Jefferson e Palladio
a cura di Guido Beltramini e Fulvio Lenzo RASSEGNA STAMPA
ma risorsa rimasta: la memoria. EJózefCzapski,quellocheabbiamoappenasentitoringraziare la febbre tifoidea, meritevole di avergli dischiuso le porte dell’universo proustiano, sceglie un argomento che della memoria è la più alta rappresentazione,ilfluvialeromanzodell’autorecheavevalettoin Francia,negli anni Venti, quando, reduce daunaguerracombattutadasoldato antimilitarista e divenuto pittore e critico d’arte, con alcuniamiciavevafondatoilComitatoparigino(KP,dacuiiltermine «kapisti»).ParigieralaMeccadegli intellettuali, anche e soprattuttodiquellivenutidafuori.Es-
sultaxidimonsieurProustinsiemeaisuoiascoltatori-interlocutoriedimettereperiscrittoquelleconferenzeimprovvisate.Che oratornanonellenostrelibrerie, dopo l’edizione del 2005 presso L’ancora del Mediterraneo (Adelphi,pagg.125,euro18,acura di Giuseppe Girimonti Greco).Proust aGrjazovecèiltitolo, più didascalico e meno efficace di quello scelto dall’autore: Proustcontreladéchéance,ovvero Proust contro il declino. Qui troviamo acute osservazioni, come il parallelismo fra l’operadiProustequelladiConrad:il primolascia la vitasociale (a parte qualche serata al Ritz)
«Il Giornale» • 19 settembre 2015
CONFORTO Marcel Proust (1871-1922) visto da Dariush Radpour. Sopra a destra, Jósef Czapski (1896-1993)
francesi di oggi, riuniti in Un’estate con Proust dalla curatrice Laura El Makki (Carocci, pagg.214,euro15,traduzionedi GianCarloBrioschi).Anticipatoredellaclinicapsicanaliticaesostenitoredel potere salvifico, oltre che artistico, della memoria, Proust ci appare anche nei loro contributi come un Socrate che si rivolge, parlando dal passato, ai suoi discepoli-lettori. Fraloro,inprimafila,c’èunufficialepolacco cheallafinedella seconda guerra mondiale andò a vivere (e a morirvi, nel 1993) a Maisons-Laffitte.Nonmoltolontano da Auteuil, dove nacque Proust.
La mostra Da mercoledì a Vicenza
LA CURIOSITÀ
Jefferson costruì l’America con il Palladio
La «magica» serie di Fibonacci scoperta in una chiesa pisana
Francesca Amé da Vicenza
C
he l’uso sapiente dell’architettura abbia contribuito a creare l’identità di un Paese come l’America è la tesi della mostraThomasJeffersonePalladio.Come costruire un mondo nuovo (dal 23 settembre al 28 marzo, catalogo in italiano e inglese, edito da Officina Libraria) al Palladio Museum di VicenzaperlacurateladiGuidoBeltramini e Fulvio Lenzo. La passione perl’architetturapalladianadelterzo presidente americano è cosa nota: lo stesso Jefferson (1743-1826) avevadefinitoiQuattrolibridell’architettura dell’intellettuale rinascimentale la sua «Bibbia». «Jefferson ama Palladio perché gli fornisce un kit di montaggio del mondo: nei suoitestitrovaleistruzionielemisureperfarestanze,porte,finestre.Gli offre un sistema di organizzazione dellospaziofacilmentereplicabilee
L’influenza dell’architetto rinascimentale sul presidente Usa personalizzabile», spiega Beltramini.L’ariosaepacataarchitetturapalladianabensiconciliaconlaricerca della felicità sancita della DichiarazionediIndipendenzascrittadaJefferson, il quale s’ispira a Palladio per realizzare in Virginia una serie di residenze di campagna, tra cui Monticello: dopo la Casa Bianca, è laresidenzastoricapiùnotad’America. A Vicenza ammiriamo le opere di Jefferson-architetto grazie al reportage fotografico di Filippo Romano: accanto alle foto di come appaiono oggileville,cisonodocumentistorici, schizzi, modellini e poi busti, dipinti, persino la testa di un bisonte. Ci restituiscono, anche grazie all’evocativoallestimentodiAlessandroScandurra,l’ambientedellostudio di un uomo dagli interessi onnivori,filologodiformazione,interes-
sato alla scienza, cultore delle arti ma anche uomo d’azione. Palladio nonincarnaperJeffersonsologliideali di praticità e piacevolezza: intellettuale al servizio della Serenissima,unicarepubblicatraletantemonarchie del Vecchio Mondo, è anche l’architetto della democrazia e della libertà individuale. Quando, nel 1792, fu indetto il concorso per progettarelaresidenzadelpresidenteaWashington,Jeffersonvipartecipa:vinceildisegnodiJamesHoban, maduranteildoppiomandatopresidenzialeJeffersonriusciràarealizzare quei cambiamenti che rendono la Casa Bianca inconfondibilmente palladiana: il pronao col colonnato ele“ali”.OltrealCampidogliodiRichmond, “tempio laico” del potere civile, il capolavoro progettuale di Jefferson è l’Università della Virginia: biblioteca a forma di Pantheon
eunenormegiardinosucuisiaffacciano gli appartamenti per docenti e studenti. È il primo campus della storia: razionale, confortevole e democratico,ècostruito adattandogli studiperlevilledelPalladioalleesigenzediunanazionechevuolecoltivare al meglio i suoi cervelli. UnospecchioconilbustodiPalladio che si riflette in quello di Jefferson apre la mostra vicentina e uno specchio simile chiude l’esposizione: il mondo nuovo ha dunque trovato nelle idee di un architetto rinascimentaleilmodoperlegittimarsi? «Palladio era quasi un brand, nell’Europa di fine Settecento, ma Jefferson,al di làdell’Oceano, fu ilsolo a interiorizzarne davvero le teorie per costruire ex novo una nazione», conclude Beltramini. Visionario sì, ma ancor più pragmatico, Thomas Jefferson è andato oltre lo specchio.
La lunetta a disegni geometrici della chiesa di San Nicola a Pisa C’era un messaggio che nessuno ha mai letto perpiùdi800anni,unmessaggioincodicenelle geometriedellalunettadellachiesadiSanNicola a Pisa. La facciata è stata recentemente restaurata.Duranteilavoriunprofessoredell’universitàdiPisa,PietroArmienti,espertodipetrologia ha osservato quei cerchi e quei rettangoli dell’intarsio.Studiandoquellegeometriesièresocontocheidisegnieranounrichiamoesplicito alle scoperte del primo grande matematico dell’Occidentecristiano,ilpisanoLeonardoFibonacci(1175 circa - 1235 circa). Il resoconto delle ricercheèstatopubblicatodaArmientisul«JournalofCultural Heritage».L’intarsio difatto«è un abaco per rappresentare numeri irrazionali comeilrapportoAureo,oltrechepercalcolarecon un’ottimaapprossimazioneilatideipoligoniregolari inscritti nel cerchio diametro maggiore».
