VALADOS USITANOS N.108 Semestrale di cultura, politica, economia, edito dal Centro Studi e Iniziative "Valados Usitanos"
COMITATO DI REDAZIONE Giuliana Armand Piero Barale Ivo Beolè Silvana Cortona Marziano Di Maio Massimo Garavelli Gianpaolo Giordana Fausto Giuliano
Hanno collaborato alla redazione di questo numero: Ivo Beolè, Marziano Di Maio, Teresa Durbano, Gianpaolo Giordana, Fausto Giuliano Mario Fantino Grièt, Maria Rosso
Copertina di Tom Cossolo
In copertina. Moschieres (Dronero). Chiesa parrocchiale di Santa Margherita
Stampato da: Tipografia Baima & Ronchetti, Castellamonte, Torino Pubblicazione ammessa al parziale finanziamento della Regione Piemonte ai sensi della L.R.26/90 e successive modificazioni e integrazioni
SOMMARIO - Editoriale.......................................................................................p. 2 - RICORDANDO COUSTAN REY…......................................................p. 3 - MUSC•RE/MOSCHIERES APPUNTI PER UNA RICERCA
di Gianpaolo Giordana.….............................................................p. 4 - DIALETTOLOGIA OCCITANA 4 IL GASCON (1A PARTE) di Ivo Beol•………..…………….....……........................................p. 31 - FRISE ALTRI MOMENTI DI VITA COMUNITARIA di Maria Rosso……......................................................................p. 50 - UCCELLI DELLA CONCA DI BARDONECCHIA… di Marziano Di Maio............……..…………………………….…….p. 66 - …E NOMI DI UCCELLI A ROASCHIA di Mario Fantino GriÄt...................................................................p. 71 - BOVES. MANERE ‘D Dƒ A
MODI DI DIRE POPOLARI – (4 PARTE)
di Fausto Giuliano….....................................................................p. 74
-Direzione: Comitato redazionale -Direttore responsabile: Marina Verna Anno XXXX, 1‚, gennaio - giugno 2016 Autorizzazione del Tribunale di Torino n‚ 3096 del 10/11/81 Redazioni: Torino, Corso XI Febbraio, 27; Paesana, Via Crissolo 9 Indirizzo e-mail: valadosusitanos@libero.it Sito web: https://valadosousitanos.wordpress.com/ Un numero: 8 € ; Abbonamento annuo: 15 €; Numero arretrato: 12 € Estero: 14 € ; Abbonamento estero: 17 €; Arretrato estero: 18 € c.c.p. n† 10430122 intestato a "Valados Usitanos",
Corso XI Febbraio, 27 - 10152 – TORINO
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EDITORIALE “Ni•a si ploura” Dopo Charlie Hebdo, Bataclan, Bruxelles, quello del 14 luglio 2016 a Nizza € il primo attacco terroristico ‘islamico’ a colpire una cittƒ occitana in questi due anni (ma giƒ nel marzo 2012 era stata colpita Tolosa). I blog dei periodici occitanisti francesi ne hanno parlato: la citazione nel titolo proviene dal sito di Aquƒ d’aqu…. Dopo gli attacchi di Berlino e di Istanbul bisognerebbe dire: L’Europo si ploura. Che dire? Si potrebbe essere d’accordo su alcuni punti. 1)Il problema delle periferie (le ‘banlieues’): la generazione dei figli dei nordafricani immigrati nelle grandi cittƒ soffre il problema di una disoccupazione cronica che € il terreno fertile, oltre che della criminalitƒ, anche del terrorismo. C’€ poi il problema dei profughi, che ovviamente non vanno colpevolizzati. 2)Forse la spiegazione pi„ convincente € che L’Islam non † solo una religione, ma anche un modo di pensare: anche se il mondo islamico sembra fare un sapiente uso della tecnologia (televisioni satellitari, internet, il programma nucleare iraniano), l’impressione € che si sia solo a metƒ del guado della modernizzazione. Nelle universitƒ musulmane – con significative eccezioni – si studia per adesso molto Corano e poca scienza, ma non € detto che in futuro la mentalitƒ scientifica non operi quei cambiamenti che si sono osservati nell’Occidente (a partire dal processo a Galileo Galilei quante cose sono cambiate qui da noi). † comunque una situazione in evoluzione, ed € probabile che la cosiddetta ‘primavera araba’ di qualche anno fa non sia stata un fuoco di paglia: il problema della modernizzazione forse sta a cuore ai musulmani pi„ di quanto non pensiamo.
Che ne sar‡ di Valados Usitanos? Anche la gestazione di questo numero 108 € stata laboriosa: sembra ci sia un disinteresse generale – speriamo transitorio – per le cose occitane. Tanti defezionano, lasciando ai pochi rimasti incarichi sempre pi„ gravosi, come se Valados Usitanos fosse ormai questione di qualche volonteroso che deve scrivere o molto spesso riscrivere gli articoli, impaginarli, curare i rapporti col tipografo, distribuire la rivista, tenere il conto degli abbonamenti. Questa situazione non pu‡ durare, e quindi il nˆ 109 forse non avrƒ forma cartacea, ma sarƒ scaricabile dal web. Per informazioni, consultare il nuovo sito : https://valadosousitanos.wordpress.com/ o scrivere al solito indirizzo email ( valadosusitanos@libero.it). L’intenzione € comunque di trasferire i numeri futuri della rivista interamente su web ma nel solito formato, in modo che chi vuole se la possa stampare.
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RICORDANDO
COUSTAN REY
L’or de Brindouira
Su un vecchio numero di Valados Usitanos, il n. 13 del 1982, compariva un contributo di Coustan Rey, allora non ancora ventenne: Coustan aveva raccolto a Crissolo da fonti orali una di quelle leggende molto diffuse (da noi ma anche sul versante francese) su presunti tesori nascosti nelle viscere della montagna: L'or de Brindouira. Oggi quella leggenda € pubblicata su un sito web, certo con l'assenso dell'autore (ma per la pubblicazione su quel sito di molti contributi di altri autori, giƒ comparsi su V.U., non ci risulta sia stato chiesto il permesso a noi o agli autori). Ci sono anche, sul sito, altre cose di Coustan, che in questi anni in cui ci siamo persi di vista lui ha scritto: una dozzina fra racconti e poesie (chissƒ poi se c'€ altro materiale inedito: saremmo felici di poterlo pubblicare) . Da quel che si pu‡ leggere, ci sembra si possa affermare che Coustan Rey € uno dei maggiori poeti dell'Occitania cisalpina, se per poeta si intende non il consumato letterato ma chi sa comunicare emozioni autentiche. Arte difficile e misteriosa, la poesia. Dono forse, spesso concesso a chi quell’altra arte (o mestiere) non riesce a impararla: quella di vivere. Eppure solo la poesia dei veri poeti ci parla, ci consola: questo vale anche per la poesia di Coustan.
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Gianpaolo Giordana
Musc€re/Moschieres Appunti per una ricerca
Abitato di Moschieres. Dava il nome alla Frazione
Le pagine seguenti non hanno la pretesa di essere un lavoro organico ed esaustivo: esse rappresentano piuttosto un insieme di elementi conoscitivi, considerazioni, informazioni, curiosit€ e ricordi sulla frazione pi• montana del comune di Dronero, la cui situazione negli ultimi decenni ‚ diventata di anno in anno sempre pi• compromessa dal punto di vista demografico, sociale ed economico. Questi appunti non son tutta farina del mio sacco, poichƒ se ‚ vero che ho potuto trarre da ricordi vividi della mia adolescenza (1) tante immagini e conoscenze risalenti a escursioni nel cosiddetto Vallone 4
della Margherita e alle scoperte che ogni volta le accompagnavano, ‚ altrettanto vero che ho la possibilit€ di attingere a piene mani ad un lavoro incompleto e tuttora inedito, che se non rammento male dovrebbe risalire alla prima met€ degli anni ’80. Promosso e in gran parte realizzato da Antonio Bianco (originario di S€les/Celle Macra), questo lavoro aveva preso avvio e si era sviluppato in occasione di due Fiere degli acciugai (2) ma non giunse mai alla fine malgrado il grande impegno del suo promotore (3). Scopo dichiarato dell’iniziativa di Bianco era ‘fotografare’ la situazione demografica e socio-economica dei paesi di provenienza degli acciugai della Valle Maira cos† come era nell’immediato secondo dopoguerra, quando lo spopolamento ed il progressivo abbandono non avevano ancora prodotto i danni irreversibili oggi evidenti e certe conquiste “minime” del progresso (la luce e l’acqua corrente nelle case, gli impianti igenico-sanitari ed una rete stradale decente), che altrove eran quasi ovunque realizzate o in divenire, stentavano ancora molto a farsi strada.Un lavoro di ricerca dunque e una indagine volta a disegnare, da diversi punti di vista la memoria di un passato neppure troppo remoto, ma anche un modo per cercar di confrontare quel passato con un presente drammaticamente mutato.
La Frazione Moschieres di Dronero (a nosto modo: Mus-c€re) nel secondo dopoguerra ha subito suo malgrado una profonda trasformazione demografica che non ha tardato a corrodere anche la 5
toponomastica originale. L’oblio ha iniziato ad avvolgere abbastanza rapidamente alcuni toponimi, che nel giro di pochi anni hanno mutato nome, sostituiti da altri nel piemontese pedemontano di Dronero. • il caso di uno dei principali villaggi del Vallone, quello che era anche sede parrocchiale, che da la Frid•o (o Fre•dio) s’‚ trasformato in La Margherita, Santa Margherita, Santa Margherita di Dronero o Localitƒ Santa Margherita. Cos„, prevalentemente nella forma “La Margherita” lo conoscono infatti i cittadini droneresi di ogni etƒ; cos„, per sedici dei venti mesi della Resistenza e della guerra partigiana, la conobbero i combattenti di Giustizia e Libertƒ che nelle sue borgate vissero molti di quei mesi, vi ebbero le loro basi, vi trovarono rifugio, amicizia, ospitalitƒ e calore e che nel vallone (o ai margini di esso) combatterono in pi‡ occasioni la guerriglia contro i tedeschi ed i fascisti. Oggi quelle vicende lontane e in prevalenza dimenticate, che fan parte di uno degli eventi fondanti della nostra Repubblica e della Costituzione di questo paese, sono ricordate lass‡ da cippi e da lapidi scolpite nella pietra e da un bel rifugio alpino inaugurato il 27 giugno 1970 e intitolato al Comandante della IIˆ Divisione GL Benedetto Delmastro “Detto”. Ultimo ma non ultimo, a ricordare quelle vicende vi sono anche alcune sepolture in quella che ‚ conosciuta come “la tomba dei partigiani”, sita al centro del piccolo cimitero d’la Fre•dio. Il medesimo processo d trasformazione ha coinvolto la maggioranza delle borgate e quindi dei toponimi, come nel caso d’la Rƒ„ diventata Ruƒ dal Prƒ (in italiano Roata Prato), di ko d’Is…rt, I Ass‰rt (in italiano Assarti), e via discorrendo.
Il vallone di Moschieres si colloca ad ovest dei Tetti di Dronero. Š attraversato in verticale dai valloni Ghio e Diano (da una cartina del 1987 di Michelangelo Bruno)
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Vallone Diano. All’estremitƒ est, la localitƒ S•me/Cime di cui si parla nell’articolo. (Da una carta geologica del Comune di Dronero dell’ottobre 2009).
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Vallone Ghio. All’estremitƒ ovest, l’abitato di Moschieres.
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La frazione era ed ‚ suddivisa in 23 borgate che oggi, ad eccezione di due o tre, son totalmente disabitate e alcune sono attualmente ridotte ad un cumulo di rovine. Nel tempo andato la situazione era profondamente differente: ancor pochi decenni fa le case (tranne quelle crollate a causa di eventi bellici) erano prevalentemente in piedi, poich‹ continuavano a fruire di un minimo di utilizzo temporaneo e di conseguenza di un po’ di manutenzione. Rispetto all’antropizzazione l’indagine di Tonino Bianco ci dice ad esempio che se la situazione demografica degli anni 1945-46 non corrispondeva pi‡ a quella del periodo di massimo popolamento (ultimi decenni del 1800), essa non era tuttavia nemmeno lontanamente paragonabile a quella, assolutamente disastrosa, che sarebbe venuta determinandosi di li a pochi anni. L’ultima guerra aveva certamente causato dei vuoti evidenti e si era lasciata alle spalle drammatiche rovine, ma negli anni iniziali del conflitto era riuscita a riportar a casa non poche famiglie native del vallone, in fuga dalle cittƒ bombardate e dai tanti pericoli correlati agli eventi bellici. Nei 23 villaggi della frazione (5), tutti indicati nella cartina, nel ‘45 vivevano centoquattro famiglie: un numero giƒ ridotto ma ancora rilevante.
Particolare della Borgata Mestre (da un disegno di Pier Paolo Pastore) 9
Le tre Scuole Elementari situate nelle borgate la Rƒ„/Roata Prato, lu Sar†t/Saretto(*) e la Frid‡o / Santa Margherita, erano frequentate complessivamente da 161 alunni, rispettivamente 39, 60 e 62. Š significativo sottolineare come il maggior numero di quegli alunni frequentasse le scuole situate alle quote altimetriche pi‡ elevate, una delle quali, quella d’la Fr•dio, non era sempre di facilissimo accesso. In proposito ricordo quanto mi era stato raccontato da un amico, Chiaffredo Rovera (Fr€du l’anciu-i€r) (7), nato e cresciuto ‘n ko di Ghiw/Borgata Ghio: in inverno, bambini in etƒ scolare, tempo permettendo lui e la sorella partivano ogni mattina sulle orme del padre che saliva lungo il sentiero scalinando sulla neve con gli scarponi allo scopo di aprir un passaggio che consentisse loro di raggiungere la scuoletta della Fr•dio. Oltre alle scuole, nel Vallone v’erano 2 negozietti, commestibili con rivendita di sale e tabacchi nelle borgate la Rƒ„ e la Frid‡o e due osterie, che coincidevano con il negozio, nelle stesse borgate. Una terza osteria-commestibili-tabaccheria, quella del Sar†t era stata distrutta nell’incendio appiccato per rappresaglia dai nazisti nell’estate del 1944. In luogo della scuola del Sar€t, distrutta durante la suddetta rappresaglia, funzion• temporaneamente la scuola sostitutiva nella borgata Allioni/k‰ d’Al•un (o k‰ d’Ar•un). Autunno 1944. Alla Margherita (La Frid•o), sede del Comando di GL.
