Dicembre 2001 / n. 8
VESSEL DUE F
SULODEXIDE
trattamento
acuto trattamento
cronico
Serie editoriale:
CLINICAL CASE MANAGEMENT
La canalolitiasi M. Gufoni, S. Morelli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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Aggiornamento periodico:
OTONEUROLOGIA 2000 Dicembre 2001 / n. 8
L’areflessia vestibolare M. Manfrin, D. Fresa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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Coordinamento Scientifico:
Dr. Giorgio Guidetti Dipartimento di Patologia Neuropsicosensoriale dell’Università di Modena e Reggio Emilia Sezione di Clinica Otorinolaringoiatrica Modulo di Vestibologia e Rieducazione vestibolare Policlinico di Modena e-mail: guidetti.g@policlinico.mo.it
Coordinamento editoriale:
Mediserve
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MEDISERVE
Interpretazione delle manifestazioni di disturbi auditivi e dell’equilibrio nella medicina antica e nella tradizione popolare (Parte prima) C. Lapucci, A.M. Antoni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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LA CANALOLITIASI MAURO GUFONI, S. MORELLI Spedali Riuniti Livorno, Reparto Otorinolaringoiatrico, Primario Dr. F. di Nasso E-mail:gufoni@interfree.it
Una terapia eziologica per il trattamento della canalolitiasi dovrebbe venire dopo la comprensione del movente patogenetico che sta alla base della malattia stessa. Bisognerebbe cioè, data per scontata l’ipotesi otolitica (9), impedire la caduta dei frammenti nei canali semicircolari (CS), il che non è per ora attuabile, dal momento che si ignora perché gli otoliti degenerati vadano a finire nei canali. In realtà è ormai accettato che la presenza di detriti nei canali non sia necessariamente associata a sintomatologia vertiginosa (7). Considerando la disposizione relativa di utricolo e CS, è però possibile fare delle ipotesi su come avvenga la sedimentazione di frammenti otolitici nei canali semicircolari. Le aperture dei CS (in particolare quella del canale posteriore) si trovano più in basso delle macule e costituiscono la parte più declive del labirinto sia nella postura ortostatica, sia nel decubito supino, sia nel decubito omolaterale al labirinto considerato. Ciò è dovuto ad una inclinazione della base del cranio di trenta gradi rispetto al piano orizzontale (angolo aperto in avanti). Per lo stesso motivo, il canale semicircolare laterale (CSL) non è orizzontale, ma inclinato di trenta gradi sull’orizzonte (e non dovrebbe, a rigore, essere chiamato CS orizzontale). In questa situazione è comprensibile come detriti provenienti dall’utricolo possano sedimentare nei canali (ad eccezione del
canale anteriore, la cui apertura di accesso di trova superiormente). È invece strano che la pressione evolutiva abbia selezionato una situazione a rischio in tale senso. Per spiegare la disposizione del CSL è stata proposta un’ipotesi secondo cui l’attuale posizione nello spazio sia una diretta conseguenza dell’assunzione della posizione eretta. Anche la disposizione delle macule è obliqua rispetto al vettore dell’accelerazione di gravità. Se immaginiamo un primate che non ha assunto l’ortostatismo e cammina a quattro zampe, tutto il cranio dovrebbe essere inclinato in avanti: con l’assunzione della posizione eretta, si sarebbe prodotta la cosiddetta “fisiologica lordosi cervicale” e la base del cranio si sarebbe inclinata nella posizione attuale, con automatica ridisposizione delle strutture labirintiche. Questa ipotesi potrebbe, fra l’altro, rendere conto di altre “anomalie”, quali la riduzione mediale del campo visivo per la frapposizione della piramide nasale, la presenza dei ligamenti stilomastoidei , il carico pressorio idrostatico accentuato sulle valvole venose degli arti inferiori e la formazione di varici ,ma anche la presenza di valvole nelle vene degli arti superiori, ecc. Anche la disposizione dei canali posteriori può sembrare “strana” per la postura attuale: è da ritenere infatti che se i recettori fossero disposti lungo il piano sagit3
tale e quello frontale, aumenterebbe il loro guadagno rispetto alle accelerazioni della normale attività. In pratica ogni canale verticale perde circa il 30 % (1-cos45°) delle forze applicate in senso antero-posteriore o latero-laterale. Ma se immaginiamo l’uomo (o meglio, il suo predecessore Australopitecus Afarensis) che aveva ancora un’andatura a quattro zampe, o un altro quadrupede, ci possiamo rendere conto che, ad ogni passo, vengono sollevati contemporaneamente da terra un arto anteriore ed uno posteriore, in modo tale che l’asse attorno al quale ruota l’equilibrio va dall’arto anteriore di un lato a quello posteriore del lato opposto (che rimangono poggiati a terra). Il piano su cui giace il canale è perpendicolare all’asse di equilibrio e quindi è nella posizione più idonea alla percezione del vettore di moto (Fig. 1). L’assunzione dell’ortostatismo ha rivoluzionato il modo di percepire il movimento e l’accelerazione di gravità, peggiorandoli, ma il sistema nervoso centrale ha potuto
Fig. 1 - Quando un animale che cammina a quattro zampe solleva due arti per spostarsi, l’asse di equilibrio del corpo passa momentaneamente per i due arti che rimangono poggiati per terra. La disposizione più sensibile per rilevare oscillazioni è proprio quella in cui sono disposti i canali verticali. 4
adattarsi alla nuova situazione. Evidentemente i vantaggi dovettero essere prevalenti se la spinta evolutiva ha favorito il mantenimento della variante.
La terapia La terapia per la canalolitiasi laterale ha cominciato ad essere studiata subito dopo la scoperta di questa entità nosologica, ma fu necessario attendere la “posizione coatta” di Vannucchi (FPP) (10) per poter contare su di un metodo efficace e dotato di ottima tollerabilità. Quando un paziente è affetto da canalolitiasi laterale, presenta un nistagmo orizzontale, con la fase rapida diretta verso il basso, allorché si ruota la testa, in decubito supino, verso destra e verso sinistra (Manovra di Pagnini, MP) (3) . A causa della seconda legge di Ewald, il nistagmo (e la vertigine ad esso associata) è più intenso quando la testa ruota verso il lato corrispondente all’orecchio patologico. In tal modo è possibile non solo effettuare la diagnosi di canalolitiasi laterale, ma individuare anche il lato patologico. Se i frammenti otolitici sono localizzati nel braccio ampollare, il nistagmo risultante dalla MP non sarà geotropo, come nel caso precedente, ma apogeotropo (8) , cioè diretto verso l’alto (verso destra quando la testa è ruotata a sinistra, e verso sinistra quando la testa è ruotata a destra): infatti in questo caso la corrente endolinfatica provocata dai detriti in movimento sarà diretta in senso opposto rispetto alla corrente provocata dai corpi liberi nel braccio non ampollare. Con la FPP il paziente deve giacere per una o più notti (a seconda di quando si ottiene il risultato) sul fianco corrispondente all’orecchio sano nel caso di una forma geotropa, sul fianco corrispondente all’orecchio ammalato nella forma apogeotropa. Lo scopo è quello di far sedimentare i detriti nell’arco della nottata fuori dal canale semicircolare.
