Contatto Magazine

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periodico di informazione dedicato ai bambini e alle famiglie

Anno I numero 1 - Massmedia \\ Edizioni Ziino - edizioni giornali e riviste dal 1960

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SALUTE E BENESSERE

MIO FIGLIO PARLA MALE, COSA DEVO FARE? MORBILLO: L’IMPORTANZA DEL VACCINO SCOPRIAMO LO YOGA DELLA RISATA SPORT VOLLEYBALL STABIA “LABORATORIO SOCIALE”

N. 1 I TRIMESTRE 2016 COPIA OMAGGIO

magazine

SCUOLA PANZINI: I PROGETTI PER GLI STUDENTI SOCIETÀ LA CHIESA APRE AI GIOVANI ESPERIENZE VIVERE ALL’ESTERO ALIMENTAZIONE

ALLERGIE E INTOLLERANZE: FACCIAMO CHIAREZZA

COLLEGATI DAL TUO SMARTPHONE AL NOSTRO MONDO PER INVIARE COMMENTI E SCARICARE LE OFFERTE


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Nr.1 - I trimestre 2016


EDITORIALE

Un “contatto” sul territorio per favorire il dialogo Da un’esperienza editoriale di circa cinquant’anni, nasce il magazine “Contatto”, un periodico dedicato ai bambini e alle famiglie che intende favorire l’incontro e il confronto tra generazioni sulle tematiche di più ampio interesse. Il magazine riserverà uno spazio alle scuole e alle associazioni per dar voce alle iniziative e ai progetti in programma. Già in questo primo numero abbiamo aperto un proficuo dialogo con alcune significative realtà del territorio e auspichiamo di poter fare ancora di più in futuro. La salute e il benessere saranno tematiche sempre presenti sulle nostre pagine. Grazie a collaborazioni di lunga data con ginecologi, andrologi, neonatologi, pediatri e specialisti di chiara fama, tratteremo argomenti di carattere medico-scientifico, fornendo informazioni alle donne in gravidanza e alle famiglie con bambini piccoli. L’intervento di educatori e psicologi potrà essere di supporto ai quesiti posti dai lettori, affrontando gli argomenti richiesti con un linguaggio semplice e professionale al tempo stesso.

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“Contatto” rappresenta la sintesi di un progetto editoriale molto ambizioso; periodicamente la Redazione organizzerà incontri e tavole rotonde presso associazioni, scuole e comunità laiche e religiose. Lo scambio di informazioni, l’interazione con i lettori e l’aggiornamento dei contenuti, saranno resi possibili grazie alla complementarietà tra magazine, sito internet e profili sui principali social network. Com’è tradizione della nostra societa editrice, il magazine fonda la propria forza sullo stretto contatto con il territorio, riportando contributi redazionali e suggerimenti legati alle esigenze e alle richieste dei lettori, che hanno bisogno di trovare, a poca distanza da casa, la risposta e la soluzione alle proprie necessità. Il magazine amplierà sempre più la propria diffusione in omaggio nei reparti di ginecologia, neonatologia e pediatria dei principali ospedali della zona, centri di analisi e farmacie, specialisti di settore, scuole di infanzia, associazioni, scuole e comunità laiche e religiose, oltre a garantire molte copie omaggio agli stessi sponsor.

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Realizzazione Editoriale

massmedia comunicazione e marketing edizioni ziino

società editrice dal 1960

Direttore responsabile Mario Ziino Responsabile relazioni esterne Carlo Pecoraro

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Hanno collaborato Valentina Manzo Per le interviste si ringrazia Lorella Aiello Stampa Fenice Print C.mare di Stabia (Na) Realizzazione Grafica Mario Ziino per Massmedia Comunicazione

INDICE 06 I bambini fanno grandi sogni

Amministrazione Via Varano, 3 C.mare di Stabia (Na) Pubblicità Via Denza, 24 C.mare di Stabia (Na) Telefax: 0818705007

www.massmediacomunicazione.com info@massmediacomunicazione.com

Le nostre pubblicazioni sono presenti nelle principali fiere, eventi del settore, esercizi commerciali, associazioni di categoria, enti e autorità. Le collaborazioni sono offerte a titolo gratuito. La nostra Società editrice non si assume alcuna responsabilità correlata all’utilizzo del materiale (fotografie e notizie) fornito dai clienti ed impiegato per la realizzazione di inserzioni pubblicitarie e servizi pubbliredazionali atti a promuovere ed evidenziare i prodotti e i servizi che essi offrono.

In attesa di Registrazione.

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Carlo Alfaro

26 La Chiesa apre

ai giovani

Martina Cascone

12 Lettura condivisa 30 Un amico di in famiglia

nome Fahd

Alfonso D’Apuzzo

14 Yoga della risata Rodolfo Matto

18 Ambientamento al nido

22 Mio figlio parla

male, cosa devo fare?

Josephine Carolei Davide Longobardi

36 Panzini:

i progetti per gli studenti

38 Dipendenze:

ne parliamo con gli esperti Alunni Sc. Panzini

Marisa De Gregorio

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42 Morbillo:

l’importanza della vaccinazione

46 Lontano

60 L’educazione

alimentare si impara in famiglia

Annalisa Cacace

dai banchi per imparare “sul campo”

64 Allergie e intol-

Alunni Ist. Ferrari

54 Natalia Toscano

la nuova “signora in giallo” della Penisola

Carlo Alfaro

56 Vivere all’estero

86

Marcello Russo

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leranze: facciamo chiarezza

Catello Romano

80 Favole e sport per la salute

Annapia Manzi

86 Storie di vita

alla luce del metodo Scout

Mariangela D’Anuono

68 Psicologo : andare o non andare?

Patrizia Savastano

72 Si va verso

l’estinzione della meningite Alfonso D’Apuzzo contatto magazine www.contattomagazine.it

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SALUTE E BENESSERE

I bambini fanno grandi sogni

Dott. Carlo Alfaro Pediatra Guardare un bambino dormire è un’emozione pura ed intensa… come ci piacerebbe entrare in quel momento nella sua mente e leggere i suoi sogni, per capire meglio il suo mondo… Proviamoci insieme. Sonno e sogni I sogni si verificano nella fase REM (Rapid Eye Movements) del sonno, o sonno desincronizzato, che si distingue dall’altra fase del sonno, il sonno Non REM o sonno sincronizzato, che va dalla sonnolenza al sonno leggero sino all’inizio del sonno profondo. Il sonno NREM e il sonno REM si alternano ciclicamente durante il riposo. Nel-

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la fase REM il cervello manifesta un’attività elettrica molto intensa, mentre il corpo è in stato di profondo rilassamento muscolare. L’importanza di sognare Nella nostra vita malata di fretta, sembra che il sonno e il sognare siano quasi un tempo perso rispetto alle altre attività. Nulla di più sbagliato. Il sonno e il sogno sono momenti fondamentali per il benessere psico-fisico dell’individuo, e nei bambini anche per un corretto sviluppo della memoria e dell’intelletto. Il “padre” dell’interpretazione dei sogni fu Sigmund Freud, che definì l’attività onirica come “la via regia che condu-

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ce all’inconscio”, in quanto intuì che attraverso i sogni il nostro inconscio trova modo di comunicare alla nostra coscienza messaggi importanti: ricordi, paure, disagi, conflitti, aspirazioni, desideri, esigenze, problematiche, una realtà emotiva interiore di cui spesso non siamo pienamente consapevoli, che il sogno ci restituisce in forma di “simboli”. Nel bambino, a questa funzione fondamentale si aggiunge quella di sviluppo del sistema nervoso: organizzazione della capacità cognitiva, della memoria visiva e delle proprietà linguistiche. Dunque nel bambino sognare assolve una duplice funzione: psicologica ed intellettiva. La funzione psicologica consiste nel fatto che attraverso l’attività onirica il bambino crea una realtà virtuale che gli permette di interpretare la realtà esterna e il suo mondo interiore rielaborandone in modo fantastico immagini, suoni, emozioni: i sogni lo fanno entrare direttamente a contatto con il suo universo emotivo, fatto di desideri, entusiasmi, pulsioni, tensioni, paure, angosce. La funzione intellettiva consiste nel fatto che sognare aumenta le capacità cognitive del bambino, potenziandone velocità di apprendimento, attenzione e linguaggio, grazie alla creazione nel cervello di nuove connessioni nervose senza l’interferenza di altri percorsi mentali che distraggono il bambino da sveglio o nel sonno leggero. I bambini sognano già nel corso della vita uterina, almeno a partire dal settimo mese di gravidanza, ma forse anche prima. Già i neonati di pochi giorni poi iniziano ad imparare cose nuove ed elaborano le informazioni e le impressioni ricevute dall’ambiente durante il sonno profondo. Per tutta l’infanzia, il bambino sogna molto più dell’adulto, e i suoi sogni sono molto più vividi. I sogni dei neonati Nei neonati prematuri la fase REM occupa quasi il 100% del tempo di sonno, nei neonati a termine il 50%, poi diminuisce gradualmente durante la crescita fino al 20% degli adulti. Si ritiene che un neonato che dorme 18 ore sogni in media 8 ore. Anche nei neonati i sogni rielaborano le emozioni della

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vita da svegli, sia di disagio, come la fame o il pannolino sporco o una colichetta, sia di piacere, come la suzione del latte, e possono verificarsi persino incubi, espressione dell’angoscia di non essere ascoltati, dal momento che realizzano la loro condizione di totale dipendenza dagli adulti. Gli studi hanno addirittura dimostrato che già il feto dalla 23esima settimane sogna, non appena è in grado di percepire gli stimoli dal mondo esterno, come il suono del respiro e del battito cardiaco della madre, le intonazioni delle voci, le prime sensazioni tattili, olfattive e gustative. Funzione del sogno, già a questa età, è l’interpretazione, la memorizzazione e la presa di coscienza delle esperienze. Il sogno è la prima “officina” di memorizzazione e apprendimento della realtà. Si ipotizza che durante il sogno il neonato consolida quelle tracce che gli stimoli esterni e le prime esperienze lasciano nel suo cervello, come se il sogno fissasse le esperienze vissute come immagini durature. L’attività onirica genera così una prima organizzazione della massa caotica delle informazioni che raggiungono il cervello del neonato durante il giorno, assumendo così un importante ruolo biologico e psicologico nel normale sviluppo del bambino stesso. I sogni dei bambini fino a 5 anni Secondo Freud, i sogni della prima infanzia, fino a 5 anni, sono “chiari, brevi e coerenti”. Il loro contenuto è di solito “trasparente”, scevro di emozioni: l’adempimento di un desiderio diurno, il soddisfacimento di un bisogno come la fame e la sete, la copia fedele di vicende familiari e scolastiche. Protagonisti sono i genitori, i compagni di gioco, gli animali domestici, i personaggi dei cartoni e delle favole. Già dai primi anni il bambino può avere degli incubi, o dei sogni ricorrenti, che possono riflettere un problema che non riesce a superare. Tutte le cose nuove e strane, che il bambino non riesce a capire nel loro reale significato, creandogli paura, tensione, preoccupazione, nel sogno vengono rielaborate, rivissute, esasperate e alla fine superate e ridimensionate: “è solo un sogno”.

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SALUTE E BENESSERE

I sogni dopo i 5 anni È solo dalla terza infanzia (5-11 anni) che inizia a strutturarsi il sogno simbolico, espressione di messaggi dal mondo dell’inconscio, come avviene nell’adulto. Man mano che i bambini crescono, i sogni diventano sempre più lunghi e complessi. Il protagonista del sogno è spesso il bambino stesso, assieme ai suoi coetanei o ad altre figure della quotidianità, e compaiono scenari variati e storie compiute, che rispecchiano la migliore conoscenza dell’ambiente durante la veglia, mentre il contenuto si fa più pieno di affettività ed emozione. Compaiono figure spettrali o soprannaturali, spesso mutuate dal cinema, tv, videogiochi. Eventi scolastici e sportivi sono frequenti nei sogni di questa età. Talvolta ci sono scene di paura, espressione della maggior complessità della vita che si deve affrontate con la crescita, e delle ansie, difficoltà o preoccupazioni che ciò genera. Il significato dei sogni dei bambini I mostri: uomini neri, streghe, esseri spaventosi, ladri penetrati in casa, sono di solito proiezioni della figura di un adulto, che il bambino ha percepito essere aggressivo con lui o con qualcun altro, e del cui potere e autorità ha paura (es. madre che urla e minaccia, genitori che litigano, insegnante severo). Il sogno può anche esprimere la paura di cre-

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scere e perdere l’amore delle figure di riferimento, o l’insicurezza derivante dal timore di non saper controllare le proprie pulsioni istintive(in tal senso, il mostro è un suo alter ego, la sua “parte cattiva”, che nel sogno esprime istinti tenuti a freno nella quotidianità). Spesso la strega in particolare indica tensioni con la mamma: un conflitto, una situazione stressante, un dispiacere. Cadere: la spiacevole sensazione di cadere durante il sonno testimonia insicurezza per una situazione avvertita dal bimbo come precaria (es. cambio di casa o di scuola, conflitti in famiglia, problemi economici) oppure un senso di mancanza di stabilità per l’accumularsi di troppi impegni quotidiani, un caos nell’organizzazione dei programmi della giornata, un accavallamento di molte cose insieme. Insetti: testimoniano la paura di un cambiamento improvviso, come l’arrivo di un fratellino o il trasferimento di casa o scuola, o dell’arrivo di qualcosa di inaspettato come la malattia di una persona cara, o della perdita di punti di riferimento importanti, come la separazione dei genitori. Il sogno potrebbe riflettere una sensazione di perplessità e di essere travolto. Volare, avere poteri magici: il bambino potrebbe star vivendo una situazione di pressione o preoccupazione o sente che deve affrontare una scelta o un cambiamen-

to che lo spaventa, o che vive come una sfida. “Volare” permette ai bambini di sottrarsi a situazioni che vive come pesanti o costrittive, rappresenta infatti un desiderio di fuga ma anche la sensazione di poterne uscire con le proprie forze. La perdita di una persona o un animale caro, problemi coniugali o economici in famiglia, un fratellino che richiede cure speciali, difficoltà scolastiche o di relazione, possono rappresentare delle sfide che mettono i bambini sotto stress e il sogno di poter volare rappresenta il desiderio di evitamento nonché però la sensazione di avere l’intelligenza, l’immaginazione e il coraggio di risolvere grazie alle proprie personali capacità e abilità. Giocattoli e animali buoni che diventano cattivi e pericolosi: il sogno rivela insicurezza nei confronti delle figure di attaccamento (genitori, parenti, insegnanti, amici, animali domestici) o anche di situazioni e luoghi, che il bambino considera buoni e sicuri, ma che a volte si manifestano inspiegabilmente dure e ostili, diventando ambigue o ambivalenti. Il bambino potrebbe star affrontando qualcosa che sembra quasi sempre normale ma che a volte sembra rivoltarglisi contro, dal compagno di giochi che a volte è sleale ad una situazione domestica che lo confonde perché a volte è normale e a volte è destabilizzante. Essere inseguito o at-

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taccato da un animale cattivo e feroce: esprime una situazione negativa, di stress, paura, tensione, o la presenza di una persona aggressiva che spaventa il bambino nella vita reale, es. qualcuno che lo importuna in famiglia o a scuola. Essere nudo in pubblico o vestito in maniera inappropriata, es. in pigiama a scuola, o andare al bagno in pubblico: esprime un senso di “esposizione”, di fragilità, di insicurezza, per esempio ansia da prestazione rispetto a situazioni difficili che creano agitazione (primo giorno di scuola, una gara sportiva, l’arrivo

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della pagella, interrogazioni, esami, recita, analisi, cambiamenti, ecc.).Può indicare più in generale un sentimento di vergogna e vulnerabilità nei confronti del mondo esterno, la paura dello sguardo altrui, il timore di non essere accettato. Essere paralizzato, intrappolato, incastrato, non riuscire a muoversi o a correre e fuggire: indica che il bambino sente inquietudine e ansia per situazioni difficili o scomode che non riesce ad affrontare e risolvere, o per le quali si sente inadeguato, o che non riesce a spiegarsi perché non si è lasciato convincere

da rassicurazioni verbali o avverte diverse da come gli vengono descritte (es. dire a un bambino che fra mamma e papà va tutto bene mentre lui continua ad assistere a discussioni), o che non si sente all’altezza delle aspettative dei genitori. Come si affrontano i sogni dei bambini Anche se tutti i bambini sognano, sin da piccolissimi, prima dei tre anni non hanno la capacità di raccontare i loro sogni. Nei neonati e nei bambini piccoli, possiamo immaginare cosa stiano sognando dalle espressioni del volto che tradiscono le

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emozioni, o dai versi che emettono. A circa 3 anni i bambini iniziano a raccontare occasionalmente dei loro sogni, ma spesso la fantasia del racconto e il sogno reale s’intrecciano in modo inconsapevole. Man mano che crescono, la capacità di ricordarli diventa maggiore, ma alcuni bambini sono gelosi di riferire i propri sogni. Sarebbe bene abituare i bambini a parlare ogni giorno di cosa hanno sognato, magari durante la colazione o un momento piacevole della giornata. Parlando dei sogni e degli incubi avremo informazioni sul loro inconscio e potremo aiutarli a superare una difficoltà che li preoccupa. Chiedere loro di disegnare l’oggetto dei propri incubi è un altro modo per rendere superabili quei momenti così spaventosi, e conferisce loro un senso di controllo sugli eventi, sia inconsci che consci, nella vita quotidiana. Non è necessario però condividere col bambino l’interpretazione dei suoi sogni, è importante solo farlo parlare, facendogli capire che si tratta di una parte della vita che si può condividere tranquillamente e anche divertendosi, proprio come quando si parla dei libri o dei film preferiti, che si può comunicare liberamente delle proprie emozioni, che con i genitori può sentirsi sempre sicuro, e che siamo interessati alla sua esperienza. Per incoraggiarlo a parlare, si può raccontare anche qualcosa dei

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propri sogni. Parlare dei sogni, svuotandoli dell’angoscia che possono contenere, senza interpretarli, aiuta a valorizzare il sogno e il sonno, e a non averne paura, confermandogli che i sogni non sono reali e che si può sentire sicuri nel suo letto. Dai sogni raccontati dal bambino i genitori possono capire se ci sono esperienze quotidiane con immagini violente tratte da programmi televisivi o film inadatti all’animo del bambino, un eccesso di emozioni dovute a situazioni relazionali difficili come litigi in famiglia o distacchi affettivi, persone che creano tensione o difficoltà al bambino. La preparazione ai sogni È importante predisporre i bambini al sonno e ai sogni, con ninnananne rassicuranti, ambiente accogliente, rituali della buonanotte come la lettura di un libro. Una lucina, il proprio orsetto, un carillon, possono aiutarli nel momento dell’addormentamento a confortarlo e ad affrontare il passaggio di stato dalla veglia al sonno. L’organizzazione frenetica della giornata, la molteplicità di stimoli fino a tarda ora, l’abitudine di guardare la televisione o internet e il consumo di cibi e bevande subito prima di dormire, sono tutti elementi nocivi per una buona qualità del sonno dei bambini. È stata messa a punto dai Pediatri la cosiddetta “regola dei cinque sensi” per favorire il sonno e i “sogni d’oro”, ispirata a vista, gusto,

tatto, olfatto e udito. La vista: spegnere tablet, tv e computer almeno un’ora prima di andare a letto, entro le otto di sera, e abbassare le luci di casa dopo cena, sia per evitare stimoli che ostacolano il rilassamento, sia perché la luce altera la produzione di melatonina, l’ormone che favorisce il riposo, sballando il ritmo sonno-veglia. Il gusto: evitare a cena cibi fritti, grassi, ipercalorici, e non cenare oltre le 20, almeno 1 ora prima dell’andata a letto; preferire alimenti che contengono triptofano, precursore della serotonina, il mediatore del riposo, quale latte e derivati, pollo e tacchino, uova, pesce. Il tatto: mantenere una temperatura confortevole nella camera del bambino, né troppo calda né troppo fredda, scegliere un pigiama in cotone traspirante, non coprirlo troppo: la necessità di termoregolazione ostacola una buona qualità del sonno. L’olfatto: il letto deve essere fresco e profumato di lavanda, fragranza che riduce frequenza cardiaca e pressione arteriosa e rilassa i muscoli; evitare in camera odori forti e pungenti, che sono disturbanti. L’udito: un ambiente silenzioso è essenziale per prendere sonno e almeno 30 minuti prima di mettere a letto i bimbi la casa dovrebbe scivolare nel silenzio, riempiendosi soltanto di suoni gradevoli come una musica rilassante.

