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otoneurologia 2000 | numero 22 | DICEMBRE 2005

LA VERTIGINE VASCOLARE: ELEMENTI ANAMNESTICO-CLINICI DI SOSPETTO DIAGNOSTICO Giorgio Guidetti Audio-Vestibologia e Rieducazione Vestibolare - Azienda Unitaria Sanitaria Locale di Modena E-mail: guidetti.giorgio@policlinico.mo.it

Introduzione Le vertigini, i disturbi dell’equilibrio, i ronzii auricolari sono spesso i primi sintomi di una difficoltà di circolazione nel cervello o nel labirinto ed occorre identificare la malattia che provoca la riduzione della portata sanguigna nei vasi cerebrali o dell’orecchio interno (lesioni o placche nelle arterie del collo, problemi cardiaci, malattie varie delle arterie o del sangue, aumento del colesterolo, ipertensione, ecc.), per evitare un peggioramento della malattia che potrebbe provocare nel tempo danni maggiori, non ultimo un ictus. La scelta della terapia e la sua efficacia risentono molto della precisione diagnostica, soprattutto nel paziente anziano che può presentare diverse cause concomitanti, e che spesso fa uso di molti farmaci, alcuni dei quali potrebbero a loro volta causare le vertigini. La certezza della diagnosi richiede spesso la collaborazione di molti specialisti, perché possono essere necessari numerosi esami e consulenze (esami di sangue, accertamenti cardiologici, internistici, angiologici, oftalmologici, neurologici e otorinolaringoiatrici, TC o Risonanza Magnetica, esame Doppler, ecc.) (vedi “La vertigine vascolare: il razionale della diagnosi e della terapia”. Otoneurologia 2000 n.21 - Giugno 2005). L’identificazione di una linea guida razionale, tale da consentire una buona preci-

sione diagnostica senza eccedere in accertamenti, rappresenterebbe un fondamentale ausilio per i diversi specialisti coinvolti nella diagnosi e nella terapia dei disturbi dell’equilibrio di natura vascolare. A tale scopo, è stato messo a punto il nuovo protocollo diagnostico-terapeutico illustrato in questo articolo. Presentato lo scorso giugno a Roma in una tavola rotonda dedicata alle vertigini vascolari, in occasione del XVIII IFOS World Congress della Federation of Otorino-laryngological Societies, il protocollo è stato successivamente oggetto di una Consensus Conference nazionale (“La Vertigine Vascolare - Consensus Conference sui Criteri Diagnostici”, Modena, 25-26 novembre 2005). L'obiettivo del protocollo è ottimizzare il percorso diagnostico e ridurre il numero di esami ai quali i pazienti vengono sottoposti.

Protocollo diagnosticoterapeutico di vertigine vascolare in base allo studio VascVert Nei disturbi dell’equilibrio l’identificazione della causa è spesso difficile; in particolare l’ipotesi eziologica vascolare è formulata frequentemente in base solo a dati anamnestici o a markers bioumorali e neuroradiologici. Quando poi il sospetto diagnostico si restringe a disturbi del microcircolo ter-

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minale labirintico, la diagnosi eziologica rimane spesso più un’ipotesi che una certezza (vedi Box Fisiopatologia del microcircolo terminale labirintico). Ipotizzata l’eziologia vascolare, si rende necessario attuare una terapia causale con farmaci che agiscono sulla aggregazione piastrinica, la trombogenesi, il microcircolo e la viscosità ematica. L’elaborazione del nuovo protocollo diagnostico dei disturbi dell’equilibrio di natura vascolare è scaturito nell’ambito di una indagine retrospettiva condotta su pazienti con sindrome vertiginosa di verosimile origine vascolare, studio i cui risultati sono in corso di pubblicazione (Guidetti G. La terapia della vertigine vascolare nella pratica ambulatoriale: esperienza multicentrica Studio VascVert. Otorinolaringologia, in press). Nello studio VascVert sono stati coinvolti 46 Centri italiani di Vestibologia, con il coordinamento del Servizio di Vestibologia e Rieducazione Vestibolare dell’ Azienda USL di Modena. La casistica considerata, inerente al periodo luglio 2002-febbraio 2003, è stata di 315 pazienti ambulatoriali con disturbi cronici dell’equilibrio (44,1% di sesso maschile, 55,9% di sesso femminile, con età media di 66 anni). Scopo della valutazione è stato verificare: 1) l’affidabilità dei criteri abitualmente utilizzati per la diagnosi di vertigine vascolare e 2) l’efficacia di alcuni farmaci largamente utilizzati in questo campo per la loro attività antiaggregante piastrinica o antitrombotica.

