100 capolavori dell'Accademia Carrara

Page 1

masterpieces of the Accademia Carrara in Bergamo ioo

ioo

masterpieces

capolavori dell’Accademia Carrara di Bergamo

ioo

ioo € 19,90

www.officinalibraria.com

m sterpieces

capolavori

Mariotto Albertinelli Sofonisba Anguissola Antonello da Messina Marco Basaiti Evaristo Baschenis Jacopo Bassano Giovanni Bellini Jacopo Bellini Bernardo Bellotto Bergognone Bernardino di Mariotto Giovan Antonio Boltraffio Paris Bordon Felice Boselli Sandro Botticelli Francesco Botticini Bernardino Butinone Canaletto Cariani Luca Carlevarijs Vittore Carpaccio Giulio Carpioni Agostino Carracci Carlo Ceresa Giacomo Ceruti Lorenzo Costa Carlo Crivelli Bernardino de’ Conti Giovanni Ambrogio de Predis Donatello Albrecht Dürer El Greco Andrea Fantoni Vincenzo Foppa Fra Carnevale Fra Galgario Francesco di Simone da Santacroce Garofalo Girolamo Genga Giovanni d’Alemagna Girolamo Giovenone Benozzo Gozzoli Francesco Guardi Guercino Domenico Guidi Francesco Hayez Jacopo di Antonello da Messina Pieter de Kempeneer Pietro Longhi Lorenzo Lotto Bernardino Luini Maestro della Leggenda di sant’Orsola Andrea Mantegna Marco d’Oggiono Altobello Melone Jan Miense Molenaer Bartolomeo Montagna Giovan Battista Moroni Neroccio di Bartolomeo de’ Landi Palma il Vecchio Giuseppe Pellizza da Volpedo Pesellino Piccio Pisanello Gaetano Previati Andrea Previtali Raffaello Pieter Paul Rubens Cesare Tallone Giovan Battista Tiepolo Tiziano Giacomo Trécourt Cosmè Tura Timoteo Viti Alvise Vivarini Bartolomeo Vivarini Giovanni Volpato Francesco Zuccarelli

capolavori



m sterpieces

ioo

capolavori


2




m sterpieces

ioo

capolavori


amministratore unico sole executive officer Gian Pietro Bonaldi segreteria organizzativa administrative office Mauro Baronchelli Laura Luzzana Alessandra Tadini

con il prezioso sostegno di with the precious support of

Accademia Carrara 100 capolavori

Accademia Carrara 100 masterpieces

pubblicato da Officina Libraria

published by Officina Libraria

testi Paolo Plebani Maria Cristina Rodeschini Giovanni Valagussa

texts by Paolo Plebani Maria Cristina Rodeschini Giovanni Valagussa

traduzioni NTL, Firenze

translations by NTL, Florence

immagini Paolo Da Re

images by Paolo Da Re

progetto grafico e impaginazione Paola Gallerani

graphic design by Paola Gallerani

redazione e coordinamento della produzione Marco Jellinek

editing and production by Marco Jellinek

crediti fotografici Archivio fotografico Accademia Carrara Studio fotografico Da Re, Bergamo

photo credits Archivio fotografico Accademia Carrara Studio fotografico Da Re, Bergamo

fotolito Eurofotolit, Cernusco sul Naviglio (Milano)

colour separation by Eurofotolit, Cernusco sul Naviglio (Milan)

stampa e legatura Graphicom, Vicenza

printed and bound by Graphicom, Vicenza

Finito di stampare nel mese di aprile 2015

Printed in the month of April 2015

Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico o altro senza l’autorizzazione scritta dei proprietari dei diritti e dell’editore

No part of this publication may be reproduced or transmitted in any form or by any means, electronic or mechanical, or any information storage and retrieval system, without permission in writing from the publishers

