Cooperativa L'Ortofrutticola di Albenga - inverno 2016

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Trimestrale della Cooperativa L’Ortofrutticola - Anno XIX - n.5 Inverno 2016 - Spedizione A.P. 70% - Reg. Trib. SV n. 318 (1/3/1985) - DISTRIBUZIONE GRATUITA.

NOTIZIARIO TRIMESTRALE DELLA COOPERATIVA L’ORTOFRUTTICOLA DI ALBENGA

Il quarto inserto da staccare e conservare! da pag. 11

ALLUVIONE Parla il geologo Fabio Arrighetti

Buone Feste I migliori auguri da tutto lo staff della Cooperativa

pag. 4

LA POLENTA Un antico piatto della tradizione riscoperto e valorizzato da pag. 18

75 anni fa nasceva la cooperativa L’Ortofrutticola pag. 4


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I MIGLIORI AUGURI

DI BUONE FESTE La Presidente Lara Ravera

“L’ORTOFRUTTICOLA - LA COOPERATIVA”

TRIMESTRALE DELLA COOPERATIVA “L’ORTOFRUTTICOLA” Direzione, Amministrazione e Pubblicità Reg. Massaretti, 30 - Bastia d’Albenga (SV) - Tel. 0182 50374 Direttore responsabile: Erica Marzo Hanno collaborato a questo numero: Fabio Arrighetti, Gianfranco Barbera, Claudio Burgarello, Antonio De Andreis, Giuseppe Del Core, Massimo Enrico, Luciano Gallizia, Osvaldo Geddo, Michele Introna, Lucia Mulè, Lara Ravera, Alessio Roba. Grafica e impaginazione Edoardo Caputo - Studio Orasis design - orasisdesign.it

In questo numero

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SERVIZIO AGROTECNICO

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ORTOSHOP

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LA MESSA A NORMA DELL’AZIENDA AGRICOLA Il quarto inserto da conservare TERRITORIO

ALLUVIONE

Parla il geologo Fabio Arrighetti


LA COOPERATIVA IN FESTA

I 75 anni dell’Ortofrutticola Una grande festa per celebrare questo importante traguardo Sabato 17 dicembre l’Ortofrutticola di Albenga ha festeggiato i suoi 75 anni. Per celebrare l’importante traguardo la Cooperativa ha deciso, infatti, di organizzare una giornata speciale, aprendo il suo negozio con orario continuato fino alle ore 18,00. La giornata ha preso il via con un aperitivo a buffet mentre nel primo pomeriggio i bambini di Leca si sono esibiti nei canti di Natale; a seguire è stata organizzata una merenda con cioccolata calda, panettone e spumante. La festa si è conclusa con la consegna a tutti i partecipanti di un piccolo omaggio in ricordo dell’evento. Una giornata speciale, quindi, che è diventata per molti anche una buona occasione per scoprire tutti i prodotti in vendita all’Ortoshop (dai cibi a Km0 e a filiera corta, agli alimenti

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biologici, fino all’ampia gamma di prodotti per la cura dei nostri amici animali) e approfittarne per acquistare gli speciali cesti natalizi da regalare ad amici e parenti. L’Ortofrutticola, da sempre punto di riferimento per gli agricoltori della piana di Albenga, è attiva sul territorio dal 1941, fornendo materiale di ogni genere e la competenza dei suoi tecnici, pronti ad assistere i soci per ogni evenienza. Grazie all’alta specializzazione del settore fiori ed ortaggi esporta in tutta Europa le eccellenze della produzione albenganese, commerciando con i maggiori partner del settore in tutto il continente. Una realtà importante per il tessuto economico e sociale del nostro territorio, che quest’anno ha spento le sue prime 75 candeline.


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Prima dell’uso leggere sempre l’etichetta e le informazioni sul prodotto.Si richiama l’attenzione sulle frasi e simboli di pericolo riportati in etichetta. È obbligatorio l’uso di idonei dispositivi di protezione individuale e di attrezzature di lavoro conformi (D. Lgs. 81/2008 e ss.mm.).

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PARTE PRIMA

La messa a norma dell’Azienda Agricola Il magazzino dei fitofarmaci

Punti chiave e priorità • Il locale dei prodotti fitosanitari deve essere strutturato e

gestito in modo tale da prevenire la contaminazione dei corpi idrici e della rete fognaria. • Nella gestione del magazzino si devono mettere in atto tutte le misure di sicurezza per la protezione dell’operatore e delle persone che lo circondano.

Altri punti • Deve rispettare le norme vigenti sulla prevenzione incendi ed essere dotato di impianti elettrici a norma;

• Il deposito deve essere isolato dai luoghi di lavoro e chiuso a chiave;

• Deve essere esclusivamente deputato allo stoccaggio dei

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prodotti fitosanitari e dei fertilizzanti liquidi e idrosolubili in piccole confezioni (Particolare attenzione deve essere posta nella gestione dei prodotti fitosanitari in fase di revoca. Nel magazzino possono inoltre essere conservati anche i prodotti revocati, i residui di miscela fitoiatrica inutilizzati e i contenitori vuoti di prodotti fitosanitari in attesa di smaltimento.); • Il magazzino deve essere strutturato in proporzione alle esigenze aziendali e i fitofarmaci stoccati non dovrebbero essere per più di 2 cicli produttivi; • la quantita massima di prodotti fitosanitari conservabili e un parametro necessario per definire la distanza del magazzino dalle aree a rischio di contaminazione delle acque. I criteri individuati • nel progetto TOPPS (Train Operators to prevent Pollution from point Sources) prevedono che i magazzini con meno di 1 tonnellata di fitofarmaci dovrebbero essere ubicati a: a. 20 m di distanza da: pozzi non coperti e fontane; falde acquifere situate al di sotto di suoli molto permeabili; aree limitrofe a pozzi o sorgenti da dove viene prelevata acqua potabile; corpi idrici superficiali soggetti alla contaminazione da ruscellamento (es. situati al fondo di aree coltivate declivi); b. 10 m di distanza da: pozzi protetti naturalmente, fontane e sorgenti, stagni (es. situati in aree forestali); falde acquifere situate al di sotto di suoli semi-permeabili; aree circostanti pozzi e fontane; corpi idrici superficiali (esclusi quelli presenti all’interno dell’azienda agricola e isolati dalla rete idrica superficiale); c. 4 m di distanza da: pozzi coperti, fontane protette (es. racchiuse in strutture di cemento), falde acquifere situate al di sotto di terreni impermeabili; tutte le aree non direttamente collegate a quelle mediamente o molto sensibili alla contaminazione, purché siano presenti adeguati sistemi per la raccolta delle acque contaminate (inclusa l’acqua utilizzata per lo spegnimento di eventuali incendi); d. i magazzini non dovranno mai essere ubicati nella zona di rispetto (rispettare la distanza di 200 metri) prevista intorno ai punti di captazione dell’acqua potabile (d.lgs. 152/06, art.94).

