L'Ortofrutticola di Albenga - L'O - autunno 2021

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Trimestrale della Cooperativa L’Ortofrutticola - Anno XXIV - n.3 Autunno 2021 - Spedizione A.P. 70% - Reg. Trib. SV n. 318 (1/3/1985) - DISTRIBUZIONE GRATUITA.

L’inserto da staccare e conservare! da pag. 13

NOTIZIARIO TRIMESTRALE DELLA COOPERATIVA L’ORTOFRUTTICOLA DI ALBENGA

Aziende locali Naturopatia

Il potere dei fiori

pag. 5

Vittorio Rosciano pagg. 8,9

Ortaggi

Brutti ma buoni! pag. 4


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Brutti ma buoni!

Az. Agr. Rosciano

ORTAGGI

15-17 TERRITORIO

Escursioni

Avventura a Castelbianco

LE AZIENDE

ALLA SCOPERTA DELLE AZIENDE LOCALI

13-14 SPECIALE

I ciclamini “L’ORTOFRUTTICOLA - LA COOPERATIVA”

TRIMESTRALE DELLA COOPERATIVA “L’ORTOFRUTTICOLA”

Direzione, Amministrazione e Pubblicità Reg. Massaretti, 30 Bastia d’Albenga (SV) - Tel. 0182 50374 Direttore responsabile: Erica Marzo Hanno collaborato a questo numero: Emanuela Colamartino, Giuseppe Del Core, Massimo Enrico, Luciano Gallizia, Osvaldo Geddo, Michele Introna, Mario Mattone, Simone Moroni, Lara Ravera, Alessio Roba. Grafica e impaginazione Edoardo Caputo - Studio Orasis design - orasisdesign.it Stampa: Tipografia Ciuni - Albenga Foto copertina: Edoardo Caputo - orasisdesign.it

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Brutti ma buoni! La Cooperativa contro lo spreco alimentare Una nuova tendenza si sta facendo strada ormai da anni, prima interessando una clientela più attenta all’ambiente, alla sostenibilità ed alla lotta allo spreco, poi aprendosi a fasce di mercato e di consumo sempre più ampio. Questo cambiamento del mercato è in atto da diverso tempo ma recentemente stanno aumentando le realtà commerciali che hanno come obiettivo la valorizzazione di prodotti abitualmente scartati dal mercato tradizionale, soprattutto da quello della GDO. Lo scopo è far comprendere al consumatore finale che un ortaggio di stagione con difetti di buccia o con calibro differente da quello a cui si è abituati non è per questo meno buono o meno saporito. Oggi la rivalutazione di prodotti esteticamente non perfetti è una vera tendenza ed è un fenomeno di ampie dimensioni, legato alla lotta allo spreco alimentare ed alla tutela delle biodiversità, che passano anche dall’imperfezione naturale degli ortaggi. Uno studio dell’università di Edimburgo ha stimato che un terzo dell’ortofrutta prodotta in Europa non abbia i requisiti richiesti dalla GDO e quindi non arrivi neppure nei negozi, perché fuori calibro oppure perché i prodotti sono segnati a causa di eventi atmosferici o sfregamenti con altri frutti. Un grande volume di

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prodotti sprecati senza alcuna ragione concreta e a cui guarda con perplessità anche la Fao che ha ribadito la necessità di far arrivare tutti i prodotti alimentari, belli o brutti che siano, sulla tavola dei consumatori. Proprio in quest’ottica la Cooperativa collabora da qualche mese con un’azienda di e-commerce di Milano che offre ai clienti box di frutta e verdura mista rigorosamente “diversa dal comune” ma altrettanto buona. Si tratta di un progetto molto interessante e che sta riscuotendo grande successo commerciale con la vendita di circa 800 box al giorno solo per l’area milanese. È tutto molto semplice: il consumatore riceve direttamente a casa i box (plastic free e trasportati con mezzi ad impatto zero), contenenti solo prodotti italiani e di stagione. Oltre alle singole vendite, l’e-commerce propone anche abbonamenti flessibili; tutto nell’ottica di rivalutare gli scarti e valorizzare la filiera. Per L’Ortofrutticola questa partnership permette non solo di vendere prodotti buoni ma fuori calibro ma anche di contribuire attivamente a far crescere una sensibilità nuova nel consumatore finale che sembra aver compreso come un prodotto esteticamente brutto possa essere anche decisamente buono.


Pillole naturopatiche

Il potere dei fiori Quando i prodotti di sintesi imitano quelli naturali Un tocco di colore e di profumo nella vita di tutti i giorni: il potere dei fiori inizia guardandoli. In questa nostra società la velocità degli eventi, le limitazioni e le situazioni dolorose ci allontanano sempre di più dalla nostra essenza, dalla voce del nostro cuore. Siamo spesso assenti, distratti, pigri e spaventati. Altrettanto spesso mentiamo a noi stessi perché la libertà, la felicità e la possibilità di scelta ci fanno paura. Così facilmente ci rituffiamo nell’automatismo delle nostre vite stressanti. A volte però capita che sentiamo un bagliore al nostro interno e così siamo spinti alla ricerca di qualcosa. Non spegniamo quella luce. I cambiamenti passano per una strada piccola. Accortezze diverse, nuovi occhi, minuscoli segnali; iniziamo dunque da questi gesti semplici, ma che fanno una grande differenza. Iniziamo ad ascoltare i nostri bisogni: cosa ci nutre, cosa ci fa stare bene e seguiamo questa via. Non c’è bianco o nero. Ci sono però scelte fatte con cuore, entusiasmo, coraggio e senza paura. Le piccole cose semplici, che fanno la differenza, possono essere per esempio i fiori. I fiori hanno il potere unico di farci sentire felici, amati e ispirati; la loro bellezza e la loro energia curativa sollevano naturalmente l’umore, alleviando l’ansia, la depressione

e la solitudine. Anche per questa ragione i fiori sono stati usati per secoli come emissari di emozioni. Il loro naturale potere lo percepiamo quando ne sentiamo l’odore, ne apprezziamo il colore o ne accarezziamo i petali ma oggi possiamo sfruttare ancor meglio le loro grandi potenzialità grazie agli oli essenziali che amplificano i propri effetti benefici proprio grazie al colore ed alla bellezza dei fiori da cui sono estratti. Dunque usiamoli! Mettiamo piante e mazzi di fiori, anche di campagna, per accendere una fiaccola nelle nostre vite e portare un po’ di sollievo e speranza; un piccolo gesto che può essere l’inizio di un cambiamento fatto attraverso cose semplici. Iniziamo da qui. Una rubrica a cura di Lara R. Cavallero Naturopata specializzata in fitoterapia, cromopuntura e riequilibrio del respiro Studio in Borgio Verezzi (SV) 347 1105893 - info@laracavallero - www.laracavallero.it Disciplinato ai sensi della legge del 14 gennaio 2013, n. 4 (G. V. 26 gennaio 2013, n. 22)