© Officina Libraria, Milano, 2015 isbn 978-88-97737-59-9

© Officina Libraria, Milan, 2015 isbn 978-88-97737-59-9


Sommario

11 15 19 223

Introduzione

Accademia Carrara: una lunga storia di collezionismo

Opere

Indice degli artisti

10 14 18 222

Introduction

Accademia Carrara: A Long History of Collecting

Works

Index of Artists

Table of Contents


8



Introduction

W

hen the Accademia Carrara reopened after the war period, in 1955, with the new layout curated by Fernanda Wittgens and Franco Russoli under the supervision of Gian Alberto Dell’Acqua, a few years elapsed before the appearance of the first new publications on the museum. The entry of the Municipality into the ownership of the Accademia took place in 1958, and the transition from a kind of private management of the institution to a new set-up as a municipal museum probably required a settling-down period. A small booklet written in 1957 by Fernanda Wittgens was followed, in 1962, by a fine, large-format work edited by Franco Russoli, 50 capolavori della Accademia Carrara, printed to a very high standard for the age by the prestigious Istituto Italiano d’Arti Grafiche. Soon afterwards, in 1964, the short guide of Angela Ottino Della Chiesa was brought out by Alfieri & Lacroix of Milan, and then, in 1967, the “official catalogue”, that is, the list of all the works in a small-format volume, again edited by Russoli and once again published by the Istituto d’Arti Grafiche. Now, to coincide with the reopening of the Accademia after seven years of renovation work, we are publishing a short guide, a small book for children and, drawing inspiration from the volume of 1962, a collection of masterpieces, increased on this occasion to 100. We have been assisted in this three-part endeavour by the Officina Libraria of Marco Jellinek, who, with the loving care of a true publisher—one is tempted to say, a publisher of times past—has assisted, supported and checked all the work. For the 100 masterpieces in particular, this involved taking the trouble to gather together, reduce and patiently edit the large number of entries on the paintings produced in recent years for various exhibitions of the museum’s masterpieces “exported” to many countries: from Lausanne (the first, in June 2008, just a month after the closure) to Moscow (the last, exactly a year ago, in April 2014). The selection of the 100 masterpieces was not easy, will be debatable, and a significant number differ from the choices made by Russoli. An attempt has nonetheless been made, within the limits of a set number, to almost always take account of reasonable criteria. Hence, the choice fell above all on paintings belonging to the key strands of the picture gallery, presenting the most important artists and maintaining a balance between the various centuries and the most fully represented regional schools, the main collections of provenance and the different genres; also adding, however, a number of sculptures, from the relief attributed to Donatello from the Morelli Collection to an example of the variegated world of the Fantoni sculptors and several pieces from the Zeri bequest. Another basic criteria of choice was to select works of settled attribution, or at any rate supported by a clear framework of studies; for the many other works yet to be better understood there will be time and space in specialist catalogues, for which plans will shortly need to be drawn up. It should also be borne in mind that at present there is only the catalogue of the one hundred and twenty pieces from the Morelli donation, published by Federico Zeri and Francesco Rossi in 1986—a minimal part of the museum’s patrimony, which numbers some 1,800 paintings, including those of the twentieth century. The sequence in which the reader will find the selected masterpieces is basically chronological, but it also takes into account the subdivision in regional schools adopted in the new layout of the picture gallery. This should make it easier—we believe—to follow the logical order of the different art historical developments, and, at the same time, to prepare 10