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Lettura condivisa in famiglia Un aiuto concreto allo sviluppo del cervello del bambino Dott. Alfonso D’Apuzzo Pediatra e neuropsichiatra infantile

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L’esperienza contribuisce, soprattutto nelle primissime epoche della vita, a definire l’architettura delle circonvoluzioni cerebrali, favorendo la determinazione di competenze e indirizzando tratti del carattere, in definitiva associandosi alla genetica nel definire come funziona il nostro cervello, e quindi chi siamo. La mente umana è, soprattutto, il prodotto della comunicazione. L’apprendimento inizia già in utero, i neonati a termine hanno già memorizzato la voce materna e sono sensibili alle proprietà prosodiche della loro lingua madre. La lettura condivisa fa crescere il cervello dei piccoli bambini. Nei primi anni di vita l’esperienza crea nuovi circuiti cerebrali, aumentando la massa di tessuto neurale. Il complesso di conoscenze, attitudini e abilità necessarie per sviluppare le abilità di lettura, si sviluppa progressivamente nei primi anni di vita (emergent literacy), su basi geneticamente determinate e in relazione con quanto offre l’ambiente, in particolare dal punto di vista della stimolazione verbale. La consapevolezza fonologica è l’abilità più predittiva delle abilità di lettura. Gran parte delle basi per l’apprendimento del linguaggio vengono poste nel 1° anno di vita. Assieme a questo vengono appresi gli elementi di fonologia, prosodia e segmentazione delle parole che costituiscono i presupposti della lettura. I bambini con maggiore esposizione alla pratica della lettura a casa hanno una maggiore attivazione di aree cerebrali deputate alla lettura nell’emisfero di sinistra. Tutto questo è stato evidenziato con tecniche di neuro immagini, quindi bisogna promuovere la lettura in famiglia. La lettura dialogica è la modalità più efficace nell’attivare diverse funzioni cerebrali esecutive. Quindi si apprende implicitamente a comprendere una storia, mentre per leggerla occorre che qualcuno ce lo insegni, perché la corrispondenza grafema-fonema, cioè la corrispondenza

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fra la parola scritta e la parola parlata (consapevolezza fonologica), dipende da un insegnamento formale ed esplicito. Quando si ascolta una storia vengono attivate aree cerebrali specifiche (mental imagery) per cui il bambino ha la capacità di “ vedere” quanto si sta ascoltando (corteccia latero-occipitale), che contribuisce successivamente alla sua abilità di lettura. Esercitare il bambino in età prescolare alla comprensione narrativa può facilitare l’attivazione di circuiti neurali che controllano la pianificazione, l’attenzione, l’esecuzione, la flessibilità nella scelta delle strategie, la velocità di processamento e la memoria di lavoro. Tutte queste funzioni sono situate nel lobo frontale. Quindi adoperarsi affinchè le famiglie abbiano a disposizione una buona varietà di libri, attraverso la promozione della frequenza della biblioteca, l’istituzione di punti lettura per bambini, reti di prestito.

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Yoga della risata “Quando tu ridi cambi, quando tu cambi tutto il mondo cambia” Dr. M. Kataria Rodolfo Matto Presidente dell’Associazione Nazionale Yoga della Risata

Sin da piccoli siamo troppo condizionati da affermazioni come: “Fai la persona seria, non ridere” o “Il riso abbonda sulla bocca degli stolti”, ma nella cultura popolare si dice anche che: “Il riso fa buon sangue”. Dovrebbe allora sorgerci il dubbio che solo gli stolti hanno buon sangue. In realtà, ridere è una delle cose che pone l’uomo al primo posto nelle teorie evoluzionistiche, a parte alcune specie di scimmie, è l’unico animale a ridere, ed è comunque il solo capace di ridere di se stesso. Siamo sul vertice della piramide evolutiva per la posizione eretta, per la capacità di articolare i suoni in linguaggio e

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perché ride. Se la natura ha voluto questo un motivo ci sarà. Parliamo di un fenomeno umano innato nella persona, tutti gli esseri umani alla nascita, per fare relazione, sorridono e ridono, è il più potente motore di empatia. Ciascuno di noi se deve scegliere in quale negozio andare spontaneamente andiamo dove c’è un commesso sorridente piuttosto che dove c’è ne uno sempre serio o burbero. E quante volte ci è capitato che avevamo un dolore, ad un piede, all’addome piuttosto che alla testa, e vedendo una scena comica in tv o per strada ci siamo messi a ridere e ci siamo”distratti” dal

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dolore. Quando ridiamo produciamo una serie di sostanze chimiche al’’interno del nostro organismo (neurotrasmettitori) che hanno un effetto analgesico. Ridere ci riporta sempre al “qui ed ora”, ci tiene ancorati nel presente a prescindere dai pesi che portiamo con noi. Quando ridiamo, ridiamo e basta, tutto si allontana e guardiamo al mondo intorno a noi spostando il nostro punto di osservazione, come se d’improvviso scopriamo di osservare la realtà da dietro un paio di occhiali scuri e decidiamo di toglierceli. Da secoli, la risata è ritenuta la miglior medicina per il corpo e per la mente, ma non c’era mai stato un sistema affidabile per garantirla. La risata era semplicemente il risultato finale di un divertimento. Lo Yoga della Risata ha portato l’atto del ridere a un nuovo livello. È un sistema completo, che consente di prescrivere la risata come parte di una routine giornaliera, perché si realizzino tutti i benefici possibili per la salute. Consente a tutti di ridere, anche a coloro che sono seri, introversi e che fanno fatica a divertirsi. Lo Yoga della Risata fu ideato dal Dr. Madan Kataria nel 1995 in India, basandosi su un dato scientifico per cui il corpo non sa distinguere tra una risata indotta e una naturale. Entrambe sono in grado di produrre la stessa “chimica della felicità”; un’idea unica per ridere senza bisogno della razionalità, senza dover necessariamente basarsi sulla comicità, le barzellette, le battute di spirito e attraverso il contatto

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visivo e la giocosità tipica di quando eravamo bambini, presto la risata indotta si trasforma, diventando naturale e contagiosa. La parola “Yoga” dal Sanscrito “YUJ” significa: unire, integrare e armonizzare; avere il controllo della nostra vita, migliorarne alcuni aspetti, armonizzare il nostro corpo con la mente, con lo spirito e con il mondo che ci circonda. Si chiama Yoga della Risata perché fa uso del PRANAYAMA, l’antica scienza yogica per il controllo del respiro, e di esercizi di risata. La vera essenza della vita è il respiro. Si combinano le risate con gli esercizi di respirazione, in modo da portare più ossigeno nel corpo e nel cervello. Così da acquistare maggiore energia e migliorare il nostro stato di salute. Lo Yoga della Risata, che oggi è diventato un fenomeno mondiale con migliaia di Club in oltre 90 paesi. Lo si pratica nelle aziende, nelle case di riposo, nelle scuole, nelle università, nelle palestre, nelle comunità di vario tipo, in carcere, in ospedale, negli istituti per disabili e nei gruppi di auto-aiuto. È riconosciuto come una delle più efficaci alternative di supporto terapeutico per il completo benessere psicofisico. I Cinque Benefici dello Yoga della Risata Lo Yoga della Risata si sta diffondendo rapidamente in tutto il mondo perché chi lo pratica regolarmente riscontra un sorprendente miglioramento delle proprie

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SALUTE E BENESSERE

condizioni di salute, un atteggiamento mentale più positivo e livelli più elevati di energia. Lo Yoga della Risata si adatta a diversi ambienti, e i benefici che offre possono essere classificati secondo cinque gruppi principali, che impattano sulla persona in quasi ogni aspetto dell’esistenza. Solleva il morale. Lo Yoga della Risata può cambiare l’umore in pochi minuti, permettendo il rilascio di endorfine dalle vostre cellule cerebrali. Questo vi fa sentir bene e, se siete di buon umore, farete bene qualsiasi cosa. Porta benefici per la salute. Lo Yoga della Risata riduce lo stress e rinforza il sistema immunitario. Se il sistema immunitario è forte, non ci si ammala facilmente e, in caso di disturbi

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cronici, questo è un aiuto a guarire più rapidamente. Porta benefici per il lavoro. Il cervello ha bisogno del 25 % in più di ossigeno per funzionare bene. Gli esercizi che stimolano la risata possono aumentare la scorta di ossigeno nel corpo e aiutano a migliorare efficienza ed efficacia. Ci si sente pieni di energia e si può lavorare più del normale, senza affaticarsi. Aumenta la capacità empatica. La qualità della vita dipende dalla qualità dei vostri amici e delle vostre relazioni. La risata è un grande connettore di persone e porta con sé molti buoni amici con relazioni di cura e di condivisione. Permette il ridere nelle avversità. Tutti possono ridere anche quando le cose vanno bene, ma lo

Yoga della Risata insegna a ridere incondizionatamente, in modo da poter ridere anche quando i tempi sono difficili. Dà forza nelle avversità, un meccanismo che aiuta a mantenere un atteggiamento mentale positivo, nonostante gli accadimenti. Nel 2007 in Italia viene costituita l’Associazione Nazionale Yoga della Risata, che in questi anni ha diffuso questo metodo su tutto il territorio nazionale, formando numerosi leader e teacher e contribuendo allo sviluppo di numerosi club della risata, quei luoghi in cui periodicamente le persone si incontrano e ridono insieme. Per info e approfondimenti www.yogadellarisataitalia.org

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IITTÀ À V O V N O e l N e e l t t e u t t t i u r SSccooppri t llii a n a o i n z o o i z m o o r vvee ppromsu i t a i i t z i a i n z i i e n l i ee le r te su rriisseerrvvaattee ppeer te ine ..iitt e z n a i g z a a g m a o ttaattttom n o c n . o w c . w w w w w e sseegguuiiccii ssuu e

aazziinnee g a M g a o t M t a o t t t n ` ` CCoonta


L’intervista

AMBIENTAMENTO AL NIDO: COMINCIA LA SCUOLA PER I PICCOLI Intervista a Valeria Nassisi, coordinatrice sul territorio per la Prisma Cooperativa Sociale, ed educatore professionale dell’asilo nido comunale G. Carducci

Si sente sempre più spesso parlare nelle famiglie italiane di ambientamento al nido, riferendosi alla fase transitoria che segna l’ingresso a scuola per i piccoli. È l’inizio di una esperienza straordinariamente nuova e grande per ogni bimbo, il passaggio da un contesto relazionale protetto e chiuso, come quello familiare, ad uno più allargato, come quello della scuola; un momento ricco di emozioni, che richiede un importante sforzo adattivo verso ambienti, persone, oggetti e ritmi differenti rispetto a quelli vissuti con i genitori, i nonni, la tata. Ogni anno, nel mese di settembre, le famiglie affrontano questo percorso

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in modo graduale e differenziato. Solitamente, nel periodo che precede l’inizio dell’anno scolastico, le scuole invitano i genitori a prendere parte a colloqui conoscitivi di gruppo, durante i quali vengono presentati l’approccio e il progetto educativo applicato, la struttura, gli spazi dedicati ai bambini, il gruppo di lavoro degli educatori che si occuperanno dei bambini durante la loro permanenza al nido e colloqui individuali per conoscere abitudini e bisogni di ogni bimbo. “Il nido – afferma Valeria Nassisi, coordinatrice sul territorio dell’asilo comunale G. Carducci – è uno spazio ideato e costruito per accogliere ogni giorno i bimbi, dando massima

attenzione alle loro esigenze fisiche e cognitive. Perché ogni bimbo possa vivere serenamente questa esperienza, è necessario che il suo ingresso sia vissuto in modo positivo giorno per giorno. Durante la fase dell’ambientamento il genitore è parte attiva, accompagna il figlio nei primi giorni e resta insieme a lui senza intralciare o ostacolare la esplorazione degli spazi, degli oggetti, la conoscenza di altri bambini. Ogni bambino potrà adattarsi all’ambiente, imparare a condividere giochi e attenzione, nei tempi che sono strettamente individuali, prima di potersi sentire sereno e superare senza difficoltà il distacco dal proprio genitore”.

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È importante che nella fase dell’ambientamento il bambino conferisca fiducia connotando il nido di valori positivi, che ricorderà volentieri e che lo spingeranno a tornare e restare lì con piacere, anche senza la mamma o il papà. “Chiediamo – continua Nassisi alle famiglie di essere presenti e affiancare il proprio figlio fino a quando quest’ultimo non si allontani spontaneamente dal genitore, manifestando interesse verso l’ambiente che lo circonda. Durante questo periodo, la presenza dei genitori viene ridotta gradualmente: il bambino viene lasciato per un’ora, poi due, fino a quando verrà accompagnato e lasciato solo al nido. Giorno per giorno monitoriamo insieme ai genitori il percorso che il bambino compie, decidendo le tappe successive del suo inserimento”. Perché il bambino possa sentirsi al sicuro al nido, è importante che i genitori lo rassicurino manifestando la loro fiducia verso l’ambiente e gli educatori, come nuove figure di riferimento, e la loro felicità nel vederlo giocare in un contesto completamente nuovo. Rassicurazione e fiducia quindi, ma anche attenzione e compren-

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sione verso le capacità di adattamento e del tempo necessario per superare il distacco del proprio genitore. “Invitiamo sempre i genitori – spiega la coordinatrice - soprattutto in questa fase, a spiegare al proprio figlio che al nido avrà tante opportunità di giocare, divertirsi con altri bimbi, e rassicurandolo sempre poiché la mamma o il papà torneranno presto a prenderlo (dicendo ad es. “la mamma va a lavoro e torna a prenderti presto”). Abbiamo fiducia nella capacità di adattamento dei bambini, ne rispettiamo i ritmi, crediamo nelle loro potenzialità. Tutti gli ambienti dedicati ai bambini sono pensati e organizzati per favorire la sua libera espressione degli interessi (scelta del gioco, scelta del compagno di gioco, …) suscitando curiosità, accompagnando ogni bimbo nel suo processo di crescita e sviluppo motorio, cognitivo, verbale, secondo lo spirito montessoriano, che è alla base del nostro progetto educativo. Seguiamo i suoi interessi, offriamo differenti tipologie di gioco per ogni fascia di età, numerosi materiali di sviluppo che sollecitano capacità e abilità sensoriali, motorie, di attenzione e concentrazione”.

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La fase di ambientamento termina a volte dopo pochi giorni, altre dopo qualche settimana; la sua durata varia a seconda della risposta che ogni bambino manifesta verso questa esperienza. In ogni caso

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è fondamentale che sia il bambino a dettare i tempi del suo adattamento al nido, in maniera naturale e mai traumatica. Soltanto in questo caso il nido potrà essere un’importante occasione di

crescita in un’età, quella dell’infanzia, in cui ogni giorno è segnato da traguardi e successi per lo sviluppo sano e corretto di ogni bimbo.

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SALUTE E BENESSERE

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Mio figlio parla male, cosa devo fare?

Dott.ssa Marisa De Gregorio Logopedista

Questa è la domanda che ogni mamma si pone quando paragona le modalità comunicative del proprio bambino con quelle di altri fratelli o amici. E quando poi si confronta con altri genitori o parenti le risposte più comuni sono: “Anche mio figlio era lento ed ora non sta mai zitto” oppure “Non ti preoccupare è ancora piccolo, crescerà”.

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Anche se sono note le tappe di sviluppo linguistico del bambino e l’età di comparsa, in realtà il range d’età è molto variabile e dipende sia dalle abilità innate del bambino sia dall’ambiente in cui vive. Tuttavia esistono degli indicatori di rischio per un ritardo del linguaggio ed in particolare:

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o Un basso livello di comprensione linguistica, ovvero se il bambino è in grado di comprendere ed eseguire semplici ordini verbali; o Ridotto uso della gestualità; o Velocità di ampliamento del linguaggio, più precisamente a 24 mesi produce meno di 10 parole, a 30 mesi meno di 50 parole e non combina almeno due parole (es. “mamma pappa” per dire “mamma voglio mangiare”). È inoltre importante fare attenzione alla comparsa frequente di infezioni dell’apparato uditivo nei primi due anni di vita perché la compromissione anche lieve della percezione uditiva può impedire la corretta acquisizione di suoni. Infine valutare anche la presenza di familiari che

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hanno avuto pregresse difficoltà di linguaggio. “Se mio figlio presenta queste caratteristiche, cosa fare?” Senza aspettare troppo, l’ideale sarebbe richiedere una visita specialistica foniatrica. Inoltre il logopedista può somministrare test specifici per valutare sia la comprensione linguistica che l’espressione e di conseguenza consigliare il percorso più adeguato da intraprendere. In qualsiasi caso, cosa può fare un genitore per accompagnare lo sviluppo linguistico del bambino? o Parlare con il bambino in ogni momento e durante le attività quotidiane, denominando qualunque oggetto; o Utilizzare frasi semplici che possono essere imitate; o Riprendere un enunciato del bambino

espandendolo e correggendo eventuali errori, senza mai dire che ha sbagliato o chiedergli di ripetere, semplicemente perché ancora non sa farlo quindi ha solo bisogno del modello corretto; o Leggere libri accompagnati da immagini che possono essere descritte; o Proporre domande al bambino via via più complesse in modo da favorire la sua produzione verbale. Va ribadito che lo sviluppo linguistico di un bambino non sottostà a rigide regole e non è uguale per tutti. Pertanto in presenza di qualsiasi dubbio è bene contattare uno specialista. Quanto prima queste difficoltà vengono riconosciute prima si può porre rimedio, riducendo gli effetti che possono avere negli anni successivi.

