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numero speciale RAZIONALE DIAGNOSTICO-TERAPEUTICO NELLA VERTIGINE VASCOLARE

Anatomo-fisiologia del microcircolo labirintico Augusto Pietro Casani Dipartimento di Neuroscienze, Sezione ORL - U.O. ORL I, Università degli Studi di Pisa

M essaggi chiave 1. La vertigine è considerata il sintomo più frequente e precoce (talvolta l’unico) di insufficienza vertebro-basilare (IVB), per la sensibilità alle diminuzioni di flusso ematico caratteristica del distretto anatomico che comprende la maggior parte delle strutture neurali coinvolte nel mantenimento dell’equilibrio. 2. Precarietà fisiologica del circolo V-B e peculiarità anatomo-funzionale di circolo terminale della micorcircolazione labirintica offrono una base razionale all’inquadramento eziopatogenetico di alcuni quadri clinici (quali sordità improvvisa e/o vertigine) come deficit irrorativo dell’orecchio interno. 3. La capacità autoregolatoria del microcircolo è compromessa dai meccanismi di risposta al danno dell’endotelio, sensibile (soprattutto nei distretti microcircolatori) agli stimoli ischemici di carattere aterotrombotico e/o emodinamico che degradano lo strato di glicosaminoglicani (GAGs) del glicocalice della parete vasale. 4. La sintomatologia cocleo-vestibolare del deficit labirintico rimanda alla fisiologia del territorio in cui può essersi prodotta un’ischemia totale o parziale per ostruzione dell’arteria uditiva interna (AUI) o di uno dei suoi rami, oppure per danno immuno-mediato da vasculite. 5. Nelle forme vertiginose acute da danno microcircolatorio è fondamentale valutare gli indici flogistici ed emoreologici che possono rappresentare l’alterazione del glicocalice, e quindi della funzionalità endoteliale, dove i farmaci “di parete” (GAGs come ad es. il sulodexide) hanno un ruolo terapeutico significativo.

I ntroduzione

C ircolo posteriore e IVB

La Vertigine Vascolare rappresenta uno dei temi di maggiore inte-

L’apporto vascolare al labirinto e alle strutture vestibolari centrali è

resse della Vestibologia. L’argomento è da lungo tempo affrontato in campo otoneurologico, sia dai clinici che dai ricercatori, interessati alla definizione di criteri clinici o strumentali utili ad una diagnosi certa di vertigine di origine vascolare, da cui trarrebbe ovviamente vantaggio la gestione farmacologica del paziente vertiginoso. Strumenti terapeutici molto validi sono infatti disponibili per il paziente la cui vestibulopatia periferica o centrale sia da ricondurre ad una problematica di tipo circolatorio. Il razionale di impiego dei farmaci emoreologici si basa su criteri anatomici e clinici ben evidenti, se si considera che la maggior parte delle strutture coinvolte nel mantenimento dell’equilibrio si trovano nell’area cerebrale compresa sotto il circolo vertebro-basilare, la cui portata di 200 ml/min corrisponde all’incirca al 20% del circolo anteriore. Praticamente, il circolo posteriore si trova in una condizione di precarietà fisiologica rispetto al circolo anteriore; questa evidenza, illustrata da William e Wilson già nel 1962, giustifica il fatto che la vertigine possa essere considerata il sintomo più frequente e più precoce dell’insufficienza vertebro-basilare. Questi brevi cenni introduttivi da soli bastano a sottolineare l’importanza delle problematiche legate all’anatomo-fisiologia del microcircolo labirintico.

di competenza del circolo posteriore vertebro-basilare. Poiché si tratta di un distretto anatomico scarsamente irrorato, necessita di una grande quantità di metaboliti ed è particolarmente sensibile alle diminuzioni di flusso ematico. Questa area comprende la maggior parte delle strutture neurali coinvolte nel mantenimento dell’equilibrio: ne consegue che la vertigine rappresenta il sintomo più frequente e precoce di insufficienza vertebro-basilare (IVB) (Figura 1). Un aspetto significativo dell’anatomia del distretto vertebro-basilare da evidenziare è che, a differenza del circolo anteriore, quello posteriore è caratterizzato da un’elevatissima incidenza di variazioni anatomiche. Ad esempio, molto spesso il calibro delle due arterie vertebrali inferiori – posteroinferiore (PICA) e anteroinferiore (AICA) – è molto differente; è frequente inoltre la ipoagenesia o addirittura la completa agenesia di una arteria vertebrale. Le numerose variabili del circolo posteriore potrebbero giustificare ulteriormente la particolare suscettibilità al danno ischemico, sia trombo-embolico che emo-dinamico, delle strutture del distretto vertebro-basilare (Figura 2) in cui, essendo vascolarizzato dall’arteria uditiva interna, è compreso l’orecchio interno, cioè il labirinto auricolare che si compone di coclea (organo dell’udito) e di apparato vestibolare (organo dell’equilibrio). Otoneurologia 2000 Marzo 09 n. 29

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S indromi vertiginose da IVB centrale e periferica

Figura 1. Peculiarità del circolo posteriore vertebro-basilare e sintomatologia vertiginosa da insufficienza vascolare.

L’orecchio interno è un elemento ancora più complesso, perché l’arteria uditiva interna è un ramo puramente terminale, cioè non vi sono reti anastomotiche rilevanti. È quindi chiaro che questi distretti sono i più suscettibili e che, all’interno di queste aree, la zona posta sotto il controllo dell’arteria vestibolare anteriore (calibro più piccolo rispetto agli altri), è ulteriormente esposta ai possibili danni ischemici. La sindrome di Lindsay-Hemenway, ad esempio, è la conseguenza di un’ostruzione del ramo vestibolare anteriore: l’insulto ischemico a carico del canale semicircolare laterale e a carico dell’utricolo può dar luogo ad un distacco otolitico, a sua volta responsabile delle crisi posizionali recidivanti dopo l’episodio acuto. Esiste la possibilità che, attraverso il ramo vestibolare della vestibolococleare, il canale semicircolare posteriore e anche il sacculo rimangano indenni dall’insulto ischemico: si giustifica in tal modo il fatto che nell’ambito delle forme vascolari si possano verificare delle manifestazioni vertiginose che si caratterizzano per un interessamento del sistema vestibolare centrale, oppure delle forme periferiche. Al riguardo esiste in letteratura una nutrita serie di dati bibliografici: l’elevata incidenza della vertigine, come sintomo iniziale, ha l’insufficienza vertebro-vestibolare come causa comune di vertigine in soggetti di età superiore ai 50 anni (Figura 3).