Introduzione

Q

uando l’Accademia Carrara riaprì dopo il periodo bellico, nel 1955, con il nuovo allestimento curato da Fernanda Wittgens e Franco Russoli, e con la supervisione di Gian Alberto Dell’Acqua, ci vollero alcuni anni perché apparissero le prime nuove pubblicazioni sul museo. La immissione del Comune nella titolarietà della Accademia avvenne nel 1958 e il passaggio da una forma di gestione privata dell’istituzione al nuovo assetto di museo civico richiese probabilmente qualche tempo di assestamento. Dopo un primo opuscolo di Fernanda Wittgens del 1957, usciva nel 1962 un sontuoso tomo a cura di Franco Russoli dedicato ai 50 capolavori della Accademia Carrara, in grande formato e benissimo stampato, per l’epoca, dal prestigioso Istituto Italiano d’Arti Grafiche. Di li a poco sarebbe apparsa la guida breve di Angela Ottino Della Chiesa, nel 1964, per Alfieri & Lacroix di Milano, e poi il «catalogo ufficiale», cioè l’elenco di tutte le opere in un volumetto di piccolo formato, ancora a cura di Russoli, nel 1967, di nuovo per l’Istituto d’Arti Grafiche. Oggi in coincidenza con la riapertura dopo il settennio di lavori possiamo pubblicare una guida breve, un volumetto per i bambini e, ispirandoci al volume del 1962, una raccolta dei capolavori: aumentati in questa occasione a 100. Ci ha affiancato in questa triplice impresa la Officina Libraria di Marco Jellinek, che con la cura amorevole di un editore vero – verrebbe da dire: di un editore d’altri tempi – ha accompagnato, sorretto e verificato tutto il lavoro. Per i 100 capolavori in particolare, prendendosi la briga di recuperare e ridurre in un paziente lavoro redazionale le molte schede sui dipinti prodotte in questi anni scorsi per le varie mostre di capolavori del museo «esportate» in molti paesi: da Losanna (la prima, nel giugno del 2008, appena un mese dopo la chiusura) a Mosca (l’ultima, giusto un anno fa, nell’aprile 2014). La scelta dei 100 capolavori in questione non è facile, sarà discutibile, ed è in parte sostanziale diversa dalla selezione di Russoli. Si è cercato comunque, nei limiti di un numero dato, di tener conto quasi sempre di criteri ragionevoli. Dunque si sono scelti soprattutto i dipinti che formano l’asse fondamentale di questa pinacoteca, proponendo gli autori più importanti e tenendo un equilibrio tra i vari secoli e le scuole regionali più rappresentate, le principali collezioni di provenienza, i diversi generi; aggiungendo però anche alcune sculture, dal rilievo attribuito a Donatello della collezione Morelli, a un segno del variegato mondo fantoniano, ad alcuni pezzi della donazione Zeri. Altro criterio basilare di scelta è stato quello di proporre opere di attribuzione assestata, o comunque confortate da un definito quadro degli studi: per quelle, molte, ancora da capire meglio ci sarà tempo e spazio nei cataloghi scientifici che si dovranno mettere in programma al più presto; ricordandosi che oggi esiste il solo catalogo dei centoventi numeri della donazione Morelli, pubblicato da Federico Zeri e Francesco Rossi nel 1986: una minima parte del patrimonio del museo, che conta circa 1.800 dipinti, compresi quelli del XX secolo. La sequenza in cui il lettore troverà i capolavori proposti in questo libro è fondamentalmente cronologica, ma tiene conto anche della scansione per scuole regionali che è stata stabilita nell’ordinamento nuovo della pinacoteca. Per questo risulterà – crediamo – più facile seguire l’ordine logico dello sviluppo dei differenti problemi della storia dell’arte, e al tempo stesso prepararsi per la visita al museo, o ricordarsene. 11


oneself for the visit to the museum, or to remember it. It is also a source of satisfaction to be able to present works which have largely been recently restored, in new, high-definition digital images specially taken by Paolo Da Re. Although, as is known, the Accademia’s paintings are, on average, very well conserved—due also to their limited size and their provenance from private collections—it was still necessary, important, sometimes urgent and in any case essential to restore these masterpieces, if for no other reason than to remove the modified touching up and the honey-coloured “golden” surface varnishes dating to the two main previous phases of intervention. These were the ones conducted by Mauro Pellicioli at the time of the last two rearrangements: in 1931–1932, after Corrado Ricci’s second reorganization; and in the second half of the 1950s, after the post-war reopening. Instead, the work carried out in the years when Francesco Rossi was director focused laudably especially on those works that had been left in storage. It is impossible here to discuss the complexity of the problems we have faced, which have nevertheless enabled us gather together, through multiple and systematic specialist investigations, an extraordinarily rich body of information, which will need to be used and published in the coming years. But it is a fitting obligation to thank those who have carried out the restoration work: in Bergamo above all, and in Milan, also in conjunction with the laboratory of the Soprintendenza of Brera, and in Florence, also with the Opificio delle Pietre Dure. In years of uncertain public funding, the restorations—which in any case are costly undertakings—have been made possible by the Italian and especially foreign museums that have hosted exhibitions of our works in this period, and also by generous private contributions. The most significant ones worthy of mention are those of Banca Intesa, with Restituzioni 2008; the Bergamo section of Italia Nostra; and, finally, the Rotary Club Bergamo Sud, which donated a large sum for a complex restoration project concerning as many as ten fifteenth-century paintings from the Lochis Collection, amongst the most important in the museum, four of which are in the present selection of masterpieces – those of Carlo Crivelli, Giovanni Bellini (Portrait of a Young Man), Alvise Vivarini and Ambrogio Bergognone (Nursing Madonna). Finally, a note on a marginal theme, but which has a marked bearing on the new layout: the frames of the works. The new criteria of the 1950s led to the almost total substitution of the historic frames, replaced by “modern” splines or show cases, especially on the fifteenth- and sixteenth-century works. Fortunately, the majority of the frames were not thrown away, but wisely stacked up under the roof of the building’s west wing, above the rooms of the small library and the custodian’s accommodation. Their recovery was very interesting and far from easy, both for the restoration and in terms of matching them with the paintings. The result was a kind of parallel history, marking at least three distinct phases of taste. Around 1835, the year of the famous Accademia Carrara auction of paintings, the picture gallery was reordered, and it was at this time that the late neo-classical frames with palmette decoration were probably produced, which Bergamo framers still know well today, referring to them as “carrara frames”. In the 1840s and 50s, a significant group of frames came from the Lochis Collection; these were characterized by striking carved forms, sometimes undulating and full of movement, neo-eighteenth century, and sometimes more imposing and already almost neo-Renaissance. Finally, the 1870s and 80s saw the arrival of the frames chosen by Giovanni Morelli; these were invariably very rich, grand and of historicizing taste, decidedly neo-fifteenth century, in keeping with the arrangements of the Milanese house-museums of the time. In this context, reproduced in the layout of the refurbished rooms, the significance of the very rare original surviving frames is also rediscovered: the fifteenth-century ones integral to the panels of Neroccio de’ Landi and Bernardino di Mariotto, or the rare, very beautiful, eighteenth-century one on the small panel by Alvise Vivarini, decorated with lacquered flowers on a black ground. It was for this reason that we decided to reproduce some of the paintings together with their frames in the pages of the present volume. The picture gallery opens its doors to the public after a major renovation of its building, carried out thanks to the exceptional commitment of the Municipality of Bergamo – under three different administrations – and thanks to the Credito Bergamasco Foundation, which has offered the new layout, based on a sequence created by a scientific committee specifically entrusted with the task. The end result, which today becomes accessible to all, is due to this commonality of intents. 12


