QUALE WELFARE PER L’ITALIA DELLE REGIONI
Cosa sappiamo veramente dell’idea che si sono fatti gli italiani del welfare? cosa sappiamo dei nuovi bisogni, delle percezioni, delle aspettative, dei giudizi e delle priorità degli italiani? L’Associazione Nuovo Welfare e la Unicab hanno voluto contribuire all’opera di ridefinizione non solo della nuova mappa dei bisogni e delle aspettative ma anche del concetto stesso di welfare, declinato con i caratteri della società moderna. Dall’indagine, condotta a campione in tutte le Regioni italiane (intervistando complessivamente 20mila cittadini), emergono non solo le criticità del sistema ma anche gli indirizzi politici più generali della società. Perché l’originalità di questo lavoro è proprio in questo nuovo approccio: non sono gli esperti del settore ad esprimere le valutazioni ma i cittadini stessi. Ne emerge un quadro del tutto nuovo, che rovescia luoghi comuni e false rappresentazioni, disegnando un’Italia delle Regioni che esprime una nuova voglia di “sociale”. Voglia di sociale inaspettata, e per molti versi sorprendente, raccontata in questo libro a più dimensioni, che si rivolge agli operatori del settore ma anche, e soprattutto, ai cittadini.
Nuovo Welfare Associazione
Q UALE WELFARE PER L’ITALIA DELLE REGIONI
Indagine su aspettative opinioni e priorità degli italiani www.nuovowelfare.it
info@nuovowelfare.it
7m 9 788887 32835 6
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Nuovo Welfare Associazione
Q UALE WELFARE PER L’ITALIA DELLE REGIONI Indagine su aspettative opinioni e priorità degli italiani Direzione scientifica: Carlo Buttaroni Ricercatori: Stefano De Falco, Anna De Simone, Elena Fabris, Francesca Fini, Massimo Gorga, Laura Perilli Progettazione ricerca: Daniela Bucci, Daniela Fantozzi, Roberto Fantozzi, Francesco Perrotta, Giorgia Proietti Rossi, Salvatore Tricoli
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Questa pubblicazione è stata realizzata anche grazie al contributo della Fondazione BNC
Copyright Š 2003 Avverbi srl Piazza in Piscinula, 1 00153 Roma e-mail: avverbi@tiscalinet.it http://www.avverbi.it Associazione Nuovo Welfare Piazza di Pietra, 26 00187 Roma e-mail info@nuovowelfare.it http://www.nuovowelfare.it Prima edizione: luglio 2003 Tutti i diritti riservati Coordinamento redazionale: Topsygraph Copertina: Daniele Giorgi ISBN: 88-87328-35-8
INDICE Introduzione
Prefazione
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Capitolo 1: Vivere il presente, immaginare il futuro Una certa idea di qualità della vita Luoghi lontani
17 31
Capitolo 2: Dalla Polis alle Local Community La nuova dimensione della politica Le Local Community La fiducia nel Comune La fiducia nella Provincia La fiducia nella Regione La fiducia nello Stato La fiducia nella famiglia La fiducia negli amici La fiducia nella Chiesa La fiducia nelle organizzazioni di volontariato e nel non profit La fiducia nei Sindacati La fiducia nei Partiti
41 43 43 47 50 53 59 62 65 68 71 74
Capitolo 3: La partecipazione La partecipazione
79
Capitolo 4: Voglia di sociale Più tasse e più servizi Sanità pubblica Scuola pubblica
91 95 99
Capitolo 5: Una certa idea di welfare Cos’è il welfare e cosa dovrebbe essere Il ruolo del terzo settore
105 122
Capitolo 6: Una certa idea di modernità Una certa idea di modernità
129
Capitolo 7: Nota metodologica Nota metodologica Gli strumenti di indagine e di analisi
135 138
Bibliografia
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INTRODUZIONE Negli ultimi anni il dibattito relativo alle politiche sociali e di welfare nel nostro Paese ha preso spunto da due concetti assunti, oramai, come dati di fatto. Due supposizioni dalle quali è impossibile prescindere con l’opportunità di differenziarsi, al limite, nell’interpretazione delle cause e delle risposte da dare. È diventata una suggestione diffusa, soprattutto nella classe politica, l’idea che il welfare possa essere considerato come un peso. Un fardello del passato, un freno allo sviluppo e alla modernità, oppure come un argomento troppo complesso per aprire un confronto reale con i cittadini. Una materia per esperti, per tecnici che implica la conoscenza e la comprensione di troppi sistemi e strategie di intervento. Ma cosa sappiamo veramente dell’idea che si sono fatti gli italiani del welfare? dei nuovi bisogni, delle percezioni, delle aspettative, dei giudizi e delle priorità dei cittadini? Ci siamo posti queste domande per progettare un’indagine sulle opinioni degli italiani, una grande inchiesta condotta su un vastissimo numero di cittadini individuati, come campione demoscopico, dalla Unicab con l’obiettivo di fornire risposte capaci di offrire uno spaccato fedele delle loro opinioni. Abbiamo voluto promuovere la più grande indagine di opinione sul welfare realizzata nel nostro Paese coinvolgendo 20.000 cittadini. L’abbiamo voluta consapevoli che era necessario un radicale cambiamento di ottica ed è per questo che abbiamo individuato come protagonisti proprio coloro a cui raramente è stato chiesto di esprimere un parere o di mettere a fuoco le proprie priorità. Ci è sembrato indispensabile far irrompere i cittadini nel dibattito individuando negli “utenti” delle politiche di welfare i protagonisti della nostra ricerca. Questi protagonisti li abbiamo voluti conoscere ed inquadrare anche nel loro sistema di relazioni ed interessi, partendo dai temi legati alla fiducia nelle istituzioni, all’idea di rappresentanza e alla disponibilità alla partecipazione. Il risultato dell’inchiesta, condotta in tutte le regioni italiane, è straordinario. Rovescia luoghi comuni e false rappresentazioni rendendo palese una inaspettata, almeno in queste dimensioni, voglia di sociale, un bisogno di servizi pubblici finora inespresso. Il rovesciamento avviene proprio nei confronti di quei luoghi comuni che hanno stimolato e attorno ai quali si è sviluppato gran parte del dibattito sulla riforma e sul ruolo del welfare nella società moderna. L’indagine ci racconta quanto nella grande maggioranza degli italiani venga percepito come un elemento centrale per la propria vita smentendo clamorosamente quanti, in questi anni, ci hanno spiegato che la spinta al superamento delle politiche di welfare venisse dai cittadini stessi. Non c’è nessuna stanchezza e nessun desiderio di smantellamento da parte dei cittadini i quali sono “affezionati” al nostro sistema di protezione sociale, lo apprezzano, lo condividono nella sua impostazione, certamente ne criticano inefficienze e iniquità ma sono disposti a sostenerlo e a farsene carico anche attraverso le tasse. Gli italiani sono consapevoli della funzione del proprio contributo fiscale per finanziare il sistema pubblico e credono nel sistema dei servizi alla persona in quello
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sanitario e in quello scolastico. I messaggi sono chiari e vengono, al contrario di come si potrebbe pensare, dalla parte che potremmo definire più dinamica della società: dai giovani e dai nuovi protagonisti sociali. Questa chiave di lettura mette in discussione tutta “l’ideologia della modernità” come alternativa ai sistemi di protezione sociale e soprattutto come obiettivo della parte dinamica della società frenata dai modelli del passato. Pubblico è una parola che i cittadini stanno rivalutando che sanno e vogliono reinterpretare. Più welfare, più protezione sociale: questa è l’istanza che emerge con chiarezza perché sono ancora forti gli squilibri territoriali e i gradi di protezione tra le categorie. Fare pubblico è la nuova sfida della politica. Il compito dello Stato, oggi, è di rendere il welfare più moderno, più giusto, più includente. Riconoscendo e valorizzando le forme di organizzazione dei cittadini, la cittadinanza attiva, il volontariato, il privato sociale, senza rinunciare al proprio ruolo di promotore e di controllore dell’intervento sociale. Crediamo che questo lavoro possa fornire un contributo originale al dibattito intorno alla riforma del welfare. Un dibattito che appassiona e coinvolge inevitabilmente molti protagonisti della vita pubblica, ma che difficilmente riesce ad uscire dal ristretto ambito degli addetti ai lavori. La nostra Associazione è nata proprio per contribuire a rilanciare l’idea stessa del welfare, delle politiche pubbliche di protezione sociale, per sostenere che si può e si deve innovare, sperimentare senza identificare, come troppo spesso accade, la parola innovazione con le parole restringere, tagliare, ridurre. Noi crediamo in un nuovo e più grande welfare della formazione, del lavoro e della sicurezza sociale: senza questo welfare non c’è nessuna modernizzazione, c’è soltanto la demolizione del capitale sociale del paese e delle sue risorse umane. Rifiutiamo un modello competitivo di politiche sociali, che rischia di contrapporre il pubblico al privato, il privato al terzo settore. Un modello che comprime i costi, limita l’impegno pubblico, riduce i diritti e, parallelamente, l’opportunità di battersi per immaginarne di nuovi. Fino a che il modello di organizzazione sociale che abbiamo conosciuto sino ad oggi non ha subito mutamenti considerevoli si è parlato poco dei modelli e delle forme di intervento dello Stato Sociale. Ma oggi il dibattito è caratterizzato da letture distorte della realtà, assunti ritenuti indiscutibili con il risultato che il confronto, troppo spesso, non tiene conto delle reali condizioni economiche e sociali dei cittadini oltre che delle loro aspirazioni e delle loro priorità. Nell’ambito specifico delle politiche di assistenza, ad esempio, sino a non molto tempo fa, si era preferito (o non si è saputo fare altro che) sviluppare un approccio individuo/domanda/emergenza che si riferisse esclusivamente alle minoranze di cittadini e che si ponesse il problema, fondamentale ma non esaustivo, dell’assistenza agli esclusi, senza però affrontare il delicato tema dell’inserimento, della prevenzione, della cultura dell’inclusione. Non si era mai voluto affrontare il tema del superamento
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di quelle politiche caratterizzate da impostazioni che, nel peggiore dei casi, potremmo definire clientelari e nel migliore dei casi di tipo pietistico. “Emergenza” è stata la parola che, troppo spesso, ha caratterizzato le politiche sociali. Emergenza economica, emergenza fiscale sono le parole che hanno quasi sempre caratterizzato l’approccio di chi proponeva di riformare il welfare complessivamente. Per noi, invece, per rispondere alla domanda di maggiore protezione sociale è necessario porsi il problema dei mutamenti della struttura sociale a partire da quei punti che caratterizzano la società moderna: cambiamento del sistema di produzione, aumento della disoccupazione, e mutamenti nel mercato del lavoro, invecchiamento della popolazione, immigrazione, crisi della famiglia tradizionale e internazionalizzazione dell’economia. Per passare da un sistema di interventi “riparativi” ad un sistema di protezione sociale attiva cogliendo i nuovi stimoli e assumendo il concetto di complessità della struttura sociale, poiché solo intrecciando politiche formative, assistenza, qualità della vita, promozione delle opportunità, partecipazione e controllo è possibile dare nuova centralità ai problemi connessi con la “normalità”. Partire dall’idea della complessità significa quindi che si può e si deve innovare per modernizzare e allargare l’ambito di intervento delle politiche sociali, rilanciando un efficace sistema di protezione, che sostenga anche la creazione di reti di solidarietà tra i cittadini, singoli e associati, e gli Enti Locali. Crediamo che sia necessario passare ad un modello comunità/bisogni/sviluppo, che operi per rimuovere le situazioni di difficoltà dell’essere umano, costruendo processi incentrati sulla “normalità”. Un sistema di promozione della cittadinanza attiva che, oltre ad essere giusto, rappresenti un volano per lo sviluppo sociale ed economico del nostro territorio. La ricerca ha un carattere nazionale ma, di fatto, e costituita da venti ricerche Regionali perché la scelta che abbiamo posto alla base di ogni lavoro promosso della nostra Associazione è la volontà di indagare, nel contesto regionale, i livelli di welfare, i modelli di politiche sociali, gli strumenti di coinvolgimento della cittadinanza attiva e di relazione con i cittadini. Crediamo che una delle sfide più importanti della ricerca in ambito sociale sia, oggi, quella di conoscere e studiare proprio questa dimensione, in cui si realizzano scelte e strategie di intervento. Una dimensione in cui si verificano politiche nazionali e comunitarie e, nello stesso tempo, prendono forma modelli autonomi e approcci originali legati alle specificità del territorio. L’incontro tra le due chiavi di lettura: l’importanza del ruolo territoriale e dei modelli regionali di intervento e l’interesse nei confronti delle opinioni e dei desideri del cittadino/utente costituisce la base di questo libro, che riconosce nella cittadinanza attiva uno strumento moltiplicatore delle politiche pubbliche. È chiara, a questo punto, la continuità con il primo lavoro dell’Associazione “Il lungo cammino della riforma”, che si poneva l’obiettivo di monitorare i livelli di applicazione regionale della legge 328/00. In quella legge avevamo individuato un approccio innovativo alle politiche sociali, il primo tassello di quella trasformazione verso un sistema di protezione sociale attivo, che offra standard di prestazioni omogenee sull’intero territorio nazionale, le cui parole
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d’ordine siano cooperazione, integrazione, sussidiarietà verticale e orizzontale, equità, partecipazione. L’approccio, oggi, è lo stesso: indagare nel territorio, valorizzare le pratiche migliori, cercare nel nostro Paese i modelli funzionanti, che tengano conto della qualità, del coinvolgimento dei cittadini, del ruolo del terzo settore, che facciano riferimento insomma a quel modello di strategia d’intervento sociale che vede nei tavoli di programmazione, nel coinvolgimento della cittadinanza attiva, nella sussidiarietà una opportunità per allargare e rilanciare le politiche sociali pubbliche. La portata della sfida è enorme: rilanciare i sistemi di welfare in società che stanno affrontando grandi trasformazioni, in presenza di forze che spingono in due direzioni opposte, ossia la tendenza in atto all’aumento delle diseguaglianze (sia fra paesi avanzati e a paesi in via di sviluppo che all’interno dei paesi industrializzati) e per quanto riguarda l’Europa e l’Italia l’esigenza di contenere i costi. I sistemi di protezione sociale debbono affrontare questi mutamenti non come un elemento di crisi quanto, piuttosto, come la sfida posta da una società in rapido cambiamento a cui solo il welfare è in grado di fornire una risposta razionale e solidale. Emiliano Monteverde Presidente Associazione Nuovo Welfare
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PREFAZIONE Il rilancio del sociale Il termine welfare-state sta ad indicare lo “Stato del benessere”. Rispetto alla ricerca della felicità individuale (che nella carta costituzionale americana diventata, comunque, un diritto garantito già dalla fine del XVIII secolo), il benessere collettivo è un traguardo che ha in sé l’idea stessa di società come comunità di individui che condividono valori, bisogni, aspettative e fini generali, anteponendoli agli interessi individuali. Il benessere che è nell’idea di welfare è più vicino a quel fine della società politica, che Aristotele indicava come “vita buona, vissuta in modo bello e felice”. Per il sociologo inglese Thomas Humphrey Marshall, lo stato sociale che c’è dietro l’idea di welfare è il prodotto di una lunga evoluzione storica della cittadinanza. 1. La cittadinanza civile, anzitutto, che ha origine nel XVIII secolo con l’era moderna, e che si fonda sui diritti fondamentali di libertà della persona. 2. La cittadinanza politica garantita dal suffragio universale e dal ruolo dei Parlamenti nel corso del secolo successivo. 3. La cittadinanza sociale affermatasi nel corso del XX secolo sulla base dei diritti alla salute, all’educazione, al lavoro, alla pensione, ad un livello di vita minimo. Purtroppo, però, la visione evoluzionista della storia di Marshall non trova riscontro nei drammatici avvenimenti che hanno insanguinato il secolo scorso. Negli anni trenta, le dittature fasciste e naziste si erano caratterizzate per aver incluso il tema della protezione sociale nei loro programmi. Più tardi, nei Paesi dell’Europa dell’est, si sono avviati importanti programmi a carattere sociale. Questi programmi, però, si contrapponevano a qualsiasi ipotesi partecipativa dei cittadini alla vita politica. Ed infatti, la questione della cittadinanza politica non si è risolta con il suffragio universale. Insomma, il nesso tra stato sociale e democrazia appare, per molti aspetti, assai debole. Pur tuttavia il modello di welfare-state che l’Europa occidentale sviluppa dopo la fine della seconda guerra mondiale si fonda sulla cittadinanza politica e sulla pratica democratica. L’idea moderna di welfare, e il termine stesso, comincia ad essere usuale, infatti, solo intorno alla fine della seconda guerra mondiale, significando il convenire insieme dello Stato, della società e dei cittadini. In Italia solo intorno agli anni ’60 prendono avvio politiche sociali che puntano a soddisfare bisogni che non possono essere coperti con le risorse disponibili dei singoli cittadini. Non mi soffermerò sui caratteri del welfare italiano, rimandando i lettori ai suggestivi e importanti lavori di Massimo Paci e Ugo Ascoli. E’ utile, invece, sottolineare che la crisi che ha investito i modelli di welfare in tutti i Paesi
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occidentali a partire dagli anni ’80, ne conferma l’inevitabile necessità. Il welfare, infatti, è penetrato profondamente nella civiltà dei nostri tempi e nell’organizzazione complessiva dell’intera società. Ogni adattamento che lo allontani dalle degenerazioni è necessario ma abbandonare l’idea di welfare sarebbe un ritorno alla società pre-moderna e non rappresenterebbe certo un progresso. Con questo lavoro la Unicab vuole confermare il suo impegno nella ricerca sociale, nell’individuazione dei caratteri fondanti la modernità (o la postmodernità) e nell’elaborazione di quelle matrici che aiutino la società a (ri)pensare sé stessa, a (ri)progettare il suo futuro, in un processo mai dimesso, verso un orizzonte di senso. Leonardo Abbruzzese Direttore Generale Unicab Italia
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Capitolo 1
VIVERE IL PRESENTE, IMMAGINARE IL FUTURO
UNA CERTA IDEA DI QUALITÀ DELLA VITA Nella ridefinizione contemporanea del rapporto tra uomo e società, tra cittadino e cittadinanza si profila l’idea del welfare come modello capace di rispondere a bisogni sociali più ampi che riguardano tanto “le opportunità” quanto una nuova idea della “qualità della vita”. Welfare, cioè, come “benessere” dell’individuo e della società. Benessere che si misura, inevitabilmente, anche in chiave funzionale. Ecco allora che il “possesso” dei simboli del benessere rappresentano degli efficaci indicatori di status. Ma non sono solo misuratori oggettivi: attraverso il “possesso” ciascuno misura anche il suo “posizionamento” nella gradazione sociale che dal centro muove verso la periferia. Ne consegue, quindi, la relazione tra “possesso” e “autopercezione”. Nel 92% delle famiglie è presente almeno un’automobile (gli utenti dei mezzi pubblici rappresentano una minoranza della popolazione e si concentrano nella fascia anziana della popolazione e tra casalinghe e studenti), il 77% vive in case di proprietà, il 20% utilizza, anche se solo occasionalmente, un collaboratore domestico. Il 64% ha il cellulare e il 51% la carta di credito o il bancomat. Benessere diffuso ma non ugualmente condiviso: il 77% delle famiglie che abita in case di proprietà sale al 100% tra chi ha un reddito molto alto e scende al 4% tra chi ha un livello di reddito molto basso. Nel 49% delle famiglie è presente un PC ma la percentuale sale al 100% tra i nuclei ad alto reddito e scende al 5% tra le famiglie a basso reddito. Ha la carta di credito o il bancomat il 52% degli italiani maggiorenni ma la percentuale sale al 100% tra chi ha un reddito alto e scende al 7% tra chi ha un reddito basso. Il 45% di chi ha un reddito basso non ha letto alcun libro nell’ultimo anno. Tra chi ha un livello di reddito alto è solo l’8%. La rappresentazione è meno scontata di quanto appaia. Infatti, analizzando quanti abitano in una casa di proprietà secondo l’articolazione per sesso ed età non si evidenziano significativi scostamenti dalla media. È sempre il reddito a discriminare i risultati laddove si parla di utilizzo di collaboratori domestici: il 7% degli italiani dichiara di utilizzarli spesso ed il 9% qualche volta, ma tra chi ha un reddito alto la percentuale di chi utilizza spesso od occasionalmente collaboratori domestici sale al 67%, vale a dire quasi quattro volte la media. Rispetto alla diffusione del telefono cellulare il reddito è ancora significativo nel descriverne la diffusione ma anche altri elementi ne caratterizzano la penetrazione sociale: l’età, il sesso, il livello culturale. Il dato naturalmente non stupisce sia perché il cellulare rappresenta, soprattutto tra i giovani, uno “status symbol” sia perché rappresenta l’emblema della società tecnologizzata e quindi le categorie più aperte alla pervasività tecnologica sono quelle più attrezzate culturalmente ad accoglierne la penetrazione. Identico profilo per gli utilizzatori della moneta elettronica (carta di credito o bancomat): reddito alto, giovani, livello culturale alto.
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Gli italiani sono, in complesso, soddisfatti del proprio tenore di vita ma la società globalizzata li spinge a misurarsi oltre i confini tradizionali, alza la sfida, inasprisce la competizione. Davanti le sfide del futuro, il cittadino non ha più le antiche mappe di riferimento, gli stessi orizzonti di orientamento. Ed il senso di disorientamento è accentuato, inevitabilmente, nei soggetti più esposti.
35-54 anni
Oltre i 54 anni
Laurea o Diploma Universitario
Diploma sup.
Media inf.
Elementare o senza titolo
Titolo di studio
18-34 anni
Età
Femmina
Molto/abbastanza bene Molto/abbastanza male Non indica
Sesso Maschio
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 1: PERCEZIONE DELLA QUALITÀ DELLA VITA per sesso, età e titolo di studio In complesso come si vive nella sua Regione ? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
83% 84% 14% 12% 3% 4%
82% 15% 3%
87% 12% 1%
82% 16% 2%
81% 14% 5%
86% 12% 2%
86% 13% 1%
81% 15% 4%
77% 18% 5%
Fonte: Unicab Ecco allora che l’83% degli italiani che ha espresso un giudizio positivo sulla qualità della vita nella sua Regione (mentre solo il 14% ha espresso un giudizio negativo) si muove in ragione dei caratteri che determinano la centralità sociale. Infatti, la percentuale di valutazioni positive è più alta della media tra gli uomini (84%) e tra i giovani (87%). È più alta tra i laureati (86%) e più bassa tra chi ha un basso livello di scolarizzazione 77%. Percentuali di giudizi positivi significativamente più alte della media sono state registrate nel nord e nel centro Italia mentre decisamente più basse sono risultate al sud e nelle isole.
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Molto/abbastanza bene Molto/abbastanza male Non indica
> 250.000
100.000 - 250.000
30.000 - 100.000
5.000-10.000
< 5.000 abitanti
Isole
Sud
Centro
Nord Est
10.000 - 30.000
Ampiezza
Area geografica Nord Ovest
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 2: PERCEZIONE DELLA QUALITÀ DELLA VITA per area geografica e ampiezza centri In complesso come si vive nella sua Regione ? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
83% 89% 95% 89% 68% 73% 86% 82% 82% 83% 89% 81% 14% 7% 5% 9% 28% 25% 11% 14% 15% 14% 8% 18% 3% 4% 2% 4% 2% 3% 4% 3% 3% 3% 1%
Fonte: Unicab È interessante notare come si distribuiscano i giudizi rispetto alla variabile geografica. È nel Nord Est che gli italiani si dichiarano più soddisfatti della qualità della vita. Dall’altra parte è al Sud e nelle Isole che si registrano le percentuali più basse sulla modalità positiva di risposta e, parallelamente, a far registrare le percentuali più alte d’insoddisfazione. Non sembra, al contrario, significativa la dimensione demografica dei comuni se non nei centri tra 100.000 e 250.000 abitanti che registrano una percentuale di giudizi positivi più alta della media (89%). Particolarmente interessante, tra le variabili di studio, l’articolazione per collocazione politica Infatti, tra coloro che si collocano politicamente (nel centrodestra o nel centrosinistra) la percentuale di giudizi positivi è più alta mentre tra chi non si colloca, o è incerto, i giudizi positivi scendono in maniera significativa. Lo studio della variabile politica ha rappresentato, nella gran parte del nostro lavoro, un parametro di analisi particolarmente significativo. Non è però l’opposizione sinistra/destra a rappresentare una dicotomia percettiva, ma la stessa attivazione del processo di autocollocazione in un ambito politico.
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TABELLA 3: PERCEZIONE DELLA QUALITÀ DELLA VITA per area politica e frequenza alle funzioni religiose In complesso come si vive nella sua Regione ? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta ITALIA IN COMPLESSO
Centro sinistra
Centro destra
Nessuna delle due
Non sa
Mai
Qualche volta
Spesso
Molto/abbastanza bene Molto/abbastanza male Non indica
Frequenza funzioni religiose
Area politica
83% 14% 3%
84% 13% 3%
86% 12% 2%
78% 17% 5%
79% 17% 4%
83% 14% 3%
82% 14% 4%
84% 13% 3%
Fonte: Unicab Da una parte c’è chi si colloca (indifferentemente a sinistra o a destra), dall’altra, invece, chi non si colloca (scelta/non scelta). Tranne l’indicatore di status nessun’altra variabile è apparsa altrettanto qualitativamente significativa. TABELLA 4: PERCEZIONE DELLA QUALITÀ DELLA VITA per indicatore di Status In complesso come si vive nella sua Regione ? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
83% 14% 3%
Basso
Molto/abbastanza bene Molto/abbastanza male Non indica
Medio
ITALIA IN COMPLESSO
Alto
Indicatore di status
88% 10% 2%
87% 11% 2%
72% 24% 4%
Fonte: Unicab Tra chi ha un livello di status alto, infatti, la percentuale di valutazioni positive rispetto alla qualità della vita è pari all’88% mentre scende al 72% tra chi ha un livello basso. Già da questi primi dati comincia farsi evidente la relazione tra livello di status e sod-
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disfazione e come la linea di frattura sociale si componga tra il livello basso e i livelli medio e alto. Come vedremo questo carattere si rafforza ancor di più nella parte relativa al tenore di vita personale ed alle prospettive. A livello di singola Regione, le percentuali di giudizi positivi significativamente più alte, sono state espresse in Valle d’Aosta, in Trentino Alto Adige, in Veneto, in Emilia Romagna, in Umbria e nelle Marche, mentre agli ultimi posti risultano la Campania, la Basilicata, la Calabria e la Sicilia.
Molto/abbastanza bene Molto/abbastanza male Non indica
83% 14% 3%
Umbria
Toscana
Emilia Romagna
Friuli V.G.
Veneto
Trentino A.A.
Liguria
Lombardia
Valle d’Aosta
Piemonte
87% 99% 90% 90% 99% 95% 91% 95% 90% 95% 9% 1% 7% 9% 1% 5% 8% 4% 8% 4% 4% 3% 1% 1% 1% 2% 1%
Sardegna
Sicilia
Calabria
Basilicata
Puglia
Campania
Molise
Abruzzo
Regione
Lazio
83% 14% 3% ITALIA IN COMPLESSO
Molto/abbastanza bene Molto/abbastanza male Non indica
Regione
Marche
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 5: PERCEZIONE DELLA QUALITÀ DELLA VITA per Regione In complesso come si vive nella sua Regione ? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
95% 84% 91% 80% 56% 79% 74% 59% 71% 79% 2% 12% 6% 16% 39% 19% 22% 37% 26% 17% 3% 4% 3% 4% 5% 2% 4% 4% 3% 4%
Fonte: Unicab Il passaggio da una percezione generica (come si vive nella Regione di residenza) ad una dimensione soggettiva (il tenore di vita personale) accentua i caratteri appena descritti. Coerentemente l’81% degli intervistati ha dichiarato di essere soddisfatto del proprio tenore di vita mentre solo il 18% ha dichiarato di non essere soddisfatto. Ancora una volta i giudizi positivi sono più alti tra gli uomini (84%) e più bassi tra le donne (78%) e si ha una significativa relazione in ragione dell’età: tra i giovani, infatti, la percentuale di soddisfatti è pari all’86%, nella fascia 35-54 anni scende all’80% e
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scende, ulteriormente al 78% tra chi ha più di 54 anni. Ugualmente significativa è la relazione tra livello di scolarizzazione e livello di soddisfazione: tra i laureati la percentuale sale al 91% mentre scende al 69% tra chi ha un titolo di studio basso.
Media inf.
Elementare o senza titolo
86% 80% 14% 20% -
78% 20% 2%
91% 85% 76% 9% 14% 23% 1% 1%
69% 30% 1%
Diploma sup.
78% 21% 1%
Laurea o Diploma Universitario
84% 16% -
Oltre i 54 anni
35-54 anni
Titolo di studio
18-34 anni
81% 18% 1%
Età
Femmina
Molto/abbastanza soddisfatto Poco/per nulla soddisfatto Non indica
Sesso Maschio
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 6: SODDISFAZIONE RISPETTO AL TENORE DI VITA per sesso, età e titolo di studio Lei è soddisfatto del suo tenore di vita? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
Fonte: Unicab La percentuale di soddisfatti del proprio tenore di vita è più alta tra i cittadini che risiedono nelle regioni del nord ovest (84%), nel nord est (86%) e nel centro Italia (83%) mentre scendono al sud e nelle isole nella stessa misura in cui sono scesi i giudizi positivi in merito alla qualità della vita.
Molto/abbastanza bene Molto/abbastanza male Non indica Fonte: Unicab
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81% 18% 1%
> 250.000
100.000 - 250.000
30.000 - 100.000
10.000 - 30.000
5.000-10.000
< 5.000 abitanti
Ampiezza
Isole
Sud
Centro
Nord Est
Area geografica Nord Ovest
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 7: SODDISFAZIONE RISPETTO AL TENORE DI VITA per area geografica e ampiezza centri Lei è soddisfatto del suo tenore di vita? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
84% 86% 83% 74% 75% 83% 82% 80% 79% 84% 80% 14% 13% 16% 25% 24% 15% 17% 18% 21% 13% 20% 2% 1% 1% 1% 1% 2% 1% 2% 3% -
Anche in questo caso l’ampiezza demografica del Comune non descrive significative differenze mentre a livello di singola Regione, percentuali di soddisfatti significativamente più alte della media, sono state registrate in Valle d’Aosta, in Trentino Alto Adige e in Toscana, mentre agli ultimi posti risultano ancora una volta la Campania,la Calabria, la Sicilia e la Sardegna.