In piedi da sinistra: Aurelio Verra "Aurelio", Alberto Cipellini "Cip", Margherita Rovera (Tin l'Oste) Seduti da sinistra: Mario Pellegrino "Grio" e Culin (marito di Tin)
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V’erano mulini funzionanti in Borgata lu Mƒlin/Mulino, poco a monte della Rƒ„ e di B‡al dal Mƒl‡n/Bedale, in prossimitƒ del bivio per lu kumbal dal Di…n (vallone laterale che adduce alle borgate ko dar BŠsk/Bosco e kumbal dar Di…n/Diano, per poi piegare a sinistra verso le borgate l’ Arm‡ta/ Eremita e Fug•rus/Case Garnerone o proseguire verso la biforcazione che porta invece a l’All„rd e, pi‡ a destra, verso lu M‹stre/Mestre. Altre “macchine ad acqua” erano probabilmente esistite anche in un altro vallone che piegando a sinistra poco dopo lu B‡al dal Mƒl‡n, porta alla S‹l†to/Selletta, ai BatŠu (toponimo che suggerisce la presenza di una pesta per canapa e altro) e infine ai S•me/Cime. La rete stradale ‚ costituita soltanto da mulattiere e sentieri e la carrozzabile non asfaltata, che arrivava soltanto a la Rƒ„, non sarebbe salita alla Frid‡o che fra il 1953 e il 1961, ad esodo pressoch‹ terminato della popolazione della frazione. Inesistenti altri servizi pubblici. Bench‹ la distanza tra le diverse borgate e le Centrali idroelettriche di Dronero e di San Damiano Macra non fosse che di pochissimi chilometri, l’energia elettrica arriverƒ soltanto nel 1946, limitatamente alle case di sole 8 (otto!!) borgate (in 3 di queste solo grazie a turbine autonome!). L’acquedotto che porterƒ l’acqua corrente nelle abitazioni verrƒ realizzato sommariamente (sempre limitatamente alle 8 fortunate borgate) soltanto alla fine degli ‘50. Per poter disporre di un posto telefonico pubblico a la Rƒ„, l’unico in tutto il vallone in un’epoca in cui i telefoni cellulari non esistevano ancora, occorrerƒ attendere fino al 1977! Rispetto alla media di una valle che, a dispetto di un remoto passato intessuto di massicce presenze riformate e dunque di eresia, mostrava un’apparenza di diffusa religiositƒ nel solco della ortodossia cattolica ed era costellata di chiese e santuari e punteggiata da una miriade di cappelle (molte assai antiche e di eccellente fattura, spesso impreziosite da pregevoli affreschi medioevali e tardo medievali), non pare essere molto estesa nel Vallone neppure la rete della fede e dei conforti religiosi. C’‚ la chiesa parrocchiale di santa Margherita alla Frid‡o, c’‚ la cappella di santa Maria Assunta alla Rƒ„ e vi sono altre due cappelle, quella di 11
san Bernardo ‘n ko d’AliŒn/Borgata Allioni e quella della Madonna della neve ‘n ko di Ghiw/Borgata Ghio. Inoltre, ecco due o tre manciate di (7), segni sparsi e visibili lungo i sentieri e su alcune case, di religiositƒ e di credulitƒ popolare; infine due piccoli cimiteri, anch’essi alla Rƒ„ ed alla Frid‡o. Tutto qui. I sacerdoti in servizio nel Vallone del dopoguerra erano soltanto due: il parroco don Rinaudo su alla Fr•dio e don Allemandi alla RŽƒ e ci• bench‹ siano ancora lontani gli anni in cui la Chiesa avrebbe iniziato prudentemente a parlare di crisi delle vocazioni.
Lu K‚cƒt: casa con doppia facciata a vela (Archivio L. Massimo) Poco meno di cinquant’anni prima, a fine ‘800, i nuclei famigliari residenti erano 198, per un totale di 931 abitanti, ma ‚ possibile che questi avessero superato il migliaio nel Censimento della popolazione del 1881, anno in cui venne generalmente rilevato in valle il pi‡ alto numero di abitanti: era il frutto dell’incremento demografico successivo agli anni di pace seguiti alla fine delle guerre risorgimentali ed alla quasi raggiunta unitƒ d’Italia. In quegli anni di pace, i primi dopo tanto guerreggiare, giravano le ruote di almeno altri due mulini (con frantoi e peste per canapa e lana), ma eran anche attivi diversi telai e almeno due fucine di fabbri e maniscalchi oltre ad alcune botteghe di carradori, di sebri€r (bottai) e di sarti/e. 12
Una attivitƒ piuttosto insolita Il fatto che dei montanari potessero campare ed arricchirsi emigrando per andare a commerciare pesce di mare conservato rappresenta una smentita secca per tutti quegli storici (e giornalisti) superficiali che continuano a sproloquiare sulla emigrazione montana dettata dalla povertƒ e dal bisogno. Non dico che siano tutte balle: in molti casi ed in particolari situazioni climatico-ambientali sarƒ sicuramente stato cos„, ma le nuove tendenze nella ricerca, pi‡ articolate e interdisciplinari, ci stanno aiutando da anni a capire come l’emigrazione sia spesso stata una risorsa, capace di alleggerire per 6-7 mesi l’anno il peso che le bocche di uomini e ragazzi migranti avrebbero esercitato sulle riserve alimentari accumulate dalle famiglie per i lunghi inverni. Senza contare poi altre risorse correlate alla emigrazione: la acquisizione di nuove conoscenze e di nuovi saperi, l’arricchimento delle competenze linguistico-dialettali, il risparmio di somme di denaro, accantonate e portate a casa per destinarle all’acquisto d’una mucca, di un mulo o di un altro piccolo appezzamento di terreno. La visione oleografica, forse romantica, di una montagna povera, affamata, rassegnata ed ignorante, sovente tramandata in modo autolesionistico, va impietosamente a cozzare contro una diversa realtƒ diffusa quasi uniformemente lungo tutto l’arco alpino (ma non sbaglieremmo di molto se dicessimo lungo ogni catena montuosa antropizzata). Per restare alle valli occitane del Piemonte, basterebbe fermare lo sguardo sul passato prossimo per visualizzare la presenza abbastanza diffusa di piccole scuolette, situate spesso anche nei valloni pi‡ sperduti (e non parlo solo della particolare realtƒ delle Valli Valdesi). Anche altrove, anche da noi, dove pi‡ dove meno, le comunitƒ avevan cura e si preoccupavano dell’istruzione e della conoscenza, veri e propri strumenti di autodifesa e di autoaffermazione. Chi pi‡ chi meno, molte delle persone che hanno frequentato archivi di comuni e di parrocchie in un ambito montano dovrebbero convenire su di un punto: la bassissima percentuale di croci poste a mo’ di firma su atti pubblici e privati o sui verbali dei Consigli comunali. Resta esemplare fra tutti il caso di un piccolissimo comune dell’Alta valle occitana della Dora Riparia dove i particolari delle due borgate superiori di Suram•a/Solomiac (oggi ‚ frazione disabitata di Cesana Torinese), l’Outanha/l’Autagne e Kurumbi€ro/Colombi‚re, (nel 13
1646!!!) erano in lite con il capoluogo per aver pi‡ comoda disponibilitƒ di un maestro (e ne proponevano una intelligente rotazione), mentre poco pi‡ di un secolo dopo altri piccolissimi comuni della valle (oggi in genere ben poco abitati) erano noti anche oltralpe poich‹ esportavano alfabetizzatori, capaci di insegnare in certi villaggi del brianzonese o in pi‡ lontani comuni della Dr•me (ben oltre il Rodano) a leggere, scrivere e a far di conto. Ma torniamo a quella attivitƒ insolita: se ‚ vero che, per chi ne senta parlare per la prima volta, pu• apparire curioso il fatto che il commercio del pesce conservato in buona parte dell’Italia settenarionale (e non solo) fosse in mano a qualche decina di famiglie di alpigiani provenienti da 4 o 5 paesi della Valle Maira, ‚ altrettanto vero che tutti coloro che quel mestiere praticavano, padroni, padroncini, coadiuvanti e garzoni, dovessero sapere non solo leggere e scrivere ma anche fare di conto per potersi destreggiare tra i cambi (ufficiali e non), i prezzi dei prodotti, le ordinazioni, i conti, le operazioni bancarie e quant’altro. Ed ‚ proprio grazie a questi e ad altri ambulanti (basti pensare ai cavi€ d’Elva, agli ombrellai della Val Vigezzo o di Casteldelfino, agli arrotini della Varaita o della Val Soana, ai burna e ai rƒga (rispettivamente spazzacamini e stagnini) delle valli Orco e Soana ed ai loro saperi, che son stati faticosamente spazzati via stereotipi falsi ed offensivi come quello dei cretini delle Alpi (per intenderci, quelli con il gozzo od altre tare!), a lungo propinati da viaggiatori, studiosi e giornalisti d’accatto poich‹ facevan tanto colore locale. Ma torniamo a noi: per la cronaca e per la storia mancano elementi certi e inconfutabili che consentano di stabilire periodo e cause dell’inizio dell’attivitƒ degli acciugai. Per quanto non sia possibile escludere in futuro indizi pi‡ precisi, a tutt’oggi le ricerche effettuate non hanno fornito uno straccio di prova: nulla, nessun documento, nessuna concessione di licenze di commercio ambulante da cui partire… Solo ipotesi, voci colte qua e lƒ da studiosi (non si sa quanto affidabili e quanto fantasiosi) o vecchie storie, ben sedimentate nella tradizione del mestiere, ma anche lontane da qualsiasi fondamento documentabile. Insomma, lungo il terreno delle prove non ci si discosta troppo dalle storie che ci narrano (forse abbastanza credibilmente) di periodi in cui gli alti costi doganali del sale avevan suggerito ai mercanti valmairesi di celarlo in barili, ben nascosto sotto uno spesso strato di acciughe salate. 14
La serietƒ di una ricerca vorrebbe che, su questo scivoloso terreno dei “si dice ma non si pu• provare”, ci si arrestasse qui.
Acciugai a Saluzzo, Porta S.Maria
Tuttavia, malgrado le origini del mestiere rimangano sostanzialmente poco definite e l’attivitƒ degli acciugai cos„ com’‹ venuta strutturandosi, sia quasi certamente pi‡ recente di quanto da molti sostenuto, resta il fatto che sullo sviluppo del commercio delle acciughe e sull’area di diffusione del medesimo, sulla inevitabile sua evoluzione e sui suoi tanti personaggi di rilievo, manchi tuttora una indagine conoscitiva accurata e veritiera. Ma torniamo alla Val Maira ed al Vallone di Moschieres. Le famiglie di acciugai di Moschieres operavano principalmente in Piemonte: la memoria collettiva (dove certi ricordi sono ben sedimentati) e i documenti tramandano nomi di luogo come Torino, Canale d’Alba, Alba, Acqui, Asti, Biella, Vercelli, Ivrea, Castellamonte, Mathi, Nole Canavese e tanti altri ancora. Chi scrive ricorda come, fino a non moltissimi anni fa, sui mercati della Val Chisone e Germanasca 15
fosse attivo un banco di acciughe e pesce conservato appartenente a una famiglia di cognome Pomero. Di certo v’era chi si spingeva fino ad alcune note localitƒ provenzali; altri arrivavano fino al piacentino ed altri ancora in Liguria. Le relazioni con le cittƒ del mare, Genova e Savona in primo luogo, erano ovviamente strette poich‹ lƒ arrivava il pescato, avvenivano gli acquisti e venivano immagazzinate le acciughe. Gli affari con le cittƒ e cittadine portuali erano cos„ intensi da suggerire la fondazione di una banca, tuttora esistente, la Banca Ghio di Chiavari. In molte cittƒ piemontesi esiston tuttora banchi di vendita del pesce conservato i cui titolati arrivano dal Vallone. E ad Alba ed Asti, per esempio, vi si trova ancora la robusta carta (papier ma‘s) in cui venivano avvolte le acciughe. Carta forte, porosa, oggi piuttosto ricercata da taluni che si dilettano di pittura. Laddove l’attivitƒ non esiste pi‡ ne rimane tuttavia un tenace ricordo. Fino a pochi anni fa al mercato di Porta Palazzo di Torino (uno dei maggiori d’Europa) i proprietari dei banchi d’anciu€ avevan quasi il medesimo cognome, Rovera, ed erano in prevalenza originari d’en ko di Gh•w/Borgata Ghio: stando alle statistiche ufficiali, nel 1945 in borgata ci vivevan ancora 11 famiglie, ma all’inizio del 1900 erano ben 27 quelle che esercitavano l’attivitƒ di anciu•er ed un capofamiglia dell’epoca, Giacomo Rovera (N€t), aveva banchi di mercato e depositi in Alessandria grazie a cui serviva ben 200 acciugai, avendo 56 garzoni alle sue dipendenze. Sembra non fosse un caso isolato! Su una cosa paiono esser tutti d’accordo: nell’assegnare la primogenitura del mestiere agli acciugai di Moschieres: nessuno contesta quest’assunto, neppure in altri paesi della Val Maira dove, come a Celle, Lottulo e Macra, altri valligiani si sono distinti nella medesima attivitƒ e sono riusciti anche a diventare pi‡ “potenti” e benestanti. Un altro ricordo personale, risalente a non troppi anni fa, non fa che confermare l’opinione corrente sulla intraprendenza e la “modernitƒ” degli acciugai di Moschieres. Nelle rare occasioni in cui avevo modo di incontrare la mamma di un caro amico (nativa di Pai€re/ Paglieres) che per molti anni aveva gestito con il marito un banco di acciughe e pesce conservato al mercato rionale torinese di Corso Spezia, la signora si rammentava delle mie origini droneresi e non dimenticava di raccontarmi con una metafora di quanta considerazione godessero nell’ambiente gli acciugai del vallone di Moschieres: diceva infatti che “l’er€n b€n ‘n piŠto ak‹i d’ Musc€re: 16
av•en gi‰ i chaŒsies kuro nuzauti purtav€n ‘n-ka i sŠkes!” (erano proprio in gamba quelli di Moschieres: avevano giƒ le scarpe quando noi usavamo ancora gli zoccoli!). L’organizzazione del lavoro: considerazioni La organizzazione dei mestieri ambulanti dell’ emigrazione, soprattutto di quelli che coinvolgevano direttamente la vita di intere comunitƒ e non solo quella di alcune famiglie, era raramente lasciata al caso. Al contrario, era invece accuratamente programmata e le norme precise (non scritte ma rigorosamente osservate) che la regolavano definivano con precisione minuta itinerari, sedi e spazi operativi. Venivano utilizzate le conoscenze ed i contatti preesistenti ed era preso in considerazione ogni possibile “posto tappa” lungo gli itinerari prefissati. I pi‡ anziani d’attivitƒ, spesso i pi‡ abbienti, gestivano direttamente gli acquisti di pesce conservato, stivati nei grandi depositi liguri e piemontesi (questi ultimi, in genere, posti in localitƒ di pianura appena oltre la catena appenninica). Qui confluivano i pi‡ “piccoli”, sovente i garzoni, che avrebbero poi dovuto occuparsi della vendita al dettaglio. Muniti di carŒss (carretto) confluivano verso i depositi per caricare i barili, i mastelli e le secchie a doghe (barlet?, sibbr‹ e sibrŠt) contenenti il pesce e ripartivano verso destinazioni e mercati, con la scorta di papier ma‘s per i cartocci e l’immancabile eskand…i per pesare la merce. Carretti, barili e in qualche caso anche i basti e “collane” per gli asini o i muli che tiravano i carŒss non erano di importazione, anzi! C’era in Val Maira un indotto in sedicesimo, che riforniva gli ambulanti: i carŒss verniciati d’azzurro (mare?) eran fabbricati ai T€c (T‹it/Frazione Tetti di Dronero) nelle botteghe di provetti artigiani; barili e barilotti (poco a poco sostituiti nel secondo dopoguerra dalle tŠle in lamiera) venivan fabbricati dai rinomati sebr•er (bottai) a L’Arbar€ (Albaretto); i basti, le collane e i finimenti per i pazienti e intelligenti equini “minori”, asini e muli), erano fabbricati a La M…rmu/Marmora).
