L’entusiasmo post-Festa DAMS è ancora fresco, in aula Eutropia si sente ancora l’eco del sax di Claudio Lugo, della storia del DAMS raccontata da Roberto Trovato, della chitarra di Laura e delle voci dal vivo di Francesco, Desirée, Sarah, di Serina e del suo violino, e registrate di Pamela, Adelio, Elena, Stefania, Davide… Se passate nel foyer, le stelle sono ancora lì. Forse un po’ sbiaditi, ma i nomi e le facce della storia del DAMS sono ancora tutti lì. Così come il cartellone sul quale potete ancora scrivere i nomi che mancano all’elenco. Aspettando la prossima festa... Intanto, in queste settimane son successe, e succederanno, un sacco di cose qui nei dintorni, e noi facce da DAMS ve ne vogliamo raccontare un po’ a modo nostro: L’Unità d’Italia (perché siamo un approfondimento di attualità), il Festival di Sanremo (sul quale i nostri hanno pareri contrastanti), l’improvvisazione teatrale (in pillole, e non certo improvvisate), il Teatro della Tosse a Bordighera (che col suo Sogno sensual-gotico i nostri li ha un po’ confusi), l’Italia in gara per l’Oscar...
I sogni della Tosse pag.3
SKENE’ WeekIMPRO’ 8/9 marzo pag.3
SUONI
Sanremo, sorrisi e canzoni pag.4 pag.5 Maria Pettinato “Potere e Libertà”
CARTA
Anche a questo giro facciamo parlare (di) un sacco di bella gente che è nata qui, o che da qui è passata. Carnevale (s) Estremo ponente ligure, terra amata nei secoli da nomi mascherato diventati storia, da Alfred Nobel a Claude Monet, il grande pag.6 clown Grock e nobili, principi e imperatrici di ogni epoca e nazione. Terra difficile da abitare, ma facilissima da amare. Ancor di più in momenti critici come l’attuale. La quantità d’acqua scesa dal cielo è stata Il senso della vita impressionante, come non se ne vedeva da almeno un secondo Sorrentino secolo. E nonostante le frane, il treno deragliato, la muffa pag.6 nelle ossa, siamo qui. E un altro numero di Eutropia nasce, anche dal fango. La gente di Liguria ha la pellaccia dura, siamo l’unica Jakhnagiev a Sanremo popolazione antica ad aver resistito alle invasioni romane, con “Crash Art” anche se in pochi lo sanno o se lo ricordano.
CIAK
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Il sole è tornato e pian piano tutto si asciuga e si rimette a posto. La vita non si ferma. Le nostre penne nemmeno. Tanto più col Carnevale e la primavera alle porte! Bienvenus les foux! Largo alla deliranza! :O)
VISIONI
Redazione EUTROPIA Approfondimento di Arti Sceniche e Figurative a cura dei ragazzi del D.A.M.S. di Imperia - N°4 Carnevale 2014 - DISTRIBUZIONE GRATUITA - redazione.eutropia@hotmail.it
Illustrazione di Flauel www.facebook.com/flauel Instagram: @Flauelmoda
Illustrazione di Degal www.facebook.com/DegalVisualArtist
EUTROPIA è una scatola di cartone costruita nell'aula K del DAMS di Imperia. È una rampa di lancio per chi non avrebbe mai pensato di scrivere o apparire su un giornale. È un filo diretto tra tutti quelli che tra Nizza e Imperia, ma anche un po' più in là, fanno arte, creano qualcosa di nuovo e magari vorrebbero diventasse un mestiere. Eutropia è incontro tra i DAMSiani di Imperia e i loro amici sparsi per il mondo. È un sempiterno cordone ombelicale tra il DAMS, il suo territorio e chi qui è nato, biologicamente o artisticamente. E non fa differenza tra chi è rimasto e chi se n'è andato. Eutropia è l'ideale caffè che fa conoscere gente che prima non si conosceva, pur occupandosi delle stesse passioni. Eutropia è musica, arte, cinema, teatro, letteratura. Ma anche televisione, danza, fotografia, scultura, fumetto. Eutropia è vecchia e nuova, high tech e vintage, cartacea e on-line. Eutropia ha sempre fame. Di cose nuove e di vecchie tradizioni. Per Eutropia passano tutti. Eutropia è l'aula teatro del DAMS di Imperia dove i libri diventano pratica, il pensiero diventa azione. I suoi camerini puzzano di sudore e si ride e si brinda tutti: attori, professori, laureandi, improvvisatori, musicisti, ballerini, saltimbanchi. Eutropia è l'aula fredda d'inverno e torrida d'estate. È sala prove, laboratorio sceno-luci, aula magna, sala riunioni. GRAZIE Eutropia è la città raccontata da Calvino che si rinnova ogni volta che l'assale la noia. Cambiano le facce, ma i ruoli no. E la riconosci sempre. Come un'eterna commedia, dove ogni cambio del cast rinnova e riscopre l'intera storia. Eutropia è già rinata due volte dopo la fine del mondo profetizzata dai maya. E anche questo vuol dire qualcosa.