Molto/abbastanza soddisfatto Poco/per nulla soddisfatto Non indica
81% 18% 1%
Umbria
Toscana
Emilia Romagna
Friuli V.G.
Veneto
Trentino A.A.
Liguria
Lombardia
Valle d’Aosta
Piemonte
84% 93% 85% 81% 90% 84% 84% 88% 90% 87% 16% 7% 13% 17% 10% 15% 16% 11% 10% 13% 2% 2% 1% 1% -
Sardegna
Sicilia
Calabria
Basilicata
Puglia
Campania
Molise
Abruzzo
Regione
Lazio
81% 18% 1% ITALIA IN COMPLESSO
Molto/abbastanza soddisfatto Poco/per nulla soddisfatto Non indica
Regione
Marche
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 8: SODDISFAZIONE RISPETTO AL TENORE DI VITA per Regione Lei è soddisfatto del suo tenore di vita? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
84% 78% 79% 79% 75% 76% 77% 63% 75% 73% 15% 21% 18% 21% 24% 23% 23% 36% 23% 24% 1% 1% 3% 1% 1% 1% 2% 3%
Fonte: Unicab La variabile politica ha evidenziato il medesimo carattere descritto precedentemente. Infatti, percentuali più alte della media sono state registrate tra gli elettori di centrodestra rispetto a quelli di centrosinistra ma anche tra questi ultimi la percentuale di soddisfatti è più alta della media degli italiani. Tra quanti, invece, non si identificano in alcuna delle due coalizioni, o sono incerti, la percentuale è significativamente inferiore alla media nazionale.
23
TABELLA 9: SODDISFAZIONE RISPETTO AL TENORE DI VITA per area politica e indicatore di status Il suo tenore di vita, in questi ultimi anni, è migliorato o peggiorato? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
Centro sinistra
Centro destra
Nessuna delle due
Non sa
Alto
Medio
Basso
Indicatore di status
ITALIA IN COMPLESSO Molto/abbastanza soddisfatto Poco/per nulla soddisfatto Non indica
Area politica
81% 18% 1%
83% 16% 1%
85% 15% -
74% 25% 1%
73% 25% 2%
92% 7% 1%
86% 13% 1%
72% 27% 1%
Fonte: Unicab L’indicatore di status si è rilevato particolarmente significativo. Infatti, la differenza tra il livello alto e il livello basso è di 20 punti percentuali. È indicativo che tra chi ha uno status basso la percentuale di insoddisfatti sia pari al 27% mentre tra chi ha un livello di status alto è pari al 7%. Queste percentuali, proiettate sulla popolazione, rappresentano meglio le dimensioni del fenomeno osservato. Infatti, su 49.4 milioni di italiani maggiorenni, 9 milioni sono insoddisfatti del proprio tenore di vita. Di questi 5.6 milioni hanno un livello di status basso, 2,9 medio e 500mila alto. È bene precisare che l’indicatore di status non è un misuratore strutturale di povertà ma rappresenta, pur influenzato da elementi strutturali, un parametro sociale di centralità. Se è evidente che la povertà (o più generalmente il reddito) determina lo status sociale è altrettanto chiaro che non è l’unico elemento a definire la condizione. Per chiarire questo aspetto si può utilizzare il caso degli amministratori locali. Se lo stipendio di un amministratore locale (ad esempio il Sindaco di un piccolo Comune) rappresenta l’unica fonte di reddito familiare probabilmente tenderemo a collocarlo in una fascia medio-bassa. Allo stesso tempo il ruolo che deriva dalla carica, il fatto di avere una maggiore dimestichezza con i media, un livello di scolarizzazione probabilmente più alto, lo ricolloca nella fascia medio-alta. Questa differenza è importante per non sovrapporre elementi diversi tra loro quali quelli oggettivi e soggettivi. Se, infatti, gli uni possono aiutare a definire gli altri, non forniscono automaticamente un campo di contrasto e un termine di paragone o di relazione diretta. Come, appunto, nel caso del nostro amministratore. Le valutazioni sul miglioramento o peggioramento del tenore di vita accentuano i caratteri rendendoli più marcati: Il 34% degli intervistati ha dichiarato che, negli ultimi anni, il proprio tenore di vita è migliorato mentre il 30% ha dichiarato che è peggiorato.
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La percentuale di quanti hanno dichiarato migliorato il tenore di vita è più alta tra i giovani (52%) e scende in relazione all’età degli intervistati. La variabile relativa al titolo di studio ha evidenziato che la percentuale di quanti hanno dichiarato migliorato il tenore di vita è più alta tra chi ha un titolo di studio medio o alto (diploma di scuola media superiore 40% - laureati 38%) mentre scende all’abbassarsi del livello di scolarizzazione (28% tra chi ha un diploma di scuola media inferiore e 21% di chi ha la licenza elementare). Per il 67% di chi ha più di 54 anni e per il 78% di ha soltanto il titolo la licenza elementare il tenore di vita negli ultimi anni è peggiorato o è rimasto invariato.
Elementare o senza titolo
Laurea o Diploma Universitario
Oltre i 54 anni
28% 35% 36% 1%
21% 39% 39% 1%
35-54 anni
52% 32% 21% 38% 40% 16% 34% 37% 22% 27% 32% 33% 41% 40% 33% 1% 1% -
18-34 anni
Femmina
34% 33% 28% 32% 37% 34% 1% 1%
Titolo di studio Media inf.
34% 30% 35% 1%
Età
Diploma sup.
Migliorato Peggiorato Invariato Non indica
Sesso Maschio
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 10: IL TENORE DI VITA NEGLI ULTIMI ANNI per sesso, età e titolo di studio Il suo tenore di vita, in questi ultimi anni, è migliorato o peggiorato? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
Fonte: Unicab Dai dati risulta evidente quanto la dinamica del disagio si autoalimenti: chi è soddisfatto del proprio tenore di vita lo ha visto nel tempo migliorare mentre chi è insoddisfatto lo ha visto ulteriormente peggiorare. Ciò che sorprende, come vedremo anche più avanti, è la perdita di orizzonti e la contestuale nascita di una cultura socialmente periferica chiusa in sé stessa che tende a radicarsi in una visione priva di contaminazioni. Nella periferia sociale la vita ristagna nelle risacche della quotidianità. D’altronde è il carattere delle società moderne: il reddito e la cultura sono in grado di alimentarsi a vicenda, l’uno di produrre l’altro, e la loro eventuale assenza rende difficile tracciare percorsi di inserimento. In questo caso la lettura dei dati per area geografica non ha segnalato significative differenze Le percentuali di quanti hanno dichiarato migliorato il tenore di vita sono, superiori alla media nel nord est (35%) e nel sud (37%) mentre più interessante è l’articolazione per ampiezza demografica dei centri. Sono infatti i residenti nei Comuni fino a 5.000 abitanti ad esprimere valutazioni più positive rispetto al miglioramento del
25
tenore di vita (40%). Ugualmente superiori alla media i giudizi positivi di chi risiede nei centri tra 5.000 e 10.000 abitanti (35%) e tra 100.000 e 250.000 abitanti (36%).
Migliorato Peggiorato Invariato Non indica
> 250.000
100.000 - 250.000
30.000 - 100.000
10.000 - 30.000
5.000-10.000
< 5.000 abitanti
Ampiezza
Isole
Sud
Centro
Nord Est
Area geografica Nord Ovest
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 11: IL TENORE DI VITA NEGLI ULTIMI ANNI per area geografica e ampiezza centri Il suo tenore di vita, in questi ultimi anni, è migliorato o peggiorato? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
34% 32% 35% 31% 37% 34% 40% 35% 33% 31% 36% 30% 30% 29% 28% 32% 32% 30% 26% 29% 31% 32% 23% 35% 35% 38% 36% 37% 31% 36% 33% 35% 35% 37% 41% 35% 1% 1% 1% 1% 1% 1% -
Fonte: Unicab A livello regionale, le percentuali di quanti hanno dichiarato migliorato il tenore di vita sono significativamente più alte della media in Valle d’Aosta, in Trentino Alto Adige e in Sardegna, mentre agli ultimi posti risultano la Liguria, la Toscana e il Lazio.
Migliorato Peggiorato Invariato Non indica Fonte: Unicab
26
34% 30% 35% 1%
Umbria
Toscana
Emilia Romagna
Friuli V.G.
Veneto
Trentino A.A.
Liguria
Lombardia
Valle d’Aosta
Regione Piemonte
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 12: IL TENORE DI VITA NEGLI ULTIMI ANNI per Regione Il suo tenore di vita, in questi ultimi anni, è migliorato o peggiorato? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
32% 40% 33% 29% 40% 35% 37% 33% 30% 34% 29% 24% 27% 35% 21% 32% 28% 25% 28% 35% 38% 36% 39% 36% 38% 32% 34% 41% 42% 29% 1% 1% 1% 1% 1% 1% 2%
Migliorato Peggiorato Invariato Non indica
34% 30% 35% 1%
Sardegna
Sicilia
Calabria
Basilicata
Puglia
Campania
Molise
Lazio
Abruzzo
Regione Marche
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 12: IL TENORE DI VITA NEGLI ULTIMI ANNI per Regione Il suo tenore di vita, in questi ultimi anni, è migliorato o peggiorato? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
33% 30% 38% 37% 38% 39% 38% 32% 31% 43% 31% 35% 31% 25% 32% 29% 26% 38% 31% 27% 35% 35% 30% 36% 30% 30% 36% 30% 38% 30% 1% 1% 2% 2% -
Fonte: Unicab Ancora una volta la variabile politica e quella di status ci hanno fornito le chiavi interpretative più interessanti. Rispetto al miglioramento del tenore di vita nei prossimi anni, percentuali più alte della media sono state registrate tra gli elettori di centrodestra rispetto a quelli di centrosinistra ma il dato più significativo riguarda quanti non si identificano in alcuna delle due coalizioni: tra questi, infatti, la percentuale di valutazioni positive è più bassa della percentuale di valutazioni negative di 14 punti percentuali. Si evidenzia, con chiarezza, la relazione tra interesse/adesione politica e soddisfazione rispetto la proprio status sociale che affronteremo specificatamente più avanti. TABELLA 13: IL TENORE DI VITA NEGLI ULTIMI ANNI per area politica e indicatore di status Il suo tenore di vita, in questi ultimi anni, è migliorato o peggiorato? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
Centro sinistra
Centro destra
Nessuna delle due
Non sa
Alto
Medio
Basso
Indicatore di status
ITALIA IN COMPLESSO Migliorato Peggiorato Invariato Non indica
Area politica
34% 30% 35% 1%
33% 31% 36% -
40% 26% 34% -
26% 36% 37% 1%
28% 32% 38% 2%
40% 22% 37% 1%
39% 26% 34% 1%
26% 37% 36% 1%
Fonte: Unicab
27
Il 30% di cittadini che dichiarano peggiorato il proprio tenore di vita significa 14.8 milioni: 7.7 milioni sono tra chi ha uno status basso, 5.4 milioni tra chi ha un livello medio, 1.7 tra chi ha un livello di status alto. Se gli insoddisfatti si concentrano decisamente tra chi ha un livello di status basso la percezione di staticità è più trasversale e coinvolge fasce sociali di livello più alto. I caratteri illustrati finora si accentuano nella previsione futura del tenore di vita. Infatti, il 38% degli intervistati ha dichiarato che il tenore di vita personale nei prossimi anni migliorerà mentre il 24% ha dichiara che peggiorerà. La percentuale di quanti hanno dichiarato che il tenore di vita nei prossimi anni migliorerà è più alta della media tra gli uomini (40%) e tra i giovani (66%) mentre scende considerevolmente in relazione all’aumentare dell’età degli intervistati. D’altronde, dal punto di vista sociologico, ciò che differenzia i giovani dagli anziani è proprio la collocazione lungo l’asse del tempo: gli anziani hanno più passato, i giovani hanno più futuro e questo, evidentemente, ne condiziona i giudizi e le valutazioni. Per questo, come vedremo meglio più avanti, quei soggetti che lavorano per dare prospettive alle fasce più deboli sono quelle che recuperano in affidabilità e credibilità.
35-54 anni
Oltre i 54 anni
Laurea o Diploma Universitario
Diploma sup.
Media inf.
Elementare o senza titolo
Titolo di studio
18-34 anni
38% 24% 21% 17%
Età
Femmina
Migliorerà Peggiorerà Né migliorerà, né peggiorerà Non indica
Sesso Maschio
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 14: IL TENORE DI VITA NEI PROSSIMI ANNI per sesso, età e titolo di studio Lei pensa, che nei prossimi anni il suo tenore di vita migliorerà o peggiorerà? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
40% 23% 19% 18%
35% 25% 23% 17%
66% 14% 10% 10%
35% 22% 25% 18%
18% 34% 27% 21%
33% 23% 30% 14%
48% 19% 19% 14%
33% 29% 19% 19%
19% 32% 21% 28%
Fonte: Unicab Allo stesso modo la variabile relativa al titolo di studio degli intervistati ha evidenziato che la percentuale di quanti hanno dichiarato che il tenore di vita nei prossimi anni migliorerà è più alta tra chi ha un diploma di scuola media superiore (48%) mentre è significativamente più bassa tra chi ha un basso livello di scolarizzazione (19%) e le previsioni pessimistiche sul futuro coinvolgono, in questo caso, non solo chi ha un basso livello di scolarizzazione ma anche chi, all’opposto, ha un titolo che non si trova corrispondenza con il mercato del lavoro. I più ottimisti sono risultati i residenti nel mezzogiorno. Le percentuali di quanti
28
hanno dichiarato che il tenore di vita nei prossimi anni migliorerà, infatti, sono superiori alla media sia nel sud d’Italia (41%) che nelle isole (41%) mentre nel nord ovest si registra la percentuale più bassa (34%) TABELLA 15: IL TENORE DI VITA NEI PROSSIMI ANNI per area geografica e ampiezza centri Lei pensa, che nei prossimi anni il suo tenore di vita migliorerà o peggiorerà? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
Nord Ovest
Nord Est
Centro
Sud
Isole
< 5.000 abitanti
5.000-10.000
10.000 - 30.000
30.000 - 100.000
100.000 - 250.000
> 250.000
Ampiezza
ITALIA IN COMPLESSO Migliorerà Peggiorerà Né migliorerà, né peggiorerà Non indica
Area geografica
38% 24% 21% 17%
34% 26% 24% 16%
36% 25% 24% 15%
38% 25% 21% 16%
41% 23% 17% 19%
41% 19% 17% 23%
43% 19% 20% 18%
38% 24% 24% 14%
35% 27% 19% 19%
37% 24% 20% 19%
38% 28% 21% 13%
34% 25% 25% 16%
Fonte: Unicab L’idea di un miglioramento del tenore di vita personale nei prossimi anni è maggiormente diffusa tra quanti vivono nei centri fino a 5.000 abitanti (43%) mentre la percentuale più bassa è tra chi risiede nei Comuni superiori a 250.000 abitanti.
Lombardia
Liguria
Trentino A.A.
Veneto
Friuli V.G.
Emilia Romagna
Toscana
Umbria
38% 24% 21% 17%
Valle d’Aosta
Migliorerà Peggiorerà Né migliorerà, né peggiorerà Non indica
Regione Piemonte
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 16: IL TENORE DI VITA NEI PROSSIMI ANNI per Regione Lei pensa, che nei prossimi anni il suo tenore di vita migliorerà o peggiorerà? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
32% 22% 27% 19%
32% 21% 31% 16%
37% 28% 22% 13%
28% 25% 28% 19%
40% 19% 24% 17%
40% 25% 22% 13%
31% 22% 27% 20%
32% 28% 27% 13%
36% 28% 23% 13%
37% 29% 19% 15%
Fonte: Unicab
29
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
38% 24% 21% 17%
Lazio
Migliorerà Peggiorerà Né migliorerà, né peggiorerà Non indica
Regione Marche
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 16: IL TENORE DI VITA NEI PROSSIMI ANNI per Regione Lei pensa, che nei prossimi anni il suo tenore di vita migliorerà o peggiorerà? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
34% 25% 25% 16%
40% 23% 19% 18%
37% 26% 15% 22%
39% 16% 28% 17%
44% 22% 14% 20%
36% 25% 21% 18%
43% 20% 17% 20%
44% 22% 19% 15%
40% 19% 18% 23%
45% 19% 15% 21%
Fonte: Unicab A livello regionale le percentuali più alte rispetto alla media, di quanti hanno dichiarato che il tenore di vita nei prossimi anni migliorerà, sono state espresse in Campania, in Calabria, in Sardegna, mentre agli ultimi posti risultano il Friuli Venezia Giulia e la Liguria. Percentuali significativamente più alte della media sono state registrate tra gli elettori di centrodestra (45%) rispetto a quelli di centrosinistra (36%). Tra quanti, invece, non si identificano in alcuna delle due coalizioni e tra gli incerti la percentuale è decisamente più bassa della media nazionale. Tra questi ultimi, inoltre, aumentano gli incerti. TABELLA 17: IL TENORE DI VITA NEI PROSSIMI ANNI per area politica e indicatore di status Il suo tenore di vita, in questi ultimi anni, è migliorato o peggiorato? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
Fonte: Unicab
30
Centro sinistra
Centro destra
Nessuna delle due
Non sa
Alto
Medio
Basso
Indicatore di status
ITALIA IN COMPLESSO Migliorerà Peggiorerà Né migliorerà, né peggiorerà Non indica
Area politica
38% 24% 21% 17%
36% 28% 22% 14%
45% 17% 22% 16%
31% 31% 17% 21%
28% 25% 21% 26%
39% 19% 30% 12%
45% 20% 20% 15%
30% 29% 19% 22%
La visione del futuro sfuma man mano che scende il livello di status. Tra chi ha un livello basso, infatti, la percentuale di “non indica” sale al 22%. Un terzo di questi dichiara, inoltre, che probabilmente nei prossimi anni il tenore di vita personale peggiorerà. Da questi primi dati possiamo trarre alcune, prime, considerazioni di sintesi: • Dal punto di vista geografico i cittadini del nord hanno espresso un più elevato livello di soddisfazione per la qualità della vita in generale e sempre nel nord la percentuale di soddisfatti del proprio tenore di vita è più alta della media. La situazione, però, sembra in evoluzione: negli ultimi anni, infatti, il tenore di vita è migliorato soprattutto per i cittadini residenti del nord est e nel sud e i più convinti che ci sarà, in futuro, un miglioramento sono i cittadini del sud e delle isole. • È nei Comuni fino a 5.000 abitanti che è stata registrata la percentuale di soddisfatti e di ottimisti più alta della media. La dimensione demografica del Comune di residenza sembra essere significativamente in relazione alla percezione di dinamicità sociale dei cittadini. • Dal punto di vista sociale l’area del disagio sembra destinata ad allargarsi. Un italiano su dieci vive una marginalità priva di prospettive di inserimento. Un altro italiano su dieci percepisce una dinamica di allontanamento e di progressiva espulsione dal sistema. Altri due italiani su dieci vivono una sorta di limbo sociale, che li rende socialmente congelati nella visione del futuro. • I più esposti a questa dinamica sono gli anziani, le donne e chi ha un basso livello di scolarizzazione. Tra questi l’interesse nei confronti della politica, come vedremo specificatamente più avanti, è significativamente più basso.
Luoghi lontani Viviamo un mondo piccolo. Anzi un mondo breve. Non è solo il villaggio globale, interconnesso, interdipendente. È qualcosa di più: non abbiamo più dimestichezza con il lontano perché le distanze sono relative al tempo che ci si impiega a percorrerle. Sono lontani due luoghi ai capi opposti di una metropoli congestionato dal traffico e sono vicini altri luoghi a portata di aereo. Per il cittadino del nuovo millennio l’America non è più la stessa delle generazioni dei primi anni del secolo precedente. Non c’è più l’oceano che si perde oltre l’orizzonte ma una manciata di bit o la triangolazione con un satellite in orbita geo-stazionaria. Il nostro mondo breve e veloce è il mondo della misura tecnologica che ha cambiato i nostri sensi, ha potenziato la nostra innata carenza di istinto. Ma per chi non ha strumenti, dotazione tecnologica, il mondo è diverso. Più ostile, difficile, indecifrabile. E per questi anche i luoghi vicini sono lontani, perché la prospettiva che restituisce un orizzonte visibile è quella del posizionamento sociale. Tanto più si è al centro tanto più l’orizzonte (lontano) appare vicino, possibile. Anzi: probabile. Infatti, all’interno delle società ricche e tecnologiche le emigrazioni praticamente non esistono. Ci si sposta, si cambia domicilio, residenza o cittadinanza. E si muove,
31
generalmente, chi ha possibilità di integrarsi, di adattarsi, di essere accolto da altre comunità. Ci si muove verso opportunità predeterminate o perlomeno valutate “migliori”. È sfumato il miraggio di luoghi capaci di fornire altro, una vita completamente diversa. Ci si sposta per qualcosa “di più” mentre prima si migrava senza “lasciare qualcosa” ma con la speranza di poter “avere qualcosa”. Se prima, cioè, emigrava chi non aveva nulla da lasciare, oggi si sposta chi ha possibilità di avere qualcosa di più. Conseguentemente chi vive un disagio avrà minori prospettive di trasferirsi rispetto a chi invece ha mezzi e status. È evidente, quindi, che tra chi ha uno status alto l’idea di modelli con cui misurare il proprio tenore di vita, la qualità della propria vita, sia più diffusa, più consueta. Infatti, alla domanda rispetto a qual è la Regione nella quale si vive meglio (ciascun intervistato poteva indicare soltanto una Regione diversa da quella di residenza) il 34% non ha indicato alcuna Regione ma la percentuale di quanti non rispondono scende al 22% tra chi ha uno status alto e sale al 46% tra chi ha uno status basso.
Basso
66% 34%
Medio
Indica almeno una Regione Non indica
Indicatore di status
Alto
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 18: IN QUALI REGIONI SI VIVE MEGLIO per indicatore di Status In complesso come si vive nella sua Regione ? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
78% 22%
67% 33%
54% 46%
Fonte: Unicab Non a caso, quindi, al crescere dell’età aumenta significativamente la percentuale di quanti non sanno indicare alcuna Regione. È evidente, d’altronde, la relazione tra età, titolo di studio e stanzialità, che chiaramente incide nelle risposte perché le Regioni rappresentano luoghi reali tanto più si hanno possibilità, conoscenze, opportunità, mezzi. Esse rappresentano, infatti, nell’impostazione concettuale che è stata data all’intervista, modelli sociali (economici e culturali) di riferimento. Il 21% degli intervistati ha indicato l’Emilia Romagna mentre il 19% ha indicato la Lombardia e la Toscana. La percentuale di quanti hanno indicato l’Emilia Romagna è più alta tra gli uomini (25%), tra i giovani (23%) e nella fascia d’età tra i 35 e i 54 anni (24%). Tra chi ha uno status alto la percentuale dell’Emilia Romagna sale al 32%, quella della Toscana al 28% mentre quella della Lombardia si ferma al 18%.
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35-54 anni
Oltre i 54 anni
Laurea o Diploma Universitario
Diploma sup.
Media inf.
Elementare o senza titolo
Titolo di studio
18-34 anni
21% 19% 19% 11% 8% 8% 7% 6% 5% 4% 3% 3% 1% 1% 1% 1% 2% 34%
Età
Femmina
Emilia Romagna Lombardia Toscana Veneto Piemonte Trentino A.A. Lazio Umbria Valle D’Aosta Friuli V.G. Liguria Marche Sicilia Abruzzo Sardegna Campania Altra Regione Nessun’altra - Non indica
Sesso Maschio
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 19: IN QUALI REGIONI SI VIVE MEGLIO per sesso, età e titolo di studio Pensando alla qualità della vita, dei servizi, eccetera in quali regioni d’Italia, secondo Lei, si vive meglio rispetto rispetto alla sua? Base: tutti gli intervistati - modalità: risposta multipla
25% 20% 21% 12% 8% 10% 7% 8% 6% 5% 3% 4% 2% 2% 1% 1% 1% 28%
18% 17% 16% 11% 8% 7% 7% 5% 4% 2% 3% 2% 1% 1% 1% 1% 2% 45%
23% 21% 20% 13% 10% 9% 11% 5% 6% 4% 2% 3% 2% 1% 1% 1% 3% 31%
24% 20% 22% 12% 7% 11% 5% 8% 6% 4% 3% 3% 2% 1% 1% 1% 1% 34%
17% 16% 15% 10% 7% 6% 5% 7% 3% 3% 3% 3% 1% 1% 1% 2% 47%
32% 17% 29% 17% 5% 15% 3% 10% 9% 6% 6% 4% 1% 1% 1% 22%
24% 22% 21% 13% 8% 9% 8% 6% 5% 4% 3% 3% 2% 1% 1% 1% 3% 32%
18% 18% 14% 10% 11% 6% 8% 6% 4% 4% 2% 3% 1% 1% 2% 1% 2% 41%
10% 14% 7% 4% 7% 3% 5% 3% 1% 1% 2% 2% 1% 62%
Fonte: Unicab La variabile relativa al titolo di studio degli intervistati ha evidenziato che la percentuale di quanti hanno indicato l’Emilia Romagna è più alta tra i laureati (32%) mentre è più bassa tra chi ha un basso livello di scolarizzazione 10%. Tra questi ultimi la percentuale di mancate indicazioni sale al 62%. I motivi di un così alto numero di mancate indicazioni tra chi non possiede alcun titolo di studio sono da ricercare nelle minori prospettive legate al livello di status. Non a caso abbiamo chiamato questo capitolo “luoghi lontani”. La distanza è legata alle opportunità. Per chi non ha mezzi le distanze sono maggiori, dilatate e chi vive un disagio difficilmente uscirà dal suo universo. Al contrario chi ha status, conoscenze, possibilità, le distanze sono più brevi, possibili, a portata di mano.
33
TABELLA 20: IN QUALI REGIONI SI VIVE MEGLIO per area politica e frequenza alle funzioni religiose Pensando alla qualità della vita, dei servizi, eccetera in quali regioni d’Italia, secondo Lei, si vive meglio rispetto rispetto alla sua? Base: tutti gli intervistati - modalità: risposta multipla ITALIA IN COMPLESSO
Centro sinistra
Centro destra
Nessuna delle due
Non sa
Emilia Romagna Lombardia Toscana Veneto Piemonte Trentino A.A. Lazio Umbria Valle D’Aosta Friuli V.G. Liguria Marche Sicilia Abruzzo Sardegna Campania Altra Regione Nessun’altra - Non indica
Area politica
21% 19% 19% 11% 8% 8% 7% 6% 5% 4% 3% 3% 1% 1% 1% 1% 2% 34%
29% 16% 24% 11% 7% 8% 7% 8% 5% 3% 3% 4% 1% 1% 1% 1% 1% 33%
18% 23% 16% 14% 10% 9% 8% 5% 6% 5% 3% 3% 1% 2% 1% 1% 3% 32%
17% 17% 17% 11% 8% 9% 4% 9% 5% 3% 4% 5% 2% 1% 1% 1% 41%
14% 19% 11% 6% 7% 6% 6% 3% 2% 3% 2% 1% 1% 1% 1% 1% 50%
Fonte: Unicab Percentuali più alte della media di quanti hanno indicato l’Emilia Romagna sono state registrate, inoltre, tra gli elettori di centrosinistra rispetto a quelli di centrodestra che, invece, indicano prevalentemente la Lombardia. È evidente, in questo caso, anche il riferimento a modelli politici oltrechè sociali. Tra quanti non si identificano in alcuna delle due coalizioni è significativamente superiore la percentuale di incerti.