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Da anni ormai quel mondo ‚ finito e le attivitƒ artigianali correlate al lavoro degli acciugai sono da tempo svanite. Tutto un modo di lavorare (e d’affrontare la fatica, la vita, il mondo) ‚ profondamente cambiato: resta il mestiere del commercio del pesce conservato (cui son venute aggiungendosi le olive ed altre merci) ma sui mercati sta poco a poco cambiando anche la provenienza geografica dei commercianti di acciughe. Basta recarsi al grande mercato torinese di Porta Palazzo, uno dei maggiori d’Italia, per rendersene conto: molti dei venditori italiani sono di origini meridionali (in genere siciliani) ma iniziano ad affacciarsi anche banchi di vendita di acciughe gestiti da commercianti maghrebini. Rimane solo la memoria, ma anche questa va perdendo rapidamente frammenti importanti a dispetto delle lodevoli iniziative dell’AVALMA, e rimangono le fotografie del tempo in cui la montagna, e non soltanto quella di provenienza degli acciugai, era popolata, viva, piena di attivitƒ, percorsa da rumori, pervasa da odori e colori oggi scomparsi e probabilmente rimpianti! Ora ‚ tutto vuoto e silenzio, i soli rumori presenti nei villaggi abbandonati sono quelli dell’acqua e del vento, sono il canto degli uccelli che fan festa cibandosi di quel poco che resta sui tralci delle viti abbandonate da decenni, sono i versi ed i richiami dei selvatici che, insieme a piante e ad arbusti, stanno ripopolando (un po’ troppo selvaggiamente) le terre abbandonate dall’uomo.
Non sempre i tedeschi vengono per nuocere La valle, ‚ vero, ‚ percorsa da diversi anni (soprattutto nella sua parte pi‡ alta) da turisti che amano scarpinare o pedalare nella natura, lungo sentieri e percorsi sovente non asfaltati. Lungo quegli stessi percorsi si imbattono in inopinabili espressioni di arte pittorica e di architettura medievale, ma anche nelle espressioni pi‡ severe (e non aliene da soluzioni sorprendenti) delle case tradizionali della valle, costruite in pietra e legno e spesso caratterizzate da singolari invenzioni edilizie: basti pensare alle diffusissime e singolari colonne rotonde in pietra a secco e alle ancor pi‡ sorprendenti case villaggio come quella dell’Ubak di Canosio, delle borgate del Pr‹it o di quelle sulla strada che salendo tortuosamente sale al Col di San Giovanni. 18
Non solo: sempre da anni ed ancor pi‡ numerosi, giungono in valle appassionati di trekking e di sci-alpinismo, di marcia sulle racchette da neve (le ingegnose e pratiche chastŒos di un tempo) e di pedalate e arrampicate in mountain-bike: arrivano da lontano (alcuni si fermano,contribuendo allo sviluppo della valle ed al buon restauro di case e villaggi). Spesso parlano la lingua ostica dei Germani, la stessa dei militari nazisti che nei durissimi mesi del 1944-45 bruciarono case ed interi paesi, fucilarono, impiccarono ed uccisero decine di combattenti partigiani e di persone, il pi‡ delle volte ignari civili innocenti. Forse la valle ha faticato un po’ inizialmente ad accettare quell’idioma di ritorno, ma oggi quegli infaticabili camminatori e pedalatori tedescofoni, in genere discreti e rispettosi, amanti dell’arte e della natura fanno parte a pieno titolo di quanto di buono si muova oggi in Val Maira.
San Martino sottano: copertina della brochure realizzata per i venticinque anni dalla fondazione del Centro Culturale Borgata di Maria Schneider (www. borgata-sanmartino.eu)
Nella pagina seguente: La popolazione del Vallone, suddivisa per borgate e per famiglie, nel 1945 e nel 1988 e gli alunni delle Scuole elementari negli stessi anni 19
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I capifamiglia
I cognomi pi‡ diffusi sono indubbiamente Rovera, Ghio, Pomero, Simondi e Chiappello. Il cognome Chiapello (con una sola p) ‚ stato rilevato, ma ‹ minoritario a Moschieres, mentre ‚ ben pi‡ diffuso ’n Braca/Regione Bracca, ‘n Ark€/Archero e in altre borgate situate all’ ub…c/opaco di Dronero. Altri cognomi, come ad esempio Falco potrebbero essere originari di alcune borgate del confinante Comune di Castelmagno; un paio di cognomi di evidente origine “forestiera”, eran probabilmente stati “importati” per via matrimoniale. I cognomi infine dei due sacerdoti non paiono essere “locali” ma tradiscono una probabilissima origine valligiana
La R‚„ (Roata Prato), m 805 s.l.m. ALLEMANDI don ….. (sacerdote e maestro) CHIAPELLO Antonio (Brunda) GHIO Giacomo GHIO Giovanni (Gi…n) OLIVERO Giovanni (Gi…n Cantone) OLIVERO Giuseppe (N†tu) NASARI Barberina NASARI Giovanni (Gi…n di Nas€) NASARI Giovanni (Pust•n) SIMONDI Matteo (Mat€rin) …………………… (Pinassa) ………… Giuseppe (Pin de L•n)
Bial dal Mulin (Bedale), m 801 s.l.m. CHIAPPELLO Costanzo
Lu Mulin (Mulino), m 800 s.l.m. 21
BARBERO Alessandro (Sandru)
La S‡letto (Selletta), m 1044 s.l.m. (tre famiglie, poi emigrate in Francia, di cui non ‚ emerso il cognome)
I Bat†u (BatŠu, Battitoi, Peste per canapa e lana), m 1070s.l.m. GHIO Maurizio
I Sime (Cime), m 1100 s.l.m. GHIO Giovanni (Gi…n di Sime) GHIO Giorgio
Lu B†sk (Bosco), m 860 s.l.m. ………. Spirito (Prit de bl€) ………. Giacomo (Kulin)
Kumbal dal Di…n (Diano), m 900 s.l.m. BIANCO Giovanni CHIAPPELLO Antonio
L’Arm•to (Eremita), m 944 s.l.m. GHIO Giacomo 22
GHIO Maria (Mar‰et) GHIO Spirito (Pritin de Gianƒt)
Fugirus (Case Garnerone), m 966 s.l.m. GHIO Costanzo (T…n) GHIO Giuseppe (Pin†tu)
L’Alard (Allardo), m 1075 s.l.m. COSTA Antonio GHIO Michele
Lu M‡stre (Mestre), m 1220 s.l.m. GHIO Antonio GHIO Giorgio GHIO Giuseppe (Pinƒt)
La Grang€to (Grangetta), m 933 s.l.m. GHIO Spirito (d’ ko di Mewd), presente solo in estate
Ko di Mewd (Meodo), m 938 s.l.m. (bruciata dai tedeschi nel 1944) GHIO Spirito (vedere La Grang€to) ISOARDI Battista (Berg•e) ROVERA Antonio ROVERA Giovanni (Gi…n) ROVERA Spirito 23
SIMONDI Stefano
Lu Sarƒt (Saretto), m 1046 s.l.m. (parzialmente bruciata dai tedeschi nel 1944) BELTRAMO Pietro (Piƒtru Tist†t) COSTA Giuseppe (B…cu) POMERO Antonio (Toni la font) POMERO Antonio (Salin) POMERO Baldassarre RICCIARDI Giovanni (Gi…n d’Anna) RICCIARDI Giuseppe (B€lo) RICCIARDI Giuseppe (d’la kurt„so) ROVERA Anna ROVERA Giovanni (Gi…n de Nƒno) SIMONDI Stefano (St€ve ‡letric)
Ko d’Ari€ro/d’Ar‚€ro (Rovera), m 1060 s.l.m. POMERO Giacomo (Giaculin l’…) ROVERA Antonio ROVERA Giovanni (Gianƒt Toni No..) ROVERA Lorenzo ROVERA Stefano ROVERA Antonio (Toni Talu) SIMONDI Antonio (fra•re d’ Tan†t)
Ko d’Ari‹n (Allioni), m 1071 s.l.m. AGNESE Giacomo POMERO Antonio (Tun•n Leuna) ROVERA Giacomo
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Ko di Fark‹n (Falcone), m 1094 s.l.m. ROVERA Giovanni ROVERA Giuseppe (Gƒppu) ROVERA Teresa SIMONDI Costanzo (Tan†t) SIMONDI Costanzo (cugino di Tan†t
La Frid•o/Freid•o (la Margherita), m 1324 s.l.m. CHIAPPELLO Pietro (quel di sei dita) RINAUDO don Giuseppe (sacerdote) ROVERA Giovanni (Gi…n de Lino) ROVERA Margherita (Tin l’oste) ROVERA Spirito (Pr•t la porto)
Ko di Gh•w (Ghio), m 1240 s.l.m. CHIAPPELLO Costanzo (Kust…n) CHIAPPELLO Giacomo (L•n) CHIAPPELLO Giovanni (Gi…n) CHIAPPELLO Spirito (Pr•t) GHIO Antonio d’en Gƒrp/Gerbido (Val Grana) GHIO Giovanni (barbo Gianƒt) POMERO Giovanni ROVERA Antonio ROVERA Giovanni (Gianƒt) ROVERA Giuseppe (Pinin) ROVERA Magno
La K‹mbo (Comba), m 1310 s.l.m. AGNESE Antonio AGNESE Giovanni 25
AGNESE Giuseppe (Pinƒt de l’aire) CHIAPPELLO Giorgio (Gi†rs de Chel•n) MINOTTI Giuseppe ROVERA Battista (T•sto d’la Kumbo)
Ko d’Is…rt (Assarti), m 1408 s.l.m. BELTRAMO Antonio FALCO Giorgio (Gi†rs) FALCO Luigi (L‚•s) GARNERONE Giovanni Battista (Tisto) GARNERONE Giuseppe (Marc…nt) RICCIARDI Costanzo (Tan†t) ROVERA Giovanni (d’la c„ r‹so) ………… Giovanni (Gianƒt di but‹n) Lu K‚cƒt (Cuccetto, Cucchietto?), m 1276 s.l.m.
BRENTA Lazzaro (Z…ro) (v. immagine) GHIO Bernardo (Nad•n) 26
Musc€re (Moschieres), m 1163 s.l.m. POMERO Antonio POMERO Giovanni SIMONDI Antonio SIMONDI Giacomo SIMONDI Stefano
Note (1) Non ho mai vissuto in alcuna borgata di Moschieres, ma in giovent‡ ne ho percorso in lungo e in largo i sentieri, i valloni e i crinali, quelli che portavano in Val Grano come quelli che immettevano a Kartinh…n, a San Dumian ed a Pai†res. Una frequentazione fatta con discreta continuitƒ soprattutto negli anni compresi fra il 1954 e il 1959 e poi mantenuta, bench‹ sempre pi‡ sporadicamente, anche negli anni successivi. Ricordo di essere sempre partito in bicicletta: percorrevo la allora sterrata vio di T€c fin oltre Ponte Olivengo; dopo il ponte e il tornantino in salita la strada proseguiva per la frazione Tetti e poi fino a Roata Prato dove finiva la strada. Lasciato il mezzo, dopo una sosta per rifornirmi al negozietto della borgata proseguivo, ovviamente a piedi: lunghe camminate, talvolta risalendo la destra orografica del vallone, in direzione della cresta condivisa con la Valle Grana, ma il pi‡ delle volte verso la Frid•o. Un’ altra sosta, questa volta da Tin (quattro parole con birra e gazzosa) e poi su superando il cimitero, in direzione del colletto, per continuare talvolta verso gli Assarti e le grange di Cauri; altre volte, invece, aggiravo la montagna per scendere alle borgate all’adrech di Castelmagno, mentre altre volte ancora scendevo dal Kƒc€t verso Moschieres, proseguivo lungo la Combamala, oppure prendevo il lato opposto per percorrere uno sentiero ombroso (lungo il quale rammento d’aver visto spesso le salamandre) ed arrivare alla Rƒ„, la Borgata Bedale di Pai€re/Paglieres. 27
Sempre con zaino e sacco a pelo “a mummia”, di provenienza militare, quasi sempre pranzo o cena al sacco e pernottamenti di fortuna. Il mattino succesivo ‘n tok ‘d p…n e tumo e una tazza calda di Nescaf‹ (sul fornelletto a Meta) per colazione. Ricordo di avere pi‡ volte incrociato i miei passi (timidamente ed in silenzio, tanto mi intimidiva la presenza di quella persona all’apparenza introversa e problematica ) con quelli di I.M., giƒ partigiano di GL, ex deportato in Germania, gran camminatore solitario, sciatore ma anche rocciatore sulle nostre e su altre montagne. (2) Organizzate dall’AVALMA (Acciugai Valle Maira, la Associazione di categoria) (3) La lodevolissima indagine, per una somma di motivi complessi ed ormai difficili da sintetizzare, rimase purtroppo incompiuta, forse anche per aver troppo preteso. Anzich‚ limitarla infatti ai soli paesi d’origine degli acciugai (si sarebbe giƒ trattato di un bel lavoro articolato e difficile), la si volle invece (e forse incautamente) estendere ai comuni della intera Valle Maira. Forse manc• il tempo per portarlo a termine, ma non soltanto. Probabilmente ebbe una certa importanza anche quella diffidenza, molto valmairese, verso gli estranei (anche verso chi estraneo non ‚), spesso considerati dei ficcanaso che volevano metter becco nei fatti altrui. Tutto ci• fin„ probabilmente per negare a Tonino alcune collaborazioni, promesse ma non mantenute, e cos„ l’importante ed ambizioso progetto dovette inevitabilmente essere abbandonato. (4) Originario di S€les/Celle Macra e figlio di acciugai, “Tonino” Bianco (che risiede in Lombardia) ‚ stato indubbiamente una delle prime, rare persone operanti nei variegati confini dell’ associazionismo culturale occitanista, a intuire l’importanza dell’inchiesta, delle indagini socioeconomico e demografiche, dell’uso di questionati elaborati ad hoc, non tanto o non solo per inseguire (come era di moda allora) i sogni di una autonomia etnico-politico-amministrativa basati su una impossibile rinascita demografica ed economica delle Valli, quanto piuttosto indirizzata ad una conservazione documenta della memoria. A lui devo un grazie di cuore per avermi autorizzato ad utilizzare quel suo vecchio ma non dimenticato lavoro.