«Il Sole 24 Ore» • 20 settembre 2015
«Il Giornale di Vicenza» • 22 settembre 2015
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IL GIORNALE DI VICENZA Martedì 22 Settembre 2015
CULTURA&SPETTACOLI Telefono 0444.396.311 Fax 0444.396.333 | E-mail: cultura@ilgiornaledivicenza.it
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LAMOSTRA. Domanil’ambasciatoreUsa apalazzo Barbaran da Portoequattro paginesul Gdv
Ilmondo di Jefferson &Palladio Si apre domani, dopo un’anteprima per la stampa sabato, la mostra “Thomas Jefferson e Palladio. Come costruire un mondo nuovo”, a palazzo Barbarano da Porto sede del Palladio Museum in contrà Porti. Alle 17.30 alla vernice sarà presente l’ambasciatore Usa in Italia, John Phillips. Domani Il Giornale di Vicenza dedicherà alcune pagine all’importante evento culturale. La mostra, curata da Guido
Beltramini direttore del Centro internazionale di studi d’architettura Andrea Palladio e da Fulvio Lenzo, è la prima in Europa sul grande palladianista americano. Thomas Jefferson (1743-1826), scrisse la Dichiarazione d’Indipendenza e fu il terzo presidente Usa ma anche l’americano che contribuì a dare un volto alla nuova nazione attraverso l’arte, l’architettura e il disegno del territorio. Chiamò la propria villa
Monticello perché nei Quattro Libri di Palladio aveva letto che la Rotonda sorgeva su “un monticello”. Palladio per Jefferson era colui che aveva saputo tradurre la grande architettura romana antica per gli usi del mondo moderno. Sarà possibile esplorare il mondo di Jefferson, le sue collezioni d’arte, i progetti di architettura, i sogni ma anche le sue contraddizioni: attraverso disegni, sculture, libri, modelli di architetture,
video e multimedialità. In mostra ci sono anche 36 fotografie di Filippo Romano, scattate in Virginia nella primavera del 2014. Sono presenti tre preziosi bozzetti originali di Antonio Canova per la statua di George Washington commissionata da Jefferson. Sarà possibile all’ingresso della mostra scaricare sullo smartphone il racconto dei curatori per muoversi nelle sale. La mostra resterà aperta fino al 28 marzo 2016. •
Lamostragià allestita apalazzoBarbarano daPorto:saràvisitabile dadomani al 28marzo2016
LIBRI/1. OggialGalla Caffèil saggio diRemo Rostagno,docente, educatoree uomo diteatro
OLIMPICA. Ogginel teatropalladiano ilviaalle attività 2015-2016
Semplificareè laricettaper uscireinItalia dal letargodell’educazione
Debuttanoanche i13 accademicinominati ainizio anno:Consegna delpremio“Hiclabor”
Scuoladarivoluzionare Meno ministero,piùvita Oggi alle 18 al Galla Caffè in piazza Castello, a Vicenza, Remo Rostagno presenta il suo libro “Manifesto per una rivoluzione della scuola”, Edizioni Anordest, 176 pagine. A dialogare con l’autore sarà Carlo Presotto, attore e direttore artistico della La Piccionaia.L’incontro è l’occasione per presentare il programma 2015-2016 della stagione di Teatro scuola realizzato da La Piccionaia per il Comune di Vicenza. Remo Rostagno è la persona più adatta per parlare di teatro e di scuola: insegnante, scrittore e esperto di teatro, docente nella scuola, è animatore e drammaturgo, ha fondato e diretto la rivista Scenascuola e pubblicato libri per La nuova Italia, Marsilio, Fabbri ed Edizioni Anordest. Tante esperienze che lo hanno portato a confrontarsi con gli stessi argomenti guardandoli però da punti di vista differenti, esperienze che confluiscono in questo suo nuovo libro. Rostagno affronta si potrebbe dire in modo eterodosso – uno degli argomenti più controversi del dibattito odierno, la cronaca di questi giorni dimostra infatti co-
RemoRostagno
me sia difficile trasformare la scuola italiana. Un testo che nel ripercorrere quarant’anni spesi a educare e a divertire generazioni di ragazzi propone una nuova visione della scuola. Una rivoluzione da fare adesso, senza imposizioni ministeriali, senza conflitti e resistenze. Il libro è suddiviso in tre parti, la prima parte è una ecografia della scuola dove si legge come funziona oggi: male anche se non sempre, non tutto. La seconda racconta come fare la rivoluzione, parola grossa ma necessaria e praticabi-
le. La terza è la semplice esemplificazione del percorso di realizzazione. Tutto dipende dal rapporto nuovo che i genitori vogliono e possono creare con i loro figli nei primi anni di vita e poi gli insegnanti con i loro allievi. Si può uscire dal letargo in cui versa l’educazione con dei papà e delle mamme disposti a lavorare per dare le ali ai figli, e con insegnanti che accettano di uscire dai loro gusci difensivi, per riprendersi la dignità di creatori del futuro. Remo Rostagno ha lavorato con il musicologo Sergio Liberovici portando alla Biennale di Venezia Un paese, il primo spettacolo creato da ragazzi; con l’attore Marco Baliani, scrivendo con lui Kohlhaas, diventato il prototipo del teatro di narrazione che da decenni continua a riempire i teatri; con Antonio Viganò de La Ribalta vincendo premi per i migliori spettacoli per i giovani selezionati dall’ente teatrale italiano. Ha fondato e diretto la rivista Scenascuola per la casa editrice Usher. Ha insegnato dalle elementari all’Università. •
LIBRI/2. Stasera
Lestorie d’impresa inValleagno C’èMarzotto
Lacopertinadellibro
Oggi alle 20.30 in sala Soster a Palazzo Festari, Valdagno, col team Guanxinet, si presenta il volume di Gaetano Bressan “Imprenditori e imprese della Valle dell’Agno”, ed.Mediafactory. L’autore dialogherà con l’imprenditore Pietro Marzotto e Giorgio Roverato, economista, docente all’Università di Padova. •
NuovoannoAccademia Barbieri su arte e Goethe Via all’attività 2015-2016 dell'Accademia Olimpica di Vicenza, presieduta da Marino Breganze, la cui cerimonia di apertura è fissata oggi alle 17.30 al Teatro Olimpico (ingresso libero). La manifestazione vedrà condensati tre appuntamenti: la prolusione, affidata allo storico dell'arte Franco Barbieri; la presentazione degli accademici eletti nel dicembre scorso; la consegna del nuovo premio «Hic labor», riservato a tesi di dottorato di ricerca. L'accademico Barbieri si soffermerà su "Una lettera ignorata di Wolfgang Goethe", aprendo nel contempo – attraverso il comune denominatore dell'Olimpico – le celebrazioni per il quarto centenario della morte di Vincenzo Scamozzi (1616-2016), artista che diede compimento al celebre teatro palladiano, ammirato dal letterato tedesco nel viaggio in Italia nel 1786. Quanto ai nuovi accademici, si tratta - per la Classe di Lettere e arti – di Donata Battilotti, Adriana Chemello, Maria Grazia Ciani e Luciano Morbiato (accademici ordinari), Cecil H. Clough,
LIBRI/3. OggiaSchio
Unamore trale api Cabonifirma il2°bestseller FrancoBarbieri
Dieter Girgensohn, Rossana Melis e Aldo A. Settia (corrispondenti); per la Classe di Scienze e tecnica, di Antonio Dal Lago, Ugo Galvanetto, Marco Peresani (ordinari) e Telmo Pievani (corrispondente); la Classe di Diritto economia e amministrazione ha eletto Lino Dainese (ordinario).Lo spostamento a settembre della cerimonia di solito in giugno - è stato dovuto alla visita a Vicenza del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per il 100° della nascita di Mariano Rumor. Alla fine la consegna del nuovo Premio triennale «Hic labor», destinato ad autori di tesi di dottorato di ricerca, che affianca i premi biennali «Hoc opus» e «Accademia Olimpica», per tesi di laurea. •
La scrittrice Cristina Caboni presenta a Schio il suo ultimo romanzo d'amore e speranza. Oggi alle 18 nella libreria Ubik in via Btg. Val Leogra, l'autrice del bestseller che ha conquistato la vetta delle classifiche italiane e straniere “ Il sentiero dei profumi” sarà in città per presentare il suo ultimo lavoro: “La custode del miele e delle api” edito da Garzanti. Il romanzo, ambientato nella terra dove risiede la scrittrice, la Sardegna, narra le vicende di Angelica, giovane apicultrice itinerante sempre pronta a spostarsi per fuggire dai legami stabili, che ritornerà in quell'isola, sferzata dal vento e dove ha trascorso l'infanzia accudita da Margherita la donna che le ha fatto da madre, per prendersi in carico un'eredità e ricominciare una nuova vita nella sua vecchia casa. Ad aiutarla, nel giardino di rose profumato, ci sarà Nicola, un uomo misterioso che conosce le paure di Angelica. • S.P.