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TABELLA 21: IN QUALI REGIONI SI VIVE MEGLIO per area geografica e ampiezza centri Pensando alla qualità della vita, dei servizi, eccetera in quali regioni d’Italia, secondo Lei, si vive meglio rispetto rispetto alla sua? Base: tutti gli intervistati - modalità: risposta multipla
Nord Ovest
Nord Est
Centro
Sud
Isole
< 5.000 abitanti
5.000-10.000
10.000 - 30.000
30.000 - 100.000
100.000 - 250.000
> 250.000
Ampiezza
ITALIA IN COMPLESSO Emilia Romagna Lombardia Toscana Veneto Piemonte Trentino Alto Adige Lazio Umbria Valle D’Aosta Friuli Venezia Giulia Liguria Marche Sicilia Abruzzo Sardegna Campania Altra Regione Nessun’altra - Non indica
Area geografica
21% 19% 19% 11% 8% 8% 7% 6% 5% 4% 3% 3% 1% 1% 1% 1% 2% 34%
20% 7% 23% 15% 6% 13% 7% 7% 7% 3% 3% 2% 3% 1% 2% 1% 2% 29%
9% 15% 13% 7% 5% 11% 3% 4% 7% 6% 3% 2% 1% 1% 1% 1% 1% 50%
25% 21% 15% 8% 6% 7% 1% 5% 3% 4% 4% 6% 1% 1% 1% 1% 37%
30% 26% 21% 12% 12% 5% 12% 9% 3% 2% 2% 5% 1% 2% 1% 1% 3% 25%
22% 35% 19% 14% 14% 3% 12% 6% 3% 4% 2% 1% 1% 2% 36%
16% 19% 17% 13% 8% 11% 5% 5% 5% 2% 3% 1% 1% 1% 1% 43%
20% 21% 19% 11% 7% 8% 6% 4% 6% 4% 3% 2% 1% 1% 2% 1% 2% 37%
21% 23% 18% 14% 10% 8% 8% 6% 4% 5% 3% 2% 1% 1% 1% 1% 1% 35%
25% 17% 17% 9% 8% 5% 9% 8% 5% 2% 2% 3% 1% 1% 1% 2% 39%
19% 17% 19% 6% 7% 6% 7% 10% 5% 4% 5% 6% 2% 1% 4% 41%
25% 15% 24% 12% 7% 12% 4% 7% 5% 7% 2% 6% 2% 3% 1% 2% 28%
Fonte: Unicab Le percentuali di quanti hanno indicato l'Emilia Romagna sono superiori alla media nel centro Italia (25%), nel sud (30%), e nelle isole (22%). Non si sono registrate, invece, significative differenze per quanto riguarda l’ampiezza demografica dei Comuni. A livello di singola Regione, le percentuali di quanti hanno indicato l'Emilia Romagna significativamente più alte della media, sono state espresse in Molise, in Campania e in Puglia, mentre agli ultimi posti risultano la Valle d'Aosta, il Trentino Alto Adige. È interessante notare che gli intervistati che risiedono nelle Regioni dove è stato espresso un più alto livello di apprezzamento rispetto alla qualità della vita fanno registrare anche la percentuale più alta di mancate risposte. Questa corrispondenza tra soddisfazione e mancata identificazione di luoghi migliori da quelli in cui risiedono è
35
meno scontata di quanto sembri a prima vista. Occorre tenere presente, infatti, che è stata misurata la percezione dei cittadini e non i livelli oggettivi di qualità della vita riscontrabili attraverso l’analisi di dati strutturali. La nuova identità non segue necessariamente gli stessi itinerari. Al contrario sembra rafforzarsi l’idea di una dimensione locale della globalizzazione che nel territorio trova una sua funzionalità vitale. Mentre, infatti, la comunicazione tecnologica, avvicina in tempi sempre più compressi, luoghi tra loro sempre più lontani, la dimensione locale dello sviluppo sembra trovare, in questi primi dati significativa risposte. Infatti, e dobbiamo qui introdurre un nuovo concetto, l’idea di società che cambia, non si esprime esclusivamente in una sola direzione. Anzi, la multidirezionalità e la multidimensionalità rappresentano i caratteri propri della globalizzazione che devono necessariamente sposarsi con il concetto di società che ha come presupposto, per la sua esistenza, il fatto che i singoli appartenenti alla comunità antepongano i valori, le norme, i fini generali, della collettività a quelli individuali. Ed è proprio a livello locale che le comunità vivono con più forza la condivisione dei valori collettivi e dei fini generali all’interno di un contesto a misura di loro stessi. La globalizzazione contamina inevitabilmente tali contesti con culture di luoghi lontani ma in un processo di innesto progressivo ed evolutivo che rende la comunità più adatta ad affrontare le sfide del mondo globalizzato.
36
Trentino A.A.
Veneto
Friuli V.G.
Emilia Romagna
6% 12% 7% 11% 6% 21% 2% 2% 5% 2% 2% 1% 56%
18% 26% 14% 8% 16% 8% 10% 7% 2% 3% 2% 3% 1% 3% 1% 3% 31%
30% 20% 20% 13% 9% 9% 2% 1% 8% 4% 1% 1% 1% 2% 1% 1% 33%
11% 10% 11% 14% 2% 1% 10% 3% 1% 1% 3% 59%
15% 17% 14% 6% 14% 4% 4% 8% 12% 4% 1% 1% 1% 1% 1% 1% 44%
15% 9% 11% 13% 4% 15% 2% 2% 10% 2% 2% 2% 1% 1% 51%
- 27% 21% 16% 20% 23% 13% - 16% 11% 8% 6% 6% 4% 7% 9% 4% 4% 3% 3% 2% 5% 5% 5% 2% 6% 3% 1% 1% 3% 5% 5% 4% 3% 5% 1% 2% 1% 1% 1% 1% 1% 2% 1% 1% 55% 46% 48%
Umbria
Liguria
23% 17% 19% 17% 9% 8% 5% 8% 4% 4% 1% 2% 1% 1% 4% 36%
Toscana
Lombardia
21% 19% 19% 11% 8% 8% 7% 6% 5% 4% 3% 3% 1% 1% 1% 1% 2% 34%
Valle d’Aosta
Emilia Romagna Lombardia Toscana Veneto Piemonte Trentino Alto Adige Lazio Umbria Valle D’Aosta Friuli Venezia Giulia Liguria Marche Sicilia Abruzzo Sardegna Campania Altra Regione Nessun’altra - Non indica
Regione Piemonte
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 22: IN QUALI REGIONI SI VIVE MEGLIO per Regione Pensando alla qualità della vita, dei servizi, eccetera in quali regioni d’Italia, secondo Lei, si vive meglio rispetto rispetto alla sua? Base: tutti gli intervistati - modalità: risposta multipla
Fonte: Unicab
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Fonte: Unicab
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Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
21% 19% 19% 11% 8% 8% 7% 6% 5% 4% 3% 3% 1% 1% 1% 1% 2% 34%
Lazio
Emilia Romagna Lombardia Toscana Veneto Piemonte Trentino Alto Adige Lazio Umbria Valle D’Aosta Friuli Venezia Giulia Liguria Marche Sicilia Abruzzo Sardegna Campania Altra Regione Nessun’altra - Non indica
Regione Marche
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 22: IN QUALI REGIONI SI VIVE MEGLIO per Regione Pensando alla qualità della vita, dei servizi, eccetera in quali regioni d’Italia, secondo Lei, si vive meglio rispetto rispetto alla sua? Base: tutti gli intervistati - modalità: risposta multipla
26% 15% 14% 8% 5% 5% 3% 7% 2% 1% 2% 1% 2% 46%
24% 22% 24% 10% 7% 10% 5% 4% 6% 4% 9% 1% 3% 1% 1% 30%
27% 22% 16% 10% 7% 5% 5% 9% 2% 1% 1% 6% 1% 1% 4% 37%
34% 19% 25% 8% 7% 10% 11% 9% 3% 2% 2% 6% 2% 1% 1% 1% 33%
31% 23% 30% 15% 11% 6% 14% 11% 2% 2% 3% 6% 1% 3% 17%
31% 27% 10% 9% 15% 3% 9% 8% 3% 2% 2% 5% 2% 3% 1% 2% v2% 33%
30% 19% 24% 6% 11% 2% 14% 8% 3% 1% 2% 4% 1% 1% 1% 4% 31%
28% 39% 20% 12% 14% 4% 13% 5% 3% 2% 2% 1% 2% 1% 1% 4% 28%
23% 36% 20% 14% 15% 3% 14% 6% 3% 4% 2% 1% 2% 31%
18% 31% 17% 15% 10% 4% 9% 4% 2% 6% 2% 2% 2% 38%
Capitolo 2
DALLA POLIS ALLE LOCAL COMMUNITY
40
LA NUOVA DIMENSIONE DELLA POLITICA 1 Indubbiamente siamo più liberi delle generazioni che ci hanno preceduto: abbiamo più campi di esplorazione, più possibilità, più scelte da poter compiere; non aderiamo più ad una traccia di vita già scritta, non siamo più incastrati in ruoli sociali predefiniti; viviamo, per la prima volta, l’esperienza di un’esistenza più lunga e piena, di distanze più brevi, di un tempo più veloce. Abitiamo un mondo in cui tutto, o quasi tutto, sembra possibile. Cosa ha cambiato così profondamente la nostra vita? «“Chi ci libererà dei Greci e dei Romani?” lamentavano tre secoli fa i letterati francesi impegnati nella disputa sugli antichi e sui moderni. La domanda soltanto ai nostri giorni ha avuto una esplicita risposta positiva, risposta che può essere riassunta in una sola parola: la tecnologia. Fin quando si viaggiava in diligenza e il cavallo non serviva soltanto per l’agriturismo e per le corse tris, il livello tecnico delle società europee non era molto diverso da quello di duemila anni prima. Pensieri e ragionamenti perciò si muovevano in un contesto materiale in cui la velocità media di spostamento, salvo rare eccezioni, non poteva superare i dieci chilometri l’ora». 2 La tecnologia: ossia quel sistema di “mezzi” che ha modificato il nostro modo di intendere lo spazio e il tempo, che ci ha dato nuove misure e nuovi modelli con cui confrontarci, che ha permesso ai nostri pensieri di muoversi al di fuori degli ambiti geografici in cui erano confinati. Di conseguenza è cambiata anche la nostra percezione del mondo che non è più solo il prodotto di fattori oggettivi (razionali e quantitativamente misurabili) ma deriva anche da fattori soggettivi, legati tanto alla nostra cultura quanto ai “mondi” con i quali entriamo quotidianamente in contatto. L’assuefazione con cui viviamo la nostra nuova esistenza tecnologica non rivela gli incroci con la dimensione interiore ancora fatta di scopi e di finalità generali. In questo senso il mondo tecnologicamente organizzato che abitiamo non ha dato risposte compiute. E non poteva essere diversamente perché la tecnologia, alle domande dell’uomo, non può dare risposte. Non perché la tecnologia non sia abbastanza evoluta, ma perché essa non ha un carattere antropologico, non è figlia dell’evoluzione, non nasce “sociologicamente” dall’uomo pur caratterizzandone l’esistenza. La tecnologia è prodotta nei “laboratori” per compensare i limiti dell’uomo: renderlo più veloce, più forte, più sicuro. E se l’uomo sopravvive alle sue debolezze è grazie ai sistemi, tecnicamente organizzati, che ritagliano un –––––––––– 1 Interpretazioni e concetti sul rapporto tra individuo e tecnologia sono tratti dal fondamentale lavoro di Umberto Galimberti, Psiche e teche. Universale economica Feltrinelli, Milano 2002. 2 Giuseppe Antonelli, Storia di Roma.
41
mondo per l’uomo all’interno della natura che lo circonda. E oggi che la natura si è fatta vulnerabile di fronte al mondo tecnologico, ci stiamo accorgendo che il rapporto uomo-natura è rovesciato e non è più il mondo naturale che accoglie l’uomo ma è nel mondo artificiale dell’uomo che la natura trova spazio. Non possiamo evitare di abitare questo mondo, subirne i suoi condizionamenti. E poiché abitiamo un mondo, in ogni sua parte, tecnologicamente organizzato, ogni azione, persino ogni desiderio, ha bisogno della tecnologia per esprimersi. Ma la tecnologia è solo un mezzo, non è come l’uomo. La tecnologia ha solo “effetti”. Per meglio dire gli “effetti” rappresentano i “fini” della tecnologia. Ecco perché non si è conclusa la ricerca di quell’orizzonte di senso iniziata con l’uomo pre-tecnologico: perché i fini della tecnologia non sono i fini dell’uomo. L’uomo moderno ha abbandonato l’obbligo di aderire ad una traccia di vita già scritta, è svincolato nei suoi orientamenti, ma è più confuso di fronte alle molteplici possibilità di scelta di un mondo che funziona ma non produce orientamenti negli effetti del suo funzionare. E nel tentativo di ri-definire i parametri cognitivi e simbolici del suo agire da individuo, naturalmente dotato di socialità, è posto di fronte all’inevitabile confronto con l’altro, che non è più solo il vicino ma, anche, il lontano ed il lontanissimo. Ed è questo il carattere sociologicamente più significativo della globalizzazione: è il rendere “vicini” luoghi e situazioni tra loro “lontane”. Il fatto che fenomeni tanto lontani si avvicinino sempre più, potendo irrompere nella dimensione quotidiana, ha prodotto, come conseguenza, uno stato di “disorientamento” dovuto alla sensazione di non comprendere gli orizzonti ampissimi che si aprono privi, però, di un senso sociale. Questo annegare dell’uomo contemporaneo in un mare di esperienze da ridefinire fa vivere un’esistenza del tutto nuova rispetto al passato. Paradossalmente, infatti, il dissolvimento dei vecchi confini ha prodotto il suo opposto: ha fatto maturare nell’uomo il desiderio di tracciarne di nuovi attraverso un processo di rivendicazione di uno spazio di manovra direttamente percepibile. Il tentativo di riduzione sul piano locale delle dimensioni vitali diventa, cioè, manifestazione del desiderio di riappropriarsi del proprio spazio, del proprio tempo e della propria storia. In questo fluire di esperienze l’uomo non è solo il punto di partenza del processo globalizzante; è, allo stesso tempo, il suo punto di ritorno. E questo è l’effetto duplice della globalizzazione: ampiezza di movimento e riduzione dei confini dell’esperienza diretta. Se questo è lo scenario è evidente che il centro del sistema è proprio l’individuo e l’ambiente in cui sperimenta la sua esistenza, parti di un tutto che condizionano e da cui sono condizionati. Il territorio non è solo un luogo fisicamente visibile: è (anche) una dimensione “culturalmente” percettibile. È un ambito in cui le speranze, le certezze, le paure, sono condivise perché è l’insieme di conoscenze, esperienze, direttrici, che restituiscono, tutte insieme, il senso dell’identità sociale: cioè un Comune sentire, capire, interpretare, guardare, desiderare. L’uomo non ha, quindi, smarrito la sua natura sociale. Al contrario: è alla ricerca di una nuova dimensione della socialità che si declina sempre più con il territorio.
42
Le Local Community 23.7 milioni di cittadini esprimono fiducia nello Stato (48%), 27.1 milioni nella Regione (55%), 25.2 nella Provincia (51%), 28.6 nel Comune (60%): dall’osservazione del dato, sembra trovare conferma la crescita e la visibilità del ruolo degli Enti locali nella percezione dei cittadini.
Non indica
il Comune? la Provincia? la Regione ? lo stato?
Poco per nulla
... ... ... ...
Molto abbastanza
TABELLA 23: LA FIDUCIA NELLE ISTITUZIONI Quanto giudica affidabile: Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
58% 51% 55% 48%
39% 41% 38% 49%
3% 8% 7% 3%
Fonte: Unicab La fiducia nel Comune Il 58% degli intervistati (28.6 milioni di cittadini maggiorenni) ha espresso fiducia nei confronti del Comune mentre il 39% ha espresso una valutazione negativa. La percentuale di quanti hanno espresso un giudizio positivo è più alta della media tra gli uomini (61%) e tra i giovani (61%). Valutazioni positive percentualmente più alte, inoltre, tra i cittadini che risiedono nelle regioni del nord ovest (69%), nel nord est (70%), nel centro Italia (60%), tra quelli che vivono nei Comuni fino a 5.000 abitanti (65%), tra 100.000 e 250.000 (59%). Percentuali più alte della media sono state registrate tra gli elettori di centrosinistra rispetto a quelli di centrodestra. La variabile relativa al titolo di studio degli intervistati ha evidenziato che la percentuale di quanti hanno espresso un giudizio positivo è più alta tra i laureati (62%) mentre è più bassa tra chi ha un basso livello di scolarizzazione (51%). Ha espresso fiducia nel Comune il 62% di chi ha un livello di status alto. La percentuale scende al 59% tra chi ha un livello di status medio e al 55% tra chi ha un livello basso. A livello di singola Regione, percentuali di quanti hanno espresso un giudizio positivo significativamente più alte della media, sono state espresse in Valle d’Aosta, in Lombardia, in Trentino Alto Adige, in Emilia Romagna, in Umbria,mentre agli ultimi posti risultano la Campania, la Calabria, la Sicilia e la Sardegna.
43
Media inf.
Elementare o senza titolo
61% 57% 38% 41% 1% 2%
55% 37% 8%
62% 59% 59% 35% 40% 40% 3% 1% 1%
51% 41% 8%
Diploma sup.
35-54 anni
18-34 anni
Femmina
61% 55% 37% 41% 2% 4%
Titolo di studio Laurea o Diploma Universitario
58% 39% 3%
Età Oltre i 54 anni
Molto/abbastanza Poco/per nulla Non indica
Sesso Maschio
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 24: LA FIDUCIA NEL COMUNE per sesso, età e titolo di studio Quanto giudica affidabile il Comune? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
Fonte: Unicab
Molto/abbastanza Poco/per nulla Non indica Fonte: Unicab
44
> 250.000
100.000 - 250.000
30.000 - 100.000
10.000 - 30.000
5.000-10.000
< 5.000 abitanti
Ampiezza
Isole
Sud
Centro
Nord Est
Area geografica Nord Ovest
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 25: LA FIDUCIA NEL COMUNE per area geografica e ampiezza centri Quanto giudica affidabile il Comune? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
58% 69% 70% 60% 44% 38% 65% 57% 57% 55% 59% 55% 39% 28% 28% 36% 53% 58% 32% 40% 38% 42% 38% 42% 3% 3% 2% 4% 3% 4% 3% 3% 5% 3% 3% 3%
TABELLA 26: LA FIDUCIA NEL COMUNE per area politica Quanto giudica affidabile il Comune? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta ITALIA IN COMPLESSO
Centro sinistra
Centro destra
Nessuna delle due
Non sa
Molto/abbastanza Poco/per nulla Non indica
Area politica
58% 39% 3%
64% 35% 1%
58% 39% 3%
47% 46% 7%
52% 42% 6%
Fonte: Unicab
Basso
58% 39% 3%
Medio
Molto/abbastanza Poco/per nulla Non indica
Indicatore di status
Alto
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 27: LA FIDUCIA NEL COMUNE per indicatore di Status Quanto giudica affidabile la Provincia? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
60% 36% 4%
59% 38% 3%
58% 40% 2%
Fonte: Unicab
45
Molto/abbastanza Poco/per nulla Non indica Fonte: Unicab
46
Umbria
Toscana
Emilia Romagna
Friuli V.G.
Veneto
Trentino A.A.
Liguria
Lombardia
Valle d’Aosta
Piemonte
66% 79% 70% 67% 84% 68% 66% 70% 64% 70% 30% 21% 27% 30% 15% 28% 31% 29% 33% 26% 4% 3% 3% 1% 4% 3% 1% 3% 4%
Sardegna
Sicilia
Calabria
Basilicata
Puglia
Campania
Molise
Abruzzo
Regione
Lazio
58% 39% 3% ITALIA IN COMPLESSO
Molto/abbastanza Poco/per nulla Non indica
Regione
Marche
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 28: LA FIDUCIA NEL COMUNE per Regione Quanto giudica affidabile il Comune? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
58% 61% 56% 55% 50% 40% 42% 52% 40% 37% 41% 39% 37% 39% 37% 44% 58% 55% 46% 57% 60% 50% 3% 2% 5% 8% 6% 2% 3% 2% 3% 3% 9%
La fiducia nella Provincia Il 51% degli intervistati (25.2 milioni di cittadini maggiorenni) ha espresso fiducia nei confronti della Provincia mentre il 41% ha espresso un giudizio negativo. La percentuale di quanti hanno espresso un giudizio positivo è significativamente più alta della media tra i giovani (58%). La variabile relativa al titolo di studio degli intervistati non ha evidenziato significative differenze se non tra chi ha un basso livello di scolarizzazione (48%). Le percentuali di quanti hanno espresso un giudizio positivo sono superiori alla media tra i cittadini che risiedono nelle regioni del nord ovest (60%) e nel nord est (60%). Per quanto riguarda la dimensione demografica dei centri le valutazioni positive sono state espresse in misura maggiore dai cittadini che vivono nei centri fino a 5.000 abitanti (59%). Hanno fiducia nella Provincia sia gli elettori di centrodestra che quelli di centrosinistra (con leggera prevalenza dei primi). Tra quanti, invece, non si identificano in alcuna delle due coalizioni la percentuale è significativamente inferiore alla media nazionale. Ha espresso fiducia nella Provincia il 54% di chi ha un livello di status alto. La percentuale scende al 52% tra chi ha un livello di status medio e al 44% tra chi ha un livello basso. A livello di singola Regione, percentuali di quanti hanno espresso un giudizio positivo significativamente più alte della media, sono state espresse in Piemonte, in Trentino Alto Adige, in Emilia Romagna, mentre agli ultimi posti risultano il Molise, la Campania, la Calabria, la Sardegna.
Media inf.
Elementare o senza titolo
58% 49% 38% 45% 4% 6%
47% 39% 14%
51% 51% 51% 41% 43% 39% 8% 6% 10%
48% 38% 14%
Diploma sup.
35-54 anni
18-34 anni
Femmina
52% 50% 43% 39% 5% 11%
Titolo di studio Laurea o Diploma Universitario
51% 41% 8%
Età Oltre i 54 anni
Molto/abbastanza Poco/per nulla Non indica
Sesso Maschio
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 29: LA FIDUCIA NELLA PROVINCIA per sesso, età, titolo di studio Quanto giudica affidabile la Provincia? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
Fonte: Unicab
47
Molto/abbastanza Poco/per nulla Non indica
51% 60% 60% 50% 38% 40% 59% 52% 49% 50% 44% 45% 41% 33% 30% 39% 53% 55% 34% 41% 42% 42% 49% 44% 8% 7% 10% 11% 9% 5% 7% 7% 9% 8% 7% 11%
Fonte: Unicab TABELLA 31: LA FIDUCIA NELLA PROVINCIA per area politica Quanto giudica affidabile la Provincia? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
Fonte: Unicab
48
Centro sinistra
Centro destra
Nessuna delle due
Non sa
Area politica
ITALIA IN COMPLESSO Molto/abbastanza Poco/per nulla Non indica
> 250.000
100.000 - 250.000
30.000 - 100.000
10.000 - 30.000
5.000-10.000
< 5.000 abitanti
Ampiezza
Isole
Sud
Centro
Nord Est
Area geografica Nord Ovest
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 30: LA FIDUCIA NELLA PROVINCIA per area geografica e ampiezza centri Quanto giudica affidabile la Provincia? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
51% 41% 8%
54% 40% 6%
55% 38% 7%
35% 54% 11%
46% 39% 15%
TABELLA 32: LA FIDUCIA NELLA PROVINCIA per indicatore di Status Quanto giudica affidabile la Provincia? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
Basso
51% 41% 8%
Medio
Molto/abbastanza Poco/per nulla Non indica
Alto
ITALIA IN COMPLESSO
Indicatore di status
54% 44% 2%
52% 42% 7%
44% 40% 16%
Fonte: Unicab
Molto/abbastanza Poco/per nulla Non indica
51% 41% 8%
Umbria
Toscana
Emilia Romagna
Friuli V.G.
Veneto
Trentino A.A.
Liguria
Lombardia
Valle d’Aosta
Piemonte
67% 58% 55% 60% 87% 50% 60% 66% 56% 59% 22% 20% 39% 32% 13% 38% 32% 24% 40% 38% 11% 22% 6% 8% 12% 8% 10% 4% 3%
Sardegna
Sicilia
Calabria
Basilicata
Puglia
Campania
Molise
Abruzzo
Regione
Lazio
51% 41% 8% ITALIA IN COMPLESSO
Molto/abbastanza Poco/per nulla Non indica
Regione
Marche
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 33: LA FIDUCIA NELLA PROVINCIA per Regione Quanto giudica affidabile la Provincia? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
55% 45% 52% 36% 33% 40% 47% 37% 41% 37% 39% 39% 36% 55% 60% 52% 47% 52% 55% 57% 6% 16% 12% 9% 7% 8% 6% 11% 4% 6%
Fonte: Unicab
49
La fiducia nella Regione Ha espresso fiducia nella Regione il 55% degli intervistati (27.1 milioni di maggiorenni). Anche per la Regione la percentuale di valutazioni positive è più alta della media tra gli uomini (58%) e tra i giovani (64%). Le percentuali di quanti hanno espresso un giudizio positivo sono, inoltre, significativamente superiori alla media tra i cittadini che risiedono nelle regioni del nord ovest (67%) e nel nord est (65%) e tra quelli che vivono nei centri fino a 5.000 abitanti (62%). La variabile relativa al titolo di studio degli intervistati ha evidenziato che la percentuale di quanti hanno espresso un giudizio positivo è più alta tra chi ha un diploma di scuola media inferiore (59%) mentre è più bassa tra chi ha un basso livello di scolarizzazione (45%). Municipalisti gli elettori di centrosinistra, regionalisti gli elettori di centrodestra: tra questi ultimi, infatti, le valutazioni positive salgono al 62%. Ha espresso fiducia nella Regione il 58% di chi ha un livello di status alto. La percentuale si ferma al 57% tra chi ha un livello di status medio e scende al 46% tra chi ha un livello basso. A livello di singola Regione, percentuali di quanti hanno espresso un giudizio positivo significativamente più alte della media, sono state espresse in Piemonte, in Valle d’Aosta, in Trentino Alto Adige, mentre agli ultimi posti risultano il Molise, la Campania, la Calabria e la Sicilia.
Fonte: Unicab
50
Media inf.
Elementare o senza titolo
64% 52% 33% 42% 3% 6%
52% 38% 10%
55% 57% 59% 41% 39% 34% 4% 4% 7%
45% 40% 15%
Diploma sup.
35-54 anni
18-34 anni
Femmina
58% 53% 38% 39% 4% 8%
Titolo di studio Laurea o Diploma Universitario
55% 38% 7%
Età Oltre i 54 anni
Molto/abbastanza Poco/per nulla Non indica
Sesso Maschio
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 34: LA FIDUCIA NELLA REGIONE per sesso, età, titolo di studio Quanto giudica affidabile la Regione ? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
Molto/abbastanza Poco/per nulla Non indica
> 250.000
100.000 - 250.000
30.000 - 100.000
10.000 - 30.000
5.000-10.000
< 5.000 abitanti
Ampiezza
Isole
Sud
Centro
Nord Est
Area geografica Nord Ovest
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 35 LA FIDUCIA NELLA REGIONE per area geografica e ampiezza centri Quanto giudica affidabile la Regione ? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
55% 67% 65% 56% 42% 38% 62% 55% 54% 55% 56% 54% 38% 28% 29% 35% 51% 57% 31% 38% 39% 39% 41% 41% 7% 5% 6% 9% 7% 5% 7% 7% 7% 6% 3% 5%
Fonte: Unicab TABELLA 36: LA FIDUCIA NELLA REGIONE per area politica Quanto giudica affidabile la Regione ? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta ITALIA IN COMPLESSO
Centro sinistra
Centro destra
Nessuna delle due
Non sa
Molto/abbastanza Poco/per nulla Non indica
Area politica
55% 38% 7%
57% 39% 4%
62% 33% 5%
43% 49% 8%
48% 38% 14%
Fonte: Unicab
51
TABELLA 37: LA FIDUCIA NELLA REGIONE per indicatore di Status Quanto giudica affidabile la Regione ? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
Basso
55% 38% 7%
Medio
Molto/abbastanza Poco/per nulla Non indica
Alto
ITALIA IN COMPLESSO
Indicatore di status
58% 40% 2%
57% 39% 5%
46% 36% 20%
Fonte: Unicab
Molto/abbastanza Poco/per nulla Non indica Fonte: Unicab
52
55% 38% 7%
Umbria
Toscana
Emilia Romagna
Friuli V.G.
Veneto
Trentino A.A.
Liguria
Lombardia
Valle d’Aosta
Piemonte
74% 81% 64% 65% 79% 55% 63% 73% 60% 65% 19% 17% 32% 33% 18% 39% 32% 19% 33% 30% 7% 2% 4% 2% 3% 6% 5% 8% 7% 5%
Sardegna
Sicilia
Calabria
Basilicata
Puglia
Campania
Molise
Abruzzo
Regione
Lazio
55% 38% 7% ITALIA IN COMPLESSO
Molto/abbastanza Poco/per nulla Non indica
Regione
Marche
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 38: LA FIDUCIA NELLA REGIONE per Regione Quanto giudica affidabile la Regione ? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
56% 53% 57% 32% 39% 44% 55% 36% 37% 42% 36% 35% 34% 57% 55% 50% 37% 56% 58% 53% 8% 12% 9% 11% 6% 6% 8% 8% 5% 5%
La fiducia nello Stato Il 48% del campione ha espresso fiducia nello Stato (23.7 milioni di maggiorenni) mentre il 49% ha espresso un giudizio negativo. Anche per quanto riguarda la fiducia nello Stato la percentuale di valutazioni positive è più alta della media tra gli uomini (52%) e tra i giovani (51%). La variabile relativa al titolo di studio degli intervistati ha evidenziato una significativa relazione tra livello di scolarizzazione e fiducia. Infatti tra la percentuale di quanti hanno espresso un giudizio positivo è più alta tra i laureati (56%) scende al 49% tra chi è in possesso di un diploma di scuola media superiore è si abbassa fino al 36% tra chi ha un basso livello di scolarizzazione (36%). A livello di singola Regione, percentuali di quanti hanno espresso un giudizio positivo significativamente più alte della media, sono state espresse in Veneto, in Molise, in Basilicata, mentre agli ultimi posti risultano il Trentino Alto Adige, la Toscana e le Marche Ha espresso fiducia nello Stato il 55% di chi ha un livello di status alto. La percentuale scende al 51% tra chi ha un livello di status medio e scende al 42% tra chi ha un livello basso. Nelle valutazioni sulla fiducia nei diversi livelli istituzionali lo Stato è l’unico livello che presente un saldo negativo nella variabile relativa allo status degli intervistati.
Media inf.
Elementare o senza titolo
51% 49% 48% 48% 1% 3%
44% 48% 8%
56% 49% 46% 42% 48% 49% 2% 3% 5%
36% 55% 9%
Diploma sup.
35-54 anni
18-34 anni
Femmina
52% 44% 45% 52% 3% 4%
Titolo di studio Laurea o Diploma Universitario
48% 49% 3%
Età Oltre i 54 anni
Molto/abbastanza Poco/per nulla Non indica
Sesso Maschio
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 39: LA FIDUCIA NELLO STATO per sesso, età, titolo di studio Quanto giudica affidabile lo stato? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
Fonte: Unicab
53
Molto/abbastanza Poco/per nulla Non indica
48% 49% 48% 46% 48% 47% 53% 44% 46% 48% 48% 46% 49% 49% 47% 48% 48% 50% 44% 51% 49% 48% 46% 51% 3% 2% 5% 6% 4% 3% 3% 5% 5% 4% 6% 3%
Fonte: Unicab TABELLA 41: LA FIDUCIA NELLO STATO per area politica Quanto giudica affidabile lo stato? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
Fonte: Unicab
54
Centro sinistra
Centro destra
Nessuna delle due
Non sa
Area politica
ITALIA IN COMPLESSO Molto/abbastanza Poco/per nulla Non indica
> 250.000
100.000 - 250.000
30.000 - 100.000
10.000 - 30.000
5.000-10.000
< 5.000 abitanti
Ampiezza
Isole
Sud
Centro
Nord Est
Area geografica Nord Ovest
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 40: LA FIDUCIA NELLO STATO per area geografica e ampiezza centri Quanto giudica affidabile lo stato? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
48% 49% 3%
47% 51% 2%
55% 41% 4%
37% 60% 3%
42% 50% 8%
TABELLA 42: LA FIDUCIA NELLO STATO per indicatore di status Quanto giudica affidabile lo stato? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
Basso
48% 49% 3%
Medio
Molto/abbastanza Poco/per nulla Non indica
Alto
ITALIA IN COMPLESSO
Indicatore di status
55% 44% 1%
51% 47% 2%
41% 53% 7%
Fonte: Unicab
Molto/abbastanza Poco/per nulla Non indica
Umbria
Toscana
Emilia Romagna
Friuli V.G.