Figura 2. Decorso delle arterie vertebrali dalle quali origina l’arteria basilare che, attraverso l’arteria uditiva interna, vascolarizza l’apparato cocleo-vestibolare. Legenda: PICA= arteria vertebrale posteroinferiore; AICA= arteria vertebrale anteroinferiore.

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Casani – Anatomo-fisiologia del microcircolo labirintico

Figura 3. Approccio vestibologico alle forme centrali e periferiche di Insufficienza Vertebro-Basilare. Legenda: UVL=unilateral vestibular loss; PPV=paroxysmal positional vertigo; SI=synchronization indices; AVA=anterior vestibular artery

Nel caso di un’ostruzione dell’arteria nella fossetta laterale del bulbo, si può manifestare la sindrome di Wallenberg, associata a sintomi neurologici, ma questa viene affidata al neurologo. • Quali sono i casi che il vestibologo deve considerare? Certamente i casi in cui la vertigine è isolata. • È possibile dunque che esista una forma monosintomatica di insufficienza vertebro-basilare? Questo è un aspetto che va studiato, perché si tende a sovrastimare, per carenza di supporti diagnostici-strumentali validi, l’eziologia di alcune sindromi vertiginose. Questa sovrastima non è scorretta, poiché numerose patologie che possono essere indicate come episodio acuto di tipo periferico, in realtà riconoscono un’origine centrale. Sempre nell’ambito delle forme periferiche, gli episodi di “unilateral vestibular loss”, improvvisi o meno, seguiti da una vertigine posizionale, rientrano nell’ambito della sindrome di LindsayHemenway. Questi esempi sottolineano l’importanza clinica di

valutare un’origine centrale e vascolare di problemi che apparentemente sembrano solo periferici, come bene evidenziato da un recente lavoro (Lee et al, Neurology 2006) confermato da altri studi, in cui si dimostra che almeno il 10% dei pazienti con infarto cerebellare isolato hanno una situazione di vertigine come unico sintomo della manifestazione ischemica; questo è un dato molto importante (Figura 4). L’esperienza del nostro Dipartimento nel valutare pazienti con sindrome vestibolare acuta, anche da un punto di vista centrale, ha permesso, nell’arco di 4 mesi, di raccogliere 5 pazienti con infarto cerebellare, a dispetto delle resistenza incontrate nell’eseguire una risonanza urgente, aspetto che evidenzia come il problema della diagnosi differenziale sia squisitamente pratico. Nella clinica pratica un esame fondamentale per questi casi è il test di Halmagyi, che rappresenta uno dei criteri diagnostici differenziali più importanti, soprattutto in caso di normalità del test, ed è un ottimo indicatore per l’esecuzione degli accertamenti neuro-radiologiOtoneurologia 2000 Marzo 09 n. 29

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Figura 4. Vertigine isolata come criterio diagnostico differenziale nell’infarto cerebellare. Legenda: PICA=arteria vertebrale posteroinferiore; AICA= arteria vertebrale anteroinferior; SCA=arteria cerebellare superiore

ci, risonanza e angio-risonanza, che confermano poi l’origine centrale e vascolare della maggior parte dei casi di questi quadri clinici, di riscontro quotidiano nella pratica clinica della audio-vestibologia. Nelle forme vascolari dell’orecchio interno ha un ruolo centrale la fisiopatologia del microcircolo, la porzione del sistema vascolare che finalizza il trasporto del sangue, cioè che porta nutrimento ai tessuti attraverso l’endotelio.

I principali aspetti da sottolineare delle funzioni endoteliali sono: • la capacità di sintetizzare i costituenti della matrice extracellulare, che sono gli elementi basali per l’adesione della cellula e regolano il tono vascolare (es. endotelina - EDRF, endothelium-derived relaxing factor); • il ruolo nell’angiogenesi (es. regolazione VEGF); • il ruolo nei meccanismi della flogosi e dell’immunità, dato importante per la clinica.

A utoregolazione del microcircolo e

Come si è detto, la risposta della parete vasale è modulata dalla attività del glicocalice, attraverso il meccanismo di signaling, con lo scambio di informazioni flusso-parete, in maniera molto simile a quello che accade con i batteri nell’ambito del biofilm (Tabella 1).

risposta al danno endoteliale L’endotelio, definito di recente gatekeeper, rappresenta l’unità funzionale vascolare più suscettibile a stimoli ischemici di carattere aterotrombotico e/o emodinamico, soprattutto nei distretti microcircolatori. Alcuni autori lo definiscono “organo endoteliale”, per le numerose funzioni che svolge nella regolazione della permeabilità ad ossigeno e metaboliti e della emostasi, che in ultima analisi definisce l’emoreologia del flusso e ne condiziona l’emodinamica (Figura 5). L’endotelio non è una barriera inerte tra le macromolecole e i tessuti, bensì un’unità funzionale fondamentale per la regolazione del microcircolo. SIGNALING. Di particolare interesse è l’interfaccia attiva fra endotelio e flusso, definita glicocalice, che consiste di un sottile film di glicosaminoglicani (GAGs), e garantisce lo scambio continuo di informazioni fra elementi in circolo e struttura endoteliale, con un processo definito signaling, che assicura la modulazione della permeabilità capillare, della viscosità ematica e quindi influenza i meccanismi che sono alla base di una ipossia tissutale.