• Tutto il materiale e le scaffalature devono essere posizionate

idoneamente e realizzate con materiali facilmente lavabili e ben fissate al muro o al pavimento; • Tutto il materiale utilizzato (porte infissi etc) deve essere antincendio; • il locale deve essere possibilmente ubicato in prossimità dell’area attrezzata per il riempimento dell’irroratrice in modo da ridurre i rischi di contaminazione puntiformi durante il trasferimento; • attrezzato di appositi spazi (superfici, cassonetti, armadietti) per conservare separatamente i prodotti non piu utilizzabili (es. prodotti revocati, non piu ammessi su una coltura, ecc.), i contenitori vuoti e i materiali derivanti dalle perdite accidentali di prodotto. Questi vanno isolati, identificati e conservati fino allo smaltimento; • i locali devono essere freschi, asciutti e sufficientemente areati; • devono essere esposti cartelli di segnalazione all’entrata sulla parete o sulla porta con le scritte “sostanze velenose o sostanze nocive o irritanti”, il cartello vietato fumare o usare fiamme libere e il cartello di divieto di accesso alle persone non autorizzate; • Deve essere strutturato in maniera da prevenire la contaminazione con corpi idrici o reti fognarie; • costruito con pavimenti impermeabili e possibilmente lavabili (anche le pareti fino al livello dello stoccaggio) e non avere inclinazioni eccessive che pregiudichino l’equilibrio del materiale stoccato e delle persone. Il pavimento del magazzino deve essere non scivoloso, privo di buche, gibbosita e sconnessioni. • Prevedere una soglia in corrispondenza della porta di ingresso del magazzino, in modo tale che eventuali fuoriuscite di prodotti fitosanitari non possano disperdersi nell’ambiente circostante; • dotato di porta con una chiusura di sicurezza esterna, eventualmente con maniglia antipanico interna e assicurarsi che l’accesso dall’esterno attraverso altre aperture (es. finestre) non sia possibile.

SOLIDI

LIQUIDI


Dentro il deposito dei fitofarmaci devono essere presenti • Armadietto: deve essere a norma di legge, avere tutte le indi-

cazioni di pericolo, e deve avere la possibilità di essere chiuso, non avere spigoli che possano danneggiare i contenitori; • Un contenitore per il materiale assorbente inerte (sabbia, vermiculite, etc) in caso di versamento accidentale; • Apposito spazio (es. armadietto, cassonetto) per stoccaggio dei prodotti revocati o non più utilizzabili sulla coltura, le confezioni vuote o il materiale derivante dalle perdite accidentali per lo smaltimento; • Bisogna inoltre segnalare le vie di fuga e gli estintori; • E’ buona norma collocare nell’armadietto i prodotti solidi sopra i liquidi; • Fertilizzanti e concimi: in questo caso sarebbe importante immagazzinare i prodotti per la nutrizione in ambiente coperto su dei bancali o comunque sollevati dal pavimento.

Nei pressi del Deposito dei Fitofarmaci devono trovarsi • DPI: i dispositivi di protezione individuali devono essere disponi-

bili in apposito armadietto (Vedi dlgs. 81/08), in modo da entrare nel deposito già protetti. • deve essere presente il Lavaocchi di emergenza con conseguente segnalazione; • Segnalare i numeri di emergenza (pompieri, pronto intervento etc.); • Cassetta di primo Soccorso: assicurarsi che i medicinali (garze, disinfettanti, soluzioni fisiologiche etc.) non siano scaduti. Segnalare il punto in cui si trova. • Deve anche essere presente il Piano di evacuazione ben custodito con chiave del deposito nei pressi.

Esempi di magazzino dei fitofarmaci a norma di legge

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Tratto da: Piano di azione nazionale uso sostenibile degli agrofarmaci Fonti: Linee guida per un uso sostenibile dei prodotti fitosanitari. In collaborazione Syngenta e Serv. Fitosan. Regione Emilia Romagna e Università cattolica del Sacro Cuore.

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Nuovo P.S.R. Un’occasione da non perdere Flor.A.S. a disposizione di associati e non per affrontare ogni problematica Un altro anno è passato, irto di difficoltà, ma con un po’ di ottimismo ora dobbiamo guardare avanti. Idee e progetti per andare incontro ai nostri associati non mancano, come sicuramente non mancano richieste di chiarimenti e di aiuto, in un certo senso, che noi, per quanto possibile abbiamo cercato e cerchiamo sempre di soddisfare. Intanto, con la preziosa collaborazione dell’assessore regionale Stefano Mai, che costantemente ci supporta con grande disponibilità, vogliamo dare ai nostri associati e non solo, alcune informazioni sul P.S.R. (Piano di Sviluppo Rurale) 2014/2020, che vale per la regione Liguria 313 milioni di euro. Saranno circa 50 i bandi che verranno aperti, alcuni dei quali

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saranno pubblicati più volte nell’arco del settennato. È palese che le opportunità di sviluppo offerte da questo strumento sono moltissime; ci saranno finanziamenti per investimenti strutturali, attrezzature, strutture per la trasformazione, misure a favore dei giovani, investimenti in campo forestale, supporto alle imprese zootecniche, all’agricoltura biologica, per le spese di certificazione, promozione e formazione. Purtroppo, come quasi tutti sappiamo, il P.S.R. ha subito forti rallentamenti in quanto sarebbe dovuto partire nel 2014 ma le procedure di approvazione si sono concluse soltanto a febbraio 2016. Da allora la regione Liguria ha aperto diversi bandi: 4.1 investimenti, 4.2 trasformazione, 4.4 muretti a secco, 5.2 danni alluvionali, 6.1 giovani; le quattro misure relative ai gruppi di azione locale e tutte le misure a superficie. Notevoli rallentamenti si sono altresì registrati nelle procedure informatiche necessarie per l’inserimento delle domande di aiuto e la relativa istruttoria per arrivare al nulla osta tecnico e conseguentemente a quello finanziario. È auspicabile e sicuramente possibile che nei primi mesi del 2017 il sistema informatico di Agea, il SIAN, possa finalmente funzionare adeguatamente e che il P.S.R. possa avanzare a pieno regime. Questi 313 milioni di euro sono fondamentali per sostenere e potenziare le nostre aziende, crearne di nuove in un’ottica di sviluppo economico ma anche di recupero dei terreni abbandonati che ad oggi creano gravi problemi di dissesto idrogeologico. Lavorare in squadra, creare filiere di prodotto, sarà indispensabile come sarà indispensabile semplificare le procedure burocratiche che oggi creano non poche difficoltà alle aziende. Bene! Noi ci siamo e restiamo a disposizione di associati e non per dare una mano a venir fuori dalle problematiche. Intanto cogliamo l’occasione per augurare a tutti buone feste.


1976 – 2016

40 anni di vini

Punto di riferimento della vitivinicoltura ligure

Un programma che ha visto un primo report di risultati esposti, nel corso del mese di Dicembre 2016, dall’istituto che segue questo progetto e che ha evidenziato come siano stati isolati tre diversi ceppi di lieviti autoctoni dall’uva pigato, e che sarà necessario proseguire con la sperimentazione per poter affinare e verificare ancora meglio in sede di vinificazione in cantina, quale risultati si possono ottenere per poter avere un vino Pigato che in tutto e per tutto rispecchi la tipicità e l’identità del nostro territorio. Cogliamo l’occasione per augurare a tutti i migliori auguri di buone feste.