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(5) Rƒ„/Rƒ„ dal pr„ (Roata Prato), la S‹l‹to/Selletta, i BatŠu/Batou, i Sime/Cime, Bial dal Mulin / Bedale, lu Mulin/il Mulino, ko dal BŠsk/Bosco, kumbal dal Di…n/Diano, l’Armita/Eremita e Fugirus / Case Garnerone, ko di Meud/Meodo, Sar†t (Sar†t d’is…i e Sar†t d’il…i)/Saretto (Saretto di qua e di lƒ), ko d’Ariera/Rovera, Farkun/Falcone, ko d’Al•un/Allione, la Freid•o/Santa Margherita, lu Kƒc‹t/Cucetto, Musc€re/Moschieres, la Kumbo/Comba, ko d’Is…rt/Assarti, lu M‹stre/Mestre, ko di Ghiw/Ghio, l’Alard/ Allardo. (6) Verso il finire degli anni ’90 del ‘900 (se non rammento male) ritorn• a stabilirvisi una famiglia che era emigrata in Val Pellice, probabilmente a Luserna San Giovanni (7) Devo allo studioso e ricercatore dronerese Luigi Massimo molta gratitudine, per il consenso ad utilizzare alcune fotografie tratte dal suo straordinario ed enciclopedico archivio sulla architettura e l’arte in Valle Maira. (8) Chiaffredo Rovera, per tutti Fr€du, classe 1937. Ci eravamo conosciuti a Dronero negli anni in cui, da ragazzi, giocavamo “a pallone” e lui era un giovanissimo portiere senza paura, uno di quelli ca ‘s campavu fin s’le p€re. Per tanti anni ci siamo incontrati il 1’ novembre davanti all’ingresso del cimitero, poi… acciacchi e altri cambiamenti indotti dall’etƒ hanno finito per cambiare certe abitudini. Vado ancora al cimitero di Dronero, ma non pi‡ con la regolaritƒ di un tempo, sicch‹ con dispiacere non ho pi‡ visto Fr€du.
Bibliografia AA VV Indagine demografica-statistica sui luoghi di origine degli acciugai, a cura di Tonino Bianco Dronero, schede manoscritte inedite, 1989 CHEGAI, Milli – CORDERO, Mario 29
Guida ai luoghi, alla storia, alla gente di una vallata alpina Cuneo, L’Arciere, 1996 CRESTANI, Diego Anciu†e e caviƒ †d la Val Mairo. Mestieri dell’emigrazione alpina Cuneo, L’Arciere, 1992 MASSIMO, Luigi Chaminar, itinerari architettonici in Val Maira, Dronero, Ed. Il Drago – Ousitanio Vivo, 1997 (2Œ edizione OLIVERO, Roberto Macchine ad Acqua. Mulini in Valle Maira… Dronero, I Libri della Bussola, 2009 PASTORE, Pier Paolo Valle Maira: 100 disegni a china Torino, Edito in proprio, 2011 PASTORE, Pier Paolo Valle Maira: le nostre case, 100 disegni a china Torrino, edito in proprio, 2013 ROVERA, Giovanni (sac.) Anciuƒ! Anciuƒ! s.l.. s.ed., s.d. (prob.1990), stampa LCL-Busca
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Ivo BeolÄ
Dialettologia occitana 4 Il gascon (1a parte) Riprende il viaggio fra i dialetti occitani in Francia, Spagna e Italia (iniziato nel n€ 93 di V. U.), ma cambia d’ora in poi il metodo di esposizione: invece che parlare in generale del dialetto in questione, descriver‚ uno specifico sottodialetto (in questo caso l’aran€s) che abbia una forte identitƒ e sia molto eccentrico rispetto agli standard della regione, per vedere poi nella seconda parte le altre varianti regionali. Lo scopo „ evitare di disperdersi fra le tante varietƒ del gascon, e di concentrarsi invece sui suoi caratteri essenziali. La grafia utilizzata L’aran€s si avvale di una normalizzazione linguistica molto attenta alle sue particolarit• (v. l’opuscolo del 1982, N•rmes ortogr‚fiques der aran€s, pubblicato dalla Generalitat de Catalunya), e quindi non ci sono grossi problemi di lettura dei testi scritti in grafia normalizzata. Viene per‚ anche usata a volte una grafia basata sullo spagnolo, che verranno trascritti nel modo solito, cioƒ: grafia dell'Escolo d„u Po con qualche adattamento. Semivocali [i] [ou] quando sono semivocali o semiconsonanti vengono scritte in uno stile tipografico diverso: iƒro, aouro (oppure i„ro, aouro). Consonanti [ch] fricativa prepalatale sorda: it. pesce, fr. chat [tch] affricata corrispondente: it. pece, sp. mucho [j] fricativa prepalatale sonora: fr. jaune, portoghese janela [dj] affricata corrispondente: it. gelo, ingl. jeep 31
[ts] affricata alveolare sorda: it. zucchero, antico sp. ca…ar [dz] affricata alveolare sonora: it. zeta, antico sp. razon [th] consonante palatalizzata come nel gascon beth [b] la fricativa bilabiale (come nello sp. cantaba) ƒ stata resa con una semplice b perch† anche in gascon, come in languedocien o in guyennais, ha questa pronuncia. Quando invece si ha il passaggio – maggioritario in aran…s – del /b/ intervocalico alla semiconsonante /w/, questa viene scritta con stile tipografico diverso: deouant, bˆouer (davanti, vivere: deuant, vˆuer in grafia normalizzata). I confini linguistici dell’aran€s Ancora una volta seguo la carta dell’Occitania elaborata da Fran…ois Fontan, che ƒ molto utile perch† i confini fra le 7 regioni occitane – sia esterni che interni – si basano su fatti perlopi‰ linguistici. Fontan colloca l’aran…s nell’ambito del commingeois (secondo la Nation occitane, ses fronti„res, ses r…gions, gli altri sotto-dialetti guasconi sono: armagnacais, b…arno-bigourdan, landais, bordelais).
Il Comminges (da una cartina di F.Fontan). In realt•, il dialetto della Val d’Aran si inserisce molto bene nell’insieme dei dialetti guasconi. Questi dialetti risultano avere tratti pi‰ o meno tipici a seconda della loro collocazione geografica: si potrebbe dire che l’originalit• linguistica del gascon aumenta man mano che ci si sposta, a partire da Bordeaux, in direzione sud e, partendo dal Languedoc, in direzione ovest. Analogamente, vedremo che le particolarit• linguistiche della Val d’Aran vanno da un massimo di somiglianza col gascon a nord (Boss‚st) a un massimo di influenze iberiche a sud (Naut Aran). Il gascon pi‰ tipico non ƒ quello che si parla (parlava) nel capoluogo della regione: a Bordeaux la particella ‘que’, usata un po’ come pronome soggetto atono (que soui = io sono), ƒ sconosciuta, come risulta dalla seguente 32
carta (tratta da Toponymie gasconne, di B. e J.J. F†ni†, 1992 ed. SUDOUEST)
Una volta quindi che si sono individuati come ‘essenziale’ il bordelais (che ha solo sei dei dodici tratti che caratterizzano il gascon) e come ‘centrali’ i dialetti b…arno-bigourdan (Pau, Tarbes) e armagnacais (Auch) rimane da dire qualcosa sul landais, il dialetto delle Lanos (in francese Landes), che si estendono fino a Bayonne). Questo dialetto viene definito parlƒ n…gue, cioƒ dialetto nero – scuro –, a causa del modo ‘indistinto’ di pronunciare le vocali atone. Ma di questi sotto-dialetti parleremo pi‰ approfonditamente nella seconda parte della trattazione del dialetto gascon. Ritorniamo ora all’aran…s: per comprenderne meglio le dinamiche linguistiche bisogna dare qualche informazione sulla storia e sulla geografia della 33
Val d’Aran. ‹ una ‘comarca’ a statuto speciale della Generalitat de Catalunya (provincia di Lleida), con 9000 abitanti distribuiti in 9 comuni (35 p‚bles) raggruppati dal 1313 al 1834 in tre ter†ons (dal secolo XVI ogni ter†on si suddivise in due sester†ons): Boss•st nella bassa, Vielha nella media e Gar•s nell’alta valle. Questi ter†ons (simili agli escartouns delle valli occitane) erano previsti da uno statuto di autonomia concesso alla Valle dal re Giacomo II d’ Aragona
La suddivisione in sester†ons a partire dal XVI secolo Fonte: Wikipedia (V.Riullop) appunto nel 1313. Ecco la lista completa dei ‘pobles’ della valle, ognuno inserito nel suo sester†on: Pobles Puj•lo
Montgarri, Bagergue, Tred‚s, SalardŒ, Unha, Gessa
Arties e Gar•s
Arties, Gar‚s
Casti„ro
Casarilh, Escunhau, Betren, Vielha, Casau, Gausac , Mijaran
Marcatosa
Vilac, Mont, Montcorbau, Betlan, Vila, Aubƒrt, Arr‚s
(La)irissa
Vilam‚s, Ben‚s, Beg‚s, Arr‚, Es B‚rdes, Arres de Sus, Arres de Jos
Quate L•cs
Boss‚st, Les, Bausen, Canejan, Pontaut, Sant Joan de Toran
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Sant Andreu a Salard‡ (Fonte: Wikipedia, archivio Ainhoa,Catalunya)
Nei secoli precedenti, due avvenimenti storici sono da ricordare: l’avvicinarsi della Valle all’eresia catara (nel 1167 si ha notizia dell’elezione di un vescovo cataro in Val d’Aran), e la disfatta degli stessi catari nella non lontana Muret nel 1213, evento che segn‚ la fine della politica espansionistica ‘occitana’ del casato di Aragona (nonch† la morte del re Pietro II d’Aragona). Di questo momento storico si parla in “…C”, romanzo sulla Val d’Aran di una storica catalana, Griselda Lozano. Pubblicato nel 2013 in spagnolo (in occasione dell’ottavo centenario della battaglia di Muret), ƒ stato tradotto in occitano aran…s con il sostegno del Conselh General d’Aran e ripubblicato alla fine del 2014 (ƒ di-
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sponibile in edizione elettronica): pi‰ avanti ne tradurremo in italiano la pagina iniziale.
Il romanzo di Griselda Lozano L’aran…s ƒ oggi lingua ufficiale in Val d’Aran. Ci‚ ha comportato e comporta un sempre maggior impegno nel pubblicare libri in aran…s. Si ƒ passati dai primissimi libri (in genere letture per la scuola primaria, o la collana di libri in aran…s dell’editore catalano Pagƒs, Garona Ficcion) pubblicati a ridosso della Lei 16/1990 de Regim Especiau dera Val d’Aran, alla produzione attuale, in grado di soddisfare un pubblico pi‰ diversificato ed esigente. Della collana Garona Ficcion i primi due libri sono Racondes bracs, racconti horror tradotti da Poe e Nerval e Arreperveris, una raccolta di proverbi. Poi ricordiamo l’ottavo libro: Preso‚rs dera mar gelada, di un autore che ƒ anche un uomo politico molto noto (ex Sindic d'Aran ed ex senatore dello stato spagnolo nella X legislatura): Franc†s Boya Al„s. In Preso„rs dera mar gelada l’autore ricrea l’ambiente dei primi tentativi (ottocenteschi) di ascensione sulle cime pirenaiche. Nel 2010 ne ƒ stata fatta un’edizione digitale, e questo si pu‚ quindi considerare il primo libro elettronico in occitano. Invece il primo roman-
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zo ‘giallo’ in aran…s ƒ En vacances della scrittrice e poetessa T‚ni Escala, pubblicato da Pagƒs nel 2007.
Un’importante strumento di consultazione per lo studio dell’aran…s ƒ costituito dal sito http://publicacions.conselharan.org sul quale ƒ accessibile la versione elettronica di decine di opuscoli, tutti in aran…s, di dimensioni variabili che vanno dalle 20 alle 200 pagine, e che trattano i pi‰ disparati argomenti: letteratura, letture per la scuola, teatro, storia, arte, linguistica, diritto (c’ƒ posto addirittura per i fumetti). Tutto questo fa s• che chi vuole studiare questa variet• di guascone possa consultare senza problemi moltissime pagine, probabilmente qualche migliaio: quante altre variet• di guascone, anzi di occitano godono di questo privilegio? Vediamo ora le (poche) varianti interne all’aran…s, facilmente inquadrabili in base a criteri geografici (maggiore vicinanza alla Catalogna o alla Guascogna). Tratti particolari dell’aran€s. •Articolo plurale (maschile e femminile) in es. L’articlo singolare si mantiene fedele al guascone pirenaico: eth/era (al di fuori di B†arn/Bigorre si ha invece lou/la). •L’aspirazione dell’H derivata da F latina ƒ ancora percepibile solo nel nord della Valle (zona pi‰ direttamente a contatto con le parlate guasconi dello stato francese), a Canejan e Bausen.