INCONTRI. Daoggia Schioconferenzecon l’AccademiaAretè elaSocietàfilosofica italiana
Eros, taoismo, guerre: non solo filosofia FA_01691
Sara Panizzon
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Riparte oggi a Schio l’anno di incontri dell'Accademia popolare Aretè e della Società Filosofica italiana, sezione vicentina : alcuni seminari avvicineranno il pubblico alla filosofia su temi come la poesia, l'eros, il pensiero politico, l'antico Egitto e la Grande Guerra. «Dal 2008 ad oggi abbiamo dato ai nostri incontri un'impronta meno accademica- spiega Michele Di Cintio presidente della Società Filosofica- Il nostro intento è far avvicinare persone di tutte le età alla filosofia e anche
quest'anno proporremo alcune novità come una visita al Museo Egizio di Torino”. Il ciclo di conferenze, proposte da Aretè, inizierà oggi, alle 18.30 nell'istituto salesiano di Schio, con “La Poesia italiana tra ragazze, serpi e fuochi” di Stefano Guglielmin cui seguirà, alle 20, “L'Erotismo: dall'amore di sé all'amore dell'altro” di Brian Vanzo. Giovedì 24 settembre alle 17.30 sarà la volta di “Politica e democrazia nel pensiero contemporaneo” a cura di Carla Poncina, cui seguirà, alle 19, “Storia e cultura dell'antico Egitto” di Michele Di Cintio.
Le iscrizioni alle lezioni si effettueranno nella libreria Ubik in via Btg. Val Leogra, mentre la gita al museo di Torino si terrà l'8 novembre. La Società filosofica, invece, inizierà i suoi incontri sul tema “Il conflitto: il sottile filo dell'equilibrio instabile” il 7ottobre, alle 20.30 a palazzo Toaldi Capra, con “Ying e Yang: taoismo e conflitto” di Ylenia D'Autilia per proseguire il 14 ottobre con “Forza e Diritto: violenza e giustizia nel pensiero di Simone Weil” di Carla Poncina. Il 28 ottobre Michele Di Cintio proporrà “Filosofia della guerra ovvero il rapporto tra
morale e politica”, mentre il 4 novembre si terrà “La nevrosi. Storia del conflitto che ci abita” con Brian Vanzo. Chiuderanno il ciclo di eventi Michele Lucivero che l'11 novembre parlerà de “Lo scontro delle civiltà. Conflitti ed equilibri instabili nel pensiero politico contemporaneo”, Carlo Cunegato che interverrà il 18 novembre sul tema “L'ineguaglianza genera conflitti: il capitale nel XXI secolo di Piketty” e Michele Di Cintio, il 25 novembre, con “Parmenide ed Eraclito: immobilità e cambiamento. Alle radici della civiltà occidentale”. •
«Il Giornale di Vicenza» • 23 settembre 2015
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LAMOSTRA. Apre oggialPalladio Musem laprimaesposizione suJefferson&Palladio
Orarie biglietti
Loscalpellino eil presidente Genealogiadell’architettura Il legame tra Vicenza e gli Usa data giàafineSettecento, quando ilcelebrepoliticoe architetto siispiròaville epalazzipalladiani NicolettaMartelletto
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ome nasce un nuovo mondo? Attraverso un processo di rigenerazione, che ha bisogno di energia, creatività e fin da subito di regole. Thomas Jefferson, padre fondatore degli Stati Uniti, è un personaggio straordinario per spiegare i legami che la Vecchia Europa ha con la confederazione che nacque nella seconda metà del Settecento oltre l’Atlantico. Vengono a celebrarlo oggi a Vicenza l’ambasciatore statunitense John R. Phillips e il direttore generale per il Sistema Paese al mini-
stero degli Affari Esteri, Andrea Meloni, inaugurando la mostra “Thomas Jefferson e Palladio” che fino al 28 marzo 2016 racconterà al Palladio Museum la passione del terzo presidente Usa per le opere dell’architetto vicentino. Il rapporto culturale tra Vicenza e gli Usa è diventato concreto dal 6 dicembre 2010 nella risoluzione del Congresso degli Stati Uniti, che a camere riunite dichiarò Andrea Palladio "padre fondatore" dell'architettura americana, esprimendo riconoscenza all’architetto nato scalpellino per aver ispirato tanti edifici dell’immenso territorio nordamericano, a partire dalla Casa Bianca. E’ stato un riconoscimento implicito al lavoro del Centro internazionale di Studi di Architettura di Vicenza, il Cisa, che dal 1958 coltiva gli studi su Palladio riunendo qualificati
esperti internazionali e che per il 500° della nascita di Palladio, nel 2008, ha organizzato un biennio di mostre itineranti in Europa e negli Usa. Un anno fa alla cerimonia del giorno dell'Indipendenza americana, fu proprio l’ambasciatore Phillips a sottolineare il ruolo del padre nobile del palladianesimo americano, Thomas Jefferson, presidente con la passione per i diritti civili ma anche per l’architettura e l’urbanistica. Curata da Guido Beltramini e Fulvio Lenzo, quella che apre oggi è la prima mostra in Europa dedicata al politico-architetto. «Jefferson diede un volto all'America attraverso l’arte, l’architettura e il disegno del territorio- spiega Beltramini, direttore del Cisa - Fu un visionario ma anche un pragmatico, un uomo d’azione e insieme un intellettuale che conosceva il latino e il
greco e che era convinto che il Nuovo Mondo si potesse costruire attraverso la razionalità e la bellezza». Nelle sale di palazzo Barbarano da Porto sono esposti disegni originali di Jefferson per gli edifici di Monticello, in Virginia, dove volle una villa ispirata a quelle palladiane. Ma anche libri, carte geografiche, busti, sculture, i bozzetti di Antonio Canova per la statua di George Washington. Tra i cimeli la testa di un bisonte e oggetti da collezione, le foto di Filippo Romano in Virginia, per confrontare gli edifici voluto da Jefferson con quelli che popolano dal ’500 la campagna veneta. Due mondi di gentiluomini cresciuti con il culto del mondo classico.
La mostra, visitabile fino al 28 marzo 2016, è a cura di Guido Beltramini e Fulvio Lenzo, sostenuti da un consiglio scientifico presieduto da Howard Burns, di cui fanno parte James Ackerman, Bruce Boucher, Travis C. McDonald, Damiana Paternò, Mario Piana, Craig Reynolds. Il catalogo, in italiano e inglese, è edito da Officina Libraria. L’allestimento della mostra è di Alessandro Scandurra. Aperta dal martedì alla domenica, 10-18.Biglietto: intero euro 10, ridotto 7,scuole 4,family 14. www.palladiomuseum.org. La mostra è dedicata alla memoria di Mario Valmarana, professore all’ University of Virginia, che dedicò una vita a creare ponti fra il Veneto e la Virginia. È realizzata col sostegno della Regionee di Fondazione Cariverona, in collaborazione con Fondazione Canova di Possagno e Stiftung Bibliothek Werner Oechslin di Einsiedeln.