Veneto
Trentino A.A.
Liguria
Lombardia
Valle d’Aosta
Piemonte
46% 50% 50% 51% 42% 52% 46% 48% 40% 48% 51% 49% 48% 45% 57% 45% 51% 47% 53% 49% 3% 1% 2% 4% 1% 3% 3% 5% 7% 3%
Sardegna
Sicilia
Calabria
Basilicata
Puglia
Campania
Molise
Abruzzo
Regione
Lazio
48% 49% 3% ITALIA IN COMPLESSO
Molto/abbastanza Poco/per nulla Non indica
Regione
Marche
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 43: LA FIDUCIA NELLO STATO per Regione Quanto giudica affidabile lo stato? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
48% 46% 51% 49% 56% 47% 49% 52% 47% 47% 46% 49% 51% 43% 45% 38% 51% 47% 40% 47% 51% 50% 3% 3% 6% 6% 6% 2% 4% 8% 6% 2% 4%
Fonte: Unicab
55
Il Comune è in testa, quindi, nella fiducia espressa ai diversi livelli istituzionali. All’interno di ciascuna variabile esaminata (sesso, età, area geografica) la graduatoria dei giudizi positivi non cambia ma l’analisi dei dati, come abbiamo visto, ha messo in evidenza significative caratterizzazioni di tipo sociale che riguardano strettamente il rapporto tra cittadini e territorio. I motivi del perché sono più gli uomini più delle donne, più i giovani degli anziani, ad esprimere fiducia nelle istituzioni, sono da ricercarsi nelle ragioni legate alle prospettive, alle possibilità, al possesso dei mezzi di posizionamento sociale. L’analisi della variabile descrittiva dello status spiega e descrive efficacemente tale caratterizzazione. Nelle istituzioni locali, come in quelle nazionali, i cittadini appartenenti alla fascia di status meno elevata, esprimono un minor grado di fiducia istituzionale: la fiducia cresce, all’aumentare del livello di status: Regione, Provincia e Comune, però, nella stessa fascia ottengono più consensi rispetto allo Stato. All’interno di ciascuna variabile esaminata la graduatoria dei giudizi positivi non cambia ma l’analisi dei dati ha messo in evidenza queste specificità. Altro dato che emerge con chiarezza è che all’abbassarsi del livello istituzionale diminuisce la distanza tra le tre fasce. Infatti come si può notare dalla tabella successiva nella fascia alta del livello di status il saldo tra giudizi positivi e giudizi negativi è pari a +24% per quanto riguarda il Comune. A +10% per la Provincia, a +18% per la Regione e a +11% per quanto riguarda lo Stato. Nella fascia relativa allo status basso il saldo tra giudizi positivi e giudizi negativi passa da +18% per quanto riguarda il Comune a –8% per quanto riguarda lo Stato. TABELLA 44: SALDO TRA GIUDIZI POSITIVI E NEGATIVI per indicatore di status
Fonte: Unicab
56
Basso
Comune Provincia Regione Stato
Medio
Differenze tra giudizi positivi e giudizi negativi
Alto
Indicatore di status
+24% +10% +18% +11%
+21% +10% +18% + 4%
+18% + 4% +10% – 8%
In sintesi il saldo tra giudizi positivi e negativi è: • per quanto riguarda il Comune: - tra chi ha un livello di status alto: +24% - tra chi ha un livello di status basso: +18% La differenza tra i due livelli di status è, cioè, del 6% • per quanto riguarda lo Stato: - tra chi ha un livello di status alto: +11% - tra chi ha un livello di status basso: – 8% La differenza tra i due livelli di status è del 19% Ciò significa che a livello locale, come abbiamo d’altronde visto in tutti i dati illustrati finora, si gioca la partita della coesione sociale perché è sul territorio che identità, visioni, prospettive, aspettative sono condivise e messe in gioco in una dimensione collettiva. Nel sistema locale, in particolare modo su Regione e Comune, si indirizza la spinta dei cittadini al decentramento funzionale L’osservazione sembrerebbe confermare che le cause sarebbero da ricercarsi non tanto nella collocazione politica (questa rappresenta, semmai, una conseguenza del processo), quanto nelle profonde trasformazioni sociali ed economiche che hanno caratterizzato l’Italia. Accanto allo studio del rapporto tra cittadini ed istituzioni, è necessario allargare il campo di osservazione alle forme attraverso cui la società esprime funzioni politiche dirette ed indirette (partiti, ma anche, sindacati ed organizzazioni di categoria) assume forme organizzative volte ad aggregare i cittadini rispetto a comuni obiettivi sociali (il volontariato) o spirituali (le istituzioni religiose) passando attraverso la fiducia nelle principali agenzie di socializzazione (la famiglia e gli amici).
85% 37% 17% 70%
11% 56% 77% 27%
non indica
Poco per nulla
Le organizzazioni non-profit? I sindacati? I partiti? La Chiesa?
Molto abbastanza
TABELLA 45: LA FIDUCIA NELLE ORGANIZZAZIONI SOCIALI Quanto giudica affidabile? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
4% 7% 6% 3%
Fonte: Unicab
57
Poco per nulla
non indica
La famiglia? Gli amici?
Molto abbastanza
TABELLA 46: LA FIDUCIA NELLA FAMIGLIA E NEGLI AMICI Quanto giudica affidabile? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
96% 81%
3% 17%
1% 2%
Fonte: Unicab Si tratta, è evidente, di sistemi organizzati con ruoli e pesi sociali diversi. Tuttavia, poiché l’osservazione riguarda la relazione tra l’individuo e le diverse strutture sociali organizzate, un approccio di tipo comparativo potrebbe consentire di determinare interessanti nuclei analitico-interpretativi. Il primo carattere, sociologicamente significativo, è dato dalla conferma della relazione tra la vicinanza territoriale dell’organizzazione considerata e la valutazione espressa. Alla notevole fiducia accordata alle associazioni di volontariato corrisponde il senso di lontananza avvertito nei confronti dei partiti politici, dei sindacati ed associazioni di categoria. Più di due italiani su tre hanno fiducia nella Chiesa e famiglia e amici rappresentano sempre una componente fondamentale e un importante punto di riferimento. In generale, i dati hanno messo in evidenza che: • 47.4 milioni hanno fiducia nella famiglia (96%); • 40 milioni hanno fiducia negli amici (81%); • 42 milioni di italiani hanno fiducia nel volontariato (85%); • 18.3 milioni nei sindacati (37%); • 8.4 milioni hanno fiducia nei partiti politici (17%); • 34.6 milioni hanno fiducia nella chiesa (70%). Se il locale rappresenta la dimensione vitale della socialità larga e globalizzata, il sistema nazionale dei partiti sembra non essere stato capace di adeguarsi a questa duplicità dell’agire. È, invece, ripartendo “dal basso” che la politica sta ridisegnando la propria identità attraverso nuove forme, perché nella dimensione minore è più semplice individuare e catalogare, interessi, bisogni, aspettative, timori. Il problema, infatti, non è la dimensione in quanto tale ma la capacità di riuscire a dare rappresentanza ai diversi interessi, indirizzandoli verso obietti comuni. La riduzione della dimensione dell’agire è il tentavo di ridurne la complessità, è la conseguenza dell’evidente difficoltà di dare risposte semplici alle istanze delle società articolate.
58
È un processo che si sviluppa in modo difforme e in cui la chiave appare, ancora una volta, declinarsi alla condizione sociale determinata dallo status. La società moderna (o post-moderna) è più incline all’espulsione che alla partecipazione ed allontanandosi dalla dimensione locale occorrono strumenti più sofisticati per orientare le coordinate sociali. Più sofisticati e più costosi. Il confronto politico non è più, quindi, solo tra destra e sinistra, come abbiamo già visto, ma fra dentro e fuori, tra inclusi ed esclusi. E questo carattere si accentua con l’ampliamento dell’orizzonte speculativo. Il Comune è in testa nella fiducia espressa ai diversi livelli istituzionali, mentre più lontano è lo Stato perché è nella dimensione locale che la rappresentanza degli interessi trova ancora un senso condiviso. E in una logica di inclusione/esclusione l’opposizione destra/sinistra appare sfumata. E conseguentemente, nella percezione dei cittadini, perdono profilo. O perlomeno ne hanno meno del volontariato che nella dicotomia dentro/fuori trova senso e missione.
La fiducia nella famiglia Il 96% degli intervistati ha giudicato affidabile l’istituto familiare. I dati positivamente più significativi riguardano i giovani (99%) e quanti vivono nei centri fino a 5.000 abitanti (98%). Al contrario i giudizi negativi più alti sono stati registrati tra quanti non si collocano politicamente e tra chi ha un basso livello di scolarizzazione (93%). A livello di singola Regione, percentuali di giudizi positivi più alte della media sono state espresse in Liguria, in Toscana e in Puglia, mentre agli ultimi posti risultano il Friuli Venezia Giulia e il Molise. Tra chi ha uno status alto i giudizi positivi sono il 97% e scendono al 93% tra chi ha uno status basso. TABELLA 47: LA FIDUCIA NELLA FAMIGLIA per indicatore di status Quanto giudica affidabile la famiglia? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
Medio
Basso
Molto/abbastanza Poco/per nulla Non indica
Alto
Indicatore di status
97% 2% 1%
96% 2% 2%
93% 4% 3%
Fonte: Unicab
59
Molto/abbastanza Poco/per nulla Non indica Fonte: Unicab
60
Media inf.
Elementare o senza titolo
93% 5% 2%
94% 97% 97% 6% 2% 2% 1% 1%
93% 6% 1%
Centro destra
Nessuna delle due
Non sa
Mai
Qualche volta
Spesso
Frequenza funzioni religiose
Centro sinistra
Area politica
Diploma sup.
Laurea o Diploma Universitario
99% 97% 1% 3% -
Oltre i 54 anni
35-54 anni
18-34 anni
Femmina
97% 96% 3% 3% 1%
Titolo di studio
96% 3% 1%
96% 3% 1%
96% 3% 1%
95% 3% 2%
94% 3% 3%
92% 7% 1%
97% 3% -
97% 2% 1%
> 250.000
100.000 - 250.000
30.000 - 100.000
10.000 - 30.000
5.000-10.000
< 5.000 abitanti
Ampiezza
Isole
Sud
Centro
Nord Est
Area geografica Nord Ovest
ITALIA IN COMPLESSO
Molto/abbastanza Poco/per nulla Non indica
96% 3% 1%
Età
ITALIA IN COMPLESSO
Molto/abbastanza Poco/per nulla Non indica
Sesso Maschio
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 48: LA FIDUCIA NELLA FAMIGLIA per sesso, età, titolo di studio, area politica, frequenza funzioni religiose, area geografica, ampiezza centri Quanto giudica affidabile la famiglia? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
96% 96% 96% 96% 96% 96% 98% 96% 96% 96% 95% 95% 3% 3% 4% 3% 3% 2% 1% 3% 4% 3% 4% 4% 1% 1% 1% 1% 2% 1% 1% 1% 1% 1%
Molto/abbastanza Poco/per nulla Non indica
96% 3% 1%
Umbria
Toscana
Emilia Romagna
Friuli V.G.
Veneto
Trentino A.A.
Liguria
Lombardia
Valle d’Aosta
Piemonte
95% 96% 96% 98% 97% 95% 91% 97% 98% 97% 3% 2% 4% 2% 3% 5% 6% 2% 2% 3% 2% 2% 3% 1% -
Sardegna
Sicilia
Calabria
Basilicata
Puglia
Campania
Molise
Abruzzo
Regione
Lazio
96% 3% 1% ITALIA IN COMPLESSO
Molto/abbastanza Poco/per nulla Non indica
Regione
Marche
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 49: LA FIDUCIA NELLA FAMIGLIA per Regione Quanto giudica affidabile la famiglia? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
96% 95% 95% 93% 96% 98% 96% 95% 96% 97% 4% 4% 3% 5% 3% 2% 3% 4% 2% 2% 1% 2% 2% 1% 1% 1% 2% 1%
Fonte: Unicab
61
La fiducia negli amici L’81% ha giudicato affidabili gli amici. I dati positivamente più significativi riguardano ancora una volta i giovani (99%). Al contrario i giudizi negativi più alti sono stati registrati tra quanti non si collocano politicamente e tra chi ha un basso livello di scolarizzazione (60%). Tra chi ha uno status alto i giudizi positivi sono il 90% mentre scendono al 71% tra chi ha uno status basso. A livello di singola Regione, percentuali dii giudizi positivi sugli amici, significativamente più alte della media, sono state espresse in Trentino Alto Adige, in Liguria, in Emilia Romagna e in Toscana, mentre agli ultimi posti risultano la Campania,la Puglia, la Calabria e la Sicilia. TABELLA 50: LA FIDUCIA NEGLI AMICI per indicatore di status Quanto giudica affidabile gli amici? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
Fonte: Unicab
62
Medio
Basso
Molto/abbastanza Poco/per nulla Non indica
Alto
Indicatore di status
90% 9% 1%
86% 13% 1%
71% 25% 4%
Molto/abbastanza Poco/per nulla Non indica
Media inf.
Elementare o senza titolo
73% 23% 4%
91% 85% 76% 9% 13% 21% 2% 3%
60% 32% 8%
Centro destra
Nessuna delle due
Non sa
Mai
Qualche volta
Spesso
Frequenza funzioni religiose
Centro sinistra
Area politica
Diploma sup.
Laurea o Diploma Universitario
91% 80% 9% 18% 2%
Oltre i 54 anni
18-34 anni
77% 20% 3%
35-54 anni
Femmina
83% 14% 3%
Titolo di studio
81% 17% 2%
88% 11% 1%
78% 19% 3%
74% 24% 2%
70% 23% 7%
85% 12% 3%
79% 18% 3%
79% 19% 2%
81% 17% 2%
> 250.000
100.000 - 250.000
30.000 - 100.000
10.000 - 30.000
5.000-10.000
< 5.000 abitanti
Ampiezza
Isole
Sud
Centro
Nord Est
Area geografica Nord Ovest
ITALIA IN COMPLESSO
Molto/abbastanza Poco/per nulla Non indica
81% 17% 2%
Età
ITALIA IN COMPLESSO
Molto/abbastanza Poco/per nulla Non indica
Sesso Maschio
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 51: LA FIDUCIA NEGLI AMICI per sesso, età, titolo di studio, area politica, frequenza funzioni religiose, area geografica, ampiezza centri Quanto giudica affidabile gli amici? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
85% 83% 82% 72% 76% 78% 82% 79% 78% 83% 85% 13% 13% 15% 25% 22% 19% 16% 18% 20% 14% 13% 2% 4% 3% 3% 2% 3% 2% 3% 2% 3% 2%
Fonte: Unicab
63
Molto/abbastanza Poco/per nulla Non indica Fonte: Unicab
64
81% 17% 2%
Umbria
Toscana
Emilia Romagna
Friuli V.G.
Veneto
Trentino A.A.
Liguria
Lombardia
Valle d’Aosta
Piemonte
85% 83% 84% 90% 92% 83% 76% 86% 86% 80% 12% 16% 14% 9% 8% 14% 20% 11% 12% 18% 3% 1% 2% 1% 3% 4% 3% 2% 2%
Sardegna
Sicilia
Calabria
Basilicata
Puglia
Campania
Molise
Abruzzo
Regione
Lazio
81% 17% 2% ITALIA IN COMPLESSO
Molto/abbastanza Poco/per nulla Non indica
Regione
Marche
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 52: LA FIDUCIA NEGLI AMICI per Regione Quanto giudica affidabile gli amici? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
83% 82% 77% 74% 70% 73% 79% 70% 73% 84% 14% 15% 18% 24% 27% 25% 20% 27% 24% 14% 3% 3% 5% 2% 3% 2% 1% 3% 3% 2%
La fiducia nella Chiesa Il 70% degli intervistati ha fiducia nella chiesa. La percentuale di quanti hanno dichiarato di avere fiducia nella Chiesa è più alta della media tra le donne (75%) e tra chi ha più di 54 anni (75%). Le percentuali quanti hanno dichiarato di avere fiducia nella Chiesa sono, inoltre, superiori alla media nel sud (75%) e nelle isole (76%). Anche tra quanti non si collocano in alcuna delle due coalizioni la percentuale è superiore alla media nazionale. A livello di singola Regione, percentuali di quanti hanno dichiarato di avere fiducia nella Chiesa significativamente più alte della media, sono state espresse in Molise, in Campania, in Basilicata e in Sicilia, mentre agli ultimi posti risultano il Piemonte, le Marche e la Sardegna. Non sono state rilevate significative differenze per quanto attiene la variabile relativa al livello di status. TABELLA 53: LA FIDUCIA NELLA CHIESA per indicatore di status Quanto giudica affidabile la Chiesa? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
Medio
Basso
Molto/abbastanza Poco/per nulla Non indica
Alto
Indicatore di status
72% 26% 2%
71% 26% 3%
70% 25% 5%
Fonte: Unicab
65
Molto/abbastanza Poco/per nulla Non indica Fonte: Unicab
66
Media inf.
Elementare o senza titolo
75% 21% 4%
75% 67% 69% 24% 31% 27% 1% 2% 4%
74% 22% 4%
Centro destra
Nessuna delle due
Non sa
Mai
Qualche volta
Spesso
Frequenza funzioni religiose
Centro sinistra
Area politica
Diploma sup.
Laurea o Diploma Universitario
64% 69% 34% 28% 2% 3%
Oltre i 54 anni
35-54 anni
18-34 anni
Femmina
68% 72% 29% 25% 3% 3%
Titolo di studio
70% 27% 3%
67% 30% 3%
69% 28% 3%
70% 25% 5%
76% 20% 4%
40% 54% 6%
68% 30% 2%
87% 10% 3%
> 250.000
100.000 - 250.000
30.000 - 100.000
10.000 - 30.000
5.000-10.000
< 5.000 abitanti
Ampiezza
Isole
Sud
Centro
Nord Est
Area geografica Nord Ovest
ITALIA IN COMPLESSO
Molto/abbastanza Poco/per nulla Non indica
70% 27% 3%
Età
ITALIA IN COMPLESSO
Molto/abbastanza Poco/per nulla Non indica
Sesso Maschio
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 54: LA FIDUCIA NELLA CHIESA per sesso, età, titolo di studio, area politica, frequenza funzioni religiose, area geografica, ampiezza centri Quanto giudica affidabile la chiesa? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
70% 67% 67% 66% 75% 76% 72% 70% 69% 70% 70% 67% 27% 29% 31% 30% 22% 20% 24% 27% 26% 27% 28% 30% 3% 4% 2% 4% 3% 4% 4% 3% 5% 3% 2% 3%
Molto/abbastanza Poco/per nulla Non indica
70% 27% 3%
Umbria
Toscana
Emilia Romagna
Friuli V.G.
Veneto
Trentino A.A.
Liguria
Lombardia
Valle d’Aosta
Piemonte
64% 65% 69% 66% 73% 65% 65% 68% 65% 73% 30% 29% 29% 29% 26% 32% 31% 30% 32% 26% 6% 6% 2% 5% 1% 3% 4% 2% 3% 1%
Sardegna
Sicilia
Calabria
Basilicata
Puglia
Campania
Molise
Abruzzo
Regione
Lazio
70% 27% 3% ITALIA IN COMPLESSO
Molto/abbastanza Poco/per nulla Non indica
Regione
Marche
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 55: LA FIDUCIA NELLA CHIESA per Regione Quanto giudica affidabile la chiesa? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
69% 67% 71% 76% 77% 74% 76% 74% 81% 60% 28% 27% 26% 20% 20% 25% 23% 23% 16% 34% 3% 6% 3% 4% 3% 1% 1% 3% 3% 6%
Fonte: Unicab
67
La fiducia nelle organizzazioni di volontariato e nel non profit Più alto e generalizzato il consenso riservato dagli intervistati alle organizzazioni non-profit e alle associazioni di volontariato. L’85% del campione di intervistati giudica affidabili le organizzazioni che si occupano di sociale. Percentuali più alte della media tra i giovani (88%), tra i cittadini che risiedono nelle regioni del nord ovest (88%) e nei centri tra 5.000 e 10.000 abitanti (88%). Percentuali più alte della media anche tra gli elettori di centrosinistra e tra coloro che hanno indicato di partecipare regolarmente alle funzioni religiose. Più fiducia dai laureati e meno tra chi ha un titolo di studio basso mentre l’indicatore di status ha evidenziato la stessa trasversalità già registrata per la famiglie e la Chiesa. TABELLA 56: LA FIDUCIA NELLE ORGANIZZAZIONI DI VOLONTARIATO E NEL NON PROFIT per indicatore di status Quanto giudica affidabile le organizzazioni di volontariato e non profit? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
Fonte: Unicab
68
Medio
Basso
Molto/abbastanza Poco/per nulla Non indica
Alto
Indicatore di status
87% 11% 2%
88% 9% 3%
82% 12% 6%
Molto/abbastanza Poco/per nulla Non indica
Media inf.
Elementare o senza titolo
82% 11% 7%
87% 87% 85% 11% 10% 11% 2% 3% 4%
78% 13% 9%
Centro destra
Nessuna delle due
Non sa
Mai
Qualche volta
Spesso
Frequenza funzioni religiose
Centro sinistra
Area politica
Diploma sup.
Laurea o Diploma Universitario
88% 86% 11% 11% 1% 3%
Oltre i 54 anni
35-54 anni
18-34 anni
Femmina
86% 85% 11% 9% 3% 6%
Titolo di studio
85% 11% 4%
90% 7% 3%
81% 14% 5%
83% 12% 5%
83% 10% 7%
82% 13% 5%
85% 11% 4%
87% 9% 4%
> 250.000
100.000 - 250.000
30.000 - 100.000
10.000 - 30.000
5.000-10.000
< 5.000 abitanti
Ampiezza
Isole
Sud
Centro
Nord Est
Area geografica Nord Ovest
ITALIA IN COMPLESSO
Molto/abbastanza Poco/per nulla Non indica
85% 11% 4%
Età
ITALIA IN COMPLESSO
Molto/abbastanza Poco/per nulla Non indica
Sesso Maschio
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 57: LA FIDUCIA NEL NON PROFIT per sesso, età, titolo di studio, area politica, frequenza funzioni religiose, area geografica, ampiezza centri Quanto giudica affidabili le associazioni di volontariato e il non-profit? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
85% 88% 85% 85% 83% 86% 86% 88% 86% 81% 84% 86% 11% 8% 11% 10% 13% 10% 9% 9% 11% 13% 12% 10% 4% 4% 4% 5% 4% 4% 5% 3% 3% 6% 4% 4%
Fonte: Unicab
69
Molto/abbastanza Poco/per nulla Non indica Fonte: Unicab
70
85% 11% 4%
Umbria
Toscana
Emilia Romagna
Friuli V.G.
Veneto
Trentino A.A.
Liguria
Lombardia
Valle dâ&#x20AC;&#x2122;Aosta
Piemonte
90% 88% 87% 86% 79% 87% 86% 84% 89% 85% 5% 11% 9% 10% 17% 10% 11% 11% 8% 9% 5% 1% 4% 4% 4% 3% 3% 5% 3% 6%
Sardegna
Sicilia
Calabria
Basilicata
Puglia
Campania
Molise
Abruzzo
Regione
Lazio
85% 11% 4% ITALIA IN COMPLESSO
Molto/abbastanza Poco/per nulla Non indica
Regione
Marche
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 58: LA FIDUCIA NEL NON PROFIT per Regione Quanto giudica affidabili le associazioni di volontariato e il non profit? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalitĂ : una sola risposta
87% 82% 82% 85% 83% 83% 86% 76% 86% 83% 10% 13% 14% 12% 12% 13% 14% 18% 9% 14% 3% 5% 4% 3% 5% 4% 6% 5% 3%
La fiducia nei Sindacati Sindacati e partiti rispetto a quanto illustrato fin’ora, fanno registrare un saldo negativo tra giudizi positivi e negativi. Infatti, solo il 37% degli intervistati giudica affidabili le organizzazioni sindacali mentre il 62% esprime una valutazione negativa. Percentuale più alte della media sono state registrate tra le donne (34%), tra i giovani (44%), tra i cittadini che risiedono nelle regioni del nord e tra gli elettori di centrosinistra. L’analisi della variabile di status ha messo in evidenza una relativa trasversalità della fiducia nelle organizzazioni sindacali (pur prevalendo i giudizi negativi). Rispetto ai partiti, però, l’andamento rispetto al livello di status è inverso (confronta tabelle 59 e 62). Infatti tra chi ha un livello alto la fiducia è al 35% mentre tra chi ha un livello di status basso la fiducia sale al 38%. TABELLA 59: LA FIDUCIA NEI SINDACATI per indicatore di status Quanto giudica affidabili i sindacati? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
Medio
Basso
Molto/abbastanza Poco/per nulla Non indica
Alto
Indicatore di status
35% 62% 3%
36% 58% 6%
38% 52% 10%
Fonte: Unicab
71
Molto/abbastanza Poco/per nulla Non indica Fonte: Unicab
72
Media inf.
Elementare o senza titolo
34% 56% 10%
37% 36% 39% 60% 58% 55% 3% 6% 6%
34% 48% 18%
Centro destra
Nessuna delle due
Non sa
Mai
Qualche volta
Spesso
Frequenza funzioni religiose
Centro sinistra
Area politica
Diploma sup.
Laurea o Diploma Universitario
44% 33% 50% 62% 6% 5%
Oltre i 54 anni
35-54 anni
18-34 anni
Femmina
36% 38% 60% 53% 4% 9%
Titolo di studio
37% 56% 7%
52% 44% 4%
24% 68% 8%
27% 65% 8%
35% 53% 12%
44% 52% 4%
37% 56% 7%
32% 60% 8%
> 250.000
100.000 - 250.000
30.000 - 100.000
10.000 - 30.000
5.000-10.000
< 5.000 abitanti
Ampiezza
Isole
Sud
Centro
Nord Est
Area geografica Nord Ovest
ITALIA IN COMPLESSO
Molto/abbastanza Poco/per nulla Non indica
37% 56% 7%
Età
ITALIA IN COMPLESSO
Molto/abbastanza Poco/per nulla Non indica
Sesso Maschio
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 60: LA FIDUCIA NEI SINDACATI per sesso, età, titolo di studio, area politica, frequenza funzioni religiose, area geografica, ampiezza centri Quanto giudica affidabili i sindacati? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
37% 40% 45% 37% 30% 27% 39% 36% 38% 35% 38% 34% 56% 54% 50% 53% 63% 64% 53% 57% 56% 57% 58% 59% 7% 6% 5% 10% 7% 9% 8% 7% 6% 8% 4% 7%
Molto/abbastanza Poco/per nulla Non indica
37% 56% 7%
Umbria
Toscana
Emilia Romagna
Friuli V.G.
Veneto
Trentino A.A.
Liguria
Lombardia
Valle d’Aosta
Piemonte
42% 43% 38% 44% 48% 40% 42% 51% 39% 43% 53% 53% 55% 50% 47% 55% 51% 44% 56% 50% 5% 4% 7% 6% 5% 5% 7% 5% 5% 7%
Sardegna
Sicilia
Calabria
Basilicata
Puglia
Campania
Molise
Abruzzo
Regione
Lazio
37% 56% 7% ITALIA IN COMPLESSO
Molto/abbastanza Poco/per nulla Non indica
Regione
Marche
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 61: LA FIDUCIA NEI SINDACATI per Regione Quanto giudica affidabili i sindacati? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
42% 36% 34% 39% 23% 33% 36% 33% 26% 33% 52% 52% 60% 54% 68% 60% 61% 59% 65% 60% 6% 12% 6% 7% 9% 7% 3% 8% 9% 7%
Fonte: Unicab
73
La fiducia nei Partiti Decisamente più bassa la fiducia nei confronti dei partiti: solo il 17% ha, infatti, espresso un giudizio positivo. Giudizi positivi più alti tra gli uomini (20%) e tra i giovani (19%), tra i cittadini del nord e tra chi vive nei comuni compresi tra 10.000 e 30.000 abitanti (21%); tra gli elettori di centrosinistra, tra i laureati (20%) e tra chi ha un livello di status alto (24%) mentre tra quanti non si identificano in alcuna coalizione, tra chi ha un basso livello di scolarizzazione (14%) e un altrettanto basso livello di status (12%) la percentuale è significativamente inferiore. In Trentino Alto Adige, in Emilia Romagna e in Umbria si sono registrate percentuali positive più alte mentre agli ultimi posti risultano le Marche, la Campania, la Puglia e la Sicilia. TABELLA 62: LA FIDUCIA NEI PARTITI per indicatore di status Quanto giudica affidabili i partiti? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
Fonte: Unicab
74
Medio
Basso
Molto/abbastanza Poco/per nulla Non indica
Alto
Indicatore di status
24% 74% 2%
20% 78% 2%
11% 80% 9%
Molto/abbastanza Poco/per nulla Non indica
Media inf.
Elementare o senza titolo
17% 73% 10%
20% 19% 16% 77% 79% 77% 3% 2% 7%
14% 70% 16%
Centro destra
Nessuna delle due
Non sa
Mai
Qualche volta
Spesso
Frequenza funzioni religiose
Centro sinistra
Area politica
Diploma sup.