a chi ha collaborato a questo numero: MariaPettinato,OrianaGullone,LucaStardero, ValeriaQuerini,Louise-desattides,ElenaSpadola,Degal,Flauel.
I sogni della Tosse Deliri e visioni a Palazzo del Parco fino ad aprile. Venerdì 7 febbraio: sogno di una notte di mezza estate in una tiepida sera d'inverno. Il Palazzo del Parco di Bordighera è già assaltato da folle carnevalesche elettrizzate e surriscaldate da buon vinello. Si brinda al paesaggio scheletrico-goticheggiante che campeggia sul palco: una varietà di elementi simili a seggiole, trespoli oppure simboli esoterici? Piacevolezze estetiche? Mobilio a incastro? Lapidi cimiteriali? Orologi a cucù incompleti e rifiutati? Tutto ben incastrato su due ali che convergono al centro del palcoscenico: un cerchio di terra rossa, allusione forse a combattimenti o alle atmosfere del sottobosco o alla polverosa sottotrama shakesperiana. Il tutto sovrastato da quella che appare come la struttura
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ramificata di un tendone da circo, sotto la quale si muovono scattanti folletti punk, creaturine a metà tra il boschivo e la fauna urbana metropolitana; zeppe e anfibi da asfalto su agilità da scoiattolo curioso. Puk e il suo ombrellino spiralico sono l'incarnazione del concetto.
scontro generazionale tra la grigia criniera di Creonte e il caschetto rasato di Antigone e le sue cuffie che urlano rock e slogan da cortei liceali. Lo schiaffo finale che trasforma l’arredamento più vicino al nostro tempo tira un pugno allo spettatore ‘umano’ e fa ammiccare quello ‘critico’.
Sabato 1 marzo: Antigone adolescente instabile in un’instabile serata di quasi primavera. Palazzo del Parco è meno assaltato dell’ultima volta, probabilmente scorre meno vinello e l’interessante calendario stimola papille ben diverse e carnet e prenotazioni più prudenti. Si ride col grande caratterista nutrice-soldatouccellaccio del malaugurio. Si riflette amari nell’incontro-
La seconda rassegna promossa dal Teatro della Tosse al Palazzo del Parco a Bordighera prosegue fino ad aprile. Sempre meglio. di Elena Spadola e Oriana Gullone Biglietti - Intero € 15 - Ridotto € 13 (militari, over 65 e giovani fino a 28 anni) - Ridotto € 10 (gruppi di almeno 10 persone, previa contatto con l'Ufficio Promozione tel. 0102487011) - Ridotto € 8 (studenti)
WeekIMPRO’ - 8/9 marzo 2014 A lezione dagli Artigiani della Commedia. Impertinente e dal Parcheggio delle Nuvole (NdR, entrambe le compagnie, ormai affermate sul nostro territorio grazie alle più diverse collaborazioni, specialmente a scopo sociale, formativo e didattico, sono dirette da laureati DAMS: Emanuele Morandi, Christian Gullone. Valentina Di Donna). Per informazioni e dettagli anche sui prossimi incontri: http://ilparcheggiodellenuvole.jimdo.com/.