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La chiesa apre ai giovani Dodici mesi di cambiamento nella Parrocchia di Sant’Antonio Martina Cascone Educatrice ACR

Una sala giochi interamente ristrutturata, un campo da calcio in erbetta sintetica con mura colorate da murales che riportano espressioni di Don Bosco e Papa Francesco che, come un abbraccio, accolgono chi vi entra, un salone dei ricevimenti tinteggiato e attrezzato con impianto audio, computer e videoproiettore, un oratorio Anspi con più di 150 ragazzi iscritti tra scuola calcio e pallavolo, e tante persone, ma soprattutto, tanti giovani, che ogni giorno popolano la parrocchia.

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Non è una lista di desideri bensì quello che in meno di un anno Don Catello Malafronte, parroco della parrocchia di Sant’Antonio di Padova di Castellammare, è riuscito a realizzare coinvolgendo tutta la comunità. Tutto ebbe inizio il 14 dicembre 2014 quando la parrocchia venne affidata a questo nuovo parroco che fin da subito, dall’ambone della chiesa, annunciò di voler essere “collaboratore della nostra gioia” e che avrebbe improntato il suo operato in parrocchia sul modello della gioia, alla luce anche dei messaggi di positività e di fiducia in Dio che Papa Francesco professava ormai già da un bel pò. E così è stato. Il nuovo parroco ha fatto della gioia l’ingrediente di ogni suo progetto a tal punto che è straripata al di fuori delle mura della chiesa. Ebbene si, perché quando le cose si fanno con amore, l’entusiasmo che hai dentro riesci a diffonderlo tutto intorno. Don Catello è riuscito a raggiungere centinaia e centinaia di ragazzi, non solo del rione strettamente vicino

alla parrocchia ma anche delle zone periferiche della città. Il Parroco fu chiaro anche nel dire che il primo anno sarebbe stato un anno rivolto ai giovani, quindi tutte le sue energie le avrebbe dedicate a loro. E ci è riuscito in tempi record grazie a una grande capacità di mettersi dalla parte dei ragazzi; è come se per un momento si fosse fatto piccolo e chiesto: “Se fossi uno di questi ragazzi che cosa vorrei trovare in parrocchia? Come mi piacerebbe vivere la fede?”. Non è da tutti riuscire a capire che se vogliamo che i ragazzi ci seguano dobbiamo essere noi ad andare incontro a loro e ai loro interessi. Il primo grande evento fatto per i giovani è stato realizzato il maggio scorso, quando per un mese intero la parrocchia alle 7.00 del mattino ha visto circa 70 ragazzi andare a messa e dopo fare colazione tutti insieme, grandi e piccoli, prima di andare a scuola. Tante sono state le persone scettiche nei confronti di questa iniziativa; qualcuno nel viale della chiesa ha anche fatto qualche

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scommessa ma dopo 15 giorni subito si è dovuto ricredere perché più passavano i giorni e più i giovani aumentavano. Il successivo mese di giugno fu denominato il “mese della comunità”; il GREST è stata sicuramente l’iniziativa di punta del mese. Per una settimana la parrocchia, attraverso laboratori di ballo, di cucina, di primo soccorso, di creatività e giochi vari è riuscita a trarre a sé tantissimi ragazzi, che hanno potuto sperimentare la bellezza della frase “la fede è gioia”, e non bigottismo. In questo clima di festa non sono mai mancate però iniziative culturali e spirituali (come la mostra di pittura di Antonio Gargiulo, la presentazione dei libri del concittadino Gaetano Pagano, gli esercizi spirituali nella vita quo-

tidiana) per far si che nessuno perdesse di vista il motivo per cui veniva in parrocchia, cioè crescere spiritualmente nella semplicità della vita vissuta. È brutto dirlo ma probabilmente è con Papa Francesco che finalmente l’umanità ha preso ulteriormente coscienza di cosa sia la nostra fede, di cosa voglia dire essere cristiani. A volte dimentichiamo che la nostra è una fede “positiva”, una fede che culmina con la resurrezione di Cristo; cosa significa questo? Significa che noi dovremmo vivere con la consapevolezza che la nostra fede significa salvezza, e questo dovrebbe spingerci ogni giorno a gioire e testimoniare con la nostra vita la gioia di Cristo. Continuando con gli eventi realizzati in parrocchia arriviamo a luglio con la famosa giornata dei “giochi d’acqua”; un lungo percorso di giochi, tra gavettoni, musica e ballo, con cui la parrocchia ha fatto ricredere quanti dicevano che ormai i giovani si divertono solo davanti

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ai video giochi e non sanno più costruire relazioni dal vivo. Dai balconi tutti guardavano ad occhi aperti questi ragazzi che finivano sempre queste lunghe giornate estive con qualche preghiera recitata rigorosamente in un grande cerchio, diventato anch’esso un simbolo della parrocchia. Agosto è continuato sulla scia di fiere e sagre per poi culminare con i campi scuola estivi a fine mese. Parliamo di campi scuola che in totale, tra scout e azione cattolica, hanno visto la partecipazione di circa 150 ragazzi. Un traguardo importante dunque raggiunto a meno di un anno dall’ arrivo di don Catello. Settembre invece ha dato avvio alla seconda fase annunciata da don Catello, quella della “formazione”; è come se una volta racimolate le persone avesse sentito l’esigenza di “curarle”, cioè di dar loro qualche pillola di saggezza, attraverso convegni e incontri pastorali e adorazione settimanale per permettere loro di capire bene e di fornire a tutti, grandi e piccoli, gli strumenti per custodire tutto quello che nei mesi addietro era stato scosso dentro di noi. Ottobre e novembre sono stati sicuramente i mesi dell’oratorio; si è potuto vedere i frutti di quello che si era seminato in estate. Ebbene sì, perché dopo tutti gli sforzi fatti per la realizzazione di queste iniziative, a ottobre con l’inizio delle scuole, i ragazzi non sono andati via ma hanno continuato a frequentare l’oratorio. La vita sportiva non più nel chiuso delle palestre come erano abituati a fare bensì nel campo dell’oratorio, all’aperto. Gli allenatori (alcuni con esperienza nazionale alle spalle) in settimana si prendono gratuitamente cura di questi ragazzi, li allenano, li educano ai sani valori sportivi e umani e realizzano per loro tornei

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dove tutti hanno la possibilità di mettersi in gioco. Dicembre ha rivisto di nuovo la partecipazione dei giovani alle messa delle 7.00 del mattino per la dodicina dell’Immacolata. Stop alle scommesse però questa volta! nessuno ha neanche solamente pensato che questa volta l’idea potesse essere un flop. Altra bellissima iniziativa promossa per Natale è stato il mercatino natalizio, realizzato nell’ambito di un progetto denominato #fuoriènatale: mercatino natalizio. Il progetto, realizzato con il patrocinio del Comune di Castellammare di Stabia, ha avuto fin dall’inizio un unico obiettivo: restituire, seppur solo per un giorno, un volto nuovo al rione di via Allende, vivendo così la cittadinanza attiva. È stato bellissimo vedere la strada piena di persone grandi e piccoli, giovani e meno giovani, che fin dal mattino hanno lavorato per pulire, abbellire via Allende con fiori e sistemare i gazebi per far capire che se si vuole, con l’aiuto di tutti, qualcosa di bello può nascere a prescindere dai tanti aspetti negativi che può avere la città. I mercatini natalizi hanno visto anche la nascita di una nuova collaborazione tra la Parrocchia di Sant’Antonio di Padova e l’Istituto Comprensivo Francesco di Capua che all’unisono si sono mosse per realizzare questo progetto; un progetto che è riuscito a coinvolgere non soltanto i ragazzi che frequentano la scuola e i gruppi parrocchiali ma anche tutti i loro genitori che, con entusiasmo, hanno aiutato a rendere reale quello che all’i-

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nizio sembrava solo un sogno. Bella dunque quest’alleanza tra scuola, chiesa e famiglie dove ognuno può portare il suo contributo perché, come sostiene la filosofa statunitense Martha Nussbaum, quando le agenzie formative operano per la saggezza, esse indicano alle nuove generazioni che è importante non ciò che si sa, ma come esse imparano a generare valore da ciò che sanno, che scoprono e che fanno. È questo il tipo di chiesa che oggi serve al nostro mondo. Un chiesa che per ottenere rischia, e anche tanto; una chiesa che come dice Papa Francesco si fa “chiesa in uscita”, che invita i giovani “a fare chiasso”. Il nostro è infatti un mondo che ha perso ogni sorta di riferimento, un mondo nichilista dove non c’è più spazio per i valori. Ma questo nei giovani causa disorientamento, smarrimento e li porta a credere che non esiste nulla al di fuori di loro stessi; si crea il senso dell’illimitato, perché, non essendoci nulla a cui ancorarsi, il proprio sé diventa l’unico limite. Non si hanno freni inibitori, si crede nell’infinita possibilità di se stessi e si sviluppa un senso di semi onnipotenza dimenticandosi che l’unico essere illimitato è Dio. Ed è qui che la chiesa deve intervenire, è in questa realtà complessa che deve riscoprire il suo essere agenzia formativa, non più però come in passato solo a parole ma con i fatti. Perché i giovani, e quelli di oggi più che mai, hanno bisogno di segni forti per poter credere veramente a

qualcosa che abbia a che fare con il profumo di Dio così da non liquidare sempre tutto con un “ma quello è roba da vecchi!”. Una nota importante da non trascurare è il fatto che la giornata dei ragazzi e dei giovani in parrocchia è stata ritmata dalla preghiera, dal lodare il Signore. Ma, a ben pensarci, l’idea ispiratrice di tutte queste iniziative proposte da Don Catello è il progetto educativo di Don Bosco: “ragione”, “religione” e “amorevolezza”. Don Catello, fin dall’inizio del suo servizio nella Parrocchia di Sant’Antonio, ha percepito la forza educativa del gioco e dello sport; ha fatto del cortile il centro delle case, creando in esse un ambiente giovanile di gioia, di spontaneità e di famiglia. In questo ambiente ha proposto ai giovani un cammino di vita cristiana allegra, capace di condurli fino alla santità. Il gioco e lo sport divengono così elementi importanti nella proposta educativo-pastorale che si intende realizzare nella parrocchia di Sant’Antonio. Queste righe ci valgano come esempio per non dimenticarci mai che come diceva Don Bosco “l’educazione è affare di cuore; e la nostra città ha bisogno proprio di cuore e di parroci così, di quelli che come lui non hanno paura di “sporcarsi le mani”, e di mettersi continuamente in gioco. Contrariamente a quanto si pensa i giovani sanno riconoscere quando ci si prende cura di loro con dedizione e, tardi o presto, sanno ripagarti con la giusta ricompensa, cioè l’amore.

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PROGETTI

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Un amico di nome Fahd Programma AFS-Intercultura

Josephine Carolei e Davide Longobardi III G Turismo – ITS “L. Sturzo” Il professore di Geografia turistica stava spiegando il trasporto aereo e ognuno di noi immaginava di essere in un posto diverso dal proprio e lontano nel mondo quando una parte di quel mondo, così distante, raggiunse noi: entrò in classe Fahd. La nostra insegnante di francese, giocando sull’effetto “sorpresa”, volle in questo modo testare la nostra disponibilità, la nostra apertura mentale. Sapevamo sì del Progetto biennale “Erasmus Plus”, per mezzo del quale il nostro Istituto, partner di una scuola portoghese e di una belga, si propone la creazione di QR Codes abbinati ai più importanti siti archeologici

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della nostra città: Villa Arianna e Villa San Marco, ma non immaginavamo che i ragazzi stranieri, nostri ospiti per una settimana, avrebbero partecipato ad alcune ore di lezione in classe. Così la professoressa ha potuto verificare fino a che punto il nostro desiderio di conoscere persone e scoprire culture diverse dalla nostra fosse profondo e sincero. In questo non l’abbiamo certo delusa! Il ragazzo, disinvolto, dalla carnagione olivastra e dagli occhi scuri, prese posto al primo banco, accanto a Lucia. La prima sensazione di imbarazzo fu immediatamente superata grazie al suo approccio comunicativo. L’ostacolo linguistico non

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PROGETTI

era insormontabile: parlammo in francese e, laddove le nostre conoscenze linguistiche ci limitavano, ad aiutarci furono i gesti, gli sguardi, i sorrisi. Dopo un po’ abbiamo raccolto le impressioni dei nostri compagni, visto che tutti abbiamo trascorso molto del nostro tempo, sia nei momenti di svago, sia formativi, con Fahd: in pizzeria, passeggiando per le strade di Castellammare e di Sorrento, visitando Napoli, le ville di Stabia e il Vesuvio. Roberto, Carmine e Giancarlo, in particolare, hanno instaurato con lui un rapporto sincero, profondo e complice che continua ancora oggi grazie ai social. Sharon ed Emanuela, nonostante la loro timidezza, si sono sforzate di conoscerlo e lo considerano un ragazzo educato, simpatico e scherzoso; con Valeria ha discusso di svariati argomenti, come la religione e le differenze tra la scuola italiana e quella frequentata da lui a Bruxelles, dove

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vive. Martina ha sottolineato un lato divertente dei nostri incontri con Fahd: egli spesso, per arginare il nostro entusiasmo e la nostra curiosità, e per rispondere alle nostre mille domande, ci supplicava di intervenire uno per volta. Juliette, la nostra compagna dominicana, in Italia grazie al Progetto Intercultura, sebbene abbia avuto qualche difficoltà ad interagire, lo ha trovato socievole ed amabile. Rossella, infine, reputa molto interessante l’esperienza, definendo Fahd divertente, anche se inizialmente riservato: ogni occasione era giusta per ridere insieme e lui non smetteva mai di farlo! In seguito ai tragici avvenimenti di Parigi del 13 novembre 2015, la ministra dell’Istruzione Stefania Giannini lanciò su Facebook, con la parola d’ordine “Porta Aperta”, l’invito a docenti ed alunni a fare una riflessione sui fatti accaduti, con la consapevolezza che le nostre scuole

sono il primo luogo dove l’orrore può essere sconfitto. L’istruzione e l’educazione restano, infatti, l’antidoto più efficace contro la violenza e contro questa guerra senza frontiere e senza eserciti, aiutando i ragazzi a rifiutare, oggi più che mai, qualsiasi tentazione xenofoba o razzista. Proprio il lunedì successivo a questi gravissimi fatti, un ragazzo sconosciuto entrò nelle nostre vite tranquille. Alla nostra età raramente ci si chiede perché le cose avvengano, se c’entra il fato, il destino. Per noi rimane un mistero insondabile. Sappiamo però che non abbiamo avuto paura ad accogliere una persona dal credo religioso tanto discusso e temuto, specialmente in quel determinato frangente. Anzi, ci reputiamo fortunati per aver potuto sperimentare fattivamente cosa significhino l’uguaglianza, la tolleranza e l’integrazione, grazie alla preziosa esperienza vissuta insieme al nostro amico Fahd.

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CONSIGLI PER GLI ACQUISTI

Giochi didattici: cibo per la mente Francesca Cimmino titolare di Legatoria d’Arte I giochi didattici sono prodotti selezionati e realizzati da specialisti in educazione infantile che stimolano i bambini a imparare di più e meglio. Migliorano la capacità di osservazione, analisi e attenzione, esercitano la memoria visiva, pazienza e concentrazione. Sviluppano inoltre la motricità e la capacità di relazionare i concetti. Sono adatti a tutte le età per divertirsi da soli, in coppia o con tutta la famiglia. Inoltre gli stessi giochi tornano utili anche per bambini con bisogni speciali, con disabilità e con altre esigenze particolari. Le esigenze dei bambini aumentano con la crescita. Ogni giorno che passa diventano più vivaci e tutta questa energia si nota anche nel loro modo di giocare. Le loro giornate sono piene di stimoli e accontentare la loro voglia di giocare sembra

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un compito che non finisce mai. Spesso chiedono ai genitori di partecipare ai loro giochi, soprattutto se non hanno fratelli o cugini da coinvolgere. Il semplice desiderio di stare insieme è anche la motivazione per cui ci invitano a giocare con loro. Ogni gioco può avere una valenza diversa ma sempre importante, aiutandoci a insegnare le regole, l’importanza di rispettare i turni, accettare di perdere e portare un lavoro fino alla fine. Giocare con i bambini è uno dei ricordi che come genitori non dimenticheremo: facciamo il possibile per non rifiutare i loro inviti a giocare insieme. I giochi da tavola ad esempio abbracciano una miriade di attività differenti che i bambini possono fare, imparando cose nuove o semplicemente allenando la memoria, la fantasia e la logica e sviluppando una maggiore capacità d’apprendimento: giochi che stimolano la memoria come il Memory, di pazienza e concentrazione come i puzzle, o ancora giochi dove si stimolano i sensi e la capacità di osservazione. Giocare con i bambini

è un’occasione per educare. Il gioco ci permette di stimolare la creatività e la curiosità o incoraggiarli a coltivare passioni. Ad esempio un giocattolo musicale può creare interesse per la musica, uno tecnologico o scientifico per interagire con la realtà in cui vivono. Anche leggere un libro è molto importante per la mente del bambino in crescita. Una selezione di libri mirata, riguardanti gli argomenti più diversi come il corpo, la giornata tipo, le avventure, viaggi e vacanze, i sentimenti, gli animali e la natura, li aiuterà innanzitutto a farli interessare alla lettura e a sviluppare la fantasia e la capacità d’immaginazione tipica di un bambino. Non dimenticatevi anche che leggere aiuta a scrivere, proprio così, più i vostri bambini leggeranno e più saranno capaci di scrivere frasi corrette in italiano, e avranno più idee per piccoli saggi o temi.