Motivo di soddisfazione è anche quello di poter proporre in assoluta maggioranza opere recentemente restaurate, in immagini nuove digitali raccolte ad hoc, ad altissima definizione, da Paolo Da Re. Benché, come è noto, i dipinti dell’Accademia Carrara siano mediamente molto ben conservati – anche in virtù del formato ridotto e della provenienza da collezioni private – i restauri su questi capolavori erano necessari, importanti, a volte urgenti e comunque irrinunciabili. Non fosse altro che per rimuovere i ritocchi alterati e le vernici superficiali «dorate» color miele che risalivano alle due grandi campagne di interventi precedenti. Quelle messe in atto da Mauro Pellicioli in coincidenza con gli ultimi due riallestimenti: nel 1931-1932 dopo il secondo intervento di riordino di Corrado Ricci; e nella seconda metà degli anni Cinquanta, dopo la riapertura postbellica. Mentre i lavori degli anni della direzione di Francesco Rossi si erano meritoriamente concentrati soprattutto su un doveroso recupero delle opere lasciate nei depositi. È impossibile accennare qui alla complessità dei problemi affrontati, che ci hanno comunque consentito di raccogliere attraverso le molteplici e sistematiche indagini scientifiche una messe di informazioni assolutamente straordinaria. Che sarà da utilizzare e pubblicare nei prossimi anni. È un impegno però ringraziare chi ha eseguito questi interventi, cioè i molti restauratori coinvolti a Bergamo principalmente, e poi a Milano, anche con il laboratorio della Soprintendenza di Brera, e a Firenze, anche con l’Opificio delle Pietre Dure. In anni di precari finanziamenti pubblici, i restauri – che sono comunque una operazione costosa – sono stati resi possibili dai musei italiani e soprattutto stranieri che hanno ospitato le mostre di nostre opere in questo periodo, e poi da generosi contributi privati. Da ricordare come i più significativi quelli di Banca Intesa-San Paolo, con Restituzioni 2008; della sezione di Bergamo di Italia Nostra; e infine del Rotary Club Bergamo sud che ha regalato una cifra importante per una campagna articolata nell’intervento su ben dieci dipinti del Quattrocento della raccolta Lochis tra i maggiori del museo, ben quattro dei quali troviamo nella presente selezione di capolavori: cioè quelli di Carlo Crivelli, Giovanni Bellini (il Ritratto di giovane), Alvise Vivarini e Ambrogio Bergognone (la Madonna del latte). Infine un tema marginale ma che ha un riflesso importante nel nuovo allestimento: le cornici delle opere. I criteri nuovi degli anni Cinquanta avevano comportato la eliminazione quasi completa delle cornici storiche, sostituite da listelli o teche «moderne», soprattutto sulle opere del Quattro e Cinquecento. Fortunatamente la maggior parte di quelle cornici non erano state buttate, ma più saggiamente accatastate nel sottotetto dell’ala occidentale dell’edificio, sopra le stanze della piccola biblioteca e della casa del custode. Il loro recupero è stato molto interessante e non facile, sia per il restauro, sia per l’individuazione della rispettiva corrispondenza con i dipinti. Ne è risultata una sorta di storia parallela, che segna almeno tre tappe di gusto riconoscibili. Attorno al 1835, anno dell’asta famigerata dei dipinti Carrara, viene riordinata la pinacoteca e si realizzano probabilmente le cornici di gusto tardo neoclassico, con decorazione a palmette, che ancora oggi i corniciai di Bergamo conoscono bene e chiamano «cornici carrara». Negli anni Quaranta e Cinquanta dell’Ottocento un significativo gruppo di cornici viene dalla collezione Lochis, ed è caratterizzato da scelte più appariscenti con forme intagliate a volte mosse e ondulate, neo-settecentesche, a volte più imponenti e già quasi neo-rinascimentali. Infine dagli anni Settanta e Ottanta dello stesso secolo arrivano le cornici scelte da Giovanni Morelli, sempre assai ricche, grandiose e di gusto storicizzante, decisamente neo-quattrocentesco, in linea con gli allestimenti delle coeve case-museo milanesi. In questo contesto così riproposto nell’allestimento delle sale rinnovate ritrovano il loro significato anche le rarissime cornici originali d’epoca superstiti: quelle quattrocentesche solidali alle tavole di Neroccio de’ Landi e di Bernardino di Mariotto, oppure quella rara e assai bella, settecentesca, con fiori laccati su fondo nero, della tavoletta di Alvise Vivarini. Per questa ragione abbiamo deciso di riprodurre una parte dei dipinti con le cornici, nelle pagine di questo volume. La pinacoteca riapre ora al pubblico dopo importanti lavori sull’edificio, realizzati grazie all’eccezionale impegno del Comune di Bergamo – con tre successive amministrazioni – e grazie alla Fondazione Credito Bergamasco, che ne ha offerto il riallestimento, basato sul nuovo ordinamento progettato da una commissione istituita a questo scopo. A questa comunità di intenti si deve il risultato che oggi è a disposizione di tutti. 13