Si chiude il 2016, un anno dove abbiamo, tutti insieme, raggiunto il traguardo dei 40 anni di cooperativa. Quarant’anni di storia, di passione e di ricordi legati alla nostra cooperativa ed all’impegno profuso da soci e amministratori che si sono alternati in questi quattro decenni e che hanno contribuito a rendere la cooperativa Viticoltori Ingauni quello che oggi unanimemente ci è riconosciuto, un punto di riferimento autorevole della vitivinicoltura ligure. Abbiamo voluto ricordare questa ricorrenza con un vino celebrativo che partisse dal prodotto simbolo della nostra storia, il Pigato, vinificato partendo dai principi più tradizionali e consolidati della storia di questo vino, arricchendolo e traendo da esso le peculiarità più estreme, sfruttando la tecnologia moderna di cui la nostra cooperativa è dotata. Nel segno dell’innovazione e della sperimentazione, va evidenziato come la nostra cooperativa nel corso del 2016 ha dato corso, assieme ad altre 4 aziende del nostro territorio, alla sperimentazione in sede di vinificazione, di lieviti autoctoni selezionati da uve Pigato.

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Inverno: tempo di cavoli Molte le qualità di questo ortaggio

Uno degli ortaggi tipici dei mesi più freddi è il cavolo. Nelle sue molte varietà (cavolo riccio, cavolo nero e rosso, cavolo verza, cavolo cappuccio, cavolo broccolo, cavolfiori) rimane una delle verdure più ricche di nutrienti e più salutari da cucinare in autunno e in inverno. Sono molte le sue caratteristiche benefiche: è un ortaggio ricco di fibre (una porzione di cavoli fornisce al nostro organismo il 5% delle fibre necessarie ogni giorno), contiene ferro, calcio, vitamina A, vitamina C ed acidi grassi (omega 3 ed omega 6). I cavoli, inoltre, hanno importanti proprietà antinfiammatorie, rinforzano il sistema immunitario, difendendo il nostro organismo dall’attacco dei batteri, sono importanti antiossidanti naturali grazie ai carotenoidi ed ai flavonoidi; inoltre il consumo di cavoli aiuta il nostro organismo a disintossicarsi. Questo ortaggio è anche un importante aiuto contro l’ipertensione e la pressione alta, permettendo ai vasi sanguigni di mantenersi sgomberi dagli accumuli di grasso, principali cause delle malattie cardiocircolatorie come arteriosclerosi, infarto e ictus.

Come preparare il cavolo La cottura migliore per mantenere inalterate, o quasi, le qualità organolettiche del cavolo è quella al vapore: perchè vengano mantenute le caratteristiche benefiche, la cottura non dovrà superare i 5 minuti. È possibile però prepararli bolliti e saltati in padella con burro o olio d’oliva oppure metterli al forno arricchendoli con formaggi o besciamella, o ancora cucinarli in molti altri modi. Uno degli aspetti meno invitanti del cavolo cotto è il suo odore penetrante; per ridurre al minimo questo inconveniente è possibile, mentre si procede alla cottura del cavolo, far bollire in un pentolino un poco di acqua ed aceto. Il modo migliore per non incappare in questo problema rimane quello di far cuocere i cavoli per il minor tempo possibile: l’odore si sprigiona principalmente proprio negli ultimi minuti della cottura, quando spesso l’ortaggio risulta già pronto.

Il cavolo: nutriente ed ecosostenibile Il cavolo è molto nutriente e contiene ferro in gran quantità, potrebbe essere quindi un buon sostituto per tutti coloro che cercano nella carne “rossa” proprio queste caratteristiche. Una scelta responsabile, dettata oggi anche dall’ecosostenibilità della coltivazione di cavoli a dispetto dell’allevamento bovino. Infatti se occorrono soltanto 60 giorni per poter gustare dei nuovi cavoli a partire dalla semina, per arrivare a cibarsi di carne bovina sarà necessario attendere dai 18 ai 24 mesi. Inoltre i cavoli sono molto resistenti, anche ai climi freddi, e possono essere facilmente coltivati nelle aziende agricole o nell’orto, con un minore dispendio di acqua ed energia rispetto a quanto necessario per il mantenimento dei bovini allevati per la macellazione.

La spesa in Inverno Frutta e verdura di stagione. Sì, ma quale? Imparare a riconoscere la frutta e la verdura di stagione significa portare in tavola prodotti che fanno bene alla salute e non svuotano il portafogli. Anche l’inverno offre una gran quantità di prodotti sani e coloratissimi, utili al benessere del nostro corpo ed in grado di rendere anche più allegre le tavole delle feste.

VERDURA

Cavoli, porri, spinaci, scarola, indivia, radicchio, rape.

FRUTTA

Arance, mandarini, mandaranci, cachi (tardivi)

IMPARIAMO!

Inverno 2016

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Bastia Tra storie e leggende, un passato tutto da scoprire ed un vivace presente Bastia è una vivace frazione della città di Albenga. La sua storia si intreccia inesorabilmente con quella della più grande città della piana fin dalla sua fondazione, infatti, Bastia è sorta in seguito all’incremento demografico e le case di Valliranum, antico nome di Bastia (forse legato all’antica gens romana Valeria), non bastarono più; il paese andò a svilupparsi attorno alla collinetta chiamata U Burgu (il Borgo), sulla cui sommità è tuttora visitabile l’antica cappella di San Bernardo (capela de San Benardu). Proprio attorno al XIII/XIV secolo tutto il territorio fu interessato dalla fondazione di nuove città (villae) come Villanova, Cisano sul Neva e Borghetto Santo Spirito, che avevano scopo difensivo. Una antica pergamena, conservata nell’archivio storico del comune ingauno, fa risalire al 1295 la decisione di fondare una “Bastida”, cioè un fortilizio su cui verrà in seguito costruito il castello, detto localmente paraxio, attualmente di proprietà privata. Un’altra storia, più simile a leggenda, frutto della tradizione orale, afferma che la Bastida sarebbe il borgo stesso e le mura delle case prospicienti via alla Chiesa altro non sarebbero se non le mura di cinta del fortilizio, a ridosso delle quali nei secoli si sono appoggiate le nuove abitazioni. Gli anziani del paese raccontavano di un sottopassaggio che collegava le case situate sul lato destro della salita del borgo e che giungeva sino alla cappella di San Bernardo e all’ospizio dove venivano accolti e rifocillati i viandanti; qui erano i frati stessi del convento che avvistavano le navi nemiche al tempo delle incursioni saracene in Liguria. Spiega Luca Lanzalaco, appassionato studioso di storia locale: “Bastia nacque in parte dal trasloco, forse forzoso, degli abitanti di Massaro, in un periodo storico di nuove fondazioni, sulle quali incisero, oltre alle esigenze difensive, anche i nuovi tipi di colture: si passò infatti dalla vite all’ulivo, con una minor necessità di manodopera. Nel 1623 gli abitati di Bastia fecero richiesta per avere una nuova chiesa parrocchiale, la precedente, Santo Stefano, era ormai lontana dal centro urbano, e nel 1630 fu inaugurata la chiesa della Santissima Annunziata. Tra gli edifici più antichi di Bastia non si possono dimenticare alcune case private, che conservano testimonianze del prestigioso passato del borgo, come la Villa Anfossi, nel ‘500 di proprietà dei conti Della Lengueglia, mentre le case di vari componenti della famiglia Stefani ora sono conglobate nell’attuale villa Oddi, in cui è ancora possibile vedere un giardino frutto di rimaneggiamenti ‘600, e in un complesso di case nei pressi del lavatoio del borgo”. “Una storia curiosa – continua Lanzalaco – è quella del canale irriguo, utilizzato ancora oggi nelle campagne di Bastia. Fu voluto nel ‘500 dalla famiglia Lengueglia e per ottenere il permesso di attraversare le campagne fu permesso ai contadini di utilizzarlo per irrigare i campi, a patto, però, che una parte dell’acqua arrivasse sempre a villa Lengueglia. Questa nuova opera penalizzò non poco la frazione di Leca ed i suoi mulini, ne nacque una causa che si protrasse per secoli e si concluse solo nel ‘900”. Bastia organizza diversi eventi che animano la vita del borgo, il più noto è forse la “Sagra du burgu” (Sagra del borgo), organizzata