In tal modo è possibile ottenere in un’altissima percentuale di casi la risoluzione della vertigine nel caso della forma geotropa. È possibile anche ottenere l’inversione del nistagmo nella forma apogeotropa, che così si trasforma in geotropa. Dal punto di vista terapeutico, non si sarebbe sentita l’esigenza di ulteriori trattamenti, se non per una conferma diagnostica, soprattutto in presenza di casi atipici. Infatti una manovra liberatoria inefficace fa sì che eventuali dubbi di centralità diventino più consistenti. La manovra di Semont (5), per esempio, può assumere un ruolo diagnostico per la litiasi del canale posteriore e a maggior ragione avrebbe potuto essere sfruttata in tal senso una manovra per la canalolitiasi laterale. Nel 1994 Baloh e Lempert (2,6) proposero due manovre distinte, ma simili, per il trattamento della canalolitiasi laterale: il paziente è sdraiato supino e viene spinto
ad eseguire dei bruschi movimenti rotatori della testa (diretti verso l’orecchio sano) a passi di 90°. Prima gira la testa, poi tutto il corpo segue il movimento (manovre cosiddette “a barbecue”). Questo trattamento però è abbastanza difficoltoso, quando si debbono trattare pazienti anziani o obesi o, comunque con mobilità ridotta, e non sembra avere la stessa efficacia della FPP (11). Nel 1998 (4) abbiamo proposto una manovra di riposizionamento che, riteniamo, può essere effettuata in molti casi di vertigine parossistica, spesso anche in fase acuta (Fig. 2). È raro trovare persone con impaccio motorio tale che non consenta l’esecuzione di tale manovra. Preferiamo evitarla nei casi di sintomatologia neurovegetativa molto accentuata, nei pazienti a rischio per distacco di retina e nei gravi traumatismi cranio-cervicali.
Fig. 2 - Da destra a sinistra, sono mostrati i tempi attraverso i quali viene eseguita la manovra liberatoria. 1) Il paziente è seduto sul lettino; 2) si corica sul fianco sano per la variante geotropa (o su quello malato per la forma apogeotropa); 3) piega la testa verso il basso di circa 45 gradi. Dopo 3-4 minuti il paziente torna nella posizione di partenza. 5
Ciclo di posizioni per la manovra di riposizionamento (4) Posizione 1 – Il paziente è seduto sul lettino, con le gambe fuori, ed è informato sulla procedura a cui sarà sottoposto. Posizione 2 – Il paziente si sdraia su di un fianco (le gambe rimangono fuori dal lettino). Il fianco prescelto è quello sano per la forma geotropa, quello ammalato per la forma apogeotropa. Si tratta, in ogni caso, del lato che genera la vertigine meno intensa. Posizione 3 – Appena arrivato nella posizione (2) il paziente ruota la testa di 45 gradi verso il basso: in tal modo i frammenti otolitici possono superare l’ultima curvatura del canale ed uscire nell’utricolo; nel caso della localizzazione ampollare, invece possono superare la curvatura del canale per fare il loro ingresso nel braccio non ampollare. Posizione 4 – Dopo 3 o 4 minuti il paziente torna nella posizione di partenza.
Il ciclo viene ripetuto due volte, per maggiore sicurezza; ma spesso è sufficiente eseguirlo una volta sola. Al controllo, si potranno ottenere i seguenti risultati (1): A. FORMA GEOTROPA 1. Nessun nistagmo significativo; paziente asintomatico: 77% 2. Il nistagmo rimane immodificato: 10% 3. Conversione in Canalolitiasi posteriore: 13% • Nel caso(2) si può ripetere la manovra o passare alla FPP. • Nel caso (3) dovrebbe essere agevole tornare alla forma geotropa eseguendo la manovra sul lato opposto. B. FORMA APOGEOTROPA 1. Nessun nistagmo significativo; paziente asintomatico:20% 2. Inversione del nistagmo. Si ottiene un nistagmo geotropo anziché apogeotropo: 60% 3. Il nistagmo rimane immodificato: 20% • Nel caso (2) si ricomincia la manovra, questa volta per la forma geotropa, cioè da effettuarsi sul lato sano anziché su quello ammalato. • Nel caso (3) si può ripetere la manovra o ricorrere alla FPP per trasformare la VPP in una forma geotropa. Sia nel caso A che nel caso B può accadere che i frammenti vengano espulsi dal canale laterale, ma vadano a finire in quello posteriore. In questo caso, la manovra di riposizionamento specifica (Semont, Epley, ecc.) dovrebbe risolvere facilmente il problema. Si fa presente che, nella nostra esperienza, spesso la manovra risulta inefficace perché effettuata sul lato sbagliato. Non è infrequente, infatti, che la differenza nell’intensità dei nistagmi posizionali sui due lati non sia sufficientemente chiara (specialmente nelle forme apogeotrope), per consentire una diagnosi di lato certa. È consigliabile, nel dubbio, fare la manovra prima su un lato e poi sull’altro, in caso di insuccesso. 6
Bibliografia 1. Asprella Libonati G, Gufoni M. Vertigine parossistica da canalolitiasi laterale, manovre di barbecue ed altre varianti. In D. Nuti, P. Pagnini, C. Vicini (eds), “Revisione critica di venti anni di vertigine parossistica posizionale benigna” Sorrento 1999. Comitato Simposi Scientifici Formenti, Milano. 2. Baloh RW. Horizontal benign positional vertigo. Neurology 1994; 44:2213-4. 3. Cipparrone L, Corridi G, Pagnini P. Cupulolitiasi. In A. Dufour.(ed),” Nistagmografia e patologia vestibolare periferica”. V Giornata Italiana di Nistagmografia Clinica. Edizioni Boots Formenti, Milano 1985. 4. Gufoni M, Mastrosimone L. Trattamento con manovra di riposizionamento per la canalolitiasi orizzontale. Acta Otorhinol Ital 1998; 6:363-7. 5. Guidetti G, Barbieri L. La manovra di Semont nelle vertigini parossistiche posizionali. Acta Otorhinol Ital 1985; 5:631.