N

6 Vincenzo Foppa Bagnolo Mella (Brescia), 1427 ca. – Brescia, 1515/1516

Tre crocifissi 1450 (?) tempera su tavola, cm 69 x 38,8 inv. 58 AC 00040 collezione di Giacomo Carrara, 1796 firmato e datato: m. cccc. / lvi die. / mensis / aprilis; vince[n] / civs bri / [x]ie[n]s[i]s / pin[x]it

el luglio del 1764 il conte Giacomo Carrara scriveva a monsignor Giovanni Bottari, primo editore moderno di Vasari, per informarlo di uno straordinario acquisto. Il ritrovamento di un’opera firmata e datata di Vincenzo Foppa consentiva di dare finalmente un volto a un artista menzionato nelle fonti storiografiche, avviando gli studi sul pittore bresciano. Opera di destinazione privata, il dipinto è uno dei testi più affascinanti della pittura lombarda del Quattrocento. Il primo piano della scena è occupato da un arco classicheggiante, impostato su robuste colonne pseudocorinzie, e affiancato da due tondi con profili laureati. Dietro questa incorniciatura, che risente del gusto antiquario testimoniato anche nei disegni di Jacopo Bellini, si distende un paesaggio umbratile, da fiaba gotica, punteggiato da folti boschi e abitato da castelli e città turrite, che invece richiama le ricerche di Gentile da Fabriano. Nella dolente tensione espressiva che percorre i corpi dei tre crocifissi e in particolare nella posa stravolta del cattivo ladrone si possono infine leggere i primi effetti dell’attenzione portata da Foppa alla opere padovane di Donatello. Nuova tuttavia è la luce che si distende sui corpi e sui paesaggi, accarezzandoli e modellandoli attraverso un fitto e sensibile chiaroscuro, che a Roberto Longhi pareva una delle ragioni per inserire questo dipinto tra i precedenti delle ricerche naturaliste sviluppatesi in Lombardia a partire dal Cinquecento. Giovanni Agosti (1987) ha evidenziato l’anomalia di un’iscrizione in cui l’espressione «die» risulta priva di specificazione cronologica, suggerendo la possibilità di leggerla come relativa al 6 di aprile 1450, cioè «mccccl vi die mensis aprilis». La possibilità che l’esecuzione dei Tre crocifissi sia da anticipare al 1450 si lega anche a una lettura del dipinto che ne colloca l’esecuzione all’epoca della primissima formazione di Foppa a Brescia, svoltasi all’insegna del magistero di Gentile da Fabriano e di Jacopo Bellini e ancora estranea all’esperienza del Mantegna padovano. [PP]

