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WOL welfare on line Webzine dell’Associazione Nuovo Welfare Anno II, Numero 2, Febbraio 2006
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Care lettrici e cari lettori,
eccoci tornati con questo secondo numero alla nostra veste consueta, dopo aver dedicato la precedente uscita alla illustrazione de “Il Bollino Blu”, ricerca ideata e condotta dalla nostra Associazione. Una piccola anticipazione su quanto troverete in questo numero e sulla particolarità degli articoli presenti: sintesi e commenti di alcune ricerche i cui risultati sono stati divulgati di recente. Tornano come al solito anche le nostre rubriche dedicate alla cultura e al tempo libero con le recensioni di un libro e di un film. Non ci resta che augurarvi BUONA LETTURA
Associazione Nuovo Welfare Vignetta di Ivo Guderzo
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18° Rapporto Italia : un Paese già declinato in cerca di futuro Il 27 gennaio Eurispes ha presentato il 18° Rapporto Italia, che descrive un Paese preoccupato e timoroso per il presente e per il futuro, lacerato da divari economici e sociali, più povero e indebitato. La perdita del potere d'acquisto dei salari ha costretto i cittadini a ridurre il livello di spesa per alcune voci di consumo e a ricorrere in modo crescente alla pratica del credito al consumo (+23,4% nel 2005) per far fronte a bisogni essenziali. Per il 58% di italiani, infatti, lo sti-pendio non basta più per arrivare alla fine del mese. La fotografia che emerge è quella di un Paese già declinato, dalle grandi risorse e potenzialità non valorizzate, in cerca di un progetto di crescita basato sul ben vivere, e di un nuovo welfare capace di prevenire e ri-muovere forme di esclusione vecchie e nuove. Tra le questioni impellenti, il sostegno alla ripresa della natalità e la risposta ai bisogni degli individui e delle famiglie. L’Italia, si sottolinea nel rapporto, continua a collocarsi agli ultimi posti della graduatoria in materia di spesa pubblica per la famiglia, la casa e l’esclu-sione sociale, cui dedica appena l’1,1% del Pil, contro una media della Ue a 15 pari al 3,4%. L’assenza – caso quasi unico in Europa – di un provvedimento che garantisca l’inclusione sociale e i diritti di cittadinanza ai soggetti più deboli costituisce senza dubbio una delle maggiori lacune del sistema di protezione sociale del Paese, chiamato a confrontarsi con un numero crescente di famiglie in condi-
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zione di povertà relativa (2 milioni e 674mila nel 2004, l’11,7% del totale, concentrate per il 72,4% nel Mezzogiorno) o a rischio povertà (2.500). La scarsa generosità della spesa a sostegno delle famiglie si accompagna alla tendenza ad impiegare le risorse per misure una tantum, che poco o nulla possono per aiutare le famiglie in difficoltà né, tanto meno, per sostenere la natalità (tra il 1971 e il 2001 l’incidenza dei bambini tra 0 e 6 anni sul complesso della popolazione si è dimezzato, passando dal 10% al 5%) o promuovere la conciliazione. Questa resta ancora troppo spesso legata alla presenza di una rete familiare in grado di sostenerla, senza la quale sono ancora troppi gli ostacoli che si frappongono al diritto delle donne di essere madri e lavoratrici: la carenza dei servizi per la prima infanzia innanzitutto, ben lontani dall’obiettivo di soddisfare, entro il 2010, la domanda per almeno il 33% dei bambini sotto i 3 anni di età. L’offerta pubblica di servizi copre infatti appena il 7,4% della domanda, mentre lascia inaccolte il 33% delle richieste effettive. La distribuzione degli oneri familiari, inoltre, continua a vedere la donna, occupata o meno, farsi carico in maniera quasi esclusiva dei lavori domestici e dei figli, cui dedica, mediamente, 6 ore e 25 minuti al giorno, contro le 2 ore e 7 minuti del proprio partner. Nel rapporto si sottolinea come, ”mentre si fa strada lentamente e timidamente l’idea che un padre possa svolgere