6. Lempert T. Horizontal benign positional vertigo. Neurology 1994; 44:2213-4. 7. Moriarty B, Rutka J, Hawke M. The incidence and distribution of cupolar depisits in the labirinth. Laringoscope 1992; 102:56-9. 8. Pagnini P, Nuti D, Vannucchi P. Benign paroxysmal positional vertigo of the horizontal canal. ORL 1989; 51:161-70. 9. Schuknecht H. Cupulolithiasis. Arch Otolaryngol 1969; 90:765. 10. Vannucchi P, Giannoni B, Giuffreda P, Paradiso P, Pagnini P. The therapy of benign paroxismal positional vertigo of the horizontal semicircular canal. International Workshop on Eye Movements. Pavia, 13-14 Giugno 1994. Ed. CM Pavia 1994; pp. 321-4. 11. Vannucchi P, Giannoni B. Terapia della vertigine parossistica posizionale del canale semicircolare laterale. Tecniche a confronto. In D. Nuti, D. Pas (eds), “La terapia fisica delle vertigini periferiche”. VII Giornata di Vestibologia Pratica. Siena, 21 Novembre 1998. Comitato Simposi Scientifici Formenti, Milano.
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L’AREFLESSIA VESTIBOLARE MARCO MANFRIN, DOMENICO FRESA Istituto di Clinica Otorinolaringoiatrica – IRCCS Policlinico “San Matteo” e Università di Pavia, Pavia
Definizione Per areflessia vestibolare (Dandy syndrome) si intende la perdita completa e definitiva della normale capacità di rispondere a stimoli fisiologici da parte del recettore labirintico. In essa è compresa anche l’impossibilità del nervo
vestibolare (ramo vestibolare dell’VIII nervo cranico) di condurre le afferenze recettoriali ai nuclei del tronco encefalico (Figg. 1 e 2). Le due condizioni sono accomunate in virtù della stretta somiglianza clinica, anche se diverse possono essere la sede anatomica e le cause che le hanno determinate.
Dorsale Nuclei Motori
Ventrale
Nuclei Sensitivi
I
III IV
II
V
III
VII
V VI
VI
XII
IX X XI
VIII VII IX X
Funzioni dei nervi cranici
IV V VII VIII IX X XII XI
I - Olfatto II - Vista III, IV, V - Movimenti oculari III - Pupillocostrizione e accomodamento del cristallino V - Masticazione e sensibilità del volto VII - Muscoli mimici VII - Salivazione, lacrimazione, gusto VIII - Sensibilità acustica e vestibolare IX, X - Deglutizione (faringe, laringe ed esofago), voce (laringe), gusto , innervazione sensitiva e motoria degli organi del torace e dell’addome XI - Rotazione della testa e sollevamento delle spalle XII - Deglutizione e voce (muscoli della lingua)
Proiezioni dei nervi cranici 3 NERVI SENSITIVI: " Bulbo olfattivo I II " Nucleo del corpo genicolato laterale VIII " Nuclei cocleari ventrale e dorsale " Nuclei vestibolari mediale e inferiore 5 NERVI MOTORI: III # Oculomotore, nuclei di Edinger e Westphal IV # Nucleo trocleare VI # Nucleo del nervo abducente XI # Corno del tratto cervicele anteriore XII # Nucleo del nervo ipoglosso
4 NERVI MISTI: V # Nucleo motore del nervo trigemino " Nucleo sensoriale principale " Nucleo spinale del nervo trigemino " Nucleo mesencefalico del nervo trigemino VII # Nucleo del nervo facciale " Nucleo solitario IX # Nucleo ambiguo " Nucleo solitario X # Nucleo ambiguo # Nucleo motore dorsale " Nucleo solitario
Fig. 1 – Nuclei neuronali del tronco encefalico e funzioni dei nervi cranici corrispondenti, indicati con numeri romani da I a XII. Le innervazioni motorie o sensitive di organi sono indicate in corsivo. 8
Fig. 2 – Innervazione cocleo-vestibolare del ramo vestibolare dell’VIII nervo cranico.
Cenni di fisiopatologia Fondamentalmente, un recettore labirintico è strutturato per captare stimoli fisici quali le accelerazioni (angolari e lineari). Dopo una prima integrazione, le connessioni tra le aree recettoriali dei due emisistemi e le fibre (bipolari) dei nervi vestibolari garantiscono la trasmissione dei segnali ai neuroni dei nuclei vestibolari posti nel sistema nervoso centrale (SNC), dove avviene una seconda integrazione con altre afferenze sensoriali (visive e propriocettive). Nell’uomo, il ruolo principale è quello di accoppiare i complessi movimenti della testa e del corpo con movimenti logici degli occhi e degli effettori muscolari (estensori e flessori) dei vari segmenti corporei. Questo è reso possibile dall’attivazione di riflessi oculomotori e spinali che hanno come effettori la muscolatura estrinseca degli occhi e la muscolatura scheletrica corporea. La via vestibolo-corticale, con relais nel talamo, garantisce l’informazione costante della corteccia cerebrale che, a sua volta, attiva un controllo efferente modulatorio sul meccanismo riflesso oculomotorio e posturale (via cortico-vestibolare). Un effetto altrettanto modulatorio, e sicuramente importante, è garantito anche dalle strutture cerebellari. Durante i normali movimenti del capo e
del corpo, le frequenze di stimolazione alle quali l’apparato vestibolare periferico risponde è abbastanza ampio (da 0,6 a 8,2 Hz); tuttavia, la performance è ottimale per frequenze relativamente alte (45 Hz), essendo le basse frequenze meglio dominabili dai riflessi d’origine visiva (d’inseguimento lento e otticocinetico). Tale aspetto rende ragione del fatto che spesso, a livello clinico, vi siano delle apparenti areflessie vestibolari, poiché i più comuni e diversi sistemi di stimolazione (termica, rotoacceleratoria) eccitano o inibiscono il recettore mediante basse frequenze, alle quali il labirinto può non attivarsi, pur essendo integro. L’assenza del riflesso vestibolo-oculomotore (VOR), comporta un disaccoppiamento tra il movimento della testa e quello degli occhi, con conseguente disturbo visivo denominato oscillopsia. Il paziente, in pratica, dice di vedere oscillare gli oggetti del campo visivo in seguito ad un movimento del capo e quanto più rapido o brusco è il movimento tanto maggiore è l’intensità del disturbo (Fig. 3). Da un punto di vista strategico, il SNC può cercare di sopperire all’inefficienza del VOR generando dei movimenti rapidi (saccadici) di tipo compensatorio, finalizzati al raggiungimento repentino di una mira che altrimenti non potrebbe essere mantenuta sulla fovea. I saccadici correttivi possono
Fig. 3 – Oscillopsia: percezione di rapidi movimenti dell’immagine visiva, che si sposta verticalmente o da un lato all’altro. 9
essere evidenziati clinicamente ed essere funzionalmente efficaci nel ridurre l’oscillopsia. Naturalmente, l’entità del disturbo è riconducibile anche al fatto che l’areflessia vestibolare sia monolaterale o bilaterale. Sul piano vestibolospinale, l’assenza di un corretto riflesso posturale si manifesta con una scorretta attivazione della muscolatura scheletrica dei diversi segmenti corporei, in particolar modo di quella antigravitazionale (estensori), che genera nel paziente sintomi quali instabilità e sensazione di disequilibrio, specie durante la deambulazione o in condizioni particolari, come in caso di deprivazione visiva (oscurità) o dopo immobilità prolungata.