I

n July of 1764, Count Giacomo Carrara wrote to Monsignor Giovanni Bottari, the first modern publisher of Vasari, to inform him of an extraordinary purchase. The discovery of a work signed and dated by Vincenzo Foppa made it possible to finally put a face to an artist mentioned in historical sources. Thus studies on the painter from Brescia began. A private commission, the painting is one of the most fascinating works in fifteenth-century Lombard painting. In the foreground is a classical arch, supported by solid pseudo-Corinthian column and flanked by two tondi, round depictions of laurel-crowned heads in profile. Behind this framing, influenced by the antiquarian tastes also seen in the drawings of Jacopo Bellini, is a shadowy landscape, like that of a gothic fairy tale, punctuated by dense forests, turreted castles and cities, reminiscent of the work of Gentile da Fabriano. In the agonized expressive tension that runs through the bodies on the three crosses and in particular in the contorted pose of the bad thief, we can finally see the first influences of Donatello’s Paduan works on Foppa. However, one new element is the light that pours over the bodies and landscapes, caressing and shaping them through a dense and sensitive chiaroscuro, which to Roberto Longhi seemed to be one of the reasons for including this painting in the naturalist works that developed in Lombardy from the sixteenth century. Giovanni Agosti (1987) pointed out the anomaly of an inscription in which the expression “die” is devoid of chronological specification, suggesting that it might be interpreted as April 6, 1450, in other words “mccccl vi die mensis aprilis”. The possibility that The Three Crosses might have been painted prior to 1450 also relates to a reading that dates the painting of the work to Foppa’s earliest training in Brescia, under the teachings of Gentile da Fabriano and Jacopo Bellini, when the Paduan Mantegna was still unknown to him. [PP]

31

6 Vincenzo Foppa Bagnolo Mella (Brescia), c.1427 – Brescia, 1515/1516

The Three Crosses 1450 (?) tempera on panel, 69 x 38.8 cm inv. 58 AC 00040 Giacomo Carrara Collection, 1796 signed and dated: m. cccc. / lvi die. / mensis / aprilis; vince[n] / civs bri / [x]ie[n]s[i]s / pin[x]it


I

15 Giovanni Bellini Venezia, 1430/1433 ca.? – 1516

Madonna col Bambino 1476 ca. (?) tempera su tavola, cm 47,6 x 34 inv. 81 LC 00140 eredità di Guglielmo Lochis, 1859-1866 firmato: ioannes bellinvs

l notevole stato di conservazione di questo capolavoro fa apprezzare la delicatezza dei passaggi chiaroscurali con le morbide gradazioni di rosa sulla carnagione dei personaggi, i limpidi contrasti di luce e ombra sulla vestina bianca del Bambino, la metallica lucentezza del blu del manto di Maria, modellato in un meraviglioso gioco di pieghe e accarezzato da una spolveratura di sottilissimi tratti d’oro, come un pulviscolo depositato dalla luce. Il clima dolce e familiare del dipinto in realtà sottintende un’anticipazione delle vicende ultime di Cristo. Il volto di Maria è più malinconico che assorto, quasi prevedesse ciò che avverrà; mentre l’anomala posa del Bambino sembra evocare un Cristo portacroce. Maria inoltre trattiene il figlio come se volesse impedirgli di allontanarsi da sé, ma accenna anche a coprirne con un lembo del manto il sesso maschile: un particolare interpretabile come un riferimento alla natura umana, oltre che divina, di Cristo. Il Bambino si appoggia su una lastra di pietra che fa da coperchio a un sarcofago, sul quale la presenza del cartiglio col nome del pittore assume anche un valore apotropaico. La pietra, all’apparenza un marmo rosa di Verona, richiama alla memoria la pietra dell’unzione – la lastra su cui venne deposto Cristo prima della sepoltura – che la tradizione dice segnata miracolosamente di venature rosse di sangue e bianche delle lacrime di Maria. La datazione dell’opera oscilla tra il 1460 e il 1480, ma Longhi (1949) e Robertson (1968) la situano verso la metà degli anni Settanta, subito dopo la grande pala di Pesaro dalla tersa luminosità. Si può forse ipotizzare che l’essenzialità e la tensione meditativa di questa Madonna, chiusa in uno spazio angusto e con quel Bambino che somiglia a un putto di età ellenistica «animato in un gesto da Ercole» (Venturi, 1915), sia una sorta di reazione di fronte all’ammaliante luminosità della pala di San Cassiano di Antonello da Messina, completata a Venezia nella tarda primavera del 1476. Stupisce anche lo sfondo, un muro di grandi blocchi di pietra, scheggiati e ruvidi, che pare davvero un contraccolpo del celebre drappo consumato e segnato dalle pieghe della pala di Antonello. Bellini pare recuperare le radici della sua formazione e torna al Mantegna della pala di San Zeno con le sue strutture in pietra e con i suoi angeli, così agitati, che sono un ottimo modello per il Bambino. [GV]