Laurea o Diploma Universitario
19% 17% 79% 80% 2% 3%
Oltre i 54 anni
35-54 anni
18-34 anni
Femmina
20% 16% 76% 77% 4% 7%
Titolo di studio
17% 77% 6%
22% 75% 3%
19% 75% 6%
7% 86% 7%
10% 78% 12%
23% 74% 3%
16% 78% 6%
18% 76% 6%
> 250.000
100.000 - 250.000
30.000 - 100.000
10.000 - 30.000
5.000-10.000
< 5.000 abitanti
Ampiezza
Isole
Sud
Centro
Nord Est
Area geografica Nord Ovest
ITALIA IN COMPLESSO
Molto/abbastanza Poco/per nulla Non indica
17% 77% 6%
Età
ITALIA IN COMPLESSO
Molto/abbastanza Poco/per nulla Non indica
Sesso Maschio
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 63: LA FIDUCIA NEI PARTITI per sesso, età, titolo di studio, area politica, frequenza funzioni religiose, area geografica, ampiezza centri Quanto giudica affidabili i sindacati? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
17% 20% 20% 19% 13% 15% 17% 16% 21% 16% 15% 16% 77% 75% 74% 76% 81% 81% 75% 77% 74% 77% 80% 79% 6% 5% 6% 5% 6% 4% 8% 7% 5% 7% 5% 5%
Fonte: Unicab
75
Molto/abbastanza Poco/per nulla Non indica Fonte: Unicab
76
17% 77% 6%
Umbria
Toscana
Emilia Romagna
Friuli V.G.
Veneto
Trentino A.A.
Liguria
Lombardia
Valle d’Aosta
Piemonte
21% 17% 19% 22% 30% 15% 21% 24% 18% 23% 73% 81% 76% 71% 68% 78% 69% 72% 73% 73% 6% 2% 5% 7% 2% 7% 10% 4% 9% 4%
Sardegna
Sicilia
Calabria
Basilicata
Puglia
Campania
Molise
Abruzzo
Regione
Lazio
17% 77% 6% ITALIA IN COMPLESSO
Molto/abbastanza Poco/per nulla Non indica
Regione
Marche
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 64: LA FIDUCIA NEI PARTITI per Regione Quanto giudica affidabili i partiti? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
16% 18% 15% 17% 13% 10% 19% 15% 14% 15% 78% 77% 79% 76% 80% 83% 78% 79% 80% 82% 6% 5% 6% 7% 7% 7% 3% 6% 6% 3%
Capitolo 3
LA PARTECIPAZIONE
LA PARTECIPAZIONE Nello scenario descritto finora le istituzioni governano l’universo visibile e non la complessa ed articolata percezione che i cittadini hanno di se stessi e dell’universo in cui vivono. L’accelerazione dei processi di globalizzazione economica e giuridica, le profonde trasformazioni dei sistemi economico-produttivi e del lavoro, l’applicazione delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione, hanno incrociato sia la perdita di centralità della funzione politica, sia la domanda di nuovi modelli di rappresentanza, sia una diversa configurazione delle principali istituzioni aggregative e integrative. I processi di deistituzionalizzazione sociale, economica e territoriale, indotti anche dal dispiegarsi degli effetti della globalizzazione, hanno comportato profonde ripercussioni sull’esistenza degli individui, che si sono trovati a sperimentare una diversa declinazione del proprio ruolo politico e sociale, dei propri comportamenti e delle proprie aspettative. E dalla combinazione dei processi, sinteticamente descritti, è derivato un diverso modo degli individui di rapportarsi alle istituzioni politiche, una diversa rappresentazione della cittadinanza politica, soprattutto attraverso la sua manifestazione più evidente, la partecipazione elettorale. In questo contesto, è il ruolo del cittadino-elettore ad essere profondamente cambiato. Finita l’era della corrispondenza, spesso automatica, tra collocazione sociale e scelta politica, le coordinate di flusso degli elettori hanno assunto altre dinamiche ed il comportamento elettorale evidenzia il carattere fluttuante e l’incertezza delle stesse trasformazioni sociali. Fino a pochi anni fa, anche senza arrivare al voto, ciascun partito sapeva di rappresentare una precisa categoria sociale od economica e la società era visibile, politicamente, attraverso il caleidoscopio dell’offerta multipartitica e proiettiva. Il voto era in larga misura voto di appartenenza. Nell’attuale fase di transizione, il rapporto tra collocazione sociale e collocazione politica non ha più gli stessi automatismi, e sono aumentati i fenomeni di distacco dalla politica ed i processi di apatia politica. Inoltre, la domanda di un diverso riassetto del sistema socio-politico e la richiesta di una riconfigurazione delle relazioni fra i diversi livelli di governo politico-territoriale, si accompagna all’accentuarsi delle complesse dinamiche di frammentazione e di crisi della dimensione dell’appartenenza. Si tratta di processi che si sono manifestati nel decennio appena trascorso attraverso il riemergere di identità territoriali particolari o l’intensificarsi dell’affermazione di movimenti aggregativi, come le associazioni ecologiste o i movimenti che perseguono obiettivi determinati. In questo quadro, una quota consistente di elettori vota, senza esprimere una particolare intenzione di appartenenza e senza riferirsi ad un particolare sistema di preferenze ideologiche o ad un piano di valori determinato una volta per sempre. Anche se con ruoli e pesi diversi, i partiti, le istituzioni, le organizzazioni di sindacali, rappresentano strumenti di esercizio politico in grado di incidere sul funzionamento del sistema nel suo complesso. E qui, inevitabilmente, gli incroci sono molteplici. A volte disegnano confini, altre volte evidenziano la loro assenza. In altre parole, la politica ha cambiato i suoi paradigmi, i riferimenti dell’esercizio politico, il suo essere, il luogo in cui viene esercitata.
79
Si stanno sempre più affermando le Local Comunity, comunità in cui il ruolo dei cittadini è sempre più attivo anche se non si esprime più nelle stesse forme e modi attraverso i quali si esprimeva prima. In questo senso parlare di locale ha un valore strategico per diversi fattori: - perché è dal territorio che emergono le nuove istanze; - perché è sul territorio che maturano aspettative e valutazioni; - perché è nel territorio che ciascuno sperimenta la sua socialità in termini di partecipazione. In questi anni c’è stato un grande equivoco: si è discusso a lungo di smantellamento del welfare, di pesantezza e di “gigantismo” dell’offerta di servizi sociali. Si è parlato di deriva individualista, di egocentrismo del cittadino che non voleva più pagare le tasse che servono a finanziare lo Stato sociale. Si è discusso dell’apatia politica come di un male endemico delle società ricche e tecnologiche in cui l’individuo, solo contro tutti gli altri individui, non aveva più tempo né voglia di partecipare. Ma non è meno welfare che i cittadini chiedono ma più welfare: ma un welfare diverso nell’organizzazione e nell’offerta. Così come non è meno politica ma più politica che interessa ai cittadini: ma una politica diversa, che sappia far partecipare e tracciare percorsi di (re)inserimento sociale. Il riposizionamento nella dimensione locale della “voglia di sociale” ha fatto sì che l’osservazione d’insieme non cogliesse il particolare ma soltanto il superficiale. Superficialmente, cioè, le politiche sociali non sono sembrate più adatte a governare una dimensione che oltrepassava i confini nazionali. Pochi si sono accorti che non era vero che i cittadini non avevano più desiderio di “pubblico” e di sociale ma che esso non era più rappresentato dallo Stato ma dal territorio e, quindi, dagli enti locali. Analogamente i cittadini non chiedono meno politica ma più politica e indirizzano la loro domanda ad altri soggetti con valenza sociale: non a caso il 61% degli intervistati ha dichiarato che bisogna interessarsi più di politica per scegliere politici onesti e capaci. E la percentuale di quanti hanno dichiarato che bisogna interessarsi più di politica è più alta della media tra gli uomini (64%) e tra i giovani (66%), tra chi ha un livello di status alto e tra chi risiede nell’Italia settentrionale.
80
Laurea o Diploma Universitario
Diploma sup.
Media inf.
Elementare o senza titolo
31%
29%
33%
29% 33%
31%
19% 28%
37%
39%
61%
64%
58%
66% 61%
57%
76% 66%
53%
42%
8%
7%
9%
6% 10%
19%
35-54 anni
Oltre i 54 anni
Titolo di studio
18-34 anni
Età
Femmina
I politici sono tutti uguali Bisogna interessarsi più di politica per scegliere politici onesti e capaci Non indica
Sesso Maschio
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 65: LA PARTECIPAZIONE POLITICA per sesso, età e titolo di studio Con quale frase è più d’accordo? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
5%
6%
12%
5%
Fonte: Unicab Semmai il problema è un altro: come far partecipare quanti si sentono esclusi, vivono la politica come qualcosa che non li riguarda perché interessa solo chi è “al centro della società”, chi ha uno status alto da mantenere e non diritti da rivendicare. Sono gli apparati della pratica politica quotidiana che si sono ritirati da questo fronte e non i cittadini. Questi hanno sempre più “voglia di politica”, ma di una politica capace di praticare una buona rappresentanza. Cosa che riescono a fare meglio, nello specifico settore di azione, i Sindacati.
I politici sono tutti uguali Bisogna interessarsi più di politica per scegliere politici onesti e capaci Non indica
> 250.000
100.000 - 250.000
30.000 - 100.000
10.000 - 30.000
5.000-10.000
< 5.000 abitanti
Ampiezza
Isole
Sud
Centro
Nord Est
Area geografica Nord Ovest
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 66: LA PARTECIPAZIONE POLITICA per area geografica e ampiezza centri Con quale frase è più d’accordo? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
31% 27% 31% 29% 34% 36% 29% 31% 33% 30% 29% 30% 61% 65% 62% 61% 58% 55% 60% 59% 61% 61% 64% 62% 8%
8%
7% 10%
8% 9% 11% 10%
6%
9%
7% 8%
Fonte: Unicab
81
TABELLA 67: LA PARTECIPAZIONE POLITICA per area politica e livello di status Con quale frase è più d’accordo? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
Centro sinistra
Centro destra
Nessuna delle due
Non sa
Alto
Medio
Basso
Livello di status
ITALIA IN COMPLESSO I politici sono tutti uguali Bisogna interessarsi più di politica per scegliere politici onesti e capaci Non indica
Area politica
31%
23%
31%
48%
33%
19%
28%
38%
61%
71%
61%
44%
48%
77%
67%
49%
8%
6%
8%
8%
19%
4%
5%
13%
Fonte: Unicab D’altronde, come abbiamo già visto, il ruolo dei partiti, come luogo di intermediazione verso le istituzioni è in forte relazione con la capacità (o la possibilità) da parte del cittadino di schierarsi, di collocarsi politicamente. Ma come matura la domanda politica? Per capire meglio questo passaggio dobbiamo tornare al ruolo della politica. Oggi, la straordinaria complessità delle società moderne ci porta a definire la politica come governo di una comunità di individui socialmente (tecnologicamente) determinati. Chi ha interesse a dare una forma di governo alla società? La risposta, inevitabilmente, è: chi si percepisce parte della società stessa. Ecco quindi che lo status definisce anche i caratteri della cittadinanza politica in cui chi dispone dei “mezzi” dispone anche dei “fini”. Per razionalizzare la griglia di interpretazione finora emersa, proviamo a distinguere in due gruppi, ed altrettanti sottogruppi, le tipologie individuate secondo alcuni caratteri sociopolitici. Gli interessati - Si sentono parte attiva della società e della comunità nazionale ed hanno una chiara percezione del proprio ruolo. All’interno di questa tipologia possiamo distinguere: • gli attori, coloro i quali partecipano in prima persona alla vita politica e cercano di condizionarla attraverso scelte consapevoli e mirate; • gli spettatori, coloro i quali non si espongono in prima persona ma si informano e valutano gli effetti delle scelte politiche sulla propria condizione sociale.
82
I disinteressati - Sono cittadini in cui è prevalente il deficit motivazionale. Il loro disinteresse è determinato dalla relazione con la società nel suo complesso e con la comunità nazionale. Possiamo distinguere tra: • gli esclusi, coloro i quali non hanno una chiara percezione del proprio ruolo e vivono spesso una condizione oggettiva di emarginazione sociale. In questi il disinteresse è inconsapevole e deriva dall’assenza di status sociale; • gli esclusivi, coloro i quali hanno una percezione di dimensione sociale diversa e, conseguentemente, non si interessano a ciò che sentono estraneo, lontano e altro dalla propria dimensione. In questi il disinteresse è, spesso, consapevole. Attori o spettatori, poco importa: gli interessati sono consapevoli che l’azione politica ed istituzionale troverà un punto di ritorno nella loro dimensione di individui che si relazionano con gli altri individui. La loro socialità, inevitabilmente, si declinerà con l’azione delle istituzioni, ovunque essi siano, ovunque essi vivano. Se sono attori la promuoveranno, cercheranno di governarla, se si sentono spettatori la osserveranno, cercando di capire la risultanza delle azioni che svolgono senza una chiara e forte coscienza. Se sono esclusivi, e quindi disinteressati, non ci sarà nessun tipo di coinvolgimento, nessuna consapevolezza se non quella del rifiuto. Ma questi soggetti hanno un sistema di protezione, ammortizzatori in grado di reggere l’allontanamento dalle istituzioni politiche, vivono una loro socialità. Ammortizzatori che, al contrario, non hanno gli esclusi, quelli che non godono della cittadinanza sociale e, quindi, della cittadinanza politica. Sono questi che avrebbero bisogno, più di altri, di veder delineati i percorsi di reinserimento, di riscatto. A questi soggetti la politica non offre più percorsi e le istituzioni rappresentano la società delle eguaglianze tra chi ha status sociale. Chi non ha status non ha alcuna forma di rappresentanza.
I politici sono tutti uguali Bisogna interessarsi più di politica per scegliere politici onesti e capaci Non indica
Umbria
Toscana
Emilia Romagna
Friuli V.G.
Veneto
Trentino A.A.
Liguria
Lombardia
Valle d’Aosta
Regione Piemonte
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 68: LA PARTECIPAZIONE POLITICA per Regione Con quale frase è più d’accordo? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
31%
25% 31% 28% 26% 16% 29% 37% 34% 33% 30%
61%
66% 64% 64% 66% 76% 63% 56% 60% 57% 65%
8%
9%
5%
8%
8%
8%
8%
7%
6% 10%
5%
Fonte: Unicab
83
I politici sono tutti uguali Bisogna interessarsi più di politica per scegliere politici onesti e capaci Non indica
Sardegna
Sicilia
Calabria
Basilicata
Puglia
Campania
Molise
Abruzzo
Lazio
Regione Marche
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 68: LA PARTECIPAZIONE POLITICA per Regione Con quale frase è più d’accordo? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
31%
30% 26% 30% 30% 39% 31% 31% 34% 36% 37%
61%
59% 64% 65% 63% 54% 60% 59% 60% 55% 56%
8%
11% 10%
5%
7%
7%
9% 10%
6%
9%
7%
Fonte: Unicab
Figura 1
Gli interessati
Gli attori (Integrati tipo A e B)
Gli spettatori (New entry e scalatori) I disinteressati
Gli esclusivi (Tradizionalisti e mitologici)
Gli esclusi (Espulsi, rassegnati, parcheggiati)
Ne emerge, quindi, una rappresentazione della società caratterizzata da una significativa classificazione funzionale. Attraverso una particolare tecnica di analisi statistica, la cluster analisys, e utilizzando le rilevazioni post-elettorali effettuate dalla Unicab in occasione delle elezioni politiche del 2001 sono stati individuati 9 gruppi con specifiche caratteristiche sociali. Al centro del sistema ci sono gli attori (18,7 milioni di elettori) che si dividono in
84
integrati di tipo A e di tipo B. Tra questi il livello culturale ed il reddito è sopra la media; sono, generalmente, soddisfatti del proprio tenore di vita ed utilizzano con padronanza le nuove tecnologie. Prevalentemente si collocano nella fascia 25-64 anni. Lavorano e hanno un profilo professionale alto o medio alto. Tra questi due gruppi le differenze sono particolarmente significative. Hanno in Comune la fascia d’età di riferimento oltre che la ripartizione tra i sessi (a prevalenza maschile), il profilo lavorativo medio-alto ed il reddito. Figura 2 ANALISI PER CLUSTER DEI COMPORTAMENTI ELETTORALI INTERESSATI DISINTERESSATI ATTORI SPETTATORI ESCLUSI ESCLUSIVI Integrati Integrati New Scala- Espulsi Rasse- Parcheg- Tradizio- Mitotipo A tipo B entry tori gnati giati nalisti logici Sesso Età Lavora Livello culturale livello di ICT Reddito Frequenza lettura quot. Media strategico Soddisfazione del tenore di vita Attivismo politico Attivismo sociale Centrosinistra Centrodestra Altri Non voto
6.999 M>F 25-64 SI (A)
11.669 3.391 6.302 M>F F/M F>M 25-64 18-24 25-44 SI (M/A) NO SI (A) A A A
2.874 3.155 12.729 F>M M>F F>M > 25 18-64 > 45 NO SI (M/B) NO
A M/A M/A
M M M/A
A A M/A
B M/B B
A stampa
M/B TV
M A M/B Radio stampa nessuno
A
M/A
M/A
A
A
M/A
M
A 91,5% 2,3% 1,5% 4,7%
M/B 5,6% 85,7% 2,1% 6,6%
A 44,9% 25,8% 7%% 22,3%
1.475 768 M M 25-64 18-44 SI (M/A) SI (B)
M B M/B
M/B B M/B
M/A M M/A
B M M/A
M/B TV
B TV
B
M
M/B
M/A
B
M
B
M/B
M/B
M/A
M/B
A 34,8% 22,7% 10,1% 32,3%
B 23,8% 14,3% 14,7% 47,2%
B 28,5% 20%% 12,3% 39,2%
M/B 23,6% 20,6% 13,3% 42,5%
M/A 63,7% 13,2% 5,5% 17,6%
B 11,3% 65,1% 5,6% 18%%
A M radio radio e stampa e TV
LEGENDA: F/M = SIA MASCHI CHE FEMMINE - F > M = FEMMINE SUPERIORI AI MASCHI A = ALTO - M = MEDIO - B = BASSO - M/A = MEDIO ALTO - M/B = MEDIO BASSO
Fonte: Unicab, analisi del voto delle politiche 2001
85
Per entrambi l’uguaglianza sociale costituisce il valore fondamentale, ma sono altre le variabili che ne delineano le profonde differenze. Il rapporto con i media ad esempio: il primo gruppo fa dei quotidiani la principale fonte di informazione, mentre il secondo, legge gli stessi con una frequenza medio bassa, preferendo la tv. Ma è anche il modo di vivere la politica che li distingue ulteriormente: gli integrati A hanno un livello di attivismo politico e sociale alto mentre gli integrati B hanno un attivismo politico e sociale più basso. Ma è la scelta politica a distinguere i due gruppi, anche se con un ulteriore punto in Comune: la nettezza dell’adesione politica. Nel gruppo A 7 milioni hanno scelto il centrosinistra (91,5%), nel gruppo B 10 milioni (85,7%) hanno scelto il centrodestra. Rappresentano gli zoccoli duri di entrambi gli schieramenti e l’area del non voto si colloca fra il 4% e il 7%. I gruppi che si avvicinano progressivamente alla centralità sociale sono gli spettatori (9,7 milioni di elettori) che si dividono in scalatori (25-44 anni, livello culturale e di reddito alto, lavorano) e in new entry (18-24 anni, livello culturale alto, reddito medio-alto, studenti o in cerca di lavoro). Entrambe le categorie sono caratterizzate da un alto livello di specializzazione e padronanza delle tecnologie. La quota di astensione è pari al 22,3% tra le new entry e al 32,3% tra gli scalatori. Si allontanano progressivamente dal centro della società gli esclusivi (12,4 milioni di elettori) che si articolano in tradizionalisti e mitologici. Entrambe le categorie vivono una condizione di subalternità che li porta a rielaborare la socialità secondo schemi molto rigidi. I tradizionalisti (25-64 anni) vivono un forte senso di appartenenza a categorie, gruppi, interessi legati culturalmente al passato. Si rapportano con la modernità con un senso di ineluttabilità e hanno una percezione decentrata del loro ruolo pur svolgendo, nella maggioranza dei casi, una professione di livello medio-alto. I mitologici sono prevalentemente giovani maschi, tra i 18 ed i 44 anni, che hanno elaborato una ritualità ed un linguaggio che li rende tra loro fortemente omogenei. Persino il linguaggio assume caratteristiche peculiari, così come i riferimenti culturali e simbolici hanno una forte connotazione evocativa. La percentuale di non voto è tra il 17% e il 18%. Vivono nella periferia sociale gli esclusi (18,8 milioni di elettori) che si dividono in parcheggiati, rassegnati ed espulsi. I parcheggiati sono in prevalenza casalinghe e pensionati con reddito e livello culturale medio-basso. Il tasso di attivismo politico e sociale è basso. Leggono poco i giornali, mentre la TV rappresenta il loro aggancio con il mondo. I rassegnati risiedono prevalentemente nelle aree deindustrializzate ed hanno un profilo lavorativo medio-basso. Il livello culturale è medio mentre il grado di competenza informatica basso. Hanno a cuore la soluzione di problemi come le tasse ed il costo della vita e come valori di riferimento hanno l’uguaglianza sociale ed il denaro. Vivono uno stato di estraneità dalla vita politica e sociale del paese e limitano la lettura di quotidiani, attribuendo alla televisione un ruolo centrale per l’acquisizione d’informazioni. Gli espulsi sono in prevalenza donne oltre i 25 anni, disoccupate o pensionate con reddito e livello culturale molto basso. La soddisfazione rispetto al proprio tenore di vita è particolarmente bassa così come basso è il tasso di attivismo politico e sociale. Tra gli espulsi la percentuale di quanti
86
non hanno votato è stata del 47,2%, tra i parcheggiati del 42,5% e tra i rassegnati del 39,2%. La nuova dimensione di incrocio tra chi è dentro la società (e quindi la politica può rappresentarne i bisogni) e chi è fuori, rovescia le categorie concettuali con cui eravamo abituati a fare i conti nell’analisi politica e sociale. Non solo non c’è più corrispondenza tra collocazione sociale e collocazione politica perché sono cambiati i vecchi riferimenti economici, ma nella società complessa che abitiamo il governo delle complessità è un fattore di inclusione che ha in se l’agire politico stesso. In altre parole chi vive una condizione di disagio (culturale, economico, di ruolo, di funzione) oltre ad essere escluso dall’universo dei mezzi si auto-esclude dalla possibilità di governo della sua condizione. Allo stesso modo si autoesclude chi “si basta”, chi non crede che la politica possa governare il suo universo fatto di mezzi che autogenerano finalità. E questo auto-escludersi dalla politica è l’altro lato di un nuovo modo di fruire della cittadinanza. L’impossibilità di ricondurre la politica in un universo in cui i bisogni si declinano con i mezzi disponibili e determinano gli scopi (perché l’autoreferenzialità della tecnologia ha privato la politica di questa funzione) fa sì che sempre meno il voto esprima un’appartenenza ideologica e un senso storico. Non elaborando scenari prospettici la politica esaurisce la sua funzione in una generica rappresentanza dei bisogni limitata al contingente. A questa offerta di rappresentanza aderiscono coloro i quali l’accesso ai mezzi garantisce l’appartenenza sociale. La scelta allora è funzionale e le dinamiche del consenso, anziché rispondere alle logiche che fin qui hanno governato le logiche politiche, rispondono alle leggi della domanda e dell’offerta. La politica viene, cioè, consumata esattamente come un prodotto. Ma questa è la politica che non piace, da cui progressivamente si stanno allontanando i cittadini. In Italia c’è ancora una debole comprensione di questa particolare fase sociale. I nuovi equilibri tendono a cambiare quelli preesistenti generando una fase di incertezza che si concluderà solo quando un nuovo equilibrio verrà raggiunto. In questo momento i partiti sono pienamente investiti dal cambiamento. Una situazione destinata, però, ad evolversi perché la fase di instabilità, ormai avviata, si protrarrà fino al raggiungimento di un nuovo equilibrio. Ma se questo avrebbe senso se ci fosse alienazione dalla politica, e quindi alienazione dalla cittadinanza, non ha senso se ragioniamo in termini di autoesclusione dei cittadini e quindi di opzione consapevole del proprio diritto politico sancito dalla cittadinanza. Abbiamo individuato quattro stadi, corrispondenti a quattro momenti della storia politica italiana recente: 1. Stabilità (c’è corrispondenza fra collocazione sociale e collocazione politica). 2. Rottura dell’equilibrio (si rompono i vecchi automatismi e si avvia una fase recessiva). 3. Adattamento (si cercano nuovi equilibri, nuovi spazi e nuove caratterizzazioni).
87
4. Il nuovo equilibrio (dopo un periodo di mutamento prevale quello che potremmo definire il darwinismo politico). In questo momento ci troviamo nel secondo stadio, in una fase di recessione politica. I media, attraverso l’impatto esercitato sulle aspettative, hanno colmato il vuoto di una politica tesa al raggiungimento di fini generali, rappresentando le leve più importanti del mutamento culturale, fino ad assumere una dimensione strutturale nella definizione dei rapporti sociali ed un ruolo strategico nella risoluzione dei conflitti politici. Sono diventati i nuovi “fori” dove si esercita la politica. Ma sono anche, per loro natura, luoghi virtuali in cui non ci può essere connessione tra rappresentanza e rappresentazione. E la crescente indeterminatezza dei confini tra media ed istituzioni politiche ed il crescente sentimento di allontanamento dei cittadini da queste, sono le due facce della stessa medaglia. Vi è una sottile linea d’ombra che segna le differenze: all’arretramento degli uni avviene la compensazione attraverso l’avanzamento degli altri. E in questa fluidità di funzioni il voto come delega non determina perentorietà nell’agire politico dei partiti perché la rappresentazione ha preso il posto della rappresentanza, come visione collettiva mediata. E poiché non sono i partiti il luogo in cui avviene la rappresentazione (non ne elaborano i scenari, non producono il sentire) anch’essi, al pari dei cittadini, aderiscono a modelli generati dai mezzi. In questo passaggio stretto, in questo irrigidimento funzionale, la rappresentanza istituzionale trova eco su muri che tracciano barriere sociali. E nella limitazione sembra trovare senso. Ma oltre quei muri, oltre quei confini la società compensa i vuoti: ora attraverso i media, ora attraverso la delocalizzazione degli istituti politici. Ecco, quindi, il territorio come dimensione “reale” e “vitale” dell’essere individui all’interno di una comunità (di individui) che muovono, scelgono, agiscono, in funzione di sé e degli altri. Ed ecco, allora, la fiducia espressa nei confronti del volontariato in quanto espressione diretta, non più mediata, di un senso politico dell’agire. Ecco la fiducia nel Comune in quanto istituzione a portata di orizzonte. Non è meno welfare ma è più welfare. Nel senso più profondo, reale e vitale. Un welfare nuovo non più dimensionato su un livello astratto ma concreto, visibile e funzionale. Non è meno welfare ma è più welfare se la scuola deve essere pubblica, la sanità pubblica, se è meglio pagare più tasse ed avere più servizi. È questo il nord della bussola sociale degli italiani.
88
Capitolo 4
VOGLIA DI SOCIALE
PIÙ TASSE E PIÙ SERVIZI
In complesso Il 64% degli intervistati ha dichiarato che è meglio pagare più tasse ed avere più servizi mentre solo il 22% ha dichiarato che è meglio pagare meno tasse anche se questo comporta una riduzione dei servizi. La percentuale di quanti hanno dichiarato che è meglio pagare più tasse ed avere più servizi è più alta della media tra gli uomini (68%), nella fascia d’età 35-54 anni (66%). Percentuali di quanti hanno dichiarato che è meglio pagare più tasse ed avere più servizi sono, inoltre, superiori alla media nel nord est (65%), nel centro Italia (65%), tra coloro che vivono nei centri tra 100.000 e 250.000 (68%), e nei centri con più di 250.000 abitanti (66%). Percentuali più alte della media sono state registrate tra gli elettori di centrosinistra rispetto a quelli di centrodestra. Tra quanti, invece, non si identificano in alcuna delle due coalizioni la percentuale è inferiore alla media nazionale. La percentuale di quanti hanno dichiarato che è meglio pagare più tasse ed avere più servizi è risultata più alta tra coloro che hanno dichiarato di non partecipare mai alle funzioni religiose rispetto a coloro i quali, invece, hanno dichiarato di parteciparvi regolarmente. La variabile relativa al titolo di studio degli intervistati ha evidenziato che la percentuale di quanti hanno dichiarato che è meglio pagare più tasse ed avere più servizi è più alta tra i laureati (75%) mentre è più bassa tra chi ha un basso livello di scolarizzazione 46%). A livello di singola Regione, percentuali di quanti hanno dichiarato che è meglio pagare più tasse ed avere più servizi significativamente più alte della media, sono state espresse in Valle d’Aosta, in Veneto, in Sardegna, mentre agli ultimi posti risultano il Friuli Venezia Giulia, il Molise, la Puglia.
Laurea o Diploma Universitario
Diploma sup.
Media inf.