modalità d’insorgenza differenti secondo la causa provocante e l’andamento temporale della patologia sottostante. Sul piano semeiologico, vi sono forme sintomatiche e forme asintomatiche; entrambe possono essere precedute da vertigini vere e proprie di diversa tipologia oppure associate ad altri sintomi, specialmente quelli cocleari (acufeni, ipoacusia). Essa rappresenta, in termini generici, l’esito funzionale di differenti patologie del labirinto (Figg. 4 e 5). 1. Areflessia vestibolare monolaterale a ad insorgenza acuta; b cronica evolutiva: * intermittente ** progressiva
Eziologia e classificazione In generale, un’areflessia vestibolare può essere monolaterale o bilaterale, con
1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8.
Canale semicircolare posteriore Canale semicircolare laterale Ampolla ossea laterale Ampolla ossea posteriore Finestra vestibolare Canale spirale cocleare Canale semicircolare superiore Ramo osseo comune
Fig. 4 – Morfologia del labirinto osseo. 10
2. Areflessia vestibolare bilaterale a ad insorgenza acuta (sincrona o metacrona);
9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16.
Ampolla ossea superiore Vestibolo Coclea Dotto cocleare Scala timpanica Scala vestibolare Lamina spirale Chiocciola ossea
1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22. 23. 24. 25. 26. 27. 28.
Dura madre Spazio perilinfatico Condotto semicircolare anteriore Condotto semicircolare posteriore Utricolo Ampolla membranosa anteriore Nervo ampollare anteriore Nervo ampollare laterale Condotto semicircolare laterale Ampolla membranosa laterale Ampolla membranosa posteriore Macule dell’utricolo Nervo ampollare posteriore Dotto reuniente Condotto utrosacculare Sacculo Sacco endolinfale Condotto endolinfatico Acquedotto del vestibolo Nervo utricolare Nervo utricolo-ampollare Nervo sacculare superiore Ganglio vestibolare (superiore e inferiore) Parte vestibolare del nervo vestibolo-cocleare (VIII) Parte vescoclearedel nervo vestibolo-cocleare (VIII) Condotto cocleare Nervo sacculare inferiore Gangli cocleari
LABIRINTO MEMBRANOSO
CRESTA ACUSTICA 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8.
Spazio perilinfatico Cupola Cavità di un’ampolla membranosa Cellula ciliata sensoriale Epiteliocita di sostegno Cresta acustica Neurofibre Nervo ampollare
MACULA 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10.
Cavità utricolare o sacculare Cupola Statoconie Membrana delle statoconie Stereocili Cellula ciliata sensoriale Epiteliocita di sostegno Spazio perilinfatico Neurofibre Nervo utricolare o sacculare
Fig. 5 – Morfologia del labirinto membranoso e dettagli della cresta acustica e della macula, con innervazioni delle fibre dei nervi vestibolari. 11
b cronica evolutiva (sincrona o metacrona): * intermittente ** progressiva
quelle forme che si possono manifestare con l’idrope endolinfatica (otosclerosi, neurinoma dell’VIII a manifestazione atipica, etc.)
1.a - Areflessia vestibolare monolaterale ad insorgenza acuta – Corrisponde all’esito di una perdita improvvisa della funzione vestibolare o cocleovestibolare di un lato e fa seguito ad una grande crisi vertiginosa della durata di qualche giorno. Comprende patologie del recettore (infarti labirintici, labirintiti suppurative, traumi dell’osso temporale con fratture passanti per l’orecchio interno) o del ramo vestibolare dell’VIII (neurite vestibolare) o dell’VIII nervo cranico in toto (neurite cocleovestibolare, herpes zoster oticus). In questo ambito, occorre precisare che i presupposti anatomici dell’innervazione e della vascolarizzazione a carico dell’orecchio interno possono fare ipotizzare una compartimentalizzazione del danno recettoriale e nervoso con conseguente conservazione della funzione di alcune zone del labirinto. Il classico esempio è dato dalla sindrome di Lindsay-Hemenway in cui vi è l’areflessia del canale semicircolare laterale (oltre che del superiore e del recettore utricolare), con perfetto funzionamento del canale semicircolare posteriore e del sacculo. Eccezionalmente, l’areflessia vestibolare di un lato si può verificare in casi rari di unica localizzazione di una sclerosi multipla, quando la placca demielinizzante coinvolge il nervo vestibolare nel suo ingresso al tronco.
1.b** - Areflessia vestibolare monolaterale cronica evolutiva di tipo progressivo – Spesso asintomatica o paucisintomatica, è rappresentata dal risultato di patologie croniche dell’orecchio interno o del nervo vestibolare. La progressiva perdita della reflettività labirintica decorre parallelamente all’instaurarsi di fenomeni compensatori da parte del SNC che, con l’impiego del labirinto controlaterale e di altri sistemi sensoriali, sopperiscono sul piano funzionale all’assenza di afferenze vestibolari da un lato. Classico esempio è il neurinoma dell’VIII nervo cranico, spesso silente da un punto di vista vestibologico. In tale ambito, si deve comprendere anche l’esito iatrogeno di deafferentazioni farmacologiche di labirintopatie monolaterali (gentamicina transtimpanica in caso di malattia di Menière florida).
