Depositato presso AIFA in data 23/12/2005
Studio neuroradiologico delle sindromi vertiginose
Cod. 01819228
P. Scagnelli, A. Simoncelli
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otoneurologia 2000 Serie editoriale: CLINICAL CASE MANAGEMENT
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OTONEUROLOGIA 2000 Novembre 2006 / n. 25 Coordinamento Scientifico:
otoneurologia 2000 Novembre 2006 / n. 25
SOMMARIO Studio neuroradiologico delle sindromi vertiginose . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 P. Scagnelli, A. Simoncelli
Dr. Giorgio Guidetti Audio-Vestibologia e Rieducazione Vestibolare Azienda Unitaria Sanitaria Locale di Modena e-mail: g.guidetti@ausl.mo.it
Coordinamento editoriale: Mediserve
Š 2006 MEDISERVE S.r.l Milano - Firenze - Napoli OTONEUROLOGIA
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STUDIO NEURORADIOLOGICO DELLE SINDROMI VERTIGINOSE Paola Scagnelli*, Anna Simoncelli *Direttore UOS Neuroradiologia, Fondazione Policlinico “San Matteo” - Pavia
Metodiche neuroradiologiche per il “sistema dell’equilibrio” L’attuale impiego delle tecniche neuroradiologiche nello studio delle patologie otoneurologiche che coinvolgono le strutture della rocca petrosa e della fossa cranica posteriore è strettamente legata allo sviluppo in questi ultimi decenni delle sofisticate metodiche di diagnostica per immagine quali la Tomografia Computerizzata (TC spirale) e la Risonanza Magnetica (RM ad alto campo).
Indicazioni diagnostiche e cenni di tecnica La definizione diagnostica delle sindromi vertiginose, in particolare, non può prescindere da una approfondita formazione culturale specifica del neuroradiologo e dalla stretta collaborazione con il clinico otoneurologo per caratterizzare, in primis, il disturbo a seconda della sede del deficit (vertigine centrale e vertigine periferica). Utile ai fini diagnostici neuroradiologici è, inoltre, la distinzione dal punto di vista topografico delle vertigini periferiche che possono essere distinte in labirintiche e retrolabirintiche e delle vertigini centrali distinte in nucleari e sopranucleari.
Allo scopo di esaminare i principali centri anatomici che realizzano il complesso “sistema dell’equilibrio”, le tecniche neuroradiologiche attualmente utilizzate sono rappresentate da TC, RM, AngioRM e angiografia digitale (AGF). • Nello studio delle vertigini periferiche l’utilità di TC e RM è tuttoggi controversa: tali tecniche appaiono indicate qualora sia necessario confermare la diagnosi clinica escludendo con certezza una causa centrale del sintomo. • Nello studio delle vertigini centrali, invece, il ricorso ad indagini neuroradiologiche appare indispensabile al fine dell’identificazione della causa eziologica del disturbo.
TC Spirale o “Volumetrica” Multistrato L’indagine TC attualmente è l’esame neuroradiologico di prima scelta per lo studio delle strutture ossee di orecchio esterno, medio ed interno. In particolare, lo studio TC consente la valutazione delle seguenti strutture anatomiche: • pareti ossee dell’orecchio esterno • spessore e continuità della membrana timpanica • conformazione e ossificazione della catena ossiculare • cavità timpanica
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labirinto osseo finestra ovale e finestra rotonda pareti ossee del condotto uditivo interno (CUI) tegmen canale di Falloppio acquedotto vestibolare dotto cocleare e cavità mastoidee.
L’esame TC deve essere eseguito con apparecchi che impiegano la tecnologia spirale, adottando piani e parametri di acquisizione specifici: piano assiale a paziente supino utilizzando algoritmo di ricostruzione ad alta definizione per lo studio delle strutture ossee, matrice 512 x 512, spessore di strato 0.5 mm, collimazione 0.65 mm/sec. In casi specifici lo studio può essere completato con un’acquisizione coronale (secondo un piano piano parallelo alla branca montante della mandibola) in tecnica sequenziale a paziente prono. L’evoluzione della TC con tecnica spirale ha permesso di ottenere scansioni di spessore submillimetrico con rapida acquisizione e di realizzare ricostruzioni multiplanari (MPR coronali, sagittali e parasagittali). Con tale metodica è inoltre possibile realizzare ricostruzioni tridimensionali generando pixel dai dati ottenuti mediante la selezione del range di densità e l’eliminazione delle strutture superficiali. In tal modo si può ottenenere una suggestiva e dettagliata rappresentazione anatomica delle piccole strutture dell’orecchio nei loro rapporti e della loro sede secondo vari orientamenti e punti di osservazione (“otoscopia virtuale”) senza tuttavia incrementare la dose radiogena somministrata al paziente. Con TC spirale multistrato è possibile oggi eseguire acquisizioni AngioTC volumetriche per lo studio di volumi ampi in tempi brevi con un’elevatissima risoluzione spaziale. Ciò si realizza mediante infusione per vena di mezzo di contrasto
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(mdc) iodato ad alta velocità (100 ml/sec) per ottenere durante la massima opacizzazione vascolare la rappresentazione della circolazione intracranica e dei vasi epiaortici.