T

hanks to its remarkable state of preservation, this masterpiece can be appreciated for the delicacy of the chiaroscuro with the soft shades of pink in the subjects’ complexions, the extraordinary contrasts of light and shade on the white garment of the Child, the exceptional brilliance of the Madonna’s blue mantle, with its wonderful play of folds, caressed by a sprinkling of thin strokes of gold, like a dust that has drifted down from the light and settled. The gentle and familiar mood of the painting in reality emphasizes an anticipation of the last moments of Christ’s life. Mary’s face is more melancholic than absorbed, almost as if she could foresee what was going to happen; while the abnormal posture of the Child seems to evoke Christ carrying the cross. Mary also holds the child as if to keep him from getting away from her, but she also seems to be trying to cover his masculinity with a corner of her mantle: a detail interpreted as a reference to the human nature, as well as divine, of Christ. The Child is leaning on a stone slab that acts as a lid to a coffin, in which the presence of the cartouche with the name of the painter also takes on an apotropaic value. The stone, which appears to be pink Verona marble, is reminiscent of the anointing stone—the slab on which Christ was laid before burial—which tradition says was miraculously marked by red veins of blood and the white tears of Mary. The dating of the work varies between 1460 and 1480, but Longhi (1949) and Robertson (1968) situate it in the mid-70s, just after the great altarpiece of Pesaro with its crisp brightness. We can speculate that perhaps the simplicity and meditative power of this Madonna, closed in a small space and with that Child who looks like a lively Greek putti “in a Herculean gesture” (Venturi, 1915), is a sort of reaction to the fascinating brightness of the altarpiece of San Cassiano by Antonello da Messina, completed in Venice in the late spring of 1476. The background is also amazing, a wall of large stone blocks, chipped and rough, and truly seems to be like a backlash to the famous worn cloth marked by folds in the altarpiece by Antonello. Bellini seems to have recovered the roots of his training and returns to Mantegna’s altarpiece of San Zeno with its stone structures and highly agitated angels, which provide an excellent model for the Child. [GV] 48

15 Giovanni Bellini Venice, c.1430/1433? – 1516

Madonna and Child c.1476 (?) tempera on panel, 47.6 x 34 cm inv. 81 LC 00140 bequest of Guglielmo Lochis, 1859-1866 signed: ioannes bellinvs



L

81 Giacomo Ceruti detto Pitocchetto Milano, 1698-1767

Ritratto di giovinetta col ventaglio 1740 ca. olio su tela, cm 65,5 x 54,9 inv. 58 MR 00065 collezione di Giovanni Morelli, 1891

a vicenda attributiva del dipinto che appartenne, prima di entrare nelle collezioni dell’Accademia Carrara, al conoscitore Giovanni Morelli, ha trovato definitiva collocazione nel catalogo di Giacomo Ceruti grazie a un’intuizione di Roberto Longhi. Lo studioso sceglieva l’immagine per illustrare la copertina del catalogo della storica mostra «I pittori della realtà in Lombardia», realizzata al Palazzo Reale di Milano nel 1953, a indicare in Ceruti il campione di un realismo di «alta tenuta morale». E l’approdo critico è tanto più notevole se si considera che il nome di Ceruti, a cinquant’anni dalla morte, venne già dimenticato. Per Giovanni Morelli, il Ritratto di giovinetta con ventaglio era di Francesco Zuccarelli, mentre Gustavo Frizzoni lo riteneva di Pietro Longhi, attribuzione con la quale partecipava alla «Mostra del Ritratto italiano» di Firenze nel 1911. Dopo Roberto Longhi nessuno ha più messo in discussione la paternità di questo dipinto di Ceruti, impareggiabile narratore di «vita vera, feriale, non artefatta» alla quale contribuisce secondo Mina Gregori «l’essenzialità infallibile» della tecnica pittorica degna dei grandi maestri spagnoli. Ha sempre impressionato in quest’immagine, del più personale ritrattista lombardo del Settecento, la schiettezza che tutto sacrifica alla realtà: dal giovane volto della ragazza con i grandi occhi spalancati su di noi, al controllo dei valori cromatici che non teme, ma anzi governa l’aperto conflitto tra il rosso dei capelli, il blu-verde dell’abito, il violaceo del ventaglio. Si avverte, guardandola, una situazione anomala, quasi la ragazza stesse indossando abiti e gioielli non suoi, suggerimento che trova una conferma nel disadorno ventaglio di una misura che sovrasta l’equilibrio della figura. D’altra parte il gioco di vestirsi con gli abiti degli adulti è stato da sempre uno degli intrattenimenti preferiti dagli adolescenti. [MCR]