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MECCANISMO DI SIGNALING DEL GLICOCALICE Elemento centrale nella stabilità fisiologica del microcircolo: tono vascolare, permeabilità e bilancia emostatica vengono regolati dai glicosaminoglicani (GAGs) a seconda degli stimoli (ad es. pressori) • • • • • •

Lo spessore del glicocalice va da un minimo di 0.5 μm dei capillari ai 4.5 μm della carotide. I GAGs più rappresentati sono Eparina/Eparansolfato, Dermatansolfato e Condroitinsolfato. Regola l’uptake di macromolecole. Attività antitrombotica specie per la presenza di Dermatansolfato che inattiva la trombina tramite il Cof Hep II. Protegge dai processi flogistici e protrombotici che si avviano sulla parete vasale. Il glicocalice contiene anche Glicoproteine (Selectine ed Integrine) che lo legano alla cellule endoteliali.

TABELLA 1 – Il glicocalice di GAGs modula la risposta della parete vasale (“signaling”).


Casani – Anatomo-fisiologia del microcircolo labirintico

Figura 5. Nell’autoregolazione del microcircolo, in cui intervengono parete vascolare ed endotelio, il glicocalice di GAGs ha un ruolo centrale di interfaccia attiva tra endotelio e flusso ematico.

In pratica questa struttura modula il tono vascolare e la permeabilità delle diverse esigenze metaboliche, per esempio in condizioni di aumento o riduzione pressoria, o condizioni di stasi ematica e il glicocalice di GAGs è di fondamentale importanza per evitare che si verifichino eccessi di permeabilità capillare, che comporterebbero una ipossia tissutale, oppure un’attivazione di meccanismi protrombotici che possono determinare la formazione di un coagulo capace di bloccare il circolo e quindi determinare a sua volta ipossia tissutale.

GAGs e fisiopatologia del microcircolo Il ruolo chiave del glicocalice nei processi fisiopatologici dei distretti microcircolatori si può riassumere considerando che ogni alterazione circolatoria, quale ipertensione, ipotensione, diabete, processi aterotrombotici, conducono ad una scorretta

risposta endoteliale che, in ultima analisi, si traduce in un processo ischemico a carico delle strutture cocleo-vestibolari (Figura 6). Un aspetto particolare, spesso misconosciuto, delle patologie vestibolari di origine vascolare, è quello della ipotensione, che può essere legata alla stasi, dunque ad un problema del circolo venoso, che come l’iperviscosità e l’iperlipemia creano alterazioni del glicocalice, delle cellule endoteliali e a cascata: un aumento della adesione piastrinica e dei leucociti alla parete vascolare, alterazioni di permeabilità e microtrombi che hanno come esito finale il processo ischemico. Un aspetto fondamentale del funzionamento del glicocalice di GAGs è rappresentato dalla carica negativa, cioè dai gruppi solfato (SO4--), che respingono le piastrine ed i leucociti inibendo l’adesione di questi mediatori infiammatori e trombogenici, garantendo le condizioni fisiologiche della parete vascolare. Otoneurologia 2000 Marzo 09 n. 29

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Figura 6. Il danno endoteliale e la conseguente degradazione dei glicosaminoglicani (GAGs) producono nel microcircolo una cascata di eventi fisiopatologici culminanti nel processo ischemico.

Se un paziente ha un danno endoteliale indotto da patologie vascolari di base (quali ipertensione, diabete, iperlipemia, iperviscosità ematica), l’alterazione dello strato di glicosaminoglicani produce una serie di conseguenze emoreologiche e tissutali. In particolare, si verificano: 1. una riduzione dell’attività contrattile (riduzione CBF – Cochlear Blood Flow) e della fibrinolisi che aumentano la viscosità ematica ed il rischio trombotico (adesione piastrine, leucociti e formazione di microtrombi); 2. un’attivazione del VEGF (Vascular Endothelial Growth Factor), che da un lato iperpermeabilizza alle macromolecole la parete vascolare, riducendo l’ossigenazione e dall’altro favorisce la degradazione della matrice extracellulare sbilanciando la produzione di enzimi, quali le metallo-proteasi, che regolano con

i loro inibitori (TIMPs) la produzione di collageno e definiscono la tenuta delle struttura endoteliale (Tabella 2). Prove di questi meccanismi fisiopatologici a livello dell’orecchio interno sono state portate da recenti studi su cavie con sindrome di Alport, in cui c’è un’alterazione chiara dell’omeostasi labirintica ed un innalzamento della metallo-proteasi (Gratton et al, Am J Pathol, 2005).Tali caratteristiche sono del tutto analoghe a quelle riscontrabili nei pazienti aterosclerotici laddove ci sia una flogosi endoteliale. Un altro studio, tra l’altro italiano, mostra come nelle cavie esposte a shock acustico ci sia un aumento della espressione del VEGF, che segue il processo flogistico endoteliale iniziale, condizione correlata ad una contemporanea riduzione del flusso ematico (Picciotti et al, Hear Res 2006) (Tabella 3).

DANNO ENDOTELIALE E DEGRADAZIONE DELLO STRATO DI GAGS Conseguenze Tissutali: • Iperpermeabilità ed infiltrati leucocitari da cui deriva una diminuzione della perfusione di O2. • Diminuzione dell’attività contrattile e proliferazione dei periciti per produzione di VEGF con ispessimento della membrana basale. • Degradazione della matrice extracellulare per aumento di Metalloproteasi (MMP) che si accumula negli spazi extracellulari. Conseguenze Emoreologiche: • Adesione di piastrine e leucociti e formazione di aggregati prodromi di fenomeni microtrombotici. • Rilascio di fattori protrombotici (Tissue Factor) e riduzione di fattori inibenti l’attività della trombina. • Ridotta attività fibrinolitica. • Ridotto flusso ematico (stasi) per inibizione alla produzione di NO e prevalenza dei radicali liberi di ossigeno (Alterazione della bilancia NOx (ossido nitrico)/ROS (radicali liberi di ossigeno).

TABELLA 2 – Modello di risposta al danno endoteliale nella fisiopatologia del microcircolo.

