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Mai pensato di cercare un olio “più adatto” ai bambini
Far sperimentare l’olio tipico del posto in cui si cresce
di Valentina Cardone, Laboratorio Chemiservice to di sola Coratina della zona di Castel del Monte, particolarmente armonioso ed equilibrato. Forse perché non è passato così tanto tempo, ricordo tutto di quella scelta e del gesto di condire, il mio piatto e il suo, in quella forma di “comunione” a cui abbiamo partecipato per la prima volta.
L’olio extra vergine di oliva è stato il primo alimento davvero naturale che ho potuto offrire a mio figlio, purtroppo diversi mesi dopo la sua nascita. Non avendo potuto allattarlo al seno, Giorgio è stato nutrito prima con il latte artificiale, poi con la frutta omogenizzata, poi con quelle pappe su cui finalmente condividere l’esperienza dell’olio extra vergine di oliva.
Come non gli abbiamo mai parlato usando un tono o un lessico infantile, così non abbiamo mai pensato di usare nei suoi piatti un olio diverso da quello che usavamo per noi in quel momento e ricordo bene che era la fine di novembre, era stata una sorprendete campagna olearia, quella del 2016: non ho avuto difficoltà a scegliere tra gli oli che mi avevano impressionata quell’anno. Si trattava di un olio fat-
Non ho mai pensato di cercare un olio “più adatto ai bambini”. Volevo che facesse l’esperienza dell’olio tipico del posto in cui cresce e nel quale il suo gusto si forma perché l’identità è anche questa cosa: riconoscere le peculiarità organolettiche del nostro territorio, dare loro il peso reale che hanno senza chiudersi alle esperienze di oli che rappresentano altri luoghi e altre culture. Una cosa a cui ho tenuto è che la sua prima esperienza con l’olio non fosse condizionata dalla presenza di attributi negativi ed evitabili, come la rancidità che talvolta si scopre negli oli conservati senza premura; non volevo facesse da subito l’esperienza della sensazione di “riscaldo”, tipica degli oli ottenuti da olive eccessivamente mature o lasciate molire troppo a lungo. Perché per esperienza personale, sono consapevole del fatto che certi sapori ti restano nella memoria e dalla memoria vengono “normalizzati”: si finisce per pensare che l’olio extra vergine di oliva è proprio così, “deve essere così”. E questo è uno svantaggio di partenza. Uno svantaggio culturale, mi verrebbe da dire.
Oggi Giorgio ha 6 anni e non abbiamo mai dovuto spiegare, da dove arriva l’olio perché lo ha capito con l’esperienza del tempo. Il suo tempo, come il nostro, è scandito dalle campagne olearie al termine delle quali “arrivano i campioni” (casa e laboratorio si trovano nello stesso immobile). Inevitabilmente partecipa delle soddisfazioni e delle difficoltà di questo periodo che comincia quando i bagni al mare non sono ancora definitivamente conclusi e finisce con l’arrivo del Natale. È un periodo di massimo impegno nel quale si imparano le parole: mosca, frantoio, siccità, resa, temperature, raccolta, trasformazione. Il ritmo è concitato e gli animi non sempre sereni e tutto questo in attesa delle bottiglie che arrivano qui da noi ancora nude, senza etichette, senza marchi, senza altro che non siano i colori della natura e i sapori ogni anno diversi. Ogni bottiglia una storia da scrivere, una storia che si racconta in numeri, con un lessico asciutto.
Non posso negare che mi commuove molto vedere le sue piccole mani a coppa stringere il bicchiere color cobalto,
Mamme olearie
fare il gesto di chiudere per riscaldare, infilarci il naso dentro per cogliere una sensazione improvvisa e fugace, alzare gli occhi per cercare una risposta nei miei.
Questi gesti che io ho visto fare a mio padre e che Giorgio ha visto fare a me, forse tra qualche anno non gli interesseranno più, preso da altre passioni, indipendenti dalle mie. Però oggi questi sono i gesti che ci fanno sorridere in una quotidianità che ci piace e che speriamo possa essere utile agli altri.