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L’intervista

PANZINI I PROGETTI PER GLI STUDENTI

Intervista alla prof.ssa Donatella Ambrosio, dirigente scolastico dell’Istituto Comprensivo “2 Panzini” di Castellammare di Stabia A cura di Lorella Aiello Con l’entrata in vigore della legge 107 del 2015, la riforma della scuola, sono state tracciate le linee guida per la elaborazione del POF, il piano dell’offerta formativa che ogni scuola è chiamata a definire, indicando le attività e il profilo organizzativo ed educativo che intende adottare nell’ambito della propria autonomia. “La riforma - spiega la professoressa Ambrosio - vuole che ogni istituto scolastico individui i bisogni e le necessità degli alunni, delle loro famiglie e del territorio rispetto ai quali deve rispondere con la programmazione di azioni adeguate in termini di scelte didattiche e non. Per il potenziamento dell’offerta formativa, l’Istituto Comprensivo 2 Panzini ha scelto di mettere in campo

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progetti ed attività multidisciplinari che spaziano per tematica e approccio. Nel piano programmatico abbiamo distinto le attività in base agli interessi, alle necessità, all’età degli studenti realizzando, nel complesso, un miglioramento mirato destinato a tutti gli alunni della scuola. La nostra scuola vanta una popolazione di 1000 studenti circa, divisi tra i plessi di via Monaciello, (ex istituto Salvati), di Piazza Giovanni XXIII (ex Seminario) e di via Quisisana (scuola Panzini). Con la riforma queste tre scuole sono diventate un unico grande istituto, che accoglie i bambini della scuola dell’infanzia, della scuola primaria e i ragazzi della scuola secondaria. È una grande scuola, che si sviluppa sul territorio sta-

biese in tre aree, Scanzano, il centro antico, la zona collinare, distanti geograficamente tra loro a cui si rivolge il nostro impegno comune”. Per realizzare il programma di attività extradidattiche si è fatto leva non soltanto sull’impegno del corpo docente e del personale scolastico ma anche sulla sinergia con il territorio. “Spesso la scuola - continua la dirigente - deve affrontare problematiche che affliggono gli alunni, come la dispersione scolastica, la deprivazione affettiva, economica; in questi casi essa non svolge soltanto il suo ruolo di formazione ed educazione ma diventa soprattutto un punto di riferimento territoriale per gli studenti e le famiglie. Per questo abbiamo coinvolto le istituzioni

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cittadine, volontari e associazioni, per offrire occasioni di crescita e di socializzazione ai nostri ragazzi”. L’azione programmatica dell’offerta formativa e delle attività che esulano dalla didattica ha inizio dal RAV, il rapporto di autovalutazione, con cui ogni scuola definisce le finalità del proprio progetto di miglioramento con idee, progetti, attività che coinvolgono gli studenti e i docenti durante l’anno scolastico. Per gli alunni della Panzini sono già stati attivati numerosi progetti, tra cui le attività laboratoriali, i percorsi educativi mirati, gli incontri con le istituzioni locali. “Una delle attività che riteniamo essere di grande rilevanza per gli studenti - spiega la professoressa - è il laboratorio teatrale, una esperienza interattiva di linguaggi diversi, uno strumento formativo multidisciplinare, verso cui è elevato l’interesse dimostrato dagli studenti. È un progetto che valorizza le emozioni e la loro espressione, promuove la partecipazione attiva di tutti i docenti e alunni, consentendo ad ognuno di potersi mettere in gioco in un contesto diverso da quello ordinario della classe”. E poi percorsi educativi specifici come quello cinematografico, con la proiezione di una selezione di film sul diritto allo studio, alla famiglia, quello alimentare, con incontri tra esperti, gli studenti e le famiglie e appuntamenti con le istituzioni locali. “Insieme alle forze dell’ordine – continua la professoressa - abbiamo potuto mostrare agli alunni come lavora un’unità cinofila, discutere su tematiche vicine ai giovani come quello delle sostan-

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ze stupefacenti, informare e sensibilizzare sulla pericolosità dei fuochi d’artificio e dei petardi, soprattutto nel periodo precedente la pausa natalizia. E poi ancora laboratorio musicale, di ceramica, e con la riapertura della palestra e riattivazione di una cucina nel plesso di via Quisisana, potremmo attivare percorsi sportivi e dimostrazioni pratiche sulla panificazione e sulla preparazione della pizza”. Non mancano momenti di riflessione e confronto con i docenti su tematiche importanti, come previsto nel progetto “Legalità e Costituzione”, che coinvolge i bambini di IV e V elementare e i ragazzi della scuola secondaria, con l’obiettivo di avvicinare gli alunni al tema dei diritti, attraverso la lettura del testo costituzionale. “La scuola – conclude la dirigente - deve essere presente nella vita degli alunni non soltanto con la didattica quotidiana; essa deve lavorare affinché gli studenti possano sentirsi protagonisti del loro processo di crescita e di formazione interdisciplinare. Per questo, abbiamo cercato di creare una nuova identità per questo nuovo grande istituto scolastico, che unisce studenti di aree distanti e periferiche stabiesi, presentando numerose e differenti possibilità di partecipazione studentesca. L’intento, che è alla base dell’impegno del corpo docente e di tutto il personale scolastico e che accomuna tutte le attività realizzate, è quello di far divenire questa scuola un punto di riferimento cittadino, in grado di saper cogliere ogni occasione per migliorare e potenziare tutto ciò che questa istituzione può offrire ai nostri ragazzi”.

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SCUOLA E PREVENZIONE

: e z n e d n e n Dip o c o m a i l SERT r e i a n i z p n noegetto legalitĂ : ScuogliacPhae Pr atolo p e z n e d le dipen

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i t r e tere t p a b s m o e c gli uniti per re,

mma a l l e t s a di C

A cura degli alunni della Scuola Panzini di Castellammare classe III A con la collaborazione della prof.ssa Mariconda Ragazzi attenti e curiosi quelli delle terze dell’Istituto Comprensivo “2 Panzini” che hanno assistito agli incontri del 27-30 novembre 2015, organizzati in collaborazione con il “SERT” di Castellammare di Stabia nella prevenzione delle dipendenze patologiche. Gli incontri si sono svolti nell’aula multimediale dell’Istituto con l’intervento del dott. Moretti e della dott. ssa D’Aniello. Giornate interessanti, a detta dei presenti, e il perché lo chiediamo a Francesco: L’incontro è stato coinvolgente perché il

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dott. Moretti ci ha illustrato con perizia tutti gli aspetti e gli effetti dannosi delle dipendenze a partire dall’alcolismo fino alla ludopatia e, soprattutto, perché ci ha riferito esperienze reali, fatte sul campo a contatto diretto con i giovani. Interviene Pio, alunno della 3a A: Bere alcool, in particolare birra, per i giovani è diventata una moda diffusa in tutto il mondo che fa sentire parte del gruppo i coetanei. Il dott. Moretti ci ha raccontato di esser stato all’uscita di una discoteca per somministrare l’alcol test ad alcuni ragazzi,

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SCUOLA E PREVENZIONE

la maggior parte dei test sono risultati positivi. Un’altra cosa fondamentale che ci ha detto è che l’alcol è pericoloso, può essere mortale sia per gli altri, sia per sé stessi, perchè provoca ebbrezza e altera le capacità di reazione. Chiediamo allora ai nostri intervistati: Come mai una platea così attenta e pronta a porre domande? Di solito questi incontri rappresentano un modo per evitare le lezioni - risponde subito Simona - questa però non è stata la solita lezione, come in classe, ma gli esperti ci hanno illustrato con esempi pratici le diverse motivazioni che spingono i giovani verso queste esperienze, raccontandoci ciò che direttamente hanno sentito

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e visto. Sono d’accordo - dice Enza - tutti noi siamo rimasti meravigliati nel sentire giustificazioni davvero strane e assurde, ad esempio il dott. Moretti ci ha raccontato che un giovane di 24-25 anni si drogava per non sudare troppo sotto le braccia, un altro si drogava per andare in bagno, altri ancora lo facevano per non pensare ai propri problemi o perché così si sentono più forti nel gruppo. Una dipendenza molto grave che riguarda tanti ragazzi è la ludopatia. I ragazzi stanno ore incollati alla televisione giocando alla Play-station o alla X-Box, la maggior parte dei giochi portano a imitare il gioco stesso e a generare violenza.

Per i ragazzi è un male perché oltre a causare danni fisici, provoca una specie di isolamento, che li porta a trascurare la vita vera e le emozioni vere – dice Antonio –. Anch’io la penso così! aggiunge Livia. In conclusione, per questi ragazzi, gli incontri sono stati un’utile occasione non solo per capire quanto sia importante la prevenzione, ma soprattutto per comprendere quanto sia necessario parlarne, anche con un semplice amico, per cercare di non cadere nella trappola delle dipendenze.

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L’intervista

MORBILLO L’IMPORTANZA DELLA VACCINAZIONE

Intervista alla dottoressa Giovanna Ugliano Dirigente medico pediatra del distretto 52, presso il poliambulatorio di Ottaviano dell’Asl Napoli 3 Sud. A cura di Lorella Aiello Negli ultimi anni, in Italia, un sensibile calo della copertura vaccinale nell’età pediatrica ha interessato in modo particolare il vaccino trivalente contro il morbillo, la parotite e la rosolia, esponendo la popolazione, soprattutto i bambini, al rischio di ammalarsi. A lanciare l’allarme è l’Istituto Superiore della Salute, secondo cui si è registrato il livello più basso di vaccinazioni da dieci anni rispetto alla soglia prevista per l’eliminazione della malattia. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Salute nel 2015 il morbillo doveva considerarsi tra le malattie debellate; invece oggi, focolai epidemici si verificano in molti paesi di tutto il mondo. La paura nei genitori di sottoporre i propri figli al vac-

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cino antimorbillo nasce nel 1998, in seguito alla pubblicazione dello studio del medico Andrew Wakefield sulla rivista scientifica The Lancet, secondo cui vi è correlazione tra la somministrazione del vaccino del morbillo e l’insorgenza dell’autismo. Le conclusioni, a cui giungeva lo studio, provocarono sconcerto nelle famiglie e grande preoccupazione nella comunità scientifica. Numerosi furono, infatti, gli studi e le indagini volti a verificare l’eventuale connessione tra il vaccino e la comparsa dell’autismo; tutti, però, hanno appurato che non esiste alcuna traccia di questo collegamento. Si scoprì infatti che i dati erano stati manipolati e che lo studio era un vero e proprio falso. Il dottor Wakefield, accusato di essere “disonesto e immorale”, fu radiato dall’Ordine

dei medici e lo studio ritirato, ma ciò non fu sufficiente ad impedire che il timore si diffondesse su larga scala. False informazioni circolano ancora oggi e persiste la fobia della vaccinazione antimorbillo nei genitori. Quale fu l’effetto di questo studio sulla comunità su scala mondiale? Anche se i risultati dello studio sono stati smentiti, il dibattito va avanti tra i vaccinisti e gli antivaccinisti. In rete, sono numerosi gli articoli scientifici che trattano questa materia, interviste, statistiche, che molto spesso risultano errate e che inducono i genitori, disorientati, in errore. Una vera e propria campagna di disinformazione on line, fatta di notizie senza fondamento scientifico sta generando una sfiducia irresponsabile nelle

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famiglie, che può essere combattuta con la diffusione di informazioni corrette dal punto di vista medico-scientifico. Il dibattito sul vaccino antimorbillo ha interessato anche l’Italia? In Italia, il dibattito purtroppo è ancora vivo. Secondo il Ministero della Salute “la presenza di una possibile associazione tra vaccinazione e autismo è stata estensivamente studiata e mai è stata evidenziata alcuna correlazione”. Nel 2012 il giudice del lavoro di Rimini stabilì il nesso tra vaccino del morbillo e autismo in un bambino vaccinato nel 2002, condannando il Ministero della Salute e riconoscendo anche il diritto all’indennizzo per la famiglia. Ma, successivamente, la Corte d’Appello di Bologna ribaltò la sentenza, confermando che lo studio del dottor Wakefield, presentato in primo grado, era scientificamente irrilevante e smentito dalla comunità scientifica”. Possiamo affermare che i vaccini non soltanto sono importanti ma anche sicuri? La scelta di sottoporsi alla vaccinazione si basa sul bilancio benefici-rischi. I vaccini attualmente disponibili per la prevenzione delle malattie infettive sono estremamente sicuri, perché sottoposti a numerose sperimentazioni e controlli. Tuttavia, come qualsiasi altro farmaco, possono causare reazioni ed effetti collaterali lievi, come la febbre, che scompa-

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iono dopo qualche giorno e raramente gravi. I rischi connessi alla mancata vaccinazione, purtroppo, sono più elevati di quelli relativi agli eventuali effetti collaterali dovuti alla somministrazione del vaccino stesso. Qual è la strategia istituzionale messa in campo per ostacolare l’eco mediatico delle campagne di disinformazione che hanno preferito internet, quale canale di diffusione su larga scala? Veicolare informazioni corrette, aggiornate e scientificamente provate, attraverso i massmedia e le figure di riferimento quali il pediatra e il medico di famiglia, per poter informare, motivare e rassicurare la popolazione non soltanto sulla sicurezza dei vaccini ma anche sui rischi elevati a cui sono sottoposte le persone che rinunciano a tale opportunità. In generale, il morbillo, considerato una malattia infettiva innocua, si manifesta attraverso un’eruzione cutanea che dura circa 10 giorni con febbre e non ha sintomi gravi. Sviluppa un’immunizzazione definitiva, per cui non ci si può ammalare nuovamente. Non bisogna dimenticare però che il morbillo, può avere complicazioni serie, come polmoniti, encefaliti acute e, nei casi più gravi, decessi. La errata percezione del rischio, che porta la popolazione a scegliere di non vaccinarsi, fa sì che malattie considerate debellate si manifestino nuovamente, anche in maniera aggressiva soprattutto dove è elevata la percentuale di non vaccinati.

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L’intervista

GRAVIDANZA UN PERCORSO DA FARE INSIEME

Intervista alla dottoressa Imma Ricciardelli direttore tecnico del Laboratorio di Citogenetica presso il C.M.O. Diventare mamma è un’esperienza emozionale intensa. Una nuova vita si sviluppa e cresce nel grembo materno per poi venire alla luce. Un vero miracolo della natura! Affinché si riducano al massimo tutti i rischi legati alla salute del bambino e della mamma, lungo tutto il percorso della gestazione la donna viene seguita e monitorata da specialisti. La scienza e la tecnologia consentono oggi esami sempre più specifici e attendibili; indispensabili per avere un quadro aggiornato dei valori di crescita del feto. I ginecologi suggeriscono di effettuare, soprattutto in presenza di circostanze specifiche, una serie di esami diagnostici nel corso dei nove mesi. Presso il Centro C.M.O. - precisa la dottoressa Imma Ricciarelli, Direttore tecnico del Laboratorio di Citogenetica - la donna in gravidanza può essere seguita da un team di specia-

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listi che ha a disposizione le più moderne apparecchiature tecnologiche rispondenti agli standard di qualità più aggiornati per eseguire una completa diagnosi pre e postnatale. Il vantaggio è di poter avere un unico riferimento per effettuare tutti gli esami necessari. Nella maggior parte dei casi si tratta di esami di routine non invasivi, come le eco ginecologiche, o la translucenza nucale; in altri casi, invece è necessario ricorrere a tecniche invasive (amniocentesi, villo centesi) per uno studio dettagliato del genoma fetale. Il nostro Centro - continua la dottoressa Ricciardelli ha un Laboratorio di Citogenetica che si occupa della diagnostica attraverso l’analisi del cariotipo rispettivamente su liquido amniotico e su sangue. Il cariotipo consente di valutare eventuali alterazioni numeriche e/o strutturali.

Vediamo quali sono in dettaglio gli esami prenatali principali: Cariotipo su liquido amniotico (Amniocentesi): Tra le tecniche di prelievo di materiale fetale l’amniocentesi è di gran lunga la più praticata. Si esegue di norma tra la 15a e la 18a settimana di gestazione. Mediante lo studio del cariotipo fetale si può avere una valutazione delle alterazioni numeriche e/o strutturali dei cromosomi che sono causa di malattia. Il rischio di perdita fetale (un caso ogni 1000 procedure) è basso a patto che ad eseguire il test sia un operatore con sufficiente esperienza. Presso il Centro C.M.O. si eseguono con successo ogni anno un gran numero di esami. Pcr quantitativa fluorescente (Qf-Pcr): È una tecnica di genetica molecolare in grado di diagnosticare in 48-72 ore le

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anomalie numeriche (aneuploidie) più frequentemente riscontrate in diagnostica prenatale: - La trisomia 21 o Sindrome di Down; - La trisomia 13 o Sindrome di Patau; - La trisomia 18 o Sindrome di Edwards; - Le anomalie a carico dei cromosomi sessuali (Sindrome di Klinefelter XXY, Sindrome di Turner X0). Cariotipo Molecolare (Array Cgh): Tale indagine ha il fine di identificare alterazioni del DNA note come variazioni del numero di copie, che non sono rilevabili con altre tecniche di citogenetica convenzionale. Per la diagnosi post natale possiamo eseguire il Cariotipo su sangue periferico (Mappa Cromosomica): Consente di analizzare il corredo cromosomico di un individuo a partire da un semplice prelievo di sangue venoso. L’analisi citogenetica è consigliata in alcuni casi: - Coppie con poliabortività; - Coppie consanguinee; - Coppie con infertilità a causa non nota; - Uomini con alterazioni importanti del liquido seminale; - Donne con amenorrea primaria, secondaria o menopausa precoce; - Genitori o familiari con di un soggetto con anomalie cromosomiche. Molte malattie si possono scoprire e prevenire analizzando il cariotipo e studiando i singoli cromosomi. Esistono casi di infertilità dovuta a malformazioni del corredo genetico. Identificare questi casi è necessario per la terapia più idonea dell’infertilità o per capire se, e in che percentuale, questi difetti possono essere trasmessi agli eventuali figli e con quali conseguenze. Possiamo affermare che presso il C.M.O. la donna è al centro di tutto. L’attività di supporto spazia infatti dalla prevenzione psicologica, alle visite senologiche, al controllo dell’obesità e dei disturbi legati all’alimentazione, con il supporto endocrinologico. Inoltre operiamo in sinergia con i centri per la fertilità di coppia, eseguendo in convenzione tutti gli esami propedeutici. Recentemente, in collaborazione con principali operatori pubblici e privati, abbiamo anche realizzato

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un corso preparto per le giovani mamme che ha riscosso grandissimi apprezzamenti, completamente gratuito.

L’attività del Centro C.M.O. è molto complessa ed articolata. Forte è il focus anche sulla prevenzione oncologica e di patologie croniche. Più in generale, al 31 ottobre 2015 la campagna di prevenzione attuata dal Centro ha toccato 12 branche specialistiche con 8951 visite per 7058 pazienti di cui il 5% di tutte le donne di oltre 30 anni residenti nel distretti (Torre Annunziata, Trecase, Boscoreale, Boscotrecase). In senologia, ad esempio, sono stati studiati ben 4539 casi. In termini qualitativi – ha sottolineato Luigi Marulo, Direttore Generale del C.M.O. – il dato si traduce in un forte contributo che la struttura continua a profondere sul territorio, aumentando la sensibilità alla prevenzione dei tumori e quindi ad una migliore qualità della vita. Pur non essendo l’ASL, abbiamo fin da subito avvertito questa forte richiesta da parte del territorio, e ci siamo messi all’opera per rispondere. Elevata specializzazione, tecnologia all’avanguardia e, soprattutto, grande attenzione e rispetto alle esigenze del paziente; questa, in sintesi, la ricetta del successo del C.M.O.

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SCUOLA E FORMAZIONE

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Lontano dai banchi per imparare “sul campo” L’esperienza dei ragazzi dell’Istituto Ferrari di Castellammare

A cura degli alunni dell’Istituto Enzo Ferrari di Castellammare di Stabia - classi IV e V “Servizi Socio Sanitari” I ragazzi delle classi IV e V dell’indirizzo “Servizi Socio-Sanitari” dell’istituto “Enzo Ferrari” di Castellammare di Stabia hanno iniziato il progetto che prevede l’alternanza scuola-lavoro di 200 ore annuali presso l’ospedale San Leonardo della città. Si tratta di un’iniziativa che punta a proiettare i giovani studenti nel mondo del lavoro. “A ognuno di noi - raccontano i ragazzi è stato assegnato un reparto ospedaliero in cui osserviamo e apprendiamo ciò che ci illustra il personale medico riguardo le attività di lavoro svolte. Ci siamo così, dal primo momento, presentati regolarmente in ospedale mettendoci a disposizione, oltre che del personale ospedaliero, anche dei pazienti stessi, donando loro un po’ di compagnia e anche qualche sorriso.