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anche funzioni di caregiver, siamo ancora ben lontani dal riconoscimento della madre in quanto breadwinner”. Questo condiziona molte scelte individuali e collettive, come l’uso del congedo parentale introdotto dalla legge 53/2000 che, se utilizzato entro i primi 3 anni del bambino, dà diritto al 30% della retribuzione: nel 2003 appena il 3,8% dei congedi erogati direttamente dall’INPS sono stati utilizzati dai padri. Il dato conferma la resistenza culturale verso il superamento di una divisione di ruoli rigidamente dicotomica ma va spiegato anche tenendo conto dello svantaggio economico per la coppia derivante dal fatto di rinunciare al 70% del salario più elevato, generalmente quello maschile. L’Italia appare ancora ben lontana dal fornire effettiva sostanza al principio di pari opportunità, costringendo le donne a comportarsi come vere e proprie “acrobate”, così definite nel Rapporto, obbligate ad un difficile, a volte impossibile, gioco di equilibrismo tra lavoro e famiglia: una donna su cinque tra quelle occupate al momento della gravidanza (il 20,1%) non lavora più dopo il parto, perché si è licenziata (nel 69% dei casi), non gli è stato rinnovato il contratto (24%) o è stata licenziata (7%). Non sorprende, dunque, che il tasso di occupazione femminile della fascia d’età compresa tra i 20 e i 49 anni, pari al 56% per le donne senza figli, scenda al 53,6% per le donne con un figlio, crolli al 47% tra quante ne hanno due ed al 33,7% tra
welfare on line quelle che ne hanno almeno tre. Né stupisce il peso femminile sul complesso degli inattivi, pari al 66%, attribuibile in gran parte al fatto che le donne, in particolare quelle meridionali (il 45,6% delle inattive), hanno rinunciato ad intraprendere concrete azioni di ricerca del lavoro. Il risultato è che, contrariamente ai paesi del Nord-Europa, dove le donne lavorano senza per questo rinunciare alla maternità – e dove i tassi di occupazione femminili sono prossimi o addirittura superiori agli obiettivi di Lisbona – il nostro Paese è caratterizzato da un bassissimo livello di fecondità (1,33), e da un altrettanto modesto tasso di occupa-
zione femminile (45%), il più basso dell’Ue a 15 nel 2004. Il sostegno alla famiglia, alla natalità, alla partecipazione femminile al mercato del lavoro necessita di un sistema di politiche organico, di misure strutturali e continuative, oltre che del riconoscimento di una domanda sociale sempre più complessa e articolata, proveniente da vecchi e nuovi attori sociali, come le coppie di fatto – più che raddoppiate in un solo decennio, passando da 227mila a 555mila (19932003) – le famiglie multiculturali, quasi triplicate o, ancora, i lavoratori atipici (4 milioni). La precarietà dei rapporti di lavoro ha contribuito ad allungare il tempo di permanenza
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dei giovani nella famiglia di origine: in un solo decennio, infatti, i giovani adulti tra i 25 e i 34 anni ancora residenti con i genitori sono cresciuti dal 26 al 35%, mentre i loro coetanei in coppia con figli sono crollati dal 42 al 28%. In questo contesto, si afferma nel Rapporto, “il sostegno alla “famiglia” si realizza anche rimuovendo gli ostacoli che impediscono a questi giovani adulti la costruzione di un proprio nucleo familiare e la piena realizzazione come persone ancor prima che come cittadini e lavoratori”. Da qui la necessità di realizzare una vera politica di stabilizzazione dei contratti, basata sul principio che il lavoro flessibile debba costare all’impresa di più in termini previdenziali e retribuitivi, di modo che il lavoro standard torni ad essere il lavoro normale. Prioritaria appare inoltre la necessità di rafforzare e ridefinire il sistema di protezione sociale del nostro Paese, concepito sulla base di un mercato del lavoro che non esiste più. Un mercato del lavoro flessibile impone una rete di protezione generalizzata dal rischio di disoccupazione, che sostenga il lavoratore nei periodi di passaggio da un lavoro all’altro, così come richiede la definizione di strumenti in grado di sostenere retribuzioni basse e discontinue, contribuendo così a riaffermare un “diritto di cittadinanza oggi non agibile ai più, sempre sul filo di scivolare in situazioni di marginalità sociale”. La definizione di un quadro di tutele comune a tutti, che garantisca anche ai lavoratori socioeconomicamente dipendenti l’accesso a diritti fondamentali e non contrattabili, ed il rafforzamento della componente