dal 2002 dall’Associazione Sportiva Dilettantistica del paese e che, nell’ultimo fine settimana di agosto, in occasione della festività di san Bernardo, porta in Bastia migliaia di persone, attirate dalle degustazioni enogastronomiche dei prodotti locali. Dal 2016 la sagra viene organizzata anche grazie alla collaborazione del parroco della comunità ed il ricavato viene suddiviso per le esigenze della chiesa e della comunità tutta. “Grazie al ricavato della sagra – spiega Micaela Pizzo – abbiamo potuto realizzare, sotto l’egida del Comune, un nuovo parco giochi per i bambini ed abbiamo acquistato un defibrillatore. Sono molte le iniziative che abbiamo in mente, come una mostra di presepi ed un pranzo per i nostri anziani. Dar vita alla Sagra ogni anno non è cosa facile, l’organizzazione richiede molto impegno ma il direttivo e tutti gli associati sono sempre pronti a rimboccarsi le maniche e, con l’appoggio già dimostrato dell’amministrazione locale, contiamo di dar vita anche per il 2017 ad un evento di successo come accaduto negli scorsi anni”.


SANTO STEFANO DI MASSARO

Il tesoro che non ti aspetti Il territorio di Albenga possiede particolarità e tesori unici nel loro genere, non solo per la qualità eccellente dei prodotti della terra ma anche per le bellezze, spesso poco conosciute, che i nostri avi hanno lasciato disseminate ovunque. È questo il caso della bellissima chiesetta romanica di Santo Stefano di Massaro, che sorge proprio a ridosso della strada che collega Bastia di Albenga a Cenesi e che, dopo essere stato uno degli edifici religiosi più importanti della piana è diventata oggi, per le bellezze che nasconde, un’attrazione turistica per croceristi e vacanzieri. Le prime notizie su questo edificio risalgono al 1271, quando la chiesa risultava sorgere nel borgo di Massaro (da qui il suo nome), molto probabilmente edificato su una precedente villa romana, come testimonierebbero alcune epigrafi romane ed un’urna cineraria qui rinvenute. La chiesa si presenta ancora oggi nella sua integrità duecentesca, in stile romanico, con lievi modifiche alla struttura che si susseguirono nel corso dei secoli. Spiega lo studioso di storia locale Luca Lanzalaco: “L’edificio, fu restaurato negli anni ’30 ed emerse un importante ciclo di affreschi probabilmente opera di artisti itineranti che dal basso Piemonte si spingevano in Riviera. Tra gli affreschi i più antichi sono datati tra il 1383 e l’inizio del Quattrocento e contemporanei a quelli presenti nella chiesa di San Giorgio di Campochiesa; tra le raffigurazioni si riconoscono le figure di sant’Antonio abate, l’apostolo Bartolomeo e Maria Maddalena. Due affreschi colpiscono particolarmente l’attenzione ed accendono la curiosità del visitatore: proprio ai piedi dei santi raffigurati sulla parete di destra, si nota un personaggio più piccolo, il committente dell’opera, Giacomo Ricci, oltre alla scritta che attesta il fatto è possibile notare, proprio ai piedi dei santi un piccolo riccio, primo simbolo araldico della casata. Altro affreesco particolarmente suggestivo è quello che si trova alle spalle dell’altare, dove viene rappresentata la morte, non con l’abituale falce ma vista come scagliatrice di frecce, una rappresentazione quantomeno inusuale. Altro affresco notevole è il San Cristoforo che si trova sulla contro facciata e dà le spalle all’ingresso allo scopo di benedire chi usciva dalla chiesa e si immetteva sulla strada per il viaggio di ritorno verso casa: San Cristoforo è infatti il santo patrono dei viaggiatori”.

Alcune fonti storiche attestano che già nel XVI secolo sia l’edificio religioso che il borgo furono abbandonati dagli abitanti probabilmente perché l’area era difficilmente difendibile. La sede della comunità parrocchiale di Massaro fu trasferita nel 1518 nella chiesa della Santissima Annunziata di Bastia con l’obbligo, però, di celebrare ugualmente i riti religiosi nell’antica chiesa in occasione della Pasqua, della Pentecoste, della ricorrenza dei Santi e dei Defunti e per il patrono, Santo Stefano. Secondo quanto scrive il canonico Gio Ambrogio Paneri nel “Sacro e Vago Giardinello...”, un’opera manoscritta del 1624, furono proprio gli stessi abitanti di Bastia a scegliere la chiesa dell’Annunziata perchè quella di Santo Stefano risultava ormai fuori dal centro urbano e quindi scomoda. Ancora oggi l’edificio religioso viene aperto ai fedeli tre volte all’anno: il 25 Aprile, il Primo Novembre ed il 26 Dicembre. È possibile però visitare la chiesa anche in altre occasioni, grazie alla passione ed alla grande disponibilità del sacrestano, Claudio Enrico, che da 35 anni apre volentieri le porte di questo piccolo tesoro del nostro territorio a turisti e curiosi.


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Rosa D’Agostino Ristornate Da Gin, Castelbianco www.dagin.it