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Per noi questa è un’esperienza nuova ed emozionante, a tratti anche emotivamente forte poiché non è facile entrare in contatto con persone malate anche gravemente. Non bisogna dimenticare però i lati positivi, quelli che rendono bella e gratificante questa esperienza. L’emozione più grande è stata vedere nascere un bambino, vedere questi esserini che vengono fuori dalle pance enormi delle madri, sentire il loro primo pianto, assistere alla presentazione del piccolo alla madre e alla famiglia mentre è trasportato in neonatologia. Invece l’esperienza più difficile è stata vedere entrare in sala operatoria un uomo con gli occhi pieni di tristezza mista a speranza sapendo che forse non ne sarebbe uscito vivo.

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SCUOLA E FORMAZIONE

Durante le nostre giornate in ospedale impariamo soprattutto a relazionarci con persone affette dalle patologie più diverse, che hanno in comune un forte senso di umanità, con esse abbiamo instaurato subito un rapporto di fiducia. Il nostro indirizzo, quello dei Servizi Socio-Sanitari, mira a formare lo studente, oltre che in ambito sanitario, anche nell’area dei minori e del sostegno

consente di mettere a disposizione del prossimo le nostre competenze, capacità e abilità per occuparci della salute e del benessere. Da sempre l’istituto Enzo Ferrari è pronto ad accogliere e affrontare al meglio le sfide che gli si pongono, per permettere a tutti noi alunni di inserirci nel mondo del lavoro e di studiare, non solo teoricamente ma anche praticamente; l’alternanza scuola-lavoro è

alla famiglia, degli anziani, della disabilità, del disagio psichico e della dipendenza, attraverso stage in vari centri e comunità. Tale formazione ha come fine il “prendersi cura” degli altri per professione, sviluppando una “propensione verso l’altro” che ci

una di queste sfide. Altri indirizzi offerti dall’istituto sono: Elettronico, Meccanico Termico, Meccanico, Moda, Grafico e Comunicazione. All’interno dell’istituto sono posti a nostra disposizione anche dei laboratori d’informatica, grafica,

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linguistica e meccanica. Grazie al nostro preside Giuseppe Pecoraro, sempre molto disponibile nei confronti di noi studenti, abbiamo anche la possibilità di far parte della cooperativa T.L.F. Con l’acronimo TLF il nostro preside, con estrema determinazione, ha voluto promuovere questa bellissima iniziativa. La lettera T è stata scelta perché la nostra scuola finalizza tutte le sue attività alla scoperta di nuovi Talenti; la L sta per Lavoro inteso come impiego di energia intellettuale e manuale per raggiungere un determinato scopo; la F come Fraternità nel senso di vivere la propria vita scolastica in “comune” con le persone che ci sono accanto e non solo. TLF è una cooperativa di transizione scuola-lavoro in quanto la permanenza è triennale, ossia possono farne parte gli alunni delle classi IV, V ed ex alunni diplomati da un anno. Oltre gli alunni, che sono soci-lavoratori, c’è anche la presenza dei docenti con il ruolo di soci-formatori. Questa cooperativa non cerca profitti, bensì è un’esperienza lavorativa tra le più utili che una scuola possa offrire ai fini dell’inserimento nel mondo del lavoro. Grazie ad essa potremo acquisire informazioni utili che ci rimarranno impresse e che, se usate con criterio, ci porteranno a raggiungere bei traguardi”.

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SALUTE E BENESSERE

Fecondazione eterologa in Italia: le 5 “W“

Dott. Miguel E. Sosa Fernandez Direttore Centro di Fecondazione Assistita Embryos

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What? In cosa consiste. La fecondazione eterologa è una delle diverse forme di Procreazione Medicalmente Assistita. Si ricorre a questa tecnica quando uno dei due genitori è sterile e, per arrivare a una gravidanza, occorre usare un gamete (un ovocita o uno spermatozoo) di un donatore. Ma la donna che riceve l’ovocita donato, dà molto di sé al piccolo. Infatti, sin dagli albori dell’impianto, si instaura un rapporto solidissimo tra i due: l’embrione affonda le sue radici nell’utero materno, ci si ancora profondamente ed attivando una fitta circolazione, si lega in maniera simbiotica con la mamma. È come quando si depone il seme di una pianta su un terreno fertile: la pianta crescerà forte, vigorosa e ben nutrita per effetto delle sostanze nutritive che il terreno gli donerà e si adatterà all’ambiente circostante in cui fiorirà, acquistandone per di più i caratteri distintivi. Ma a chi somiglierà il bambino? Di sicuro a voi! Infatti, il donatore e/o la donatrice dovranno corrispondere a voi dal punto di vista fenotipico e voi sarete l’anello indispensabile nella catena del suo sviluppo, della sua nascita e della sua vita. When? Quando può essere realizzata. Al contrario delle norme vigenti presso le strutture sanitarie pubbliche, presso il nostro Centro non vi è il limite di 43 anni! Può essere, infatti, effettuata in coniugi o in conviventi di sesso diverso, maggiorenni, in età potenzialmente fertile ed entrambi viventi, come ammesso dalla Legge 40. Who? Chi mi donerà i gameti. La selezione di una donatrice si fa tenendo in considerazione gruppo etnico, peso, altezza, colore di capelli, di occhi, etc. Questo però non significa che si possa scegliere il colore degli occhi o dei capelli del nascituro a proprio piacimento, ma è solo una forma di tutela verso il bambino. Infatti, l’aspetto del bambino dovrà essere il più possibile corrispondente ai caratteri somatici dei genitori, al fine di evitare problemi di inserimento

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socio-familiare legati ad una sua eventuale “diversità”. L’esigenza cui risponde questa norma è duplice: prima di tutto, rafforzare il legame dei genitori con il bambino è più facile se questi possono identificarsi nei tratti somatici del neonato e poi, anche il piccolo ha meno difficoltà di inserimento se ha caratteristiche simili a quelle della comunità in cui cresce. Ne va, insomma, della tutela dell’equilibrio psico-emotivo del bambino. La donazione, inoltre, è anonima. La donatrice, infatti, non manterrà nessun diritto né obbligo sulla gravidanza o figlio conseguito con i suoi ovociti. Why? Perché devo ricorrere all’eterologa. Numerose sono le ragioni per le quali una coppia debba ricorrere a una fecondazione con donazione di gameti. Non solo l’assenza completa di spermatozoi o di ovociti, ma anche scarse possibilità riproduttive con una storia di ripetuti tentativi di concepimento falliti con tecniche di Procreazione Medicalmente Assistita. Where? Dove si può effettuare. Finora questa tecnica era vietata in Italia, ma nel giugno del 2014 la Corte Costituzionale, con una sentenza in cui riconosce “il diritto incoercibile delle coppie ad avere figli”, ha dato il via libera alla pratica. ‹‹Si può dire finalmente addio al fenomeno del turismo riproduttivo – afferma il dr. Miguel Sosa, direttore del Centro di Fecondazione Assistita Embryos - che in questi anni ha visto migliaia di coppie italiane costrette a recarsi all’estero per cercare di coronare il loro sogno di diventare genitori. Da oggi non bisogna più andare molto lontano››. Il Centro Embryos, infatti, è stato tra i primi in Italia che ha dato il via alla fecondazione eterologa. ‹‹L’obiettivo essenziale – continua il dr. Sosa – è stringere un bambino tra le braccia, divenire genitori, dare alla donna l’opportunità di essere mamma sentendo una vita crescere dentro di sé e ricordare che, in ogni caso, il bambino sarà comunque sempre e solo vostro, perché frutto del vostro Amore. La vostra Felicità è la nostra Vittoria››.

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L’intervista

Natalia Toscano, la nuova

“Signora in giallo”

della Costiera sorrentina Carlo Alfaro

Napoletana di nascita ma sorrentina di adozione sin dall’infanzia, bisnipote del famoso poeta “Saltovar”, Natalia Toscano, due figli già grandi, ha piacevolmente esordito nel mondo della letteratura col suo primo romanzo, “Il promontorio dei limoni neri”, un giallo “classico”, ambientato nella località immaginaria Capobruno, ultimo borgo di una penisola che si distende in un lungo promontorio del Mar Tirreno, che tanto ricorda Sorrento. La trama prende le mosse dal ritorno al paese della sua infanzia, dopo otto anni di assenza, di Anita Ferri, bellissima e poco più che trentenne, delusa da una storia sentimentale e desiderosa di scrivere un

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libro, richiamata dall’amica del cuore Martha Gray, una scrittrice italo-inglese dotata di profondo acume investigativo, per una rimpatriata tra vecchi compagni di scuola. La sua ricomparsa al paese fa riaffiorare un mistero mai risolto dal passato, mettendo in moto un perverso meccanismo di tragici eventi, fino alla soluzione finale con l’agognato lieto fine. Il tuo libro si legge tutto d’un fiato, come hai concepito e costruito l’idea del romanzo? Scrivere era il mio sogno nel cassetto da sempre. La storia è maturata dentro di me negli anni, fino a che ha raggiunto la giusta maturazione, ed è venuta fuori senza sforzo. Come si fa a creare un

giallo “alla Agata Christie” come il tuo? Quali sono i trucchi e le tecniche di un congegno perfetto di intrecci e colpi di scena? Scrivo d’istinto, così come mi viene, in maniera naturale e in poco tempo, come in “un delirio creativo”. Poi rielaboro, correggo, perfeziono, limo. Ma sono sempre stata amante delle storie, i racconti, gli intrecci. Dolce e sensibile, legata al passato dal tenero ricordo della nonna che l’ha cresciuta assieme alla zia Wanda, Anita, la protagonista del romanzo, crede ai valori dell’amicizia, dell’amore, della giustizia. Quanto c’è di te in questo personaggio? Io non sono legata al pas-

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sato, ma come Anita credo fortemente nell’amicizia, nonostante le delusioni, e mi riconosco in lei per il forte senso della giustizia. Il tuo è un romanzo corale, dove ogni personaggio è perfettamente delineato e offre la sua visione della realtà attraverso il suo pensiero. I personaggi mi sembrano particolarmente vividi e animati. Ti sei ispirata a persone della tua esperienza di vita reale per costruirli? Non direttamente, anche se ovviamente c’è in quello che si racconta sempre il vissuto personale, biografico dello scrittore. Già il titolo, “Il Promontorio dei limoni neri”, è molto intrigante, con quel contrasto tra l’immagine positiva del promontorio di limoni e “il pugno nello stomaco” di quell’inaspettato colore “nero”. Come è nato questo titolo? È un titolo che avevo valutato già da un po’, prima ancora di perfezionare la storia… Una laurea in Lettere, un piazzamento da finalista al Premio Terni “San Valentino”, un master in scrittura creativa a Roma con il maestro Domenico Starnone, un blog di arte e cultura, N T BLOG. Come nasce l’esigenza di raccontare, scrivere, pubblicare, nella tua maturità? Ho sempre letto moltissimo, e scritto, ma per pubblicare ho aspettato di sentirmi pronta, matura. Molto mi ha aiutato l’esperienza del blog, il contatto con i lettori. Dopo il buon riscontro de “Il promon-

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torio dei limoni neri”, ha già pronto un secondo caso di Martha Gray? Si, ho terminato il secondo romanzo, ancora non pubblicato, ed iniziato a scrivere il terzo. E’ un’esigenza interiore, le storie sono in me e non possono implodere, chiedono luce. Ci sono dei libri o degli autori che ti hanno maggiormente colpita o a cui ti ispiri? Ho letto di tutto nella mia vita, compresi i sette volumi proustiani, ma per il giallo Agata Christie è al primo posto. Comunque la mia innata curiosità mi spinge a leggere di tutto, anche autori emergenti e sconosciuti.

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LAVORO E OPPortunità

e r e v i V : o r e t aUnlpla’sesosimportanstoenale e della società er

ita p c s e r c a per l

Marcello Russo Ricercatore di Organizzazione Aziendale presso la Kedge Business School di Bordeaux, Francia

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Sono passati quattro anni dal Natale 2011, periodo in cui la mia futura moglie ed io preparavamo la nostra partenza per la Francia, direzione Rouen in Normandia, dove ci siamo trasferiti nel gennaio 2012. Molte cose sono cambiate in questi anni: ci siamo sposati, abbiamo ora una splendida figlia ed abbiamo anche cambiato città, siamo a Bordeaux, nel sud-ovest della Francia, in una delle regioni più belle e dinamiche del paese. Come molti giovani in Italia (le statistiche ufficiali parlano di circa 82mila Italiani emigranti all’estero negli ultimi anni, di cui 13mila laureati), anche noi siamo emigrati per motivi lavorativi, alla ricerca di una stabilità professionale che, nel mio caso, è stato impossibile raggiungere in Italia (svolgo la professione di professore universitario). Mia moglie invece, mi ha seguito per amore e le sarò sempre riconoscente per questo. Molti ci chiedono se siamo felici della nostra scelta ed a tutti rispondiamo di si. Non nascondiamo mai a nessuno le difficoltà che viviamo: la lontananza dagli affetti familiari e dagli amici di una vita, la mancanza di un supporto familiare nei momenti di difficoltà (anche se le nuove tecnologie ed i voli aerei “low cost” aiutano), o al senso di estraneità che a volte ti assale quando ti ritrovi in mezzo a sconosciuti che parlano una lingua diversa. Tuttavia siamo entrambi consapevoli che il percorso di crescita fatto in questi anni non sarebbe stato mai possibile se avessimo rinunciato a questa esperienza. Emigrare (non bisogna affatto vergognarsi di associare questo termine alla nostra condizione che, seppur di privilegio, non si discosta molto dalla condizione vissuta dai migranti che storicamente si sono sempre spostati alla ricerca di un miglioramento della propria condizione di vita) obbliga a confrontarsi con i propri limiti, con le proprie paure ed insicurezze che bisogna imparare a superare per potersi adattare rapidamente ad una realtà così diversa. Vivere all’estero significa cominciare tutto

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daccapo. È necessario imparare una nuova lingua (il consiglio è quello di cominciare prima di partire), confrontarsi con una nuova cultura (il nostro segreto è cercare di apprezzarne sempre gli elementi positivi), nuove abitudini in campo sociale, medico ed alimentare (valorizzando la differenza anziché sforzarsi a ricercare elementi di similarità con l’Italia), ma soprattutto significa costruirsi una nuova rete di amici sui quali poter contare in caso di necessità e con i quali poter condividere le esperienze della vita, belle o brutte che siano. Come effettuare l’iscrizione al sistema sanitario? Quale medico è meglio scegliere per l’assistenza generale? Come pagare le tasse? A quale ufficio rivolgersi per la ricerca di un impiego? Dove è meglio fittare la propria casa? Sono questi alcuni banali esempi di problemi quotidiani che si possono risolvere facilmente quando si ha una buona rete di amici su cui contare. Crearsi degli amici, infatti, secondo molti rappresenta l’aspetto più importante per poter vivere all’estero con successo: i legami che si creano con gli amici all’estero (Italiani e non) sono molto forti ed intensi, in quanto un po’ per necessità un po’ per piacere si diventa membri di una stessa grande famiglia e si condividono esperienze personali che in Italia spesso sono limitate al ristretto campo degli affetti familiari. Con i nostri numerosi amici di Bordeaux, ad esempio, abbiamo dato vita ad alcune iniziative che ci aiutano a non perdere la nostra italianità ed a vivere più serenamente la nostra vita da emigranti: il pranzo domenicale, la partita di calcetto settimanale, l’organizzazione del fantacalcio, la gita fuoriporta, etc. È nata tra noi anche una grande solidarietà: ci aiutiamo reciprocamente con un sistema di taxi privato quando un amico della comitiva deve raggiungere l’aeroporto per rientrare in Italia ed un sistema di baby-sitting per concedere ad una coppia di genitori una serata libera di tanto in tanto. A questo punto, giustamente, vi starete chiedendo: “Considerate tutte queste diffi-

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lavoro e opportunità

coltà: vale davvero la pena partire e fare un’esperienza di vita all’estero?” La risposta è semplice: certamente, senza alcun dubbio! Non bisogna mai dimenticare che l’uomo, per sua natura, è migrante e da sempre ha abbandonato la sua terra per necessità di sopravvivenza. L’uomo ha bisogno solo di aria per poter sopravvivere e questa la trova in ogni luogo del mondo. Inoltre, ognuno di noi possiede tutte le risorse fisiche, emotive e psicologiche per potersi adattare ad ogni nuova realtà con successo ed efficacia (le stesse considerazioni scritte in questo articolo possono facilmente estendersi a chi si trasferisce al Nord d’Italia per lavoro o viceversa). Ci vuole solo un po’ di coraggio! A mio modesto avviso, l’idea di dover nascere, crescere e morire in uno stesso luogo è anacronistica. Faccio riferimento a quell’idea/speranza tutta Meridionale (per alcuni un vero e proprio diritto che spinge a comportamenti di dubbia morale) di dover vivere obbligatoriamente nella stessa città, preferibilmente quella del proprio nucleo familiare di origine o al massimo una città limitrofa nel raggio di 20 km! Viviamo in un mondo globalizzato e, che ci piaccia o no, dobbiamo convivere con l’idea che i nostri figli o i nostri amici possano vivere in città lontane da quella di origine.

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In tutti i paesi d’Europa o negli Stati Uniti, tutti cambiano città continuamente nella propria vita e questo è fonte di ricchezza personale, relazionale ed economica (basti pensare alle risorse economiche che si mettono in circolo grazie a questi spostamenti). Inoltre, mentre questa situazione è vissuta positivamente come un elemento di ricchezza per tutta la famiglia, da noi spesso questa situazione si vive male, come una sventura abbattutasi sulla sfortunata famiglia di turno. Ci tengo comunque a ribadire un concetto: Il sogno di voler vivere nel proprio territorio è legittimo e va sicuramente difeso e perseguito, ma guai a rinunciare ad opportunità professionali all’estero solo perché spinti da logiche di convenienza (credo sia oramai chiaro a tutti che vivere all’estero sia molto dispendioso) e/o pressioni sociali e familiari. Vivere all’estero non deve spaventare né i ragazzi né i rispettivi genitori che hanno un ruolo determinante nell’incoraggiare i figli e nel non farli sentire il peso di questa scelta faticosa. Noi siamo stati fortunati e siamo sempre stati incoraggiati dai nostri genitori che, con lungimiranza, hanno intravisto i benefici legati a questa difficile condizione. Il mondo è cambiato e, senza voler cadere nell’errore di scrivere frasi banali,

chi non si adegua è perduto. Perduto nel senso che è destinato a vivere una vita statica, assolutamente dignitosa e tranquilla, ma priva di quella linfa vitale che il confronto con realtà e mondi diversi può fornire. Per cui, umilmente, suggerisco a tutti coloro che ne hanno la possibilità di partire per un’esperienza all’estero e di ricercare queste opportunità proattivamente come è stato per noi quando abbiamo capito che le strade professionali in Italia erano purtroppo chiuse. Le esperienze all’estero possibili sono molteplici e possono riguardare un periodo di studio all’estero nell’ambito del programma Erasmus, una prima esperienza di lavoro in un’azienda multinazionale, una missione professionale temporanea, o la libera scelta di trascorrere alcuni anni in una grande città europea, etc. Per tornare c’è sempre tempo! Inoltre tornare dopo un’esperienza all’estero beneficia sia la persona che l’intero contesto socio-economico che si avvantaggia direttamente o indirettamente dalle esperienze vissute e dalle competenze acquisite dall’emigrante. Partire, invece, richiede una dose di coraggio e fortuna che non sempre possono ripresentarsi nella vita. Per cui, partite senza pensarci troppo. Ad maiora.