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Patologie della margherita Tracheofusariosi da Fusarium oxysporum, come sconfiggerla Si tratta di una malattia vascolare che si manifesta con ingiallimenti ed avvizzimenti dei rami, spesso da un solo lato della pianta; in fase avanzata della malattia i fusti colpiti assumono una colorazione nero-bluastra: segue il disseccamento più o meno rapido della pianta. Sezionando i fusti è possibile osservare l’imbrunimento dei vasi. La malattia compare in genere dalla primavera avanzata all’autunno, quando le temperature superano i 20 gradi. Spesso si rinviene in vivaio su talee radicate, e su alberelli in fase di allungamento. Il patogeno è in grado di diffondersi soprattutto a partire da piante madri infette: in particolare le coltivazioni di margherita per la produzione di forme ad alberello, che hanno inizio già nel mese di luglio, possono essere facilmente infettate grazie al favorevole decorso termico nell’ambiente di allevamento. Una volta introdotto può conservarsi a lungo sui residui vegetali nonché nel terreno mediante i suoi organi di resistenza: le clamidospore. In mancanza di fungicidi efficaci, dopo l’uscita dal commercio del Tiofanate metile, contro tale patogeno la lotta deve essere basata su interventi agronomici e misure preventive:

In vivaio · è fondamentale impiegare materiale di propagazione sano, ottenuto da laboratori specializzati; · curare l’igiene degli impianti disinfettando, almeno 4-5 giorni prima della messa a dimora, la sabbia, i teli pacciamanti, l’impianto irriguo, i pali di sostegno e i muretti, gli attrezzi da lavoro, con prodotti a base di perossidi ( HUWASAN, OXYCLEAN, KEEN), oppure a base di Sali quaternari di ammonio , o di composti fenolici (FUSAR); · posizionare le piante madri in vasi sollevati da terra o in sacchetti per la coltivazione fuori suolo, in modo che le radici non vadano a contatto con il terreno; · non riutilizzare i contenitori usati; · non eccedere con le concimazioni azotate; · aerare l’ambiente per evitare innalzamenti di temperatura; · applicare i microrganismi (FIDELIUS E TRIANUM) nei 5/10 giorni dopo il trapianto delle piante madri. In fase di radicazione Nella fase di radicazione delle talee è fondamentale utilizzare precocemente e preventivamente prodotti a base di microrganismi, come FIDELIUS* e TRIANUM. Il meccanismo di azione del Trichoderma, contenuto in questi prodotti, è basato su diversi fattori: il T. cresce sulla superficie delle radici più rapidamente rispetto ad altri funghi del suolo; gli altri funghi non potranno così insediarsi sulle radici; inoltre sottrae la fonte di nutrimento ai funghi patogeni, di conseguenza questi non hanno possibilità di svilupparsi. Il T. cresce attorno al micelio dei patogeni: le pareti cellulari si rompono e l’agente patogeno muore. Importante anche la stimolazione dell’apparato radicale, la maggiore produzione di peli radicali che porta ad un migliore assorbimento acqua e sostanze nutritive: ciò consente di aumentare le rese e avere colture più resistenti e uniformi. La differenza è particolarmente evidente quando la pianta è sotto stress e/o viene coltivata in condizioni poco favorevoli alla sua crescita. Dopo il trapianto in vaso Il trapianto in vaso è una fase molto delicata, perché in questo momento si possono creare ferite da cui possono penetrare i patogeni, oppure le piante possono subire stress idrici o ambientali che le indeboliscono e le rendono più suscettibili agli attacchi dei funghi che vivono nel terreno: quindi non prestando la dovuta attenzione in questa fase, si possono vanificare gli sforzi fatti in precedenza per arrivare alla coltivazione di piante sane. E’ quindi raccomandabile ripetere subito dopo il trapianto l’applicazione dei funghi antagonisti, per favorire la rapida colonizzazione del terriccio, rafforzare l’inoculo micorrizico già presente sulle radici, e garantire quindi alla pianta una situazione di benessere, che le consenta di crescere sana. Seguire un richiamo dei prodotti indicati dopo 20/30 giorni Durante la coltivazione In caso di comparsa di piante che manifestano i sintomi della malattia, è necessario intervenire tempestivamente, eliminandole. La lotta chimica è molto limitata, dal momento che i fungicidi ancora presenti sul mercato o non sono registrati sulla margherita, o non sono efficaci sulla malattia. Dosi e Modalità di utilizzo Per quanto riguarda le dosi e le modalità di utilizzo, potete contattare l’ufficio tecnico della Cooperativa.

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FIDELIUS Prodotto innovativo contenente micorrize , tricodermi e batteri della rizosfera ad altissima concentrazione. Le spore dei funghi micorrizici e dei batteri contenuti nel formulato, non appena vengono a contatto con l’acqua, iniziano il loro processo di germinazione, e conseguente rapida colonizzazione delle radici delle piante e della rizosfera del terreno. Le micorrize incrementano fortemente lo sviluppo dell’apparato radicale, aumentando così l’assorbimento dei nutrienti e incrementando la resistenza delle piante agli stress ambientali. I tricodermi e i batteri favoriscono la salute delle piante, agendo in vari modi: colonizzano il suolo e le radici occupando lo spazio fisico ed evitando la moltiplicazione di microrganismi non desiderati; sottraggono i nutrienti alle specie fungine dannose; agiscono direttamente sui patogeni, tramite la produzione di metaboliti secondari.

TRIANUM Trianum contiene spore del fungo utile Trichoderma harzianum ceppo T-22. Se Trianum viene applicato correttamente, sviluppa un micelio che cresce insieme alle radici proteggendole da patogeni come: Pythium spp., Rhizoctonia spp., Fusarium spp., Cylindrocladium spp., Thielaviopsis spp., Myrothecium spp., Sclerotinia spp.

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Alla scoperta delle aziende locali

Intervista a Vittorio Rosciano

Nella produzione dell’azienda anche erbe perenni da giardino roccioso Per la nostra rubrica “Alla scoperta delle aziende locali” su questo numero andiamo a conoscere Vittorio Rosciano. L’azienda agricola “Rosciano Floricoltura” si trova in Val Varatella tra Toirano e Borghetto Santo Spirito e dagli anni ’90 si è convertita, passando da una produzione prettamente orticola ad una floricola; oltre a Vittorio in azienda lavorano la moglie Raffaella, due dipendenti e qualche operaio stagionale in primavera. Spiega Vittorio Rosciano: “Abbiamo una produzione piuttosto varia che spazia dai ciclamini e dalle aromatiche, ai fiori primaverili come la fuchsia, la dimorphoteca e la margherita. I ciclamini continuano ad essere tra le piante in vaso più richieste durante l’autunno e l’inverno ma le esigenze del consumatore finale sono cambiate: oggi è diminuita la produzione in vaso di coccio perché più pesante nel trasporto e nelle grandi aree cimiteriali del nord viene richiesto il vaso in plastica perché riciclabile a differenza del coccio che è materiale inerte difficile da smaltire. Inoltre si prediligono vasi più piccoli da 14 cm di diametro, mentre le ciotole da 18 - 22 cm sono oggi meno richieste”.