welfare on line promozionale delle politiche del lavoro (su cui i Centri per l’impiego possono giocare unruolo significativo) completa-
no il quadro di un possibile nuovo welfare, “capace di restituire la capacità di pensareil futuro, la possibilità di avere
un progetto di vita e non una vita a progetto”. Francesca Venuleo
Persone con disabilità e Piani di zona: una guida per le associazioni Sempre più le scelte di politica sociale vengono effettuate dai Comuni attraverso i Piani di zona, con il coinvolgimento delle realtà del terzo settore. Un Quaderno – Persone con disabilità e Piani di zona – per aiutare le associazioni locali a gestire al meglio il ruolo di rappresentanti delle esigenze e promotori dei diritti dei cittadini con disabilità. Un risultato dell’impegno del Centro EmpowerNet Lombardia che ha aggregato e attivato - su impulso del Progetto Empowernet promosso da F.I.S.H.- le migliori esperienze associative della regione. Persone con disabilità e Piani di zona: il ruolo delle associazioni. Un titolo semplice, molto tecnico, per un Quaderno che potrebbe avere una grande influenza sulle scelte di politica sociale dei Comuni verso le persone con disabilità. La pubblicazione infatti contiene riflessioni, analisi Centro EmpowerNet Lombardia e proposte che potrebbero essere esposte nei Il Centro EmpowerNet Lombardia nasce nel marprossimi mesi ai numerosi tavoli a cui partecipano zo 2005. i rappresentanti delle associazioni delle persone Mette in rete e valorizza le migliori esperienze e con disabilità e dei loro familiari nei confronti competenze del mondo della disabilità regionale. delle amministrazioni locali. Promuove raccolte di dati e documenti e gruppi di lavoro interassociativi. La quantità di risorse da destinare alle politiche La segreteria si trova presso la sede LEDHA di sociali è in gran parte determinata a livello naMilano. Questo volume è stato redatto per conto zionale e regionale ma il loro utilizzo attraverso del Centro EmpowerNet Lombardia da Daniela l’erogazione di servizi e benefici è sempre più dePolo (Ass. Oltre noi la vita), Marco Faini (Anffas terminato dalle scelte delle amministrazioni locali. Brescia), Carla Torselli (Anffas Pavia), Chiarella Gariboldi (Ass. Stefania), Dario Scotti (Aus RiLa legge 328/2000 - che ha riformato guarda) e Giovanni Merlo (LEDHA) che nel giul’organizzazione dei servizi sociali - ha ingno 2005 hanno iniziato un confronto su come dividuato nel Piano di zona il principale strufosse possibile sostenere le associazioni nelle inimento di programmazione di politica sociale del ziative territoriali di promozione e tutela dei diritti dei cittadini con disabilità e dei loro familiari territorio, affidandone il compito ai Comuni asin relazione alla redazione dei Piani di zona. sociati tra loro. Nella redazione del Piano devono essere coinvolte le diverse realtà dell’associazionismo e del terzo settore, chiamate a concorrere alla individuazione dei bisogni prioritari e alla definizione degli obiettivi e degli strumenti di azione. Un ruolo delicato, in particolare per le associazioni delle persone con disabilità e dei loro familiari, chiamati qui ad esprimere al meglio la loro identità di rappresentanti dei cittadini con disabilità, delle loro esigenze e dei loro diritti. Con uno stile semplice e essenziale il Quaderno ripropone i concetti chiave della legge 328/2000 e i fondamentali diritti di partecipazione dei cittadini. Ma la parte forse più significativa riguarda appunto il ruolo delle associazioni nei Piani di zona. Come partecipare, cosa chiedere? Il volume, elaborato nel contesto del Centro EmpowerNet Lombardia dai migliori esperti dell’associazionismo, propone, tra i tanti possibili, quattro temi fondamentali: 1. il progetto individuale di presa in carico; 2. la porta sociale; 3. la partecipazione alla spesa dei servizi; 4. la protezione giuridica;
