dovuto ripetere tre volte. «Anteo! Mai sentito un nome così», fa. È stato a quel punto, mentre l’impiegato diceva a voce alta “Anteo”, che il mio nome ha iniziato a pesarmi. E mi ha pesato per tutta la pubertà e l’adolescenza. Quando avevo sedici anni, con addosso quel nome che lasciava nello sconcerto la gente di città, sono andato a vedere da solo un film. A un certo punto della storia, nel buio della sala piena di gente, ho sentito Mariangela Melato pronunciare a voce alta il mio nome e ho immaginato gli spettatori attoniti, come l’impiegato dell’Ufficio di Igiene, nell’ascoltare il mio nome pronunciato dagli altoparlanti. Si trattava di “Film d’amore e d’anarchia” di Lina Wertmüller.
























Dan Perjovschi, “Artist citizen”, Bucharest, 2008 • Bassim Al Shaker, Phoenix, 2014 • Francesco Lauretta, “Autoritratto postum(i)ano”, Florence, 2014 • Al Fadhil, “Aspettando l’Apocalisse con piacere”, Boscherina di Novazzano, February 10, 2012 • Claudio Parrini, “aut”, Vinci, 1991-2014 • Ma Yongfeng, “Selfportrait with Revenge for free”, Chongqing, 2013 • Piero Golia, “Stool”, Los Angeles, 2008 • Caroline Bachmann & Stefan Banz, “In the Meadow”, Washington DC, 2014 • Francesco Bertocco, Milan, 2014 • Filippo Falaguasta, Sarmato, 1984 (ph. G.N.) • Sabine Delafon, “sabine in a booth in berlin by bessaam”, Berlin, 2014 (ph. Bessaam El-Asmar) • Oscar Giaconia, “The Grinder”, Bergamo, 2013 • Anteo Radovan, Bologna, 2014 • Stefano Arienti, Milan, 2014 • Gianni Motti, “Tête brûlée”, Vienna, 1995 (in collaboration with illusionist Mister RG) • Elena Hamerski, “Apolide”, Forlì, 2014 • Samuele Menin, Gorla Minore, 2014 • Stefano Cagol, “The Forest”, Kokkola, 2014 • Kensuke Koike, “Masquerade”, Šempas, 2014 • Luigi Presicce, Frankfurt, June 7, 2012 • Nicola Verlato, Los Angeles, 2014 • Gabriele Di Matteo, “Paul Valéry/ Autoritratto (A quest’ora, le cinque, mi ripugna spremere la mente pensando al giudizio altrui. È l’ora in cui bisogna essere il meno simile, i più unici possibile. È l’ora della pesca!)”, Cetraro, 2014 • Vladimír Havlík, Olomouc, 2012 • Paola Di Bello, “Io nel cd”, Rome, 1991 • Andreas Schimanski, “Production Office”, London, 2014 • Alessandro Di Pietro, “YOU”, Milan, 2014 • Erica Battello, Venice, 2014 • Diana Dorizzi, “Narciso”, Varese, 2008-2014 • Ottonella Mocellin and Nicola Pellegrini, “La linea d’equilibrio tra cielo e terra sulla quale niente diventava reale, e tutto poteva essere dominato”, Nisyros, 2014 • Marion Baruch, “Selfportraits”, Bologna, 2013 (ph. Matteo Monti, courtesy of MAMbo) • Adalberto Abbate, “Selfportrait”, Palermo, 2011 • Mario Cresci, “Cronistoria di Famiglia”, Matera, 1986


Giancarlo Norese and Luca Scarabelli (ed. by), “importraits.” Cover image: a graphic elaboration from “La Tuta” by Thayaht, 1919-1920 courtesy of Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (117 UD) We would like to thank Cristina Acidini, Caterina Chiarelli, Andrea Di Meo, Riccardo Michahelles, Steve Piccolo, the Superintendency of the Polo Museale Fiorentino, as well as all the contributors, for making this publication possible Printed in Italy by a certain number of books., 2014 (no ISBN) <acertainnumberofbooks@gmail.com> acertainnumberofbooks.tumblr.com


I need a portrait of you. It can be a photograph, a painting, a drawing, a text. It can be a self-portrait, or a portrait of you made by others. It can also be a portrait of somebody who looks like you. It can also be an object, or an animal in which you recognize yourself. It can also be just a text with few words, or a list of things you like or you did… It should be you, according to you. Ti chiediamo ti mandarci un tuo autoritratto, può essere fatto con una foto, un disegno, delle parole, la foto di un altro… qualsiasi cosa in cui tu ti riconosca. I am sending you a self portrait with my large graffiti REVENGE FOR FREE on the gallery wall, this project I did in 2013 was showed at Organhaus, Chongqing, a non-profit institution in China. Dear Giancarlo, dear Luca, Caroline and I decided to send you two portraits of us, Caroline photographed me and I her on July 11, 2014 on the famous meadows in Washington, DC. The portraits are called: “In the Meadow”, 2014. Temevo proprio questo, Ade mi ha spedito due volte quella foto scattata con un telefonino, la seconda, diceva, poteva andare ma vedo che non va, e va bene. In effetti ero in dubbio se inviare questa foto o un autoritratto o una serie di autoritratti che ho chiamato “autoritratti postum(i)ani” che metterò in mostra a Scicli prossimamente. Così ti invio alcune foto, sceglierai tu, mi affido e confido. Ogni autoritratto è di 84 x 64 cm. Un inchiostro su carta, scotch, olio, vetro, legno. Sono tutti di questo anno. Ti ho inviato anche solo i segni, senza gli interventi con lo schotch coi baffi della pittura in esubero. Vedi tu. T’abbrazzo intanto e a presto, Ccio. No problem, è uno sgabello fatto al tornio come quelli degli Eames, ma invece della forma geometrica il mio profilo. You can choose from this. Scusa per il ritardo, ero in Lapponia... ecco l’immagine, una foto del 1995, una performance con un illusionista, non l’ho mai pubblicata, spero vada bene… buon’estate e a presto. Poi mi dici. Poi mi dici.


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