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L’educazione alimentare si impara in famiglia Dott.ssa Annalisa Cacace Biologa nutrizionista Specializzata in nutrizione e integrazione per lo sport Il punto di partenza per promuovere una corretta educazione alimentare è la famiglia. Tutti conoscono le regole di un’alimentazione sana, ma il passaggio dalla teoria alla pratica non è così scontato. I genitori influenzano in maniera diretta il comportamento alimentare dei figli diventandone un esempio attivo. Quindi sarà più semplice far avvicinare i piccoli al mondo degli ortaggi, delle verdure, dei legumi ecc se i genitori per primi ne faranno personalmente uso, perchè i bambini tendono a imitare più che ad obbedire. Fondamentale può essere anche la creatività, giocare di fantasia per trasformare un piatto banale in un piatto più appetibile, ad esempio frullando frutta

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fresca per poi aggiungerla ad uno yogurt, o magari aggiungendo frutta secca sbriciolata. Spesso la nostra alimentazione, e soprattutto quella dei bambini, è troppo ricca di proteine e grassi a discapito della classica e buona dieta mediterranea, basata su legumi, pesce, cereali, frutta e olio di oliva. A questo si aggiunge il consumo di merendine e altri cibi confezionati, che rende sempre più evidente il rifiuto verso cibi nuovi facendo venire a mancare quella varietà indispensabile per una dieta corretta. Il rifiuto ostinato nei confronti di nuovi alimenti è spesso sintomo di un’ incapacità per il bambino di condividere i rapporti familiari, e il cibo così diventa il suo unico sfogo.

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Si sta assistendo sempre più ad un aumento dell’obesità infantile causato da uno stile alimentare sbagliato abbinato ad una scarsa attività fisica, ed essere in sovrappeso da bambini significa aumentare il rischio di esserlo anche in età adulta, non a caso l’eccesso di peso è un fattore di rischio per l’insorgenza di malattie cardiovascolari, diabete, ecc.. Oggi più che mai i nonni sono una risorsa insostituibile per i genitori che lavorano, ma molto spes-

so le due generazioni non condividono la stessa idea in termini di educazione alimentare: i nonni tendono a viziare i nipoti con dolci o con cibi spazzatura soprattutto se mangiano poco, ma occorre ricordare che abituando i bambini a mangiare più del dovuto, si provoca l’alterazione del loro senso di sazietà ed una volta adulti continueranno a mangiare più del necessario oppure mange-

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ranno di meno di quanto necessario. Per attuare quindi un consapevole comportamento alimentare bisogna seguire alcuni consigli base. Per cominciare bene la giornata è importante per il bambino fare una adeguata, nutriente e varia prima colazione. È un momento alimentare troppo spesso trascurato, soprattutto in età scolare. È dimostrato che saltare la prima colazione, oltre a causare una ridotta concentrazione mentale, si correla positivamente con l’obesità. Alcune proposte per una prima colazione equilibrata possono essere: una tazza di latte, yogurt o spremuta di agrumi con pane o fette biscottate con miele o marmellata, biscotti secchi o integrali, lo spuntino di metà mattina deve essere nutriente e leggero per non compromettere l’appetito a pranzo come frutta fresca di stagione e sono da evitare: snacks dolci e salati, patatine, focacce, panini con salumi, bibite zuccherate perché ricchi di grassi e/o zuccheri semplici che provocano squilibri nella dieta giornaliera. Il pranzo così come la cena vanno consumati con calma, preferibilmente seduti e lontani da distrazioni come computer e televisione perchè rendono il bambino incapace di controllare la modalità e la rapidità di assunzione del cibo. Diversi studi hanno infatti dimostrato, che i bambini distratti dalla TV

tendono a mangiare di più di quelli che sono impegnati in una conversazione con i genitori e che i primi, mediamente, soffrono con maggior frequenza di obesità. Se è possibile a pranzo meglio privilegiare i piatti unici, che uniscono carboidrati, verdure e proteine; in questo modo è più facile che tutte le componenti essenziali della dieta vengano assunte nelle giuste proporzioni e fondamentale è rispettare le attitudini dei figli, ciò non significa assecondarli nei capricci ma tutt’altro. Occorre mettere i bambini davanti ad una scelta varia con prodotti il più possibile naturali, non confezionati, con una riduzione di bevande innaturalmente dolci, come i succhi di frutta, prediligendo al contrario come merenda del pomeriggio uno yogurt, frullati di frutta o una fetta di torta casalinga allo yogurt o carote o mele o crostata con marmellata calibrata anche in relazione all’attività fisica svolta dal bambino. Quindi sì al movimento che non é solo pratica sportiva, ma gioco, attività all’aria aperta, corsa, passeggiata utile per favorire il dispendio energetico, limitare la sedentarietà e le occasioni di alimentazione eccessiva. La migliore educazione alimentazione, quindi, è imparare a scegliere il proprio cibo, mangiare con salute e con un sano piacere alimentare.

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: i r a t n e m i l a e z an za Dr. Catello Romano Specialista in Allergologia Cosa sono e come si manifestano Spesso si sente parlare di allergia al latte e intolleranza al lattosio come se fossero la stessa cosa, in realtà si tratta di due condizioni completamente differenti. Nell’allergia è coinvolto un meccanismo di tipo immunologico. Quando mangiamo un alimento verso cui siamo allergici, la proteina allergizzante assorbita dall’intestino si lega sulla superficie di una cellula, detta “mastocita”, il legame dell’allergene alla superficie del mastocita avviene tramite le “immunoglobuline E”. Quando si crea questo legame, il mastocita si rompe e libera una serie di mediatori, tra cui l’istamina, che porta ai sintomi allergici. Questi si manifestano in breve tempo dopo l’assunzione e possono essere più o meno gravi. Si va da una sindrome orale allergica, con prurito alle labbra, alla lingua, o alle orecchie, per arrivare, nelle situazioni più gravi, a reazioni come orticaria, gonfiore del viso, rinite, tosse, disturbi circolatori seri, fino al

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possibile collasso cardio-circolatorio (Shock anafilattico). Tra le intolleranze alimentari, la più comune è quella al lattosio, una molecola formata da due zuccheri semplici (glucosio e galattosio). A livello dell’intestino, questi sono scissi da un enzima, la lattasi, nelle due molecole semplici, poi assorbite. Quando l’enzima è insufficiente o mancante, il lattosio passa nell’intestino e inizia a fermentare, dando luogo a sintomi come gonfiore, meteorismo e flatulenza. L’ipolattasia (o deficit di lattasi) può essere primaria (se derivante da causa genetica) o secondaria (se conseguente al danneggiamento delle pareti intestinali, in seguito a una patologia). Nel primo caso, la mancanza di lattasi durerà per tutta la vita, nel secondo solo fino alla rimozione della condizione che la causa. Quindi, parlando di latte e derivati, la persona allergica reagirà alle proteine del latte, mentre l’intollerante avrà problemi con lo zucchero, il lattosio.

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nale o diarrea, diventa molto forte il sospetto di un’intolleranza al lattosio. In questo caso la diagnosi viene fatta attraverso un test per la valutazione dell’ipolattasia. I più diffusi sono l’H2-breath test con lattosio e il test genetico.

Sono due dinamiche indipendenti, tanto nelle reazioni quanto nella prognosi. È importante sottolineare che un intollerante al lattosio può assumere modeste quantità di latte senza subire gravi conseguenze. Chi è allergico, invece, può rischiare la vita con un solo cucchiaino di alimento. I sintomi di allergia e intolleranza

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Se una persona riferisce al proprio medico che, ogni volta che consuma latte, avverte sintomi come prurito e orticaria, è ipotizzata la presenza di un’allergia. Per la diagnosi di allergia al latte si eseguono i prick test con estratti e con latte intero e solo in alcuni si procede con la diagnosi sierologica. Qualora il paziente avverta difficoltà di digestione, gonfiore o dolore addomi-

I metodi diagnostici più diffusi L’H2-breathtest definisce la presenza di un malassorbimento del lattosio in funzione della quantità di idrogeno generato nel processo di digestione da parte della flora batterica intestinale. Un esito positivo accerta la presenza di una difficoltà a digerire il lattosio, ma non fornisce informazioni sulla natura del disturbo. In altre parole, non ci dice se si tratta di una ipolattasia primaria, dovuta a un deficit congenito di lattasi, o secondaria, cioè conseguenza di un danneggiamento della parete intestinale dovuto a stati patologici. Il test genetico rappresenta una novità interessante nel campo della diagnosi delle intolleranze. Analizza il polimorfismo di un gene (il C/T-13910), che stabilisce la predisposizione alla non-persistenza della lattasi. Consente quindi di individuare i soggetti che potrebbero manifestare un deficit enzimatico. Si tratta perciò di un procedimento predittivo, non diagnostico, che permette di differenziare tra intolleranza primaria e secondaria.

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Psicologo andare o non andare? L’arte di farsi consigliare

Dott.ssa Patrizia Savastano Psicologa - Psicoterapeuta

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Cosa ci si può aspettare da un colloquio psicologico? Facciamo un esempio: mi accorgo che mio figlio ha chiaramente un problema, mostra un comportamento strano, ha sintomi di varia natura. La prima posizione da chiarire è: la responsabilità è mia in quanto sono sua madre o suo padre e in quanto sono (o almeno dovrei essere) un adulto. Il figlio non ha colpa. Ora, dato che non sempre è facile assumersi questa responsabilità può essere opportuno cercare l’appoggio di un professionista e farsi consigliare. Quindi la prima cosa che posso aspettarmi da uno psicologo è un aiuto nel prendermi le mie responsabilità. Ma chi è lo psicologo e cosa può succedere nell’incontro con lui/lei? Gli psicologi provengono da percorsi di

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formazione più disparati e possono avere specializzazioni molto diverse tra loro, alcuni sono esperti soprattutto di legislazione sociale, altri insegnano, alcuni sono specializzati nel campo dello sviluppo infantile, altri nel disagio psicologico degli adulti. Fondamentale è ricordarsi che questi esperti sanno pochissimo della vostra famiglia, enormemente meno di voi e della vostra famiglia che, per quanto possa avere dei tratti comuni con altre, è comunque unica! Dunque, siccome ogni famiglia è diversa dall’altra, dovete aiutare il terapeuta a conoscere la vostra se volete che la collaborazione sia proficua. Finchè questa collaborazione proficua non si è instaurata probabilmente durante i colloqui vi saranno proposte, interpretazioni e suggerimenti che vi sembreran-

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no totalmente inadeguati e probabilmente di nessun aiuto rispetto alla situazione che state vivendo. Non è il caso di perdere subito la fiducia. Piuttosto cercate di spiegare a chi avete di fronte i motivi per cui le sue proposte vi sembrano inopportune. Più sarete chiari ed espliciti meglio vi potrà aiutare. Gli psicoterapeuti sono esseri umani, indipendentemente dalle loro competenze professionali, questo significa che anche loro, come chiunque altro, possiedono dei valori, un bagaglio di esperienze personali e magari dei pregiudizi, quindi è possibile che, non solo vi sentiate “trattati male”, ma che probabilmente lo siate per davvero! Cosa fare in questo caso? Parlare con il terapeuta e dirgli chiaramente che siete insoddisfatti della collaborazione con lui. Potete ad esempio comunicargli che vi sentite trattati dall’alto in basso o con sufficienza e questo non vi aiuta, oppure che vi sentite accusati e colpevolizzati senza che questo vi faccia minimamente risolvere il vostro problema. Non dovete pensare tuttavia che il terapeuta sia lì per dirvi solo cose gradevoli o vi faccia continuamente complimenti. Dirvi cose scomode fa parte del suo compito professionale. È utile che vi mostri come funziona la Vostra Famiglia, o la Vostra Coppia, o la vostra Psiche e

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non sempre sarà piacevole ascoltare. Diciamo che di solito entrambe le parti hanno il diritto di essere prese sul serio: anche se essere presi sul serio non significa automaticamente dare ragione all’altro. Dunque quello che potete aspettarvi dall’incontro con uno psicologo è: • Sentirvi dire cose che potranno essere dolorose. • Dover introdurre qualche cambiamento nella vostra vita, nella vostra famiglia, nel vostro modo di pensare, comportarvi o percepire le cose. • Sentirvi tristi, disorientati, arrabbiati, confusi. • Fare dei cambiamenti nell’interesse degli altri. • Lasciare che un estraneo si immischi in faccende che fino a questo momento avete considerato private. • Capire che amare i propri cari più di ogni altra cosa a volte non basta, ma bisogna interrogarsi sul “modo” che abbiamo di amare. • Last but non least che la responsabilità della vostra vita e delle vostre relazioni rimane sempre tutta nelle vostre mani e non in quelle del terapeuta.

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Vi tratti dall’alto in basso. Vi critichi sempre. Prenda decisioni al vostro posto o vi obblighi a prendere decisioni. Vi manipoli. Non sia in grado di instaurare una collaborazione costruttiva.

In ultima analisi penso che se vi trovate nella spiacevole condizione di non sentirvi compresi dal Vostro Terapeuta ma non riuscite a parlargliene dovreste cercarne un altro. A volte senza un vero motivo con alcune persone proprio non si riesce a creare sintonia. E il terapeuta perfetto non esiste, proprio come non esiste il genitore perfetto. Ricordatevi che il terapeuta ha bisogno del Vostro aiuto come Voi avete bisogno del suo. Talvolta potreste avere l’impressione di aver incontrato un tipo o una tipa strana, così come Voi potrete sembrargli la persona, la coppia o la famiglia più intrattabile che gli sia mai capitata. Anche nel rapporto con il terapeuta ci sono conflitti proprio come in ogni rapporto umano. Un augurio sincero: a ognuno il terapeuta che merita! E che i Vostri sforzi possano essere coronati dal successo.

Non è assolutamente scontato al contrario accettare che il terapeuta:

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Ricerca: si va verso l’estinzione della Meningite Dott. Alfonso D’Apuzzo Pediatra e neuropsichiatra infantile

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La meningite è una malattia che spaventa solo a nominarla. I principali agenti eziologici delle meningiti sono: lo streptococco pneumoniae, la neisseria meningitidis e l’haemophilus influenzae. Con l’introduzione dei vaccini coniugati contro lo streptococco pneumoniae (Prevenar) e l’haemophilus influenzae (contenuto nel vaccino esavalente), la meningite meningococcica rappresenta la principale causa di meningite in Europa, soprattutto tra i neonati. Dei 13 sierogruppi solo 5: A, B, C, W135, Y sono causa di quasi tutte le infezioni da N. meningitidis. L’epidemiologia della Neisseria meningitidis è dinamica, nel senso che la frequenza dei vari siero gruppi può variare da una zona all’altra del nostro pianeta, questo succede per cambiamenti genetici, per i viaggi internazionali, l’immigrazione, per cui essendo l’epidemiologia imprevedibile, questi fattori determinano la necessità di una copertura polivalente. Attualmente in Italia la frequenza dei vari siero gruppi è la seguente: Sierogruppo di tipo B= 51,1%, d i tipo

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C= 16,3%, il rimanente 32% è coperto dagli altri siero gruppi. In Europa i siero gruppi prevalenti sono il B (70%) e il C (17%), il Y (3%), gli altri (10%). Negli USA 37%: Y; 30%: C, 25%: B. I gruppi a rischio di malattia meningococcica sono i Lattanti che rappresentano la popolazione con incidenza più elevata (aumento di 17,4 volte in Europa), per immaturità del sistema immune, riduzione dei livelli protettivi di anticorpi materni. Seguono gli Adolescenti per gli stretti rapporti che contraggono, fumo, affollamento, viaggi, concerti. Considerando i buoni risultati ottenuti con il vaccino meningococcico coniugato contro il siero gruppo C si è assistito ad una riduzione rilevante della malattia invasiva sostenuta da questo siero gruppo (88-98% nel 1° anno di vita) e una diminuzione dal 2010 del numero delle segnalazioni al di sotto dei 10 anni, negli adolescenti e nei giovani adulti. In Italia la vaccinazione contro il meningococco C è prevista in dose unica per due fasce d’età: al 13° mese o a 12-14 anni. Nei lattanti il siero gruppo B prevale rispetto ad altri sierogruppi. Il sierotipo B è responsabile del 70% delle meningiti in Europa, con un’incidenza di 1,5-2 casi per 100.000 abitanti. Nei bambini <2 anni la malattia invasiva da Meningite B rappresenta dall’80 al 95% delle infezioni da meningococco, e sotto l’anno di vita il 40%. Quindi la meningite causata da meningococco B è responsabile di sei casi di meningite meningococcica su dieci, può colpire soprattutto i bambini con meno di 1 anno e ha un decorso

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talmente rapido che può uccidere in meno di 24 ore o comunque lasciare disabilità permanenti (ritardo mentale, convulsioni, amputazioni di arti) o conseguenze gravi in quelli che superano la malattia (in età adolescenziale si potranno avere alterazioni delle performance scolastiche). Recentemente con una tecnica molto sofisticata (reverse-vaccinoly) si è riuscito a preparare il vaccino contro il sierotipo B. La prevenzione con la vaccinazione è quindi l’unica difesa contro questa malattia così aggressiva. Ogni anno nel mondo sono mezzo milione i casi di meningite meningococcica. In Italia, la causa principale è il ceppo B, che nel 2011 è stato responsabile del 64% dei casi totali, e del 77% dei casi nei bambini sotto l’anno di età. Le fasce d’età

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a maggior rischio sono due: quella tra 0-12 mesi e quella tra 12-18 mesi. La maggiore incidenza è tra i 4 e gli 8 mesi, ecco perché per ottenere risultati effettivi nella riduzione dei casi, la prima barriera deve essere posta ai 2 mesi, con programmi di vaccinazione adeguati. La meningite meningococcica tipo B è particolarmente pericolosa perché colpisce senza alcun sintomo di preavviso e può portare al decesso entro 24-48 ore. Ha una letalità del 9-12%, ma senza un adeguato trattamento antibiotico può raggiungere il 50%. Il calendario vaccinale prevede tre dosi nel 1° anno di vita e richiamo dopo l’anno. Nel bambino, nell’adolescente e nell’adulto sono previste due dosi a distanza di 1-6 mesi. La protezione diretta dei

lattanti porta al maggior beneficio per la salute pubblica, perchè protegge anche gli adulti e riduce il numero dei soggetti che colonizzano nel loro orofaringe il meningococco. Il vaccino anti B è attualmente disponibile. Questo nuovo vaccino permetterà non solo di salvare molte vite umane, ma anche di cambiare le prospettive della lotta contro la meningite perché permetterà l’eliminazione completa della meningite meningococcica dal mondo, dal momento che per completare la copertura vaccinale è previsto la somministrazione del vaccino coniugato tetravalente coniugato Men A, C ,W135, Y all’età di 1112 anni (Menveo) e anche prima e rivaccinare chi ha praticato il monovalente Men C. L’epidemiologia attuale suggerisce l’uso di Menveo agli adolescenti e ai soggetti a rischio di tutte le età (immunodepressi, malattie epatiche croniche, insufficienza respiratoria cronica, talassemici). In tal modo la infezione invasiva da meningococco (sepsi, meningite) dovrebbe essere completamente eradicata. Il Menveo va fortemente consigliato perché protegge contro i ceppi che prevalgono negli Stati Uniti di America e nel Regno Unito di Gran Bretagna dove i nostri adolescenti si recano per stage e svago. Cosi si chiude il cerchio contro la meningite meningococcica.