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“Da qualche anno a questa parte – continua Rosciano - abbiamo intrapreso anche una nuova coltivazione, quella delle erbe perenni da giardino roccioso; si tratta di una novità per il nostro territorio, infatti sono circa una dozzina le aziende che si dedicano a questa attività. L’idea è nata dalla proposta di un rappresentante che lavorava con la Germania e che ci ha parlato di questa tipologia di piante, molto richiesta al nord e per la quale avremmo potuto inserirci in un buco temporale, quello dell’alta primavera, che non permetteva produzioni nord europee a causa del loro clima rigido. Questo tipo di erbe perenni sono infatti molto richieste in Francia, Inghilterra e nel Nord Europa, oltre che in Trentino e Valle d’Aosta; la nostra produzione, grazie appunto ad un clima che ci permette di arrivare sul mercato con mesi di anticipo rispetto ai concorrenti Nord Europei, è sempre molto richiesta. Vengono coltivate in Albenga circa 25 - 30 varietà di erbe perenni tapezzanti, le più comuni sono l’erysimum, la phlox, l’aubretia, la saxifraga e l’arabis caucasica. Si lavora a carrelli misti e per questa ragione diventa fondamentale la collaborazione tra aziende produttrici”.


o balconi per avere sempre prodotti freschi e riscoprire il gusto delle cose fatte in casa. Un mercato nuovo, appunto, a cui gli agricoltori di Albenga stanno già guardando con interesse”. Phlox

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La collaborazione è indispensabile anche per affrontare un mercato sempre più agguerrito. Spiega Rosciano: “Le piccole aziende agricole rischiano di scomparire, schiacciate dalla burocrazia e dai costi legati alle certificazioni richieste dalla GDO, dal costo dei macchinari per la produzione e dalla mancanza di un ricambio generazionale. Inoltre alcune grandi aziende commerciali del territorio hanno ampliato il proprio business facendo anche produzione; non è più l’agricoltura degli anni ’90. Fondamentale in questo contesto è il ruolo de L’Ortofrutticola. La Cooperativa cerca di non lasciare indietro i piccoli produttori, li sostiene nello sbrigare le pratiche burocratiche e nella richiesta delle certificazioni, propone scontistiche ed ha un ufficio tecnico che è una vera eccellenza su tutto il territorio; fondamentale per i piccoli produttori è poter contare sull’apparato logistico e sulla distribuzione della Cooperativa che permette anche ai piccoli produttori di inserirsi in grossi carichi riducendo così al minimo il problema dell’invenduto”. Un settore in continua evoluzione che deve seguire i mutamenti di un mercato in continuo cambiamento. Conclude Rosciano: “La caratteristica dell’agricoltura albenganese è da sempre quella di sapersi rinnovare. Una peculiarità che ha permesso alle aziende di sopravvivere alle grandi crisi. Rimaniamo una delle aree di riferimento per gli aromi in tutto il mercato europeo, grazie alla grande qualità del nostro prodotto e alla capacità di venire incontro alle esigenze dei paesi del nord Europa. Tra le più recenti novità del mercato, complice la pandemia, c’è la richiesta di orticole in vaso: molti, a causa delle chiusure forzate, hanno riscoperto la possibilità di coltivare ortaggi anche sul terrazzo. Si tratta di 5 o 6 ortaggi da poter coltivare sui terrazzi

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I RAGAZZI DELL’AICARDI AL LAVORO PER IL SANTA CORONA Sperimentare sul campo le competenze acquisite in aula, questo lo scopo del progetto Anche quest’anno, gli studenti dell’Istituto Agrario D. Aicardi di Albenga, nel mese di giugno, e qualcuno anche oltre, hanno svolto l’attività pratica prevista nel PCTO (Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento) nelle aziende del territorio, che si sono offerte di ospitarli. Il PCTO, obbligatorio per tutte le studentesse e gli studenti degli ultimi tre anni delle scuole superiori, licei compresi, è una delle innovazioni più significative della legge 107 del 2015 (“La Buona Scuola”) in linea con il principio della scuola aperta, che rappresenta un cambiamento culturale volto alla costruzione di una via italiana al sistema duale, riprendendo buone prassi europee per coniugarle con le specificità del tessuto produttivo e del contesto socio-culturale italiano. Il PCTO prende origine dall’ex Alternanza Scuola/Lavoro, rinominato a seguito dell’Art.57, comma 18 della Legge di Bilancio 2019 e rappresenta la metodologia didattica che permette di avvicinare e far coesistere due realtà: il mondo scolastico e quello esperien-

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ziale nel campo del lavoro. Consente di sperimentare sul campo le competenze acquisite in aula e viceversa (sfruttare le esperienze del lavoro, valorizzandole in classe). In questo modo viene favorito l’inserimento dei giovani in una dimensione organizzativa funzionante ed esterna alla vita scolastica, estendendo le esperienze. Lo stage è privo di costi per le aziende ospitanti e di compenso per il lavoro svolto dagli studenti. Matteo Baietto e Leonardo Garavello, allievi della classe 4^A Agrotecnico, hanno effettuato il loro stage presso il nosocomio del Santa Corona, accolti dalla MA.RIS. Cooperativa Sociale, che ha l’appalto del verde della Struttura Ospedaliera. Compito degli allievi è stato la riqualificazione di aiuole semi abbandonate, antistanti alcuni Padiglioni dell’ospedale di Pietra Ligure. Il Prof. Davide Aicardi, docente dell’Istituto e tutor degli studenti, ha seguito tutto il percorso di Matteo e Leonardo, che si è concluso con la progettazione e il rifacimento delle aiuole, attraverso la cura delle piante in loco e la costituzione del manto erboso, compreso l’impianto di irrigazione. Gli studenti sono stati all’altezza della situazione; hanno mostrato competenza, puntualità, diligenza e sensibilità nel condurre a termine il compito loro assegnato. In questa occasione si è pensato al morale dei malati e del personale sanitario, nell’intento di migliorare l’aspetto dell’ambiente che li circonda, auspicando che la vista di un’aiuola verde e ben curata possa lenire i dolori e le fatiche di chi li guarda. Prof.ssa M. Gaudenti