Elementare o senza titolo
64%
68%
59%
64% 66%
60%
75% 68%
58%
46%
22%
20%
23%
29% 20%
17%
15% 20%
27%
26%
14%
12%
18%
7%
23%
10% 12%
15%
28%
35-54 anni
Oltre i 54 anni
Titolo di studio
18-34 anni
Età
Femmina
È meglio pagare più tasse e avere più servizi È meglio pagare meno tasse ed avere meno servizi Non indica
Sesso Maschio
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 69: PIÙ TASSE E PIÙ SERVIZI - MENO TASSE E MENO SERVIZI per sesso, età, titolo di studio, area politica, area geografica, ampiezza centri Con quale frase è più d’accordo? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
14%
Fonte: Unicab
91
È meglio pagare più tasse e avere più servizi È meglio pagare meno tasse ed avere meno servizi Non indica
> 250.000
100.000 - 250.000
30.000 - 100.000
10.000 - 30.000
5.000-10.000
< 5.000 abitanti
Ampiezza
Isole
Sud
Centro
Nord Est
Area geografica Nord Ovest
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 69: PIÙ TASSE E PIÙ SERVIZI - MENO TASSE E MENO SERVIZI per sesso, età, titolo di studio, area politica, area geografica, ampiezza centri Con quale frase è più d’accordo? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
64% 63% 65% 65% 62% 64% 60% 63% 63% 63% 68% 66% 22% 23% 21% 20% 25% 18% 26% 21% 23% 21% 18% 18% 14% 14% 14% 15% 13% 18% 14% 16% 14% 16% 14% 16%
Fonte: Unicab TABELLA 70: PIÙTASSE E PIÙ SERVIZI - MENO TASSE E MENO SERVIZI per area politica, frequenza alle funzioni religiose e indicatore di status Con quale frase è più d’accordo? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
Fonte: Unicab
92
Centro sinistra
Centro destra
Nessuna delle due
Non sa
Mai
Qualche volta
Spesso
Frequenza funzioni religiose
ITALIA IN COMPLESSO È meglio pagare più tasse e avere più servizi È meglio pagare meno tasse ed avere meno servizi Non indica
Area politica
64%
71%
62%
57%
52%
66%
64%
62%
22%
17%
25%
22%
25%
23%
21%
22%
14%
13%
13%
21%
23%
11%
15%
16%
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 70: PIÙTASSE E PIÙ SERVIZI - MENO TASSE E MENO SERVIZI per area politica, frequenza alle funzioni religiose e indicatore di status Con quale frase è più d’accordo? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
Alto
Medio
Basso
È meglio pagare più tasse e avere più servizi È meglio pagare meno tasse ed avere meno servizi Non indica
Indicatore di status
64%
73%
69%
55%
22% 14%
16% 11%
19% 12%
26% 19%
Fonte: Unicab
È meglio pagare più tasse e avere più servizi È meglio pagare meno tasse ed avere meno servizi Non indica
Umbria
Toscana
Emilia Romagna
Friuli V.G.
Veneto
Trentino A.A.
Liguria
Lombardia
Valle d’Aosta
Regione Piemonte
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 71: PIÙ TASSE E PIÙ SERVIZI - MENO TASSE E MENO SERVIZI per Regione Con quale frase è più d’accordo? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
64%
63% 68% 62% 64% 65% 67% 61% 62% 63% 66%
22%
25% 18% 23% 17% 28% 21% 18% 20% 21% 22%
14%
12% 14% 15% 19% 7%
12% 21% 18% 16% 12%
93
È meglio pagare più tasse e avere più servizi È meglio pagare meno tasse ed avere meno servizi Non indica Fonte: Unicab
94
Sardegna
Sicilia
Calabria
Basilicata
Puglia
Campania
Molise
Abruzzo
Lazio
Regione Marche
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 71: PIÙ TASSE E PIÙ SERVIZI - MENO TASSE E MENO SERVIZI per Regione Con quale frase è più d’accordo? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
64%
65% 66% 62% 60% 63% 58% 63% 64% 63% 70%
22%
21% 18% 20% 27% 24% 29% 25% 22% 18% 16%
14%
15% 16% 18% 13% 13% 13% 12% 14% 19% 14%
SANITÀ PUBBLICA La protezione degli individui dalle malattie (di tutti gli individui) è da sempre uno dei principali obiettivi del welfare. Eppure sempre più spesso si parla di sanità privata, prescindendo sia dalle verifiche empiriche che mostrano i fallimenti di tutti i casi fondati su modelli privati, sia dai requisiti di un moderno ed efficiente sistema sanitario, che consistono necessariamente in: • copertura universale; • accesso universale; • efficienza; • responsabilità pubblica. In questo senso i dati della nostra ricerca sono inequivocabili: l'80% degli intervistati ha dichiarato di preferire il modello pubblico del servizio sanitario e che quest’ultimo deve essere gestito dalle Regioni mentre solo il 14% ha dichiarato di preferire un modello privato di servizio sanitario e che alle Regioni deve essere riservata solo l’attività di controllo e programmazione La percentuale di quanti hanno espresso il favore per il servizio sanitario pubblico è più alta della media tra i giovani (82%). Percentuali di quanti hanno espresso il favore per il servizio sanitario pubblico sono, inoltre, superiori alla media nel centro Italia (81%), nel sud (81%), tra coloro che vivono nei comuni compresi tra 10.000 e 30.000 abitanti (81%), tra 30.000 e 100.000 abitanti (81%), tra 100.000 e 250.000 (82%), e nei centri con più di 250.000 abitanti (82%). Percentuali più alte della media sono state registrate tra gli elettori di centrosinistra rispetto a quelli di centrodestra. Anche tra quanti non si collocano in alcuna coalizione la percentuale è superiore alla media nazionale. La percentuale di quanti hanno espresso il favore per il servizio sanitario pubblico è risultata più alta tra coloro che hanno dichiarato di non partecipare mai alle funzioni religiose rispetto a coloro i quali, invece, hanno dichiarato di parteciparvi regolarmente. La variabile relativa al titolo di studio degli intervistati ha evidenziato che la percentuale di quanti hanno espresso il favore per il servizio sanitario pubblico è più alta tra i laureati (82%) mentre è più bassa tra chi ha un diploma di scuola media inferiore (78%). A livello di singola Regione, percentuali di quanti hanno espresso il favore per il servizio sanitario pubblico significativamente più alte della media, sono state espresse in Valle d’Aosta, in Liguria e in Umbria mentre agli ultimi posti risultano il Piemonte, il Trentino Alto Adige, l’Abruzzo e la Sardegna.
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Sanità pubblica, gestita dalle Regioni Sanità privata, alle Regioni controllo e programmazione Non indica Fonte: Unicab
96
Oltre i 54 anni
Laurea o Diploma Universitario
Diploma sup.
Media inf.
Elementare o senza titolo
80%
79%
82% 79%
78%
82% 80%
78%
80%
14%
15%
13%
16% 15%
12%
15% 15%
16%
8%
6%
5%
8%
6%
12%
35-54 anni
18-34 anni
Titolo di studio
Femmina
Età
80%
6%
10%
3%
> 250.000
100.000 - 250.000
30.000 - 100.000
5.000-10.000
< 5.000 abitanti
Ampiezza
Isole
Sud
Centro
Nord Est
5%
10.000 - 30.000
2%
Area geografica Nord Ovest
ITALIA IN COMPLESSO
Sanità pubblica, gestita dalle Regioni Sanità privata, alle Regioni controllo e programmazione Non indica
Sesso Maschio
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 72: SANITÀ PUBBLICA - SANITÀ PRIVATA per sesso, età e titolo di studio, area geografica e ampiezza centri Con quale frase è più d’accordo? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
80% 79% 79% 81% 81% 76% 74% 79% 81% 81% 82% 82% 14% 15% 14% 13% 13% 17% 19% 16% 14% 11% 12% 12% 6%
6%
7% 6%
6% 7% 7%
5%
5%
8%
6% 6%
TABELLA 73 SANITÀ PUBBLICA - SANITÀ PRIVATA per area politica e frequenza alle funzioni religiose e indicatore di status Con quale frase è più d’accordo? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
Centro sinistra
Centro destra
Nessuna delle due
Non sa
Mai
Qualche volta
Spesso
80%
91%
68%
81%
77%
85%
79%
78%
14%
7%
24%
12%
11%
11%
15%
15%
6%
2%
8%
7%
12%
4%
6%
7%
Medio
Basso
Indicatore di status Alto
ITALIA IN COMPLESSO È meglio pagare più tasse e avere più servizi È meglio pagare meno tasse ed avere meno servizi Non indica
Frequenza funzioni religiose
ITALIA IN COMPLESSO Sanità pubblica, gestita dalle Regioni Sanità privata, alle Regioni controllo e programmazione Non indica
Area politica
80%
82%
79%
79%
14% 6%
14% 4%
16% 5%
13% 8%
Fonte: Unicab
97
Sanità pubblica, gestita dalle Regioni Sanità privata, alle Regioni controllo e programmazione Non indica Fonte: Unicab
98
Umbria
Toscana
Emilia Romagna
Friuli V.G.
Veneto
Trentino A.A.
Liguria
Lombardia
Valle d’Aosta
80%
76% 85% 79% 85% 76% 80% 79% 80% 82% 84%
14%
17%
6%
7%
4% 12%
3% 11%
6%
5%
4%
Sardegna
6%
Sicilia
6%
Calabria
9% 15% 11% 12% 17% 10% 14% 13% 12%
Basilicata
Puglia
Campania
Molise
Abruzzo
Lazio
Regione Marche
ITALIA IN COMPLESSO
Sanità pubblica, gestita dalle Regioni Sanità privata, alle Regioni controllo e programmazione Non indica
Regione Piemonte
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 74: SANITÀ PUBBLICA - SANITÀ PRIVATA per Regione Con quale frase è più d’accordo? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
80%
79% 80% 76% 79% 82% 82% 83% 82% 77% 76%
14%
15% 13% 15% 13% 12% 14% 11% 12% 17% 18%
6%
6%
7%
9%
8%
6%
4%
6%
6%
6%
6%
SCUOLA PUBBLICA Rispetto alla sanità non si sono registrate significative differenze per quanto attiene la scuola. L’86% degli intervistati ha dichiarato che occorre destinare risorse fondamentalmente per la scuola pubblica mentre solo il 6% ha dichiarato che è preferibile destinare risorse fondamentalmente per la scuola privata. La percentuale di quanti hanno dichiarato che bisogna destinare risorse fondamentalmente per la scuola pubblica è più alta della media tra le donne (80%), tra i giovani (90%) e nella fascia d’età 35-54 anni (88%). Percentuali di quanti hanno dichiarato che bisogna destinare risorse fondamentalmente per la scuola pubblica sono, inoltre, superiori alla media nel centro Italia (87%), nel sud (87%) e nelle isole (91%), tra coloro che vivono nei centri tra 5.000 e 10.000 abitanti (87%) e nei comuni compresi tra 10.000 e 30.000 abitanti (87%). Percentuali più alte della media anche tra gli elettori di centrosinistra e tra quanti non si collocano in alcuna coalizione. La percentuale di quanti hanno dichiarato che bisogna destinare risorse fondamentalmente per la scuola pubblica è risultata più alta tra coloro che hanno dichiarato di non partecipare mai alle funzioni religiose rispetto a coloro i quali, invece, hanno dichiarato di parteciparvi regolarmente. La variabile relativa al titolo di studio degli intervistati ha evidenziato che la percentuale di quanti hanno dichiarato che bisogna destinare risorse fondamentalmente per la scuola pubblica è più alta tra chi ha un diploma di scuola media superiore (87%) mentre è più bassa tra chi ha un basso livello di scolarizzazione (82%).
Oltre i 54 anni
Laurea o Diploma Universitario
Diploma sup.
Media inf.
Elementare o senza titolo
Titolo di studio
80%
84% 87%
87%
82%
18-34 anni
35-54 anni
Età
Femmina
Bisogna destinare risorse per la scuola pubblica Bisogna destinare risorse per la scuola privata Non indica
Sesso Maschio
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 75: SCUOLA PUBBLICA - SCUOLA PRIVATA per sesso, età e titolo di studio, area geografica e ampiezza centri Con quale frase è più d’accordo? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
86%
85%
87%
90% 88%
6%
7%
5%
8%
6%
5%
7%
8%
8%
8%
2%
6%
15%
9%
7%
5%
4%
6%
8%
14%
Fonte: Unicab
99
Bisogna destinare risorse per la scuola pubblica Bisogna destinare risorse per la scuola privata Non indica
> 250.000
100.000 - 250.000
30.000 - 100.000
10.000 - 30.000
5.000-10.000
< 5.000 abitanti
Ampiezza
Isole
Sud
Centro
Nord Est
Area geografica Nord Ovest
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 75: SCUOLA PUBBLICA - SCUOLA PRIVATA per sesso, età e titolo di studio, area geografica e ampiezza centri Con quale frase è più d’accordo? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
86% 84% 83% 87% 87% 91% 84% 87% 87% 85% 84% 86% 6%
8%
7% 4%
6% 4% 9%
5%
6%
6%
5% 4%
8%
8% 10% 9%
7% 5% 7%
8%
7%
9% 11% 10%
Fonte: Unicab TABELLA 76: SCUOLA PUBBLICA - SCUOLA PRIVATA per area politica e frequenza alle funzioni religiose Con quale frase è più d’accordo? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
Fonte: Unicab
100
Centro sinistra
Centro destra
Nessuna delle due
Non sa
Mai
Qualche volta
Spesso
Frequenza funzioni religiose
ITALIA IN COMPLESSO Bisogna destinare risorse per la scuola pubblica Bisogna destinare risorse per la scuola privata Non indica
Area politica
86%
94%
76%
87%
85%
88%
87%
82%
6%
2%
11%
4%
5%
6%
6%
6%
8%
4%
13%
9%
10%
6%
7%
12%
Bisogna destinare risorse per la scuola pubblica Bisogna destinare risorse per la scuola privata Non indica
Umbria
Toscana
Emilia Romagna
Friuli V.G.
Veneto
Trentino A.A.
Liguria
Lombardia
Valle d’Aosta
6%
10%
5%
7%
9% 10%
5%
9%
6%
8%
8%
10%
9%
7%
9%
9% 14% 13%
8%
4%
Sardegna
80% 86% 86% 82% 86% 86% 82% 78% 86% 88%
Sicilia
86%
86%
4%
4%
Calabria
Basilicata
Puglia
Campania
Molise
Abruzzo
Lazio
Regione Marche
ITALIA IN COMPLESSO
Bisogna destinare risorse per la scuola pubblica Bisogna destinare risorse per la scuola privata Non indica
Regione Piemonte
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 77: SCUOLA PUBBLICA - SCUOLA PRIVATA per Regione Con quale frase è più d’accordo? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
89% 87% 85% 90% 89% 85% 90% 89% 91% 88%
6%
6%
2%
7%
7%
6%
6%
7%
5%
4%
4%
8%
5% 11%
8%
3%
5%
9%
3%
6%
5%
8%
Fonte: Unicab
101
Capitolo 5
UNA CERTA IDEA DI WELFARE
COS’È IL WELFARE E COSA DOVREBBE ESSERE Con l’espressione welfare si indica un sistema in cui la funzione di promuovere e garantire il benessere economico e sociale dei cittadini è attribuita allo Stato, nelle sue articolazioni centrali e territoriali. Un primo ostacolo nel parlare di welfare consiste proprio nella difficoltà di delimitarne con precisione gli ambiti e le aree di intervento. Generalmente, dei molti obiettivi di un sistema di protezione sociale, quelli essenziali sono la lotta alla povertà e alla disoccupazione, la redistribuzione del reddito e della ricchezza, la tutela della salute, la sicurezza nell’età anziana e la riduzione dell’esclusione sociale. Il punto è che, nonostante si levino molte voci a chiedere un drastico ridimensionamento (ove non smantellamento) del welfare state, se anche tutte quelle condizioni fossero soddisfatte, ancora ci sarebbe bisogno di istituti in grado di garantire gli individui da vecchi e nuovi rischi e per garantire loro un meccanismo redistributivo lungo tutto il ciclo vitale. Questo implica una sola conseguenza: il welfare continuerà ad esistere, perché continueranno ad esistere le ragioni che ne giustificano la presenza. Se, come evidenziano i dati, i rischi e le ineguaglianze stanno aumentando, allora questo significa che c’è più, e non meno, bisogno di sistemi pubblici di welfare. Inoltre, ampliando i confini di questo schema, la competizione globale in atto richiede l’estensione dei sistemi di protezione, non la loro riduzione. In questo senso si devono leggere i dati relativi a cosa si intende per welfare. Come si vedrà non c’è un “elemento” che traina l’idea di welfare perché il sociale è ciò che quotidianamente sperimentiamo: dalla sanità, alla scuola, dallo sport alla cultura. Infatti il 27% degli intervistati dichiara che quando si parla di welfare ci si riferisce alla sanità, il 15% alla scuola il 12% al lavoro. E via fino ad arrivare ai trasporti, al tempo libero, allo sport e ad altro ancora. Questa classificazione rispecchia fedelmente la nozione più classica, del concetto storico di welfare: prima strumento di realizzazione del diritto alla salute, poi del diritto all’istruzione ed infine del diritto al lavoro. Un ordine che rispecchia quello realizzato nelle prime stesure della Costituzione francese del XVIII secolo, ma che relativizza la concezione tipica del secondo dopoguerra fondata sulla centralità del lavoro, come punto di partenza dello stato di benessere collettivo. Ma la classifica prosegue fino ad esplicitare esigenze, bisogni collettivi nuovi, come la tutela dell’ambiente, le iniziative culturali, la qualità del tempo libero. È evidente, quindi, l’ampiezza dell’idea di welfare che hanno i cittadini. welfare, cioè, non è solo la sanità, o l’assistenza ai disabili. L’idea di welfare è qualcosa di strettamente connesso alla qualità della vita più generale, alle opportunità, ai percorsi di inserimento, ai diritti. Più della metà degli intervistati non ha saputo, però, dare alcuna indicazione (tabelle 78, 79, 80, 81). E questo è l’altro dato importante. La capacità di indicare un tema riferibile all’idea di welfare è strettamente in relazione
105
al titolo di studio (26% tra i laureati) e quindi ai “mezzi” culturali di cui i cittadini dispongono. Conseguentemente la relazione sarà anche con il livello di status. Infatti, tra chi ha un livello alto le mancate risposte sono pari al 25%, tra chi ha un livello medio 46% e tra chi ha un livello basso 68%. Si delinea, quindi, l’idea che chi vive un disagio (ed è l’utente principale delle politiche sociali) è anche colui che ha una conoscenza più bassa dei sistemi di garanzia. Se l’idea di cosa è il welfare oggi è per molti sfumata, la situazione cambia quando ci si riferisce a cosa dovrebbe essere il welfare, quali sono i settori su cui si dovrebbe investire di più in termini di risorse e di attenzioni (tabelle 82, 83, 84, 85). Una quota consistente di cittadini che non si è espressa precedentemente tende a identificare dei settori specifici e la percentuale di mancate risposte scende dal 55% al 35%. Ma un elemento da non sottovalutare nella lettura di tale classificazione è la l’incrocio della variabile geografica con le risposte (tabella. 84). È, infatti, interessante la territorialità dei bisogni sociali che emerge dall’ordine dato dagli italiani ai vari temi. Al Sud e, soprattutto nelle Isole, il lavoro è addirittura al secondo posto della graduatoria, mentre è al Nord che l’assistenza agli anziani rappresenta un tema sociale più rilevante. Cambia anche la graduatoria dei settori da privilegiare. Al primo posto rimangono la sanità e la scuola ma al terzo sale l’assistenza agli anziani mentre le pensioni scivolano dal quarto al nono posto dimezzando le indicazioni. Non perché siano meno importanti ma perché (ed emerge con chiarezza) il welfare nella percezione dei cittadini non è più un prodotto ma un modello sociale con cui si declina la quotidianità. Altro dato da sottolineare è che nel passaggio dall’idea di presente del welfare a quella di futuro la variabile relativa allo status appare meno dicotomizzante. Infatti, tra chi ha un livello alto le mancate risposte sono pari al 19%, tra chi ha un livello medio al 30% e tra chi ha un livello basso al 46%. L’idea di un nuovo welfare basato su criteri più ampi e condivisi, fatto di garanzie e di opportunità, è trasversale a tutte le variabili analizzate. E se una relazione sembra emergere è quella tra aree con alti livelli di servizi e la difficoltà negli intervistati di individuarne di nuovi e specifici. Altro dato da sottolineare, emerso anche in altre parti di questa ricerca, è che chi sta meglio è più disponibile a convenire in una visione sociale più ampia. Ed è proprio questo rovesciamento della visione individualista che deve far riflettere. Non è chi ha bisogno che chiede di più. È chi ha più “mezzi” che aderisce con maggiore convinzione all’idea di welfare come modello di crescita sociale generale. E questo cambio di visione disallinea certe idee diffuse circa l’inadeguatezza del welfare alla società moderna. È esattamente l’opposto. E coerentemente il 91% degli intervistati afferma che è giusto che chi ha redditi bassi o si trova in particolari condizioni di disagio sia protetto e garantito dalla società. Solo il 14% dichiara che in caso di tagli alla spesa pubblica questi devono riguardare anche la parte destinata alle politiche sociali.
106
Media inf.
Elementare o senza titolo
45% 30% 26% 18% 17% 14%
19% 9% 11%
13% 4% 5%
9%
11%
15% 10%
7%
2%
4%
8%
7%
13%
6%
6%
4%
4%
4%
7%
4%
10%
5%
3%
1%
3%
4%
3%
5%
3%
7%
3%
4%
1%
4%
3%
4%
3%
3%
5%
7%
4%
3%
2%
3%
3%
2%
3%
3%
2%
3%
4%
2%
1%
2%
1%
2%
3%
1%
1%
2%
2%
1%
-
2%
2%
1%
1%
2%
1%
2%
2%
1%
1%
2%
1%
2%
2%
2%
1%
2%
2%
1%
1%
1% 3% 2% 1% 1% 1% 1% 1% 8% 10% 51% 46%
1% 1% 1% 7% 59%
3% 2% 2% 1% 1% 1% 1% 1% 1% 2% 1% 1% 13% 9% 6% 26% 48% 62%
1% 1% 5% 77%
27% 15% 12%
29% 13% 16%
25% 16% 9%
31% 30% 18% 18% 13% 16%
9%
14%
5%
7%
7%
8%
6%
5%
6%
4%
2% 1% 1% 1% 8% 55%
3% 1% 1% 1% 1% 1% 1% 1% 11% 6% 44% 59%
35-54 anni
18-34 anni
20% 10% 9%
Femmina
Diploma sup.
Titolo di studio Laurea o Diploma Universitario
Età
Maschio
La sanità La scuola Il lavoro Le pensioni, la previdenza L’assistenza agli anziani I supporti a chi vive un disagio econ. Gli aiuti e supporti per handicap L’assistenza ai malati Le strutture di supporto alle famiglie L’università La formazione professionale La cura e la tutela dell’ambiente La sicurezza personale Le iniziative culturali Lo sport e il tempo libero I trasporti Altro Non indica
Sesso
Oltre i 54 anni
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 78: COSA È IL WELFARE per sesso, età, titolo di studio A suo avviso quando si parla di politiche sociali e di welfare a cosa ci si riferisce? Base: tutti gli intervistati - modalità: risposta multipla
Fonte: Unicab
107
TABELLA 79: COSA È IL WELFARE per area politica e frequenza alle funzioni religiose A suo avviso quando si parla di politiche sociali e di welfare a cosa ci si riferisce? Base: tutti gli intervistati - modalità: risposta multipla
Fonte: Unicab
108
Centro sinistra
Centro destra
Nessuna delle due
Non sa
Mai
Qualche volta
Spesso
Frequenza funzioni religiose
ITALIA IN COMPLESSO La sanità La scuola Il lavoro Le pensioni, la previdenza L’assistenza agli anziani I supporti a chi vive un disagio econ. Gli aiuti e supporti per handicap L’assistenza ai malati Le strutture di supporto alle famiglie L’università La formazione professionale La cura e la tutela dell’ambiente La sicurezza personale Le iniziative culturali Lo sport e il tempo libero I trasporti Altro Non indica
Area politica
27% 15% 12%
34% 19% 15%
22% 13% 10%
25% 12% 15%
18% 10% 8%
36% 19% 16%
26% 14% 11%
24% 14% 13%
9%
11%
8%
9%
4%
10%
8%
9%
7%
7%
7%
6%
4%
7%
7%
7%
5%
6%
5%
5%
2%
6%
5%
4%
4%
4%
4%
4%
2%
3%
3%
5%
4%
5%
4%
2%
1%
4%
4%
3%
3%
2%
4%
2%
1%
2%
3%
2%
2%
3%
1%
-
1%
2%
2%
1%
2%
2%
1%
2%
1%
1%
2%
1%
2%
2%
2%
2%
1%
3%
1%
2%
2% 1% 1% 1% 8% 55%
2% 1% 1% 1% 7% 46%
2% 1% 1% 1% 10% 55%
4% 2% 1% 8% 53%
1% 7% 66%
3% 1% 11% 41%
2% 1% 1% 1% 7% 55%
2% 1% 1% 1% 9% 55%
La sanità La scuola Il lavoro Le pensioni, la previdenza L’assistenza agli anziani I supporti a chi vive un disagio econ. Gli aiuti e supporti per handicap L’assistenza ai malati Le strutture di supporto alle famiglie L’università La formazione professionale La cura e la tutela dell’ambiente La sicurezza personale Le iniziative culturali Lo sport e il tempo libero I trasporti Altro Non indica
> 250.000
100.000 - 250.000
30.000 - 100.000
10.000 - 30.000
5.000-10.000
< 5.000 abitanti
Ampiezza
Isole
Sud
Centro
Nord Est
Area geografica Nord Ovest
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 80: COSA È IL WELFARE per area geografica e ampiezza centri A suo avviso quando si parla di politiche sociali e di welfare a cosa ci si riferisce? Base: tutti gli intervistati - modalità: risposta multipla
27% 33% 30% 27% 21% 18% 26% 26% 29% 24% 24% 30% 15% 16% 19% 17% 11% 12% 17% 14% 15% 12% 16% 18% 12% 14% 11% 11% 12% 14% 9% 10% 14% 13% 13% 15% 9% 13%
9% 8%
6% 7% 7%
9%
8% 7% 14% 12%
7%
7%
8% 7%
6% 6% 6%
7%
6%
7%
7% 8%
5%
5%
4% 5%
5% 6% 5%
4%
4%
8%
3% 5%
4%
3%
4% 3%
4% 3% 3%
3%
2%
7%
3% 3%
4%
4%
5% 3%
4% 2% 4%
4%
3%
4%
2% 4%
3%
3%
2% 2%
3% 3% 3%
2%
2%
3%
3% 2%
2%
2%
4% 1%
1% 1% 4%
1%
1%
1%
1% 2%
2%
2%
2% 1%
1% 2% 2%
2%
1%
1%
2% 3%
2%
2%
2% 1%
3% 1% 1%
-
1%
2%
2% 4%
2% 3% 1% 1% 1% 1% 1% 1% 1% 1% 2% 8% 9% 7% 55% 46% 50%
1% 2% 1% 1% 1% 1% 9% 8% 57% 57%
3% 1% 2% 1% 8% 56%
2% 1% 3% 2% 2% 3% 1% 1% 2% 1% 1% 1% 1% 1% 1% 1% 1% 1% - 2% 8% 7% 8% 8% 10% 11% 53% 56% 49% 53% 55% 44%
Fonte: Unicab
109
La sanità La scuola Il lavoro Le pensioni, la previdenza L’assistenza agli anziani I supporti a chi vive un disagio econ. Gli aiuti e supporti per handicap L’assistenza ai malati Le strutture di supporto alle famiglie L’università La formazione professionale La cura e la tutela dell’ambiente La sicurezza personale Le iniziative culturali Lo sport e il tempo libero I trasporti Altro Non indica Fonte: Unicab
110
27% 15% 12%
Umbria
Toscana
Emilia Romagna
Friuli V.G.
Veneto
Trentino A.A.
Liguria
Lombardia
Valle d’Aosta
Regione Piemonte
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 81: COSA È IL WELFARE per Regione A suo avviso quando si parla di politiche sociali e di welfare a cosa ci si riferisce? Base: tutti gli intervistati - modalità: risposta multipla
30% 27% 35% 30% 26% 33% 27% 29% 25% 21% 16% 12% 15% 18% 6% 24% 16% 16% 15% 10% 13% 7% 15% 14% 9% 14% 9% 10% 11% 10%
9%
14%
8% 13% 13% 13%
9% 13%
6% 10%
7%
7%
8%
9%
8%
6%
3%
8%
8%
8% 9%
9%
5%
7%
5%
4%
4%
5%
4%
5%
3% 5%
6%
4%
2%
5%
4%
2%
2%
4%
4%
6% 4%
4%
4%
4%
1%
4%
2%
1%
7%
4%
3% 4%
4%
3%
2%
4%
3%
3%
3%
2%
3%
2% 3%
1%
2%
1%
1%
2%
2%
-
8%
1%
- 2%
2%
2%
1%
-
3%
-
1%
2%
-
3% 2%
-
2%
1%
-
2%
1%
-
1%
2%
2% 1%
-
2% 1% 1% 1% 8% 55%
2% 5% 3% 2% 1% 2% - 1% 1% 2% 1% - 2% 1% - 2% - 1% - 1% - 3% - 1% - 2% 2% 1% 10% 8% 10% 7% 3% 8% 9% 7% 47% 55% 43% 48% 59% 43% 56% 48%
1% 1% 1% 1% 4% 4% 54% 68%
La sanità La scuola Il lavoro Le pensioni, la previdenza L’assistenza agli anziani I supporti a chi vive un disagio econ. Gli aiuti e supporti per handicap L’assistenza ai malati Le strutture di supporto alle famiglie L’università La formazione professionale La cura e la tutela dell’ambiente La sicurezza personale Le iniziative culturali Lo sport e il tempo libero I trasporti Altro Non indica
Sardegna
Sicilia
Calabria
Basilicata
Puglia
Campania
Molise
Abruzzo
Lazio
Regione Marche
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 81: COSA È IL WELFARE per Regione A suo avviso quando si parla di politiche sociali e di welfare a cosa ci si riferisce? Base: tutti gli intervistati - modalità: risposta multipla
27% 26% 29% 26% 18% 19% 23% 18% 22% 17% 22% 15% 13% 21% 15% 15% 11% 10% 9% 10% 13% 8% 12% 14% 11% 18% 6% 11% 11% 9% 12% 13% 15% 9%
7%
7% 10% 10% 4%
6%
6%
4%
7%
9%
7%
9%
6%
6%
4% 6%
4%
6%
9%
6%
3%
5%
3%
5%
5%
4% 7%
5%
6%
2%
6%
5%
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4%
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3%
3% 5%
4%
5%
5%
3%
2%
4%
7%
2%
2%
3% 4%
3%
5%
4%
2%
3%
3%
2%
2%
-
4% 2%
4%
4%
2%
4%
1%
2%
-
-
-
1% 1%
-
1%
2%
1%
1%
2%
-
1%
1%
1% 1%
1%
1%
2%
2%
2%
2%
1%
2%
-
4% 4%
2%
-
1%
-
2%
2% 2% 2% 2% 1% 2% 3% 1% 1% 3% 4% 1% 1% 1% - 1% 3% 1% - 1% 1% 1% - 1% 1% 4% - 1% 1% 2% 2% 3% 1% - 2% 1% 2% 1% 1% 1% 1% 8% 11% 12% 9% 14% 11% 5% 7% 6% 8% 7% 55% 52% 53% 54% 59% 53% 58% 59% 62% 56% 55%
Fonte: Unicab
111
Fonte: Unicab
112
Media inf.