DOVECOMEQUANDO segnalato da Oriana Gullone
Improvvisare: fare le cose come vengono, alla carlona, tirar su qualcosa con lo sputo...eh no! Sbagliato gente! L’improvvisatore teatrale è colui che, conoscendo e perfezionando in anni di esperienza regole e tecniche vecchie di secoli, riesce a imbambolare un pubblico di spettatori, possibilmente paganti, senza bisogno di un testo scritto. In questo senso vanno interpretati il lavoro e il secolare successo della Commedia dell’Arte (termine utilizzato nel ‘500 per intendere il lavoro degli artigiani, nei quali rientravano anche scultori, pittori e commedianti, che noi oggi chiamiamo artisti), della quale il 25 febbraio si è celebrata la Giornata Mondiale. E di quest’arte potrete iniziare a imparare qualcosa a Sanremo l’8 e il 9 marzo con Eugenio Galli, amatore IMPRO milanese (NdR, www.improteatro.it Scuola Nazionale di Improvvisazione Teatrale con 25 sedi in tutta Italia, Imperia-TSC e Genova-Maniman le più vicine). Sarà il secondo dei quattro appuntamenti di 4 Time Theatre, ciclo di incontri di formazione teatrale aperti a tutti organizzato dal Teatro
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Sanremo, sorrisi e canzoni
Il Festival della Bellezza e del Sorriso, nonostante tutto.
E anche quest’anno la settimana più chiacchierata e affollata della cittadina rivierasca è andata. Il sipario sull’Ariston si chiude, un’altra targa si aggiunge alla lunga serie della viaMatteottiOfFame e arrivederci all’anno prossimo. Cosa ce ne rimane? Tanti sorrisi, ma proprio tanti, tanti “grazie” sentiti e di cuore, tante emozioni forti e incredibili brividi. La Grande Bellezza il tema scelto quest’anno dalla premiata ditta FazioLittizzetto-Pagani, in omaggio al film di Sorrentino in lizza per gli Oscar. Obiettivo più che centrato. Bellezza senza tempo, età, limiti. L’energia della Carrà, il fascino della Casta, le gambe delle Kessler, le stampelle di Tokmak, le
parole di Peppino Impastato, il flash mob disturbator-canterino a sorpresa, l’eleganza senza tempo della Cardinale, il monologo di Franca Valeri e le lacrime di Lucianina. Paoli che canta Tenco e Bindi, Ligabue che tenta il genovese con gli occhi lucidi, Santamaria che racconta il maestro Manzi, il prefestival di Pif che fa vedere la Sanremo ‘vera’, la giuria di qualità di Virzì che ride e scherza come fosse all’intervallo di scuola, il piccolo grande Rocco che a mezzanotte passata riesce a far battere le mani a tempo alla platea sanremese ormai quasi addormentata, Frankie che duetta con la Vanoni sulle note di Conte, il sorriso ad occhi chiusi goduto ed estatico di Gualazzi, Renga, della Ruggiero, di Sarcina ad ogni replica del pezzo in gara. E l’elenco potrebbe continuare a lungo. L’atmosfera respirata, sia in prova che durante le serate, odora di famiglia, di vecchie e solide
amicizie, di voglia di far bene il proprio lavoro e divertirsi a farlo. Il Festival della crisi è costruito e messo insieme da amici, amici veri. Il che, probabilmente, aiuta anche a chiudere il bilancio (quasi) in pari...un miracolo! Amici di una vita che da una vita amano il lavoro che fanno, e che per questo cercano di farlo nel miglior modo possibile. "Mi rendo conto che costruire è più difficile che distruggere" dichiara Fazio la prima sera al microfono di Vincenzo Mollica, mentre Grillo sotto quella terrazza ancora sbraita, e poco prima che il sipario si incastri e i due misteriosi operai campani aprano in tensione la kermesse. E mentre giornali, televisioni e social network urlavano, al solito, allo scandalo, lui, Luciana e l’intera squadra RAI sono riusciti non solo a non cedere alla chiacchiera facile, alla polemica, alla ‘distruzione’, ma a continuare a ‘costruire’ il loro