I cachi essiccati di Vendone La riscoperta di antichi sapori della tradizione locale Una tradizione antica che si rifà a tempi neppure troppo lontani, quando tra le stradine di Vendone, sotto i balconi e nei posti più assolati, era possibile vedere file e file di cachi appesi in attesa che il tempo, il sole e l’aria facessero il loro lavoro e li essiccassero. Era così che si preparavano i cachi secchi, vere delizie sulle tavole del Natale. Oggi questa produzione ha ottenuto la De.Co., certificazione che valorizza le eccellenze e le tradizioni del territorio. Andrea Ciocca, insieme alla madre, Marina Siboni, ed al fratello, Davide Ciocca, titolare dell’azienda agricola U Tumeo, ha dato nuova vita a questa antica tradizione. Spiega Ciocca: “La tradizione dei cachi essiccati di Vendone è una vera particolarità che si può ritrovare solo nel sud est asiatico, dove i cachi sono molto diffusi da sempre. Quand’ero bambino era normale vedere i cachi appesi al sole in autunno e noi da piccoli, quando riuscivamo, ne agguantavamo qualcuno; erano una vera prelibatezza. I cachi essiccati hanno un sapore molto particolare che è quasi difficile associare al caco fresco, sono forse più simili ai datteri. Questo è dovuto al metodo di essiccamento che è lento e prevede anche la maturazione del frutto e la sua disidratazione”. I cachi infatti vengono raccolti ancor acerbi, appesi interi, lasciati maturare e contemporaneamente essiccare e disidratare, un processo molto lento, che dura circa un mese. Continua Ciocca: “Una peculiarità della nostra lavorazione è che il caco viene essiccato intero e solo successivamente tagliato in

spicchi per facilitarne il consumo e la commercializzazione; altri cachi che si trovano in commercio vengono invece tagliati ancora acerbi ed essiccati. Abbiamo iniziato la nostra produzione con piccoli quantitativi, quasi in sordina, con una produzione limitata ai mercatini natalizi, poi, visto il successo del prodotto e le continue richieste, ci siamo appoggiati ad alcuni piccoli negozi locali ed ora siamo anche sui banchi dell’OrtoShop dove oltre a cachi essiccati al naturale proponiamo anche quelli ricoperti al cioccolato”. Una piacevole riscoperta di un’antica e buonissima tradizione.

COS’È LA De.Co.?

La De.Co. è una Denominazione Comunale, un marchio privato, di proprietà del Comune, realizzato per valorizzare i prodotti locali e quindi le eccellenze di tutta la collettività. Questo marchio è assegnato solo a prodotti agroalimentari e artigianali coltivati o realizzati unicamente su un territorio comunale e che rispondono a precisi requisiti di qualità e produzione. Lo scopo di questo marchio è duplice: da un lato contribuire allo sviluppo del territorio, alla crescita economica e al rafforzamento dell’identità territoriale; dall’altro rispondere alle esigenze di un nuovo tipo di turismo, che va alla scoperta di nuove esperienze gastronomiche, viste come il prodotto di tradizioni culturali e come parte integrante della cultura di un determinato territorio.

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APERTURA DA LUNEDÌ A SABATO CON ORARIO CONTINUATO! OTTOBRE 8,00 - 19,00 DAL 1 NOVEMBRE 8,00 - 18,30

Nuovi prodotti in vendita a L’OrtoShop L’offerta del negozio de L’Ortofrutticola continua ad arricchirsi di prodotti scelti e sezionati con cura

Festival Des Glaces Il gelato fresco con la frutta di Albenga Gelati monoporzionati, in vaschette da 300 grammi. Così si presentano i gelati creati per l’OrtoShop da Mirco Mastromarino e Laura Bonelli, i due soci, titolari del Festival Des Glaces di Albenga. “Abbiamo creato una filiera corta circolare – spiega Mirco Mastromarino. Un’idea semplice ma efficace: compriamo la frutta di Albenga, dai soci della Cooperativa, la trasformiamo in gelato che poi vendiamo all’OrtoShop”. Quest’inverno sarà la volta delle boule al cioccolato, ripiene di una ganache di vari gusti, e dei panettoni alla frutta e cioccolato. Una vera delizia per gli occhi e il palato.

La Ginestra La pasta fatta come in casa “La pasta è il nostro piatto preferito. Ogni giorno proviamo a farla più buona del giorno prima”. Questo lo slogan di Luciano, Claudio e Verena Garolla che a Millessimo hanno dato vita al loro pastificio “La Ginestra”. All’OrtoShop è adesso possibile trovare la loro pasta fresca e secca. “Il più bel complimento che riceviamo dai nostri clienti – spiega Luciano Garolla – è quando ci dicono che i nostri prodotti sembrano fatti in casa”. Infatti, ingredienti della tradizione, una sfoglia sottile per i ripieni e un tocco di fantasia sono i segreti del pastificio La Ginestra. Tra i prodotti di punta i ravioli al plin, quelli bianchi e neri di pesce, i ravioli ai carciofi e i tagliolini neri.

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autunno 2021

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I Ciclamini Tanti colori e varietà per giardini e terrazzi

Il Ciclamino è una delle piante ornamentali più diffuse per la stagione fredda: i suoi colori e il suo aspetto possono essere molto diversi in base alla varietà che si decide di coltivare. La specie più diffusa per la coltivazione in vaso è quella del Cyclamen persicum, originaria dell’Asia minore, che ha numerose varietà e rappresenta una delle piante ornamentali più conosciute ed apprezzate.

CYCLAMEN PERSICUM

Il Cyclamen perisicum ha fiori caratterizzati da cinque petali di colori vari: dal bianco, al rosa, al viola o screziati. La fioritura avviene tra settembre e marzo ed è quindi in grado di coprire per intero la stagione fredda. Le cultivar che si trovano in commercio possono differenziarsi molto nel colore, nell’aspetto dei fiori ed anche nelle dimensioni: ci sono ciclamini midi e ciclamini mini che pur avendo dimensioni ridotte presentano fiori piuttosto grandi ed hanno un elevato valore estetico.

CICLAMINI SPONTANEI

I ciclamini selvatici che troviamo nei sottoboschi hanno fiori molto profumati e in genere sono di dimensioni ridotte rispetto alle piante di ciclamini coltivate. In Italia ci sono tre specie di ciclamini che crescono spontaneamente. Il Cyclamen neapolitanum, presente nei sottoboschi dell’Italia meridionale e caratterizzato da e foglie raccolte in ciuffi, di dimensioni molto variabili; il suo periodo di fioritura inizia a fine agosto e arriva ad ottobre e novembre, i colori dei fiori virano dal bianco al rosa pallido, fino ad arrivare a tinte più scure. Il Cyclamen romanum che fiorisce in aprile-maggio, ed ha fiori color porpora. Questa specie preferisce posizioni ombreggiate. Le foglie di colore verde scuro hanno in genere delle chiazze grigio-verdi. Il Cyclamen europaeum è l’unico a fioritura estiva e cresce spontaneamente negli spazi d’ombra tra le rocce e i boschi dell’arco alpino. È uno dei pochi ciclamini profumati. I fiori sono di un colore rosa carminio.