Criteri clinico-anamnestici per la diagnosi di vertigine vascolare I fattori di rischio più rappresentati nella casistica VascVert sono risultati: ipertensione arteriosa (71,7%), ipercolesterolemia (64,1%), patologia carotidea documentata

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con esame doppler (45,7%) e familiarità per malattie cardiovascolari (59,7%). La diversa incidenza di fattori di rischio ha permesso di individuare un gruppo ad alto (AR) ed uno a basso (BR) rischio vascolare. La prevalenza dei fattori di rischio è risultata in questi soggetti nettamente superiore rispetto alla distribuzione del rischio cardiovascolare globale nella popolazione italiana (sulla base dei dati dell’Osservatorio Epidemiologico Cardiovascolare). Questo dato, che emerge da una indagine retrospettiva, in cui è possibile che talune prevalenze risultino sottostimate in quanto soprattutto anamnestiche, suggerisce che i criteri clinico-anamnestici abitualmente utilizzati per la diagnosi di vertigine di natura vascolare possano essere considerati affidabili.

Efficacia dei trattamenti adottati nella vertigine vascolare Nella casistica dello studio VascVert sono stati oggetto di valutazione: le caratteristiche cliniche della vertigine e la sua evoluzione nel tempo; gli effetti dei trattamenti adottati: antitrombotico (gruppo SDX: sulodexide) e antiaggregante (gruppo AAG: aspirina, ticlopidina). La casistica è stata suddivisa in base al trattamento antitrombotico o antiaggregante effettuato: gruppo trattato con sulodexide (SDX) 162 casi (51,4%); gruppo trattato con antiaggregante (AAG) 153 casi (48,6%), di cui 114 (74,5%) con acido acetilsalicilico e 39 (25,5%) con ticlopidina. I fattori di rischio erano distribuiti in modo omogeneo tra i gruppi tranne alcuni (eventi cerebrovascolari, cardiopatia ischemica, arteriopatia periferica, familiarità per disturbi cardiovascolari, ipertensione arteriosa) più frequenti nel gruppo AAG, che delineavano un pregresso maggior rischio per patologia


La vertigine vascolare: elementi anamnestico-clinici di sospetto diagnostico

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FISIOPATOLOGIA DEL MICROCIRCOLO TERMINALE LABIRINTICO Il sistema circolatorio cerebrale è definibile come una rete vascolare terminale multianastomotica, la cui regolazione è assicurata da vari meccanismi fisiologici che tendono a mantenere costante il flusso ematico nei diversi distretti. La caratteristica emodinamica peculiare della microcircolazione cerebrale è l’autoregolazione del flusso, che si traduce nel controllo delle resistenze vascolari intracraniche. La circolazione cerebrale è peraltro complessa e tuttora non ben conosciuta in alcuni dei suoi aspetti, soprattutto per quanto riguarda il circolo posteriore o Vertebro-Basilare, che irrora la maggior parte delle strutture neurali coinvolte nella funzione dell’equilibrio statico e dinamico. Infatti, le arterie del circolo vertebro-basilare provvedono alla vascolarizzazione del tronco dell’encefalo, del cervelletto e dell’orecchio interno. La circolazione posteriore ha una portata di circa 200 ml/min, cioè circa il 30% della portata del circolo carotideo. Il flusso in rapporto alla quantità di sostanza nervosa alla quale esso è destinato, però, nel distretto VB è di 59 ml/100 g/min, mentre nel sistema anteriore carotideo è di circa 50 ml/100 g/min. Nel distretto cerebrale posteriore vi è dunque una maggior necessità di metaboliti e ciò implica indirettamente una maggiore vulnerabilità di queste aree all’ischemia. L’insufficienza circolatoria si esprime più precocemente a carico dei distretti irrorati dall’arteria uditiva interna, a causa delle scarse capacità di adattamento della vascolarizzazione di tipo terminale del labirinto. L’arteria uditiva interna (Figura 1) ha un calibro non superiore a 0.1 mm e nasce dall’ACAI nell’80% dei casi e nel restante 20% dall’ACPI o direttamente dall’arteria basilare. c. semicircolare anteriore c. semicircolare posteriore