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Casani – Anatomo-fisiologia del microcircolo labirintico

STUDI RECENTI HANNO FORNITO PROVE DEI MECCANISMI FISIOPATOLOGICI ATTIVATI DAL DANNO ENDOTELIALE A LIVELLO DELL’ORECCHIO INTERNO. •

Gratton MA, et al. Matrix Metalloproteinase Dysregulation in the Stria Vascularis of Mice with Alport Syndrome. Implications for Capillary Basement Membrane Pathology. Am J Pathol 2005 Le cavie con sindrome di Alport, caratterizzate da alterazioni dell’omeostasi labirintica, mostrano un innalzamento dei livelli di MMP 2-9 (proteasi di degradazione della matrice endoteliale) tipici del rimodellamento vasale osservabile nella aterosclerosi che segue la flogosi endoteliale. • Picciotti PM, et al. Vascular endothelial growth factor (VEGF) expression in noise-induced hearing loss. Hear Res 2006 Il flusso ematico dell’orecchio interno si riduce in esposizione al rumore. Nelle cavie esposte al rumore si è riscontrato un del VEGF, espressione del processo flogistico endoteliale.

TABELLA 3 – Vertigini e Microcircolo.

In sintesi nell’orecchio interno ritroviamo alcuni elementi patologici che si possono riscontrare in tutti gli altri distretti circolatori, ragion per cui le anomalie del microcircolo cocleovestibolare possono essere elementi causali di numerose manifestazioni vestibolari e uditive che noi riscontriamo nella pratica clinica.

V asculiti e danno immuno-mediato dell’orecchio interno È noto che una patologia dell’endotelio e del microcircolo può causare un problema a carico dell’orecchio interno, così come si riconosce che le vasculiti non sono altro che processi infiammatori della parete vasale. Se si ha dunque un’alterazione della parete vasale su base infiammatoria, in questo caso su base autoimmunitaria, è logico ipotizzare tutti quei meccanismi di alterazione del glicocalice e la cascata di eventi tissutali ed emoreologici alla base del meccanismo ischemico, come nella sindrome di Chung-Strauss, la granulomatosi di Wegener, e tutte le patologie dei piccoli vasi (Tabella 4, Figura 7). VASCULITI DEI PICCOLI VASI • Granulomatosi di Wegener • Sindrome di Churg Strauss

Figura 7. Nelle vasculiti, l’alterazione del glicocalice può risultare dai processi infiammatori (su base autoimmune) della parete vasale.

Già da tempo si è visto come l’arterite a cellule giganti abbia un’incidenza di vertigine posizionale che è del 20% verso il 2% della popolazione generale, dato oggettivo che non può essere trascurato; così come un lavoro sulla crioglobulinemia mista essenziale del nostro gruppo ha evidenziato delle anomalie del microcircolo e dei piccoli vasi ed ha riscontrato un’elevata incidenza di vertigine parossistica posizionale. Queste evidenze orientano a considerare anche nei casi immunitari il ruolo del microcircolo nella genesi di questi disturbi. Ancora più interessante risulta lo studio dei pazienti con la sindrome di Susac, rari fortunatamente, ma utilissimi per comprendere gli aspetti vascolari che nella clinica quotidiana sono apparentemente meno visibili. In questi pazienti ci sono delle anomalie a carico dei piccoli vasi, indotte praticamente da vasculite, per la quale si evidenziano infiltrati perivascolari, senza necrosi fibrinoide che riducono il flusso ematico, tant’è che l’aspetto tipico della risonanza è quella delle aree iperintense in T2 diffuse sia a livello corticale che a livello sottocorticale (Figura 8, Tabella 5).

VASCULITI DEI VASI MEDI • Poliangioite Microscopica • Porpora di Schonlein-Henoch • Vasculite Crioglobulinemica • Vasculite Cutanea Leucocitoclastica • PoliArterite Nodosa (PAN) • Malattia di Kawasaki • Vasculite Isolata del SNC VASCULITI DEI GRANDI VASI • Arterite Temporale a Cellule Giganti (GCA) • Arterite di Takayasu

TABELLA 4 – Classificazione delle vasculiti in base al calibro del vaso.

Figura 8. Aspetto tipico della risonanza magnetica nei pazienti con sindrome di Susac: aree iperintense in T2 diffuse sia a livello corticale che a livello sottocorticale, esito dei microinfarti per trombosi indotta da vasculite dei piccoli vasi.

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RARA SINDROME CAUSATA DA UNA ENCEFALOPATIA SUBACUTA MULTIFOCALE ASSOCIATA A SINTOMI AUDIOVESTIBOLARI E OCULARI CAUSATI DA FENOMENI DI MICROANGIOPATIA DA VASCULITE ANCHE IN ASSENZA DI ALTERAZIONI SIEROLOGICHE TIPICHE. • Cefalea, disturbi della memoria comportamentali, cognitivi e atassia. La RM mostra aree iperintense in T2 diffuse sia a livello sopra che sotto-tentoriale (DD con SM) indotte da microinfarti per trombosi indotta da vasculite dei piccoli vasi (infiltrati perivascolari ma non necrosi fibrinoide). • Ipoacusia bilaterale neurosensoriale a rapida progressione o improvvisa (F medio-basse). Vertigini ed instabilità con segni sia periferici (per ripetuti microinfarti del labirinto) che centrali. • Alterazioni segmentali bilaterali del campo visivo causate da occlusione di rami dell’arteria centrale della retina. Diagnosi con Fluoroangiografia. •

Prognosi buona se diagnosi precoce e terapia con steroidi e immunosoppressori.

TABELLA 5 – Sindrome di Susac.

aspetti diagnostici

terata emostasi, era fortemente aumentato, così come i livelli di fibrinogeno e di lipoproteine, sia nella fase acuta sia nel follow-up di questi pazienti (Figura 9).

