36 risonanze cosimche sulla visione di pino manos
Claudio Cerritelli
risonanze cosmiche sulla visione di pino manos Parallela alla riflessione che Pino Manos conduce intorno alle connessioni dell’arte con le essenze dell’universo, si sviluppa la sequenza modulare di opere come equivalenti plastici della sua visione cosmico-sincronica. Si tratta di composizioni realizzate con originale perizia artigianale, nastri di tela irrigiditi con le colle, strutture monocromatiche estroflesse che sollecitano slittamenti e vibrazioni ottiche, sincroniche risonanze oltre il visibile, continue variazioni percettive, a seconda del punto di osservazione. Manos realizza con il massimo rigore spazi estroflessi monocromi, il ritmo plastico del colore-luce congiunge pittura scultura e architettura in un unico corpo armonico, visione generatrice di movimenti psichici potenziali. La scelta monocromatica si predispone ai rapporti di luce e di ombra che stimolano il divenire della visione totale, valorizzando le dinamiche interiori dell’individuo, soggetto che partecipa direttamente al disvelarsi estroflesso. Questo metodo costruttivo è dunque sorretto dalla convinzione che il percorso ritmico racchiuso in ogni opera non sarebbe possibile – nelle sue implicazioni più profonde- senza l’intervento di chi le guarda, le assimila, le introietta come tramiti di un processo di autoconsapevolezza critica dell’evento percettivo. In tal senso, l’operazione di Manos si basa sull’approfondimento del riverbero interiore della luce, processo ininterrotto caratterizzato dalle infinite implicazioni psico-sensoriali che la struttura cromatica sviluppa attraverso precise lunghezze d’onda, emanazioni intersoggettive di potenzialità illimitate. L’intenzionalità dell’artista non comunica solo il desiderio di stimolazione della coscienza sensoriale ma –soprattutto- la tensione a misurare l’interminabile flusso energetico della luce, la seduzione mentale della tenebra, la sensualità dei movimenti che turbano il piano della superficie con programmata inquietudine. La pittura dialoga con le virtualità plastiche, le vibrazioni di luce danno peso al vuoto che si insinua nei nastri monocromatici creando continue trasmutazioni di sporgenze e rientranze, stati fisici attivi, non separabili dalle movenze mentali che attraversano il campo d’azione oggettualmente delimitato. Rispetto alla storia delle estroflessioni degli ultimi sessant’anni (da Castellani a Bonalumi) la specificità del linguaggio di Manos privilegia la ritmica musicale della modulazione visiva, il divenire perpetuo del colore-suono che si dilata nell’ambiente nella successione degli elementi basici. Ogni opera -qualunque sia il formato o la dominante cromatica- è basata su calcolate sequenze di rilievi che si schiudono giocando sulla sottigliezza delle inclinazioni plastiche, tutto si commisura alla
perfetta torsione dei nastri, alle interferenze generate dalle graduali consistenze del colore-luce. Se l’orientamento verticale suggerisce la vertigine vibratile dello slancio oltre il confine, la scelta orizzontale allude al movimento dell’osservatore davanti all’opera, suscita i trasalimenti crescenti che l’occhio incontra, captando le tensioni che si vanno esplicitando tra zone luminose e travasi d’ombra. L’esplorazione di Manos non è solo di tipo analitico ma si apre verso le soglie interne della configurazione plastica, si addentra in profondità e si avvale di percorsi sorprendenti, effetti cromatici che interferiscono con la strutturazione oggettiva delle opere. Ciò è dovuto alle sottili mutazioni del monocromo che va oltre la statica definizione dell’immagine, l’istinto è sempre di attivare differenti stati di luce interne alla disposizione dei rilievi, alla ripetizione del modulo plastico come germinazione che si estende potenzialmente all’infinito. La dimensione del bianco e del nero evoca tutti i colori, l’arco delle intensità cromatiche è ampio e complesso, le possibilità percettive vanno oltre i codici ottici, sconfinano dai loro stessi perimetri, svelano energie sconosciute. Il bianco comunica desiderio di purezza, luogo di rarefazione della materia che azzera il superfluo, stato di incantamento dello spirito che si nutre della bellezza delle forme pure, tramiti ideali per interrogare le origini dell’essere. Il nero trasmette luce interiore che viene dal profondo, da esso emergono stupori segreti, misteriose memorie, minime cangianze e palpiti improvvisi, percorsi di conoscenza che l’artista svela attraverso l’attitudine a immaginare spazi oltre il visibile. Tutto dipende dall’uso del colore, l’argento mescolato alla grafite genera attimi di lucentezza attraverso i quali Manos si sente in unione con le energie galattiche, forze magnetiche che varcano la soglia del non conosciuto. Le estroflessioni dedicate ai colori fondamentali (rosso ardente, blù meditativo, giallo attivo) creano campi di sospensione contemplativa dove le dinamiche costruttive accolgono lievi soffi d’aria, intermittenze del vuoto, stati silenziosi ma anche effetti fluorescenti. Si tratta di percorsi sinestetici che si sviluppano tra peso e leggerezza, staticità e vibrazione, affinità e distanze sensoriali già presenti nel reale, antinomie che l’artista affida ai sensi interpretativi dell’osservatore. Questa gamma di possibilità di lettura è legata alle caratteristiche ambientali in cui le superfici sono collocate , in tal modo si creano congiunzioni e fusioni tra la luce dipinta e la luminosità atmosferica che avvolge la parete espositiva. Dopo la stesura del “manifesto dell’arte e della luce” (2002-2003), il contributo teorico di Manos intorno alle ragioni filosofiche del fare è affidato
meta osservatorio
Claudio Cerritelli al “manifesto della sincronicità” (2010) , proseguimento naturale dell’idea di risveglio creativo che l’artista coltiva per dare luminosità corporea alla pura essenza delle forme. Al centro di questa riflessione sta il progetto di vita oltre i paradigmi della storia, unione tra soggetto e sfera collettiva, tra tempo presente e spazio eterno, sintesi tra il sé e il mondo assoluto, dimensione totale dove l’atto creativo illumina il cammi-
no dell’uomo in cerca di risonanze con l’assoluto. All’utopia dello “spazio-tempo sincronico” si rivolgono –dunque- le opere di Manos, strumenti provvisori per avvicinare quella fusione di energie fisiche e mentali che rappresenta – come suggerisce l’artista- un “salto quantico di qualità” rispetto all’esistente, un salto che gli permette non solo di prendere coscienza di se stesso ma di identificarsi con l’energia dell’universo cosmico.
Sincronico rosso, cm 70x70.