II
IL GIORNALE DI VICENZA
Mercoledì 23 Settembre 2015
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COSTRUIRE UN MONDO NUOVO ILRITRATTO. Ilterzo presidenteUsafuanche uno deipadri fondatori
DALLAVIRGINIA
JEFFERSON UNFIGLIO DEILUMI
GliStatiUnitie l’autorevolezza diPalladio
Scrissediuguglianza ediritti civili, ineconomiafu liberistaintegrale,laDichiarazione d’Indipendenza sideve a lui.Esperto diarchitetturaetecnologia Antonio Trentin
Quando Thomas Jefferson fu eletto terzo presidente - dopo George Washington che lo aveva voluto responsabile degli Esteri e John Adams del quale era stato vice - gli Stati Uniti compivano il loro primo quarto di secolo. Lui, da avvocato e deputato della Virginia, ne era stato uno dei Padri Fondatori. La Dichiarazione d'Indipendenza era stata dovuta in gran parte alla penna e alle idee sue. A cominciare dalle frasi messe a preambolo della scelta politica di staccarsi dalla Gran Bretagna firmata a Philadelphia il 4 luglio 1776, da due secoli e mezzo fondamento giuridico e civile delle democrazie occidentali: "Noi riteniamo che sono per sé stesse evidenti queste
verità: che tutti gli uomini sono creati eguali; che essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti; che tra questi diritti sono la Vita, la Libertà, e il perseguimento della Felicità; che per garantire questi diritti sono istituiti tra gli uomini governi che derivano i loro giusti poteri dal consenso dei governati; che ogni qualvolta una qualsiasi forma di governo tende a negare questi fini, il popolo ha diritto di mutarla o abolirla e di istituire un nuovo governo fondato su tali principii". Jefferson, nato nel 1743, interpretava perfettamente le contraddizioni sulle quali era nato il primo stato repubblicano della storia moderna. Era un figlio dell'Illuminismo europeo: scriveva di uguaglianza e diritti civili e sosteneva la società laica contro le monarchie del Vecchio
Continente poggiate sui diritti divini. In economia era liberista integrale: libero mercato, anche internazionale, contro ogni forma di protezionismo, secondo la divisione che a metà Ottocento avrebbe fatto scontrare gli Stati agricoli del Sud con quelli neoindustriali del Nord, fino alla guerra di Secessione. Da possidente sognava un'America di imprenditori rurali, grandi e piccoli, sui quali fondare le virtù civili e mercantili messe a base del mondo nuovo nato nelle ex-Colonie britanniche. Scrisse un appello a liberare gli schiavi negri e a fine presidenza firmò l'atto di abolizione della tratta umana dall'Africa, ma da proprietario terriero compravenditore di afro-americani - nella sua tenuta ne passarono 600 - li-
Leslie Greene Bowman*
Ilpresidente Thomas_Jefferson, ritratto da_Rembrandt_Peale,_1805_
berò alla fine solo quelli che erano suoi discendenti, figli di una mulatta che gli era stata amante e cognata. Significativa curiosità: fu battezzato con il suo cognome di presidente in carica un bimbo del Kentucky destinato a diventare nel 1861 il presidente della Confederazione secessionista, Jefferson Davis, il capo dei sudisti scelto dagli stati schiavisti come anti Abraham Lincoln. Quest'ultimo definì Jefferson come il più illustre uomo politico del primo secolo di storia americana. Insieme - e con Washington e Theodore Roosevelt - sono scolpiti nella roccia del monte Rushmore, il maestoso memoriale nel South Dakota che raffigura l'idea e i protagonisti del presidenzialismo statunitense. Nei suoi otto anni a Wa-
NELLAMOSTRAIL CONFRONTOTRADUE MONDIE DUEARCHITETTURE
Nelsalone d’onore unpercorso tra busti,disegni efoto La mostra si apre nel salone d'onore di palazzo Barbarano da Porto. Qui, da uno specchio, inizia il confronto tra i progetti di Jefferson e quelli di Palladio. Gli oggetti e le sequenze riprendono l'idea di una esposizione di insoliti strumenti scientifici. I progetti di Jefferson sono esposti in isole di elementi eterogenei accostati, ognuno dei quali sostiene disegni, modelli, libri. Le foto di Alessandro Scandurra portano il lettore in Virginia davanti agli edifici voluti da Jefferson. •
shington, appena creata capitale federale, Jefferson affrontò la prima guerra dell'"imperialismo democratico" americano: la Barbary Coast War (1801) della flotta capitanata dalla corazzata Constitution contro il pascià di Tripoli, a tutela dei traffici commerciali Usa nel Mediterraneo minacciati dai pirati berberi. E soprattutto contrattò con Napoleone (1803) l'acquisto della Louisiana: che non voleva dire solo l'odierno territorio allo sbocco del Mississippi, ma l'intero Midwest dal Golfo del Messico al Canada, praticamente il raddoppio della superficie degli Usa. Gli fu proposta una terza candidatura, nel 1809, ma la rifiutò, come già aveva fatto Washington nel 1797, mettendo in guardia dal rischio di soluzioni personalistiche per la
guida della federazione. I suoi ultimi anni, dopo l'uscita dalla scena politica, furono dedicati al confronto con pesanti guai finanziari e alle molte passioni che lo avevano animato per tutta la vita. Oltre che all'architettura che lo aveva visto progettista della sua villa neopalladiana a Monticello, alla filosofia e alla promozione culturale (fondazione dell'università della Virginia), Jefferson si dedicò anche alla tecnologia, che già lo aveva visto inventore di una sedia girevole, di un contapassi, di un poligrafo per la scrittura contemporanea di testi e di un crittografo per la stesura di documenti segreti. La morte lo colse esattamente a mezzo secolo dalla Dichiarazione d'Indipendenza, il 4 luglio 1826. •
Ringrazio i colleghi del Palladio Museum per aver organizzato questa pioneristica mostra su Thomas Jefferson. Nel 1782 il marchese de Chastellux scrisse «… Mr. Jefferson è il primo americano ad aver cercato nelle opere d’arte insegnamenti per riparare se stesso dalle intemperie». Jefferson fu un ammiratore di Andrea Palladio. I primi progetti di Jefferson per Monticello furono adeguamenti delle ville Cornaro e Saraceno di Palladio. Dopo 40 anni di ristrutturazioni e ricostruzioni, la versione di Jefferson di Monticello restò fedele alla sua prima idea di una rinnovata villa palladiana che domina la cima di una collina. Architetto autodidatta, Jefferson possedeva cinque edizioni dei Quattro libri dell’architettura di Palladio. È noto come egli avesse definito il libro di Palladio «la Bibbia», e come l’avesse fatto conoscere ai suoi amici e colleghi architetti, ampliando così l’influenza di Palladio in America. Giustamente la prima e l’ultima opera architettonica di Jefferson sono entrambe riconosciute siti patrimonio dell’umanità Unesco. Monticello e l’Università della Virginia rappresentano le aspirazioni di una nuova nazione e la duratura autorevolezza di Palladio, trasmesse attraverso gli occhi e l’influenza di Thomas Jefferson. *presidente della T.Jefferson Foundation,Monticello, Charlottesville, Virginia
LOSTUDIOSO. Aveva una nuovavisionedel rapporto cittadini-Stato
Riformatoree costruttore Howard Burns*
La mostra si concentra su Thomas Jefferson, un maestro del sapere del suo tempo, una figura cosmopolita, ma con radici rurali, artefice fondamentale delle basi intellettuali di una nuova visione del rapporto corretto tra cittadini e Stato, e di una nuova grande repubblica. L’architettura ha avuto un posto importante nella sua agenda personale e pubblica: per la propria casa come per la Casa del Presidente della nuova nazione, così come per l’Università e il Campidoglio del
proprio Stato, la Virginia. Jefferson fu guidato nella sua attività di architetto della nuova America (non solo in senso politico, ma anche in senso letterale), dalla sua ammirazione per I quattro libri dell’architettura. Palladio gli ha mostrato come le tipologie degli antichi romani potevano essere adattate a scopi moderni, combinate con innovazioni nella costruzione e nella comodità delle case, per fornire un quadro armonioso e razionale per la vita quotidiana e per la realizzazione di una società nuova. Jefferson è una figura complessa, geniale e illuminata, paragona-
bile a un altro grande riformatore e costruttore, Caterina la Grande di Russia, sua contemporanea, pure ammiratrice di Palladio. Come nel caso di Caterina, Jefferson realizzò molto, sia politicamente sia in architettura, anche se, come l’Imperatrice, nel contesto dei loro tempi non poteva pienamente mettere in atto tutti i suoi ideali e principi. Questa mostra fa vedere che Jefferson non è stato solo uno straordinario personaggio politico, ma anche un grande e influente architetto. *presidente del Consiglio Scientifico del Cisa, Vicenza
III
IL GIORNALE DI VICENZA
Mercoledì 23 Settembre 2015
L'INTERVISTA
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COSTRUIRE UN MONDO NUOVO
di NICOLETTA MARTELLETTO
LINODAINESE,presidentedelCisa
PALLADIOPERTUTTI ECCELLENZA ITALIANA L ino Dainese, 67 anni, fondatore dell’omonima azienda leader nei sistemi di protezione nel motociclismo e in altri sport, appassionato d’arte e d’architettura, competente collezionista, è sostenitore del Centro internazionale di studi d’architettura Andrea Palladio dal 1994 ed è entrato nel consiglio d’amministrazione nel 2007. Ne è diventato presidente nel luglio 2014, in seguito alle dimissioni di Amalia Sartori, e nel giugno scorso è stato riconfermato presidente all’unanimità. Il nuovo consiglio di amministrazione, che durerà in carica sino all’aprile 2019, è composto oltre che da Dainese (presidente, nominato da Camera di Commercio) da Antonio Franzina, vicepresidente (Regione), Roberto Ditri (Fase spa), Corinna Gemmo (per i soci sostenitori), Annalisa
Lombardo (Fondazione Roi), Antonio Zaccaria (Provincia) e Massimo Zancan (Comune). Tra gli obiettivi di Dainese, fin dall’inizio, c’è l’internazionalizzazione del Centro e il coinvolgimento di fasce di pubblico sempre più ampie.