Come la flora intestinale influisce sulla nostra salute Nel nostro intestino vivono circa centomila miliardi di batteri per ogni ml di liquido, si tratta di una popolazione eterogenea formata da microrganismi di cui alcuni sono buoni, altri cattivi e altri ancora innocui: la ragione della presenza di una folla così numerosa è che il nostro intestino è un luogo caldo, umido e buio, dove con regolarità arrivano cibo e acqua. Questa enorme massa di microbi è separata dai tessuti sottostanti e dal sangue dalla sola mucosa intestinale, una barriera non più spessa di una mano di vernice. I batteri cosiddetti “cattivi” sono tali perché trasformano l’eccesso di proteine alimentari in sostanze cancerogene, inoltre secernono sostanze chimiche che agiscono sul sistema nervoso causando ansia, depressione e, nei bambini, disturbi appartenenti alla sfera autistica (ASDs); i frammenti dei batteri morti e le loro tossine possono infiammare la mucosa intestinale, che perde la sua funzione di barriera, ed entrare così in circolo provocando un’infiammazione generale subclinica, non avvertibile come sintomi, che interessa molti organi e arterie come le coronarie, favorendo la formazione di placche che le ostruiscono. L’infiammazione subclinica espone, inoltre, al rischio di obesità, allergie, tumori e malattie autoimmuni, come le tiroiditi. Studi recenti, poi, mostrano una certa correlazione tra composizione della flora intestinale e tumore al seno nella donna, legata al fatto che una quota di estrogeni eliminati naturalmente con l’intestino vengono recuperati e rimessi in circolo dall’azione di alcuni batteri: con l’aumento degli ormoni totali circolanti aumenta il rischio di cancro al seno. La buona notizia e che esistono batteri “buoni”che contrastano queste attività dannose; i più utili sono i “fermenti lattici”, chiamati così non perché derivino dal latte ma perché producono acido lattico e altre sostanze benefiche dalla fermentazione delle fibre vegetali, la flora buona, infatti, è “erbivora”: questo spiega perché verdura e frutta siano così importanti per la salute. Fermenti lattici sono i Bifidobatteri, in grado di eliminare le sostanze cancerogene prodotte da altri batteri e di educare le nostre difese immunitarie a riconoscere i germi patogeni; non tutti i Bifidi, però, sono efficienti allo stesso modo, i migliori sono quelli di origine umana come il B. longum, o il B. bifidum, mentre altri come il famoso “Bifidus actiregularis”, il cui vero nome è B. animalis, essendo di origine animale sono meno efficaci. Un’altra categoria importantissima è quella dei Lattobacilli, produttori naturali di antibiotici a largo spettro, come il Lactobacillus reuterii , o il L. ramnosus che ci aiutano a tenere sotto controllo la flora patogena intestinale; L. ramnosus sembra essere anche in grado di avere un’azione benefica sul sistema nervoso. Alimentazione sbilanciata o eccessiva, stress e antibiotici alterano la composizione della flora batterica, favorendo la crescita della componente “cattiva” a scapito di quella buona; per contro alimentazione moderata con poca carne e molte verdure come cavoli e broccoli, bietole, cicoria, insalata e tante altre della nostra tradizione culinaria sono le migliori alleate dei batteri erbivori: quelli buoni. Dottor Claudio Burgarello Biologo, nutrizionista, specialista in microbiologia e virologia. Alassio / Cisano sul Neva claudio.burgarello@libero.it

Ingredienti per 4 persone Per gli involtini: 125g di farina integrale 75g di fecola di patate 400ml di acqua Per il ripieno: 300g di cavolo 300g di zucca 1 cipolla rossa 1 cucchiaio di zenzero 30g di semi di zucca 30g di uvetta Per la vellutata: 500g di zucca 1 cipolla 1 cucchiaino di curcuma Acqua o brodo vegetale

Preparazione pastella

Mettere la farina e la fecola in una terrina aggiungere l’acqua a filo e sbattere con una frusta, salare e lasciare riposare la pastella per mezz’ora.

Ripieno

Tritare finemente la cipolla e farla stufare a fuoco dolce con poco olio e brodo vegetale, quando diventerà trasparente aggiungere la zucca tagliata, il cavolo tritato, i semi di zucca, l’uvetta e il cucchiaio di zenzero, terminare la cottura, salare e frullare una parte del composto.

Procedimento

Prendere la pastella, utilizzando un padellino anti-aderente spennellato di olio d’oliva versatevi un mestolo di pastella e formate delle crepes. Farcirle con il ripieno e richiuderle poi mettetele in una teglia con carta da forno, mettetele in forno a 220°c per 10 minuti.

Vellutata

In una casseruola fare stufare l’altra cipolla, aggiungere la zucca tagliata e la curcuma coprire il tutto con il brodo vegetale; fate cuocere il tutto fino a quando sarà molto morbido e poi frullatelo per ottenere una crema; mettetela poi sul fondo del piatto, adagiatevi sopra gli involtini e a piacere una spolverata di cipollina tritata.

Trimestrale de L’Ortofrutticola di Albenga

La parola al Nutrizionista


PARLA IL GEOLOGO

ALLUVIONE Fabio Arrighetti fa il punto della situazione I recenti fenomeni alluvionali che hanno interessato la piana di Albenga, e più precisamente il primo entroterra, hanno riportato agli onori della cronaca problemi antichi e mai risolti del nostro delicato territorio. Fabio Arrighetti, laureato in scienze Geologiche e geologo libero professionista, fa il punto della situazione, sulle cause e sulle possibili soluzioni del problema. Abenga è una piana di origine alluvionale, ci sono sempre stati fenomeni dirompenti come quelli che abbiamo vissuto ultimamente? “Essendo ubicata in una piana alluvionale, Albenga è sempre stata soggetta a fenomeni di piena e di inondazioni dovuti all’esteso bacino imbrifero che caratterizza il Fiume Centa, comprendente il bacino del Torrente Arroscia,del Torrente Neva, del Torrente Pennavaire e del Torrente Lerrone, per una superficie totale di 432 kmq circa. La storia dimostra l’intenso apporto deposizionale operato dal fiume nel tempo nell’areale della pianura ingauna: secondo documentazioni del primo secolo a.C., infatti, la linea di battigia doveva trovarsi circa all’altezza dell’odierna Piazza del Popolo, dove i Romani costruirono le mura dell’antica Albingaunum, in prossimità della costa appunto. L’eccezionalità dell’ultimo evento dello scorso novembre è un fenomeno che si ripete nel tempo, anche in quello più recente, basti ricordare le alluvioni ad Albenga degli anni 2014, 2000 e 1994, per citare quelli più importanti degli ultimi anni. Pertanto si può parlare di evento eccezionale per intensità di pioggia ma non certamente unico e raro nel suo genere, soprattutto nella regione Liguria”. I danni riportati dal territorio sono effettivamente legati alla eccezionalità degli eventi atmosferici o sono legati ad una mancanza di attenzione e ad una incuria crescente da parte della popolazione? “Sono due concause, ovvero da una parte vi è l’evento piovoso “eccezionale”, inteso come il verificarsi di una precipitazione intensa e duratura in un’area contenuta del territorio che porta ad un notevole scorrimento idrico superficiale che alimenta gli impluvi in modo consistente e conseguentemente le aste fluviali più importanti; spesso tale fenomeno di ruscellamento è favorito da un periodo precedente di siccità, in cui i terreni sono secchi e aridi. La conseguente saturazione dei terreni ad opera della percolazione nel terreno dell’acqua meteorica comporta un appesantimento delle coltri dei versanti che, unitamente alla riduzione delle pressioni interstiziali delle terre, favorisce il distacco di materiale dai pendii e origina i fenomeni franosi. Le frane e i colamenti di materiale, qualora vengono ad interessare un corso d’acqua, contribuiscono in modo significativo al trasporto solido lungo l’asta fluviale che può sfociare in fenomeni di piena e di sovralluvionamento. Più che un’ incuria della popolazione si dovrebbe parlare di una pianificazione urbanistica degli anni passati non curante delle situazioni di rischio idrogeologico; in modo specifico, se si considerano a titolo di esempio le passate costruzioni edilizie autorizzate in prossimità di corsi d’acqua o la possibilità di tombinare rii senza un adeguato studio idraulico...tutte procedure consentite prima dell’entrata in vigore di normative specifiche degli ultimi anni ad oggi, che prendono seriamente in considerazione il pericolo di inondazione e tutelano la pubblica e privata incolumità. La repentina espansione delle aree urbanizzate a partire dagli anni