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welfare on line Questioni da tempo al centro dell’attenzione dei cittadini con disabilità e delle loro famiglie, già oggetto di precise scelte legislative che per diverse ragioni non riescono a tradursi in realtà diffusa e concreta. Il compito delle assoI partners: FISH e LEDHA ciazioni oggi – secondo l’Agenzia nazionaCostituita nel luglio 1994, FISH è una Federazione di Associazioni Nazionali e Locali le EmpowerNet che ha che si propone di promuovere politiche di superamento dell’handicap, partendo dalla nuova visione biopsico-sociale della disabilità attraverso i principi di tutela dei curato la pubblicadiritti umani e civili delle persone con disabilità e le Regole standard dell’Organizzione per conto di zazione delle Nazioni Unite. Prioritariamente opera per la promozione delle persoFISH (Federazione Itane con disabilità complesse non in grado di rappresentarsi da sole. Raccorda, in liana Superamento collaborazione con il Consiglio Nazionale della Disabilità (Cnd), le politiche nazionali con quelle Europee. Interviene per garantire la non discriminazione, la eguaHandicap) – è proprio glianza delle opportunità e l’integrazione sociale in tutti gli ambiti della vita. quello di riproporre in ogni territorio il diritto L’Agenzia EmpowerNet è uno strumento della rete FISH che opera per il mainalle persone con distreaming della cultura della disabilità, coinvolgendo le associazioni aderenti e sabilità, ed in particopromuovendo relazioni e collaborazioni strutturate con università, centri di eccellenza, ambiti professionali, istituzioni ed enti. Le aree di lavoro dell’Agenzia Emlare alle persone con powerNet sono l’informazione, la formazione, la ricerca e la consulenza. le situazioni più gravi L’articolazione territoriale dell’Agenzia è costituita dai Centri EmpowerNet attivi in e complesse, di avere sette regioni e da un coordinamento nazionale delle attività. accesso alla rete dei servizi in modo indiLEDHA è la confederazione delle associazioni che dal 1979 tutela e promuove i dividualizzato, con proritti delle persone con disabilità in Lombardia. E’ aggregazione regionale di Fish e getti e interventi veraparte del Forum regionale del Terzo Settore e del Consiglio Nazionale della Disabimente pensati in relalità. Oltre a rappresentare la voce delle associazioni a livello regionale, LEDHA gezione alle proprie esistisce direttamente servizi di carattere informativo e di consulenza legale, promuove iniziative culturali attraverso la Mediateca e in collaborazione con l’Ospegenze e nel pieno ridale San Paolo di Milano gestisce il progetto DAMA. Coordina le attività del Centro spetto dei propri diEmpowerNet Lombardia. ritti.
LiBrInMenTe Margherita Dolcevita di Silvia Spatari Margherita Dolcevita è una bambina in scadenza: a quattordici anni già conserva memoria di tutti i nostri anni, dei nostri sogni, e, a differenza nostra, non li ha rinnegati. Con fantasia ed intelligenza dà nomi e sostanza alla vita, e trasforma le cose, ironizzando, nel suo scampolo di periferia urbana, sulle piccole assurdità e delusioni quotidiane. Ma questo suo piccolo mondo, sempre in bilico tra incanto e squallore, viene scosso dall’arrivo di nuovi vicini che, arroccati in un futuristico cubobunker di vetro traslucido e nero, lo colonizzeranno con la brutalità di un’ideologia massificante, lo blandiranno con false promesse e false pubblicità, “che sono false per quello che mostrano ma ancor più per quello che nascondono”. Nessuno riesce a sottrarsi agli imperativi del consumo e dell’apparenza, se non l’ironica e indipendente Margherita. Ma neanche lei, che è solo una bambina, seppur in scadenza, potrà salvare il suo piccolo mondo da un destino inevitabile di distruzione. E così i fantasmi del passato, vittime eterne di guerre e intolleranza, torneranno in vita per chiudere il cerchio sulle macerie fumanti delle nuove, ma sempre identiche, ideologie. Benni, con consueta abilità, dipinge un quadro esilarante delle nostre idiosincrasie, ma non può evitare che l’ironia si trasformi in tragedia pensando all’istante in cui le ideologie belligeranti del razzismo, del consumismo, di tutti gli ismi occidentali, riusciranno infine a fagocitare l’innocenza del mondo e delle cose. Margherita Dolcevita Stefano Benni Feltrinelli, 2005 Euro 14