RM ad alto campo e applicazione di sequenze specifiche Fino a qualche anno fa la RM aveva un ruolo insoddisfacente nello studio della patologia dell’orecchio medio e dell’orecchio interno. Oggi, grazie alla diffusione di macchine ad alto campo (1.5T - 3 T) e al perfezionamento di sequenze specifiche per lo studio di tali fini strutture, la RM permette di valutare con elevata accuratezza diagnostica non solo la patologia extrassiale dell’angolo pontocerebellare e della sostanza encefalica, ma anche morfologia e lesioni del fascio vascolonervoso acusticofaciale, delle strutture del labirinto membranoso e del VII nervo cranico. • L’utilizzo di apparecchiature ad alto campo permette, infatti, di ottenere un’ottimale risoluzione spaziale e di contrasto, mentre l’applicazione di sequenze fortemente T2 pesate, per la scarsa sensibilità agli artefatti da movimento e una buona soppressione del segnale dei tessuti stazionari permette di realizzare un adeguato risalto delle strutture liquide (endo e perilinfa). • Lo studio RM delle sindromi vertiginose prevede un’indagine mirata alle strutture della fossa posteriore con sequenze standard a strato sottile (3 mm) TSE T1 e T2 pesate sui piani assiale e coronale. L’esame è completato con sequenze a strato sottile (3 mm) T1 pesate Fat Sat dopo somministrazione di mezzo di contrasto paramagnetico. Il protocollo neuroradiologico di studio RM delle patologie dell’angolo pontocerebellare e dell’orecchio interno prevede inoltre, necessariamente, l’utilizzo di sequenze 3D CISS (Constructive Interference in Steady
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standard (T2, DP e FLAIR). Tale metodica misura il movimento di traslazione termica browniano delle molecole d’acqua (diffusione) sommato agli spostamenti dovuti alla perfusione tissutale e al flusso attraverso la rete microvascolare. La tecnica Diffusion è in grado di rilevare modificazioni tissutali che, alterando l’equilibro tra ambiente intra ed extracellulare, influiscono sulla diffusione delle molecole d’acqua. Nello studio di diffusione il software è in grado di effettuare diversi stadi di elaborazione dei dati rappresentati da 3 immagini pesate in diffusione dipendenti da T2 (b0), DP (b 500) e T1 (b1000) e una mappa ADC (Coefficiente di Diffusione Apparente). La mappa ADC fornisce il valore diretto della diffusione convertito in immagini indipendenti dagli influssi di T1, T2 e DP. L’analisi del segnale nelle immagini pesate in diffusione integrato con il segnale della mappa ADC permette di caratterizzare la lesione e, nel caso si tratti di evento ischemico, di identificarne il momento evolutivo. • Lo studio Perfusion RM è una tecnica di imaging dinamico basata sull’iniezione in bolo di mdc paramagnetico endovena e sulla rilevazione sequenziale rapida delle modificazioni della suscettibilità magnetica indotte durante il primo passaggio intravascolare di mdc iniettato rapidamente che mantiene una concentrazione tale che gli effetti del T2 superano quelli del T1, realizzando quindi accorciamento di segnale anche nelle immagini T2 pesate. Impiegando modelli di studio della medicina nucleare questa tecnica permette di ottenere una determinazione quantitativa del volume ematico cerebrale regionale (rCBV) rappresentata graficamente dalla curva segnale/tempo. La tecnica Perfusion RM viene utilizzata nella diagnosi delle lesioni ischemiche in fase iperacuta associata allo studio Diffusion per determinare l’estensione eventuale reversibilità della lesione ischemica (penombra
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ischemica) in seguito ad intervento terapeutico tempestivo. Lo studio AngioRM senza mdc (TOF 3D e PC) e con mdc (CE Care Bolus) permette di evidenziare la morfologia ed eventuali alterazioni a carico dei principali vasi arteriosi del circolo intracranico e dei principali vasi epiaortici. • La tecnica TOF (Time of Flight) si basa sul rilevamento dell’elevato segnale in T1 intrinseco delle strutture vascolari ad alto flusso reso possibile dall’esaltazione del segnale dei protoni in movimento all’interno di un volume (slab) di acquisizione e dalla saturazione dei protoni stazionari tissutali. Le immagini vengono acquisite utilizzando singoli slab o multi slab suddivisi in multiple partizioni da cui è possibile ottenere proiezioni angiografiche finali con algoritmo MIP. • La tecnica Contrast Enhanced permette di ottenere immagini con maggior contrasto tra sangue tessuti stazionari eliminando gran parte degli artefatti presenti nelle tecniche senza mdc grazie alla ulteriore riduzione del tempo di rilassamento T1 del sangue mediante acquisizioni alla massima concentrazione intravascolare di un bolo di contrasto ad alto flusso ricorrendo a specifici accorgimenti tecnici (Care Bolus). Anche con questa tecnica è possibile il post-proceesing MIP e SDD (Shaded Surface Display) delle immagini acquisite per ottenere immagini angiografiche. • La tecnica PC (Phase Contrast) è una metodica di studio AngioRM che non utilizza il mdc. Rispetto alle altre tecniche angiografiche di RM necessita di una preventiva determinazione del valore del gradiente di codifica di velocità di flusso (Venc) ed è solitamente impiegata nello studio dei vasi extracranici in quanto fornisce una buona panoramicità e una soddisfacente soppressione dei tessuti stazionari. In particolare la tecnica PC 2D con codifica della direzione e del verso del flusso può risultare utile in alcune condizioni patolo-
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giche, come nello studio della sindrome del “furto della succlavia”. L’angiografia digitale, tecnica invasiva che prevede l’esposizione prolungata a radiazioni ionizzanti e l’infusione intra-arteriosa di mdc iodato, è auspicabile solo nei casi di esame AngioRM marcatamente limitato da artefatti (da movimento o metallici) non esaustiva ai fini diagnostici o nei casi sia previsto un intervento terapeutico endovascolare.