CURA DELLA PIANTA Il ciclamino può vivere e fiorire per alcuni anni di seguito e ogni anno che passa produrrà fiori sempre più abbondanti ma se la sua cura quotidiana non è particolarmente complessa, molto più complesso diventa farlo rifiorire di anno in anno, per questa ragione la tendenza è quella di rinnovare le piante ad ogni autunno.

CICLAMINO IN VASO, DOVE POSIZIONARLO?

La collocazione ideale per il ciclamino in vaso è in una stanza non riscaldata o, alle nostre latitudini, in una parte riparata del balcone o del terrazzo. È importante mantenere una temperatura non superiore ai 15°C ed una ventilazione non eccesiva dell’ambiente; la pianta dovrebbe essere alloggiata in piena luce ma non colpita direttamente dai raggi del sole. Per mantenere la pianta sana è inoltre necessario eliminare tempestivamente le foglie ed i fiori appassiti, staccandoli proprio nel punto di intersezione al tubero.

TRAPIANTO IN GIARDINO

Fondamentale è scegliere, nel caso si decida di piantare il ciclamino in giardino, un luogo non esposto direttamente al sole ma in piena luce. Un’ottima soluzione può essere creare un’aiuola sotto un albero frondoso o piantarlo al riparo di una siepe o staccionata.

ANNAFFIATURA

PARASSITI E MALATTIE FOGLIE CHE SI AFFLOSCIANO

Se il ciclamino presenta questi sintomi vuol dire che la pianta è stata sistemata in un posto troppo caldo e secco. In questo caso è sufficiente bagnarla bene e spostarla in un ambiente più fresco ed umido.

FOGLIE INGIALLITE

La pianta è stata sistemata in un posto troppo caldo e troppo buio, quindi è bene spostarla in un ambiente più fresco ed umido.

FOGLIE CON MACCHIE GIALLE

Se le macchie sono diffuse a partire dal punto di intersezione del picciolo fogliare sulla lamina e si estendono verso il bordo della foglia fino a farla seccare e rimanere attaccata al bulbo, si tratta della fusariosi, una malattia causata da un fungo, il Fusarium. Una volta che i sintomi si sono manifestati sulle foglie, poiché la malattia inizia dal tubero, è difficile porvi rimedio.

MACCHIE NECROTICHE SUI PETALI E MARCIUME DELLA PARTE CENTRALE DELLA PIANTA

Sono il sintomo della presenza della muffa grigia, un fungo, la Botrytis, è bene eliminare subito le parti infette e trattare con uno specifico anticrittogamico. I rimedi nei confronti di questo fungo sono innanzitutto preventivi, in quanto questo fungo è favorito dall’eccessiva umidità dell’aria e dalle eccessive annaffiature.

FOGLIE CHE INIZIANO AD INGIALLIRE APPAIONO MACCHIETTATE DI GIALLO E MARRONE

In questo caso le foglie iniziano ad ingiallire e successivamente si accartocciano, assumendo un aspetto quasi polverulento e cadono; è inoltre possibile notare sottili ragnatele soprattutto nella pagina inferiore delle foglie. Con questa sintomatologia si tratta probabilmente di un attacco di ragnetto rosso, per il quale esistono in commercio diversi insetticidi naturali e non.

È una pianta che teme i ristagni, quindi è importante, in tutto il periodo autunno-inverno innaffiarla massimo ogni due o tre giorni, in maniera tale che il terriccio rimanga umido ma mai inzuppato. Se la pianta è in vaso, l’acqua del sottovaso va eliminata per evitare l’insorgere di patologie e marciumi.

RIFIORITURA

Il ciclamino è una pianta che fiorisce ininterrottamente dall’autunno alla prima primavera; per chi desiderasse tentare la rifioritura l’anno successivo, è necessario seguire alcuni passaggi. In primavera, dopo aver fiorito, il ciclamino entra in una fase di riposo; una volta che le foglie sono appassite, mettere la pianta in un luogo fresco e buio per due mesi, avendo cura di rimuovere il fogliame. Una volta che il ciclamino ha terminato il suo periodo di riposo vegetativo è possibile iniziare a innaffialo nuovamente, così le foglie si rinnoveranno si arriverà ad una nuova fioritura.

CONCIMAZIONE

Questa deve avvenire ogni due o tre settimane, con del fertilizzante liquido da aggiungere all’innaffiatura, mentre durante il periodo di fioritura è opportuno somministrare un concime con più alto titolo di potassio per agevolare la fioritura. Anche questi prodotto si possono trovare presso l’OrtoShop.

RINVASO

Il rinvaso si effettua solo se le radici hanno completamente occupato il vaso e spuntano in superficie o dal foro di scolo del vaso. Si fa in primavera, dopo la fioritura, usando un terriccio apposito che si può trovare in vendita all’OrtoShop. È importante che il nuovo contenitore abbia un diametro di poco superiore al precedente e si devono porre sul fondo dei pezzi di coccio e della argilla espansa per favorire lo sgrondo dell’acqua.


Avventura a Castelbianco Un itinerario ad anello ricco di sorprese e incontri inaspettati Un percorso che si può comprimere in un pomeriggio o dilatare su una giornata intera: è un itinerario ad anello di circa sette chilometri attraverso il territorio comunale di Castelbianco. In un continuo incrociarsi di mulattiere e sentieri, ci si sposta al di qua e al di là del Pennavaire, alternando esplorazioni di zone più appartate e attraversamenti di centri abitati. La maggior parte del percorso non è di interesse ciclistico, e attraversa zone con divieto di caccia e di arrampicata: una proposta su misura per escursionisti non necessariamente allenati, che cercano una giornata tranquilla in territori meno battuti. La partenza è da Vesallo: il punto di riferimento è il cartellone che illustra i percorsi escursionistici del Comune allestito nel parcheggio su via Veravo, di fronte ad un’azienda agrituristica (266 m slm). Da qui si torna indietro verso il borgo per pochi metri, per svoltare a destra in via Isonzo, che è un carruggetto con una volta annerita dai fumi dell’essiccazione delle castagne. Subito, scendendo tra le case, ci si para davanti la visione della mole del Castellermo, in particolare proprio il solco verticale della valle del rio Armella, che si andrà a guadare nel giro di mezz’ora. All’altezza di una invidiabilissima casa in splendida posizione sopra un rilievo roccioso si nota il segnavia “rombo rosso” che condurrà fino al fondovalle, nascosta in un tornantino a lato dell’edificio, c’è la cappellina di san Lorenzo, poco più che una