Il torrente Neva a Cisano sul Neva

‘70 e il contemporaneo e progressivo abbandono delle zone agricole di versante, con la conseguente mancanza di manutenzione e di regimazione idrica superficiale delle aree rurali terrazzate, hanno portato il territorio ligure ad un crescente vulnerabilità rispetto a questi eventi alluvionali significativi”. C’è modo di prevenire situazioni come quella vissuta di recente? “Dagli anni passati ad oggi è stato fatto molto per quanto riguarda la normativa specifica relativa al rischio idrogeologico e, sebbene sia in continua evoluzione, è comunque orientata in modo sempre più restrittivo e severo alla tutela della pubblica e privata incolumità. Altro fattore fondamentale per la prevenzione è la maggior sensibilizzazione del tema operata sulla popolazione dai mezzi di comunicazione che grazie ad un’informazione più aggiornata e accessibile ha la possibilità di svolgere un’azione fondamentale di prevenzione del rischio. Il progresso della tecnologia a supporto della meteorologia ha notevolmente migliorato il sistema di monitoraggio e di previsione degli eventi atmosferici; ad oggi, infatti, un evento meteorico significativo sarà difficilmente non prevedibile dalle autorità preposte che avranno il tempo utile per informare e allertare la protezione civile e la popolazione interessata. Basti pensare all’ultimo evento meteorico “eccezionale” verificatosi pochi giorni fa, il cui stato di allerta rosso è stato segnalato tempestivamente dalle autorità preposte. Nonostante nell’ultimo evento alluvionale si siano registrate quantità d’acqua piovute superiori ad eventi piovosi intensi di recente data, non si sono verificate vittime fra la popolazione; ciò dimostra che da una parte l’informazione è stata migliorata ed è stata più efficace, dall’altra che la popolazione si è rilevata più sensibile e coscienziosa, o perlomeno è stata colta meno “impreparata” rispetto al passato. Purtroppo i danni alle cose e strutture sono sempre presenti a seguito di un evento alluvionale rilevante, ma questo è comunque correlabile agli errori e alle scelte sbagliate del passato che oggi, periodicamente, presentano il conto... In futuro la speranza è che si scelga di investire in modo convinto e consistente nella prevenzione al dissesto idrogeologico e non a mettere mani sui fondi pubblici solo quando il disastro è compiuto, come purtroppo è prassi del nostro bellissimo ma fragile paese”. Geologo Fabio Arrighetti Ceriale fabio_arrighetti@libero.it

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Le osservazioni al Puc di Albenga Coldiretti Savona ha presentato le osservazioni al Piano Urbanistico Comunale di Albenga. Coldiretti, oltre ad aver messo a disposizione dei soci le proprie professionalità per la presentazione di osservazioni individuali, ha presentato una ventina di osservazioni specifiche a firma del proprio presidente in quanto le norme osservate riguardano aspetti che coinvolgono interessi generali della categoria agricola. Le osservazioni sono state presentate alle forze politiche di maggioranza e minoranza affinché coloro che saranno poi chiamati a votarle in consiglio comunale potessero avere piena conoscenza delle motivazioni per cui si è ritenuto presentarle. “Come sempre – afferma il presidente della sezione di Albenga Martino Bolla – Coldiretti ha fatto la propria parte affrontando con serietà e pragmatismo un argomento importante come quello della pianificazione territoriale, presentando osservazioni scaturite dall’analisi tecnica delle norme proposte. Il lavoro svolto è stato significativo e chiediamo ora all’amministrazione comunale di tenerne conto, prendendo in debita considerazione quanto da noi osservato, trattandosi di richieste che vanno nella direzione di un indispensabile e necessario miglioramento delle norme in funzione di un agricoltura che guarda al futuro”.

“Patente” per trattore Coldiretti Savona organizza i corsi Entro il 13 marzo 2017 i conduttori di trattori agricoli e forestali, anche se già vantano esperienza di guida, dovranno aver frequentato il corso di aggiornamento di 4 ore mentre - sin da subito - i conduttori che non possono vantare tale acquisita professionalità, si devono munire della abilitazione con frequenza di un corso di 8 + 2 ore. Come determinare “l’esperienza” viene stabilito dalla Circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali n. 12 del 11 marzo 2013 che stabilisce che può vantare la necessaria professionalità chi può dimostrare di possedere – alla data dell’31/12/2015 - un’esperienza documentata di conduzione di trattori di almeno 2 anni negli ultimi dieci. Destinatari del corso di aggiornamento di 4 ore sono i lavoratori, titolari di azienda, soci, coadiuvanti familiari, dipendenti e lavoratori autonomi. Validità aggiornamento: 5 anni Il corso di abilitazione è invece obbligatorio per tutti gli operatori, ovvero datori di lavoro, per lavoratori, società semplici operanti nel settore agricolo che non possono documentare l’esperienza di guida. Durata: 8 ore + 2 ore per le attività di verifica/valutazione. Coldiretti Savona sta organizzando diverse sessioni dei corsi che si svolgono in tutte le zone della nostra provincia per rispondere alle diverse esigenze formative, chi fosse interessato ad iscriversi o volesse ulteriori informazioni è invitato a mettersi in contatto con l’ufficio zona di riferimento.

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Arriva l’esenzione per le aziende agricole Il Regolamento UE n. 1169/2011 prevede l’obbligo dal 13 dicembre 2016 dell’etichettatura nutrizionale degli alimenti. Tuttavia lo stesso Regolamento ha stabilito l’esenzione per le aziende agricole che vendono direttamente al consumatore finale o a esercizi di vendita al dettaglio. Anche a seguito di alcuni quesiti della Cia i Ministeri dello Sviluppo Economico e della Salute hanno diramato una circolare in cui viene ribadito che le aziende agricole che vendono direttamente o che riforniscono esercizi di vendita al dettaglio sono esentate. La circolare chiarisce l’ambito territoriale degli esercizi di vendita al dettaglio, ovvero il requisito consiste nel fatto che tali esercizi di vendita siano nella stessa Provincia dove ha sede l’impresa agricola o, se questa è in un Comune che è al confine con altre Province, anche nelle Province contermini. Chiarisce inoltre che le aziende esentate sono quelle che forniscono “piccole quantità di prodotto”. A tal proposito la circolare specifica che i fabbricanti di piccole quantità di prodotti sono le microimprese definite dalla Raccomandazione della Commissione 2003/361/CE del 6 maggio 2003 che all’Art.2 dell’Allegato I e cioè quelle imprese che occupano meno di 10 persone e realizzano un fatturato annuo

Sotto i 40 anni arrivano gli sgravi contributivi

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Etichettatura nutrizionale degli alimenti

non superiore a 2 milioni di euro. L’ufficio tecnico di Cia resta a disposizione per qualunque ulteriore chiarimento. Miriano Losno Vicedirettore Cia Savona

Esonero totale dai contributi INPS coltivatori diretti per i giovani sotto i 40 anni che si iscrivono per la prima volta alla previdenza agricola dal gennaio 2017. Per la durata di 3 anni; i successivi 2 saranno pagati con riduzione. Questo ha previsto la Legge di Bilancio, accogliendo un emendamento del PD approvato in commissione il 22 novembre scorso. Insieme alla novità che Regione Liguria sembra disponibili, su forte richiesta delle associazioni di categoria, a eliminare definitivamente dal premio giovani agricoltori l’obbligatorietà di svolgere investimenti per almeno 20 mila euro, costituisce una prospettiva molto favorevole all’insediamento di giovani imprese in Liguria nel 2017. Le novità indicate sono frutto di sollecitazione di Cia e delle altre associazioni verso il Governo e la Regione per creare condizioni di avvio dell’impresa veramente incentivanti per i giovani agricoltori. Il governo ha anche previsto l’esonero dall’IRPEF dei redditi dominicali ed agrari per tutte le imprese agricole nel 2017.