spettacolo, ogni sera meglio della precedente. Un bello spettacolo di varietà, una pausa di leggerezza, per il nostro Paese e non solo. Il Festival, ricordiamocelo, è e rimane l’evento televisivo italiano più seguito al mondo. “Perché il Festival è una bellissima festa della televisione. Un momento che dona un attimo di felicità e una piccola pausa dedicata alla leggerezza. Assomiglia un po’ a Topolino, è una di quelle cose alle quali dobbiamo volere bene perché è un raro momento di felicità.” (Fabio Fazio) Sì, forse un po’ bambino e naïf come pensiero, ma pulito, sereno. Leggero. di Oriana Gullone - foto di Luca Stardero
“Il brigantaggio desta un terrore, sino alla viltà, dei ricchi, e un'ammirazione fino al fanatismo nei poveri. E ciò avviene, a mio credere, da questo, che ha il suo principio nella disuguaglianza enorme della posizione sociale.” Enea Pasolini Quando ho deciso di scrivere “Potere e Libertà. Briganti nella Calabria post-unitaria (1861-1865)”, nato come tesi di laurea in Scienze dello Spettacolo, oltre a voler omaggiare il mio paese, la Calabria, spesso emarginata e accantonata dalle istituzioni e dalla società, avevo in mente alcune domande alle quali volevo rispondere: perché un popolo come quello meridionale, culturalmente ed economicamente avanzato in epoca pre-unitaria, ha accettato pacificamente e senza nessuna pretesa, un nuovo re, Vittorio Emanuele, e la nuova cultura sabauda? Perché ancora oggi esiste un divario così forte tra Nord e Sud Italia? Attraverso un attento lavoro di ricerca negli Archivi di Stato di Catanzaro, Cosenza, Lamezia Terme e Torino ho scoperto che l'unificazione italiana non è avvenuta come spesso viene raccontata, come un avvenimento necessario per il bene degli italiani, basato su ideali ben precisi, quali l'uguaglianza, l'unione e la pace tra popoli. Giuseppe Garibaldi, l'eroe dei due mondi che incarna questi ideali, figura mitizzata ma priva di fondamento, è, a mio avviso, un personaggio assolutamente negativo, una figura che si è presentata nel Sud d'Italia con violenza, sottomettendo l'intera popolazione e dichiarandosi dittatore. Il popolo meridionale, spesso definito retrogrado, ignorante, privo di buon senso, mafioso, che si sottomette sempre perché è quel che vuole, in realtà è forte, intriso di dignità e voglia di andare avanti. Questo manifesta il Meridione in epoca post-unitaria. Deciso a non perdere i propri diritti, vuole combattere contro le nuove istituzioni, difendere la propria dignità, il proprio territorio, la propria cultura e il proprio Re. A capeggiare tutto questo c’erano i briganti, spesso provenienti da ceti sociali bassi, che, aiutati dai manutengoli, concittadini che vedevano in loro i salvatori, i Robin Hood che attaccavano i ricchi per difendere i poveri, attuano una vera e propria rivoluzione. Parlando di brigantaggio si parla di ribellione sociale nel vero senso della parola, di difesa personale contro i Savoia che, arrivati nei paesi meridionali, non spinti da ideali, ma semplicemente dagli sbocchi sul Mediterraneo, si presentano alla popolazione in modo assolutamente negativo, sottomettendola ed emarginandola. I briganti, attraverso “reati” quali estorsione, ricatto, rapina, rapimento e scontri con la forza pubblica si ribellano per cacciarli e riportare al trono i Borboni, che inviavano armi e denaro per mettere in atto una vera guerra civile, portando i briganti ad avere la meglio sull'esercito sabaudo e i pochissimi nobili con esso schierati.