rustica edicola. Le tracce degli affreschi sono sempre più labili: sulla parete di fondo si legge ancora il volto della Vergine in trono, che tiene in braccio il Bambinello. Con un po’ di fantasia sembra di riconoscere, a destra, un san Sebastiano trafitto dalle frecce; poco si può dire della figura di sinistra e altrettanto di quella contenuta in uno scomparto laterale, se non che doveva indossare un vestito piuttosto ricercato. Si risale alla casa, la si aggira e si segue la mulattiera che, in pochi minuti, sbuca sulla strada comunale appena più in basso. Pochi metri a valle spunta un’antenna, che segnala la prosecuzione della mulattiera in discesa sotto la strada. Il selciato è ben conservato su tutta la carreggiata, insolitamente ampia; una semicurva e compare un bello scorcio di Casale di Nasino. Dal tornante con il ginepro si iniziano a risentire le auto di passaggio: il tempo di procedere alla degustazione dei frutti di un fico abbandonato, un mieloso rondino nero, e si è sulla provinciale. Si va su asfalto qualche decina di metri verso Cisano, fino al cartello che indica la traccia per la parete della Ciusa, e si passa il ponte del Carpe (171 m slm). La mulattiera (senza segnavia) si impenna a tornantini stretti; si incrocia il solco di un acquedotto a caduta e i lecci lasciano il posto a carpini e roverelle, con il corteggio di ornielli, parecchi ginepri e onnipresenti cornioli. Giunti alla prima parete rocciosa si tiene la destra, così come al bivio successivo. Si attraversa quasi


Trimestrale de L’Ortofrutticola di Albenga

in piano un versante terrazzato: qualche decina di anni fa doveva presentarsi come una savana di roverelle che ombreggiavano prati da fieno. Si raggiunge il rio Armella, che scorre incassato tra pareti rocciose. Proprio al guado, tra ciuffi di pungitopo, ci sono i ruderi del forno circolare di una piccola fornace da calce, ormai invasa dagli alberi: sotto le foglie secche si trovano in abbondanza le pietre sbiancate e i grumi di argilla cotti dal calore della combustione. La fornace cuoceva i blocchi che ruzzolavano per la forra smossi dall’acqua, si spezzettavano rotolando e si ammucchiavano nel laghetto, pronti a portata di mano. Che il calcio da queste parti non manchi si intuisce dalla colata di travertino della cascata sopra il guado e dagli strati di deposito calcareo che hanno rifasciato le pozze del ruscelletto. A prima vista non si nota il riparo dei cavatori; bisogna cercare sulla parete di roccia sopra la cascata, dove, con una bella prova di ingegno, è stato costruito un rifugio inventandosi una cengia artificiale per ricavare alcuni metri quadri in piano sotto uno strato sporgente. La stradina riparte oltre il guado, disegnando un tornante sotto un muro di contenimento curvo e con gli scoli per l’acqua: uso della pietra a secco di alta scuola. Dopo un altro riparo sotto roccia adattato a

ripostiglio, con segni di cava in parete, ci si inoltra nel bosco, un luminoso ceduo di giovani roverelle. Passata una “crésta” di pietre ammucchiate a confine, si ripresentano le terrazze, che qui sono strettissime, e il bosco si fa più assortito, con ornielli sgomitanti e filanti, rivolti verso il sole del mattino. Il sentiero taglia la costa a morbidi saliscendi, intorno a quota 270 m slm. La scia a volte si restringe parecchio, e si scivola un po’ sull’erba, ma c’è sempre un orniello a portata di mano per tenersi. Altra valletta e altro cambio di scenario: ombra, umidità, lecceta e pareti calcaree col loro campionario di forme geometriche, erosione selettiva, mensole, cornici e felci assetate. Pochi minuti ed è il turno del castagneto: chi lo ha piantato sapeva che il castagno si adatta anche ai terreni basici, e non ci ha pensato due volte a sfruttare un cono d’ombra nel fondovalle. Tra le fronde dei castagni emerge l’imponente parete rossastra che gli scalatori hanno battezzato “Reunion”. Dalla falesia il sentiero discende lungo le sponde del rio Cote, che, quando è in piena, deve incutere timore, a giudicare dalle dimensioni e dal volume del materiale che scarica a valle. Dieci minuti tra mulattiera e strada sterrata, e si è di nuovo sul Pennavaire, dopo tre chilometri di cammino complessivo: un ponte (191 m slm) ci riconduce sulla sponda orografica sinistra del torrente, pochi metri sotto la strada. Lungo la provinciale, all’inizio del gruppo di case con il ristorante e la farmacia, di fronte al numero civico 75, inizia la strada vecchia per Colletta, segnata col “rombo rosso”: pochi minuti di rampe selciate e si fa ingresso nel borgo. Colletta di Castelbianco non è più una novità: l’abbandono, il recupero, l’architetto De Carlo, il borgo telematico, la birra… eccetera; ogni volta, però, non si resiste e si fa il giro: il carruggio di Ferrai, gli scalini fino agli ultimi terrazzi delle Ciappe, il percorso quasi speleologico nell’incredibile muntà du Bricchettu, il balconcino a picco sul ruscello, fino a ritrovarsi seduti sulla panchina di fronte alla chiesetta di santa Lucia (256 m slm). Compiuto il rito di Colletta, e si è già camminato più o meno per due ore, ci si appresta a chiudere il giro. Dalla piazza si segue via santa Lucia giù verso l’anfiteatro; si attraversa il boschetto guarnito con alcune installazioni artistiche, fino a incrociare la mulattiera selciata che entra tra gli alberi verso Veravo. Prima di passare il rio su un delizioso ponte a schiena d’asino, si raccomanda la breve deviazione verso il ponte della Bialera, un antico tratto di acquedotto parecchio suggestivo. Al bosco si sostituisce un malinconico mare di uliveti in abbandono, con il panorama aperto sul fondovalle e il sole del pomeriggio che prende di mira l’escursionista e lo segue fedelmente fino alle porte di Veravo (320 m slm). Giunti sotto le case, si attraversa la provinciale e si sale per via Trieste, il viottolo a fianco della casa con un bel pergolato di vite sul terrazzo al primo piano. Su una micropiazzetta si affacciano l’oratorio di san Francesco, che deve avere vissuto tempi migliori, e un palazzo abbandonato, dalle