Gli studi sperimentali, di anatomo-patologia e di microscopia elettronica permettono dunque di analizzare numerosi elementi del microcircolo, ma è nella traduzione clinica che queste informazioni acquisiscono un peso nelle decisioni diagnostiche e terapeutiche dell’audiologo e del vestibologo. Gli aspetti diagnostici sono essenziali, dalla ricerca dei fattori di rischio vascolare nella anamnesi cardio-vascolare del paziente, ai reperti degli esami strumentali (Eco-Color-Doppler Sovraortrico, ECD-TC, RMN, etc.), ai biomarkers emato-chimici dei test di laboratorio, come ad esempio il D-dimero, il fibrinogeno e le lipoproteine, che danno una indicazione eziopatogenetica come riportato in figura 9, confrontando un gruppo di pazienti con una forma acuta periferica rispetto ad un gruppo di menièrici, si è visto che il D-dimero, espressione di un’al-

In letteratura non esistono dati certi. Un lavoro epidemiologico tedesco recente ha valutato l’associazione delle patologie comuni alla vertigine incrociando i registri e riscontrando che statisticamente c’è una correlazione con iperlipemia e ipertensione, mentre invece il diabete non ha mostrato questo tipo di rapporto con il problema vertigine (Neuhauser et al, Neurology 2005); in un altro lavoro del 2006 è stato notato come i pazienti con sordità improvvisa mostrino un incremento del fibrinogeno (Rudack et al, Thromb Haemost 2006), dato confermato peraltro da numerosissimi studi sperimentali sulla sordità, che non trova ancora però una piena conferma nella patologia vestibolare (Tabella 6).

A. Il livello ematico delle lipoproteine(a) si abbassa durante la fase acuta di una forma vertiginosa periferica, mentre si innalzano gli indici generici di flogosi (CRP, fibronogeno, citochine ecc.).

B. Aumento dei livelli di fibrinogeno, D-dimero, lipoproteine(a), leucociti nei pz con APV, sia nella fase acuta che nel periodo di followup,rispetto a pz con malattia di Menière.

S indromi vertiginose:

Figura 9. Le alterazioni di alcuni biomarkers emato-chimici (D-dimero, fibrinogeno lipoproteine) danno una indicazione eziopatogenetica, nella diagnostica della vertigine vascolare. Legenda: APV=patologia vertiginosa acuta.

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VERTIGINI E MICROCIRCOLO • Rudack C, et al. Vascular risk factors in sudden hearing loss. Thromb Haemost 2006 Possibile una correlazione tra livelli serici di Fibrinogeno e Sordità improvvvisa. Correlazione non significativa tra Lipidi ematici e Sordità improvvisa nei pz con infarto miocardio. •

Neuhauser HK, et al. Epidemiology of vestibular vertigo: a neurotologic survey of the general population. Neurology 2005 Iperlipemia ed Ipertensione sono correlabili all’insorgenza di vertigini di origine vestibolare mentre l’associazione con il diabete appare meno significativa.

TABELLA 6 – Iperlipemia e ipertensione correlano con la vertigine. L’iincremento del fibrinogeno correla con la sordità improvvisa.

Tra i fattori di rischio cardiovascolari quello che sembra più correlato con la flogosi endoteliale sembra essere la CPR, la proteina C-reattiva, che molti magari prescrivono quando hanno di fronte un paziente con tonsilliti recidivanti, ma che in realtà è considerato uno dei markers di rischio vascolare più importanti.

Recentemente è stato dimostrato come una frazione delle gamma-GT può essere considerata un elemento importante predittivo di rischio vascolare; la gamma-GT sembra possedere un’azione pro-ossidante, quindi ci sarebbe uno squilibrio del rapporto tra agenti ossidanti e ossido nitrico. Effettivamente esiste la possibilità che questo marker, analizzato in maniera adeguata, possa essere ulteriormente utilizzato per orientare la diagnosi. Partendo dal presupposto che è impossibile avere una diagnosi di vertigine vascolare su base strumentale, poiché i referti descrivono variazioni anatomiche del circolo vertebro-basilare mal correlate con il dato clinico, è utile considerare i dati clinico-anamnestici e soprattutto i fattori di rischio vascolari, basandoci su di una ipotesi microcircolatoria ricca di riferimenti clinici in altri distretti e di riscontri sperimentali nel distretto anatomico proprio, quello cocleo-vestibolare. Tali elementi pongono il danno microcircolatorio quale fattore causale rilevante delle forme vertiginose acute su base vascolare: è fondamentale, quindi valutare i markers, cioè gli indici flogistici ed emoreologici che possono rappresentare l’alterazione del glicocalice e quindi della funzionalità endoteliale, dove i farmaci di parete possono avere un ruolo significativo (Figura 10).

Figura 10. I Glicosaminoglicani come il Sulodexide inibiscono la flogosi endoteliale e l’adesione delle piastrine andando a rivestire la parete del vaso (glicocalice) e creando una barriera di cariche negative che respingono i leucociti (ricchi di cariche --) grazie ai gruppi solfati (SO4--).

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B ibliografia • • • • • • • • • • • •

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Corrispondenza: Prof. Augusto Pietro Casani, Dipartimento di Neuroscienze - Sezione ORL, Università degli Studi di Pisa – via Savi 10 56126 Pisa e-mail: a.casani@ent.med.unipi.it

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numero speciale RAZIONALE DIAGNOSTICO-TERAPEUTICO NELLA VERTIGINE VASCOLARE

Clinica dei disturbi del circolo posteriore Marco Manfrin Sezione di Clinica Otorinolaringoiatrica - Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Rianimatorie-Riabilitative e dei Trapianti d’Organo, Fondazione IRCCS Policlinico “San Matteo” e Università di Pavia – Pavia

Messaggi chiave 1. Le manifestazioni di deficit labirintico sono tipiche di condizioni in acuto, in quanto il quadro clinico del deficit cronico sfuma in una aspecificità generica che è comune a vari meccanismi patogenetici. 2. Nella ischemia del ramo vestibolare propriamente detto la sintomatologia uditiva è assente, mentre è importante il quadro vestibologico (s. di Lindsay-Hemenway). 3. Un’ischemia del ramo cocleare propriamente detto determina esclusivamente sintomi uditivi improvvisi, senza fluttuazione. 4. Un deficit acuto del ramo cocleo-vestibolare si associa a instabilità posturale intensa, spesso anche a nistagmo verticale-rotatorio verso il basso, ipoacusia sulle frequenze acute e acufene. Di riscontro l’assenza dei VEMPs. 5. Il deficit cronico dell’arteria uditiva interna può presentare ipoacusia percettiva “in discesa” associata a instabilità e iporeflettività vestibolare. 6. L’inquadramento semeiotico è essenziale per l’identificazione delle parti dell’orecchio interno coinvolte nel deficit vascolare.