Elementare o senza titolo
34% 22% 14% 13%
30% 14% 12% 14%
19% 9% 11% 8%
8%
7% 13%
6%
5%
5%
5%
7%
5%
7%
7%
5%
4%
6%
3%
7%
5%
8%
6%
4%
3%
4%
4%
6%
3%
2%
3%
5%
4%
1%
4%
4%
5%
4%
3%
6%
5%
5%
4%
5%
4%
6%
3%
3%
4%
5%
6%
4%
4%
3%
3%
4%
2%
4%
3%
3%
4%
4%
2%
2%
1% 3% 2% 1% 3% 2% 1% 1% 1% 2% 9% 7% 32% 38%
5% 2% 2% 2% 1% 8% 35%
1% 1% 2% 1% 1% 9% 31%
3% 1% 2% 1% 3% 2% 2% 1% 1% 1% 9% 7% 29% 43%
1% 1% 1% 2% 5% 55%
35-54 anni
37% 26% 18% 16%
18-34 anni
27% 14% 18% 12%
Femmina
Diploma sup.
Titolo di studio Laurea o Diploma Universitario
Età
Maschio
La sanità La scuola L’assistenza agli anziani Il lavoro I supporti a chi vive un disagio econ. Gli aiuti e supporti per handicap Le strutture di supporto alle famiglie La cura e la tutela dell’ambiente L’assistenza ai malati Le pensioni, la previdenza La formazione professionale L’università I trasporti La sicurezza personale Le iniziative culturali Lo sport e il tempo libero Altro Non indica
Sesso
Oltre i 54 anni
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 82: LA NUOVA FRONTIERA DEL WELFARE per sesso, età, titolo di studio A suo avviso quali sono i settori di cui le politiche sociali si dovrebbero occupare di più, a quali dovrebbero dedicare più attenzione? Base: tutti gli intervistati - modalità: risposta multipla
31% 19% 14% 13%
31% 16% 14% 15%
32% 20% 13% 11%
34% 20% 9% 14%
34% 22% 14% 14%
7%
7%
7%
5%
6%
5%
7%
5%
4%
4%
2% 2% 2% 1% 1% 8% 35%
1% 3% 2% 2% 3% 2% 1% 2% 2% 2% 6% 9% 39% 21%
TABELLA 83: LA NUOVA FRONTIERA DEL WELFARE per area politica e frequenza alle funzioni religiose A suo avviso quali sono i settori di cui le politiche sociali si dovrebbero occupare di più, a quali dovrebbero dedicare più attenzione? Base: tutti gli intervistati - modalità: risposta multipla
Centro sinistra
Centro destra
Nessuna delle due
Non sa
Mai
Qualche volta
Spesso
Frequenza funzioni religiose
ITALIA IN COMPLESSO La sanità La scuola L’assistenza agli anziani Il lavoro I supporti a chi vive un disagio econ. Gli aiuti e supporti per handicap Le strutture di supporto alle famiglie La cura e la tutela dell’ambiente L’assistenza ai malati Le pensioni, la previdenza La formazione professionale L’università I trasporti La sicurezza personale Le iniziative culturali Lo sport e il tempo libero Altro Non indica
Area politica
31% 19% 14% 13%
35% 22% 15% 15%
30% 17% 14% 12%
32% 18% 12% 12%
24% 12% 10% 10%
38% 21% 14% 17%
30% 17% 14% 12%
30% 20% 14% 13%
7%
9%
6%
7%
4%
9%
7%
5%
6%
7%
5%
7%
4%
5%
6%
6%
5%
5%
6%
6%
4%
5%
4%
6%
4%
5%
3%
3%
1%
6%
3%
3%
4%
5%
5%
2%
4%
4%
4%
5%
4%
5%
4%
4%
2%
6%
4%
4%
3%
3%
3%
3%
2%
4%
3%
2%
2% 2% 2% 1% 1% 8% 35%
3% 2% 1% 1% 2% 8% 29%
1% 2% 4% 1% 1% 8% 35%
1% 1% 3% 2% 1% 8% 35%
2% 1% 1% 1% 1% 3% 52%
2% 2% 1% 2% 1% 10% 29%
3% 2% 3% 1% 1% 7% 37%
1% 1% 3% 1% 2% 8% 36%
Fonte: Unicab
113
TABELLA 84: LA NUOVA FRONTIERA DEL WELFARE per area geografica e ampiezza centri A suo avviso quali sono i settori di cui le politiche sociali si dovrebbero occupare di più, a quali dovrebbero dedicare più attenzione? Base: tutti gli intervistati - modalità: risposta multipla
Fonte: Unicab
114
Sud
Isole
< 5.000 abitanti
5.000-10.000
32% 22% 18% 12%
33% 18% 11% 13%
31% 15% 11% 16%
24% 17% 10% 18%
30% 18% 12% 9%
28% 16% 16% 12%
7%
6%
7%
8%
6%
7%
7%
5%
6%
4%
100.000 - 250.000
Centro
34% 20% 17% 10%
32% 20% 14% 13%
32% 18% 11% 15%
27% 37% 20% 19% 18% 15% 17% 15%
7% 9% 5%
9% 7% 8%
5% 6%
5%
5% 4% 5%
8% 6% 6%
7% 5%
6%
4%
4% 5% 5%
4% 7% 4%
7% 4%
5%
2%
4%
4% 3% 3%
2% 3% 4%
3% 7%
4%
3%
5%
6%
5% 3% 4%
4% 5% 5%
4% 5%
4%
6%
5%
3%
3% 3% 5%
4% 4% 3%
7% 4%
3%
4%
3%
2%
3% 2% 2%
1% 4% 4%
5% 3%
2% 1% 5% 2% 2% 2% 1% 1% 2% 1% 2% 3% 3% 2% 2% 1% 2% 2% 1% 1% 1% 1% 1% 1% 1% 8% 9% 8% 6% 7% 35% 33% 32% 36% 38%
2% 2% 1% 1% 4% 7% 38%
4% 2% - 2% 3% 1% 2% 2% 1% 6% 7% 41% 38%
2% 2% 3% 2% 2% 8% 33%
> 250.000
30.000 - 100.000
Nord Est
31% 19% 14% 13%
10.000 - 30.000
Nord Ovest
Ampiezza
ITALIA IN COMPLESSO La sanità La scuola L’assistenza agli anziani Il lavoro I supporti a chi vive un disagio econ. Gli aiuti e supporti per handicap Le strutture di supporto alle famiglie La cura e la tutela dell’ambiente L’assistenza ai malati Le pensioni, la previdenza La formazione professionale L’università I trasporti La sicurezza personale Le iniziative culturali Lo sport e il tempo libero Altro Non indica
Area geografica
3% 1% 1% 2% 1% 2% 3% 4% 2% 1% 1% 1% 1% 2% 1% 7% 6% 12% 37% 32% 28%
Lombardia
Liguria
Trentino A.A.
Veneto
Friuli V.G.
Emilia Romagna
Toscana
Umbria
31% 19% 14% 13%
Valle d’Aosta
La sanità La scuola L’assistenza agli anziani Il lavoro I supporti a chi vive un disagio econ. Gli aiuti e supporti per handicap Le strutture di supporto alle famiglie La cura e la tutela dell’ambiente L’assistenza ai malati Le pensioni, la previdenza La formazione professionale L’università I trasporti La sicurezza personale Le iniziative culturali Lo sport e il tempo libero Altro Non indica
Regione
34% 31% 20% 17% 14% 15% 9% 8%
33% 20% 20% 9%
34% 21% 11% 13%
30% 10% 11% 11%
32% 24% 17% 12%
30% 18% 16% 12%
32% 23% 21% 13%
32% 17% 13% 13%
26% 19% 13% 8%
Piemonte
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 85: LA NUOVA FRONTIERA DEL WELFARE per Regione A suo avviso quali sono i settori di cui le politiche sociali si dovrebbero occupare di più, a quali dovrebbero dedicare più attenzione? Base: tutti gli intervistati - modalità: risposta multipla
7%
7%
6%
5%
6% 10%
8%
6%
6%
9% 6%
6%
7%
9%
7%
3% 10%
6%
9%
6%
7% 6%
5%
3%
7%
7% 11%
3%
7%
9%
5%
3% 4%
4%
2%
2%
6%
2%
-
2%
3%
2%
3% 3%
4%
4%
3%
3%
3%
2%
4% 10%
4%
7% 11%
4%
9%
4%
5%
4% 11%
4%
4%
5%
4% 3%
3%
1%
3%
6%
3%
2%
3%
4%
2% 4%
2% 2% 2% 1% 1% 8% 35%
1% 2% 2% 4% 4% 2% 3% 3% 1% 9% 7% 35% 35%
1%
1% 6% 3% 9% 2% 1% 3% 1% 2% - 2% 2% 1% 2% 4% - 1% 2% - 4% 3% 2% 2% - 3% 1% 1% 1% 1% 1% - 2% 1% 1% 1% 9% 8% 7% 9% 4% 10% 4% 30% 39% 44% 31% 37% 28% 38%
4% 3% 1% 2% 42%
Fonte: Unicab
115
Fonte: Unicab
116
Sardegna
Calabria
Sicilia
Basilicata
Molise
31% 13% 10% 15%
Abruzzo
26% 10% 14% 15%
Lazio
31% 31% 37% 33% 26% 28% 35% 19% 16% 20% 22% 15% 16% 12% 14% 10% 9% 11% 11% 12% 8% 13% 9% 15% 14% 9% 16% 17%
Marche
Puglia
La sanità La scuola L’assistenza agli anziani Il lavoro I supporti a chi vive un disagio econ. Gli aiuti e supporti per handicap Le strutture di supporto alle famiglie La cura e la tutela dell’ambiente L’assistenza ai malati Le pensioni, la previdenza La formazione professionale L’università I trasporti La sicurezza personale Le iniziative culturali Lo sport e il tempo libero Altro Non indica
Regione Campania
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 85: LA NUOVA FRONTIERA DEL WELFARE per Regione A suo avviso quali sono i settori di cui le politiche sociali si dovrebbero occupare di più, a quali dovrebbero dedicare più attenzione? Base: tutti gli intervistati - modalità: risposta multipla
24% 24% 16% 20% 11% 8% 18% 15%
7%
7%
7%
4%
7%
8%
7%
7%
6%
9%
9%
6%
6%
4%
5%
8%
6%
6%
5%
3%
4%
5%
5%
5%
4%
2%
5%
2%
7%
3%
4%
6%
3%
4%
3%
5%
1%
4%
6%
3%
1%
3%
4%
2%
4%
7%
4%
5%
5%
5%
4%
7%
6%
3%
3%
4%
2%
2%
7%
4%
3%
3%
2%
3%
4%
1%
3%
3%
2%
4%
2%
3%
2%
2%
2%
1%
5%
2% - 3% 2% 3% 1% 1% 2% 2% 1% 2% - 3% - 2% 1% 1% 1% 2% 1% 2% 2% 2% 3% 2% 1% 3% 2% 2% 1% 1% 1% 1% 1% 2% 3% 2% - 1% 1% 1% 1% 1% 1% 1% 2% 6% - 1% 1% 2% 4% 1% 8% 8% 8% 9% 12% 7% 7% 6% 7% 7% 7% 35% 39% 34% 36% 37% 37% 38% 44% 41% 37% 43%
Sì No
Media inf.
Elementare o senza titolo
91% 9%
94% 92% 90% 6% 8% 10%
87% 13%
Centro destra
Nessuna delle due
Non sa
Mai
Qualche volta
Spesso
Indicatore di status
Centro sinistra
Area politica
Diploma sup.
Laurea o Diploma Universitario
92% 92% 8% 8%
Oltre i 54 anni
35-54 anni
18-34 anni
Femmina
92% 90% 8% 10%
Titolo di studio
91% 9%
92% 8%
90% 10%
91% 9%
90% 10%
92% 8%
93% 7%
89% 11%
> 250.000
100.000 - 250.000
30.000 - 100.000
10.000 - 30.000
5.000-10.000
< 5.000 abitanti
Ampiezza
Isole
Sud
Centro
Nord Est
Area geografica Nord Ovest
ITALIA IN COMPLESSO
Sì No
91% 9%
Età
ITALIA IN COMPLESSO
Sì No
Sesso Maschio
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 86: LE GARANZIE SOCIALI per sesso, età, titolo di studio, area politica, farea geografica, ampiezza centri e indicatore di status Chi ha redditi bassi, o si trova in particolari condizioni di disagio ha l’esenzione dai ticket sanitari. Lei ritiene giusto che ci sia questa forma di garanzia sociale? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
91% 92% 87% 93% 91% 92% 89% 90% 92% 92% 91% 92% 9% 8% 13% 7% 9% 8% 11% 10% 8% 8% 9% 8%
Fonte: Unicab
98
117
Sì No Fonte: Unicab
118
91% 9%
Umbria
Toscana
Emilia Romagna
Friuli V.G.
Veneto
Trentino A.A.
Liguria
Lombardia
Valle d’Aosta
Piemonte
92% 95% 92% 94% 89% 88% 89% 87% 90% 94% 8% 5% 8% 6% 11% 12% 11% 13% 10% 6%
Sardegna
Sicilia
Calabria
Basilicata
Puglia
Campania
Molise
Abruzzo
Regione
Lazio
91% 9% ITALIA IN COMPLESSO
Sì No
Regione
Marche
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 87: LE GARANZIE SOCIALI per Regione Chi ha redditi bassi, o si trova in particolari condizioni di disagio ha l’esenzione dai ticket sanitari. Lei ritiene giusto che ci sia questa forma di garanzia sociale? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
92% 95% 89% 94% 91% 89% 91% 92% 93% 89% 8% 5% 11% 6% 9% 11% 9% 8% 7% 11%
Bisogna tagliare anche la parte dei finanziamenti destinata alle politiche sociali Non tagliare la parte dei finanziamenti destinata alle politiche sociali Non indica
Oltre i 54 anni
Laurea o Diploma Universitario
Diploma sup.
Media inf.
Elementare o senza titolo
13%
14%
15% 14%
13%
9%
12%
16%
21%
75%
78%
72%
79% 77%
70%
83% 81%
71%
54%
11%
9%
14%
7% 13%
25%
35-54 anni
18-34 anni
Titolo di studio
Femmina
Età
14%
9%
17%
8%
> 250.000
100.000 - 250.000
30.000 - 100.000
5.000-10.000
< 5.000 abitanti
Isole
Sud
Centro
Nord Est
Ampiezza 10.000 - 30.000
6%
Area geografica Nord Ovest
ITALIA IN COMPLESSO
Bisogna tagliare anche la parte dei finanziamenti destinata alle politiche sociali Non tagliare la parte dei finanziamenti destinata alle politiche sociali Non indica
Sesso Maschio
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 88: I TAGLI ALLE POLITICHE SOCIALI per sesso, età e titolo di studio, area geografica e ampiezza centri Qual è il suo parere? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
14% 14% 14% 13% 16% 14% 14% 16% 14% 16% 12% 11% 75% 76% 75% 78% 72% 74% 73% 71% 77% 72% 77% 81% 11% 10% 11% 9% 12% 12% 13% 13% 9% 12% 11% 8%
Fonte: Unicab
119
Centro destra
Nessuna delle due
Non sa
Mai
Qualche volta
Spesso
19%
14%
13%
13%
14%
14%
83%
72%
73%
62%
79%
75%
73%
7%
9%
13%
25%
8%
11%
13%
Fonte: Unicab
120
Medio
Basso
Indicatore di status Alto
Bisogna tagliare anche la parte dei finanziamenti destinata alle politiche sociali Non tagliare la parte dei finanziamenti destinata alle politiche sociali Non indica
Frequenza funzioni religiose
10%
ITALIA IN COMPLESSO
Bisogna tagliare anche la parte dei finanziamenti 14% destinata alle politiche sociali Non tagliare la parte dei finanziamenti destinata 75% alle politiche sociali Non indica 11%
Area politica Centro sinistra
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 89: I TAGLI ALLE POLITICHE SOCIALI per area politica e frequenza alle funzioni religiose e indicatore di status Qual è il suo parere? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità : una sola risposta
14%
10%
12%
17%
75% 11%
83% 7%
81% 7%
66% 17%
Bisogna tagliare anche la parte dei finanziamenti destinata alle politiche sociali Non tagliare la parte dei finanziamenti destinata alle politiche sociali Non indica
Umbria
Toscana
Emilia Romagna
Friuli V.G.
Veneto
Trentino A.A.
Liguria
Lombardia
Valle d’Aosta
14%
16% 9%
75%
73% 78% 73% 76% 72% 73% 71% 67% 75% 72%
11%
15% 8%
12% 13% 19% 12% 14% 15% 10% 11%
11% 10% 12% 12% 13% 16% 12% 10%
Sardegna
Sicilia
Calabria
Basilicata
Puglia
Campania
Molise
Abruzzo
Lazio
Regione Marche
ITALIA IN COMPLESSO
Bisogna tagliare anche la parte dei finanziamenti destinata alle politiche sociali Non tagliare la parte dei finanziamenti destinata alle politiche sociali Non indica
Regione Piemonte
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 90: I TAGLI ALLE POLITICHE SOCIALI per Regione Qual è il suo parere? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
14%
12% 14% 16% 14% 16% 15% 16% 17% 13% 18%
75%
73% 78% 73% 76% 72% 73% 71% 67% 75% 72%
11%
15% 8%
11% 10% 12% 12% 13% 16% 12% 10%
Fonte: Unicab
121
IL RUOLO DEL TERZO SETTORE Più welfare, più locale. È evidente che la fase di decentramento che si è avviata ha promosso un’idea del servizio pubblico i cui erogatori non sono più solo statali e in cui il sistema pubblico mantiene prevalentemente un ruolo di programmazione e di controllo. L’avvio del processo federalista ha sancito definitivamente il carattere sussidiario delle diverse amministrazioni, anche nella percezione dei cittadini e nel rapporto di questi con le istituzioni. Anche se non deve essere sottovalutato il ruolo centrale dello Stato nel definire i livelli essenziali di intervento indispensabili per garantire una omogeneità di servizi a tutti i cittadini italiani. Il principio di sussidiarietà contiene l’attribuzione di responsabilità pubbliche ai soggetti più vicini ai cittadini, favorendo l’assolvimento di funzioni e compiti di rilevanza sociale. In questa direzione si afferma lo strumento della concertazione attraverso il quale vengono definite le strategie di intervento e promosso il partenariato tra pubblico e privato sociale. E in questa ottica la partnership tra Regioni, enti locali e terzo settore diventa essenziale sia per l’innovazione dei modelli, sia per quel legame virtuoso con i cittadini che abbiamo già visto. Per compiere questo percorso è necessario il coinvolgimento di una pluralità di soggetti all’interno di un sistema di responsabilità condivise, dove il terzo settore è destinato a svolgere un ruolo fondamentale perché radicato nella comunità e vicino alla domanda sociale espressa dal territorio. Se i prossimi anni saranno caratterizzati dal passaggio a una dimensione locale degli interventi sociali le istituzioni dovranno necessariamente rivedere le dinamiche del rapporto con il privato sociale e la cittadina attiva. Ed è quello che chiedono gli italiani. Infatti, il 66% degli intervistati ha dichiarato che le organizzazioni del terzo settore devono essere maggiormente coinvolte nella programmazione e nelle decisioni da prendere, proprio nell’ottica di quel modello sociale a cui hanno fatto riferimento. L’offerta di servizi va, cioè, inserita una politica di programmazione regionale e territoriale (come i piani sociali, i Patti territoriali, gli accordi di programma), che possa definire regole e pratiche che non snaturino il ruolo e i compiti assegnati dal principio di sussidiarietà «orizzontale» alle istituzioni e al terzo settore. D’altronde il terzo settore già rappresenta per molte amministrazioni un soggetto capace di coniugare produzione di servizi e socialità. Un partner insomma nella gestione del welfare locale capace di costruire innovazione e di fornire risposte alla domanda di programmazione e di progettazione della nuova rete dei servizi sul territorio. Ai comuni sono attribuiti i compiti di erogazione dei servizi e delle prestazioni sociali e la progettazione e realizzazione della rete dei servizi sociali. Il coinvolgimento del terzo settore nella costruzione di un modello di welfare mix integrato può avvenire soltanto con l’adozione di nuove metodologie di costruzione delle politiche sociali che vedano direttamente coinvolti le organizzazioni sociali. D’altra parte la concertazione con il terzo settore si è già espressa nel diritto riconosciuto
122
dai principi che ispirano le leggi Bassanini e la legge 328 del 2000 che prevedono la partecipazione attiva del terzo settore ai tavoli di costruzione di piani e progetti per i diversi settori sociali, contribuendo alla conoscenza ramificata del tessuto sociale e dei suoi bisogni Si tratta, cioè, di avviare un processo tra istituzioni, terzo settore e cittadinanza in cui i diversi protagonisti possano trasformare lo strumento della concertazione in un sistema reale che accompagni e risponda alla nuova domanda di sociale espressa dai cittadini.
Coinvolgere le associazioni di volontariato Le decisioni le devono prendere gli assessori competenti Non indica
Oltre i 54 anni
Laurea o Diploma Universitario
Diploma sup.
Media inf.
Elementare o senza titolo
66%
65%
69% 71%
58%
73% 71%
61%
48%
26%
28%
23%
27% 22%
28%
23% 24%
27%
29%
5% 11%
23%
7%
14%
4%
> 250.000
100.000 - 250.000
5.000-10.000
< 5.000 abitanti
Ampiezza
Isole
Sud
Centro
Nord Est
Area geografica
30.000 - 100.000
4%
10.000 - 30.000
6% 11%
Nord Ovest
9%
35-54 anni
18-34 anni
Titolo di studio
Femmina
Età
66%
ITALIA IN COMPLESSO
Coinvolgere le associazioni di volontariato Le decisioni le devono prendere gli assessori competenti Non indica
Sesso Maschio
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 91: IL COINVOLGIMENTO DEL NON PROFIT per sesso, età e titolo di studio, area geografica e ampiezza centri A suo parere le Istituzioni dovrebbero coinvolgere le associazioni di volontariato nelle decisioni da prendere in merito alle politiche sociali o è meglio che le valutazioni rimangano competenza esclusiva degli Assessori competenti? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
66% 66% 66% 65% 67% 63% 66% 67% 66% 63% 62% 68% 26% 26% 26% 25% 24% 28% 26% 24% 26% 26% 29% 24% 9%
9%
8% 10%
9% 9% 8% 10%
8% 11% 10% 8%
Fonte: Unicab
123
TABELLA 92: IL COINVOLGIMENTO DEL NON PROFIT per area politica e frequenza alle funzioni religiose e indicatore di status A suo parere le Istituzioni dovrebbero coinvolgere le associazioni di volontariato nelle decisioni da prendere in merito alle politiche sociali o è meglio che le valutazioni rimangano competenza esclusiva degli Assessori competenti? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità : una sola risposta
Centro destra
Nessuna delle due
Non sa
Mai
Qualche volta
Spesso
73%
60%
66%
57%
66%
67%
63%
26%
20%
32%
24%
26%
26%
25%
26%
9%
7%
8%
11%
17%
8%
8%
11%
124
Medio
Basso
Indicatore di status Alto
ITALIA IN COMPLESSO
Centro sinistra
66%
Coinvolgere le associazioni di volontariato Le decisioni le devono prendere gli assessori competenti Non indica Fonte: Unicab
Frequenza funzioni religiose
ITALIA IN COMPLESSO Coinvolgere le associazioni di volontariato Le decisioni le devono prendere gli assessori competenti Non indica
Area politica
66%
72%
72%
57%
26% 9%
25% 3%
23% 5%
28% 15%
Coinvolgere le associazioni di volontariato Le decisioni le devono prendere gli assessori competenti Non indica
Umbria
Toscana
Emilia Romagna
Friuli V.G.
Veneto
Trentino A.A.
Liguria
Lombardia
Valle d’Aosta
26%
30% 30% 25% 19% 27% 23% 32% 27% 22% 26% 10%
6%
7% 12% 10%
9% 10%
7%
9% 10%
Sardegna
Basilicata
Puglia
Campania
Molise
Abruzzo
Lazio
Regione Marche
9%
Sicilia
59% 64% 68% 70% 64% 69% 58% 67% 69% 64%
Calabria
66%
ITALIA IN COMPLESSO
Coinvolgere le associazioni di volontariato Le decisioni le devono prendere gli assessori competenti Non indica
Regione Piemonte
ITALIA IN COMPLESSO
TABELLA 93: IL COINVOLGIMENTO DEL NON PROFIT per Regione A suo parere le Istituzioni dovrebbero coinvolgere le associazioni di volontariato nelle decisioni da prendere in merito alle politiche sociali o è meglio che le valutazioni rimangano competenza esclusiva degli Assessori competenti? Base: tutti gli intervistati = 100% - modalità: una sola risposta
66%
67% 62% 66% 71% 69% 68% 69% 61% 63% 64%
26%
23% 28% 24% 21% 23% 24% 24% 27% 29% 28%
9%
10% 10% 10%
9%
9%
8%
8% 12%
9%
8%
Fonte: Unicab
125
Capitolo 6
UNA CERTA IDEA DI MODERNITA’
UNA CERTA IDEA DI MODERNITÀ Ogni epoca può, a suo modo, definirsi “moderna”. Almeno ogni epoca che ha memoria del proprio passato e consapevolezza di rappresentare un sistema sociale, culturale e politico diverso da quello precedente. Quella della Roma imperiale è stata, ad esempio, un’epoca moderna, rispetto a quelle precedenti. Ma “moderni”, probabilmente, si saranno sentiti anche i cittadini che hanno vissuto il declino dell’impero e quelli che ne hanno, successivamente, vissuto la caduta. Né l’ascesa, né il declino, né la caduta di una civiltà come quella romana, sicuramente hanno evocano, ai testimoni del tempo, il senso di appartenere al passato. Gli storici, però, identificano la modernità riferendosi ai modi di vita e di organizzazione sociale che si affermarono in Europa verso il XVII secolo ed estero la loro influenza, successivamente, in gran parte del mondo. Il concetto di modernità ha, quindi, dei riferimenti ben definiti: un luogo d’origine (l’Europa), un tempo (il XVII secolo) e un carattere (la discontinuità rispetto all’organizzazione sociale precedente). Se il luogo e il tempo appaiono elementi congiunturali alla definizione del concetto di modernità altrettanto non si può dire circa il carattere di discontinuità. L’idea che la storia sia segnata da discontinuità è molto diffusa e ha caratterizzato gran parte delle correnti di pensiero marxiste. Ma la discontinuità che c’è dietro la “modernità” è diversa rispetto a quella di qualsiasi altra epoca. Sia per estensione che per intensità, infatti, l’epoca moderna ha prodotto mutamenti che hanno trasformato profondamente l’idea stessa di società. I modi di vita introdotti dalla modernità hanno cambiato l’ordinamento sociale in modo del tutto nuovo, determinando forme di connessione e interdipendenza che hanno progressivamente interessato l’intero pianeta. Queste trasformazioni hanno riguardato non solo la società nel suo complesso ma anche l’individuo negli aspetti più intimi e personali dell’esperienza quotidiana. I cambiamenti avvenuti nel corso degli ultimi tre secoli (un tempo brevissimo misurato con l’orologio della storia) sono stati così profondi e universali che anche la conoscenza delle epoche precedenti è di scarso aiuto nel cercare di interpretarli. Quattro aspetti caratterizzano la discontinuità delle società moderne con quelle tradizionali. Il primo aspetto riguarda la velocità delle trasformazioni che caratterizzano l’era moderna. Il ritmo con cui si susseguono i cambiamenti, infatti, non ha paragoni con le epoche precedenti. Le accelerazioni determinate dalle nuove scoperte scientifiche e tecnologiche rappresentano solo l’aspetto più visibile, ma la velocità dei mutamenti interessa tutte le sfere dell’esistenza. Il secondo aspetto riguarda l’interdipendenza e la reciprocità che interessano aree sempre più vaste: ogni attivazione in un luogo del pianeta produce effetti su tutte le altre aree. Il terzo aspetto riguarda la natura delle organizzazioni sociali e politiche che non ha riscontri con altre epoche (è il caso, ad esempio, dello stato-nazione). Il quarto, ed ultimo aspetto, infine, si riferisce all’assoluta dipendenza della produzione da fonti energetiche diverse da quelle riconducibili all’uomo o agli animali.