imponenti linee verticali, che chiamano palazzo dei Signori. E, in effetti, è da signori quell’ingresso aperto, con la scala che porta a un ballatoio con gli accessi per le stanze, ma non si può entrare, così come non si possono esplorare i ruderi alle spalle dell’edificio; così si prosegue fino alla “piazza”, che in realtà, è uno slargo di via Vittorio Veneto. Veravo è un alternarsi di recuperi e abbandoni: in piazza ci sono parecchie case abitate, una fontanella, e un edificio che attira l’attenzione per le forme ricercate delle cornici di calce alle finestre. Al suo fianco, un palazzotto si dà un tono con un elaborato decoro esterno a tinte vivaci; sul muro del piano terra hanno dipinto più volte le scritte delle feste di leva e, negli anni Cinquanta, hanno disegnato gli spazi per i manifesti elettorali. Si lascia Veravo – si è ormai al quinto chilometro di escursione - per la mulattiera segnalata col triangolo rosso, e si riguadagna quota con gradualità, attraverso un’altra cascata di terrazze di uliveti. Dopo una curva a gomito si imbocca una strada forestale (senza segnavia) in direzione est; alla casetta dell’acquedotto sul rio Zunchei si sceglie la sterrata in discesa a destra. All’ombra di boschi di carpino nero si giunge al bivio successivo, e questa volta si tiene la sinistra, proseguendo in piano. A un quadrivio si incontra uno spiazzo attrezzato con un tavolo da pic-nic: da qui, nel sottobosco fitto di ginestrella, si stacca il sentierino per la collina del castello. Pochi passi e si arriva ai ruderi (442 m slm): ne vale la pena anche solo per il colpo d’occhio sopra Veravo e verso le montagne che chiudono la valle. Un cartello ci ricorda che si tratta proprio di ciò che resta

del castello medievale, costruito originariamente dai marchesi Clavesana e tenuto in relativa efficienza, fino all’età moderna, dalla Repubblica di Genova. Si torna al quadrivio col tavolo e si riprende la sterrata, che perde quota e si stringe in sentiero tra ulivi e ciliegi; proprio tra i rami degli ulivi si inizia a intravedere l’inconfondibile cuspide a bulbo della chiesa di Vesallo, segno che ci si avvicina alla meta. Infatti, poco sotto, compaiono i ruderi delle prime case del rione Villa, e poi ci si ritrova in via Mazzini, un carruggio dalle soluzioni architettoniche sorprendenti, come la scalinata gettata attraverso il vicolo sopra un arco rampante da cattedrale gotica. Tra saliscendi acrobatici e passaggi voltati si sbuca sulla provinciale, e il parcheggio di partenza è ormai a pochi metri.

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storia, il suo terroir attraverso la tracciabilità di filiera, questo ho portato l’Arnasca a diventare simbolo di unione del territorio tra i paesi della Basse Valle Arroscia” spiega Luciano Gallizia, fondatore e anima della Cooperativa Olivicola, di cui è presidente da oltre trent’anni. Il programma della manifestazione, che quest’anno, data la necessità di rispettare le normative dell’attuale emergenza sanitaria, si è svolta all’aperto presso la frazione Bezzo in piazza Santi Cosma e Damiano ad Arnasco, ha toccato diversi aspetti di un’attività che unisce tradizione e sostenibilità ambientale.

ARNASCA D’ARGENTO 2021 Premiati i Comuni di Arnasco, Vendone e Onzo, premio Gianni Alberti all’istituto Agrario di Albenga Arnasca d’argento 2021: sabato 11 settembre alle 17 è stato consegnato il prestigioso riconoscimento che fa da fiore all’occhiello all’attività della Cooperativa olivicola di Arnasco, fondata nel 1984, con oltre 300 soci e una produzione di eccellenza di olio extravergine di oliva, una “star” in bottiglia dal gusto delicato. Quest’anno il tema è stato “L’olivicoltura come bene comune nella bassa valle Arroscia” e sono stati premiati i Comuni di Arnasco, Vendone e Onzo, il premio Gianni Alberti è andato all’istituto Agrario di Albenga. “Siamo ormai a 30 anni di gestione del territorio dell’Arnasca, un progetto molto importante per la Cooperativa Olivicola di Arnasco e per i suoi soci, abbiamo creduto nell’agricoltura biologica e nella biodiversità nella coltivazione dei nostri oliveti, durante questi anni il nostro credere e la nostra passione ci hanno fatto ottenere un olio unico, che premette a chi lo acquista di conoscere la sua

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CONFEDERAZIONE ITALIANA AGRICOLTORI

INSETTI UTILI PER LA LOTTA INTEGRATA Lancio in piena area di acari predatori contro l’acaro eriofide che colpisce le fronde verdi ornamentali Cia Savona protagonista nell’agricoltura 4.0 e nella sostenibilità dei trattamenti fitosanitari come l’uso di agro-farmaci. È stato sperimentato in due aziende agricole della Val Maremola il lancio inoculato dei cosiddetti “insetti utili” per contrastare i parassiti, con diretto riferimento all’acaro eriofide che colpisce il verde e le piante ornamentali. I test si sono svolti in una prima giornata con l’utilizzo del drone, nel secondo caso con soffiatori: è stato lanciato, grazie alla collaborazione con la Bioplanet di Cesena – che alleva gli insetti utili - e con la cooperativa “Tre Valli” di Magliolo, l’acaro predatore del parassita, un altro acaro che colpisce l’acaro eriofide, bloccandone lo sviluppo e impedendo così la sua nefasta proliferazione sulle fronde ornamentali. “Abbiamo effettuato dei primi lanci di prova per testare l’efficacia del trattamento – afferma Gianluigi Nario, responsabile fitosanitario di Cia Savona -; è possibile inoculare l’acaro predatore sia con il drone, per terreni di maggiore estensione, che con soffiatori: i risultati di laboratorio svolti dalla Bioplanet di Cesena hanno dato riscontri positivi, ora faremo appositi monitoraggi nelle due aziende agricole interessate dai test per capire gli effetti del trattamento”.

“La sola lotta biologica avrà bisogno di tempo per avere risultati concreti, per questo è necessario continuare con tutti i metodi di prevenzione e di controllo diretto; tuttavia si apre la strada ad una strategia integrata a livello territoriale”. “Come Cia Savona i nostri uffici sono a disposizione per ogni informazione, chiarimento tecnico e segnalazione, ricordando che il programma di lancio dell’insetto antagonista è ancora in una fase sperimentale, sperando tuttavia che possa entrare presto a regime come formula di trattamento”. “A nome di Cia Savona ringrazio la dott.ssa Giovanna Mancini agronomo esperta in lotta integrata, la Bioplanet di Cesena, la cooperativa Tre Valli di Magliolo e le due aziende che hanno preso parte dalla sperimentazione, che si inserisce nell’ottica di una riduzione di agenti chimici sulle piante favorendo un uso naturale e sostenibile nella lotta ai parassiti”, conclude Nario.