Semeiotica neuroradiologica nelle sindromi vertiginose periferiche Sindromi vertiginose periferiche labirintiche vere Rientrano nel gruppo delle sindromi vertiginose periferiche labirintiche vere: • sindrome di Menière • Vertigine Posizionale Benigna • fistola endolinfatica • labirintiti batteriche piogeniche (da propagazione attraverso la finestra ovale di infezioni dell’orecchio medio) • labirintiti autoimmuni primarie o secondarie (sindrome di Cogan) (Figura 1) • ischemia labirintica acuta • tumori labirintici (schwannomi). Si premette che l’applicazione degli strumenti neuroradiologici nella diagnosi differenziale tra queste diverse forme eziologiche riveste ad oggi un ruolo marginale in quanto, nonostante la sensibilità e la specificità delle metodiche più avanzate siano sicuramente aumentate, queste presentano ancora limiti intrinseci che le rendono inferiori ai test impiegati tradizionalmente dal clinico. Per la malattia di Menière già in passato si ipotizzò la probabile esistenza di una predisposizione anatomica nei pazienti con
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Immagini RM T1 pesate dopo infusione di mdc (piano coronale). Marcato contrast enhancement delle strutture labirintiche bilateralmente. Figura 1. Sindrome di Cogan.
tale affezione in base a studi sulla morfologia dell’osso temporale in pazienti menierici rispetto ai controlli. Tali studi dimostravano che i pazienti con sospetta idrope endolinfatica presentavano caratteristici reperti TC: • ridotta pneumatizzazione periacqueduttale • ridotta pneumatizzazione medialmente all’eminenza arcuata • acquedotto vestibolare di dimensioni ridotte, corto e con stretta apertura esterna.
Con l’avvento della RM alcuni studi hanno dimostrato la presenza di un enhancement del sacco endolinfatico correlabile ad uno stato acuto della sintomatologia in relazione ad un possibile processo infiammatorioreattivo. Solo nelle fasi in esiti si realizza scomparsa dell’enhancement con evoluzione fibrotica del sacco che presenta dimensioni ridotte. L’esame RM presenta, tuttavia, ancora limiti di risoluzione spaziale per cui lo studio della morfologia del sacco endolinfatico l’esame TC rimane di prima scelta. Si accenna alla possibilità che anomalie
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Sequenze RM T1 pesate dopo somministrazione di mdc secondo i piani assiale e coronale. Presenza di enhancement cocleare destro in paziente con sindrome vertiginosa acuta post-traumatica (barotrauma). Figura 2. Fistola labirintica.
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vascolari possono causare clinicamente sindromi sovrapponibili a sindrome di Menière. In particolare le ectopie/ectasie del golfo della giugulare possono essere ben documentate dalle immagini TC che dimostrano come una fossa giugulare posta troppo cranialmente associata alla presenza di diverticolo del golfo della giugulare a seguito del rimodellamento dell’osso della rocca petrosa possa giungere in continuità con il labirinto osseo.
perilinfatico dell’orecchio interno e cassa timpanica. In seguito ad un raccordo anamnestico che contempli un pregresso trauma scatenante (barotrauma, trauma cranico, etc.), interventi chirurgici di stapedectomia in otosclerosi (cause iatrogene), patologie dell’orecchio medio o malformazioni dell’orecchio interno (colesteatoma, otite cronica media, deiscenza del canale semicircolare superiore) (Figura 3) è consigliabile eseguire uno studio TC.
Nella fistola perilinfatica (Figura 2) il ricorso alla diagnostica per immagini offre la possibilità di documentare le condizioni che provocano una lesione a livello della membrana della finestra ovale o della finestra rotonda o un’apertura patologica attraverso la capsula otica con conseguente patologica comunicazione tra spazio
• Lo studio TC ad alta definizione rappresenta, infatti, il miglior ausilio diagnostico nel sospetto di fistola perilinfatica in quanto sufficientemente accurato nello studio della parete ossea del labirinto, nell’identificazione di malformazioni dell’orecchio interno e delle deiscenze del canale semicircolare superiore.
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TC ad alta risoluzione con algoritmo di ricostruzione ad alta definizione per lo studio delle strutture ossee. Scansioni coronali, sagittali e parasagittali dell’orecchio destro. Si evidenzia soluzione di continuità a carico della parete ossea superiore del canale semicircolare superiore di destra che appare deiscente. Figura 3. Deiscenza del Canale Semicircolare Superiore.
• L’indagine TC rappresenta il primo step anche nello studio dell’otite cronica non colesteatomatosa e del colesteatoma. In particolare il colesteatoma può rapidamente causare distruzione (aspetto “molato”) delle strutture ossee dell’orecchio medio circostanti la lesione. Da precisare che tale erosione è determinata da compressione cronica delle strutture ossee da parte del colesteatoma e non
da infiltrazione litica delle stesse. Per tale meccanismo si può venire a creare una soluzione di continuità a carico delle strutture del labirinto osseo che produce una comunicazione anomala tra la perilinfa e l'orecchio medio, in particolare a carico della parete del canale semicircolare laterale (Figura 4). All’esame TC si può anche evidenziare erosione della parete ossea del canale del faciale.
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TC ad alta risoluzione. Scansione coronale orecchio sinistro. Presenza di tessuto molle che occupa la cavità timpanica con erosione del setto di Koerner. Soluzione di continuità a carico della parete ossea del canale semicircolare laterale. Figura 4. Fistola labirintica in colesteatoma.
• Lo studio RM si è rilevato particolarmente indicato nello studio postoperatorio e nel follow-up. Le immagini T1 pesate dopo infusione di mdc permettono di differenziare la perla colesteatomatosa, che non si modifica dopo mdc, dalla presenza del tessuto di granulazione, che essendo vascolarizzato, presenta diffuso ed omogeneo enhancement postcontrastografico. • Utile nella diagnosi differenziale tra tessuto di granulazione nelle otiti croniche semplici e colesteatomatosa e residui colesteatomatosi postchirurgici si è rile-
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vato lo studio Diffusion dove il segnale del colesteatoma appare aumentato sia nelle acquisizioni B500 e B1000 che nella mappa ADC (Figura 5). Il limite di tale studio appare però essere la risoluzione che determina numerosi falsi positivi con lesioni inferiori ai 5 mm. Nelle complicanze di interventi di stapedectomia, la diagnosi di fistola perilinfatica concorda con reperti TC di immagine di livello fluido nell’orecchio medio e presenza di bolle d’aria lungo l’impianto della protesi stapediale.