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•Passaggio dei dittonghi €i, •u a €, •: auri‚, b‚, v‚ < auri‚u, b‚u, v‚u; dret, lhet, net < dreit, lheit, neit (tratto in comune con alcune parlate guasconi, soprattutto della Bigorre e del gruppo sud-orientale). •Passaggio di „i finale a „: tornar„ deman. ‹ una caratteristica (dovuta al contatto con le parlate ibero-romanze?) anche del gascon sud-orientale (Comminges, Couserans).
Un’opera storica e un libro di letture per la scuola, entrambi disponibili in formato PDF sul sito del Conselh Generau d’Aran
•Passaggio di /b/ intervocalico a /w/ (deuant, vˆuer) tranne che a Puj‚lo nell’alta Val d’Aran (il gascon oscilla fra mantenimento di /b/ e passaggio a /w/). •Plurale in -es dei nomi femminili: es p„ires (come a Luchon nel Comminges). •Pronuncia /a/ della a atona finale (tratto comune con Luchon e con alcune zone della Bigorre e del Bearn). •Pronuncia di n finale, in consonanza con il guascone (che tende a pronunciarlo come vocale nasalizzata: †, ‡ ecc.). Ma a Puj‚lo n finale ƒ muta (ˆ) come in catalano: pan, vin, man = pƒ, v‰, mƒ. •Pronuncia non palatalizzata del gruppo th nella maggioranza dei casi (ved„th = ved„t) e palatalizzata in pochi altri (c‚th = c‚tch: collo). La pronuncia di questo gruppo ƒ varia in Guascogna: generalmente si ha la pronuncia non palatalizzata (t), o debolmente palatalizzata (ty), ma nelle regioni pirenaiche ƒ pi‰ diffusa la pronuncia tch, come succede – limitatamente alla Val d’Aran – a Bausen e Canejan, dove la pronuncia palatalizzata ƒ generale.
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Fonte: rielaborazione da Wikipedia (V.Riullop) Prestiti e calchi nel lessico e nella coniugazione del verbo. gascon imperfetto cantavi cantavas cantava cant•vam cant•vatz cantavan
p. remoto cantƒi cantƒs cantƒ cantƒm cantƒtz cantƒn
aran€s
catal‚
cantaua cantaues cantaue cant•uem cant•uetz cantauen
cantava cantaves cantava cant•vem cant•veu cantaven
gascon futuro cantarƒi cantar•s cantar• cantaram cantaratz cantar•n
cantƒ cantƒs cantƒc cantƒrem cantƒretz cantƒren
cant• cantares cant• cant•rem cant•reu cantaren
condizionale cantarˆ cantar†s cantar† cantarem cantaretz cantar†n
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aran€s
catal‚
cantarƒ cantar•s cantar• cantaram cantaratz cantaran
cantarƒ cantar•s cantar• cantarem cantareu cantaran
cantaria cantaries cantarie cantarˆem cantarˆetz cantarien
cantaria cantaries cantaria cantarˆem cantarˆeu cantarien
La tabella qui sopra illustra in modo immediato i termini del problema: il verbo aran…s si discosta dal guascone medio e tende ad assomigliare molto al verbo catalano. In un certo senso si pu‚ affermare che esiste, fra aran…s, catalano e spagnolo, lo stesso rapporto che c’ƒ fra occitano alpino, piemontese e italiano: anche qui la lingua regionale (il catalano) ha operato un’assimilazione per contatto che risale molto indietro nel tempo. Viceversa lo spagnolo si sta imponendo sempre pi‰ negli ultimi tempi, con moltissimi neologismi (ad es. abantes per abans o despu‚s per demp‡s).
Un’opera di consultazione linguistica, anch’essa disponibile sul sito del Conselh Generau d’Aran
Ci sono poi caratteristiche dell’aran…s, dovute alla sua iberizzazione, che ne fanno un dialetto unico nell’insieme occitano, come l’uso della terza persona singolare per la forma di cortesia (in occitano si usa sempre senza eccezioni la seconda plurale), o la preposizione “a” che precede il complemento oggetto diretto degli esseri animati (aperar ar amic = chiamare l’amico).
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Una grammatica dell’aran…s pubblicata dll’editore catalano Pag„s
Moneta francese da 15 denari (Luigi XIV) trovata a Es Bƒrdes Fonte: Mus„u dera Val d’Aran
Paradigmi verbali. Ecco i paradigmi delle coniugazioni regolari e di alcuni verbi irregolari molto comuni:
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Testi in aran€s Diamo la traduzione degli incipit di un romanzo e di un racconto in aran…s. Il primo ƒ tratto da “…C”, il romanzo di Griselda Lozano pubblicato nel 2013 in spagnolo e tradotto in aran…s (con il sostegno del Conselh Generau d’Aran) nel 2014. Il secondo ƒ la traduzione di un racconto di Herman Melville: Bartleby, The Scrivener. A Story of Wall-Street.
Bartleby, eth copista (disponibile sul sito del Conselh Generau d’Aran)
Da ‘OC’, di Griselda Lozano Lugdunum, 20 calendas de deseme deth 1103 Un ambient estatic e tenebr„s enrodaue aquera hereda maitiada. Una capa d'espessa broma baisha caperaue dƒs eth solƒr tot …‚ qu'era guardada podie art†nher. Solet era tor dera n‚sta abadia subergessie nƒta e fƒrma ath miei d'aquera silenciosa e inquietanta opacitat. Dera b‚rda estant, podˆ veir auan…ar, coma un espƒctre, era siloeta de quauquarr†s qu'entraue ena n‚sta encencha. A mida que s'apressaue, vedˆ que se tractaue d'un monge que, damb passi trantalhants e en.honsant es s‚ns pƒs ena hanga dera corsƒra, s'enfilaue de cap ath n‚ste monastƒri. De ressabuda abandonƒ eth cubƒrt e an† a cercar a frai Pƒire, er encargat deth cerƒr, qu'en aqueth moment se trapaue endrabat damb er inventari des aprovediments entara n‚sta comunautat. Damb ua grana agitacion l'anonciƒ era naua e, en deishar eth recompte a mans d'un frair la‘c, toti dus gess†rem ath c„rrer deth cerƒr negat de flaira de vin e horment ent• arribar …‚ de mƒs lƒu possible ena sala vestibulara. Quan arribƒrem ena nƒira, enten†rem a quauquarr†s que tustaue tu per tu era p‚rta […]. Alavetz frai Pƒire s'apressƒc tath petit hiestron dera nƒira e lo comencƒc a daurir. Tant que hƒge c„rrer era bauda, entenˆ un long e shordant tartalh lƒu 46
ath madeish temps que despareishie dera mia vista era tonsura de frai Pƒire e ath s‚n l‚c campaue, jos ues poblades e escures celhes, era sua fulminanta guardada blua de uelhs redons. Que siguec alavetz quan, coma un pericle, venguec entara mia ment er espolset de seda de p‚rc e era bacina arr•s de greish de shivau qu'uns dies endarrƒr eth madeish m'auie balhat en tot que m'encomanaue damb insist†ncia eth prƒtzhƒt de greishar es gahons. Que passƒ uns moments de p‚ur, pr'amor que coneishia era rudesa deth s‚n caractƒr e me cranhia …‚ de pejor mƒs, erosaments ent• jo, frai Pƒire se lheuƒc de nau […]. Frai Pƒire dauric damb rapiditat era pesada p‚rta e deishƒc entrar a un monge de pƒs nuds que portaue ua hlassada mulatƒra sus es espatles. Barrƒc de nau era p‚rta e, quan se virƒc, jo profitƒ ent• amagar-me darrƒr eth s‚n robust c‚s en tot tier-me damb ua des dues mans ath sarrat cordon que servie de sup‚rt ara sua generosa bodena. Dej• laguens, eth monge se treiguec era capucha en tot deishar eth s‚n esblancossit e prim r‚stre ath descubƒrt e s'ajoquƒc dauant frai Pƒire prononciant un "pax Dei". Lugdunum, 20 calende di dicembre del 1103 Un'atmosfera immobile e cupa avvolgeva quella fredda mattinata. Una spessa coltre di nebbia bassa copriva tutto quanto, dalla terra in su, l'occhio poteva vedere. Solo la torre della nostra abbazia emergeva limpida e ferma in mezzo a quell'opacitƒ silenziosa e inquietante. Dalla stalle, dove mi trovavo, potevo vedere la sagoma di qualcuno che, avanzando come uno spettro, entrava nel nostro recinto. Mentre si avvicinava, vidi che era un monaco che, con passo incerto e affondando i piedi nel fango del sentiero, si dirigeva al nostro monastero. Subito lasciai il riparo della tettoia e andai in cerca di Fratello P„ire, il cellararius, che in quel momento era impegnato con l'inventario degli approvvigionamenti per la nostra comunitƒ. Con grande agitazione gli annunciai la notizia e, lasciando il conteggio nelle mani di un frate laico, entrambi corremmo fuori dalla dispensa impregnata dell'odore del vino e del grano per andare il piŠ presto possibile nella sala vestibolare. Arrivati all’ingresso, sentimmo che qualcuno bussava insistentemente sulla porta […]. Allora il fratello Peire si avvicin‚ al piccolo pannello del portone e cominci‚ ad aprirlo. Mentre faceva scivolare il fermo, sentii un lungo e fastidioso stridio quasi nello stesso tempo che scompariva dalla mia vista la tonsura di frate Peire e al suo posto appariva, sotto sopracciglia nere e folte, il fulminante sguardo dei suoi grandi occhi azzurri. Fu allora che, in un lampo, mi vennero in mente la spazzola di setole e la bacinella straripante di grasso di cavallo che mi aveva dato il frate qualche giorno prima, raccomandandomi caldamente di ingrassare i cardini del portone. Trascorsero un paio di momenti di panico, perch… conoscevo la durezza del suo carattere e temevo il peggio, ma fortunatamente per me, fratello Peire si rialz‚ [...]. Fratello Peire apr‰ rapidamente il pesante portone e fece entrare un monaco scalzo che portava sulle spalle una coperta per muli. Chiuse di nuovo la porta e, quando si gir‚, ne approfittai per nascondermi dietro il suo forte corpo tenendomi con una mano alla stretta cintura che serviva di sostegno alla sua generosa pancia. Una volta dentro, il monaco si tolse il cappuccio, lasciando sco-
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perto il volto pallido e magro, e si inchin‚ davanti a frate Peire pronunciando un "pax Dei".
Da ‘BARTLEBY’, di H. Melville S‚ un ‚me pro gran. Enes darrƒri trenta ans, era natura des mies activitats m’a metut en contacte mƒs qu’ordinari tamb un interessant e un shinhau singular grop d’‚mes, qu’enquia a on mjo sabi, non s’a escrit jamƒs arren: parli des copistes o escrivans. N’ƒ coneishut un pialƒr, a tˆtol professionau e en privat, e poiria condar diuƒrses ist‚ries que harien a arrir as cavaliƒrs de bona volontat e plorar as animes sensibles. Mƒs ren„ncii as biografies de toti es auti escrivans per quauqui passatges dera vida de Bartleby, eth copista mƒs estranh qu’ƒ vist o qu’ƒ entenut a parlar-ne jamƒs. Des auti escrivans poiria escrˆuer era vida sancƒra, mƒs de Bartleby non se p‚t hƒr arren de semblant. Non i a materiau ent• ua biografia complƒta e satisfact‚ria d’aguest ‚me: ua pƒrta irreparabla entara literatura. Bartleby ƒre un d’aqueri ƒsters des que non se p‚t assegurar arren, se non ei a compdar des h‚nts originaus, e en s‚n cas son f‚r…a escasses. De Bartleby non sabi mƒs que …‚ que vederen es mƒns uelhs estonats, trƒt d’un laugƒr rumor que recuelherƒ en epil‚g. Abans de presentar ath copista, talaments coma lo vedˆ per prumƒr c‚p, que me cau hƒr bƒra mencion dera mia persona, des mƒns employ…es, deth mƒn neg‚ci, deth mƒn estudi e deth mƒn cercle en generau; perque aguesta descripcion ei indispensabla ent• ua comprenen…a avienta deth protagonista dera ist‚ria. En prumƒr l‚c: s‚ un ‚me que, des dera joenessa, ƒ agut era prigonda conviccion qu’era vida sense complicacions ei era mielhor. Per aguesta arrason, encara que pertanhi a ua profession proverbiauments energica e nerviosa, a c‚ps enquiara turbul†ncia, jamƒs ƒ permetut qu’arren pertorbƒsse era mia patz. S‚ un d’aqueri avocats sense ambicion que jamƒs s’adrece a un jurat, ne sage d’atirar er aplaudiment public de bƒra manƒra; mƒs ena serena tranquillitat d’un retirament confortable, hƒsqui un neg‚ci facil tamb es obligacions, es ipotƒques e es tˆtols de proprietat des arriqui. Es que me coneishen me considƒren un ‚me eminentaments segur […]. Quauque temps abans dera ep‚ca qu’arringue aguesta istorieta, es mies aucupacions auien aumentat f‚r…a. M’auie estat conferit eth vielh cargue, ara suprimit en Estat de New York, de Secretari dera Canceleria. Non ƒre un trabalh guaire complicat, mƒs ‚c que n’ƒre, de ben remunerat […]. Eth mƒn estudi ƒre en un pis deth numƒro… de Wall Street. Per un costat daue tara paret blanca der espaci„s pati de lums que horadaue er edifici de naut en baish. Aguesta vista, mancada de …‚ qu’es pa‘satgistes diden “vida”, se podie considerar mƒs lƒu eng“egiua que ua auta causa. Mƒs encara que siguesse atau, era vista der aute costat der estudi aufrie, aumens, un contrast. En aquera direccion es hiƒstres dominauen sense obstacles ua paret nauta de malons, ennerida pes ans e pera ombra perpƒtua; t• guardar es bereses amagades d’aguesta paret non calie lunetes, perque, t•
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benefici des espectadors vistacuƒrti, se lheuaue a dƒtz pƒs des veires des mies hiƒstres. Sono un uomo di una certƒ etƒ. Negli ultimi trent’anni, la natura delle mie attivitƒ mi ha messo in continuo contatto con una serie di personaggi interessanti e in qualche modo singolari di cui, per quanto ne so, non si „ mai scritto niente: parlo dei copisti degli studi legali. Ne ho conosciuti moltissimi, professionalmente e privatamente, e potrei raccontare diverse storie, che farebbero ridere le persone di spirito, e piangere le anime sensibili. Ma rinuncio alle biografie di tutti gli altri copisti a favore di alcuni passaggi della vita di Bartleby, il copista piŠ strano che io abbia mai visto, o di cui abbia mai sentito parlare. Degli altri suoi colleghi potrei scrivere l’intera vita, ma di Bartleby non si pu‚ fare niente del genere. Non c’„ materiale sufficiente per una biografia completa e soddisfacente di quest’uomo, ed „ una perdita irreparabile per la letteratura. Bartleby era uno di quegli esseri di cui niente „ verificabile, se non a partire da fonti originali, e nel suo caso le fonti dicono molto poco. Di Bartleby – con l’esclusione di una vaga diceria che riporter‚ nell’epilogo – altro non so se non quello che hanno visto i miei occhi stupiti. Prima di presentare il copista, esattamente come lo vidi per la prima volta, „ opportuno dare qualche informazione su di me, sui miei dipendenti, sulla mia attivitƒ, sull’ufficio dove lavoro, e in generale sul mio ambiente; perch… la descrizione di tutto ci‚ „ indipensabile per capire a sua volta il protagonista di questo racconto. Innnanzitutto: sono un uomo che fin da giovane ha avuto la profonda convinzione che la vita senza complicazioni „ la migliore. Di conseguenza, anche se esercito una professione proverbialmente energica e nervosa, a volte persino turbolenta, mai ho permesso che niente turbasse la mia pace. Sono uno di quegli avvocati non ambiziosi che mai si rivolge direttamente a una giuria, n… mai in alcun modo ricerca l’applauso del pubblico; ma nella serena tranquillitƒ di una posizione ritirata faccio un’agevole compravendita di obbligazioni, ipoteche e titoli di gente ricca. Chi mi conosce mi considera un uomo eminentemente affidabile […]. Il mio studio era al primo piano del numero… di Wall Street. Da una parte dava su un cortile spazioso e illuminato dall’alto, delimitato da una parete bianca. Questa vista, priva di quella caratteristica che i pittori paesaggisti chiamano ‘vita’, si poteva considerare piŠ che altro insulsa o banale. Tuttavia, la vista dall’altro lato dello studio offriva, almeno, un contrasto. In quella direzione le finestre incombevano su una parete di mattoni molto alta, annerita dagli anni e dall’ombra perpetua; per spiare le bellezze nascoste di questa parete non ci volevano binocoli perch…, a beneficio di spettatori con la vista corta, si trovava a tre metri di distanza dai vetri delle mie finestre.