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CONFAGRICOLTURA

CONTRATTO PROVINCIALE: MOLTI I PUNTI AGGIORNATI Rinnovato l’accordo per le aziende agricole e florovivaistiche della provincia di Savona È stato siglato il nuovo contratto provinciale dei lavoratori assunti nelle aziende agricole, florovivaistiche, di manutenzione del verde, agrituristiche, ittiche e di mitilicoltura della provincia di Savona. L’aumento concordato tra Confagricoltura, Coldiretti, CIA, Fai – Cisl, Flai-Cgil e Uila – Uil, sarà pari all’1,65% da riconoscere in due tranches la prima ad agosto e la seconda ad ottobre. Diversi i punti toccati ed aggiornati tra i quali la flessibilità di orario nei periodi di maggior carico del lavoro. In base alla specificità ed alla stagionalità dei vari comparti agricoli l’azienda che ricorra alla flessibilità dell’orario di lavoro potrà, previo accordo, far raggiungere al proprio dipendente le 48 ore settimanali, anziché le previste 39 ore, con un tetto massimo di 100 ore in dodici mesi ed il lavoratore potrà recuperare le ore superiori lavorate entro 6 mesi o entro la scadenza del periodo di lavoro. Detta flessibilità va a sommarsi a quella esistente che stabiliva il lavoro ordinario in 39 ore settimanali da svolgersi su 5 o 6 giorni lavorativi. Altra novità prevede l’introduzione del part-time della durata di due anni per le madri che hanno l’esigenza di accudire i bambini fino

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all’età massima di 8 anni, così per i fruitori della Legge 104 che potranno beneficiarne per un biennio. Sono state individuate altre nuove figure all’interno della classificazione dei lavoratori: quelle relative alle aziende riconosciute come sociali o dipendenti che svolgono attività ludiche o escursionistiche. Maggiore importanza è stata riconosciuta all’Ente Bilaterale dell’Agricoltura, EBAL: è stato ribadito infatti che tutte le aziende che applicano il contratto appena rinnovato, che siano cooperative o semplici aziende, devono essere iscritte all’Ente Bilaterale per evitare diversi trattamenti assistenziali tra i vari dipendenti.


AUMENTO DEI COSTI La preoccupazione delle filiere agricole del floroviviasmo e dell’ortofrutta C’è preoccupazione per le imprese liguri, soprattutto tra quelle florovivaistiche della Piana d’Albenga, che si trovano a fare i conti con l’aumento dei costi unitari dei vasi, che oscillano dal 17 al 20% a causa della scarsità di reperimento della materia prima a livello europeo. “L’emergenza Covid – afferma il Presidente di Coldiretti Savona Marcello Grenna – ha innescato un nuovo cortocircuito sul fronte del reperimento delle materie prime necessarie alla produzione e commercializzazione dei prodotti floricoli. Questo però non deve condizionare i commerci delle nostre eccellenze, e per riportare il settore su un percorso di crescita stabile e duraturo, è quindi necessario che i prezzi di vendita dei prodotti finali non siano inferiori a quelli di produzione garantendo un giusto margine di guadagno per l’impresa”. Alcuni operatori commerciali del settore che Coldiretti Savona ha incontrato hanno garantito un adeguamento dei prezzi a copertura dei maggiori costi di produzione ed è auspicabile che ciò avvenga da parte tutti gli operatori. È inoltre importante evitare speculazioni e commerci sleali che vanno a discapito delle

nostre imprese facendo in modo che i comportamenti scorretti di pochi non compromettano il lavoro della maggioranza degli operatori che producono eccellenze conosciute e apprezzate anche all’estero. In tal senso, assume importanza l’approvazione, in prima lettura, da parte del Consiglio dei Ministri del Decreto legislativo di attuazione della direttiva (UE) 2019/633 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 aprile 2019 in materia di pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese nella filiera agricola e alimentare nonché dell’articolo 7 della legge 22 aprile 2021, n.53 in materia di commercializzazione dei prodotti agricoli e alimentari. Il decreto legislativo reca disposizioni per la disciplina delle relazioni commerciali e per il contrasto delle pratiche commerciali sleali nelle relazioni tra acquirenti e fornitori di prodotti agricoli ed alimentari, definendo le pratiche commerciali vietate in quanto contrarie ai principi di buona fede e correttezza ed imposte unilateralmente da un contraente alla sua controparte, razionalizzando e rafforzando il quadro giuridico vigente nella direzione della maggiore tutela dei fornitori e degli operatori della filiera agricola e alimentare rispetto alle suddette pratiche. Un intervento normativo che Coldiretti ha fortemente sollecitato; si tratta di pratiche commerciali sleali da vietare che vanno dai ritardi nei pagamenti e annullamenti di ordini dell’ultimo minuto per prodotti alimentari deperibili alle modifiche unilaterali o retroattive ai contratti, dal rifiuto dei contratti scritti fino al divieto di pagare al di sotto dei prezzi di produzione.

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LA STORIA DELLA COOPERATIVA La Viticoltori Ingauni società Agricola Cooperativa nasce nel 1976 per iniziativa di 13 soci, che si uniscono per vinificare e commercializzare il vino più tipico della nostra zona: il Pigato. Negli anni il numero dei soci è andato gradatamente aumentando con conseguente incremento delle quantità e delle tipologie di uve vinificate, infatti oltre al Pigato si fanno sempre più strada gli altri vitigni della nostra riviera di ponente, il Vermentino, il Rossese detto di Campochiesa, l’Ormeasco di Pornassio nelle sue varianti più conosciute quali il tradizionale, il Superiore e lo Sciac-tra, e la Lumassina mossa. La Cooperativa ad oggi conta circa 198 soci iscritti, che sono distribuiti su un territorio della Riviera Ligure di Ponente che và dal Finalese, all’Albenganese fino al territorio di Diano Marina, mentre l’entroterra riguarda in parte la Valle del Lerrone e soprattutto la Valle Arroscia risalendo da Albenga fino al comune di Pornassio passando per Ortovero. La nostra Cooperativa non ha terreni nè di proprietà nè in affitto, pertanto tutta la produzione deriva da uve conferite dai soci, che hanno le proprie aziende su un territorio molto vasto con terroir altrettanto vario, permettendo così di beneficiare delle caratteristiche migliori delle uve provenienti dalle varie zone. Attualmente vengono vinificati all’anno circa 4500/4700 q.li di uve di cui il Pigato costituisce circa il 58% il Vermentino circa il 18% l’Ormeasco di Pornasio nelle varie tipologie circa il 10% il Rossese

circa il 7% la Lumassina e i vini IGP e da Tavola il restante 7%. Vari sono stati i riconoscimenti conseguiti dalla nostra Cooperativa negli anni quali concorso Douja d’Or anni 1994-1995-20032005-2006-2009-20102011; il premio Gran medaglia d’argento di Cangrande (conferita al Vinitaly di Verona). Attualmente la sede della nostra cooperativa, si trova ad Ortovero (SV) in Via Roma n 3, al suo interno vi è presente un piccolo punto vendita dove si possono apprezzare e acquistare tutti i nostri vini sia sfusi che in bottiglia.

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