Una mostra sul volto "americano" di Palladio: fa parte del suo progetto di aprire sempre più il Cisa alle realtà internazionali? La mostra era in progettazione da tempo, e nasce in sinergia con University of Virginia, e il Canadian Centre for Architecture, nostro stabile partner oltreoceano. Certamente una mostra su uno dei padri fondatori degli USA sarà occasione di crescita culturale e scientifica. Ma servirà anche come ponte per le imprese del nostro territorio che hanno uno sbocco negli USA. Non a caso oggi, ad
inaugurarla, c'è anche l'ambasciatore Meloni, direttore generale del ministero degli Affari esteri per lo sviluppo del sistema paese: un settore del Ministero dove cultura e impresa sono unite nella promozione del saper fare italiano. L’interesse verso Palladio, mi porterà nel mese di ottobre ad essere negli Stati Uniti per incontrare imprenditori che hanno manifestato l’interesse ad essere coinvolti nei futuri progetti del Palladio Museum. Nel Nuovo Mondo americano è evidente quanta Europa c'è, quanta Italia, quanta bellezza nata in Veneto. A lei, imprenditore che ha esplorato i nuovi mondi, che effetto fa? La bellezza è linguaggio universale, compreso da tutti. Vedere l’arte e l’architettura del nostro paese prese come esempio è un onore e una soddisfazione, ma allo stesso
«Inottobrenegli Usaincontrerò imprenditoriche voglionoessere coinvoltinei nostriprogetti»
LinoDainese,imprenditore,presidente del CisaPalladio
tempo un impegno per conservarle al meglio. Molte volte la bellezza del nostro paese è apprezzata di più dalla comunità internazionale che non da noi stessi. Forse siamo assuefatti a vivere tale privilegio. Come imprenditore sono orgoglioso che la nostra cultura sia presa come punto di riferimento, è gratificante andare all’estero e essere identificati come una persona che viene dalla “bella” Italia. Ma contemporaneamente è una
sfida: continuare a produrre bellezza. Questa mostra è stata realizzata anche grazie a nuovi mecenati vicentini che hanno abbracciato i progetti scientifici e divulgativi del Cisa? In una fase economica in cui le risorse per la cultura sono sempre meno supportate dalle istituzioni pubbliche, è strategico per il Palladio Museum rivolgersi a nuovi soggetti e mecenati. Ci rivolgiamo al mondo delle imprese che nel nostro
territorio hanno competenze ed eccellenza internazionali. Vogliamo coinvolgerle in progetti di sviluppo comune, passando dalla mera sponsorizzazione alla progettualità condivisa. Le aziende che guardano al futuro hanno bisogno di conoscenza, relazioni e contatti ad alto livello e di idee discontinue. Il Palladio Museum, e il suo patrimonio di saperi e relazioni mondiali è una piattaforma culturale fondamentale per la crescita, anche economica, del territorio.
Il Cisa, nel quadro di contributi pubblici sempre più ridotti, come può continuare a svolgere la sua attività di ricerca e divulgazione, come può diventare un luogo sempre più vivo e aperto anche al grande pubblico? Il Cisa è un istituto di ricerca riconosciuto a livello internazionale, il Palladio Museum è lo strumento con cui dialoghiamo con un ampio pubblico, perché le ricerche siano messe a disposizione di tutti con un linguaggio comprensibile anche a coloro che non sono degli specialisti. Dobbiamo sempre difendere l'eccellenza rappresentata nel mondo dal Centro palladiano. Ogni anno da quasi sessant'anni il Corso palladiano ideato da Renato Cevese porta a Vicenza 50 giovani provenienti da tutto il mondo che per una settimana hanno la possibilità di “conoscere” Palladio ed entrare in contatto con grandi docenti e direttori di musei internazionali. E verso il grande pubblico? Vorrei fare sempre di più per aprirci verso le famiglie, le scuole, i giovani e le aziende. In particolare stiamo potenziando i progetti Palladio Kids, e questa estate la prima edizione dei "Notturni palladiani" ha fatto il tutto esaurito nei sei concerti realizzati nel cortile del Palladio Museum. © RIPRODUZIONERISERVATA
LA TESTIMONIANZA. Come Jefferson anche l’imprenditore Coin crede in un mondo più creativo
Lacultura d’impresaèmotore nell’economiadellabellezza L’armoniadiunterritorio viaggia nelmondo attraversolenostreville Roberto Coin*
A 33 anni, dopo aver raccolto un discreto successo nell’ambito alberghiero, la mia necessità di rinnovarmi e rinnovare, mi ha portato ad addentrarmi in un mondo sconosciuto quanto ammaliante, il mondo della creatività. Amavo da sempre il concetto assoluto di bellezza, declinato nelle rappresentazioni più diverse, ma fu il gioiello a consacrare il mio passaggio alla vita creativa, lo consi-
deravo e lo considero l’accessorio per eccellenza capace di rendere ancora più unica una donna e ancora più prezioso un istante fissandolo nel tempo come un simbolo. Mi avvicinai all’industria del gioiello nello stesso modo in cui la vivo anche oggi, come un visionario convinto che la qualità e la buona fattura siano fondamenti inequivocabili per realizzare gioielli come opere d’arte. L’importanza del mio lavoro si basa su intuizioni creative e su sapienti mani, capaci di raccon-
tare la bellezza attraverso tecnica e dedizione profonde, in un mix vincente di alta tecnologia e valori della tradizione. In questi sorprendenti e densi anni di lavoro il mondo mi ha aperto tante porte d’accesso inaspettate, tessendo nuovi rapporti per realizzare un futuro più ricco e più saggio. La cultura di impresa si inserisce in questo intento come un investimento intelligente quanto reale. Il patrimonio artistico e culturale italiano rappresenta un potente driver per lo sviluppo socioeconomico e noi aziende siamo un tassello fondamentale per la realizzazione di progetti volti alla sua co-
municazione e alla sua valorizzazione. Thomas Jefferson credeva che il nuovo mondo si potesse costruire attraverso la razionalità e la bellezza. Non potevo trovarmi più in accordo con lui, anche per la stima e l’attrazione nei confronti di Andrea Palladio, preso da Jefferson come modello. Spesso nelle interviste mi chiedono dove trovo l’ ispirazione per realizzare design sempre nuovi: non mi stanco di ripetere che vivere in Italia, culla della bellezza, porta ad avere il gene dell’estetica nel proprio Dna. Le opere realizzate da Andrea Palladio a Vicenza città dove vivo e lavoro, come in tutto il Veneto, sono
L’imprenditorevicentinoRobertoCoin
un’espressione eccellente di armonia delle proporzioni, esempio di come la bellezza possa rendere migliore il territorio e istaurare dialoghi con interlocutori lontani. La
mostra “Jefferson Palladio” ci consente di creare un ponte culturale ed economico tra Vicenza e gli Stati Uniti, trasmettendo i valori che Palladio ha fissato con le sue crea-
zioni e che Thomas Jefferson ha voluto prendere come ispirazione. Da sempre gli Usa sono il mercato di riferimento per i miei gioielli, un mercato dove da anni divulgo la qualità del made in Italy. Palladio è stato spesso protagonista dei miei racconti sul talento e la grazia, le sue opere architettoniche hanno dettato regole estetiche che ho trasferito nei tagli delle pietre e nelle simmetrie dei design. Mi piace pensare che la bellezza, la cultura e l’arte siano per coloro che vi entrano in contatto momenti emozionanti, che non concedono spazio alla solitudine ma riempiono la vita di entusiasmo. In fondo, la vita non è che una collezione di esperienze che come diapositive preziose raccontano vite e personalità uniche le quali, come accade per grandi uomini come Andrea Palladio e Thomas Jefferson, diventano indimenticabili. *imprenditore
IL GIORNALE DI VICENZA
Mercoledì 23 Settembre 2015
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«L’Espresso» • 27 settembre 2015
«Il Venerdì», supplemento domenicale de «la Repubblica» • 16 ottobre 2015
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Il messicano Juan Rulfo non è soltanto uno scrittore, è un mito. E lo è diventato o e pubblicando pochissimo: Pedro un romanzo breve, La pianura in che è una raccolta di racconti e infillo d’oro (1980), ora riproposto da nella traduzione di Paolo Collo e con una prefazione di Ernesto Franco. Scrive Franco che tutti i personaggi del racconto sono «figure del destino condannate a ripetere per l’eternità la propria parte». Rulfo è infatti un decifratore di destini e qui mette in fo 86) scena l’uomo più povero del mondo, tale Dionisio che non aveva neppure i soldi per e sua madre, e una bella cantante soprannominata la Caponera, vaa come una zingara e come una zinpace di portar fortuna a chi se la fianco. Il loro palcoscenico è quello del imento dei galli: un mondo di sanrocia senza eguali, gioco d’azzarffe. Dunque una metafora perfetta ere alla ventura. Calamitati l’uno o, i due viaggiano, si amano, si soro lasciando che il tempo passi e che lle loro giornate si rinnovi, mentre ne accumulate vengono dilapidate senza nessun ritegno in un magitto finale. Il racconto era nato come soggetto ografico e in effetti un film ne fu trat4 con la sceneggiatura di Márquez e es e la regia di Roberto Galvadón.