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Nonostante l'enorme apparato difensivo inviato nel Meridione dai Savoia per combattere il brigantaggio, era sempre quest'ultimo ad avere la meglio. Per la conoscenza dei luoghi, che gli permetteva di fuggire e nascondersi (la Sila catanzarese era un ottimo nascondiglio), e grazie allo spionaggio dei manutengoli, che avvisavano i briganti sullo spostamento dei soldati sabaudi. Molto importante è infatti il luogo in cui i briganti vivevano e agivano; in Calabria, la protagonista del mio libro, attaccavano la forza pubblica nei paesi sottostanti la Sila catanzarese, (Sersale, Taverna, Cerva, Petronà sono situati in una posizione molto strategica, non solo perché vicini alla Sila, ma anche perché in poco tempo si poteva arrivare nelle zone litoranee e a Catanzaro città) in modo tale da fuggire e nascondersi tempestivamente in montagna. Le bande brigantesche erano molto numerose e quelle che ho analizzato in “Potere e Libertà” sono principalmente tre, le più attive e forti: la banda di Pietro Bianco, quella di Pietro Monaco e la moglie Maria Oliverio, soprannominati Brutta Cera e Ciccila, e quella di Domenico Strafaci Palma, definito l'ultimo brigante calabrese. Il brigantaggio divenne un fenomeno talmente incontrollabile che il nuovo governo fu ‘costretto’ ad attuare misure molto repressive sia nei confronti dei briganti e delle loro famiglie, che della popolazione. L'istituzione della Legge Pica, entrata in vigore nel 1863, permetteva la fucilazione immediata, quindi senza processo, nei confronti di uomini e donne sospettate di brigantaggio e manutengolismo, e l'arresto dei parenti di uomini sospettati di brigantaggio fino alla terza generazione. Garantì l'indulgenza ai briganti che si fossero costituiti entro tre mesi dalla sua istituzione, articolo, quest’ultimo, che portò molti briganti a costituirsi e ‘vendere’ i propri compagni alla forza pubblica, condannati a morte attraverso la fucilazione o la ghigliottina. L'altra misura repressiva attuata dal governo sabaudo fu la deportazione in veri e propri campi di concentramento, il più importante quello di Fenestrelle, in provincia di Torino. L'idea era quella di una vera e propria soluzione finale nei confronti di briganti ed ex soldati borbonici che si erano rifiutati di combattere a fianco della nuova istituzione. Tutto questo non viene quasi mai raccontato nei libri di storia, di storia scolastica e non quella di ricerca. Il divario tra Nord e Sud che vige ancora oggi nasce da quel 1861. Divario non solo economico, assolutamente palese, ma anche di quello ‘razziale’. E meno male che esiste la ricerca, che fa aprire gli occhi e capire la realtà delle cose, perché troppo spesso “la storia viene scritta dai vincitori” (Ignacy Schiper, storico ebreo). NB: Ringrazio i professori Fabio Caffarena e Roberto Trovato, relatore e correlatore di questo lavoro, e la casa editrice La Rondine Edizioni che mi ha permesso di pubblicarlo.
di Maria Pettinato
“Potere e Libertà” La vera storia dell’Unità italiana.
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TALENTi Di CASa NOSTRA
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Carnevale (s)mascherato Riflessioni e consigli cinefilo-carnevaleschi.
Prima ancora che un qualsiasi Arlecchino iniziasse a fare le sue giravolte sulle tavole della scena della Commedia dell'Arte, il rapporto tra teatro e tradizione folcloristica del Carnevale si presentava come un fatto consolidato, frutto di un'evoluzione naturale di quell'attitudine dell'uomo a rappresentare e farsi beffe delle cose umane a partire dagli istinti negati di una società repressiva per sua stessa salvaguardia. Nel cinema, al contrario, la consistenza di tale rapporto appare a prima vista meno profonda. Non che venga meno la possibilità di un simile accostamento, ma esso è senz'altro mediato dall'infinito rimando di uno schermo che irrimediabilmente allontana dall'esperienza diretta e ci presenta soltanto quell'ombra di vita già morta di cui tanto si dannava il Serafino Gubbio operatore descritto da Pirandello. La più bella qualità del