1.b* - Areflessia vestibolare monolaterale cronica evolutiva di tipo intermittente – Rappresenta il risultato finale di processi degenerativi “a poussée” del labirinto, con riduzione della funzione recettoriale subcontinua in quanto intervallata da momenti di conservata capacità responsiva alla stimolazione, per quanto ridotta (iporeflettività). Ne è classico esempio la malattia di Menière monolaterale e tutte 12
2.a - Areflessia vestibolare bilaterale ad insorgenza acuta – Rarissima nella forma sincrona (gravi traumi cranici con frattura bilaterale della rocca), può essere più frequente in quella metacrona, con intervalli di tempo variabili da caso a caso. Riconosce la stessa eziologia di quella monolaterale (vascolare e virale). È stato descritto anche qualche caso conseguente a meningite. 2.b* - Areflessia vestibolare bilaterale cronica evolutiva di tipo intermittente – Comprende forme degenerative bilaterali, simmetriche o asimmetriche, che con un andamento irreversibile portano alla perdita della funzione vestibolare, intervallando periodi di conservata funzione. La malattia di Menière bilaterale, le forme autoimmuni dell’orecchio interno, l’esposizione ciclica e periodica a sostanze tossiche, alcune malattie eredodegenerative, sono gli esempi più comuni.
2.b** - Areflessia vestibolare bilaterale cronica evolutiva di tipo progressivo – Rappresenta l’evenienza più invalidante da un punto di vista clinico ed è, per frequenza, seconda solo alle forme acute monolaterali. Due forme sincrone importanti sono date dagli esiti di terapie sistemiche farmacologiche con aminoglicosidi e la cosiddetta forma idiopatica. In quest’ultimo caso, i pazienti lamentano un’insidiosa e progressiva comparsa di instabilità associata ad oscillopsia, anche fortemente invalidanti, senza cause identificabili.
Diagnosi e terapia L’areflessia vestibolare, sospettabile sul piano anamnestico e resa probabile dalla semeiotica vestibologica non strumentale, è fondamentalmente identificabile mediante le stimolazioni strumentali del labirinto. L’inadeguatezza nel generare corrette frequenze di stimolazione rappresenta il limite maggiore delle prove termiche e di quelle rotoacceleratorie. Solo i test di autorotazione, mediante l’uso di caschi particolari, sono in grado di analizzare le reali risposte riflesse oculomotorie generate da stimoli naturali. Va preso anche in considerazione che tutte le differenti metodiche di stimolazione ambulatoriale esplorano quasi esclusivamente la funzione del canale semicircolare laterale; dai risultati ottenuti si estrapola, quindi, un giudizio globale sul labirinto che potrebbe non corrispondere alla reale situazione delle altre quattro aree recettoriali. L’implicazione pratica che deriva è che, probabilmente, le areflessie vestibolari siano meno frequenti di quanto non si riscontri e che, in ambito terapeutico riabilitativo, si possa pensare di utilizzare ugualmente dei riflessi originati dal labirinto apparentemente spento. Quando, dopo una stimolazione termica standard come quella proposta da Fitz-
gerald e Hallpike (44°C e 30°C) o simili, si verifichi l’assenza di risposta da parte del labirinto, è opportuno impiegare uno stimolo termico più intenso. Poiché, per ovvie ragioni, non è possibile impiegare temperature più elevate, si utilizza allora dell’acqua ghiacciata (ice water test), grazie alla quale lo stimolo inibitorio risulta maggiore. Spesso si ottiene una risposta inibitoria del labirinto testato, ad indicare la presenza di una funzione residua. Se anche dopo tale stimolazione si registra un’areflessia vestibolare, è in ogni modo opportuno verificarla con stimolazioni rotoacceleratorie, che sono più fisiologiche. In particolar modo, test sopraliminari come la ricerca di un nistagmo evocato dall’arresto brusco di una poltrona dopo una stimolazione rotatoria a velocità costante o dopo altre stimolazioni impulsive, rappresentano il “gold standard” per il giudizio definitivo di areflessia vestibolare. Il trattamento delle forme sintomatiche non può che essere di tipo riabilitativo, oltre che eziologico nei casi in cui sia identificabile una causa. La priorità della riabilitazione vestibolare è data dal fatto che solo con l’attivazione adeguata dei sistemi vicarianti (labirinto dal lato sano, vista e propriocezione) è possibile sopperire all’assenza dei riflessi vestibolari a livello oculomotorio e spinale.
Bibliografia 1. Nuti D, Passero S, Di Girolamo S. Bilateral vestibular loss in vertebrobasilar dolichoectasia. J Vestib Res 1996; 2:85-91. 2. Sargent EW, Goebel JA, Hanson JM, Beck DL. Idiopathic bilateral vestibular loss. Otolaryngol Head Neck Surg 1997; 116:157-62. 3. Telian SA, Shepard NT, Smith-Wheelock M, Hoberg M. Bilateral vestibular paresis: diagnosis and treatment. Otolaryngol Head Neck Surg 1991; 104:67-71. 4. Vibert D, Liard P, Hausler R. Bilateral idiopathic loss of peripheral vestibular function with normal hearing. Acta Otolaryngol (Stockh) 1995; 115:611-5. 13
INTERPRETAZIONE DELLE MANIFESTAZIONI DI DISTURBI AUDITIVI E DELL’EQUILIBRIO NELLA MEDICINA ANTICA E NELLA TRADIZIONE POPOLARE CARLO LAPUCCI, ANNA MARIA ANTONI
Introduzione Tutti conosciamo la difficoltà del paziente nel descrivere i propri sintomi otoneurologici e la sua tendenza a ricondurli ad ipotesi ezio-patogenetiche spesso apparentemente stravaganti. Eppure tutti hanno provato nella vita esperienze di “vertigine” provocata a scopo ludico (dal luna park alla sbornia con gli amici) o hanno avvertito “un suono estraneo” nell’orecchio (un bacio dato per scherzo nell’orecchio o il residuo di una serata in discoteca) e dovrebbero essere quindi in grado di descriverli con maggiore precisione. Se non vi riescono è probabilmente perché, davanti ad un evento non voluto e non controllabile, scattano meccanismi di paura che sfuggono alla ragione e velano di dubbi e imprecisoni la descrizione. Ho sempre pensato che in parte ciò fosse dovuto al fatto che il labirinto ha il difetto di essere “invisibile” e che sintomi “non misurabili “ come gli acufeni e le vertigini lasciano libera la fantasia del paziente di vagare tra mille ipotesi prima di sfociare quasi sempre nel terrore di “qualcosa che cresce” nella testa. La lucida, dotta e affascinante relazione di Carlo Lapucci e della moglie Anna Maria Antoni, che uniscono allo studio delle tradizioni popolari la conoscenza dei meccanismi neurobiologici, ci fornisce altri elementi di interpretazione di questi fenomeni, facendoci viaggiare nel tempo tra storia della Medicina e credenze popolari, alla scoperta di come acufeni e vertigini siano stati interpretati dalle diverse culture. È un viaggio che non potrà che fornire motivi di riflessione e spunti di studio per ogni otoneurologo e si svolgerà in più tappe sulla nostra rivista.