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Due ricerche a confronto Il welfare state, sin dalla sua nascita, è stato da sempre al centro di vigorosi dibattiti, costituendo uno dei maggiori punti di discordia nelle analisi di carattere strettamente economico. Infatti, l’elemento su cui si focalizza molta della letteratura economica non è incentrato sulla reale valutazione delle politiche intraprese rispetto agli obiettivi che il welfare state si prefissa di raggiungere, ma su quale impatto questo istituto ha rispetto alla crescita economica. Il dibattito intorno al ruolo del welfare, come gli andamenti dell’economia, ha una sua ciclicità e sembra riaccendersi in maniera più vivace quando l’economia fa registrare momenti di difficoltà. Infatti, da qualche anno in vari Paesi dell’ambito europeo si torna a chiedere un forte ridimensionamento della spesa sociale. Questa riduzione, che dovrebbe tradursi in tagli ai programmi di trasferimento, sarebbe una delle soluzioni per riportare l’economia in crescita e nella piena occupazione. Tralasciando quello che è il dibattito economico, convinto del-l’importanza e dell’insostituibilità del welfare all’interno di ogni organizzazione sociale, è mia intenzione focalizzare l’attenzione su alcuni studi che hanno cercato di osservare gli effetti prodotti sul welfare state dal passaggio, avviato in questi anni, da una gestione a carattere centralistico ad una fondata sul federalismo. Un nuovo assetto, imperniato sulla sussidiarietà e sul decentramento, in linea con il dettato costituzionale soprattutto dopo le modifiche apportate al Titolo V della Costituzione Prendiamo in esame due lavori di recente pubblicazione: “Il Bollino Blu. Un inventario dell’offerta di welfare delle Regioni italiane”, prodotto dall’Associazione Nuovo Welfare, e “Sistemi regionali di welfare profili e analisi comparata”, realizzato dalla Fondazione “E. Zancan”. Entrambe le ricerche adottano una metodologia di lavoro coerente con le analisi delle politiche pubbliche, offrendosi come utile strumento di supporto per la programmazione degli interventi da intraprendere. La necessità di supportare l’attività pubblica deriva dalla constatazione che in molti casi le scelte adottate sembrano basarsi su prove ed errori, non tenendo conto, quindi, di alcuni elementi basilari, come: la reale conoscenza dei bisogni del territorio,
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un monitoraggio dei percorsi con conseguente analisi dei risultati, che possano essere di supporto nella costruzione di nuovi interventi. Le due ricerche hanno in comune la stessa base di partenza, ma anche le medesime preoccupazioni ossia di monitorare lo stato del welfare delle Regioni al fine di evidenziare i rischi di eccessive derive federaliste che, volendo contrastare la centralità dello Stato a favore delle autonomie locali, in realtà mettono a rischio i livelli di garanzia fin qui raggiunti. Pur muovendosi sul medesimo campo di indagine, i due lavori mantengono una loro peculiarità tanto da non risultare similari bensì complementari tra loro. Infatti, considerata la metodologia adottata, non si rende possibile una effettiva comparazione dei risultati raggiunti. Nel “Bollino blu” il risultato finale è la costruzione di una classifica dell’offerta di welfare regionale, ossia dei servizi e delle strutture che le singole Regioni sono in grado di garantire ai loro abitanti. A questo risultato si giunge mediante una fase preliminare in cui sono stati individuati specifici indicatori di output e di risultato in grado di descrivere le singole macroaree di analisi: Assistenza sociale, Sanità, Formazione e lavoro, Ambiente, Cultura e tempo libero, e Contesto che descrive la situazione socio-economica delle singole Regioni. Dalla media di tali indicatori sono scaturiti gli specifici indici di settore e l’aggregazione di questi ha dato vita all’indice finale: Il Bollino Blu. In questa analisi non sono stati considerati né i trasferimenti monetari né lo stato di avanzamento delle leggi (cfr. sulla 328/00 ”Il lungo cammino della riforma. Monitoraggio sull’applicazione della normativa sociale in Italia” – dicembre 2002 e “Aggiornamento sul recepimento regionale della legge 328/2000” – giugno 2005. Entrambi disponibili sul sito www.nuovowelfare.it). Il Rapporto della Fondazione Zancan, invece, pur non stilando alcuna classifica, offre una serie di analisi che consentono una comparazione tra le singole Regioni. La struttura della ricerca è suddivisa in tre parti. Nella prima, viene effettuata un’analisi comparata di grandezze inerenti il profilo demografico, la spesa sociale, il benessere e il disagio sociale. All’interno della stessa sezione vengono inoltre