Carnevale resta tuttavia la stessa di sempre, ovvero una disincantata resilienza che, se in epoca medievale permise alle neonate forme teatrali di sopravvivere alla censura ecclesiastica, nel dominio dell'assenza imposta dallo schermo cinematografico riesce sorprendentemente a permettere la presenza della sua più intima sostanza. Ecco, dunque, che di soppiatto l'anima del Carnevale permane sulle pellicole più impensate, non solo negli aspetti rituali di una ‘festa dei folli’ omaggiata da tutta una tradizione anti- La Grande Bellezza secondo Paolo hollywoodiana, al tempo stesso parodistica e Sorrentino. celebrativa (John Waters, per esempio), ma nella sua stessa essenza-simbolo di liberazione "Finisce tutto così, con la morte. Prima però c'era la vita, nascosta dell'umano. sotto al bla, bla, bla, bla..." Così, in “Easy Rider” (1969) i due protagonisti attraversano l'America con l'idea di arrivare a New Candidato all'Oscar come miglior film straniero, vincitore Orleans per vedere proprio il Carnevale, quale del Golden Globe e del British Academy Films Award, il di Paolo Sorrentino, orgoglio del cinema italiano degli meta (o tappa) più consona di un viaggio della film anni, ho voluto presentarvelo così, con una frase ‘conoscenza’ che avrebbe mosso un'intera ultimi pronunciata dal protagonista, Jep Gambardella (Toni sottocultura. Andando a ritroso, nella meravigliosa Servillo), il ‘re dei mondani’, giornalista affermato, autore di scena ambientata al Carnevale di Paternò il un solo romanzo, scritto all'età di vent’anni quando ancora protagonista de “I fidanzati” (1963) di Ermanno la vita aveva un senso. Esprime perfettamente la tematica del film, rispondendo Olmi (inserito quasi come un corpo estraneo nella festa che non fu appositamente organizzata per le agli eterni quesiti che l'uomo moderno si pone: cos'è la Cos'è la grande bellezza? Qual è il senso della vita? riprese del film) sente attanagliarsi dallo felicità? Il film si apre con delle splendide riprese sulla città di straniamento della propria inespressa e sconfitta Roma accompagnate da musica sacra, sua vera e autentica esistenza con cui è chiamato a confrontarsi. Lo bellezza, l'opposto della Roma mondana che vediamo subito stesso accade in una scena carnevalesca ancora più dopo alla festa di compleanno di Gambardella, piena di famosa nel cinema italiano, de “I Vitelloni” (1953) gente ricca, apparentemente divertita e felice, ma in realtà triste e affranta, la cui vita si basa sul denaro, sulla di Fellini, in cui Alberto, interpretato da Sordi, vuota, mondanità, sul pettegolezzo, sulle disgrazie altrui. tenta di allontanare la consapevolezza di un'altra Gambardella a 65 anni capisce che la vita vera non è vita vuota e fallita obbligandosi a festeggiare per questa, che la felicità, la grande bellezza sono altro. Vive ripicca, per poi finire, triste e barcollante, a una crisi esistenziale che nasce dalla scoperta della morte trascinare una testa di cartapesta. del suo unico amore, un amore giovanile finito per decisioni Perché la dirompente commedia del Carnevale ha sbagliate. Ripensa alla sua vita: senza senso, "nascosta sotto al bla, bla, bla...", dietro a parole senza senso, al rumore, a un versante malinconico, come malinconica è la bla, serate in realtà non lo fanno sentire felice, ad amici che scena che chiude “Les Enfants du paradis” (1945) non cichesaranno mai, a parte uno: il Romano (Carlo di Marcel Carné, con la bella Garance/Arletty che Verdone). Che ancora ha dei sogni, sogni infranti da una scompare inghiottita dalla folla il giorno dei donna senza scrupoli. Una donna più giovane di lui, il cui festeggiamenti del Mardi Gras. scopo è il successo, anche senza talento, che usa le proprie E se la fine di ogni Carnevale trova le risposte di doti femminili con uomini ricchi, che promettono ma non Il Romano è l'amico che decide di lasciare una così crudele malinconia nel forzato ritorno mantengono. Roma e tornare nel suo paesello, alle sue origini, perché all'ordine a cui si è chiamati “passata la festa, gabbato Roma lo ha deluso. lo santo”, è invece tardi per dimenticarne gli effetti