arteria cerebellare antero-inferiore sacco endolinfatico dotto endolinfatico nervo utricolare

utricolo arteria uditiva interna nervo vestibolare nervo cocleare seno endolinfatico dotto cocleare apice base

c. semicircolare orizzontale

ampolla sacculo nervo sacculare

ganglio spirale

Figura 1. Decorso dell’arteria uditiva interna nel meato acustico e vascolarizzazione dell’orecchio interno.

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Disturbi del microcircolo labirintico Sede occlusione

Schema

Sintomi Vertigini Sordità

Acufeni

Dopo l’origine dell’arteria vestibolare anteriore (che irrora la macula dell’utricolo, il canale semicircolare superiore e quello orizzontale) prende il nome di arteria cocleare comune (ACC) e si biforca nell’arteria cocleare

Arteria Labirintica (a. Uditiva Interna)

propria (del calibro di 0.06 mm e che irrora i 3/4 superiori della coclea) e nell’arteria vestibolo-cocleare (del calibro di 0.07 mm e che irrora la macula del sacculo ed il canale poste-

Arteria Cocleare Comune

riore con la sua branca vestibolare e il 1/4 basale della coclea con la sua branca cocleare). L’ultima anastomosi importante è perciò quella tra arteria cocleare propria e branca cocleare dell’arteria vestibolo-cocleare, dalle quali partono arterie radiate di tipo

Arteria Cocleare Propria

Arteria Vestibolare Anteriore

Arteria Cocleo Vestibolare

Figura 2. Schema dei disturbi otoneurologici in rapporto alla sede di occlusione del microcircolo labirintico.

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terminale. Una certa importanza ha anche l’arteria subarcuata, che nasce dall’ACAI subito dopo l’arteria uditiva interna, si porta nell’antro mastoideo e stabilisce rapporti con la circolazione dell’orecchio interno attraverso la capsula labirintica, rappresentando un possibile circolo anastomotico suppletivo in caso di deficit dell’irrorazione labirintica. Questa rete arteriosa presenta comunque notevoli variazioni interindividuali. In Figura 2 sono schematizzate le più frequenti cause di danno vestibolare, prodotte da occusione in sedi differenti del microcircolo labirintico, che determinano disturbi di interesse otoneurologico: vertigini, sordità, acufeni.