welfare on line presi in esame alcuni indicatori di offerta esclusivamente per l’area della protezione sanitaria e sociale, dove si riscontrano punti di contatto con il Bollino Blu nella scelta degli indicatori. Altra analogia consiste nell’attenzione rivolta a particolari categorie, come gli anziani, i minori o gli immigrati. Permane tuttavia, una differenza nella tipologia degli indicatori: il Bollino Blu si concentra esclusivamente sul lato dell’offerta di welfare, mentre il lavoro della Fondazione Zancan individua prevalentemente indicatori descrittivi delle aree in esame. Nella seconda parte del rapporto della Fondazione viene affrontata, per ogni singola Regione, la normativa inerente l’attuazione della legge 328/00 ed il rapporto tra istituzioni pubbliche, terzo settore e volontariato. Il Bollino Blu invece tratta il terzo settore non dal punto di vista normativo, bensì prevedendo nelle macro aree in esame specifici indicatori capaci di descrivere la partecipazione del mondo nonprofit all’offerta di welfare regionale. Infine nella terza parte, per ogni Regione, viene redatta una scheda riassuntiva in cui sono
proposti i seguenti profili sintetici: demografici, socio-economici, epidemiologia sanitaria e sociale, offerta attività sanitaria e sociale, spesa sociale. La struttura delle schede permette inoltre di monitorare gli andamenti degli indicatori (con l’ausilio di frecce direzionali) rispetto all’andamento medio nazionale. Da questa breve analisi emerge, quindi, la volontà di introdurre, all’interno del modus operandi tradizionale nella programmazione delle politiche sociali, aspetti valutativi in grado di supportare le decisioni dei policy maker, al fine di rendere efficienti ed efficaci gli strumenti utilizzati nelle politiche di welfare regionale. Questo tipo di approccio ha il vantaggio di individuare comportamenti virtuosi che possono essere implementati dalle Regioni in ritardo, garantendo allo stesso tempo l’equità orizzontale rispetto al territorio nazionale. Roberto Fantozzi
Il Bollino Blu: la classifica generale M E D IA D E G LI IN D ICI D I S E T T O R E (rip ro p o rzio na ti su sca la 0-100)
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T re ntino Alto Ad ig e 75
T o sca na V a lle d 'Ao sta
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F riuli V e ne zia G iulia
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Ca la b ria 27
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Ca mp a nia P ug lia S icilia
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Un commento sulla ricerca “Il Bollino Blu” Abbiamo chiesto ad un esperto nell’ambito delle Politiche Sociali di fornire un commento ed un giudizio alla ricerca condotta dalla nostra Associazione sulle dotazioni di welfare nelle regioni italiane. Due aspetti appaiono di indubbia utilità nell’approccio scelto per la ricerca dell’Associazione Nuovo Welfare sull’offerta di servizi di welfare: 1. il tentativo di rappresentare i differenziali regionali nei sistemi di welfare puntando a misurare output e risultato (oltre al ricorso agli indicatori di contesto); 2. la scelta di applicare una analisi fondata sul criterio della misurazione non ad un solo comparto del sistema di welfare territoriale, ma al complesso dei settori che lo compongono. Misurare la diversa capacità di risposta delle istituzioni (e dei privati con cui si alleano) ai bisogni del proprio territorio è un passaggio indispensabile per l’avanzamento della trasformazione del welfare di questo paese. A maggior ragione ora che il nuovo quadro istituzionale assegna un obiettivo tanto ambizioso quanto la ricerca dell’equilibrio tra un assetto istituzionale federale e una garanzia omogenea dei diritti di cittadinanza sul-l’intero territorio nazionale. Faccio riferimento, chiaramente, al tema dei Livelli essenziali delle prestazioni. Proprio lo sforzo di perseguire un sistema di offerta che non pregiudichi i diritti del cittadino nell’accesso ai servizi, in ragione del luogo in cui vive, pone la necessità di una conoscenza più articolata delle dinamiche territoriali, e sicuramente questo è ancora più