La ricchezza, che sembra farti sentire importante, in che, seppur per un istante, hanno fatto irruzione realtà non ha significato, non può comprare il benessere nella vita regolata della società con il beneplacito di psicologico di un figlio o la salute di una donna che usa tutto ogni istituzione, così come in “À propos de il suo denaro per curarsi senza riuscirci (Sabrina Ferilli). Quella che oggi si definisce la ‘bella vita’ è in realtà la Nice” (1930) di Vigo. Nell'ultima sequenza del film, tristezza, il non senso. La grande bellezza sono i valori veri, la classe proletaria irrompeva nel giorno di l'amore, l'amicizia, quella vera, il sorriso di un bambino Carnevale nelle strade dei ricchi, rivelando ciò che rincorso da una suora giocherellona, è la povertà per scelta non poteva più essere nascosto. che vive Suor Maria, santa ma "non ancora santa Di lì in poi lo stesso avrebbe fatto il cinema, tecnicamente", che a 104 anni mangia solo radici perché "le giocando allo strano gioco di svelare la realtà radici sono importanti". Le origini sono importanti, mai mai dimenticare da dove si arriva, mai dimenticare attraverso quell'ennesimo velo che è lo schermo, perdersi, si è in realtà. allo stesso modo in cui il Carnevale smascherava la chiAttraverso riprese fantastiche, attori di spicco e un pizzico vita nell'esatto istante in cui avremmo ceduto di ironia intrisa di tristezza, Sorrentino riesce a descrivere all'indossare una maschera. perfettamente la nostra società, la nostra Italia, un paese
Il senso della vita
di Louise des Attides
corrotto, sporco, caratterizzato da una politica venduta, idee malsane, e una Chiesa ben poco ‘illuminata”.
di Maria Pettinato
“Crash Art” a Sanremo. Il Festival di Alexander Jakhnagiev
Tra polemiche, bagarre, e suicidi musicali, l'aspetto più interessante del Festival di Sanremo finisce sempre per essere tutta quella serie di eventi collaterali proposti ogni anno dalla Città dei Fiori e che ben volentieri ci fanno dimenticare per un istante dell'esistenza di una statua di Mike Bongiorno in pieno centro cittadino. Quest'anno la necessità di ribadire quanto l'evento più noto della tv italiana non si limiti esclusivamente ai rantoli canori di quattro debosciati s'è sentita più che mai. Esigenza soddisfatta in parte da un'installazione interattiva
comparsa proprio di fronte al teatro Ariston e fi r m a t a d a Alexander J a k h n a g i e v, artista bulgaro di fama internazionale che fin dai suoi primi lavori ha mostrato un occhio di particolare riguardo alla sensibilizzazione sociale per via artistica. Famoso è stato, ad esempio, il suo tour di installazioni intitolato “Le l a c r i m e dell'albero”, che aveva toccato dodici città italiane e v e d e v a bambini e r a g a z z i coinvolti nella realizzazione di alberi con bottiglie dipinte, per "riportare sugli alberi almeno i contenitori, visto che i frutti sono tutti nei nostri frigoriferi" e r i c o r d a r e l'importanza del riciclaggio responsabile dei materiali e il rispetto per l'ambiente. Con il p a t r o c i n i o dell'ACI e di Rai
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Isoradio, questa volta il tema prescelto è stato invece quello della sicurezza stradale. Coinvolgendo circa trenta ragazzi del Liceo Cassini (NdR, quel palazzone arancione dietro il palazzo del Comune che ha diplomato, tra gli altri, Eugenio Scalfari e Italo Calvino, grazie a Pif e al suo pre-festival per averlo ricordato!), l'artista ha ridipinto le carcasse di due auto coinvolte in un incidente e le ha posizionate in piazza Borea d'Olmo, richiamando
così l'attenzione sulla prevenzione durante la guida in modo ironico e con un filo di provocazione. Una commistione di acume e mordacità che alla versione televisiva del Festival è senz'altro mancata e che l'arte, priva della pretesa di piacere al pubblico ad ogni costo, ha invece ancora una volta elargito a chi avesse avuto la pazienza di fermarsi per un istante a goderne. di Louise des Attides
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Pic(k) of the month foto di Valeria Querini https://www.behance.net/valeriaquerini