Giorgio Guidetti
Parte Prima Aries habet prima domus. Habet caput, faciem, oculos, aures et morbos qui in capite generantur, ac praeest cholerae. [L’Ariete tiene la prima casa. Ha influenza sulla testa, sul viso, sugli occhi, sugli orecchi e sulle malattie che affliggono il capo, nonché presiede alla collera]. 14
Questo principio generale della medicina medievale sintetizza molto bene la visione che ebbero gli antichi del sistema di organi che si trovano nel capo (Fig. 1). L’Ariete è l’animale che colpisce con la testa (testa d’ariete si chiama la macchina con la quale si abbattevano le porte delle città assediate), ma non è questa la ragione per la quale la figura ha questa prerogativa. La ragione va cercata nel simbolismo astro-
Fig. 1 – I pianeti che governano gli organi della testa umana, nella visione degli antichi. Si notano i segni di Saturno e di Giove, rispettivamente all’orecchio sinistro e destro.
logico e nell’esoterismo (Fig. 2). Molti popoli antichi facevano derivare gli impulsi passionali dalla testa piuttosto che dal cuore, e posero a governare l’istinto primario, l’impulso primigenio alla vita, lo spirito d’un animale ardente, istintivo, maschio, potente interprete della forza generativa. L’Ariete non viene posto solo a presiedere la parte fondamentale della persona, ma anche a dare inizio e impulso al ciclo annuale: entrando il 21 di marzo segna l’inizio della primavera e il risveglio della natura per il nuovo ciclo stagionale. L’impulso vitale dell’Ariete tuttavia è ostinato, testardo, cieco, che può creare e può distruggere, come in un salto nel quale si perde l’ancoraggio dei piedi con la terra. Ed è appunto come il culmine della parabola d’un salto che viene rappresentato dagli antichi l’equinozio di primavera: l’aumento della luce nel dì giunge alla metà del suo tratto che va dal solstizio d’inverno a quello d’estate. Lanciandosi nel vuoto, l’Ariete riassume in sé anche la vertigine, lo smarrimento, la perdita del controllo collegato allo sforzo e allo slancio vitale, al possibile traboccare dell’emozione, con
lo scacco dell’equilibrio e della parte razionale della mente. In questo senso l’Ariete presiede anche i disturbi che si avvertono nella testa, con la cecità, il caos, le vertigini che ne derivano. Nella visione del corpo umano come elemento collegato al macrocosmo, le singole parti corrispondono e sono influenzate da costellazioni, pianeti, dalle stagioni legate ciascuna a uno dei quattro elementi principali da cui trarrebbe origine la vita; quindi specificamente dal sole e dalla luna. Come scrive Andrea Sinno (1): “La corrispondenza delle Costellazioni alle parti del nostro corpo fu una concezione di Tolomeo, il più celebre degli astronomi dell’antichità. Egli attribuì ad ogni costellazione un influsso notevole sugli organi ad essa somiglianti e, dal Medio Evo fino a tutto il 1700, questa sua concezione astronomica ebbe vasta risonanza. Anche la Scuola [salernitana] affermò e diffuse autorevolmente questi concetti dell’astronomo greco. Ecco il quadro esplicativo riportato dagli antichi astrologi e medici delle costellazioni e degli organi su cui si esercitava la loro influenza…” (Fig. 3).
Fig. 2 – Immagine allegorica che rappresenta un astrologo con le varie costellazioni che presiedono alle parti del corpo. 15
Fig. 3 – Le parti del corpo umano governate dalle varie costellazioni, dal Martyrologium der Heiligen, stampato a Salisburgo nel 1484.
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Ariete, la testa e vari organi relativi Toro, il collo e la colonna vertebrale Gemelli, le spalle e le braccia Cancro, il petto e il cuore Leone, lo stomaco Vergine, il ventre Bilancia, le reni e le natiche Scorpione, l’apparato riproduttivo Segittario, i muscoli Capricorno, le ginocchia Acquario, le gambe Pesci, i piedi
Come si può notare, la costruzione delle influenze non è casuale: segue precisamente la successione celeste delle costellazioni zodiacali e scende lungo il corpo con una linea che passa dal massimo calore della vita (l’Ariete è il primo segno di fuoco) al freddo della materia (i Pesci sono l’ultimo segno d’acqua). Questo schema, anche se non appare chiaramente, è sempre sotteso all’interpretazione, spesso di 16
tipo magico, che gli antichi davano delle malattie e di cui rimangono tracce evidenti nella medicina popolare ancora non del tutto scomparsa (Fig. 4). Prendendo in esame il nostro argomento, uscendo dalle categorie della medicina dei nostri giorni e inoltrandosi nella medicina popolare, si nota come non sia facile operare distinzioni nette riguardo certi fenomeni dei quali era ignorata sostanzialmente la causa, per cui i vari disturbi dell’equilibrio, e gli altri collegati all’udito, vengono trattati spesso in maniera episodica o vaga. Ciò non toglie che si trovino osservazioni acute e intuizioni anticipatrici di qualche successiva scoperta. La stessa cosa può dirsi per quanto riguarda la medicina antica. La connessione con quella popolare è tale che non si può trattare l’una senza considerare l’altra. I rapporti tra le due forme di terapia è stato, in un tempo lunghissimo, assai stretto e la medicina popolare spesso è materia degli antichi conservata nel mondo popolare come rimedio semplice, immediato e di poca spesa. Nei testi più antichi di solito certi disturbi di perdita della coscienza, dell’integrità psichica e della stabilità della posizione eretta vengono imputati a forme di avvelenamento o di malocchio, e vengono curate nel primo caso con rimedi specifici e nel secondo con scongiuri e amuleti. Nei casi più comuni è l’ubriachezza che porta l’uomo a una visione distorta della realtà e alla perdita dell’equilibrio. Non avendo di fronte una ferita o una manifestazione ben definita di natura patologica, tali disturbi erano facilmente collegati a forze impalpabili, come messaggi che giungono da altri mondi o altre persone, operazioni magiche come il malocchio e la fascinazione. Esempio che abbiamo ancor oggi nella nostra esperienza quotidiana è il banale, momentaneo fischio nell’orecchio, per cui un proverbio avverte: Orecchia manca persona franca, orecchia dritta persona trista.