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vero per coloro (come il sottoscritto1) che operano con una visuale soprattutto nazionale. E a tale proposito, l’indagine di Nuovo Welfare richiama alla memoria il ricorso all’uso di indicatori che costituisce uno dei fattori portanti del metodo aperto di coordinamento attraverso il quale l’Unione Europea promuove il cosiddetto “processo di inclusione sociale”, a seguito dell’avvio della strategia di Lisbona. Questo va ricordato perché recentemente, e con frequenza crescente, analisti ed operatori del settore hanno richiamato la necessità di un sistema di coordinamento aperto nazionale per una gestione cooperativa delle politiche pubbliche ormai devolute alle regioni. Una linea di ragionamento questa che mi trova pienamente d’accordo e che dovrebbe fondarsi, per quanto concerne gli strumenti di analisi e valutazioni, su operazioni simili nell’impostazione alla ricerca di Nuovo Welfare. A tale riguardo segnalo la convergenza tra questa e le ricerche che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha sviluppato nel corso del 2005 e recentemente presentato pubblicamente (le ricerche sono disponibili sul sito del Ministero www.welfare.gov.it): ri1
Andrea Tardiola, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dirige l’ufficio che cura il monitoraggio della spesa sociale. Le opinioni e le valutazioni contenute in questo commento sono espresse a titolo personale e non impegnano l’amministrazione nella quale opera.
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cerche che intendono fare il punto sullo stato di realizzazione della rete dei servizi sociali territoriali. O ancora l’impegno di governo e regioni, sotto il coordinamento scientifico del-l’Istat, per l’avvio e lo sviluppo della nuova indagine sulla spesa sociale comunale. Anche il secondo elemento di forza della ricerca si ricollega ad un approccio condiviso a livello europeo: è la scelta di una analisi non solo settoriale, ma sull’intera gamma di prestazioni rientranti nell’offerta di servizi di welfare. Anche il metodo dell’integrazione attraversa l’intera strategia di Lisbona: l’idea di una interdipendenza tra politiche che invece, in Italia, è stata tradizionalmente debole, ed anche oggi si conferma insufficiente nella pratica dell’azione di governo. A mio giudizio, questa difficoltà di integrazione, in questi anni, è stata tanto maggiore quanto più ci si è allontanati dai destinatari degli interventi, dai cittadini, mentre seppure con alternanza di luci ed ombre, esperienze migliori di integrazione sono sviluppate nel territorio. Con il paradosso che proprio il livello di governo nazionale fatica a creare e consolidare una visione ed una azione integrata, in tutte le fasi del proprio ciclo di intervento. Mentre è proprio questo che dovrebbe, in base al mandato offerto dal nuovo quadro costituzionale, definire lo standard di garanzia dei diritti dei cittadini.
welfare on line Detto ciò sugli aspetti di maggiore efficacia della ricerca mi permetto di sviluppare alcune riflessioni sulle possibili evoluzioni di questo lavoro, ancora una volta con la lente dell’operatore istituzionale che da questo genere di ricerche desidera trarre indicazioni per l’adempimento del proprio compito. Le riflessioni toccano due punti: 1. lo sviluppo di una lettura trasversale alle misurazioni espresse per ciascun settore. La variabilità delle tradizioni, o delle scelte attuali sugli assetti organizzativi regionali porta a mix di interventi che possono modificarsi anche decisamente: si pensi, per fare un solo esempio, alle scelte di integrazione socio-sanitaria in alcune regioni, laddove il dato sui presidi residenziali assistenziali (per anziani ad esempio) richiede una lettura incrociata con quello degli istituti di cura. A mio parere questa valutazione che intreccia i dati esplicitati nella ricerca deve essere una traccia da sviluppare in futuro.