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Immagini pesate in diffusione (b0-b500-b1000) e mappa ADC. Piccolo residuo colesteatomatoso in esiti di TPL iperintenso nelle immagini dello studio Diffusion. Figura 5. RM Diffusion.
Per quanto concerne i tumori endolabirintici in particolare (schwannomi, neurofibromi) si sottolinea l’aumento di frequenza di riscontro di tali tumori di piccolissime dimensioni proprio grazie alla disponibilità di sofisticate sequenze di ultima generazione in RM. Le sequenze CISS permettono, grazie alla loro elevata risoluzione spaziale, di evidenziare piccoli difetti di riempimento nell’ambito del normale segnale similliquorale endolabirintico. La massima accu-
ratezza diagnostica, dipendente dall’intenso contrast enhancement che caratterizza tali lesioni, si ottiene con le immagini T1-dipendenti dopo somministrazione e.v. di mdc paramagnetico (Figura 6). Il rilievo di una minuscola neoformazione endolabirintica tuttavia, se appare fortemente orientativo verso la diagnosi di schwannoma, non consente di escludere con certezza una diversa natura della lesione (angiomi, granulomi).
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Immagini CISS ed immagini T1 pesate dopo infusione di mdc acquisite con tecnica Fat Sat (piano assiale). A carico del labirinto destro si evidenzia difetto di riempimento ipontenso nelle immagini CISS a cui corrisponde intensa impregnazione dopo infusione di mdc. Figura 6. Schwannoma labirintico.
Anche per le altre cause di sindrome vertiginosa periferica ad eziologia labirintica vera (labirintiti) l’esame RM permette di identificare solo i segni indiretti di tali affezioni: iperintensità nelle immagini T1 pesate della componente metaemoglobinica dell’emorragia labirintica e l’impreganzione cocleare e/o vestibolare e dei canali semicircolari secondaria a flogosi irritativa associata ad alterazione della barriera ematolabirintica.
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correlazione tra il reperto di impregnazione della coclea e del vestibolo e la presenza di sintomatologia oggettiva o soggettiva riferibile a lesione cocleare/vestibolare con impregnazione cocleare segmentaria che coinvolge selettivamente i diversi giri e spesso si correla all’ampiezza della frequenza del deficit acustico.
Da ricordare inoltre che, per le forme su verosimile base autoimmune o di eziologia virale, il reperto RM può apparire negativo anche dopo infusione di mdc.
• In controlli seriati nel tempo si è dedotto che l’impregnazione labirintica mostra un effetto soglia; pertanto, a dosi standard solo nei processi flogistici di medio-grave entità si osserva una chiara impregnazione labirintica che diminuisce con l’attenuarsi della sintomatologia.
• In presenza di enhancement postcontrastografico, è stata dimostrata una chiara
Le ricostruzioni MIP delle acquisizioni CISS del labirinto membranoso offrono scarsa utilità nello studio di tali affezioni in
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Sequenza RM CISS assiale; scansione TC assiale. Marcata dilatazione del sacco e del dotto endolinfatico di sinistra. Figura 7. EVA syndrome.
relazione alla presenza di artefatti a basso segnale che possono determinare una falsa positività. Parossismi vertiginosi sono stati rilevati anche in pazienti con sindrome dell’acquedotto vestibolare allargato (EVA Syndrome). La diagnosi neuroradiologica di tale patologia viene posta al riscontro TC di un acquedotto vestibolare che presenti dimensioni maggiori di 1.5 mm al punto di mezzo tra la “common crus”e l’apertura esterna. In RM le sequenze CISS risultano indispensabili per l’identificazione di un dotto e di un sacco endolinfatico di dimensioni aumentate (> 1.5 mm) permettendo anche una valutazione volumetrica di tali strutture (Figura 7).
Nella valutazione di anomalie cocleari e vestibolari frequentemente associate ad un acquedotto vestibolare ampio, studi recenti non hanno dimostrato sostanziali differenze in termini di sensibilità tra esame TC ad alta risoluzione ed immagini RM fortemente T2 pesate 3D. Sindromi vertiginose periferiche retrolabirintiche La neurite vestibolare virale entra in diagnosi differenziale con altre condizioni patologiche di origine periferica che coinvolgono l’VIII nervo cranico nel suo tratto intracanalare e intracisternale, quali il neurinoma dell’acustico, le neuropatie tossiche o ischemiche, le neuropatie in corso di meningosi, emosiderosi, le malattie granulomatose, i conflitti neurovascolari ed i tumori glomici.
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Difetto di riempimento a carico del CUI di destra ipointenso nelle immagini CISS cui corrisponde impregnazione dopo mdc nelle immagini T1 pesate Figura 8. Neurinoma del CUI.
• L’esame TC fornisce un’accuratezza diagnostica insoddisfacente nello studio di tali patologie, in quanto limitato da artefatti da indurimento del fascio fotonico per l’elevata densità dell’osso della rocca petrosa e delle piccole dimensioni delle strutture nervose da analizzare. Tale metodica spesso presenta reperti negativi non solo all’esame eseguito in condizioni basali ma anche nelle scansioni acquisite dopo iniezione di mdc iodato che solo raramente sono in grado di rilevare un enhancement intracanalare isolato. Pertanto, di fronte ad un sospetto clinico di patologia retrolabirintica la negatività di un’indagine TC non esclude la possibilità di una lesione. • L’esame di elezione è rappresentato dalla RM mirata al CUI che permette di
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evidenziare enhancement contrastografico intracanalare anche di estensione di pochi millimetri (Figura 8). La sensibilità delle sequenze RM T1 pesate dopo infusione di mdc è molto buona nelle neuriti vestibolari, ma limitatamente alla fase acuta e sub-acuta, poiché solo in questa fase si verifica la rottura di barriera emato-neurale e scarsamente specifica per una diagnosi differenziale tra le altre cause di impregnazioni patologiche del nervo vestibolare (meningosi, granulomatosi). Non è infrequente che gravi infezioni virali coinvolgano contemporaneamente il tronco encefalico, i nervi vestibolari, il labirinto con dimostrazione dell’estensione del processo evidenziata dell’enhancement postcontrastografico delle varie strutture coinvolte.