I ntroduzione La ricerca di sintomi e segni del deficit labirintico su base vascolare, obiettivamente riconducibili ad un evento vascolare di qualsivoglia natura all’interno delle varie strutture, è possibile sul versante uditivo ma non su quello vestibolare. Si parla quindi di una semeiotica otoneurologica, perché ipoacusia, acufeni, vertigini, instabilità possono essere legati ad un evento dell’orecchio interno, ad un evento dell’VIII nervo cranico, ad eventi del parenchima intra-assiale del tronco e anche a livello del lobo cerebellare. Le manifestazioni di deficit labirintico che possono presentarsi all’audiologo e al vestibologo sono tipiche di condizioni in acuto, in quanto il quadro clinico del deficit cronico sfuma in una aspecificità generica che è comune a vari meccanismi patogenetici. Le differenze sono rilevanti perché cambiano le strategie terapeutiche, la prognosi, le decisioni e l’atteggiamento clinico.

D eficit labirintico acuto e cronico La risonanza magnetica – esame che peraltro non viene eseguito in acuto – non ha capacità discriminante per identificare dal punto di vista clinico il deficit labirintico di natura vascolare. Questo aspetto è stato bene sottolineato da un recentissimo lavoro su casi di sordità associata a vertigine improvvisa esaminati con RMN (Son et al. Laryngoscope, 2007), dal quale risulta che solo il 35% dei pazienti è positivo per patologie vascolari e affini, cioè per altre

patologie che avevano probabilmente come ultimo effettore un evento vascolare (Figura 1). Dai quadri radiologici è risultato che l’1,1% dei casi è imputabile all’orecchio interno responsabile di perdita improvvisa della funzione cocleo-vestibolare; il 6,5% di patologie è identificabile in risonanza magnetica a livello del condotto uditivo interno dell’angolo ponto-cerebellare; il 3,4% è attribuibile a patologie a carico del tronco e il 22% a carico delle strutture intra-assiali del sistema nervoso centrale. L’emorragia intra-labirintica è l’unico elemento distintivo certo, che in RMN si può vedere con l’inconfondibile segnale iperintenso in T1 legato alla presenza di sangue all’interno del labirinto membranoso, nelle prime ore di un evento acuto a carico dell’orecchio interno.

Vascolarizzazione dell’orecchio interno e danno ischemico Come fare diagnosi differenziale? Sono di aiuto alcune considerazioni sulla vascolarizzazione dell’orecchio interno (Figura 2). Nella maggioranza dei casi l’arteria uditiva interna (AUI) è un vaso che nasce dall’arteria cerebellare antero-inferiore (AICA); si tratta cioè di una circolazione di tipo terminale, anche se si comincia a considerare rilevante il fatto che a livello microscopico le zone recettoriali sono alimentate da due circuiti arteriosi: uno preferenziale detto metabolico, e un altro per la quota di sangue che “shunta” assicurando un parziale compenso emodinamico del microcircolo a livello di singole zone recettoriali. Esistono inoltre dei piccoli circoli perforanti provenienti dall’AICA soprattutto nel tratto prossimale dell’AUI che coadiuvano la circoOtoneurologia 2000 Marzo 09 n. 29

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lazione, motivo per cui una patologia estrinseca occlusiva a questo livello può creare un danno vascolare a valle tanto più importante, quanto più distale è l’occlusione; questo spiega ad esempio perché piccole neoformazioni all’interno del condotto uditivo interno abbiano una discreta quota (5%) nei casi di sordità improvvisa e di vertigine acuta, come ad esempio nei casi di neurinoma intra-canalicolare. Un’altra considerazione di carattere fisiopatologico riguarda la distinzione fra eventi vascolari di natura emorragica e di tipo ischemico. Nell’ambito dei meccanismi intrinseci che possono sostenere l’ischemia, i meccanismi tromboembolici sono rari, in ragione della posizione anatomica dell’arteria uditiva, la cui emergenza ad angolo retto rispetto all’AICA garantisce una certa protezione dai meccanismi embolici provenienti dalla sezione sinistra del cuore. Tuttavia, la posizione ad angolo retto dell’arteria uditiva espone l’intima del vaso a zone di turbolenza (alterazioni emodinamiche), dunque a maggiori probabilità di danno endoteliale e attivazione di quei meccanismi trombotici che conducono ad un evento vascolare acuto. Sul piano clinico si può concludere che un evento Figura 1. Il segnale iperintenso in T1 è legato alla presenza di sangue all’interno del vascolare acuto è più probabile di un infarto dell’orecchio interno, e che fra gli eventi vascolari acuti le labirinto membranoso. Legenda: CUI = condotto uditivo interno; APC = angolo ponto-cerebellare; SNC = sistema trombosi dell’arteria uditiva interna sono più probanervoso centrale. bili di un’embolia.

Figura 2. Vascolarizzazione dell’orecchio interno. Le aree segnalate dai circoli individuano le afferenze sensoriali che innervano singoli territori cocleovestibolari.

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Manfrin – Clinica dei disturbi del circolo posteriore

ARTERIA

TERRITORIO

SEMEIOTICA CANALARE

SEMEIOTICA OTOLITICA

SEMEIOTICA COCLEARE

Uditiva interna

Orecchio interno

Ny spontaneo orizzontale-rotatorio, persistente, stazionario monodirezionale, pluriposizionale diretto verso il lato sano

Ocular tilt reaction verso il lato Anacusia, acufeni leso Verticale visiva soggettiva inclinata verso il lato leso VEMPs assenti

Vestibolare anteriore o superiore

Utricolo CSL CSA

Idem

OTR sfumata VVS patologica VEMPs presenti

Vestibolo-cocleare

Sacculo Ny spontaneo verticale-rotatorio OTR sfumata CSP verso il basso VVS normale Giro basale della coclea VEMPs assenti

Ipoacusia neurosensoriale in discesa sugli acuti, acufeni

Giro intermedio Giro apicale della coclea

Ipoacusia neurosensoriale in salita sui gravi e sui medi, acufeni

Cocleare propria

Assente

Normale

Normoacusia

TABELLA 1 – Semeiotica del deficit labirintico acuto su base vascolare.