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2. l’analisi (accanto all’output) anche dell’input, e quindi delle risorse pubbliche e private investite. Questa informazione peraltro può essere elaborata su fonti già esistenti, essendo gli archivi contabili delle amministrazioni tradizionalmente migliori di quelli che misurano l’offerta di servizi (per i ritardi nel-l’avvio di sistemi di controllo direzionale). Una terza indicazione mi sembra necessaria, e tuttavia occorre evidenziarla a parte per la sua diversa natura. Riguarda infatti la misurazione dei profili di qualità dei servizi. È questo un filone di analisi molto complesso ma che necessità di essere accresciuto. La strumentazione utilizzata è molto spesso differente, penso più a sonde in profondità che indagano la qualità dell’offerta su determinati servizi piuttosto che sull’intera gamma di prestazioni; tuttavia, se si pensa alle analisi sull’appropriatezza dell’intervento sanitario che negli ultimi anni è stata oggetto di lavori dell’amministrazione della salute, mi sembra che queste possano
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interfacciarsi in modo interessante ed utile con l’approccio seguito da Nuovo Welfare, laddove integrato anche con le informazioni di tipo contabile a cui facevo riferimento. Infine, al di là del merito dei singoli aspetti metodologici, o delle possibili evoluzioni, quello che di positivo emerge da questo esercizio di analisi del welfare regionale è la sua adesione alla logica che presiede alla trasformazione istituzionale degli ultimi anni. In altri termini, al tentativo di fornire indicazioni al tema che sarà nei prossimi anni iscritto nell’agenda delle politiche pubbliche italiane: con quali strategie e modelli di governo un paese sempre più rivolto alle dinamiche del territorio mantiene ed accresce una cittadinanza sociale che rappresenti fattore cruciale di coesione. Per questo obiettivo la cooperazione tra istituzioni e mondo della ricerca è determinante. Non resta che augurare buon lavoro all’Associazione Nuovo Welfare. Andrea Tardiola
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Cineforum a cura di
Matteo Domenico Recine
Crash Il lungometraggio d’esordio - e pluricandidato agli oscar - di Paul Haggis (sceneggiatore di The Million Dollar Baby diretto da Clint Eastwood), Crash (sottotitolo italiano “Contatto fisico”), è un film corale alla maniera di Altman o del Paul Thomas Anderson di Magnolia, ma soprattutto denso, complesso, innervato di molteplici spunti a carattere sociale. Non è possibile, in considerazione delle numerose sottotrame che compongono il tessuto del film, tentare di abbozzare una descrizione della trama, ma si può accennare ai principali elementi della narrazione. Ci sono molteplici spunti, infatti, dal razzismo a forme più bieche di intolleranza, dal debole che si fa forte con i deboli all’incomunicabilità nel momento del bisogno. Per non dire di Edipo, del potere e della necessità di addivenire a compromessi, a Cechov, e la catarsi finale grazie alla neve (anche questo un punto di contatto con Anderson, che però sceglie un elemento surreale come le rane). Il tema centrale, che percorre tutta la narrazione, è in assoluto il razzismo, inteso come pregiudizio e conseguente offesa da parte del più forte nei confronti del più debole: il bianco nei confronti del nero, lo statunitense nei confronti dell’immigrato, l’iraniano nei confronti dell’ispanico, il nero nei confronti dell’asiatico. Ma vi sono altri due spunti cruciali: il primo è la redenzione, il poliziotto razzista non esita a rischiare la vita per salvare la donna che ha molestato poche ore prima. Il secondo è la diffusione sconsiderata delle armi da fuoco: una bambina si salva solo perché la pistola che spara è caricata – inconsapevolmente – a salve; un ragazzo di colore muore perché chi dovrebbe avere i nervi saldi spara senza motivo alcuno. A questa ricchezza di contenuti corrisponde una forma altrettanto ricca, con scelte estetiche interessanti e attori in gran forma (Matt Dillon e Don Cheadle su tutti).
Hanno collaborato a questo numero Roberto Fantozzi, Ivo Guderso, Matteo Domenico Recine, Francesca Venuleo, Andrea Tardiola, Silvia Spatari Redattore Zaira Bassetti Impaginazione Zaira Bassetti, Marco Biondi Redazione Piazza di Pietra, 26 - Roma Potete inviarci le vostre osservazioni, le critiche e i suggerimenti, ma anche gli indirizzi e i recapiti ai quali volete ricevere la nostra webzine alla nostra e-mail: info@nuovowelfare.it
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