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Maria Rosso
FRISE: ALTRI MOMENTI DI VITA COMUNITARIA Pubblichiamo la seconda parte del lavoro sul Ciclo della vita e dell’anno e sulle Istituzioni comunitarie a Frise (comune di Monterosso, Val Grana), ricavato dalla nostra collaboratrice Teresa Durbano dalle interviste fatte alla madre, Maria Rosso (al lavoro ha collaborato anche il padre di Teresa Durbano, Durbano Giovanni Battista). Il questionario usato aveva come obiettivo la ricerca sistematica di testimonianze relative alle Istituzioni Comunitarie nelle Valli Occitane: ru€ides, panificazione, veglie, ciclo della vita e dell’anno. Queste istituzioni comunitarie hanno comportato per secoli una partecipazione collettiva alla vita del singolo, costituendo un fondamentale elemento di coesione interna, utile alle nostre popolazioni per sostenere la sfida di un ambiente naturale spesso ostile. La presente seconda parte del lavoro di Maria Rosso tratta le istituzioni comunitarie propriamente dette: veglie, ru•ides e panificazione.
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Per cenni biografici su Maria Rosso e sul marito Giovanni Battista Durbano si veda lo scorso numero di V. U. La grafia usata L’ autrice ha usato la grafia mistraliana (con qualche incoerenza). Il testo ‚ stato quindi corretto seguendo le norme di questa grafia, che usa in genere le convenzioni grafiche del francese, con queste eccezioni: ch sh • ‚ lh s ss h
c palatale come in "ciliegia" sc(i) italiana o tonica chiusa o tonica aperta l palatale come in "paglia" s dolce, s aspra se preceduta da consonante s aspra non ha valore fonetico: indica iato derivato (in genere ma non sempre) da caduta di l palatale
Accento tonico Cade sulla penultima sillaba nelle parole terminanti con vocale o (nei plurali) con vocale+s, ma: a, i, u sono toniche se in fine di parola Accento grafico Indica un'alterazione della naturale tonicitƒ, ma: ƒu, „u, €u corrispondono a ƒou, „ou, €ou ecc. della grafia Escolo …u, ‚u d•u Po
LE VEGLIE 3.1.1. In che periodo si tenevano? Le veglie si tenevano a partire dal mese di novembre, fino al mese di marzo. Si diceva andasse bene fino al 25 marzo che era il giorno dell’Annunciazione. Il detto era “l’Anunsi‚ crƒpo la vih‚” (L’Annunciazione fa morire la veglia). 3.1.2. Dove si svolgevano? A casa di chi? Si andava a vegliare anche in case lontane?
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Le veglie si svolgevano sempre nelle stalle che era l’unico luogo della casa riscaldato dalle bestie, le cucine erano fredde. Si facevano a casa di amici, parenti, vicini di casa. Si andava pure a vegliare in altre borgate, se c’era la luna piena si camminava bene, ma quando era buio pesto si portava il “lantern…n” (la lanterna – vedi foto).
Lanterna a petrolio 3.1.3. Ci si scambiava la veglia? Ci si scambiava la veglia anche all’infuori della propria borgata. 3.1.4. A che ora cominciavano le veglie? A che ora finivano? Le veglie cominciavano subito dopo cena, verso le 19-19,30 e finivano verso le ore 11-11,30
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3.1.5. Qual era il numero dei partecipanti? Il numero dei partecipanti alla veglia dipendeva dalle serate: se c’erano ragazze e ragazzi le stalle si riempivano e i proprietari delle stalle non avevano sedie per tutti. Allora andavano a prendere tre o quattro “gerbo†n” (1) di paglia, la si allargava per terra e gli uomini e i giovanotti si stendevano sopra, le donne e le ragazze che lavoravano a filare e fare maglia stavano sulle sedie. 3.1.6. Come cominciava e finiva la veglia? Si faceva una richiesta formale per essere ammessi alla veglia? Non c’erano modi particolari di iniziare o finire la veglia, ma c’era sempre qualche buontempone tra i ragazzi che prima di entrare faceva un po’ di baccano o confusione per farsi invitare alla veglia. 3.1.7. Si faceva qualcosa di particolare in occasione della prima veglia dell'anno? E dell'ultima? No, non si faceva nulla in particolare. 3.1.8. C'erano nel corso dell'anno delle veglie particolarmente importanti? Quali? Non c’erano veglie particolarmente importanti. 3.1.9. Chi partecipava alle veglie? Vecchi? Giovani? Donne? Uomini? Bambini? Alle veglie partecipavano tutti: vecchi, vecchie, donne, uomini, ragazzi, ragazze, bambini. 3.1.10. C'erano veglie specifiche per i giovani? Che cosa vi si faceva? Le ragazze ci andavano da sole? No, non c’erano veglie solo per i giovani. 3.1.11. C'era l'abitudine di contraffare la voce per chiedere di essere ammessi alla veglia? No. 3.1.12. Qual’ era il posto occupato alla veglia da ciascuno dei partecipanti? Chi si metteva vicino al fuoco? Vicino al fuoco non c’era nessuno perch€ le veglie si facevano sempre nelle stalle, che erano riscaldate dalle bestie. Se qualcuno
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aveva da fare qualche lavoro si metteva vicino al lume a petrolio per vedere bene a lavorare. 3.1.13. Come si assicurava l'illuminazione del locale? Si contribuiva alle spese per l'illuminazione e il riscaldamento? Il locale era solo illuminato dal lume a petrolio(vedi foto), ultimamente si aveva giâ&#x20AC;Ś la lampada a carburo.
Lume a petrolio
3.1.14. Alla veglia si lavorava? Durante tutta la durata della veglia o durante una parte soltanto? Quali lavori? Durante la veglia le ragazze e le donne lavoravano tutta la sera: a fare maglia, filare, cucire. Le ragazze si preparavano il corredo (â&#x20AC;&#x153;lou fâ&#x20AC;&#x161;rdelâ&#x20AC;?). Gli uomini invece lavoravano per aggiustare gli attrezzi da
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lavoro per l’estate, cambiavano i manici ai tridenti, alle zappe, ai rastrelli, “destihavoun lou charbou” (stigliavano la canapa) che poi veniva battuta, pettinata e filata. (Ci si rivolgeva poi a chi aveva i telai per far fare le: “tese de telo” per preparare i corredi e la biancheria per la casa) 3.1.15. Che cosa si mangiava? Che cosa si beveva? A volte si mangiavano le “barote” (‘ballotte’ - castagne bollite), mele, noci e nocciole, ma comunque sempre di rado. Si beveva acqua. 3.1.16. Che giochi si praticavano? Chi partecipava a questi giochi? La gioventˆ giocava a carte, al gioco del maiale, “man chaudo” (mano calda), indovinelli. 3.1.17. Alla veglia partecipavano persone estranee al paese (mendicanti, braccianti, ambulanti...)? Ci si ricorda di questi personaggi? Che cosa raccontavano? Qualche volta alla veglia poteva partecipare l’ombrellaio, “lou magn…n” (lo stagnaio, quello che riparava e stagnava le pentole), “l’amoulƒt” ( l’arrotino). Si fermavano qualche giorno tra le borgate per il loro lavoro e la gente dava loro un piatto di minestra e li faceva dormire nella stalla. E qualche storiella la raccontavano pure loro, del loro paese. 3.1.18. Di che cosa si parlava durante la veglia? I bambini avevano diritto alla parola? Si parlava per gruppi separati? Durante le veglie si parlava un po’ di tutto: del tempo, del lavoro; ricordo che un nonno ci raccontava storie, ne sapeva tante, lunghe e molto belle. Ma sovente si parlava di masche, draghi, “faiƒte”, “sarvan‡t”, cose che impressionavano noi bambini. Se dopo dovevamo uscire un momento per fare la pipƒ si aveva molta paura. I bambini parlavano, ma se erano troppo rumorosi si zittivano. Si parlava sia tutti insieme che a gruppi separati, se in quell’occasione le persone erano sedute un po’ distanti . 3.1.19. Si raccontavano fiabe, favole, leggende...?
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Si raccontavano favole e fiabe ai bambini. 3.1.20. Si cantava? In quale lingua? Ci si ricorda di qualcuna di queste canzoni? Durante le veglie non si cantava, ma mentre si andava da una borgata all’altra i ragazzi sovente cantavano. Ricordo ancora qualche canzone, erano molto belle e la gente era molto piˆ contenta e unita di adesso. Le canzoni erano in genere in italiano, non ricordo le parole, ma alcuni titoli: Piemontesina bella, Campagnola bella, A turin a la rosa bianca, Il cacciator del bosco, ecc…. 3.1.21. A che data si ƒ cessato di vegliare? Si cessavano le veglie annualmente verso fine marzo perch€ la gente incominciava a lavorare in campagna e la sera erano tutti stanchi, non avevano piˆ voglia di vegliare. Sono poi definitivamente terminate quando le persone sono emigrate in Francia, Torino e altre citt…, dal 1965 circa in poi.
* * * * * (1) – gerbo†n – bracciata di paglia legata con un legaccio sempre fatto di paglia.
LA PANIFICAZIONE 3.2.1. Frequenza ed epoca della panificazione. A quanto ricordo la panificazione avveniva ogni 15 giorni , sia in estate che in inverno. Ma ho sentito raccontare dagli anziani che molto tempo addietro il pane lo facevano solo d’inverno, e ne preparavano per tutto l’anno. Lo mettevano al secco, sopra una specie
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di scala fatta appositamente, appesa ad un soffitto e duro per tutto l’anno.
lo mangiavano
3.2.2. Localizzazione e propriet‚ del forno. Aveva una o pi† bocche? Quanti pani conteneva? Di quali strumenti e arredi era dotato? Nelle borgate c’erano uno o due forni, i cui proprietari erano gli abitanti della borgata stessa. Il forno aveva una solo bocca e conteneva su per giˆ 30 – 35 pani. Gli strumenti del forno erano: - un lungo bastone, “lou frigo†n” , che serviva per smuovere ogni tanto la legna nel forno affinch„ bruciasse bene. - un altro lungo bastone . “l’escoubass dal fourn”, con attaccati in punta parecchi stracci che venivano bagnati al momento di usarlo e serviva a spostare tutta la brace da un lato del forno e a pulire bene il “pavimento” del forno prima di mettere i pani a cuocere. 3.2.3. Criteri di prenotazione del forno. Nella borgata si cercava sempre di chiedere tra vicini chi aveva bisogno di panificare per primo, poi si continuava con gli altri che avevano necessit… di fare il pane. 3.2.4. Quali erano le fasi di preparazione del lievito e dell'impasto? Gli ingredienti. Quali recipienti e strumenti erano impiegati? Accadeva che estranei alla famiglia collaborassero? Nella distribuzione dei diversi compiti, si seguiva uno schema particolare (ad esempio, le donne piˆ anziane impastavano e le piˆ giovani facevano le forme)? Durante la lievitazione c'era qualche atteggiamento particolare da tenere, pena una cattiva lievitazione (ad esempio, il piˆ assoluto silenzio)? In che locali della casa si procedeva alle diverse operazioni?