Fig. 4 – Uomo-zodiaco che mostra le coincidenze tra le costellazioni e i punti per il salasso. “Piccolo manuale di terapeutica” di R. Abraham, XVI secolo (Parigi, Biblioteca Nazionale).
A ciò si collega anche un semplice procedimento mantico: facendosi dire un numero dalla persona vicina si ritiene che la persona che ci sta pensando in quel momento abbia il nome che inizia con la lettera corrispondente alla posizione data dal quel numero nella successione alfabetica: 1 Anna, 6 Franco, 10 Laura, ecc. Secondo la visione prescientifica, l’uomo che perde il controllo di sé non cade nel caos disordinato della casualità, ma passa nella mano d’un dio o d’un demone: comunque entra in contatto con realtà diverse e superiori a quella strettamente umana: il mal caduco era considerato malattia sacra, il pazzo era invaso da una forza divina e spesso profetica, il sogno era un messaggio proveniente dalla dimensione divina, le parole del delirante contenevano messaggi segreti. La follia, ben inteso, è cosa ben diversa dalla stupidità,
dalla stoltezza, dalla presuntuosa auto promozione non fondata su reali capacità, situazione che è manifestazione soltanto di una personalità ridicola e senza struttura mentale. Le stesse visioni delle antiche sibille erano dovute a una forma di trance nella quale entravano mediante stimoli diversi. Ancor oggi dalle esternazioni di chi è preso da improvvisa farneticazione si traggono i numeri del lotto. Certe terapie tra il magico e l’empirico ricercano proprio questa perdita di equilibrio, ovvero l’approdo a una dimensione soprannaturale mediante la danza sacra, il ballo dei tarantolati, il giro vorticoso della persona sul proprio asse che può portare a una visione mistica come alla guarigione. Lo smarrimento e la perdita della stabilità della persona era un tempo attribuita anche alla malinconia (oggi si direbbe esaurimento nervoso) di solito veniva imputata alla fattura, alla fascinazione, al malocchio che affievoliva le facoltà della persona asciugandone la forza e spegnendo gli spiriti vitali. Vari sono gli aspetti che riguardano i disturbi dell’equilibrio e della percezione uditiva: dal semplice fischio momentaneo agli acufeni, sia passeggeri che permanenti, alle vertigini e ad altre patologie più complesse, che associano i vari fenomeni. La medicina antica e popolare non sembrano porre l’attenzione sulle alterazioni patologiche dell’orecchio interno come la labirintite, mentre insistono su altre cause delle vertigini e dei ronzii, dei quali ci occuperemo più a lungo dettagliatamente.
Disturbi dell’orecchio e dell’equilibrio Per venire all’analisi delle varie manifestazioni è bene prendere in considerazione i singoli fenomeni e fare una breve ricognizione di quanto riferisce la medicina tradizionale sui vari argomenti, servendosi sia dei testi e manuali classici della terapia e della farmacopea antica come della tradizione popolare. 17
Ronzio auricolare Domenico Torre, nel suo repertorio di medicina popolare (2), riferisce un precetto della Scuola salernitana trasferito nella sapienza proverbiale: Moto, vomito, picchiate, lunga fame, algor, cascate ed ebbrezza: cause vecchie del ronzio son delle orecchie. Questa quartina riassume bene i motivi che l’esperienza comune aveva individuato per il ronzio delle orecchie. Secondo questo testo le cause sarebbero il moto, la fatica; la cattiva digestione con le sue conseguenze; i colpi, i traumi e le percosse alla testa; la fame prolungata; il freddo eccessivo; le cadute rovinose; l’ubriachezza. Il detto latino (3) della Scuola salernitana propriamente dice: Causae tinnitus Virtus defecta, vapor ulcerans, sensus acutus, Motus, longa fames, capitis percussio, casus, Ebrietas, frugus, tunnitum causat in aure. [Cause del ronzio delle orecchie Il diminuito vigore, gli ulceranti vapori, l’acuta sensibilità,il moto, la fame prolungata, le percosse al capo, le cadute,l’ubriachezza, il freddo provocano il ronzio nelle orecchie]. Il commentatore moderno del testo citato, Andrea Sinno, spiega il senso di queste osservazioni: “Si riteneva in passato che la causa prima del ronzio nelle orecchie fossero i freddi umori e la collera; contribuivano ad aumentarlo la cattiva digestione e il difetto di funzionalità del fegato, che producevano vapori dannosi al cervello”. Sinno inoltre riferisce il parere del Maestro Plateario i quale sostiene che il ronzio nelle orecchie dipende talvolta da una causa interna, vale a dire da un fumo diffuso da una materia che si trova nella testa. Altre volte proviene invece da una causa esterna, come una malattia di stomaco e del fegato. Se si tratta della causa interna il ronzio è continuo con maggiore 18
o minore intensità, né diminuisce o aumenta a causa delle affezioni del resto del corpo. Se il ronzio dipende da una malattia dello stomaco il fenomeno si presenta intermittente, aumentando dopo il pranzo rispetto a prima dell’assunzione del cibo. Questo tipo di disturbo di solito si attenua con il vomito. Se si avverte il disturbo gravato da dolore nella zona epatica per un’intossicazione di fegato vi vedrà talvolta anche l’orina d’un colore carico. Bisogna precisare che il testo italiano, come quello latino, parlano di moto, intendendo non già il moto fisico, ma le emozioni, la commozione, le passioni e il tumulto dell’animo.Quando si parla di ronzio nelle orecchie (tinnito) si intende per lo più quel disturbo persistente e assai fastidioso che prende anche il nome di acufeni, ed è legato a una malattia dell’orecchio interno. Il termine acufène come disturbo, percezione sonora di un ronzio dentro gli orecchi è termine recente: lo registra in un repertorio il Migliorini 1963 (4). La parola è formata dal verbo greco akoúein (ascoltare) e pháinesthai (manifestarsi), per indicare una manifestazione uditiva, ma non sonora, perché c’è la percezione, ma non il suono (5). Tinnitus aurium è in medicina il nome scientifico latino degli acufeni, di origine labirintica, che si manifestano come “ronzii, scrosci di pioggia, fischi di locomotive, o note musicali a timbro alto”. Il fenomeno perdura mesi, perfino anni, raggiungendo un’acutezza quasi intollerabile. Da tale disturbo, se si verifica una persistenza prolungata di alcuni mesi, non si può guarire; tutt’al più è possibile trovare modo di convivere con qualche accorgimento, come ascoltare musica, ove questa non disturbi ulteriormente. Anche gli antichi ricorrevano a rimedi empirici. Chi pratica la cipolla non va dal dottore. La cipolla, come l’aglio, è una vera fonte di salute. Diamo qui alcuni impieghi della cipolla nel passato per mostrare come i proverbi parlino con cognizione di causa.