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Il benessere parte dalla cura dei denti

Intervista al dr Giuseppe Avino A cura di Lorella Aiello Secondo studi recenti, la corretta igiene orale serve a prevenire alcuni dei disturbi dentali più comuni, contribuendo a mantenere bianchi e sani i denti, ma non solo. La ricerca ha infatti dimostrato la correlazione che esiste tra malattie dentali, in particolare i disturbi gengivali, e problemi di natura cardiovascolare. “L’igiene quotidiana dei denti (lo spazzolamento, l’uso del filo interdentale,…) spiega il dottor Giuseppe Avino del Centro Alisei Medical Center di Castellammare di Stabia - consente di evitare, almeno in parte, la formazione della placca, la patina batterica che si attacca alle gengive causando problemi come irritazioni e sanguinamento. La placca, di colore giallastro, si deposita sulla superficie dei denti e costituisce la principale causa delle infiammazioni dei tessuti gengivali. Il lavaggio quotidiano dei denti consente di rimuoverla, anche se essa si riforma

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dopo ogni pasto o spuntino. Quando non viene rimossa si mineralizza divenendo tartaro”. I disturbi gengivali, quali gengiviti e parodontiti, sono conseguenze dirette della presenza del tartaro sui denti. Quando si parla di gengivite si fa riferimento ad una patologia “reversibile” attraverso trattamenti di igiene professionale e la personale e quotidiana pulizia dei denti. L’infezione riguarda soltanto la gengiva e causa sanguinamento, rossore, irritazione; nel caso di parodontite, invece, la patologia è irreversibile, perché si manifesta in una forma molto aggressiva. L’infezione si estende a tutto il complesso parodontale, (l’osso alveolare, il cemento, la gengiva, il legamento parodontale), provocando la progressiva distruzione dei tessuti presenti attorno al dente, la formazione di solchi, chiamate tasche gengivali, la cui profondità varia, e causando nei casi più gravi, la perdita dei denti.

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“Questi disturbi gengivali – continua il dottor Avino – interessano noi tutti. Colpiscono uomini, donne, bambini e adulti, tanto che non possiamo individuare una tipologia di persone “a

rischio”. Il tartaro e le conseguenti infiammazioni della gengiva sono causate dalla cattiva igiene orale, dalla mancata prevenzione e cura dei denti, dall’assenza, in molti casi, di controlli medici periodici. Nella saliva, infatti, sono presenti i sali minerali che imprigionano i batteri presenti nel cavo orale. Questi ultimi si accumulano e si annidano nelle tasche gengivali che, una volta formatesi, non possono essere pulite con l’utilizzo dello spazzolino”. La detartrasi, o ablazione del tartaro, è una tecnica di prevenzione delle patologie gengivali e parodontali, che dovrebbe essere ripetuta anche più volte l’anno a seconda dell’accumulo di placca e tartaro che varia in ogni persona, e che viene consigliata per

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poter garantire la perfetta salute dei denti. È una pratica non dolorosa e di breve durata. “Durante la seduta di detartrasi - aggiunge il dottor Avino - avviene la rimozione meccanica della placca e del tartaro sopragengivale e sottogengivale attraverso strumenti odontoiatrici manuali o ad ultrasuoni, e la levigatura della superficie del dente, ottenendo un effetto quanto più possibile liscio, al fine di evitare la malattia parodontale. I pazienti che si sottopongono alla detartrasi hanno enormi benefici. Evitano l’alito cattivo, i possibili processi cariosi, l’eventuale perdita dei denti. Le gengive irritate, infatti, causano un cattivo gusto in bocca e l’alito pesante per la presenza di residui di cibo che marciscono, perchè trattenuti nelle tasche gengivali, oltre ai sintomi più gravi e significativi”. La ricerca ha poi evidenziato come i disturbi gengivali possano in alcuni casi essere causa di problemi cardiovascolari, come infarto e ictus. “Gli studi indicano come le malattie che interessano la gengiva possano aumentare il rischio di malattie cardiache. Il cavo orale è una vera e propria porta di ingresso per germi e batteri. Nei casi di infezioni in bocca, i batteri presenti possono entrare nel flusso sanguigno attraverso i vasi e raggiungere organi lontani come il cuore, causan-

do infezioni anche serie, che interessano le valvole cardiache o le coronarie, provocando endocarditi, ictus e infarti. Anche se la percentuale dei casi registrati è bassa, è un campanello di allarme che non va trascurato. Conoscendo le conseguenze delle infiammazioni orali, quindi, il paziente ha un‘arma in più per poter ridurre il rischio di malattie cardiovascolari, pulendo accuratamente i propri denti almeno due volte al giorno e sottoponendosi a controlli periodici costanti, soprattutto quando compaiono i primi sintomi di infiammazione della gengiva, come rossore, sanguinamento, dolore, gonfiore”. Pertanto, per difendersi dall’insorgenza di queste patologie, il modo migliore è avere una buona igiene orale quotidiana praticata durante tutta la vita, già a partire dall’infanzia. Ciò significa lavare i denti usando lo spazzolino per il tempo necessario a rimuovere i residui e le particelle di cibo e batteri; sottoporsi a sedute di pulizia professionale dei denti costantemente; mantenere uno stile di vita corretto, allontanando fattori di rischio come il fumo, l’alcool; evitare regimi alimentari ricchi di carboidrati, di zuccheri e grassi. In questo modo si favorisce la buona salute dei denti e il buon funzionamento del nostro organismo nel suo complesso.

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SPORT E TEMPO LIBERO

Favole e sport per la salute Alla Volleyball Stabia lo sport come “laboratorio sociale”

Annapia Manzi Addetto stampa VBS Proviamo a fare un gioco: prendiamo dei bambini e facciamoli entrare in una palestra, per la precisione in una di pallavolo. Fin qui tutto normale, nessuna difficoltà. Aggiungiamo delle favole, e sempre per maggiore chiarezza, diciamo una ogni due settimane. Già qui qualche sorriso sghembo di perplessità sarà apparso sui volti di chi legge. Ma andiamo avanti. Visto che le cose semplici non ci piacciono, proviamo a far parlare queste favole di argomenti un po’ impegnati, un tantino pesanti, quelli ogni tanto difficili che oggi chiamiamo “sociali”.

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Facciamo degli esempi: ne scriviamo una sul buon cibo, sull’ambiente, sulle dipendenze, ecc… Ultimo livello di questo gioco, forse il più complicato, è far leggere ai bambini (e non solo) di cui sopra nella palestra sopraddetta la storia della rana Frog dall’aspetto un po’ particolare o del cane Marlin (sordo, poveretto!). Eccoci arrivati allo scopo del gioco: creare un progetto che promuova la salute, che potenzi e sostenga le life skills di piccoli atleti. Ideatrice del “gioco” (adesso concedetemi le virgolette) è la Dott.ssa Maria Mormone, aiutata nella realizzazione dei piccoli racconti dalla

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Dott.ssa Rosa Giordano e dalla web master Viola Miranda. Scenario di tutto ciò l’ambiente pallavolistico della ASD Volleyball Stabia che con un approccio olistico - partecipativo ha voluto mirare alla crescita e allo sviluppo di colui che sarà “l’adulto del domani”, provando a fargli conoscere quelle che sono le sue infinite potenzialità. Il progetto dal nome “Favole e sport per la salute” è andato avanti da Marzo a Maggio, con cinque appuntamenti a cui hanno partecipato tutti i tesserati VBS di qualsiasi età, parenti e professionisti delle varie tematiche nonché associazioni del territorio come il circolo Legambiente Stabiae-Gragnano. Tutto sotto il patrocinio della Società Italiana per la promozione della salute. Qualcuno potrà dire che certe tematiche andrebbero limitate alle aule scolastiche per non appesantire anche nei pomeriggi di svago i bambini, ma un ambiente sportivo come quello della pallavolo targata VBS, dove il crescere a contatto con gli altri per diventare con gli altri un gruppo forte e una squadra non poteva essere un terreno migliore. Lo confermano i nonni e i genitori rimasti sorpresi dalla capacità dei loro piccoli di confrontarsi su questi temi e allo stesso tempo di affrontarli con commenti svelti, svegli e pratici. Lo confermano gli stessi miniatleti come M. M., una signorina di 9 anni dallo sguardo vivace e parlantina pronta a cui “le favole sono piaciute tanto” – spiega- “perché adatte a noi e a bambini che, anche se non in grado di leg-

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gere ancora molto bene, si facevano avanti alzando la mano per recitarle in prima persona. Cosa ancora più bella è che le allenatrici ci hanno chiesto di fare un disegno da appendere sulla bacheca in palestra. Non conoscevo nessuna storia ma la mia preferita è diventata quella del cane Marlin, che nonostante la sordità è riuscito a difendere la fattoria del suo padrone. Ho capito così che alcune persone pur avendo dei difetti o essendo diverse, riuscendo a sviluppare altre qualità, sono uguali a noi.” Per F.M., un timidissimo biondino di 7 anni, la più bella è stata quella sulla “tecnologia” (come la chiama lui sgranocchiando un cracker post allenamento) da cui ha imparato “che non si deve stare troppo davanti ai computer e alla televisione. Ma ci hanno spiegato anche perché dobbiamo mangiare la frutta e che non dobbiamo sporcare la natura”. Chiedendogli se gli facesse piacere un nuovo ciclo di favole, fa di si con la testolina. “Un programma che riprende anche quest’anno sportivo e che verterà su nuovi argomenti” informa la dott.ssa, nonché allenatrice VBS, Mormone. “Argomenti che non si esauriranno mai, vista la fantasia e la capacità tutta dei bambini di vivere il mondo moderno in maniera diversa da noi più grandi. Non sveliamo le favole di questa seconda edizione, ma proviamo a chiedere anche a chi segue i nostri atleti e la nostra società di consigliarci e/o suggerirci temi originali, sensibili e magari a loro particolarmente cari”.

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L’intervista

pilates caratteristiche e benefici

Intervista a Silvio Iozzino, master teacher del centro sportivo Sportlandia, di Castellammare di Stabia A cura di Lorella Aiello Il metodo pilates è una ginnastica che da oltre 20 anni appassiona un numero sempre crescente di persone in tutto il mondo, divenendo una delle discipline più amate da chi pratica fitness. È un metodo, non una mera esecuzione di esercizi, che impegna il corpo e la mente insieme, puntando a correggere posture sbagliate, ad utilizzare le fasce muscolari dormienti, ad acquisire la piena consapevolezza e fluidità nei movimenti. Di questo metodo, che gode di un successo intramontabile rispetto a tutte le discipline sportive di tendenza in America, ne abbiamo parlato con Silvio Iozzino, master teacher del centro sportivo Sportlandia, di Castellammare di Stabia, dove si tengono corsi per

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allievi a più livelli e corsi di formazioni e tirocinio. Il metodo Pilates può essere presentato in questi termini: un programma di fitness pensato e concepito per allungare e rinforzare i muscoli attraverso il controllo dei movimenti. Quali sono gli esercizi principali che caratterizzano questo metodo? Questa tecnica, sviluppata a cavallo del secolo scorso, è un programma completo composto da circa 600 esercizi volti ad armonizzare corpo e mente contemporaneamente. Si concentra sul movimento controllato dalla ‘powerhouse’, i muscoli connessi al tronco, l’addome, i glutei, l’interno delle cosce e la zona lombare, lasciando però libertà di movimento alle estremità.

È possibile avvicinare questo metodo ad altre discipline? Il suo fondatore, Joseph Hubertus Pilates, prese spunto da culture diverse tra loro sia orientali sia occidentali, per sviluppare il concetto del totale controllo sul corpo, basato sulla flessibilità profonda e sull’integrazione della colonna con gli arti in modo fluido e armonioso. Quali sono i benefici principali che si associano ad una pratica costante del pilates? Seguendo le lezioni costantemente, il Pilates migliora la condizione fisica del corpo, garantisce una colonna vertebrale forte ed aiuta a rimanere sani con l’incedere degli anni e dell’età. Quando si esegue un esercizio di Pilates è necessario concentrarsi sul modo in cui ogni movi-

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mento è correlato all’altro. Il corretto allineamento della colonna durante gli esercizi e la focalizzazione primaria dell’attenzione sulla ‘powerhouse’ fanno sì che ogni altra parte del corpo si muove in maniera fluida, generando un netto miglioramento posturale.

Il teacher è una vera e propria guida, l’istruttore che insegna step by step come effettuare i movimenti evitando di assumere posture sbagliate e pericolose.

A chi è diretto? Potremmo dire che il pilates è aperto a tutti. A coloro che non praticano alcun altro sport, a chi soffre di patologie legate alla postura, anziani e giovani. Anche se può sembrar complessa l’esecuzione di esercizi a corpo e con gli attrezzi, è un metodo adatto a chiunque. Esistono vari livelli di pratica, che vengono presentati dal teacher durante i corsi, che seguono lo sviluppo dei movimenti in modo graduale. Per ottenere i primi risultati non bisogna attendere a lungo. Si possono raggiungere traguardi importanti anche con poche lezioni. Pilates, per primo, affermava che “in 10 lezioni sentirai la differenza, in 20 lezioni vedrai la differenza, in 30 lezioni avrai un corpo nuovo”.

Anche ascoltando i pareri di chi pratica il metodo pilates è possibile capirne i molteplici vantaggi e benefici. Abbiamo, per questo, raccolto le testimonianze di chi si è avvicinato a questa pratica sportiva con patologie neurologiche, connesse alla schiena, alla postura e oggi lo pratica con passione, costantemente. «Ho cominciato a praticare questo sport per problemi molto seri - afferma la sig.ra Rosa Cuomo, che frequenta uno dei corsi di pilates presso la palestra Sportlandia - che mi impedivano di condurre una vita normale, a causa dei quali non potevo effettuare nemmeno semplici movimenti con la schiena, le braccia. Oggi, posso dire che con il pilates la mia vita è cambiata notevolmente. Ho provato e nel tempo, grazie all’aiuto e alla guida del teacher, sono riuscita a superare le mie difficoltà fisiche, a riacquistare gradualmente fluidità, armonia nei movimenti; è migliorata la qualità della mia vita».

Qual è il ruolo ricoperto dal teacher? La figura del teacher è fondamentale per questa pratica. La sua formazione avviene negli anni, con corsi e aggiornamenti costanti, necessari per poter rinnovare la propria licenza ad insegnare.

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Le testimonianze

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L’INTERVISTA

Dello stesso parere la signora Adriana Cirillo. «Con l’esercizio e l’impegno continuo ho imparato ad utilizzare in modo consapevole tutti i muscoli del corpo in piena armonia. Grazie anche al supporto dei teachers che seguono i miei progressi in ogni fase è migliorata la forma fisica, ho riacquistato l’uso di muscoli sofferenti imparando a muovermi correttamente e a gestire il mio corpo; questa pratica mi ha regalato una piacevole sensazione di benessere mentale, che cresce grazie ai risultati che raggiungo lezione dopo lezione». Un vero e proprio giovamento fisico e psicologico con il metodo pilates,

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quindi, che si ottiene praticandolo con costanza insieme al proprio teacher. Non bisogna dimenticare che non tutte le palestre, che vantano corsi di pilates, sono all’altezza del

compito. Per questo, un aspetto importante da non sottovalutare è la scelta della struttura, dove il personale deve essere necessariamente altamente specializzato e aggiornato.

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SPORT E TEMPO LIBERO

Storie di vita alla luce del metodo Scout

Mariangela D’Antuono Capo Gruppo Scout Sant’Antonio Abate

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Che cosa è lo scautismo? Lo scautismo è uno stile di vita, ma ancora prima è un metodo educativo che attraverso il gioco, l’avventura, la strada ed il servizio cerca di educare il ragazzo/a a scelte consapevoli e ad essere un buon cittadino ed un buon cristiano. Ma chi può essere un buon cittadino e un buon cristiano? Lo sono solo quelli che la società definisce ragazzi brillanti? Per dare risposta a questo quesito ci viene in auto il regolamento metodologico dell’A.G.E.S.C.I. che recita: “il metodo educativo dell’A.G.E.S.C.I. è una proposta educativa che: • Vede i giovani come autentici protagonisti della loro crescita; • Deriva da una visione cristiana della vita; • Tiene conto della globalità della persona e quindi della necessaria armonia con se stessi, con gli altri e con il creato; • È attenta a riconoscere valori, aspirazioni, difficoltà e tensioni nel mondo dei giovani”. Da quanto scritto nel metodo si evince che lo scautismo è una proposta educativa rivolta a tutti e che attraverso una attenta osservazione del ragazzo, una buona collaborazione con i suoi genitori, stimolando il suo protagonismo e l’autostima, cerca di tirare fuori anche dal bambino-ragazzo che sembra aver poco o nulla di buono quel 5% che ha dentro per moltiplicarlo. È come prendersi cura di un seme che ha già tutto dentro di sé per crescere, poi c’è il terreno, la pioggia, il sole, il vento e a noi spetta il compito di non metterli sotto ad una serra ma di insegnare loro a sfruttare al meglio quello che la natura gli offre per crescere e diventare chi una quercia, chi un sicomoro, chi un melo. Certo tutto quanto detto fino ad ora risulta molto bello, ma in concreto chi sono questi fantomatici ragazzi da cui tirar fuori i loro talenti? Sono Leo, che è arrivato già grandicello nel gruppo con una storia familiare molto

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lunga alle spalle e dei problemi psicologici. Leo era solo, le sue esperienze scolastiche lo avevano portato a compiere atti sconsiderati verso se stesso e gli altri. Ma come fare per aiutarlo? Ci siamo chiesti se eravamo in grado di gestire questa situazione, potevamo aiutarlo sul serio o saremmo stati da ostacolo anziché trampolino per lui? Dopo attente analisi e colloqui con i sui terapisti, Leo con tutti i suoi pregi ed i suoi limiti, è diventato parte di una comunità che considera la sua famiglia e che è cresciuta intorno a lui, vedendolo come esempio, esempio di impegno, di gioia, di umiltà e voglia di vivere oltre che esempio di colui che sa accettare i propri limiti, ma cerca di fare del suo meglio comunque in ogni circostanza (anche se a volte un po’ pigro). Leo riusciva ad avere un ruolo, se pur piccolo che fosse, in ogni cosa la comunità facesse, ed è questo che lo ha fatto sentire a casa ed ha prodotto in lui un cambiamento (ovviamente Leo era accompagnato e seguito in un percorso individuale da professionisti oltre che frequentare il gruppo scout). Quando è arrivato il suo momento di lasciare il gruppo egli si sentiva pronto ad essere un buon cristiano ed un buon cittadino nel suo quotidiano aiutando la madre in casa, mettendosi a disposizione degli altri ragazzi che frequentavano il suo stesso centro ed impegnandosi ad andare la domenica a messa. Piccoli passi per un ragazzo di 22 anni, ma non per Leo e per la comunità che lo ha accompagnato in questo percorso. La storia di Martina è un po’ diversa in quanto ragazza molto brillante a scuola, molto bella, con degli occhi grandi, in cui puoi scrutarla anche nelle sue debolezze. Ed è forse per questo che è stata vittima di bullismo a scuola ed aveva perso la stima e la fiducia i sé, ma attraverso un percorso di crescita personale, fatto insieme ai suoi educatori, che l’hanno spronata progressivamente ad impegnarsi nella comunità, Martina oggi ha acquisito molta più

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SPORT E TEMPO LIBERO

sicurezza in sé stessa ed è diventata un membro fondamentale del gruppo in cui è inserita. Salvatore è nel gruppo da quando era un tenero lupettino di 8 anni, nel suo percorso attraverso la progressiva capacità di assu-

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mersi impegni ed acquisire competenze ed abilità, ha imparato a saper utilizzare i suoi talenti, a mettersi sempre a servizio degli altri con gioia e gentilezza; oggi questo percorso lo ha portato a realizzarsi nel lavoro come cuoco.