di Stefano Bartezzaghi
IN MOSTRA A VICENZA LA PASSIONE ARCHITETTONICA DEL PADRE FONDATORE AMERICANO. CHE AVEVA UN MITO. MOLTO CLASSICO
THOMAS JEFFERSON VOLEVA ESSERE PALLADIO
QUANDO B ERA PER GI IL CONTRA DI BERL
di Massimiliano Panarari
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omo molto versatile e decisamente cosmopolita Thomas Jefferson (1743-1826), uno dei giganti della storia americana e teorico, influenzato dall’Illuminismo radicale francese, degli Usa come una grande democrazia rurale. Protagonista della guerra di liberazione dai britannici, estensore della Dichiarazione d’indipendenza, governatore della Virginia, segretario di Stato di George Washington e poi terzo presidente degli Stati Uniti. Ma pure architetto autodidatta, con all’attivo tra i suoi progetti l’università di Charlottesville (di cui fu anche l’organizzatore) e il Campidoglio della Virginia, in stile anglopalladiano. D’altronde dei Quattro Libri dell’architettura di Andrea Palladio (1508-1580), il maestro rinascimentale più rinomato della Repubblica di Venezia, l’uomo politico americano possedeva ben cinque edizioni. Alle relazioni tra le due figure è dedicata l’esposizione Thomas Jefferson e Palladio. Come costruire un mondo nuovo, al Palladio Museum di Vicenza (fino al 28 marzo 2016), promossa dal Centro Internazionale di Studi sull’architetto con la Fondazione Canova e la Stiftung Bibliothek Werner Oechslin. Jefferson trovò nei lavori palladiani l’orientamento per definire le linee costruttive e abitative della società del Nuovo Continente, a partire dalla Casa bianca, con un portico su Sopra, La Rotonda dell’Università della Virginia progettata da Thomas Jefferson. In alto, colonne da villa palladiana che avrebbe voluto Jefferson nel 1786 e il suo disegno preparatorio come una sorta di copia in grande della Rotonda di Vicenza. Palladio, architetto delle classi dirigenti repubblicane della Serenissima, era adorato dai rivoluzionari e democratici del ‘700, e divenne l’idolo di Jefferson e di coloro che nella classicità cercavano soluzioni per case private confortevoli e per uno spazio pubblico armonioso. Sarà così possibile vedere messo in mostra per la prima volta questo affascinante (e non di rado contraddittorio) contesto politico-culturale, con le collezioni d’arte e i progetti del presidente statunitense, tra disegni, sculture, libri e modellini, e parecchia multimedialità (insieme ai tre bozzetti originali di Canova per la statua di Washington che gli venne commissionata proprio da Jefferson). 16 O T T O B R E 2 0 1 5
Dylan Dog da Tex giovan Sono trascorsi due anni da quando Sergio Bonelli non c’è più e i suoi personaggi si prendono libertà inaudite: Tex diventa più giovane, Dylan Dog più vecchio, Mister No esce dal fumetto per entrare in un romanzo. E poi esce un nuovo fumetto tutto rosso e grigio. Ma non è tradimento: nonostante il suo amore per il fumetto del passato, Sergio Bonelli sapeva aprirsi alle novità. Oggi, sotto la direzione del figlio Davide e quella editoriale di Mauro Marcheselli, la Bonelli continua la tradizione ma aggiunge stimoli nuovi: un Tex in stile 16 O T T O B R E 2 0 1 5
«Süddeutsche Zeitung» • 3 novembre 2015
Süddeutsche Zeitung
FEUILLETON
Dienstag, 3. November 2015
Wo der Herr zu Hause ist
München Seite 10
Thomas Jefferson war der dritte Präsident der USA – und dilettierender Architekt. Für den Aufbau seines jungen Staates ließ er sich immerhin vom großen italienischen Baumeister Andrea Palladio inspirieren. Eine Ausstellung in Vicenza würdigt beide von thomas steinfeld
grundbesitzer auf der anderen Seite. Und Thomas Jefferson gehörte zweifellos zu den großen Gutsbesitzern, und wenn er die palladianische Architektur als Muster für das ganze Land behandelte, dann lag das auch daran, dass er die Vereinigten Staaten als eine Nation von Grundbesitzern betrachten wollte. Dieser Blick auf das Gemeinwesen änderte sich erst mit Andrew Jackson, dem siebten Präsidenten, der im März 1829 sein Amt antrat: Er war der erste amerikanische Präsident, der aus kleinen Verhältnissen stammte, und er war der erste, der eine Politik der kleinen Leute betrieb.
A
ls Thomas Jefferson, später einer der Autoren der Unabhängigkeitserklärung und noch später dritter Präsident der Vereinigten Staaten, im Jahr 1767 mit den Plänen für ein eigenes Haus in den Hügeln des Albermarle County in Virginia begann, zeichnete er einen Grundriss, der ein Quadrat und einen Kreis zusammenführte. Auf jeder der vier Seiten des Plans trug er eine von Säulen gezierte Loggia ein. Den Entwurf hatte er sich ausgeliehen, aus einem Buch, das 200 Jahre zuvor von Andrea Palladio geschrieben worden war: Er gehört zur Villa Rotonda, einem der berühmtesten Bauten dieses bekanntesten Architekten der italienischen Renaissance. Auch den Namen des künftigen Landsitzes hatte Thomas Jefferson bei Andrea Palladio gefunden: Denn die Villa Rotonda, so heißt es in der zum Plan gehörenden Beschreibung, liege „auf einem kleinen Hügel“. „Monticello“ ist das italienische Wort dafür, und unter diesem Namen ist Thomas Jeffersons Haus in die amerikanische Geschichte eingegangen. Seit fast achtzig Jahren, mit nur einer kurzen Unterbrechung, ziert es überdies die Rückseite der amerikanischen Fünf-CentMünze. In Vicenza, der Stadt, in der und um die herum die meisten Villen und Paläste dieses Baumeisters stehen, ist gegenwärtig eine Ausstellung zu sehen, die sich dem Einfluss Andrea Palladios auf die amerikanische Architektur widmet. Das ist zunächst in einem praktischen Sinn gemeint: Thomas Jefferson mochte Philologe, Jurist, Abgeordneter, Gouverneur, Diplomat und Präsident gewesen sein. Daneben aber war er, obzwar in diesem Beruf ein Dilettant,
Auch diesmal sollte die Erneuerung der Kultur vom Landbesitz ausgehen
