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Non c’è due senza tre. Forse, ma sicuramente non adesso. Con questo sono al terzo libro. L’abitudine è possibile che prenda il sopravvento su questa ostinata voglia di raccogliere, confezionare. Soprattutto completare. I libri precedenti sono raccolte di vita vissuta, circoscritta ad un determinato luogo in un determinato momento. Se le persone, le culture, le abitudini plasmano in parte il nostro carattere, e lo modificano di conseguenza, allora avremo delle ricadute anche sul nostro modo di vivere. Anche su quello che creiamo. Questo libro non ha l’intento di essere un insieme di fotografie esposte in sequenza. É un lavoro che, a differenza dei precedenti, ha richiesto quasi due anni per trovare la sua forma definitiva. Un’elaborazione necessaria per sviluppare il pensiero che sog-

INTRODUZIONE


giace, per selezionare i momenti ed i luoghi che poesie e fotografie vogliono rievocare. L’incipit di questa breve introduzione è ora comprensibile: il motto viene utilizzato solitamente nel caso di successioni omogenee. Le due forme di espressione utilizzate fanno riferimento a sfere sensoriali diverse. Quello che speriamo sia riuscito a rimanere costante in entrambe le narrazioni è l’emozione da cui prendono spunto. Se il risultato sarà una forma espressiva, un’immagine, una parola, una descrizione altra, soggettiva, che la poesia e le due fotografie faranno scaturire nei lettori, allora l’emozione è costante e avremo fatto la scelta giusta. Per confermare c’è sempre tempo, oggi viviamo altro: il tre lo lasciamo ad altri giorni.


BERGAMO

Bergamo, sotto le mura affacci nel buio migliaia di luci. Le spegne il maturare della notte, come la vita i sogni. IrromperĂ domattina il primo raggio di sole: un grido di rabbia, di gioia e dolore, di amore, ottuso e inestinguibile, e vita. E per un altro giorno imbracceremo le nostre speranze.





SOTTO LA VOLTA

Un’altra notte, un’altra uguale. Mi aggrappo al mio meglio per non cedere al male. E sotto la volta del vuoto immenso stanotte mi perdo, ritorno, ripenso, sotto lo sguardo freddo dell’universo, a tutto quel tempo, al miglior tempo che ho perso.





Ho varcato tante porte. Avevano sentieri e profumi ch’erano solo miei quando le chiamavo con nomignoli d’amante. È bastato un giorno varcarne un’altra con te: eravamo sulla stessa strada verso un mondo nuovo, cittadini già di una patria diversa.

LE PORTE

Si divertono, le porte, a cambiare e noi con loro, in questa geografia liquida del sentire. L’unica porta davvero nostra si chiama memoria.





Su queste strade ho consumato i miei passi. Non i primi, non gli ultimi, forse nemmeno i piÚ importanti. Li ho consumati nella cieca convinzione che fossero gli unici in quel momento. Mi porto via la polvere ad ingrigire le scarpe - appesantire i ricordi e la vita che è capitata.

STRADE





Sono gli imprevisti a dare un senso alla vita, a stravolgere l’agonia di una lunga attesa soffocante di progetti senza via d’uscita. È così, nei flebili interstizi fra sogni e speranze, fra la pietra e il cemento e la luce opaca dei giorni di festa, che sbocciano sorrisi destinati ad appassire, impossibili da convincere a lasciarsi cancellare.

SUI GRADINI DI UNA CHIESA





DIETRO LA CURVA

Non è la fine del cammino, ma la prossima curva che tutti attendiamo. Non l’utopia impalpabile d’una felicità imperpetua, il sapore sconosciuto della prossima svolta ci convince tutti a perpetrarci sino alla fine dei nostri giorni.







NICOLÒ PIUZZI

nasce ad Abbiategrasso nel 1989. Cronicamente irrequieto, ha trasferito la sua vita ad Amsterdam, Londra, Shenzen, Bergamo, Milano e Bologna. Ad ogni viaggio/avventura corrisponde una serie di click dell’otturatore e il tentativo di mettere ordine nelle esperienze.

FRANCESCO RAVALLI

nasce a Milano nel 1987. Da sempre è perso in un’alternanza discontinua di sogni e razionalistiche elucubrazioni. Un giorno si è trovato in testa una manciata di versi e da allora non riesce a smettere di scrivere. In quei brevi istanti ha trovato il suo precario equilibrio.


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