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Un grido di dolore dall’Ucraina
Vincent Van Gogh, La siesta (1890), Musée d'Orsay, Parigi.
Renate Klein
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La Tv ogni tanto ci propone qualche storia strappalacrime: un lui e una lei che si amano e che non possono avere bambini. Sono davvero disperati, soprattutto lei. Si presenta poi una “salvatrice”, una donna buona, generosa e sensibile, già madre, che si offre, in cambio di una retribuzione che le spetta come a una qualsiasi professionista, per dar compimento al sogno d’amore dei due sventurati: si fa impiantare un embrione e presta il suo utero alla creatura che dopo nove mesi sarà data, tra lacrime di gioia e di gratitudine, alla “madre d’intenzione”. Tutto questo, condito con tanta melassa di buoni sentimenti, serve a sdoganare la turpe pratica dell’utero in affitto. Un esempio di “utero in affitto professionale” è stato presentato dalla trasmissione di Rete 4 Confessione Reporter, che qualche tempo fa ha intervistato anche Francesca Romana Poleggi, ma che in sostanza ha presentato le madri surrogate ucraine come donne buone, generose e perfettamente felici del “lavoro” che fanno. Abbiamo mandato un messaggio, allora, a Stella Pende, la giornalista che cura la trasmissione, perché leggesse anche le testimonianze dall’Ucraina di cui parla Renate Klein, una femminista doc, che desideriamo condividere anche con i nostri Lettori. Il suo articolo ha un titolo piuttosto eloquente: Un grido di dolore dall’Ucraina. A sua volta, la Klein parla del documentario girato la scorsa estata dalla coraggiosa giornalista australiana Samantha Hawley (quella che commosse il mondo - o almeno la parte di umanità umana che c’è ancora in questo mondo - con la notizia di Baby Gammy, il bambino con sindrome di Down rifiutato dai “compratori”, come merce difettosa: accettarono solo la sua gemellina). L’articolo della Klein è stato pubblicato sul sito stopsurrogacynow.com di Jennifer Lahl. La traduzione, con adattamenti, non rivista dall’Autrice, è della Redazione.
“MERCE” FALLATA L’Ucraina è uno dei paesi più poveri dell’Europa orientale e ancora soffre per la guerra civile iniziata nel 2014. La legge consente alle donne di affittare l’utero solo a coppie eterosessuali che mostrano un certificato medico di sterilità. Tuttavia, le donne che vengono assunte come “madri surrogate” (un termine improprio, sono in realtà “surroganti”) non hanno alcun potere contrattuale e sono totalmente nelle mani di agenzie senza scrupoli come la BioTexCom. Spesso sono rifugiate di guerra che non possono tornare alle loro case. E non hanno lavoro. Bridget, 3 anni, è un’altra bambina come Baby Gammy, abbandonata come merce difettosa dagli acquirenti, Matthew Scott Etnyre e Irmgard Pagan, che vivono in California. È gravemente disabile ma sta migliorando grazie alle cure che riceve nella Casa di accoglienza di Sonechko. Un’ex-infermiera, Marina Boyko, si è occupata di lei sin dalla nascita. I due americani avevano fatto scrivere dall’avvocato una lettera all’ospedale chiedendo di lasciar morire la piccola (nata prematura) perché era «in stato vegetativo» e incurabile. «Non la porteremo in America», avevano aggiunto. Tre anni dopo, “Brizzy” vede, ascolta, conosce alcune parole, sorride, mangia e un giorno con la giusta terapia fisica sarà in grado di camminare da sola (è nata a 25 settimane, pesava solo 850 grammi). Marina dice che per lei è la bambina più bella e più gioiosa del mondo. Ma è apolide. Ora vive nella casa di accoglienza per bambini, ma se non viene trovata una famiglia che si prenda cura di lei in modo permanente, all’età di sette anni perderà la possibilità di accesso a qualsiasi terapia. E all’età di 18 anni verrà inviata in un ospizio. Sì, la mancanza di figli può essere molto dolorosa, ma infliggere dolore a così tante altre persone è profondamente immorale, indifendibile. La piccola Bridget rimarrà nei nostri cuori.
Dopo che è stato visto il documentario della Howley, in Australia per lei è stata avviata una raccolta fondi: in due giorni sono stati donati quasi 5.000 dollari. Si spera che quindi potranno esserle garantite le terapie, così come le donazioni consentono a Baby Gammy, in Thailandia, di vivere con sua madre (la surrogata che lo ha partorito).
I bambini con sospetta sindrome di Down di solito vengono abortiti. Se nascono da utero in affitto, i compratori spesso rifiutano di portarseli via, come la merce fallata.
La mancanza di figli può essere molto dolorosa, ma infliggere dolore a così tanti altri è profondamente immorale e indifendibile.