Jeffersons Bauten sind Häuser, die aus jeder Zeit und jeder Gesellschaft hinausragen der seine Kenntnisse allein aus Büchern bezog (es gab bis 1865 keine Ausbildung für Architekten in Nordamerika), immer auch ein Architekt. Und wenn die Architektur der italienischen Renaissance auch auf vielen Wegen in Nordamerika einzog, vor allem vermittelt über das Modell englischer Herrenhäuser, so unterhielt Thomas Jefferson doch eine besonders innige Beziehung zu Andrea Palladio: Dessen ebenso erfolgreiches wie praktisches Handbuch der Architektur, die „Quattro libri dell’architettura“ (1554), besaß er in mehreren Ausgaben und Sprachen. Das Werk bildete die Referenz für alle eigenen Projekte: für „Monticello“ und „Poplar Forest“, einen weiteren Landsitz, für das Regierungsgebäude des Staates Virginia, in den Entwürfen für das Kapitol und den Amtssitz des Präsidenten in Washington, für die Häuser von Freunden („Barboursville“) und schließlich auch für das „akademische Dorf“ der University of Virginia, einen Campus, in dessen Mitte sich eine große Wiese befindet, die nicht von einer Kirche, sondern von einer Rotunde beherrscht wird. Mit Thomas Jefferson beginnt die amerikanische Architektur, und sie beginnt als Wiederbelebung eines Stils, der aus der Republik Venedig des 16. Jahrhunderts hervorgegangen war. Im „Museo Palladio“ in Vicenza, in einem vom Meister selbst entworfenen Palast, wird diese Wiederbelebung nachvollzogen, Schritt für Schritt: Dort liegen die Zeichnungen Thomas Jeffersons aus und deren Vorlagen. Dort wird am Modell gezeigt, wie eine Vorgabe aus dem Veneto in einen amerikanischen Universalismus übertragen wurde, in Gestalt von Säulen, Loggien und symmetrischen
Strenge Vision einer neuen Republik – Thomas Jeffersons Entwurf für die Rotunda der Universität von Virginia in Charlottesville. FOTO: SPECIAL COLLECTIONS, UNIVERSITY OF VIRGINIA LIBRARY, CHARLOTTESVILLE, VA Grundrissen und Portiken, die zu bedeutenden Tempeln zu gehören scheinen. Dort wird das architektonische Schaffen von Thomas Jefferson dokumentiert, Bau für Bau, und dort ist schließlich auch eine Dokumentation zu sehen, die der Mailänder Fotograf Filippo Romano von Thomas Jeffersons Bauten in ihrem heutigen Zustand anfertigte: von Häusern, die aus jeder Zeit und jeder Gesellschaft hinauszuragen und in ein arkadisches Museum zu gehören scheinen: Die Tempelfronten und Kolossalordnungen heben sich zwar gewaltig aus ihrer Umgebung heraus, aber das dazugehörige Land ist keine Landschaft mehr, sondern eine eher diffuse Umgebung. Im sechzehnten Jahrhundert hatten die venezianischen Aristokraten angefangen, sich in großem Stil ausgedehnte Landsitze errichten zu lassen: Die beherrschende Seemacht Venedigs war zweifelhaft geworden, die Republik hatte sich auf das Festland (auf die „terra ferma“) ausgedehnt, und das Leben auf dem Land, umgeben von Feldern, Weinbergen, Weiden und Wäldern, versprach mehr Beständigkeit, eine andere Art von Reichtum und neuen Glanz. Die Villa wurde zum Zentralbau einer scheinbar arkadischen Wirtschaft, zur ästhetischen Mitte einer neuen, schon vom Gedanken der Investition geleiteten agrarischen Ökonomie, die von einem „pa-
drone“ in Gestalt einer alle Glieder umfassenden, rational operierenden ländlichen Gemeinschaft betrieben wurde. Deswegen liegen die Villen so erhaben im Veneto (auch wenn sie nicht auf Hügeln stehen): nicht nur, weil die Aussichten so schön wä-
Republikanische Tugenden: Modell für Antonio Canovas berühmte WashingtonStatue, 1817. FOTO: POSSAGNO, GIPSOTECA CANOVIANA
ren, sondern auch, weil der Blick von der Loggia auf die bewirtschafte Natur das Land zur Landschaft ordnet – und weil der Blick vom Land hinauf zur Villa keinen Zweifel daran lässt, wo der Herr zu Hause ist. Eben deshalb sind Villen keine Paläste im alten Sinn. Vielmehr erscheinen sie, vor allem, wenn sie von Andrea Palladio entworfen sind, geometrischen Prinzipien unterworfen: den Regeln der Symmetrie und der Balance, des goldenen Schnitts und der Zentralperspektive. Ordnung und Herrschaft, Finanzwirtschaft und ein plötzlich und willentlich ländlich gewordener Adel gehören in diesen Häusern – und in den dazugehörigen Ländereien – nicht nur formal, sondern auch inhaltlich zusammen. Auch Andrea Palladio hatte seine Architektur einem Modell entliehen: dem Baustil der römischen Republik. Dafür gibt es ebenfalls Gründe, die alle Vorstellungen von Stil und Mode übersteigen: Das alte Rom war eine Republik für Aristokraten gewesen. Das Volk durfte sich daran beteiligen, doch nur in dem Maße, wie es die Herrschaft der Aristokratie nicht gefährdete. Ähnlich war es in der venezianischen Republik des sechzehnten Jahrhunderts gewesen. Und in den gerade unabhängig gewordenen Vereinigten Staaten vollzog sich diese Einwicklung noch einmal. Denn regiert wurde der junge Staat von einer Elite: Kaufleute und Bankiers auf der einen, Groß-
Den Palladianismus als den Stil der amerikanischen Staatsarchitektur hatte auch Andrew Jackson indessen nur noch hinnehmen können, ebenso wie die Gliederung des gesamten neuen Landes westlich der Appalachen unter eine streng symmetrische geografische Ordnung. Selbstverständlich war das „grid“, das nahezu unendliche Raster, das sich vom Ohio bis nach San Francisco zieht und die amerikanische Landschaft einem radikalen Prinzip von Gleichheit unterwirft, keine Erfindung des achtzehnten Jahrhunderts. Benutzt worden war das orthogonale System schon bei den alten Griechen, bei Neugründungen von Städten und öffentlichen Einrichtungen wie etwa dem Hafen von Piräus. Thomas Jefferson allerdings war es, der als Sprecher eines Kongressausschusses in den Jahren 1784 und 1785 die Aufteilung des noch zu besiedelnden Landes im Westen auf der Grundlage von „townships“ (6 mal 6 Meilen), „sections“, (1 mal 1 Meile) und „quarter sections“ (0,5 mal 0,5 Meilen) durchsetzte. Das „grid“ hat mehr mit Andrea Palladio zu tun, als man meint: nicht nur der Überzeugung wegen, die Erneuerung der Kultur habe vom Landbesitz auszugehen, nicht nur des strikten Rationalismus (und der darin angelegten abstrakten Gleichheit) wegen, sondern auch, weil die Unterwerfung des Landes unter einen geometrischen Formalismus ein Äußerstes an Macht voraussetzt. Das „grid“ ist Ausdruck einer aristokratischen Herrschaftsidee und Gegenstand einer demokratischen Massenbewegung zugleich. Der Palladianismus ist seit dem späten achtzehnten Jahrhundert nicht mehr vergangen, in Europa nicht und erst recht nicht in den Vereinigten Staaten. Er hat sich nur, als besondere Ausprägung eines allgemeinen Klassizismus oder „Greek Revival“, aus den Zentren der Macht zurückgezogen und in den Vorstädten und Neubaugebieten auf dem Land niedergelassen. Dort werden, um ein Vielfaches verkleinert, die dreieckigen Giebel mitsamt den ihn tragenden toskanischen oder dorischen Säulen noch immer vor den Eingang gesetzt, auch wenn dieser nur zwei Meter Abstand zum Gartenzaun hält, und wer aus dem Wohnzimmer auf den Zwergapfelbaum im Garten schaut, der guckt durch ein venezianisches Fenster mit einem Rundbogen über der mittleren Öffnung. Das Problem besteht nur darin, dass das Bild von Rationalität und Souveränität, um dessentwillen diese Häuser an die Bauten Andrea Palladios erinnern, ihrem Ort und ihrer Aufgabe widerspricht.
Jefferson e Palladio. Come costruire un mondo nuovo. Museo Palladio, Vicenza. Bis 16. März 2016. Der auf Italienisch und auf Englisch erhältliche Katalog kostet 24,90 Euro.