129
Velocità, interdipendenza, nuove organizzazioni sociali e politiche, nuove fonti energetiche, rappresentano i caratteri che distinguono l’era moderna da tutte le altre. Ma c’è un quinto aspetto che solo da poco le scienze umane si sono incaricate di indagare e riguarda l’idea di rischio. L’idea di rischio è strettamente connessa all’idea di modernità e l’origine stessa del concetto coincide con la nascita dell’era moderna. Furono i primi esploratori occidentali a definire “rischiosa” la navigazione in mari sconosciuti. E se originariamente l’idea di rischio faceva riferimento allo “spazio” (il mare sconosciuto) solo più tardi venne utilizzata con riferimento al “tempo” per indicare le conseguenze probabili di un investimento. Col passare degli anni e l’ampliamento delle conoscenze che consentono di elaborare nuovi scenari, l’idea di rischio ha allargato i riferimenti a varie situazioni di incertezza che hanno a che fare col futuro. All’idea di rischio si accompagna sempre l’idea di incertezza e non si può definire rischiosa una decisione i cui effetti sono assolutamente sicuri. Se, ad esempio, un paracadutista si lancia dall’aereo e decide di non aprire il paracadute compie una scelta il cui risultato è certo. Il fatto che rimanga vivo prima dell’impatto con la terra non aumenta le sue probabilità di sopravvivenza finali. Ma se il paracadutista decide di aprire il paracadute, si attiva una situazione di rischio le cui probabilità sono positivamente valutate prima del lancio. Gli antichi non conoscevano il concetto di rischio. Cercavano gli auspici degli dei, i segnali premonitori nelle stelle, laddove oggi si utilizza l’idea di rischio, anche se molti di questi rituali magici sono giunti fino ai nostri giorni. Basti pensare ai riti scaramantici dei scommettitori d’azzardo le cui decisioni hanno molto a che fare con le probabilità insite nel gioco e assai poco con l’astrologia ma, ciononostante, tali rituali fanno parte, ancora oggi, di un certo modo di vivere il gioco. Il concetto di rischio è presente solo nelle civiltà orientate al futuro, che vedono “il futuro proprio come un territorio da conquistare o da colonizzare” (A. Giddens), che cercano di determinarlo, anziché lasciarlo alla superstizione, alla tradizione o alla fatalità degli eventi esterni. Poiché è normale cercare di ridurre il rischio di eventi negativi, si spiega come mai, fin dalle origini, l’idea di rischio si è accompagnata a quella di assicurazione. Con l’assicurazione una comunità di individui valuta la dimensione del rischio di ogni singolo individuo e lo condivide reciprocamente tra tutti gli appartenenti alla comunità. Il vantaggio è duplice: da un lato ogni singolo individuo riceve, in caso di evento negativo, un “risarcimento” (in servizi o in denaro) che compensa, in tutto o in parte, l’assunzione del rischio; dall’altro lato ciascun membro della comunità si assume una quota dei rischi di tutti gli altri membri della comunità che sarà, comunque, minore al rischio individuale. Naturalmente chi assicura starà bene attento a valutare le probabilità che un rischio si trasformi in evento negativo (e quindi risarcibile) e ad evitare di assicurare per lo stesso rischio tutti gli appartenenti alla comunità (poiché sarebbe impossibile risarcirli tutti). Quando si parla di assicurazioni non bisogna pensare soltanto alle società commerciali. Il welfare state, le cui origini risalgono alle poor laws inglesi, è infatti, un sistema di gestione del rischio.
130
L’assicurazione è possibile solo se si crede in un futuro creato dall’uomo e sotto questo punto di vista la scienza ha dato significative risposte. La transazione dalla funzione salvifica della religione a quella della scienza, infatti, ha dato un nuovo valore all’idea di rischio poiché se la scienza ha aperto nuove prospettive all’uomo, rendendolo artefice del proprio destino, il rischio ne orienta le scelte verso un orizzonte di possibilità positivamente valutate. Se accettiamo l’idea che l’uomo è artefice del proprio futuro, e che la valutazione del rischio è uno dei mezzi per realizzarlo, ne consegue che il rischio non risiede più solo all’esterno dell’uomo ma anche al suo interno. L’uomo moderno è, cioè, al tempo stesso artefice del futuro e origine dei rischi che derivano dal tentativo di realizzarlo. Anthony Giddens 3 distingue tra external risk (rischio esterno) e manufactured risk (rischio costruito). Per il noto sociologo nel rischio esterno rientrano tutti i rischi provenienti dagli elementi fissi della natura e dalla tradizione; nel rischio costruito rientrano, invece, i rischi riconducibili all’impatto sul mondo della conoscenza manipolatoria dell’uomo moderno. I rischi ambientali derivanti dall’inquinamento rientrano, ad esempio, in questa seconda categoria. Nelle società pre-moderne l’uomo cercava di propiziarsi gli auspici della natura attraverso rituali religiosi o magici, attribuendo al fato, gran parte delle calamità che lo affliggevano. In tempi recenti l’uomo ha smesso di preoccuparsi di ciò che la natura può fargli per concentrarsi su quello che lui stesso sta facendo alla natura. La questione di come governare la natura, infatti, non è più centrale e se prima la domanda che aveva accompagnato per millenni l’uomo era come dominare la natura, oggi la questione è come governare la conoscenza che ha dominato la natura. E sotto questo punto di vista si è chiuso un ciclo che ha cambiato l’orizzonte speculativo. Il passaggio dalla prevalenza del rischio esterno al rischio costruito, infatti, ha cambiato inevitabilmente l’idea stessa di rischio e di “assicurazione”, inglobando via via aspetti importanti che potremmo definire con il termine “qualità della vita”. Il concetto di welfare oggi, infatti, comprende anche aspetti immateriali (stato di salute, relazioni sociali, ambiente, tempo libero, cultura) più direttamente collegati a una percezione soggettiva dei cittadini. Lo sviluppo sostenibile, tema negli ultimi anni al centro delle problematiche sulla crescita economica, viene definito come lo sviluppo nel presente che non comprometta le possibilità delle generazioni future di soddisfare i loro bisogni. Una definizione particolarmente interessante di sviluppo sostenibile, è quella fornita dal governo inglese: lo sviluppo sostenibile è quello che “assicura una migliore qualità della vita di ognuno ora e per le generazioni a venire”. Ne deriva il perseguimento di quattro obiettivi: progresso sociale, protezione dell’ambiente, uso accorto delle risorse naturali e mantenimento di alti e stabili livelli di crescita economica. È evidente, quindi, che il concetto di welfare ha espanso le sue valenze e i suoi riferimenti imponendo la necessità di progettare sistemi in grado di soddisfare simultaneamente esigenze diverse in un continuo adattamento alle trasformazioni sociali. –––––––––– 3 Anthony Giddens, Il mondo che cambia, il Mulino, Bologna 2000.
131
Capitolo 7
NOTA METODOLOGICA
NOTA METODOLOGICA Lo studio che andiamo a presentare muove da un intento preciso: quello di realizzare un contributo sostanziale ed originale alla discussione pubblica intorno alla crisi del concetto e alle modalità di applicazione del welfare in Italia. Il nostro tentativo è quello di operare una rivoluzione copernicana in tema di ri-definizione dei ruoli sociali che danno forma all’idea stessa di welfare, attraverso un’analisi dei bisogni del cittadino e alla rappresentazione sociale del concetto stesso di “benessere collettivo”. A partire dalla sua introduzione nella storia socio-economica, la nozione tecnica di welfare, ha vissuto periodiche rivisitazioni concettuali in tutti i paesi di sua applicazione e oggi ne stiamo vivendo un’ulteriore, quanto mai opportuna.Si tratta di un concetto ora, più che mai nella storia, oggetto di una fitta riflessione internazionale perché crocevia teorico e pratico, baricentro del mutamento sociale globale in atto negli ultimi due decenni. Il welfare costituisce, infatti, il banco di prova della funzionalità delle società complesse e alla luce degli stravolgimenti sociali sotto gli occhi di tutti, esso rappresenta la prova del nove per qualsiasi realtà sociale organizzata che voglia considerarsi “avanzata”. Se il welfare state è il denominatore Comune delle società contemporanee esso ha rappresentato, nella riflessione sociologica degli ultimi decenni, un elemento straordinariamente utile nella comparazione delle diverse società che lo hanno realizzato. Fino a questo momento gli studi sociali, infatti, hanno guardato al welfare come strumento per l’interpretazione delle differenze tra le società nelle quali esso esiste come strumento effettivo d’assistenza pubblica. Oggi, l’associazione Nuovo welfare e la Unicab si sono proposte, invece, di analizzare tale sistema dal punto di vista dei destinatari dell’azione assistenziale, i cittadini. Origine e, insieme, fine ultimo di questo grande organismo di coordinamento carico di significati simbolici che è il welfare state. È evidente che trattando di sociale non potevamo non incrociarne la sua complessità. Non è possibile, infatti, studiare le dinamiche delle società moderne prescindendo dalla loro insita complessità. Si è proceduto, quindi, a inserire gli elementi rilevati in un quadro complessivo che tenesse conto di strutture macrosociali predefinite, poiché leggere una realtà alla luce di temi generali aiuta a definirne meglio i confini o la loro eventuale assenza. È altrettanto evidente che nel nostro lavoro non potevamo evitare il tema della globalizzazione. Se con questo termine s’intende l’intensificazione dei rapporti sociali planetari che avvicina località lontane tra loro, ne deriva l’idea che gli eventi locali siano condizionati inevitabilmente da altre situazioni attive a chilometri di distanza e che, di contro, l’andamento generale risenta di ciò che accade localmente. Questo processo di riduzione del rapporto spazio temporale nasce e si alimenta sia dal progresso tecnologico e dalle dinamiche economiche
135
(Wallerstein). Ne consegue l’idea che una realtà locale non possa prescindere dal panorama globale, poiché nell’ambito di un’analisi sociologica che miri alla definizione di un preciso disegno descrittivo, occorre procedere verso un tentativo d’inserimento del disegno in un quadro più generale, che tenga conto dell’andamento di fenomeni più complessi. Tale approccio muove dalla condivisione del pensiero di Anthony Giddens in base al quale i cambiamenti in ambito locale rappresenterebbero “l’estensione laterale delle connessioni sociali nel tempo e nello spazio”. Qualsiasi studioso di fenomeni sociali, secondo il noto sociologo, è pienamente consapevole del fatto che ciò che accade nell’ambito locale potrebbe essere influenzato da fattori che prendono forma in luoghi molto lontani. Avvicinamento ed interdipendenza costituiscono, infatti, lo scenario dell’idea di “globalizzazione”. Occorre precisare il fatto che tale teoria non sia da interpretare in modo unidirezionale (seguendo il principio lineare di AZIONE/REAZIONE), bensì tenendo conto che le conseguenze dell’accadimento di determinati fenomeni non seguono ad essi in modo necessariamente univoco, (ed anche qui si ripete il senso della duplicità ermeneutica) ma possono assumere direzioni anche contrarie o ritornare ad influenzare le cause (ora effetti) che le hanno generate. Ci si riferisce, ad esempio, al caso di un avvenimento positivo in un determinato luogo del pianeta, conseguenza di un evento svantaggioso per un'altra comunità sociale e che, a sua volta, potrebbe tornare a condizionare la “negatività” dell’evento che lo ha generato. Tra gli aspetti caratteristici del mondo globalizzato vi sono, quindi, la compressione sul piano temporale, intesa come rapidità di collegamenti e la dilatazione spaziale, come abbattimento dei confini fisici. Questi due elementi forniscono, contemporaneamente, l’avvio sia verso la progressiva limatura del nazionalismo tradizionale che verso il rafforzamento di tale fenomeno in forme nuove. Se, infatti, siamo artefici e testimoni della realizzazione di progetti di unificazione, lo siamo altrettanto nei confronti del proliferare di disegni strutturati in chiave federalista, sempre più sentiti ed organizzati. Tali tendenze proseguono parallelamente in modo evidente e sono il prodotto inevitabile del processo di globalizzazione. L’unificazione, l’avvicinamento e l’interdipendenza hanno maturato nell’uomocittadino un senso di “disorientamento” ed il desiderio di “riappropriarsi” del contatto diretto con l’istituzione attraverso la rivendicazione di uno spazio di manovra direttamente percepibile. L’effetto duplice della globalizzazione fa in modo che i sistemi collettivi, necessitino di un processo di ri-collocazione, che riesca a sviluppare, insieme, una certa ampiezza di movimento ed una parallela resistenza al senso di smarrimento che può arrivare nel caso che si ragioni sulla esilità dei confini dell’agire umano, anch’esso sempre da ri-definire. Il tentativo di ri-aggregazione sul piano locale delle dimensioni vitali per l’individuo diventa, quindi, manifestazione del desiderio di ri-acquisizione del proprio spazio e del proprio tempo. L’individuo moderno è consapevole dell’inevitabile confronto con l’altro, il quale non è più solo il vicino ma, anche, il lontano ed il lontanissimo che sono, ora, diventati il
136
nuovo “prossimo” (termine usato secondo la sua significato spaziale). Ed ecco che si comincia a parlare d’individuo globale, l’uomo che ha cominciato ad assumere un ruolo attivo nei confronti del mondo, perché conscio del confronto con luoghi non più distanti, anche perché “mediaticamente” percettibili. Come precedentemente illustrato, l’intenzionalità e l’estensionalità tipiche delle tendenze globalizzanti moderne fan sì che gli uomini si confrontino con sistemi generali e che questo determini trasformazioni su più piani: quello locale e quello globale. Questo annegare dell’uomo contemporaneo in un mare d’esperienze da ridefinire, unito alla complessità del mondo ri-scoperto, fanno sì che egli viva un’esistenza del tutto nuova rispetto al passato. L’uomo moderno (o post-moderno), infatti, ha subito antropologicamente un’autentica metamorfosi. Essa si fonda sull’acquisita libertà del “chi o cosa” essere: abbandonato l’obbligo di aderire ad una traccia di vita già scritta dalla società tradizionale e tradizionalista, l’individuo è in un certo senso vittima della sua stessa libertà di scelta. Non è più incastrato in ruoli sociali predefiniti e se da un lato è svincolato nei suoi orientamenti, dall’altro e più confuso perché ha di fronte una molteplicità di possibilità di scelta. La letteratura sociologica è ricca di analisi sul rapporto tra individuo e modernità e sul conseguente ruolo assunto dall’uomo nel panorama globale. La celebre teoria simmeliana, che vorrebbe l’individualità concessa ai membri di un gruppo direttamente proporzionale all’ampiezza dello stesso, apre la strada all’idea che il margine d’autonomia acquisito dall’individuo sia quanto mai ampio nella società moderna. Ma è proprio questa larghezza d’orizzonti a catapultare l’uomo in una dimensione che solo ora comincia a leggere con cognizione di causa. Dinanzi allo scenario che abbiamo descritto, molteplice e intrinsecamente complesso, il processo descrittivo della società sarebbe risultato infruttuoso se non avesse tenuto in considerazione la sua multidimensionalità. È per questa ragione che il lavoro che presentiamo muove dall’analisi della società come essa si percepisce, nella sua interezza e nelle sue specificità. Le dinamiche strutturali che caratterizzano l’Italia (studiate attraverso l’analisi dei dati registrati da enti e istituti pubblici) rappresentano il quadro di riferimento all’interno del quale il cittadino ha percezione di sé, delle sue relazioni con gli altri individui e con l’ambiente che abita. Abbiamo, però, voluto evitare un gioco di specchi ponendo la società e gli individui l’una di fronte agli altri perché, proprio come due specchi che riflettono la stessa immagine, avremmo avuto un effetto stupefacente ma illusorio, senza orizzonti e con profondità virtuali. Nell’impostazione che abbiamo dato al lavoro gli individui sono il centro dell’ecosistema che abbiamo voluto rappresentare, lo determinano e lo caratterizzano perché solo attraverso l’analisi delle relazioni è possibile descrivere i tracciati di decodifica della società. La sociologia non va intesa più, sic et simpliciter, solo come lo studio della società nel suo complesso bensì, anche e soprattutto, come lo studio delle relazioni tra individui e dell’individuo con la società. D’altronde è su questi metodi che l’analisi sociologica moderna
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ha trovato le sue chiavi interpretative. La sociologia non è più, cioè, lo studio della società nel suo complesso ma delle relazioni tra individui e dell’individuo con la società. Ed in questo schema nulla è apparente, ed anche laddove la contraddizione è evidente, è solo il manifestarsi della duplicità del reale. Porre l’individuo al centro del processo sociale, al centro del microcosmo in cui è vive e si relaziona non vuol dire alienarlo dal panorama globale. Al contrario, significa misurare la società non più in astratto ma attraverso l’insieme di singoli individui che muovono, agiscono, scelgono in funzione di sé e degli altri. La multidimensionalità e la duplicità sono variabili ricorrenti di questo approccio, ma sono anche variabili di risultanza, prodotti di ricodifiche: non esistono in natura se non attraverso aggregazioni. Ma se questo è il condotto delle società moderne, questo è, forse, l’unico percorso possibile.
Gli strumenti di indagine e di analisi Punto di partenza del percorso di ricerca è rappresentato dall’analisi delle dinamiche strutturali. A tal fine è stato fatto un lavoro propedeutico alla rilevazione facendo ricorso alle numerose banche dati pubbliche. Tra le molte segnaliamo l’Istat, la Banca d’Italia e la Società Geografica Italiana. Per l’indagine sulla percezione dei cittadini si è fatto ricorso allo strumento della rilevazione telefonica.4 Le interviste telefoniche sono apparse come la soluzione ottimale, in quanto consentono di raggiungere qualsiasi punto del territorio nei tempi e nelle quantità volute, consentono il sicuro ed assoluto rispetto delle soglie campionarie previste e garantiscono, per tutti gli aspetti dell’indagine, identico margine di affidabilità statistica dei dati rilevati. Inoltre, l’utilizzo di un sistema di interviste centralizzato e gestito con l’ausilio del computer (Sistema C.A.T.I.) offre la possibilità di gestire i campioni in modo coerente e con cadenze di intervista alle date prefissate. e il campione è stato articolato per variabili demosociali (sesso, età, titolo di studio) e per variabili territoriali (Regione e ampiezza centri). Considerato l’obiettivo specifico dell’indagine, si è resa evidente la necessità di fare ricorso ad un campione che riproducesse fedelmente e significativamente la realtà italiana.
–––––––––– 4 L’universo cui si riferisce la ricerca è quello della popolazione maggiorenne italiana. La ricerca è stata realizzata attraverso una rilevazione telefonica assistita dal computer (con Sistema C.A.T.I.) su un campione rappresentativo articolato per sesso, età, titolo di studio, Regione e ampiezza centri. Complessivamente sono state effettuate 20.182 soggetti. Le interviste sono state effettuate nel periodo che va dal 3 febbraio al 10 marzo 2003.
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DISTRIBUZIONE DELLE INTERVISTE Interviste complete
Contatti
Margine di errore
v.a.
% su contatti
v.a.
% su contatti
(livello di affidabilità 95%)
3.123 2.055 3.170 2.632 2.141 3.190 2.718 3.162 3.244 2.733 2.722 3.322 2.741 2.234 3.350 3.338 2.191 2.757 3.420 2.854
100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0%
1.154 773 1.177 956 773 1.146 971 1.169 1.146 971 952 1.143 963 769 1.146 1.150 769 956 1.146 952
37,0% 37,6% 37,1% 36,3% 36,1% 35,9% 35,7% 37,0% 35,3% 35,5% 35,0% 34,4% 35,1% 34,4% 34,2% 34,5% 35,1% 34,7% 33,5% 33,4%
3% 4% 3% 3% 4% 3% 3% 3% 3% 3% 3% 3% 3% 4% 3% 3% 4% 3% 3% 3%
NORD OVEST NORD EST CENTRO SUD E ISOLE
10.980 11.211 12.021 22.885
100,0% 100,0% 100,0% 100,0%
4.060 4.059 4.212 7.851
37,0% 36,2% 35,0% 34,3%
2% 2% 2% 1%
TOTALE ITALIA
57.097
100,0%
20.182
35,3%
1%
Piemonte Valle d’Aosta Lombardia Liguria Trentino A.A. Veneto Friuli V.G. Emilia R. Toscana Umbria Marche Lazio Abruzzo Molise Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna
Per la rappresentazione dei risultati e la loro interpretazione, accanto alle articolazioni classiche, è stato costruito un indicatore sintetico che consente una significativa lettura dei fenomeni. Per la costruzione dell’indicatore sintetico, denominato indicatore di status, sono stati utilizzati informazioni e dati relativi a: • numero di auto possedute per numero componenti la famiglia; • abitazioni di proprietà; • utilizzo collaboratori domestici; • possesso carta credito o bancomat; • possesso cellulare; • professione; • frequenza di lettura dei quotidiani;
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• numero di libri letti nell’ultimo anno; • titolo di studio; • possesso ed utilizzo delle tecnologie informatiche. L’analisi è stata supportata dagli studi e dalle teorie sociali più recenti. Tra i diversi esperti a cui abbiamo fatto riferimento segnaliamo Giddens, Ascoli, Paci e Galimberti. Una bibliografia più completa è presentata alla fine di questo lavoro. Abbiamo voluto, però, citare questi autori non solo per l’importanza dei loro lavori nei diversi e specifici campi, ma in quanto “co-autori” delle chiavi interpretative a cui ci siamo ispirati. Si è scelto di illustrare la ricerca seguendo lo stesso percorso lungo il quale abbiamo trovato smentite e conferme alle ipotesi di partenza. Non per vezzo ma per lasciare al lettore quella sensazione di rovesciamento che abbiamo vissuto anche noi da ricercatori, scoprendo come certi luoghi comuni relativi all’idea di “socialità”, e conseguentemente di welfare, facessero parte di un sentire non contaminato dal “sociale” Iniziamo, quindi, questo percorso, così come è iniziato per noi: dalla visione del presente e dall’idea di futuro.
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INDICE DELLE TABELLE Tabella 1: Tabella 2: Tabella 3: Tabella 4: Tabella 5: Tabella 6: Tabella 7: Tabella 8: Tabella 9: Tabella 10: Tabella 11: Tabella 12: Tabella 13: Tabella 14: Tabella 15: Tabella 16: Tabella 17: Tabella 18: Tabella 19: Tabella 20:
Percezione della qualità della vita per sesso, età e titolo di studio Percezione della qualità della vita per area geografica e ampiezza centri Percezione della qualità della vita per area politica e frequenza alle funzioni religiose Percezione della qualità della vita per indicatore di Status Percezione della qualità della vita per Regione Soddisfazione rispetto al tenore di vita per sesso, età e titolo di studio Soddisfazione rispetto al tenore di vita per area geografica e ampiezza centri Soddisfazione rispetto al tenore di vita per Regione Soddisfazione rispetto al tenore di vita per area politica e indicatore di status Il tenore di vita negli ultimi anni per sesso, età e titolo di studio Il tenore di vita negli ultimi anni per area geografica e ampiezza centri Il tenore di vita negli ultimi anni per Regione Il tenore di vita negli ultimi anni per area politica e indicatore di status Il tenore di vita nei prossimi anni per sesso, età e titolo di studio Il tenore di vita nei prossimi anni per area geografica e ampiezza centri Il tenore di vita nei prossimi anni per Regione Il tenore di vita nei prossimi anni per area politica e indicatore di status In quali Regioni si vive meglio per indicatori di status In quali Regioni si vive meglio per sesso, età e titolo di studio In quali Regioni si vive meglio per area politica
18 19 20 20 21 22 22 23 24 25 26 26 27 28 29 29 30 32 33 34
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Tabella 21: In quali Regioni si vive meglio per area geografica e ampiezza centri Tabella 22: In quali Regioni si vive meglio per Regione Tabella 23: La fiducia nelle istituzioni
35
Tabella 24: La fiducia nel Comune per sesso, età e titolo di studio Tabella 25: La fiducia nel Comune per area geografica e ampiezza Tabella 26: La fiducia nel Comune per area politica Tabella 27: La fiducia nel Comune per indicatore di status Tabella 28: La fiducia nel Comune per Regione Tabella 29: La fiducia nella Provincia per sesso, età e titolo di studio Tabella 30: La fiducia nella Provincia per area geografica e ampiezza Tabella 31: La fiducia nella Provincia per area politica Tabella 32: La fiducia nella Provincia per indicatore di status Tabella 33: La fiducia nella Provincia per Regione Tabella 34: La fiducia nella Regione per sesso, età e titolo di studio Tabella 35: La fiducia nella Regione per area geografica e ampiezza Tabella 36: La fiducia nella Regione per area politica Tabella 37: La fiducia nella Regione per indicatore di status Tabella 38: La fiducia nella Regione per Regione Tabella 39: La fiducia nello Stato per sesso, età e titolo di studio Tabella 40: La fiducia nello Stato per area geografica e ampiezza Tabella 41: La fiducia nello Stato per area politica Tabella 42: La fiducia nello Stato per indicatore di status
44
37 43
44 centri 45 45 46 47 48 centri 48 49 49 50 51 centri 51 52 52 53 54 centri 54 55
Tabella 43: La fiducia nello Stato per Regione Tabella 44: Saldo tra giudizi positivi e negativi per indicatore di status Tabella 45: La fiducia nelle organizzazioni sociali
55
Tabella 46: La fiducia nella famiglia e negli amici
58
Tabella 47: La fiducia nella famiglia Per indicatore di status Tabella 48: La fiducia nella famiglia per sesso, età, titolo di studio, area politica, frequenza funzioni religiose, area geografica, ampiezza centri Tabella 49: La fiducia nella famiglia per Regione Tabella 50: La fiducia negli amici Per indicatore di status Tabella 51: La fiducia negli amici per sesso, età, titolo di studio, area politica, frequenza funzioni religiose, area geografica, ampiezza Tabella 52: La fiducia negli amici per Regione Tabella 53: La fiducia nella Chiesa Per indicatore di status Tabella 54: La fiducia nella chiesa per sesso, età, titolo di studio, area politica, frequenza funzioni religiose, area geografica, ampiezza Tabella 55: La fiducia nella chiesa per Regione Tabella 56: La fiducia nelle organizzazioni non profit Per indicatore di status Tabella 57: La fiducia nel non profit per sesso, età, titolo di studio, area politica, frequenza funzioni religiose, area geografica, ampiezza Tabella 58: La fiducia nel non profit per Regione Tabella 59: La fiducia nei sindacati Per indicatore di status Tabella 60: La fiducia nei sindacati per sesso, età, titolo di studio, area politica, frequenza funzioni religiose, area geografica, ampiezza Tabella 61: La fiducia nei sindacati per Regione
59
56 57
60
61 62 63 centri 64 65 66 centri 67 68 69 centri 70 71 72 centri 73
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Tabella 62: La fiducia nei partiti Per indicatore di status Tabella 63: La fiducia nei partiti per sesso, età, titolo di studio, area politica, frequenza funzioni religiose, area geografica, ampiezza centri Tabella 64: La fiducia nei partiti per Regione Tabella 65: La partecipazione politica per sesso, età e titolo di studio Tabella 66: La partecipazione politica per area geografica e ampiezza centri Tabella 67: La partecipazione politica per area politica e livello di status Tabella 68: La partecipazione politica per Regione Tabella 69: Più tasse e più servizi - meno tasse e meno servizi per sesso, età, titolo di studio, area geografica e ampiezza centri Tabella 70: Più tasse e più servizi - meno tasse e meno servizi per area politica, frequenza alle funzioni religiose e indicatore di status Tabella 71: Più tasse e più servizi - meno tasse e meno servizi per Regione Tabella 72: Sanità pubblica - sanità privata per sesso, età, titolo di studio, area geografica e ampiezza centri Tabella 73: Sanità pubblica - sanità privata per area politica, frequenza alle funzioni religiose e indicatore di status Tabella 74: Sanità pubblica - sanità privata per Regione Tabella 75: Scuola pubblica - scuola privata per sesso, età, titolo di studio, area geografica e ampiezza centri Tabella 76: Scuola pubblica - scuola privata per area politica e frequenza alle funzioni religiose Tabella 77: Scuola pubblica - scuola privata per Regione Tabella 78: Cosa è il welfare per sesso, età e titolo di studio Tabella 79: Cosa è il welfare per area politica e frequenza alle funzioni religiose Tabella 80: Cosa è il welfare per area geografica e ampiezza centri Tabella 81: Cosa è il welfare per Regione
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74 75
76 81 81 82 83 91 92
93 96 97
98 99 100 101 107 108 109 110
Tabella 82: La nuova frontiera del welfare per sesso, età e titolo di studio Tabella 83: La nuova frontiera del welfare per area politica e frequenza alle funzioni religiose Tabella 84: La nuova frontiera del welfare per area geografica e ampiezza centri Tabella 85: La nuova frontiera del welfare per Regione Tabella 86: Le garanzie sociali per sesso, età, titolo di studio, area geografica, ampiezza centri, area politica e indicatore di status, Tabella 87: Le garanzie sociali per Regione Tabella 88: I tagli alle politiche sociali per sesso, età, titolo di studio, area geografica e ampiezza centri Tabella 89: I tagli alle politiche sociali per area politica, frequenza alle funzioni religiose e indicatore di status Tabella 90: I tagli alle politiche sociali per Regione Tabella 91: Il coinvolgimento del non profit per sesso, età e titolo di studio, area geografica e ampiezza centri Tabella 92: Il coinvolgimento del non profit per area politica, frequenza alle funzioni religiose e indicatore di status Tabella 93: Il coinvolgimento del non profit per Regione
112 113 114 115 117
118 119 120
121 123
124
125
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Nuovo Welfare Associazione
Il mondo del lavoro, dell’assistenza e della sanità, quello della scuola e dell’università, i temi della salvaguardia dell’ambiente e della qualità della vita, l’analisi dei fenomeni migratori, sono le chiavi di interpretazione di una nuova domanda di sociale. Una società più giusta e più solidale: l’Associazione Nuovo Welfare si propone di studiare i nuovi bisogni determinati dalle trasformazioni economiche, politiche e sociali. L’obiettivo è quello di fornire indagini e proposte, studiando, a livello locale e nazionale, i mutamenti anche al fine di promuovere e valorizzare proposte innovative di protezione sociale a partire dalle esperienze comunemente definite di “welfare mix”. Per questo la metodologia che abbiamo scelto è quella della ricerca sul campo, del monitoraggio dei bisogni e del cambiamento necessario, dello stato applicativo delle leggi. Attraverso il contributo di ricercatori, esperti ed operatori, docenti universitari, economisti, sociologi, parlamentari, amministratori pubblici, l’associazione vuole contribuire a promuovere un approccio ed una cultura del sociale costruendo percorsi di studio e di formazione/informazione, e attivando competenze diffuse sul territorio. Associazione Nuovo Welfare Piazza di Pietra, 26 00186 Roma Tel. 06/69923377 www.nuovowelfare.it info@nuovowelfare.it
Associazione Nuovo Welfare Piazza di Pietra, 26 - 00186 Roma www.nuovowelfare.it info@nuovowelfare.it
Finito di stampare nel mese di luglio 2003 da Multiprint, via Braccio da Montone, 109 Roma