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“Accademia dei Polentofagi” che in Toscana riuniva i più golosi mangiatori di polenta dell’epoca. Fu il primo caso attestato ma non certo l’ultimo: più tardi (tra l’800 e il ‘900) nacque a Parigi, il “Circolo della Polenta”, che, tra il serio ed il goliardico riuniva molti illustri nomi dell’arte e della letteratura italiana; questa accademia aveva, come è ovvio, un suo stemma: un mosaico raffigurante una polenta dorata contornata da sei “P”, iniziali del motto “Per Patria Prima Per Polenta Poi”. Molte le opere liriche e in prosa dedicate a questo piatto della tradizione: da Seneca a Petrarca, passando per Goldoni e molti altri. Ludovico Pastò sul finire del Settecento scrisse in onore della polenta “I due brindisi”:

Elogio della polenta Da piatto povero a cibo letterario In principio fu la polenta. Le ricerche archeologiche hanno portato alla luce antichi resti di pignatte incrostate di farina di cereali e fave che ne documentano l’uso come alimento sin dall’età del bronzo. Si può dire che la polenta (o puls o pulenda o ancora polta e polenda) è un cibo antichissimo a cui probabilmente è legata la sopravvivenza di molte generazioni di nostri antenati. Non dobbiamo pensare però alla polenta di color giallo che conosciamo oggi: il granoturco, portato insieme alle patate e al pomodoro, arriverà dall’America solo nel XVI secolo ed impiegherà diversi secoli per affermarsi. L’antenata della polenta era pallida, realizzata con i cereali più vari che non erano adatti alla panificazione e venivano quindi buttati in un paiolo con acqua bollente e sale; si trattava di farro, sorgo, orzo e miglio principalmente. [Renzo] andò addirittura, secondo che aveva disegnato, alla casetta d’un certo Tonio, ch’era lì poco distante; e lo trovò in cucina, che, con un ginocchio sullo scalino del focolare, e tenendo, con una mano, l’orlo d’un paiolo, messo sulle ceneri calde, dimenava, col matterello ricurvo, una piccola polenta bigia, di gran saraceno. La madre, un fratello, la moglie di Tonio, erano a tavola; e tre o quattro ragazzetti, ritti accanto al babbo, stavano aspettando, con gli occhi fissi al paiolo, che venisse il momento di scodellare. Ma non c’era quell’allegria che la vista del desinare suol pur dare a chi se l’è meritato con la fatica. La mole della polenta era in ragion dell’annata, e non del numero e della buona voglia de’ commensali: e ognun d’essi, fissando, con uno sguardo bieco d’amor rabbioso, la vivanda comune, pareva pensare alla porzione d’appetito che le doveva sopravvivere. Mentre Renzo barattava i saluti con la famiglia, Tonio scodellò la polenta sulla tafferìa di faggio, che stava apparecchiata a riceverla: e parve una piccola luna, in un gran cerchio di vapori. Nondimeno le donne dissero cortesemente a Renzo: «volete restar servito?», complimento che il contadino di Lombardia, e chi sa di quant’altri paesi! non lascia mai di fare a chi lo trovi a mangiare, quand’anche questo fosse un ricco epulone alzatosi allora da tavola, e lui fosse all’ultimo boccone.

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Forse è proprio questa la comparsa più celebre della polenta nella letteratura italiana moderna: VI capitolo dei Promessi Sposi. Qui Alessandro Manzoni descrive la scarsa «polenta bigia, di gran saraceno» che il povero Tonio prepara per la sua famiglia; una misera razione in tempi di fame e carestia. Senza aspettar Manzoni, già nel ‘700 troviamo una vera e propria

La me piase dura e tenera, In fersora e sula grela, in pastizzo, in la paela; Coi sponzioli, coi fongheti, col porselo, coi oseleti. Cole tenche, coi bisati, co le anguele per i gati; e po’ insoma in tuti i modi la polenta xe ‘l mio godi.

Mirabile, poi, la descrizione che Carlo Porta fece della “polenta e osei”: ...con lardosa maestà sedean sopra la polenta come turchi sul sofà.

Anche la tecnica di preparazione, (che se tradizionalmente seguita richiede muscoli d’acciaio ed una pazienza invidiabile) divenne il centro di una poesia di Jacopo Facen (“Il mais e la polenta”): ...l’acqua gurgita e rigurgita, mena vortici e capitomboli, stride e crepita, fuor dal margine balza e trabocca e lungi lungi le bolle scocca. Su dunque subito, su versa tutta in mezzo ai vortici che l’acqua erutta la farina e via pian piano, colla mestola, colla spatola, col materello lungo un’asta, abbrancato nella mano, manipola, rimescola, voltala e rivoltala... sopra il foco che la cuoce, che l’asciuga e la svapora, che l’informa, che diventa giallo bionda, tonda tonda, la balsamica polenta.

Come dimenticare, poi, l’elogio della polenta, descritto da Arrigo Boito ne “La spatola”, ossia: “L’arte di menar bene la polenta e de metterghe el pocio”. Ghe xe ‘na caldiera tacada su un fogo che par una vampa de incendio o de rogo Vissin gh’è una polvere che pare oro fin e qua gh’è la spatola del gran Truffaldin. Principia et miracolo... Se vede de drento levarse ‘na brombola, d’arzento, d’arzento, Po’ subito un’altra la vien a trovar e l’acqua del fondo scominzia a cantar. La canta, la ronfia la subia, la fuma de qua la se s-gionfa de là la se ingruma. El fogo consuma col vivo calor le brombole in s-ciuma la s-ciuma in vapor. La bogie de boto , atenti, ghe semo Più fiama de soto supiemo , supiemo Che gusti, che zogie La bogie la bogie la va , la galopa la zira, la s-ciopa, la fa la manfrina, farina, farina. La salta per soto la sbrodola fora Porteme in cusina farina farina.

La polenta: piatto della cucina e della cultura italiana, quindi, da valorizzare e riscoprire come merita.