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Si noti l’elevata risoluzione spaziale e di contrasto ottenute con studio RM nelle sequenze CISS (GE fortemente T2 pesate) paragonata alle immagini di cisterno TC, metodica invasiva ormai abbandonata per lo studio del fascio vascolonervoso acusticofaciale. Figura 9. Cisterno TC e sequenze CISS RM.
• L’utilizzo delle moderne sequenze fortemente T2 pesate a strato sottile (CISS) ha permesso di abbandonare il ricorso alle obsolete e invasive tecniche di cisterno TC (con mdc iodato o gassoso intratecale) (Figura 9), che in passato erano l’unico
strumento a disposizione del neuroradiologo per evidenziare le alterazioni intrinseche del fascio nervoso acusticofaciale, il decorso anomalo intracanalare di vasi arteriosi o la presenza di piccole lesioni occupanti spazio nel CUI.
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• La RM con sequenze CISS mirate al CUI (Figura 10), infatti, permette di studiare il decorso e morfologia del nervo vestibolare dalla sua emergenza dal ponte al fondo del CUI, decorso o morfologia anomala di formazioni vascolari del circolo posteriore che coinvolgano la REXIT zone o la RENTRY zone o il segmento cisternale del nervo vestibolococleare (loop vascolari dell’AICA, dolicoectasia vertebrobasilare, aneurismi del circolo posteriore). • Le immagini di base ( partizioni ) dell’AngioRM TOF sono utili nella definizione di conflitto neurovascolare grazie all’elevata risoluzione spaziale e ad un ottimale contrasto e visibilità sia delle strutture vasali ad elevata intensità di segnale che di strutture nervose a media intensità e degli spazi liquorali a bassa intensità. Inoltre le ricostruzioni volumetriche consentono la riformattazione dei dati originali in sezioni submillimetriche nei tre piani dello spazio. • Lo studio delle strutture vascolari mediante tecnica VIBE con mdc permettono di ottenere una migliore definizione topografica delle anomalie vascolari (Figura 11) e di distinguere le strutture vascolari arteriose da quella venose (Figura 12), di estrema utilità specie nel mappaggio vascolare prechirurgico delle lesioni espansive dell’angolo pontocerebellare. La RM con mdc inoltre permette di evidenziare la presenza di eventuali lesioni espansive del CUI (neurinoma vestibolare, metastasi, etc.) (Figura 13) o dell’angolo pontocerebellare in sede extrassiale (neurinoma, meningioma, angiomi, cisti epidermoide, cisti aracnoidea, lipoma, etc.) o intrassiale a svilippo intracisternale con una buona specificità grazie alla conoscenza di caratteristiche semeiologiche RM tipiche di ciascuna delle patologie
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suddette ottenute dalla combinazione di sequenze ottimali. Nelle lesioni intracanalari di piccole dimensioni spesso la TC è in grado di evidenziare solo segni indiretti di alcune patologie espansive dell’angolo pontocerebellare (ex per il neurinoma dell’acustico): slargamento e assottigliamento della parete del CUI, accorciamento della sua parete posteriore, dislocazione verso il basso della cresta falciforme che apparirà accorciata o assente. La diagnosi neuroradiologica dei paragangliomi (tumore glomo timpanico e tumore glomo giugulotimpanico) si basa sulla integrazione di reperti ottenuti da TC, RM e AGF. Ciascuna di tali metodiche, infatti, permette di identificare caratteristiche semeiologiche specifiche di tali tumori che, integrate, forniscono una diagnosi di certezza nell’indagine differenziale con altre patologie occupanti lo spazio carotideo (tumori maligni, meningiomi, neurinomi, trombosi venose, dissecazioni ICA, ascessi, aneurismi carotidei). In relazione alla sede e alle dimensioni, i tumori glomici possono presentare reperti TC differenti. • I piccoli tumori glomi timpanici si evidenziano come una massa della densità dei tessuti molli, in corrispondenza del promontorio cocleare, con marcato enhancement postcontratografico. Il tessuto molle può invadere la cavità timpanica, dislocare lateralmente la membrana timpanica occupando l’ipotimpano, estendersi anteromedialmente sino ai tratti verticale e orizzontale della carotide petrosa e posteromedialmente nel canale dell’ipoglosso. • Il tumore glomo giugulare origina dalla fossa giugulare e si estende nella base cranica attraverso il canale dell’ipoglosso. Provoca erosione della fossa giugulare anteriormente e superiormente, esponen-
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Immagini RM T2 pesate (coronale ed assiale). Si evidenzia piccola formazione vascolare che decorre in prossimità dell’aditus del CUI destro. Figura 10. Conflitto neurovascolare.
Immagini RM CISS e VIBE. Nelle immagini CISS meglio si evidenziano rispetto alle immagini T2 pesate standard (vedi Fig.10) i rapporti che la formazione vascolare contrae con le strutture del fascio acusticofaciale. Nelle immagini dello studio VIBE la formazione vascolare suddetta presenta contrast enhancement precoce (fase I o fase arteriosa) ed appare verosimilmente riferibile ad AICA. Figura 11. Conflitto neurovascolare.