Le storie sono tante quanti i ragazzi che in questi trenta anni sono passati nel gruppo scout Sant’Antonio Abate 1 e che qui, in un solo articolo, non potremmo mai raccontare, però ciò che possiamo raccontare è l’impegno come educatori che mettiamo nel fornire un servizio educativo basato su un metodo che fa dei ragazzi i protagonisti della loro crescita in base alle loro peculiarità. I ragazzi che arrivano, con qualsiasi tipo di storia alle spalle, attitudini e talenti, hanno dentro di loro già tutto quello che serve, noi gli forniamo solo gli strumenti affinché siano incoraggiati ad imparare con l’esperienza e a saper leggere i successi e gli insuccessi alla luce delle loro esperienze per essere coraggiosi promotori di cambiamento.

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SOCIALE

Un Villaggio per accogliere amici speciali

L’esperienza de “Il Villaggio di zio Pino” nasce da una idea progettuale condivisa e realizzata da un gruppo di professionisti con formazione ed esperienza specifica in varie tematiche sociali. L’energia positiva scaturita dal confronto tra idee e personalità diverse ci ha incoraggiato ad accettare la sfida ardua ma nello stesso tempo stimolante e appagante di costruire una realtà progettuale in un contesto di aiuto e impegno

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quotidiano a favore di bambini e ragazzi speciali (autistici e ragazzi con difficoltà psico-neuro-motorie). L’impulso iniziale che accomunava il gruppo si avvicinava molto a un’idea di “Scuola speciale”, una sorta di contesto magico che potesse accogliere i più piccoli, ma anche i più grandi… volevamo che assumesse i connotati di una comunità accogliente dove incontrare persone significative a cui affidarsi con fiducia. “Il Villaggio di Zio Pino” vuole evocare appunto questa immagine per gli operatori e per gli amici speciali che sono nostri ospiti e compagni di viaggio. Nel “Villaggio di zio Pino” i bambini possono sperimentarsi e acquisire nuove competenze in maniera sponta-

nea e rilassante in compagnia di professionisti adulti disponibili a mettersi in gioco quotidianamente accanto a loro. È previsto anche uno spazio di accoglienza e sostegno ai genitori nel loro difficile ruolo di educatori e care-givers. Nei momenti di confronto tra le loro diverse esperienze e diverse modalità di approccio alle difficoltà quotidiane, gli operatori assumono il ruolo di mediatori e facilitatori anche nel rapporto con i loro figli diversi. In tal modo i genitori sono incoraggiati a osservare i loro figli al di là delle loro patologie, valorizzandone gli aspetti positivi e creativi. Abbiamo potuto notare come i miglioramenti ottenuti con questo tipo di intervento, siano capaci di innescare una maggiore accettazione e una migliore accoglienza da parte dell’ambiente dove vive il bambino: famiglia, scuola, gruppo dei pari. Il che innesca un circolo virtuoso che si traduce in una più rapida conquista di maggiore benessere.

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Metodologia al di là delle tecniche. Lo staff del villaggio di zio Pino, in possesso di un’adeguata formazione ed esperienza professionale che si è andata perfezionando durante l’esperienza di questi anni, non ha voluto utilizzare sin da subito un metodo o una tecnica precisa o già pre-esistente, ma ha creduto opportuno concentrarsi sull’osservazione di ciascun bambino interpretandone progressivamente le ansie, le paure, le diversità e le capacità nonchè i bisogni emergenti. Utilizzando questa tecnica abbiamo compreso, in breve tempo, che il contatto ed il rapporto con questi bambini è possibile soltanto se si accetta il loro modo di comunicare e di relazionarsi. La loro estrema sensibilità e reattività li fa diffidare da tutte quelle persone che hanno difficoltà ad accettarli. Al contrario si legano rapidamente, si aprono e diventano attenti, disponibili ed affettuosi, verso tutti quegli adulti che dimostrano verso di loro pazienza, disponibilità e rispetto del loro mondo interiore. Essi hanno fiducia verso gli adulti che evitano di stimolarli a fare o a non fare determinati gesti e attività, ad avere o non avere determinati comportamenti, ma li lasciano liberi di percorrere la loro personale strada verso la normalità, aiutandoli soltanto con una presenza e con un sostegno affettuoso, gioioso, attento, vicino e disponibile. Essi amano gli adulti che sanno accogliere tutte le espressioni della loro sofferenza, anche quelle che possono sembrare strane e incomprensibili. Questa modalità di approccio si è delineata sempre più, diventando il “metodo del Villaggio di zio Pino”, dove per metodo, intendiamo una modalità con cui riusciamo in modo più o meno complesso ad entrare in contatto con i ragazzi speciali e a lavorare con loro. Attraverso questo modello il ragazzo è riuscito a costruire un suo percorso di “crescita personalizzato” diverso da ogni altro e perfettamente aderente ai propri specifici bisogni. Le iniziali difficoltà di interazione e comunicazione vengono superate attraverso l’accoglienza affettuosa e il rispetto delle “iniziali distanze corporee” consentendoci in tal modo di accettare e valorizzare i giochi con modalità libera e creatività. Questo ci permette di superare eventuali ostacoli e diffidenze conquistando

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livelli di fiducia sempre maggiori e modulando attività diverse sempre più ricche e varie. Questo modo di operare ci ha permesso, inoltre, di evidenziare come le stereotipie e gli atteggiamenti ripetitivi di qualunque tipo: verbali, motori e nei comportamenti, siano gradualmente abbandonati, nel momento in cui il bambino acquista maggiore serenità. Un altro fattore fondamentale che bisogna curare nei minimi particolari, per raggiungere risultati soddisfacenti, è l’ambiente in cui si muove un ragazzo “speciale”: un ambiente ostile, produrrà un comportamento inadeguato (comportamenti stereotipati, urla, atteggiamenti aggressivi), attraverso cui egli esprime dissenso e paura, che se non letti nel modo giusto possono degenerare complicando ulteriormente il disturbo di base. In tal sen-

so, bisogna essere molto attenti modificando l’ambiente in modo graduale, presentando e abituando il ragazzo ad ogni minimo cambiamento. Non dimentichiamo che i cambiamenti spaventano l’uomo in genere, ma soprattutto chi li vede esclusivamente come un momento di rottura col proprio mondo. Il metodo prevede il rapporto un operatore /per ogni ragazzo, operatore che cambia però continuamente permettendo ai soggetti di non abituarsi e agli operatori di avere uno spettro ampio dell’esperienza vissuta, da poi confrontare e tarare gli interventi. In questo modello è ritenuto fondamentale il ruolo della famiglia. Spesso infatti, le famiglie creano dei rapporti invischianti, che

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SOCIALE

si mantengono in vita proprio grazie ai loro figli “speciali”. All’interno di questi nuclei si creano spesso delle capsule immobili nel tempo e galleggianti nello spazio, all’interno delle quali si instaurano legami soffocanti difficili da scalfire. In questi casi è importante, non aggredire ma accogliere e lentamente allentare la tensione e l’attenzione esclusiva sul ragazzo, riportando la famiglia lentamente in una dimensione più serena dove è possibile ritrovarsi nella propria identità di persone al di là del “problema”, proiettate verso il futuro e il benessere. In tal modo, la famiglia si riprende il suo spazio, in modo non consapevole e anche il figlio può viversi liberamente senza sentirsi invaso da chi se ne prende cura. Questa invasione che prima gli toglieva il respiro, considerandolo esclusivamente un ragazzo “malato”, ora gli da spazio, dignità e lo rende forte e consapevole, magari, dei propri limiti e delle proprie capacità. Il ragazzo

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ha sempre meno paura, perché comincia ad avere delle regole, e in quelle regole si ritrova e si muove liberamente. Ha uno spazio, ampio, dove esprimersi senza paura di essere interrotto o aiutato. Struttura del Villaggio di zio Pino: Il Villaggio di zio Pino ha trovato la sua sede ideale, in uno spazio dove la Natura predomina, dove gli ospiti sono gli animali e gli umani sono semplici “ospitati”. In questo spazio, grande, ampio, ma allo stesso tempo accogliente e protettivo, il bambino autistico o con difficoltà, si muove bene. Il contatto con la natura, con gli animali lo rasserena, gli insegna le giuste distanze, gli eventuali pericoli a rispondere prontamente alle richieste e alle sollecitazione che ne scaturiscono. L’immersione in un ambiente dove ogni cosa ha un tempo diverso dal quotidiano, dalle giuste ma stressanti pressioni dell’ambiente esterno, aiuta il ragazzo a rilassarsi, a conce-

dersi uno spazio dove poter mettersi in gioco, ma senza “oppressione”. Il gioco a cavallo, le carezze alla mucca, il difendersi dalle corna delle caprette e le corse con le oche, sono momenti di spensieratezza, ma anche di forti stimolazioni che si cercano o che nascono spontanee. Il lavoro nei campi, la raccolta delle olive, dell’uva, la preparazione delle confetture, sono tutti momenti di grande partecipazione, dove ognuno, investe e partecipa con le proprie modalità comunicative. Pur non avendo alcuno spazio strutturato, come già detto, per dare più libertà possibile, possiamo comunque rintracciare quattro tipologie di attività: • Attività (lavori sistematici): per rinforzare specifici abilità, quali fine-motoria, rinforzo dove sia possibile alla lettura ed alla matematica, ecc. • Attività individuale: qui le attività sono organizzate per l’acquisizione di competenze dirette in base a specifici obiettivi. • Attività autonoma: finalizzata al lavoro indipendente. • Area D (gioco): le attività comprendono gioco libero e strutturato, e sviluppo delle abilità di gioco. Coordinatore: dott. Rosario Di Nocera (psicoterapeuta) Responsabile operativa: dott. ssa Mariagiovanna Manzo (psicologa). Sede: Agriturismo Green Land, via Cupa San Marco Castellammare di Stabia.

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Il Villaggio di Zio Pino con programmi differenziati per le disabilità evolutive

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Laboratori linguistici per tutte le età Laboratori creativi: pasticceria, pittura, collage, costruzioni Laboratori espressivi: ballo, canto, musica, teatro Esercizi di rilassamento e fantasia guidata Giochi interattivi Attività didattiche pomeridiane (doposcuola)


CONSIGLI PER GLI ACQUISTI

Soluzioni personalizzate e ascolto del cliente Passione, competenza e professionalità: queste le linee giuda che da oltre 20 anni accompagnano il lavoro dell’azienda “le Camerette” di Scafati

Una filosofia che ha consentito di diventare uno dei più importanti e qualificati centri di arredamento per ragazzi. Le Camerette infatti, ha assunto ormai le connotazioni di un punto di riferimento nel settore dell’arredamento per ragazzi. Il grande impegno profuso nell’elaborazione di strategie innovative, improntate

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ad affrontare le esigenze del cliente, in modo originale. La consolidata esperienza dell’azienda ci rende interlocutori ideali - sottolinea il titolare - in particolar modo per la risoluzione di problematiche particolari, quali, ad esempio, gli spazi ridotti, ecco dunque che un qualificato staff di professionisti si rende disponibile a guidare e consigliare il cliente, individuando per loro la soluzione più efficace. Qualità e professionalità si supportano scambievolmente in quello che può definirsi senza dubbio un metodo vincente che ha dato vita ad un know-how di grande spessore. La nostra è un’azienda di

famiglia, che tramanda da generazioni un immenso patrimonio di esperienza, competenze e passione per il proprio lavoro. Siamo nel settore dell’arredamento da un quarto di secolo, la dedizione di mio nonno si è così trasmessa a mio padre e da lui a me, seguendo lo stesso percorso di impegno e serietà. Con una struttura completamente dedicata ai ragazzi, sita a Scafati, in via Tricino, 120. Tra operai, venditori, architetti, e disegnatori il nostro personale vanta all’incirca 10 unità ed è in continua espansione. Oggi più che mai è grande l’attenzione nei confronti del mondo giovanile e delle sue esigenze, anche in fatto di arredo: si va dalla necessità di ottimizzare spazi piccoli da dividere tra più ragazzi, a quella di disporre di uno spazio apposito per il computer. A tutti questi bisogni noi dedichiamo il nostro costante

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impegno, rivolgendoci ad un target che va dai bambini, ai ragazzi, agli adolescenti, o anche ai single, oggi sempre più numerosi. Seguiamo il percorso dei giovani dalla prima infanzia all’età adulta, riuscendo a proporre le soluzioni più idonee a soddisfare le necessità più disparate. Uno dei nostri punti di forza è quello di ascoltare attentamente il cliente, in modo che i nostri professionisti dispongano degli elementi necessari per proporre soluzioni adeguate, incentrate su quel tipo di problema, e non proposte “generiche”. Il cliente è accolto e coccolato come se fosse di famiglia. Lo seguiamo in ogni fase dell’acquisto: dall’accoglienza alla preparazione, fino alla progettazione di soluzioni personalizzate, per arrivare poi al montaggio. Dopo di che il nostro supporto continua con un’assistenza completa. Le nostra esposizione consente di scegliere tra un’infinità di proposte, dallo stile country, a quello classico, o stile marinaro, quello rustico, quello moderno, senza dimenticare la prima infanzia e gli accessori. Per quanto riguarda la prima infanzia applichiamo la massima attenzione nella realizzazione degli arredi, utilizzando materiali atossici e funzionali che garantiscono al bambino una crescita sana.

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Crediamo fermamente nella qualità del nostro lavoro e il tutto, sempre nell’ottica della totale soddisfazione del cliente. Un altro dei nostri tratti distintivi è rappresentato dall’avere un’identità di produzione e non solo di commercio, in quanto assembliamo i pezzi migliori delle varie aziende nazionali per dar vita a soluzioni assolutamente originali, uniche. Ci preoccupiamo anche di intervistare, successivamente al montaggio, i nostri clienti, per rilevare il loro grado di soddisfazione e correggere eventuali problemi a cose o comportamenti non consoni dei nostri addetti. Il Cliente è veramente al centro di tutto per noi. Vorrei concludere invitando tutti coloro che si apprestano ad acquistare o rinnovare una cameretta, a farci visita, nel nostro centro di Scafati, per verificare la cura e l’attenzione che da sempre rivolgiamo loro, per verificare l’efficienza delle nostre soluzioni e la cortesia e disponibilità del nostro Personale. Vorrei, inoltre, ricordare che i pagamenti sono personalizzabili con gli istituti di credito convenzionati. I nostri preventivi sono gratuiti ed i bambini sono nostri graditi ospiti grazie ad una zona giochi appositamente attrezzata per loro.

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CONSIGLI PER GLI ACQUISTI

Dormire bene: un diritto di tutti Valentina Caruso L’uomo trascorre mediamente un terzo della sua vita dormendo. Dormire bene è quindi, per l’organismo, un fattore essenziale di riposo e di benessere: favorisce tutti i processi di rigenerazione e crescita e permette di fissare nella memoria le esperienze fatte durante la veglia. Un adeguato riposo aiuta a farci sentirci bene e a far funzionare al meglio il nostro cervello. Secondo recenti studi, il 75% circa della popolazione Italiana ha problemi di natura articolare come dolori alla schiena, lombari e dorsali che, nel corso degli anni, possono condurre alla scoliosi e ad altre patologie artroreumatiche dovute all’umidità (soprattutto nelle vicinanze del mare, laghi, fiumi). Molte persone convivono altresì con delle fastidiose reazioni allergiche (Cutanee e Respiratorie) che tendono a diventare croniche. Talvolta questi disturbi possono essere congeniti, ma nella maggior parte dei casi sono conseguenza di cattive abitudini quotidiane come: l’assunzione di posture scorrette (a scuola, al lavoro, davanti alla TV); sbalzi di temperatura (repentini passaggi caldo/freddo, umidità);

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contatto con ambienti inquinati ed insani (dove si annidano gli allergeni). E’ risaputo che “la miglior cura è la prevenzione”. I materassi ed i cuscini, sono i migliori compagni, ma sono anche i migliori amici della salute. A chi ci affidiamo ed affidiamo i ns. figli per 7-8 ore al giorno? I cuscini ed i materassi tradizionali (molle, ortopedici, etc.) hanno tutti un gran difetto: non sono anatomici e tanto meno ergonomici, o sono troppo rigidi, o viceversa sono troppo morbidi o sono a barca e, costringono il corpo ad adattarsi a loro e non viceversa come invece dovrebbe essere. Quante volte vi siete svegliati con un arto indolenzito o addormentato? Quante mattine evitate di alzarvi di scatto per non avere dei capogiri? Questi sintomi sono dovuti molto spesso a problemi di cattiva circolazione notturna da compressione! Quante mattine vi siete svegliati con la sensazione di essere più stanchi del giorno prima? Questi sintomi sono dovuti molto spesso a problemi d’affaticamento da tensioni muscolari e scheletriche!

Il Materasso (o meglio il Sistema di Riposo nel suo complesso), è l’elemento più importante per la salute e quella dei nostri cari all’interno della Casa. Il materasso lavora quando noi dormiamo e ci deve garantire le migliori condizioni termiche, igieniche e di perfetto sostegno ergonomico. I materassi “Italia Benessere” oltre ad essere anallergici, antistatici, antidecupito e antiacaro, hanno delle caratteristiche e delle certificazioni importanti che assicurano ulteriori vantaggi all’acquirente, ovvero: • il certificato presidio medico sanitario categoria classe 1 che fa beneficiare i prodotti della deducibilità fiscale del 19% sulla dichiarazione del reddito annuo, e per chi usufruisce delle agevolazioni della legge 104 l’iva dal 22% passa al 4% su tutti i prodotti della linea. • il certificato ecotex stabilisce che gli stessi sono naturali e non cancerogeni. Tali sistemi di riposo garantiscono qualità italiana al cento per cento (sia nella parte tessile che nella lastra di cui sono strutturati). Dormire bene ed in salute è un diritto... ma non solo... un dovere.

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