Il difensore civico dei bambini, Nikolai Kuleba, nominato dal presidente ucraino, è a conoscenza della storia di Bridget e sa che i suoi compratori hanno concluso un secondo accordo di maternità surrogata, che ha portato alla nascita di altri due gemelli (anche Bridget ebbe un gemellino, che morì). Conosce almeno altri dieci bambini che sono stati abbandonati in Ucraina dai loro compratori stranieri.
UNA DONNA-INCUBATRICE La Hawley, nel suo documentario, ha intervistato anche una madre surrogata reclutata dalla BioTexCom. Lei e suo marito sono rifugiati di guerra e vivono in una città di confine. La loro casa è stata distrutta e non possono tornare indietro. In una situazione tanto disperata è stato difficile resistere all’offerta di “lavoro” della BioTexCom. La donna ha voluto rimanere anonima, temendo persecuzioni legali da parte dell’azienda. La sua prima gravidanza è stata per una coppia spagnola. Sono stati impiantati tre embrioni, ma in seguito un bambino è stato eliminato: erano troppi. Lei non ha avuto alcuna voce in capitolo e si è dovuta sottoporre senza obiezioni alla “riduzione fetale”, cioè a un aborto parziale. Al quinto mese di gravidanza ha dovuto sottoporsi a un taglio cesareo d’urgenza. I bambini sono morti. Da quel momento è stata completamente abbandonata. Si è dovuta curare da sola e ha dovuto provvedere alla disposizione dei poveri resti da sé. Alla fine le hanno dato 250 dollari. Ancora alla disperata ricerca di denaro, inizia un’altra maternità surrogata per una coppia britannica. Ancora una volta vengono impiantati tre embrioni. Questa volta sono due quelli rimasti vittime della riduzione fetale. Anche questa volta dopo 25 settimane un cesareo d’urgenza. Baby Michael però ce l’ha fatta e ora è nel Regno Unito con i suoi compratori, anche se ha problemi di sviluppo. Per l’agenzia, le donne «sono solo incubatrici», ha detto alla Hawley: «Non ci trattano come esseri umani, non mostrano alcuna comprensione».
INTERMEDIARI SENZA SCRUPOLI La giornalista ha ottenuto poi un’intervista con il capo della BioTexCom, Albert Tochilovsky. L’azienda, descritta come «una delle migliori cliniche non solo in Ucraina ma in tutto il mondo», è registrata nelle Seychelles, non in Ucraina. Quindi, quando un avvocato ucraino ha cercato di agire nei confronti dei compratori per costringerli ad eseguire il contratto, si è trovato di fronte a un ostacolo insormontabile: la legge ucraina non si applica alle società registrate all’estero. Tochilovsky è stato per poco tempo posto agli arresti domiciliari, accusato di traffico di minori, falsificazione di documenti ed evasione fiscale, nel maggio 2018. Ma ad oggi non è stato avviato alcun procedimento a suo carico. Nell’intervista, Tochilovsky insiste sul fatto che la BioTexCom non ha mai avuto
Uno dei libri denuncia della Klein
un cliente chiamato Etnyre e che non ha alcuna responsabilità per Bridget. Ma anche per i compratori di bambini la pratica dell’utero in affitto non è così semplice e non sempre funziona come vorrebbero (della qual cosa, ovviamente, ci interessa assai poco. Però vale la pena parlarne per capire che gente gestisce le cliniche per la fertilità). La Klein riporta le testimonianze di due coppie australiane che hanno avuto a che fare con l’agenzia Lotus, sempre in Ucraina (registrata in Israele). Hanno pagato, rispettivamente, 110.000 e 140.000 dollari e hanno ottenuto un servizio molto scadente quando i loro gemelli sono nati prematuramente con emorragia cerebrale. Entrambe le coppie australiane hanno scelto la ditta Lotus, dopo aver seguito i consigli di Sam Everingham della società intermediaria Famiglie in crescita. Negli ultimi cinque anni, la società di Everingham ha guadagnato circa 2 milioni di dollari. Interpellato circa queste tragiche testimonianze, Everingham difende la sua professionalità di intermediario, affermando che sono le coppie che devono assumersi la responsabilità della loro decisione. Ha detto inoltre che lui lavora anche dove la legge pone limiti alla pratica dell’utero in affitto perché ritiene che tali leggi siano ingiuste.
Personaggi come lui tengono convegni e conferenze sulla maternità surrogata internazionale anche negli Stati dove andare all’estero per comprare figli è reato. Un ex dipendente della Lotus si è licenziato per via dei modi disumani con cui venivano trattate le madri surrogate: «Una donna incinta di 24 settimane diceva che non si sentiva molto bene... I medici si sono rifiutati di curarla perché sarebbe stato troppo costoso. Doveva avere un cesareo d’urgenza a causa di un’infezione: se gliel’avessero praticato i bambini potevano essere salvati».