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Per la preparazione del pane si preparava una parte di impasto la sera prima con un po’ di farina, acqua salata e il “creissent”, una pagnotta di impasto della precedente panificazione, tenuta in cantina, al fresco, con sopra del sale (il lievito come usano adesso non si usava). Al mattino si aggiungeva altra farina ed altra acqua fino ad arrivare alla quantit… di impasto desiderato. Come recipiente veniva usata la madia, sia per far lievitare l’impasto che per impastare poi. Non c’erano estranei ad aiutare. Se avevano tempo erano gli uomini che impastavano perch€ era faticoso, ma tante volte lo facevano anche le donne piˆ giovani. L’ho fatto anche io (Maria Rosso) diverse volte, su al Frise. Si portava la madia, piena fino a met… di impasto pronto, vicino al forno e le forme di pane venivano preparate man mano che si mettevano a cuocere. Per avere una buona lievitazione d’inverno si portava la madia nel tepore della stalla, d’estate invece si portava in cucina. Si faceva sopra l’impasto con la “redo†iro” (in italiano ‘radimadia’: ‚ un raschietto di circa 15 cm. usato per staccare i rimasugli di pasta dalla superficie di legno su cui ‚ avvenuto l’impasto, n. d. r.) una croce perch€ lievitasse bene.
Redo†iro: forma approssimativa
3.2.5. Con la seconda farina che tipo di pane si preparava? (pan buli...). Attraverso quale procedimento? Da chi e in che occasioni era consumato? Non sempre, ma a volte si faceva qualche pagnotta con la farina della polenta (farina di mais) e piaceva molto a tutti. 3.2.6. Denominazioni del pane, a seconda degli ingredienti o della forma.
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I pani erano tutti uguali e si chiamavano “panˆt”, erano di forma rotonda e abbastanza grandi. Poi si faceva il pane di castagne, un pane un po’ piˆ piccolo che veniva preparato mettendo castagne bianche dentro l’impasto (messe prima in ammollo affinch€ cuocessero col pane). Era il regalo per noi bambini. Alla fine si raschiava bene la madia, con quel po’ di pasta rimasta si faceva un piccolo panino, il “couloumbˆt”, per il cane. 3.2.7. Che piatti si preparavano con la pasta del pane? Non ricordo preparazioni di piatti con la pasta del pane. 3.2.8. Si confezionavano pani particolari per i bambini? (a forma di bambola....) Si confezionava il “ciciu (chƒchou)”, pane a forma di ometto , per i bambini, specialmente per capodanno. 3.2.9. Preparazione del forno: chi ne era incaricato? Quantit‚ e forma della legna impiegata per riscaldare il forno. Accensione del forno. Preparare la legna per accendere il forno era compito degli uomini. Mettevano due o tre fascine di legno piccolo per una facile accensione, poi sopra legna piˆ grossa, quasi sempre faggio o frassino. Quando l’impasto era ben lievitato ed era ora di accendere il forno, se c’erano gli uomini a casa lo facevano loro, se invece non arrivavano in tempo lo facevano anche le donne. 3.2.10. Trasporto delle forme dalla casa al forno. Si portava la madia al forno con dentro l’impasto e si preparavano le forme lƒ sul posto. 3.2.11. Marche sul pane. In che momento erano apposte? Non si mettevano marche sul pane. 3.2.12. Espedienti per una buona cottura: metodi impiegati per valutare la temperatura all'intero del forno. Per valutare la temperatura del forno quando era ora di infornare il pane, ricordo che sia mio suocero (Durbano G.B. nato nel 1883)
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che mio marito (nato nel 1928) prendevano una manciata di crusca e la gettavano nel forno. Se bruciava subito voleva dire che il forno era troppo caldo. Riprovavano 5 minuti dopo, se tardava qualche secondo a bruciare era ora di infornare il pane.
3.2.13. Conseguenze di un'errata cottura. Le conseguenze di una errata cottura potevano essere: forno troppo caldo: il pane diventava nero sopra e le croste erano molto dure. forno non abbastanza caldo: il pane era piˆ pallido e crudo dentro, pesante, ammuffiva e si deteriorava prima. 3.2.14. I pani cotti dov’erano sistemati, all'interno del forno? I pani cotti li mettevano su un tavolo in una camera, tutti appoggiati uno all’altro, diritti. Invece in tempi piˆ remoti li mettevano su una apposita scala appesa, al secco. 3.2.15. Trasporto a casa del pane. Il pane appena tolto dal forno veniva portato a casa nella “sabaco” (gerla). 3.2.16. C'era l'usanza che i giovani tentassero di rubare un pane durante il trasporto? C'era l‘usanza di fare altri scherzi durante la panificazione? Non c’era l’usanza di rubare un pane durante il trasporto e neppure di fare altri scherzi. 3.2.17. Metodi per la conservazione del pane in casa. Per conservare il pane, specialmente d’estate che tendeva ad ammuffire, si procedeva in questo modo: quando qualcuno della borgata panificava, appena toglieva il pane dal forno ed il forno quindi era ancora caldo, si prendeva il pane che tendeva a guastarsi, si bagnavano le pagnotte nell’acqua e si mettevano nel forno per 10-12 minuti. Si diceva che si faceva “bisc‡ie lou pan”. Cosƒ non ammuffiva piˆ.
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3.2.18. 11 consumo dei pani avveniva secondo certi criteri di successione? Non c’erano criteri di successione per il consumo del pane. 3.2.19. Con il pane raffermo si preparavano dei piatti? Con il pane raffermo si faceva “la pan‚do” per cena (pane, acqua, latte, panna, una specie di minestra). 3.2.20. La sacralit‚ del pane emergeva in qualche modo? (ad esempio si tracciava una croce prima di tagliarlo o si faceva un segno di croce sulla pasta perchˆ lievitasse bene, o un segno di croce sul forno?) La sacralit… del pane era molto rispettata. Si faceva il segno della croce prima di incominciare a impastare, poi la croce sull’impasto in modo che lievitasse bene. 3.2.21. Lo spreco del pane era riprovato? Lo spreco del pane veniva molto rimproverato, guai se un bambino avesse sprecato un pezzetto di pane. 3.2.22. Che cosa si diceva a proposito del pane tagliato male? Per il pane tagliato male non ricordo detti, ma mai posare il pane sul tavolo girato sottosopra. Se succedeva, ci rimproveravano. 3.2.23. Durante quali celebrazioni religiose si distribuiva ai fedeli pane benedetto? Che io ricordi, nella nostra valle non c’erano celebrazioni religiose durante le quali si distribuiva pane benedetto ai fedeli. 3.2.24. C'era l'abitudine di dare una parte del pane sfornato ai poveri? Una volta passavano tanti poveri a chiedere qualcosa da mangiare. Se capitava che avessero il pane appena sfornato, davano loro un pane o mezzo pane. Si usava anche scambiarsi il pane fresco (“lou pan m‡l”) tra vicini di casa.
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1994 – Damiano G.B. (nato nel 1927) – Borgata Menardi di Frise – Ultimo a panificare regolarmente ogni 15 giorni (essendo rimasto l’unico abitante della borgata e non potendo quindi portare la madia al forno, preparava in casa le pagnotte e le metteva su un’asse che poi portava al forno per la cottura).
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ROYDE O CORVÄES (in Valle Grana erano chiamate “journ‚ ‘d prestasio†n”) 3.3.1. Per quali lavori erano disposte? (apertura e manutenzione di strade, sgombero della neve, riparazione di edifici pubblici....) Le cosiddette “giornate di prestazione” si effettuavano per apertura e manutenzione di strade, sgombero neve ed anche riparazione di edifici pubblici, in particolare per chiesa e cimitero. 3.3.2. Chi le decideva? (l'autorit‚ municipale, un'assemblea di borgata....) Le decideva l’autorit… municipale se si trattava di lavori piˆ imponenti. Ma per esempio per lo sgombero della neve era il parroco che al mattino, per avvisare la gente che c’erano le strade da aprire, suonava le campane. 3.3.3. Come avveniva la chiamata? La chiamata avveniva tramite il messo comunale per la riparazione delle strade. Per lo sgombero neve tramite il suono delle campane. 3.3.4.Chi vi partecipava? Partecipavano tutte le famiglie della zona, nella misura di una persona per famiglia. 3.3.5. La partecipazione era obbligatoria? Chi non vi partecipava doveva pagare una penalit‚? Era possibile una sostituzione? La partecipazione era obbligatoria, ma se per caso qualcuno non poteva andare, non ricordo fosse penalizzato. 3.3.6. Da chi erano diretti i lavori? I lavori non erano diretti da una sola persona, di volta in volta c’era sempre qualcuno che li sapeva organizzare al meglio. 3.3.7. I partecipanti erano divisi in gruppi? Si, i partecipanti si dividevano un po’ i lavori organizzandosi in gruppi di 3-4 persone, chi con “palo e p…os”, chi ricostruendo i muri crollati.
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3.3.8. Accanto alle royde che impegnavano soltanto una borgata, c'erano royde che impegnavano l'intero comune? O viceversa royde di un solo quartiere? Le royde che impegnavano una sola borgata erano quelle per spalare la neve d’inverno. La gente di una borgata faceva la strada fino alla borgata successiva, quelli di quest’ultima continuavano fino ad un’altra e cosƒ via. Poi si continuava tutti insieme fino al fondovalle, c’erano a volte 90 – 100 uomini che lavoravano. 3.3.9. Se il capo famiglia moriva, la vedova veniva aiutata nei lavori della campagna mediante prestazioni collettive? Se il capo famiglia moriva, la vedova era aiutata, specialmente nel periodo della fienagione. Alla domenica c’era sempre un gruppetto di uomini e giovani che andavano a falciarle uno o due prati oppure ad aiutarla a togliere il fieno. 3.3.10. La famiglia che perdeva una mucca o un mulo poteva contare sulla solidariet‚ della borgata? Se una famiglia perdeva una mucca oppure il mulo o l’asino, la gente della borgata se poteva l’aiutava, imprestandole il proprio mulo o asino per portare a casa il fieno, portare via il letame, andare al mulino a portare la segala o il grano a macinare. Spesso la famiglia cui moriva una mucca magari ne aveva solo due, per cui rimaneva senza latte. I vicini le davano ogni tanto una toma e un po’ di latte per i bambini. 3.3.II. C'era un giorno dell'anno (ad esempio i Santi) in cui la famiglia pi† povera riceveva un regalo dalle altre famiglie del paese? Non ricordo un giorno particolare dell’anno, ma le famiglie povere passavano una o due volte all’anno nelle altre borgate a chiedere generi alimentari, in special modo patate, pane e castagne. 3.3.12. Le famiglie che costruivano una casa, potevano contare su prestazioni collettive per il trasporto del colmo, della sabbia, etc.? Come erano denominate questa prestazioni? Se una famiglia si costruiva una casa oppure rifaceva un tetto, se c’era da aiutare per trasportare la sabbia o la calce quasi sempre i vicini andavano con i loro muli o asini a farle un viaggio di
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materiale. Quando c’era da mettere il colmo al tetto o altri legni pesanti si chiedeva l’aiuto di tutti gli uomini giovani delle borgate che non dicevano mai di no. I proprietari alla fine offrivano da bere a tutti coloro che erano intervenuti. Il prossimo che aveva bisogno procedeva di nuovo allo stesso modo. 3 .3 .I3. Esistevano forme di pascolo in comune, lavori agricoli comunitari? No 3.3.14. La manutenzione e l‘uso dei canali irrigui come erano regolati? Per i pascoli o prati da falciare che si potevano irrigare, in primavera i proprietari si mettevano d’accordo ed andavano a pulire e riparare le “bialere”. Poi durante la primavera e l’estate ognuno irrigava i propri prati, ma sempre d’accordo tra di loro. Si dividevano i giorni, ognuno andava quand’era il suo turno, a volte anche solo per qualche ora.
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Marziano Di Maio
UCCELLI DELLA CONCA DI BARDONECCHIA… Valados Usitanos sul n. 43 del 1992 aveva pubblicato un articolo di C. Salvagno sui “Nomi di uccelli a Bernezzo”; sul n. 47 del 1994 uno di I. Beol‚ e C. Lorenzati su “Nomi di uccelli a Paesana”; sul n. 66 dell’anno 2000 un terzo di G. Ribetto e D. Libralon sugli “Uccelli della Val Chisone e della Val Germanasca”. Con questo quarto articolo ornitologico ci spostiamo ora in Alta Dora per i nomi di uccelli dei paesi della conca di Bardonecchia, paesi costituiti dal capoluogo pi„ gli ex-comuni di Melezet (con Les Arnauds), Millaures e Rochemolles, paesi tutti dove in molti casi uno stesso volatile ha nomi diversi. Non si tratta di elenchi corposi, perch… ci troviamo in un territorio montano che va dai 1250 metri in su e perch… purtroppo non poche denominazioni certamente sono andate perdute. Sopravvivono oltre 60 nomi diversi relativi ad una cinquantina di uccelli (una specie pu† avere nomi diversi a seconda dei paesi, cos‡ come un nome pu† designare pi„ di un uccello, ad esempio pik-bō sono i vari picchi dei tronchi, cicigh… sono pi„ specie di cince e affini, la cioia sono sia le cornacchie che i gracchi). Quasi la met‰ degli uccelli presenti non ha nome in patu‰, ma molti probabilmente non l’hanno avuto mai. Il numero di termini raccolti nella conca di Bardonecchia non ‚ disprezzabile. Nei precedenti articoli su Valados Usitanos sono nominati 65 uccelli per Bernezzo, 54 per Paesana e 78 per le valli Chisone e Germanasca, su una fascia altitudinale ben pi„ estesa. Il dizionario di 66
Clelia Baccon riporta per Salbertrand una trentina di volatili selvatici. 50-60 nomi (sia occitani che piemontesi) sono elencati per il Parco Orsiera-Rocciavr… da G. e R. Ribetto, 36 dal dizionario della Val Germanasca di T. Pons e A. Genre. Inarrivabile ‚ il magistrale “B…stie, besti…tte, bestiŠs” di F. Delpiano e F. Giuliano che di uccelli nella parlata bovesana ne riporta all’incirca 130, sia pure su un territorio che scende sino a 500 m. di altitudine. Delle Alpi fuori Piemonte siamo edotti soltanto della sessantina di nomi del dizionario valdostano di A. Chenal e Vautherin con il 3‹ supplemento dello stesso Vautherin dedicato proprio ai nomi di uccelli della Regione, e di altrettante denominazioni raccolte da R. Gabrielli nella parlata ladina fodonia di Livinallongo. Rispetto a un tempo non pochi cambiamenti hanno condizionato l’avifauna. L’abbandono delle campagne e il conseguente aumento delle aree a boscaglia e cespugliame nonch… dei boschi maturi o in formazione, hanno senz’altro favorito gli uccelli di bosco rispetto ad altri, ma senza gli incrementi numerici che ci si potrebbe aspettare. Fattori limitanti sono facilmente individuabili nell’incremento pi„ che proporzionale di certi predatori, nel disturbo del turismo soprattutto con le piste da sci e MTB e con le moto da cross (particolarmente impattanti i fuoripista in sci e in moto), ma un forte ruolo ‚ stato determinato da drastici mutamenti ambientali, vedi ad esempio la scomparsa negli ultimi decenni del ‘900 di oltre 700 ettari a campi di cui la met‰ a cereali. Tra le cause negative la caccia ricopre solo un’influenza marginale, dal momento che il cacciatore locale non ha mai fatto carniere di piccoli uccelli e ben poco di quelli di media taglia, limitandosi pi„ che altro al gallo forcello e alle pernici che indubbiamente ha decimato. Quanto ai predatori, quelli pi„ attivi ormai non sono i rapaci tradizionali. In primo luogo imperversano le gazze, che qui un tempo non esistevano e che spiano i nidi dei piccoli uccelli per saccheggiarli, i corvidi tra cui ‚ in aumento il corvo imperiale, e il cinghiale di moderna reintroduzione che intercetta volentieri i nidi degli uccelli terricoli. Le piste da sci hanno fatto rarefare sulla costiera del ColomionMulattiera soprattutto il gallo forcello che gi‰ aveva i suoi problemi di sopravvivenza, come li hanno il gufo reale, la pernice bianca, la quaglia e i granivori privati del tutto dei campi di segale.
