37 Il Corpo Eretico sulla fotografia di roberto kusterle
Francesca Agostinelli
ilsullacorpo eretico fotografia di roberto kusterle Kusterle in un ritratto di Elisabetta Pesenti.
Alle radici, stampa ai pigmenti su carta cotone, 100x100cm, 2006.
Quella di Roberto Kusterle è una fotografia come teatro, dove in scena è il corpo umano nella sua mutazione, ibridazione, osmosi con il mondo naturale. È un corpo “eretico” che si presenta in forme dove pesci, piume e conchiglie, rami, radici, farfalle e pietre sottopongono l’interno e l’esterno a pressioni di un divenire irreale e visionario. Certamente inquietante. Nulla a che vedere con le convenzioni sull’uso e le aspettative epistemiche, ideologiche, estetiche della fotografia sia a livello della sua produzione che sul piano delle dinamiche spettatoriali legate alla sua fruizione. Nulla a che vedere con le convenzioni e il senso comune, che da sempre attribuiscono un credito di verosimiglianza all’idea stessa di fotografia. Al contrario l'attimo fermato da Kusterle è illusione, artificio, in un gioco di opposti che apre scenari di indicibile provvisorietà. Dove ciò che è vero e reale affonda nel magma dei neri per emergere in una nuova luce nel perimetro (troppo stretto) dell’immagine fotografica. All’opera del fotografo goriziano Roberto Kusterle, da anni presente con successo sulla scena internazionale, il Comune di Pordenone e l'Associazione Venti d'Arte dedicano la prima grande esposizione che guarda con carattere antologico al suo lavoro. L’iniziativa riunisce, infatti, e mette a confronto per
la prima volta il complesso itinerario che l’autore conduce dal 1991. Il luogo dell'esposizione è lo spazio ”Harry Bertoia” che il Comune di Pordenone ha recentemente inaugurato a seguito del restauro dello storico complesso architettonico di palazzo Spelladi, posto nella centrale Via Vittorio Emanuele II nella città friulana. L'esposizione si inaugurerà il 18 aprile e rimarrà aperta sino al 9 agosto. Le opere esposte sono circa ottanta: un numero che appena basta a descrivere il mondo metamorfico del fotografo goriziano, scandito da cicli a carattere tematico, che da I riti del corpo, passando per Αναχρονος per giungere oggi a L’abbraccio del bosco, racconta senza pause, in un bianco e nero fuori dalla reale dimensione del vedere umano, oltre venti anni di fotografia. Le scelte, nella cura di Angelo Bertani e della scrivente, rispettano il procedere di Kusterle attraverso serie che si snodano senza strappi, ad argomentare il rapporto dell’uomo con la natura, la psiche, l’anima, così da invitare l’osservatore in territori universali e senza tempo, ma quanto mai attuali per le dinamiche e le trasformazioni profonde cui la contemporaneità le costringe. La dimensione culturale su cui posa la relazione di questi macro-elementi, la loro reciprocità e respiro è il grande argomento affrontato in mostra attraverso le foto di Roberto Kusterle. Le scelte espositive, sostenute dalle caratteristiche degli spazi della Galleria, sono orientate su un percorso non impositivo, ma aperto a itinerari d’interesse, alla suggestione dell’incontro, all’emozione. Fuori comunque dal criterio cronologico, il visitatore incontra i grandi brani di una staged photography, che mette in scena le problematiche visionarie e stranianti di Kusterle e le soluzioni tecniche raffinatissime che egli sperimenta per creare quella condizione d’inquietudine cui intende condurre con forza lo spettatore. In un gioco che rende
Francesca Agostinelli la fotografia territorio di ambiguità, l'autore non dimentica il suo passato di pittore e scultore, di artista dal forte piglio installativo e gusto scenografico. Trattiene nella scelta del linguaggio fotografico l’incredibile senso della materia e il senso tattile delle superfici, mentre il teatro installativo diviene amore per una mise en scène capace di trascinare l’osservatore in racconti improbabili, non risolvibili nella realtà del dato visivo. Su questo il fotografo Kusterle ha innestato le sue abilità alchemiche, quasi magiche di camera oscura e una post produzione che oggi si serve di tecniche digitali che l'autore governa e sperimenta con curiosità, dimostrando la capacità, quanto mai attuale, di piegare mezzi, strumenti e linguaggi alle proprie esigenze espressive. Nella sede della mostra, il lavoro dell’artista si snoda nelle sale del primo e del secondo piano, rispettando il procedere per cicli che caratterizza dalle origini la sua attività di ricerca. Al primo piano il visitatore incontra le opere del ciclo Αναχρονος (2004-06) e, in successione, quelle di Mutazione silente (2007-08) e di Segni di pietra (2011-12). La parte centrale dello spazio espositivo è invece dedicata alle immagini in grande formato dei Riti del corpo (19912014), che costituisce una sorta di contenitore tematico ancora aperto, dove l’autore riunisce fotografie scattate in un largo lasso di tempo sul tema del corpo e della sua ibridazione. Al secondo piano trovano collocazione I cicli più recenti: I segni della metembiosi (2012-13), Abissi e basse maree (2013), Mutabiles Nymphae (200910) e L’abbraccio del bosco (2014). A completare il percorso della mostra, una sala è dedicata ai video realizzati da e su Roberto Kusterle. Il titolo dell’esposizione è Il corpo eretico, come anche il titolo del catalogo realizzato per l’evento a cura di Angelo Bertani, Stefano Chiarandini e la scrivente. Il volume consta di 256 pagine e all’interno scritti di autori provenienti da più campi della cultura contribuiscono alla lettura critica del complesso lavoro del fotografo. Sono Francesca Agostinelli, Mario Benedetti, Angelo Bertani, Valentino Casolo, Guido Cecere, Mario Cresci, Cristina Feresin, Erica Kusterle, Mauro Pascolini, Alberto Princis, Ludovico Dino Rebaudo, Pier Aldo Rovatti. Il catalogo riporta le opere in mostra, mentre particolare cura è riservata, nella sezione apparati, alla ricostruzione del percorso espositivo dell’autore, alla ricerca emero e bibliografica che definisce il luogo di interesse critico intorno alla sua opera. Difesa della luce, stampa ai pigmenti su carta cotone, 80x80 cm, 2002 (later print 2015). Il capro impotente, stampa ai pigmenti su carta cotone, 80x80 cm, 1993 (later print 2015).
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