La cipolla cotta nella cenere cura ulcere; il succo le cicatrici degli occhi, i morsi dei serpenti, le ferite in generale, il mal di orecchi, i ronzii e disturbi d’udito, il mal di denti, le piaghe provocate da qualunque animale, in particolar modo dagli scorpioni.
Fischio delle orecchie Diversa cosa è il cosiddetto fischio all’orecchio. Si tratta di un fenomeno improvviso e di breve durata, e in quanto tale non preoccupante. Se fosse invece frequente o persistente potrebbe essere spia di gravi alterazioni, quali l’ipertensione e l’apoplessia. Comunemente è stato considerato un fenomeno curioso, di valore magico o telepatico, al quale si sono unite varie e divertenti superstizioni, tutte comincianti con la frase: - Mi fischia un orecchio, dimmi un numero. La superstizione, come abbiano già accennato riguardo al proverbio relativo al fischio delle orecchie, si fonda sulla credenza che sia provocato da qualcuno che di lontano pensa all’interessato o, meglio ancora, lo rammenta. Ancora oggi difficilmente uno potrà dire: - Mi fischia un orecchio, senza sentirsi rispondere: - qualcuno ti pensa o ti rammenta. Anche questa spiegazione s’inquadra in una visione magica e arcaica delle cose. Qui ci serve proprio quello schema astrologico che abbiamo delineato all’inizio di questo lavoro. Il mondo, nella concezione che arriva fino agli ultimi secoli del Medio Evo, non è una machina, come lo vedrà Cartesio, ma un organismo vivo. Come tale le sue parti sono in stretta corrispondenza le une con le altre, più strettamente connesse quelle simili, meno comunicanti quelle eterogenee. La telepatia è figlia di questa concezione: persone legate dallo stesso sangue, da un vincolo familiare, da una amicizia o anche da semplice conoscenza, sono in stretta comunicazione e il fischio nelle orecchie non sarebbe che il campanello di questo
misterioso sistema telefonico, che ancora la scienza non ha spiegato, ma che presenta documentazioni sconcertanti. A livello popolare si è ridotto questo fenomeno a un congegno semplicissimo che ha dato luogo a un altro gioco che si chiama “Dimmi un numero”. Quando un orecchio si mette a fischiare si chiede a una persona vicina: - Dimmi un numero La persona risponderà un numero a caso da 1 a 21. Contando nell’alfabeto la lettera che corrisponde al numero: a:1; b:2; c:3, ecc., si ha l’iniziale del nome della persona che in quel momento sta pensando a noi. Secondo la Scuola salernitana anche l’abbondanza della malinconia provoca, tra gli altri disturbi, il fischio all’orecchio: Laevaque praecipue tinnit vel sibilat auris. [È soprattutto l’orecchia sinistra che dà tinnito, oppure fischia]. La causa più comune del fischio nell’orecchio è il tappo di cerume auricolare. Si tratta di una secrezione giallastra nel condotto uditivo esterno che col tempo si addensa formando un’ostruzione che impedisce alla membrana del timpano di ricevere le onde sonore nella giusta intensità, causando così prima il disturbo del fischio e quindi una forma di sordità temporanea. Un tempo si credeva che fosse la secrezione di un lungo verme formatosi nelle orecchie. Scrive Frate Francesco Dal Bosco (6) (1664): “Oltre questi morbi alle volte si generano nell’orecchie certi vermicelli, e massime nelle teste molto humide, quali apportano non poco travaglio; per superarli: Recipe succo di ruta capraria, di absintio, di marrubio an. onz. iii. di noci fresche onz. iii. Oglio di mandorle amare, aloè epatico an. Onz. ii. Porgati li succhi, polverizzato l’aloè si mescolano a guisa di siroppo, da porre nell’orecchia, col quale rimedio non solo moriranno li vermi, ma serviranno anche a prohibir che non se ne generino 19
di novo. Overo recipe semi di hiosciamo, cera bianca an. onz. ii. Si pestino li semi, e si facci massa da porre sopra li carboni accesi per suffumigar l’orecchia. Parimente gioverà il fumo di tutte le herbe amare fatte bollir con aceto”. Anche la Scuola salernitana (7) nella parte relativa alla virtù dei semplici così recita: Salix: Auribus infusus vermes succus necat eius… [Salice: Il suo succo introdotto nelle orecchie uccide i vermi…]. Più comunemente per estrarre il tappo, come descrive ampiamente il Torre (8) si usava il cono di carta cerata. Si tratta di un foglio di carta paglia spalmato accuratamente da un lato di cera usando il ferro da stiro. Avvolta la carta a cono con la cera all’interno si introduce nell’orecchio otturato la punta aperta, facendo tenere al paziente l’orecchio volto verso l’alto. Dato fuoco alla parte superiore del cono si lascia che il foglio bruci fino a circa sette centimetri dall’orecchio. In questo si crea una depressione interna che fa
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salire il tappo di cerume nel cartoccio rimasto. Tolto questo l’orecchio rimane libero. Attualmente questo sistema è stato ripreso da alcune ditte farmaceutiche, adattato ai tempi e gli strumenti per praticarlo sono in vendita nelle farmacie e nelle erboristerie.
Riferimenti bibliografici 1. Sinno A [traduzione e note a cura di]. Regimen sanitatis – Flos medicinae Scholae Salerni. Mursia Editore, Milano 1987, pag. 298. 2. Torre D. Medicina popolare e civiltà contadina – Ricettario. Formule magiche, Soprannaturale, Credenze popolari, Gangemi Editore, Tivoli 1994, pag. 226. 3. Regimen sanitatis, cit, cap. III, art. 12. 4. Migliorini V. Parole nuove. Appendice di dodicimila voci al “Dizionario Moderno” del Panzini, Hoepli Editore, Milano 1963. 5. Cortelazzo M, Zolli P. Dizionario etimologico della lingua, Zanichelli Editore, Bologna 1979. 6. Dal Bosco F di Valdebiadene, detto il Castagnaro. La prattica dell’infermiero, Verona 1664. 7. Regimen sanitatis, cit, pag. 195. 8. Torre D. Medicina popolare, cit., pag. 253.