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Partizione assiale TOF 3D, VIBE fase arteriosa, VIBE fase venosa. Presenza di anomala formazione vascolare cerebellare destra visualizzabile allo studio TOF e tipizzabile come venosa allo studio VIBE dove risulta evidenziabile nella sola fase venosa Figura 12. DAV.
do l’arteria carotide interna petrosa e invadendo l’orecchio medio. • Nei chemodectomi di marcate dimensioni la TC ad alta risoluzione può essere utile per identificare l’origine del tumore esaminando la porzione ossea tra fossa giugulare e ipotimpano. L’erosione della cresta ossea che separa il bulbo della giugulare dalla carotide petrosa solitamente indica un tumore glomo giugulare.
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• La TC può aiutare ad escludere altre lesioni come arteria carotide interna aberrante o deiscenza del bulbo della giugulare. • Nei chemodectomi di marcate dimensioni la TC ad alta risoluzione può essere utile per identificare l’origine del tumore esaminando la porzione ossea tra fossa giugulare e ipotimpano. L’erosione della cresta ossea che separa il bulbo della giugulare dalla carotide petrosa solitamente indica un tumore glomo giugulare.
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Diffusione di K parotideo lungo la guaina del nervo faciale. Slargamento del forame stilomastoideo visualizzabile alla TC e del canale del nervo stesso.Tessuto molle patologico che presenta marcato enhancement postcontrastografico occupa il CUI destro come visualizzabile allo studio RM. Figura 13. Metastasi K parotide.
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Sequenze RM T1 pesante dopo infusione di mdc e AGF. Tessuto molle disomogeneamente ipoiperintenso nelle immagini T1 pesate (“aspetto sale e pepe”). Tipico quadro angiografico con aspetto “cotonoso” della neocircolo patologico in fase arteriosa. Figura 14. Paraganglioma.
Scansione TC coronale senza mdc e scansione TC coronale dopo infusione di mdc. Tessuto molle adeso al promontorio occupa l’ipotimpano. La lesione presenta enhancement post-contrastografico marcato ed omogeneo in fase arteriosa. Figura 15. Paraganglioma.
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• La TC può aiutare ad escludere altre lesioni come arteria carotide interna aberrante o deiscenza del bulbo della giugulare. Il tumore glomo giugulare, inoltre, deve essere distinto dal tumore glomo vagale. Quest’ultimo appare localizzato al di sotto della base cranica, lungo la parete posteriore dell’arteria carotide interna e tipicamente non si estende alla fossa cranica posteriore. • La RM permette non solo di caratterizzare la lesione, ma anche di fornire un’accurata valutazione della sua estensione intracranica, di rilevare l’eventuale multicentricità e il coinvolgimento di strutture vascolonervose. • Il reperto patognomonico RM di tali formazioni espansive è rappresentato dal caratteristico aspetto “sale e pepe” (Figura 14) nelle immagini T1 e T2 pesate per la presenza di zone di vuoto di segnale in relazione all’elevato flusso ematico dei vasi intralesionali e tributari al tumore che lo rendono ipervascolarizzato. Per tale caratteristica lo studio contrastografico (TC e RM) e lo studio angiografico sono essenziali per la diagnosi di tumore glomico, in quanto utili a dimostratre la loro intensa, diffusa e disomogenea impregnazione, i tempi di enhancement e la rappresentazione vascolare tumorale e i rapporti della lesione con le arterie carotidi e la vena giugulare. • Nello studio AngioTC è importante acquisire le immagini in fase vascolare precoce data la caratteristica neovascolarizzazione arteriosa dei tumori glomi(Figura 15). • Le tecniche AngioRM TOF 3D e CE rappresentano tecniche con elevata sensibilità e specificità nell’identificazione del tumore e dei vasi arteriosi afferenti alla lesione pur mantenedo
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una sensibilità minore rispetto alla angiografia digitalizzata. Ottimi risultati si sono ottenuti, nella nostra esperienza, anche con la tecnica VIBE, che permette di visualizzare la dinamica vascolare del tumore mediante acquisizioni rapide e submillimetriche. I reperti angiografici caratteristici della presenza di un chemodectoma sono rappresentati dall’opacizzazione di una struttura di forma ovalare con aspetto di tipo “cotonoso” (vedi Figura 14), che si dispone tra la carotide interna ed esterna e che presenta una vascolarizzazione sostenuta da rami della carotide esterna (in particolare l’arteria faringea ascendente). L’arteriografia selettiva dell’arteria vertebrale, della carotide interna e il cateterismo superselettivo dei rami della carotide esterna rappresenta la procedura diagnostica che fornisce la più elevata quantità di informazioni sulla lesione glomica: sede, dimensione, lesioni aterosclerotiche eventualmente presenti. È importante ricordare che l’angiografia digitalizzata rappresenta un indispensabile strumento diagnostico in tale patologia che può trasformarsi in un intervento terapeutico di embolizzazione prechirurgica della lesione. Mediante l’utilizzo di microcatereri è possibile eseguire un cateterismo superselettivo dei piccoli vasi afferenti principalmente derivanti dalla arteria carotide esterna (l’arteria faringea ascendente, i rami dell’arteria mascellare l’arteria auricolare posteriore, l’arteria stilomastoidea e le arterie occipitali) attraverso i quali si può procedere alla terapia embolizzante. L’embolizzazione preoperatoria ha lo scopo di realizzare una riduzione dell’apporto arterioso alla lesione con conseguente diminuzione delle dimensioni del tumore e riducendo i rischi di sanguinamento durante l’atto chirurgico.
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Immagini sul piano sagittale acquisite con tecnica GE e T2 pesate. Marcata ipointensità di segnale al passaggio pontomidollare da depositi emosiderinici. Figura 16. Angioma cavernoso bulbare.