La vertigine vascolare: elementi anamnestico-clinici di sospetto diagnostico

vascolare cerebrale e cardiaca tale da richiedere già in precedenza una profilassi secondaria con acido acetilsalicilico o, nei casi di intolleranza, con ticlopidina. Per quanto riguarda il sintomo vertigine rotatoria è stata analizzata la gravità della sintomatologia (lieve, media, intensa), la durata nel tempo (acuta, subacuta ricorrente e cronica) e il tipo (soggettivo od oggettivo). In un terzo dei casi si trattava di episodi ricorrenti di vertigine (34,6%), seguivano le forme subacute (29,2%), meno frequenti quelle croniche (16,9%) e acute (10,3%). Non vi erano inizialmente differenze statisticamente significative tra i gruppi. Dopo due mesi di terapia, i trattamenti antiaggregante e antitrombotico (sulodexide), insieme considerati, hanno determinato riduzione significativa dei casi di vertigine (da 90% a 61,1%) e di instabilità (da 88,9% a 54%), ridotta incidenza dei sintomi neurovegetativi (da 45,7% a 20,6%), cefalea (da 34,6% a 19,7%) e miglioramento degli esami di bedside examination: test di Unterberg (da 17,1% a 7,3%), head shaking test (da 23,5% a 9,5%), prova indice-naso (da 4,8% a 2,2%, nistagmo spontaneo (da 15,9% a 4,4%). Non sono stati sostanzialmente modificati altri sintomi come ipoacusia e acufeni. La valutazione dell’handicap nella vita quotidiana è stata realizzata con due scale autocompilate. Dopo la terapia si sono significativamente ridotti lo score medio complessivo del DHI (Dizziness Handicap Inventory) da 52 a 39 e l’indice di Disability da 0,44 a 0,33. Il miglioramento si è avuto per ambedue i trattamenti, con una differenza significativa a vantaggio della terapia con sulodexide (p<0,01) nel confronto tra i gruppi complessivi e nel sottogruppo BR, mentre nel gruppo AR non vi erano differenze tra trattamento antitrombotico ed antiaggregante.

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migliorano i sintomi soggettivi, ad eccezione dell'ipoacusia, legata ad una degenerazione neuronale cocleare e delle vie acustiche centrali non modificabile o compensabile da altri organi o strutture.

Antitrombotico o antiaggregante? Particolarmente importante per la valutazione dell’efficacia della terapia è l'andamento soggettivo dei disturbi dell’equilibrio, cioè dei sintomi per i quali il paziente si è rivolto allo Specialista. La vertigine e l’instabilità migliorano in modo statisticamente significativo con entrambi i trattamenti. A parità di caratteristiche iniziali dei sintomi, l’efficacia di sulodexide risulta comunque maggiore e tale effetto è più significativo nei soggetti a minore rischio vascolare. Quest'ultima osservazione è confermata dalle risposte ai questionari sull’impatto della patologia vertiginosa sulla vita quotidiana. Nel complesso, appare evidente che il trattamento con sulodexide o con antiaggregante riduce significativamente sia il livello di handicap nella vita quotidiana (analizzato da DHI), che il numero delle situazioni in grado di scatenare o peggiorare la sintomatologia (analizzato da Disability).

I farmaci utilizzati risultano efficaci. La maggioranza dei parametri studiati migliora infatti dopo il trattamento: in particolare

Flow-Chart diagnostico-terapeutica in base allo studio VascVert Dalla valutazione della casistica VascVert è emersa la proposta del nuovo protocollo diagnostico-terapeutico della vertigine vascolare, illustrato nella Figura 3. I risultati dell’indagine VascVert inducono a ritenere che identificare fattori di rischio vascolari all’anamnesi o mediante esami di laboratorio e strumentali possa supportare un’ipotesi di vertigine vascolare e che sia ragionevole trattarla farmacologicamente con farmaci antitrombotici o antiaggreganti.

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VERTIGINE VASCOLARE Flow-Chart Diagnostico-Terapeutica

Punteggi

Tratto da: La terapia della vertigine vascolare nella pratica ambulatoroale: esperienza multicentrica (Studio VascVert). G. Guidetti, Otorinolaringologia Dic.2005 (in press)

Figura 3. Protocollo diagnostico-terapeutico realizzato in base ai risultati dello studio VascVert.

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La vertigine vascolare: elementi anamnestico-clinici di sospetto diagnostico

In particolare non appare necessario modificare la terapia con antiaggreganti nei pazienti con maggior rischio vascolare. Il trattamento con sulodexide pare invece più indicato nei soggetti a rischio vascolare medio-basso. Nei casi, non infrequenti, di incertezza diagnostica, l’impiego come terapia ex adjuvantibus può, nei casi di risposta favorevole, comprovare la correttezza diagnostica. Questi promettenti risultati derivati dalla pratica clinica pongono le basi per successive indagini, che potranno dare ulteriori conferme sulle strategie da applicare per un corretto inquadramento diagnostico e terapeutico della vertigine vascolare.

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