T

he attribution of the painting that belonged, before becoming part of the collections of the Accademia Carrara, to the connoisseur Giovanni Morelli, has a definitive location in the catalogue of Giacomo Ceruti thanks to an intuition of Roberto Longhi. The scholar chose the image to illustrate the cover of the catalogue of the historical exhibition “I pittori della realtà in Lombardia” (The Painters of Reality in Lombardy) held at the Palazzo Reale in Milan in 1953, indicating Ceruti as an example of a realism with a “high moral tenor.” And the critical milestone is all the more remarkable when one considers that the name of Ceruti, fifty years after his death, was already forgotten. For Giovanni Morelli, the Portrait of a Young Girl with Fan was by Francesco Zuccarelli, while Gustavo Frizzoni thought it was by Pietro Longhi, an attribution with which it participated in the “Mostra del Ritratto italiano” (Exhibition of Italian Portraits) in Florence in 1911. After Roberto Longhi no one has questioned the authorship of this painting by Ceruti, an unparalleled narrator of “real life, mundane, not artificial”, who contributes, according to Mina Gregori, an “infallible essentiality” of painting technique worthy of the great Spanish masters. What has always impressed about this picture, by the most personal portrait painter of eighteenth-century Lombardy, is the frankness that sacrifices everything to reality: the young girl’s face with big eyes wide open looking at us, the control of the colour values that does not fear, but rather governs the open conflict between the red hair, greenish blue gown, and the purple of the fan. One feels, looking at her, an anomalous situation, almost that the same girl is wearing clothes and jewellery that are not hers. This suggestion is confirmed by the unadorned fan of a size that upsets the balance of the figure. On the other hand, the game of dressing up in adult clothes has always been a favourite of teenagers. [MCR]

180

81 Giacomo Ceruti known as Pitocchetto Milan, 1698-1767

Portrait of a Young Girl with Fan c.1740 oil on canvas, 65.5 x 54.9 cm inv. 58 MR 00065 Giovanni Morelli Collection, 1891



masterpieces of the Accademia Carrara in Bergamo ioo

ioo

masterpieces

capolavori dell’Accademia Carrara di Bergamo

ioo

ioo € 19,90

www.officinalibraria.com

m sterpieces

capolavori

Mariotto Albertinelli Sofonisba Anguissola Antonello da Messina Marco Basaiti Evaristo Baschenis Jacopo Bassano Giovanni Bellini Jacopo Bellini Bernardo Bellotto Bergognone Bernardino di Mariotto Giovan Antonio Boltraffio Paris Bordon Felice Boselli Sandro Botticelli Francesco Botticini Bernardino Butinone Canaletto Cariani Luca Carlevarijs Vittore Carpaccio Giulio Carpioni Agostino Carracci Carlo Ceresa Giacomo Ceruti Lorenzo Costa Carlo Crivelli Bernardino de’ Conti Giovanni Ambrogio de Predis Donatello Albrecht Dürer El Greco Andrea Fantoni Vincenzo Foppa Fra Carnevale Fra Galgario Francesco di Simone da Santacroce Garofalo Girolamo Genga Giovanni d’Alemagna Girolamo Giovenone Benozzo Gozzoli Francesco Guardi Guercino Domenico Guidi Francesco Hayez Jacopo di Antonello da Messina Pieter de Kempeneer Pietro Longhi Lorenzo Lotto Bernardino Luini Maestro della Leggenda di sant’Orsola Andrea Mantegna Marco d’Oggiono Altobello Melone Jan Miense Molenaer Bartolomeo Montagna Giovan Battista Moroni Neroccio di Bartolomeo de’ Landi Palma il Vecchio Giuseppe Pellizza da Volpedo Pesellino Piccio Pisanello Gaetano Previati Andrea Previtali Raffaello Pieter Paul Rubens Cesare Tallone Giovan Battista Tiepolo Tiziano Giacomo Trécourt Cosmè Tura Timoteo Viti Alvise Vivarini Bartolomeo Vivarini Giovanni Volpato Francesco Zuccarelli

capolavori


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.