Tutti pazzi per la polenta Un antico piatto della tradizione riscoperto e valorizzato La polenta: povera ma buona e sostanziosa, ha sfamato per secoli con grande dignità gran parte degli italiani che abitavano nelle zone montane o pedemontane del nord del Paese. La polenta intesa come farina di legumi o cereali cotta nell’acqua ha origini molto antiche, ma è diventata come la conosciamo adesso solo dopo la scoperta dell’America, perché il granturco che le conferisce il suo colore giallo arrivò proprio dal nuovo continente. Da quel momento la polenta divenne l’alimento base soprattutto dei ceti popolari, dando vita alla “civiltà della polenta”. Di questo piatto della tradizione ne esistono tante varietà: dalla taragna, di mais e grano saraceno, alla veneta realizzata con la polenta bianca. La polenta è un piatto dalla struttura semplice (contiene solo cereali, acqua e sale) ma dalla preparazione piuttosto lunga: in un paiolo, il classico recipiente di rame dedicato appunto alla cottura di questo piatto, viene portata a ebollizione l’acqua leggermente salata prima di versarvi “a pioggia” la farina del cereale. Durante questa operazione è assolutamente necessario mescolare continuamente per evitare in primis la formazione di grumi di farina e, inoltre, che la polenta in fase di cottura si attacchi sul fondo e si bruci. Dopo circa un’ora la polenta dovrebbe essere versata su un tagliere di legno di forma rotonda, il classico “panaro”, lasciata raffreddare qualche minuto e poi servita.

Caratteristiche nutrizionali La polenta, come appena evidenziato, è un alimento semplice costituito da due soli ingredienti: la farina del cereale e l’acqua. È un alimento ricco soprattutto di carboidrati e una porzione da 100 g apporta 362 kcal circa, in pratica le stesse che apporterebbe un piatto di pasta o altri cereali dello stesso peso. Una porzione da 100 g di polenta di mais contiene: 85,6% di carboidrati, 6,1% di proteine e 8,3% di grassi. Ha un discreto contenuto di sali minerali, di ferro, calcio e fosforo.

Come mangiare la polenta La polenta non è un contorno ma un primo piatto. Se viene condita con il formaggio è un ottimo piatto unico, che può essere abbinato a verdure di stagione fresche o cotte al vapore. Ci sono poi moltissime varianti regionali: la polenta alla carbonara, che prevede l’aggiunta di pancetta e formaggio, la polenta cropa, cotta con panna e formaggio, la concia, condita con fontina e toma, la frascatula ed anche la polenta all’erba amara servita con formaggio grana grattugiato ed erbette. Attenzione però: abbondare con burro, formaggio o carne muta radicalmente l’apporto calorico previsto dalla polenta base; se ne consiglia quindi un’assunzione in porzioni non più grandi di 80 grammi.

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Natale nelle tue radici, vieni a conoscerle Mese di Dicembre pieno di appuntamenti ad Arnasco, aspettando il Natale! La Cooperativa Olivicola oltre a confermare l’apertura della sua bottega tutti i giorni compresi i festivi durante il mese di Dicembre, ha organizzato diversi incontri per grandi e piccini. Giovedì 8 Dicembre si è brindato nella piazza della Cooperativa all’olio nuovo e all’accensione delle luminarie natalizie, con l’inaugurazione della mostra presepi: “I presepi di Emilio” nel “Museo dell’olivo e della Civiltà Contadina”. Sabato 17 e domenica 18 Dicembre c’è stato il grande appuntamento con “Bottega in Piazza”: mercatino di prodotti tradizionali liguri e dei prodotti della Cooperativa Grisciano di Accumuli, con laboratori creativi per grandi e piccini, merenda per tutti castagne, cioccolata calda e tante sorprese.

“Quest’anno – ha detto il presidente Luciano Gallizia - abbiamo deciso di organizzare un mercatino davanti alla Cooperativa in collaborazione con le altre aziende di Arnasco e i nostri soci, ma soprattutto con la Cooperativa Grisciano di Acumuli, inserendo i loro prodotti anche nelle confezioni natalizie che si trovano presso la nostra bottega”. Dandovi appuntamento a Gennaio 2017 con “Sociolio” ,dove soci ed amici della Cooperativa saranno protagonisti, si augura a tutti Buon Natale ed un Felice Anno Nuovo!

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w w w. t e r f l o r. i t


CONFAGRICOLTURA

Il 4 novembre è entrata in vigore la legge 199 Norme più severe contro caporalato e sfruttamento del lavoro agricolo Il 4 novembre è entrata in vigore la legge n. 199/2016 sul caporalato e lo sfruttamento del lavoro. I principali filoni di intervento della legge riguardano la riscrittura del reato di caporalato e l’introduzione del reato di sfruttamento del lavoro (che può anche prescindere dal caporalato), con inasprimento delle sanzioni penali e delle misure cautelari; il potenziamento della Rete del lavoro agricolo di qualità, cui vengono attribuite ulteriori funzioni per favorire il lavoro regolare in agricoltura; la revisione del sistema di denuncia contributiva all’INPS, con passaggio, a decorrere dal 1° gennaio 2018, al modello UNIEMENS, con alcuni adattamenti (tariffazione a carico dell’INPS e conferma degli attuali termini di pagamento posticipati trimestrali). L’intento perseguito dalla legge è sicuramente condivisibile nelle sue linee generali, anche perché Confagricoltura denuncia da sempre tali fenomeni a tutela delle tante imprese che operano nel rispetto della legalità. Alcune delle misure introdotte, però, non convincono pienamente e sollevano forti perplessità e preoccupazioni, a partire dalle disposizioni di carattere penale che estendono la punibilità al

datore di lavoro, a prescindere dall’intervento del caporale, a fronte anche di violazioni lievi e occasionali. L’azione portata avanti da Confagricoltura durante l’iter del provvedimento legislativo ha consentito di ottenere importanti risultati, quali quelli relativi agli indici di congruità (che nella versione definitivamente approvata sono stati eliminati) e quelli relativi alle modalità di denuncia all’INPS (che, pur prevedendo il passaggio al sistema UNIEMENS, hanno mantenuto la tariffazione a carico dell’Istituto e le attuali scadenze di pagamento trimestrali). Purtroppo la parte relativa all’inasprimento delle sanzioni penali, introdotta dal Senato nelle ultimissime fasi della discussione, non è stata modificata alla Camera, nonostante le nostre forti sollecitazioni, a causa della blindatura del testo derivante dalla ferma volontà politica di approvare la legge in tempi brevi, rinviando ad un momento successivo la soluzione delle eventuali criticità. Resta naturalmente fermo l’impegno da parte di Confagricoltura per cercare di apportare correttivi alle disposizioni di legge sopra richiamate affinché le sanzioni penali vadano a colpire i veri criminali e non anche i datori di lavoro che cercano di operare nel rispetto delle regole. La nostra Organizzazione, giusto deliberato del Consiglio Direttivo, ha anche intenzione di chiedere un parere pro-veritate sull’esatta portata delle nuove disposizioni penali in materia di caporalato e sfruttamento del lavoro e sulla loro legittimità costituzionale. Abbiamo infatti intenzione di vigilare attentamente sull’applicazione delle nuove disposizioni legislative, per essere pronti a sollevare la questione di legittimità costituzionale qualora i rigori della legge andassero a colpire non i veri criminali, ma i datori di lavoro che cercano di restare nell’ambito della legalità.

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