«Avvenire» • 3 novembre 2015
«The New York Times» • 2 dicembre 2015
«The Burlington Magazine»• 01 gennaio 2016
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EXHIBITIONS
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EXHIBITIONS
Jefferson and Palladio Vicenza by LOUIS CELLAURO
ogue and various l translations of ating to 0.10 and gy, biographies of cinating scholarly ovides a lively problems that he ification, dating, , as well as the icity, which is a e who is bold (or rk with Russian s. Anatoly Striinformative essay blished in 2001) mental history of version has been rdance with the ia Tsantsanoglou detailed examina.10 now in the ng evidence that
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THE EXHI BITION Jefferson and Palladio: Constructing a New World at the Palladio Museum, Vicenza (to 28th March),1 is dedicated to the memory of Mario Valmarana (1929–2010), Professor Emeritus at the University of Virginia School of Architecture and owner of the famous Villa Capra-Rotonda, Vicenza.2 Thomas Jefferson (1743–1826) is best known as the principal author of the Declaration of Independence (1776) and as the third President of the United States of America (1801–09). He was also deeply interested in the arts and an amateur architect who contributed considerably to the shaping of American architecture in the late colonial period and during the Early Republic. The single greatest influence on Jefferson’s design principles and architecture was the sixteenth-century architect Andrea Palladio, the only modern treatise writer whose canon of the orders Jefferson deemed worthy of copying in his own buildings. Having received no academic training and having no first-hand knowledge of earlier Roman or modern European architecture before 1784, Jefferson relied heavily on books as a source of inspiration for his earliest designs and as an aid to the formulation of his architectural ideas. He continued to use these sources after his return to America from France and in his retirement when designing the University of Virginia from 1816 onwards. Palladio’s I Quattro Libri dell’Architettura (1570), which Jefferson regarded as the ‘Bible’, occupied a prominent position in his library. That he owned six different complete or partial editions of the I Quattro Libri and had access to a seventh copy (the 1721 Leoni edition in English), which was in the collection of James Madison at the time of the design of the University of Virginia, indicates both his own enthusiasm as well as the prestige that Palladio enjoyed at that date. Although Jefferson spent a short time in northern Italy in April 1787 (twenty days in Milan, Turin and Genoa), he expressed profound regrets to his friend, the British painter Maria Cosway, that he could not extend his travel to the Veneto – only ‘thirty hours’ from Milan – and consequently never saw a single building by the great Vicentine architect. Despite its title, the exhibition, curated by Guido Beltramini and Fulvio Lenzo, offers more an overview of Jefferson’s architectural achievement rather than a detailed treatment of his relationship to Palladio. Seventy-two items are exhibited, including drawings, sculptures, books, photographs and models. These last were especially commissioned for the show by the Centro Internazionale di Studi di Architettura ‘Andrea Palladio’. It also features thirty-six photographs taken by Filippo Romano in Virginia in spring 2014. It is regrettable, however, that facsimiles of selected drawings from the Massachusetts Historical Society, the Maryland Historical
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83. Monticello: elevation of the first design of the house, by Thomas Jefferson. 1772. Ink on paper, 34.9 by 35.2 cm.; facsimile. (Massachusetts Historical Society, Boston; exh. Palladio Museum, Vicenza).
Society, the University of Virginia Library and the Huntington are exhibited instead of the originals. The exhibition is organised in five sections, starting in the first room with Jefferson’s grid for a land survey of the United States (p.98), designed after he had chaired a committee of Congress that produced a report known as the Ordinance of 1784. Instead of dividing the territory according to natural features, such as rivers and mountains, he adopted a rational square-mesh grid. Here visitors can admire Jefferson’s 1791 plan for Washington, and five facsimiles of his drawings
for Monticello I and its gardens (p.145; Fig.83), as well as a model on a scale of 1:66 (p.27). In 1768, Jefferson began to construct a freestanding house on top of a hill, a mansion that he called Monticello, having read in Palladio’s I Quattro Libri that the Villa Rotonda stood on ‘un monticello di ascesa facilissima’ (‘on top of a small hill, which is very easy to ascend’). Further on, a map shows Jefferson’s itinerary through Europe while living in Paris as a representative of the United States (1784–89). He visited Belgium, the Netherlands, Germany, England and, in Italy, Piedmont and Lombardy.
The second room contains copies of JeanAntoine Houdon’s portrait-busts of Benjamin Franklin, the marquis de Lafayette, George Washington and Jefferson as an introduction to the small section ‘Jefferson the builder’. This includes several drawings and two models of the constructional aspects of the dome of Monticello. The structure was based on a solution illustrated in Philibert de l’Orme’s Nouvelles inventions pour bien bastir (Paris 1561).3 The French architect had designed ribbing by coupling segments of curved beams, secured and joined to each other with wood rods and pins. The next sequence deals mainly with Jefferson’s fascinating Palladian design for the President’s House in Washington, a copy of the Villa Rotonda (1792; Fig.84). One novel feature is a dome with skylights, inspired by what Jefferson had admired in the Halle au Blé in Paris. His idea was not accepted, and the President’s House (now the White House) was essentially built by James Hoban. When Jefferson lived there as President, he ‘Palladianised’ Hoban’s design by ordering the construction of the two lateral porticos that we still see today. Jefferson’s interest in the Villa Rotonda is reflected in his designs for the governors’ houses at Williamsburg and Richmond and the President’s House in Washington, which culminated in the centralised design for Poplar Forest in Bedford County, Virginia, begun in late 1805 as Jefferson’s retreat (pp.160–61). In 1816 the governor of North Carolina sought advice from Jefferson about a statue of George Washington to be set up in the State Capitol in Raleigh. Jefferson insisted that Antonio Canova was the only sculptor to be considered. Canova made the three bozzetti on show (pp.124–26; Fig.85). In these Washington was gradually transformed from a Roman emperor into Cincinnatus, the Roman general 84. Scale model of Jefferson’s design for the competition for the President’s House on a scale of 1:66. Designed by Simone Baldassini and Mauro Zocchetta, constructed by Ivan Simonato. 2015. Wood, resin and tempera, 47 by 70.5 by 70.5 cm. (Centro Internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio, Vicenza; exh. Palladio Museum, Vicenza).
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Women in Schiele and K Vienna by ELIZABETH
THE TITLE OF th at the Österreic (Unteres Belved February), Klimt Frauen, could hard in marketing: it indispensable lure assumption that specified. And th decades (1895–19 fifty pieces by e indeed proved po a wider public, metropolitan wi vernal ‘fizz’ of Klimt’s Eugenia Pr on the jacket o the catalogue,1 th
85. First model for the monument to George Washington, by Antonio Canova. 1817. Plaster, 51 by 32 by 47 cm. (Museo e Gipsoteca Antonio Canova, Possagno; exh. Palladio Museum, Vicenza).
who handed power back to the Republic. The marble statue was unveiled in 1821, only to be destroyed by fire ten years later. The last section is dedicated to the Virginia State Capitol of Richmond, designed by Jefferson while in France from 1784 to 1789, and the University of Virginia at Charlottesville, which he founded after his retirement from public office. The design of the Virginia State Capitol was modelled on the Maison Carrée at Nîmes, an ancient Roman temple that Jefferson believed to be Republican, although he demanded that Charles-Louis Clérisseau substitute the Ionic order for the more ornate Corinthian order of the Roman prototype. Also exhibited are drawings and models of the Virginia State Capitol (pp.156–57), a model for the ‘academical village’ (the University of Virginia) on a scale of 1:350 (p.128), and a large model of its Rotunda, the library at the centre of the large lawn of the university whose design was based on that of the Pantheon in Rome at half scale. The exhibition was devised in partnership with the Stiftung Werner Oechslin in Einsiedeln, Switzerland, and the Fondazione Canova in Possagno. It is part of a joint project developed with the Canadian Centre for Architecture, Montreal, which in October 2014 staged the photographic exhibition Found in Translation: Palladio–Jefferson. A narrative by Filippo Romano. 2 Catalogue: Jefferson e Palladio. Come costruire un mondo nuovo. Edited by Guido Beltramini and Fulvio Lenzo, with contributions by James S. Ackerman, Bruce Boucher, Richard Guy Wilson, Travis McDonald and Guido Beltramini. 176 pp. incl. numerous col. + b. & w. ills. (Palladio Museum, and Officina Libraria, Milan, 2015), €24.90. ISBN 978–88–97737–77–3. English ed.: Jefferson and Palladio. Constructing a New World. ISBN 978–88–97737–78–0. 3 Fol.285r. 1
«Alias», supplemento domenicale de «Il Manifesto» • 14 febbraio 2016