Semeiotica neuroradiologica delle sindromi vertiginose centrali Le sindromi vertiginose centrali si possono distinguere topograficamente in sindromi nucleari e sovranucleari (vasculopatie acute e croniche, ascessi, emorragie e tumori cerebrali, encefaliti, encefalomieliti disseminate postinfettive, sclerosi multipla, emicrania) (Figura 16). Per ciascuna di tali patologie il ricorso alla diagnostica per immagine (RM e AngioRM in particolare) riveste un ruolo fondamentale in quanto indispensabile per una precisa definizione eziologica dei sintomi. I reperti ottenuti dalle diverse metodiche sono nella maggior parte dei casi caratte-
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ristici e indicativi di una specifica patologia che può essere così identificata. In corso di patologie cerebrovascolari che coinvolgono il sistema vertebrobasilare nella sua funzione di irrorazione delle principali strutture nervose centrali del “sistema dell’equilibrio” (regioni pontomidollari laterali, sedi dei nuclei vestibolari e cervelletto), le vertigini si possono manifestare come sintomo isolato o associato ad altre manifestazioni cliniche. Tali disordini possono variare clinicamente, in relazione all’entità del danno (dalla ischemia vertebrobasilare transitoria e reversibile agli ictus ischemici o emorragici pontomidollari e cerebellari completi) e al territorio di vascolarizzazione coinvolto in rapporto al vaso inte-
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Immagine FLAIR e T1 pesata dopo somministrazione di mdc Fat Sat. Nell’immagine FLAIR si evidenzia iperintensità di segnale a carico del flocculo cerebellare destro. Nelle immagini acquisite dopo infusione di mdc si osserva impregnazione marcata dell’area corrispondente associata a contrast enhancement del fondo del CUI di destra e delle strutture labirintiche omolaterali. Figura 17. Neurite vestibolare ischemica in fase subacuta.
ressato (porzione midollare laterale per interessamento dei rami laterali o mediali della PICA o per infarto vertebrale porzione pontomidollare laterale per infarto dell’AICA - porzione cerebellare inferiore per interessamento delle arterie cerebellari inferioni anteriori e posteriori - porzione cerebellare superiore per coinvolgeminto della SCA - flocculo e arteria uditiva interna per interessamento della arteria cerebellare media) (Figura 17). L’insufficienza vertebrobasilare può riconoscere multipli meccanismi eziologici su base ateromasica: • lesioni stenosanti emodinamicamente significative
• placche ulcerate • dissezioni; e non ateromasica: • sindrome del “furto della succlavia” • fenomeni compressivi su base spondilosica • megadoligobasilare (Figura 18) • sindrome di Arnold Chiari • collagenopatie vascolari • vasculiti. La diagnosi eziologica delle vasculopatie non aterosclerotiche da collagenopatia e automimmuni risulta essenzialmente basata su quadri clinico-laboratoristici o su esame bioptico.
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Immagini TOF 3D ricostruzioni MIP e partizione assiale. Iperintensità di segnale del flusso delle strutture vascolari arteriose. Immagine CISS. Meglio si evidenziano i rapporti della basilare con le strutture del tratto intracisternale del pacchetto acusticofaciale. Figura 18. Megadoligobasilare.
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Nel sospetto clinico di ictus (ischemico o emorragico) coinvolgente il sistema vertebrobasilare, il primo step diagnostico in regime d’urgenza è rappresentato dallo studio TC della sostanza encefalica che permette di escludere o confermare la presenza di iperdensità delle componenti emorragiche intraparenchimali dell’ictus.
mente in fase subacuta (dalle 12 ore a 23 settimane dall’evento), documentandone l’ipodensità e l’effetto massa, mentre può fornire falsi negativi in caso di lesioni ischemiche in fase iperacuta (0-6 ore) o nell’effetto fogging (dopo la secondaterza settimana dall’evento ischemico).
• La TC dell’encefalo, tuttavia, permette di evidenziare le lesioni ischemiche sola-
La RM rimane l’esame “gold standard” in quanto più sensibile rispetto alla TC nel-
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l’identificazione di lesioni di piccole dimensioni a livello midollare e cerebellare e nell’identificazione di lesioni ischemiche in fase iperacuta. • In particolare le sequenze pesate in diffusione permettono di rilevare l’edema citotossico che si realizza nelle prime ore dell’evento ischemico e non visualizabile con sequenze rm standard (T2 e FLAIR).
ne periferica più ampia dove tale fenomeno è meno marcato (penombra ischemica o area arischio di infarto) rilevabile come riduzione di rCBV (decremento curva segnale/tempo) nelle immagini Perfusion e suscettibile di recupero con intervento terapeutico di riabitazione vascolare adeguato e tempestivo (es. stenting, fibrinolisi intra-arteriosa o sistemica).
• Lo studio Diffusion consente, infatti, di evidenziare come iperintensità focale di segnale nelle sequenze con coefficiente di diffusione b500 e b1000 le aree che presentano riduzione delle molecole d’acqua libera interstiziale (edema citotossico) che si verifica entro pochi minuti dall’evento ischemico.
• Un altro vantaggio della RM è rappresentato dalla possibilità di studiare, anche durante la stessa sessione di esame, lo stato di flusso dei principali vasi epiaortici tramite angio-RM con iniezione rapida di mezzo di contrasto mediante tecnica Care Bolus.