Danno ischemico da deficit acuto Negli eventi vascolari acuti, quindi, il danno si può estrinsecare a carico di tutta l’arteria uditiva interna, ovvero su una parte dell’orecchio interno, partizione che ha anche un corrispettivo dal punto di vista neurale, in ragione della posizione delle afferenze sensoriali che innervano singole aree cocleo-vestibolari, accentrandosi poi nelle varie branche del nervo vestibolare a livello cocleare. • L’arteria vestibolare anteriore o superiore, o ramo vestibolare propriamente detto, ha il compito di fornire l’apporto arterioso al canale semicircolare superiore e a quello laterale, oltre che all’utricolo. Nel caso di un evento vascolare acuto in questa area, permane l’attività del circolo posteriore, del sacculo e della coclea: la sintomatologia cocleare è completamente assente ma vi è un importante quadro riferito caratterizzato della sindrome di Lindsay-Hemeway (vertigini intense che si accentuano con i cambiamenti del capo e vomito intenso), legata alla presenza di otoliti che si distaccano dalla macula dell’utricolo e attivano il canale semicircolare posteriore perfettamente conservato. • Esiste poi una zona intermedia vascolarizzata dall’arteria cocleo-vestibolare, che ha in comune l’area recettoriale del canale circolare posteriore, la macula del sacculo e il giro basale della coclea. Nel caso di un evento vascolare acuto in questa area, dal punto di vista della semeiotica si distingue un quadro molto complesso, con instabilità posturale intensa di durata variabile, sintomatologia vestibolare legata alla patologia maculare spesso con nistagmo verticale-rotatorio di tipo transitorio, e comparsa di deficit uditivo monolaterale sulle frequenze acute di grado variabile, associato ad acufene. • Il deficit acuto del ramo cocleare propriamente detto, che è responsabile della perfusione arteriosa del giro intermedio e apicale, si presenta con ipoacusia improvvisa sulle frequenze medie e gravi, senza segni né sintomi vestibolari. • Il limite tra il ramo cocleare dell’arteria cocleo-vestibolare ed il ramo cocleare propriamente detto è la porzione di coclea relativa alla frequenza 4KHz, che viene considerata come “l’ultimo prato dell’ultimo prato” a livello cocleare, fatto che ne comporta una maggiore esposizione a danni vascolari e di altra natura.

Sulla base di queste considerazioni sulle modalità di presentazione di una manifestazione clinica parziale o totale, l’inquadramento semeiotico è essenziale per l’identificazione delle parti dell’orecchio interno coinvolte nel deficit vascolare. In tabella 1 è riportata una sinossi della semeiotica cocleare, canalare e otolitica del deficit vascolare acuto dell’orecchio interno; in rosso sono segnalati gli elementi più significativi. • Se il danno è nell’arteria uditiva interna, la lesione interessa tutto l’orecchio interno – Elementi di semeiotica: nistagmo spontaneo orizzontale o rotatorio con le caratteristiche della perdita improvvisa della funzione vestibolare monolaterale; sintomi otolitici acuti (ad es. ocular tilt reaction verso il lato leso, verticale visiva alterata, VEMPs assenti); il soggetto si presenta fortemente ipoacusico o ipoacusico con acufeni. • Se il danno riguarda l’arteria vestibolare anteriore o superiore, sono lesionati l’utricolo, il sacculo e il canale semicircolare anteriore o superiore – Elementi di semeiotica: il quadro si presenta con lo stesso tipo di nistagmo come l’arteria uditiva interna; la semeiotica otolitica è sfumata, per il precipuo coinvolgimento dell’utricolo che entra piuttosto nella verticale visiva patologica; caratteristicamente VEMPs presenti; soprattutto normoacusia. • Se il danno avviene nel contesto vestibolo-cocleare, la lesione interessa sacculo, canale semicircolare posteriore e giro basale della coclea – Elementi di semeiotica: compare un nistagmo acuto verticale rotatorio verso il basso che non è di facile riscontro in posizione primaria di sguardo a paziente seduto e non lo si vede frequentemente, poiché si perde l’afferenza tonica di un solo canale semicircolare posteriore, mentre tutti gli altri canali e gran parte del sistema otolitico funzionano ancora. Questo nistagmo è quindi più di tipo posizionale, ed ovviamente non parossistico. Questo tipo di nistagmo spontaneo verticale rotatorio verso il basso si associa alla scomparsa dei VEMPs per danno sacculare e si ha ipoacusia neurosensoriale in discesa sugli acuti (tipicamente scende dai 4 KHz in giù) con acufeni. • Se c’è compromissione dell’arteria cocleare propria a livello del giro intermedio e apicale della coclea – Elementi di semeiotica: assenza di nistagmo e di deficit otolitici; ipoacuOtoneurologia 2000 Marzo 09 n. 29

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sia neurosensoriale in salita sui toni gravi e medi che frequentemente viene interpretata anche come idrope endolinfatica. Se consideriamo valida questa classificazione, l’unico dato che manca riguarda i casi di sordità improvvisa su tutte le frequenze, per la quale è poco probabile un’origine vascolare, ad eccezione dei casi in cui alla sordità improvvisa pan-frequenziale si associa l’assenza dei VEMPs, dato che indica un coinvolgimento del sistema otolitico.

D iagnosi differenziale Una forma di deficit acuto del labirinto su base vascolare o di altra natura è praticamente indistinguibile da un evento emorragico o ischemico nel territorio dei rami laterali della PICA, poiché si manifesta con uno stesso quadro nistagmico. La prognosi è chiaramente molto differente nei due casi e la diagnosi differenziale può essere fatta con la semeiotica al letto del paziente, per esempio eseguendo il test di Halmagyi e con la stimolazione simultanea fredda. L’episodio potrebbe essere confuso anche come una sordità improvvisa, segno di come una vertigine acuta possa essere espressione di una sofferenza di un ramo dell’AICA, ovvero il prodromo iniziale di una sindrome di Wallenberg in cui subentrino cluster di sintomi neurologici come la paralisi del facciale, la disartria, etc. . Questa considerazione motiva la necessità del ricovero e del monitoraggio nelle prime 48-72 ore per i pazienti con cocleo-vestibolopatie in acuto. La stimolazione fredda simultanea permette inoltre di escludere gli eventi a livello del sistema nervoso centrale, poiché in questo caso i due labirinti porterebbero ad una inibizione simultanea e il nistagmo spontaneo non si modificherebbe.