• Il valore del coefficiente di diffusione apparente nella mappa ADC si presenta ridotto determinando un segnale ipointenso in corrispondenza delle aree suddette; tale riduzione di segnale e massima tra le 8-32 ore dopo l’evento acuto, rimane marcatamente ridotto nei successivi 3-5 giorni per normalizzarsi 1-4 settimane dopo l’inizio dello stroke. Questo pattern può essere diverso in caso di precoce riperfusione che può pseudonormalizzare i valori di ADC già in 1-2 giornata. Si ricorda che tali sequenze hanno un importante limite legato alla loro particolare sensibilità alla suscettibilità magnetica e alla disomogeneità di campo magnetico che determina spesso nelle immagini della base cranica artefatti all’interfaccia osso-tessuto molle. Può essere utile in fase iperacuta combinare l’imaging di diffusione con lo studio di perfusione (perfusion RM). L’associazione di tali tecniche ha lo scopo di predire dell’evoluzione e della gravità del danno ischemico in fase iperacuta, quando il focolaio ischemico è caratterizzato da una zona centrale con riduzione marcata dei valori di ADC e da una porzio-
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La tecnica Angio-RM contrast-enhanced (CE), permette mediante l’utilizzo di mezzo di contrasto paramagnetico (gadolinio-DTPA) iniettato a “bolo” per via venosa di evidenziare i vasi arteriosi nel momento del primo transito del bolo al loro interno, fornendo una rappresentazione anatomo-funzionale dei vasi stessi, e quindi avvicinandosi molto più all’angiografia digitale tradizionale con evidente minor invasività. L’attuale limite di tale metodica è dato dalla non elevata risoluzione spaziale, che non consente di ottenere immagini dei vasi di minore calibro comparabili a quelle dell’angiografia digitale. • Uno studio angiografico esaustivo oltre ad individuare la lesione patologica (placca ateromasica ulcerata, displasia fibromuscolare, dissezione, stenosi) deve inquadrare la stessa nel contesto dell’intero circolo cerebrale (documentando la molteplicità delle lesioni a carico dei tronchi epiaortici e delle principali arterie intracraniche). Per la diagnosi radiologica della sindrome del “furto della succlavia” è necessario dimostrare la presenza della stenosi
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Ricostruzione SSD di Angio RM CE. Carotide interna con diffuse irregolaritĂ di calibro e di parete. Figura 19. Displasia fibromuscolare.
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succlavia prossimalmente all’emergenza dell’arteria vertebrale ed il flusso invertito a livello dell’arteria vertebrale stessa. La tecnica angiografica contrastografica (CE) permette di visualizzare la stenosi, mentre per dimostrare l’inversione di flusso a livello dell’arteria vertebrale si deve utilizzare la tecnica AngioRM PC 2D. Nelle immagini PC di fase con codifica caudo craniale il segnale dell’arteria vertebrale con flusso retrogrado appare uguale al segnale di flusso delle strutture venose. • Studi recenti hanno dimostrato una buona sensibilità e specificità della tecnica CE nello studio del sistema arterioso vertebrobasilare. Tale tecnica, pertanto, sembrerebbe poter vicariare l’arteriografia digitale specie se concordante con i dati ultrasonografici. • L’AGF risulta pertanto limitata a pazienti selezionati nei quali pemangono dubbi di inquadramento diagnostico. Tuttavia la metodica angiografica per il suo alto potere di risoluzione rappresenta ancora oggi il “gold standard” cui far riferimento per una valutazione ottimale morfologica e funzionale del circolo intra-extracranico in quei pazienti nei quali le informazioni ottenute con metodiche non invasive risultino incomplete o discordanti, quando sia previsto un intervento di trombolisi intrarteriosa o di angioplastica o sia necessario fornire informazioni emodinamiche sui tempi di circolo cerebrale verificando l’attivazione di circoli collaterali di compenso. Nello studio della fibrodisplasia muscolare (Figura 19), l’Angio RM TOF rende la diagnosi difficile, in quanto ostacolata da fenomeni di flusso turbolento creati dall’alternanza di stenosi e dilatazioni vasali che caratterizzano questa patologia.
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L’esame angiografico, pertanto, rappresenta la metodica di elezione e permette di distinguere le alterazioni vasali in almeno tre categorie: • aspetto “a corona di rosario” con multiple irregolarità concentriche distanziate con interposizione di segmenti arteriosi normali o dilatati (tipo 1); • stenosi tubolare con lesione concentrica con restringimento regolare del lume del vaso (tipo 2); • solo una parete del segmento vascolare risulta colpita e può mostrare una tasca simil diverticolare o una stenosi con aspetto a setto (tipo 3). Lo studio AngioRM può essere invece utile per valutare aneurismi cerebrali associati e complicanze quali la dissecazione (Figura 20). Nella diagnosi di dissecazione vasale la TC può essere utile per evidenziare le conseguenze della dissecazione vasale come ischemie o un’emorragia subaracnoidea. L’angiografia digitale rappresenta tutt’oggi il “gold standard” per la diagnosi di dissecazione vertebrale. Reperti angiografici caratteristici sono rappresentati dalle irregolarità parietali o dalla occlusione vasale, dalla presenza di un doppio lume o dalla formazione di pseudoaneurisma. Caratteristico è il riscontro di una riduzione di calibro di un lungo segmento arterioso ("string sign") e di un restringimento associato a dilatazioni prossimali o distali (“string of pearls sign”). Le tecniche di AngioRM hanno dimostrato una minor sensibilità ma un’equivalente specificità rispetto all’angiografia digitale.
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Ricostruzione MIP di Angio RM CE con aspetto “a coda di topo” del tratto postbulbare dell’ICA. Ottima correlazione tra quadro RM e quadro AGF. Figura 20. Dissecazione.
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L’angiografia digitale è oggi indicata, quindi, solo nel forte sospetto clinico di dissecazione in assenza di reperti positivi RM o AngioRM. Il valore della RM è dovuto principalmente alla possibilità di fornire immagini ad alta risoluzione in fossa posteriore e alla capacità peculiare di visualizzare e datare l’ematoma intramurale.
Bibliografia
Il tipico aspetto RM dell’ematoma intramurale può essere visualizzato su acquisizioni assiali T1 e T2 pesate in cui è rappresentato da un aumento del diametro esterno dell’arteria, dalla presenza di una regione eccentrica di alto segnale associato a riduzione delle dimensioni del lume vasale. Studiando il segnale rilevato in tali sequenze è inoltre possibile ottenere una datazione dell’ematoma in relazione alle modificazioni dei prodotti di degradazione dell’emoglobina al suo interno.
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