Figura 3. Quadro audiometrico di ipoacusia da deficit cocleare.

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La diagnosi differenziale più frequente in clinica è quella di esclusione dell’evento infettivo neuronitico vestibolare, per la quale si considerano un insieme di caratteri e criteri clinici (dalla tipologia di paziente, al tipo di neurite:vestibolare/cocleare/cocleo-vestibolare), ma anche criteri epidemiologici, eziologici, radiologici, audiologici e terapeutici. • Le forme di nevrite infettiva a carico del nervo vestibolare colpiscono in età diversa da quella standard per gli eventi vascolari (over 50) – prevalentemente quindi interessano giovani privi di fattori di rischio cardiovascolari – e presentano una certa periodicità. • Esistono poi criteri eziologici per i quali è ormai accertata l’incidenza dell’origine virale di queste forme di neurite, soprattutto da Herpes simplex, agente patogeno che arriverebbe molto facilmente attraverso le anastomosi acustico-facciali al nervo vestibolare superiore (molto importante lo studio dei VEMPs). • Si considerano inoltre i criteri audiologici, secondo i quali qualora sia coinvolto il nervo cocleare, difficilmente ci può essere un recupero e di frequente risulta pan-frequenziale. • Nei criteri radiologici si discute molto se sia possibile con la risonanza magnetica vedere una neurite infettiva. Non esistono tuttavia dati certi da un punto di vista statistico, piuttosto segnalazioni di esperienze personali su prese di contrasto in T1 con gadolinio multifocali del nervo, che non hanno trovato riscontro in altri studi. • Fra i criteri terapeutici ex juvantibus, si riscontra un netto miglioramento con l’impiego dell’antivirale e del cortisonico nelle forme d’origine infettiva. Sul versante cocleare quando si ha un’ipoacusia come quella riportata in figura 3, è difficile capire cosa sia successo nell’orecchio interno o lungo il nervo cocleare.


Manfrin – Clinica dei disturbi del circolo posteriore

Questo quadro può essere comune alle due forme (neuronite – deficit su base vascolare), ma l’assenza dei VEMPs segnala l’esistenza di un problema di tipo vascolare all’interno del vestibolo cocleare. Infatti, in presenza di un evento acuto ischemico, le cel-

lule ciliate interne sono le prime a perdere funzionalità, come nel caso riportato in figura 4, caratterizzato da una curva tonale che interessa le frequenze gravi e medie: l’ipoacusia che supera i 60 decibel interessa la zona di competenza di queste cellule.

Figura 4. Quadro audiometrico di ipoacusia che supera i 60 decibel, interessando la zona di competenza delle cellule ciliate interne.

Quindi il deficit acuto su base vascolare si può distinguere facilmente da un primo attacco idropico, perché difficilmente nella

malattia di Menière si ha un’ipoacusia che supera i 60 decibel e il danno prevalente è a carico delle cellule ciliate esterne (Figura 5).

Figura 5. Quadro audiometrico di ipoacusia che non supera i 60 decibel, compatibile con attacco di idrope endolinfatica. La zona d’interesse è quella delle cellule ciliate esterne.

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Deficit labirintico cronico su base vascolare Il deficit labirintico cronico su base vascolare sfuma in un quadro di aspecificità sul versante cocleare e sul versante labirintico posteriore. In tabella 2 è segnalata la vertigine parossistica posizionale nei soggetti vascolari, ma in realtà in una popolazione di pazienti labirinto-litiasici i segni vascolari accertati sono compresi dal 2% all’11% dei casi. Per quanto riguarda la coclea, la semeiotica strumentale indica SEDE

SINTOMI

un’ipoacusia neurosensoriale che ha una morfologia variabile, poiché il deficit della coclea su base vascolare s’intreccia oltre che con una comorbilità sistemica di ordine endocrinologico, metabolico, diabetico, ecc. anche con altre patologie multifattoriali dell’orecchio interno come ad esempio la presbiacusia, il trauma acustico, il vasospasmo, il difetto arterioso in corso di trauma acustico e, come nella patogenesi vascolare, anche con l’idrope endolinfatica. SEMEIOTICA FISICA

SEMEIOTICA STRUMENTALE

COCLEA

Ipoacusia (bilaterale) Acufeni (+/-)

Negativa

Ipoacusia neurosensoriale (<60 dB) con morfologia variabile (piatta, in discesa, in salita); recruitment (+/-)

LABIRINTO POSTERIORE

Instabilità

Negativa NyPP da CSP o CSL

Iporeflettività bilaterale VEMPs (+/-)

TABELLA 2 – Semeiotica del deficit labirintico cronico su base vascolare.

CASO CLINICO. Nella pratica clinica quotidiana dell’audiologo e del vestibologo l’età è spesso l’unico elemento di discrimine per valutare la probabilità che un evento vascolare dell’orecchio interno si sia verificato o possa verificarsi nel soggetto esaminato. L’età di un soggetto anziano e una storia anamnestica delle eventuali patologie cardiovascolari acute e croniche sono le uniche informazioni sulle quali orientare il sospetto diagnostico nella maggior parte dei casi. In realtà, è possibile in diversi casi trarre ulteriori indicazioni semplicemente dall’osservazione dell’orecchio esterno; la plicatura del lobulo è infatti una circolazione di tipo terminale e un segno di distrofia in questa sede (Figura 6) rivela quasi sempre un soggetto iperteso, infartuato o dislipidemico; è quindi un indicatore delle condizioni della microcircolazione del paziente nell’area anatomica di interesse.

Figura 6. L’atrofia del lobo dell’orecchio esterno è un segno indicatore di deficit della microcircolazione nell’area anatomica di riferimento.

B ibliografia • • • • •

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Corrispondenza: Prof. Marco Manfrin, Sezione di Clinica Otorinolaringoiatrica - Fondazione IRCCS Policlinico “San Matteo” e Università di Pavia - P.le Golgi, 2 27100 PAVIA e-mail: m.manfrin@smatteo.pv.it

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