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Se in estese aree pesa il disturbo da parte di sciatori, di rumorosi escursionisti, motocrossisti, cercatori di funghi, in altre per contro ‚ confortante osservare pi„ che in passato condizioni di wilderness. Negli ultimi secoli si sono estinti il gallo cedrone, il gipeto, il francolino. Sono scomparsi da poco la starna e la pernice rossa. Del maestoso gipeto reintrodotto sulle Alpi e che ogni tanto appare anche nel cielo di Bardonecchia, ‚ rimasto il nome nel toponimo VutÄu. Oltre alla gazza che ormai ‚ stabilmente insediata, e agli storni di presenza sempre pi„ frequente, nuove specie non si trattengono molto e non nidificano, come l’airone cinerino che si spinge sino in Valle Stretta anche d’inverno, o come i gabbiani di cui ‚ rimasta memorabile nel 1997 la caduta sui tetti delle case di Bardonecchia di esemplari morti, forse rimasti fulminati durante un temporale. L’elegante biancone faceva fugaci apparizioni, ma in quest’anno 2016 ha nidificato. Periodicamente si fa vedere il beccofrusone: straordinaria la sua numerosa migrazione di met‰ febbraio 2005. Ultimamente ha fatto la sua comparsa nell’alto vallone di Rochemolles il grifone, di cui avevo avuto occasione nel 2014 di sorprendere ben 18 esemplari sulle montagne di Modane presso una pecora morta; proveniente dalle Alpi Marittime, sta estendendo il suo areale. I nomi che si sono potuti raccogliere sono dovuti essenzialmente alla cortesia e alla memoria di Dino Foray (1924-2012), Livio Bosc (1927), Enrico Bussi (1926), Bruno Souberan (1946), Cesare Gerard (1931-2016), Lorenzo Vallory (1923-2011), Luciano Souberan (1929), Gustavo Guiffrey (1926). Ho tenuto conto delle risultanze dell’intervista rilasciata da Augusta Gleise (classe 1925) all’ALEPO, pubblicate su “Il mondo animale” (2013) dell’Atlante stesso. Essendo peraltro evidenti le discordanze con le informazioni di altri paesani esperti nonch… le discrepanze di ordine linguistico, ho riportato solo qualche termine seguito dalla sigla AG. Uccelli
Bardonecchia
Melezet
Anatidi di passo Aquila reale Poiana Sparviero Astore
lu canar
lu can€u suvagge aigl• puian• ep•rvƒ• gro ep•rvƒ•
aigl• puian• eparvƒ• -
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Millaures ‚igl• ep•rvƒ• -
Rochemolles lu canar sovajje €igl• (pl. ‚igla) puian• o €igl• epařvƒ• gřo epařvƒ•
Gheppio Falco (generico) Pernice bianca Gallo forcello Fagiano di lancio Coturnice Pernice rossa Quaglia
l’eparvƒ• dla languta -
pci-tep•rvƒ• -
tursl†
giarabr•
giaabbr•
jařiabr•
cok
fezan
fezan
fezan
p•rdrƒ blanc• cok ‘d muntanh• fezan
p•rdrƒ
p•rdrƒ griz•
p•rdrƒ griz• p•rdrƒ ruy• calh• (pl. lu calha) b•cas• pingiun
pardrƒ
pingiun cuc‰; cucǜ AG ciuk da nŒ ciatuan AG niturr• o nitur• -
culumb ci‹ciǜ
l• j‹pp• AG pik-bō pik vē AG
(non c’‚)
lˆ calh• (pl. lu
calh•
calhu)
Beccaccia
b•cas• pingiun
b•cas• pingiun suvagg•
Colombo Cuculo
pingiun cucu
pingiun cucu
Gufo reale Gufo comune Civetta capogr. Rondoni alpini Upupa
d‹k-du-ci€ d‹k
d‹k-do-ci€ d‹k
niturr•
niturr•
la virundella
lu ratlĥ
Piccione selvatico e colombaccio
Picchi Picchio verde Allodola Rondine Corvo imperiale Cornacchie nere Gazza
proc‹r•u du murinƒ• pik-bō virundell• curb€ cioia -
Nocciolaia Ghiandaia Gracchi
‘l giai cioia
pik-bō girundell• s. curb€, pl. curb€u cioia pl. laz alhasa pl. lu giai cioia
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cřivella
tursl†
uriv•tt• AG irundell• curb€ cioi•, pl. cioia giai; gialhē AG l• bicherol• pl. lu giai cioia
-
cok o fezan fezan
calh• pinjun
d‹k-do-cha (non c’‚) nitur• lu mařtl†s
pik-bō irundēll• cořb€ chauvi•, pl. ch•uvia (non c’‚) ‘l jai ch•uvia
Cinciallegra Cince di piÄ specie
cicigh† cicigh†
cicigh† cicigh†
cicik† cicik†
cicigh† cicigh†
-
pik-p•i•
-
pik
-
cuk•tt• lˆ plumb•
cuk•tte -
cokk• la plumb•
Picchio muraiolo Scricciolo Merlo acquaiolo
cuk•tt•
Tordi di piÄ specie
la griva
la griva
la griva
la gřīva
Tordela Merlo Merlo dal collare Codirosso Usignolo Pettirosso Spioncello
lˆ griv• merl•
balein•
l• griv• merl• merl• dl• culan• ˆrzinhol• pitr•r‰ teras•, t•rasun balerin•
la gřīv• mēřl•
Ballerine
‘l turdu merl• merl• dlˆ cravatt• curs† pci curs† lu tˆrasō (pl.) bˆl•in•
Verdone Cardellino
v•rdun cˆrdlin
-
Fringuello
tintuin, cinciun
Passero
pas•r•
v•rdun k•rd•in tintuis, b•rtabiciu pass•r•
Fringuelli alpini
luz alpin
luz alpin
Gallo Gallina
g•lh€ g•rin•
Oca Anatra
ok• anh•
Tacchino Faraona Colombo dom. Canarino
pitu faraun• pingiun
g•lh€ g•in• ok•, pl. oca can€, pl. can€u pitu pingiun
canarin
k•nain
cuˆ-rus• ˆrzinhol• pitr•r‰ -
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cinciun, barabiciu pass•r• -
cu• řui• pitř•-řū la tarasor• lā bařjera, balerin• fin-fin pasar•, pl. pasar•s luz alpin
giˆlh€ giarin•
ja, pl. jau jarīn•
ok• canar
ōk• canař
pitu
pitu faraun• pinjun, curumb• canarin
pingiun -
Mario Fantino GriÄt
…E NOMI DI UCCELLI A ROASCHIA Una breve raccolta di nomi dialettali riferita agli uccelli nella parlata di Roaschia curata ancora una volta da Mario Fantino GriÄt fedele collaboratore della rivista e attento studioso della cultura locale del paese dei origine dei suoi genitori: Roaschia, comune della bassa valle Gesso. La grafia adottata si basa sulle convenzioni valide per l’italiano, con la precisazione che: -
z va letta come s dell’italiano rosa y va letta come i dell’italiano ieri (o come in mai, vai, sai) Å va letta come eu francese Ç, É corrispondono a e muta e u francesi.
Acuila (akwuila) : aquila Airun (ayrun) : airone Arsign•l (arsinhÅl) : usignolo B‚rta (bÇrta) : gazza Cardlin (kardlin) : cardellino Cavarca babi (kavarka babi) : succiacapre Ciol• – Vir•r (tÉolÅ - virÅr) : gracchio Ciuch (tÉuk) : gufo 71
Ciur‚y (tÉurÇy) : allocco, barbagianni (?) Cruvas gris (kruvas gris) : cornacchia grigia Cuaia (kwaya) : quaglia Curnaias (kurnayas) : corvo, cornacchia Farch‚t (farkÇt) : falco Fazan (fazan) : fagiano Fola (fola) : allodola
Fola (allodola) Gh‚e (gÇe) : ghiandaia Gh‚e ‘d muntagna (gÇe d muntanha) : nocciolaia Griva (griva) : cesena M‚rlu dar cularin (mÇrlu dar kularin) : merlo dal collare M‚rlu pescatur (mÇrlu peskatur) : merlo acquaiolo Pasarot / Passarot (pasarot - passarot) : passero Pernis bianca (pernis byanka) : pernice bianca Pernis griza (pernis griza) : pernice P‚trus (pÇtrus) : pettirosso Picatas russ (pikatas russ) : picchio minore Picatas v‚rd (pikatas vÇrd) : picchio maggiore 72
Picatas v‚rd (picchio maggiore) Picca m…ray•s (pikka mÑrayÅs) : picchio muratore Pitav•ya (pitavÅya) : cinciallegra Pitav•ya bianca (pitavÅya byanka) : ballerina bianca Pitav•ya giauna (pitavÅya djawna) : ballerina gialla Pundr† - Puiana (pundra - puyana) : poiana R‚ c…calla (rÇ kÑkalla) : scricciolo R‚ ciot (rÇ tÉot) : scricciolo Rucas‡l (rukasÖl) : balestruccio Rundulina (rundulina) : rondine Rundun (rundun) : rondine di monte Situla (situla) : civetta Sparv‚y (sparvÇy) : sparviere Turtura (turtura) : tortora Uri‡l (uryÖl) : rigogolo Verdun (verdun) : verdone
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Fausto Giuliano
BOVES MANERE ‘D D• (modi di dire popolari) (4a parte) (- segue - continua dai numeri precedenti…. )
lettera P p€’ ‚se galƒp m„ piazey l… b†n ! : non essere goloso ma piacergli la roba buona, essere goloso pag€ne na s‡ppa : pagarne una zuppa, pagare un bel mucchio di denaro, pagare una bella cifra pag€ne n'est‡a : pagarne una stufa, pagare un bel mucchio di denaro pag… a pes d'or : pagare a peso d’oro, pagare a caro prezzo, al prezzo dell'oro panai… tƒt.... : ripulire tutto 1, mangiare tutto (anche un patrimonio oltre che il cibo) pande au ci… : appendere al chiodo, non pi• usare, dimenticarsi di avere, non praticare pi• qualcosa, non avere pi• una passione 1
panai… ‚ un verbo derivato dal termine pan€i (fruciandolo, spazzatoio per forno), l’attrezzo che serve per ripulire da brace e cenere la superficie del forno prima di cuocere il pane (una sorta di rudimentale scopa fatta con stracci legati all’estremit„ di una lunga pertica) 74
parai tƒt i foi.... ! : cos• tutti gli scemi, cos… son tutti capaci, a quelle condizioni tutti ne sarebbero capaci.... parde la br‡€gna : perdere l’impeto, non aver pi• un punto d’appoggio su cui fare forza per poter continuare l’azione intrapresa parde la tramunt€na : perdere la tramontana, imbestialirsi, andare su tutte le furie…. o perdere l'orientamento, perdere il bene dell'intelletto parde u fi€’ : perdere il fiato, morire, essere gravemente malato parde u rizultu : perdere l'orientamento / il lume della ragione, perdere l’autocontrollo per la felicit„ provata, perdere il bene dell'intelletto, impazzire di felicit„ o essere estremamente confuso parde u tr‚nu : perdere il treno, perdere l'occasione propizia, arrivare in ritardo, lasciarsi sfuggire l'opportunit„
Parde u tr‚nu p€rles du lˆ.... e u lˆ ar‡va ! : parli del lupo… e il lupo arriva, parlare di qualcuno che poco dopo compare come se avesse sentito che si stava parlando proprio di lui! parl… a void : parlare a vuoto, parlare a vanvera, dire cose insensate parl… 'd ciap‡i : parlare di lass•, parlare un dialetto arcaico, un dialetto dei paesi di montagna parl… du diau : parlare del diavolo, parlare di qualcuno che poco dopo compare come se avesse sentito che si stava parlando proprio di lui! parl… spici€’ : parlare schiacciato/stretto, parlare in dialetto molto stretto parl… stravac€’ 't S‰n Giacu : parlare stravaccato di San Giacomo, parlare in stretto dialetto di S.Giacomo p€rla p€’ ! (p€rl-ne p€’ !) : non parlare!, sta solo zitto (frase di meraviglia e stupore) p€rte a cav€l e turn… a p‚ : partire e cavallo e ritornare a piedi, andare di male in peggio, andare in rovina 75
p€rte b‚gn cuni€’ : partire ben “incuneato” 2, andarsene ben servito, conciato per le feste pas€la vola : passarla vola (?), andare in bianco, non ottenere alcun risultato, non avere ci† che ci si aspettava, fallire clamorosamente (ad es. trascorrere un inverno senza neve, passare una notte insonne, ecc.... ) pas… a la caserola : passare alla casseruola, uccidere in modo violento, eseguire una pena capitale pas… da na p€rt a l'auta : passare da una parte all’altra, morire pas… en ('t) desmanti (en desm‚nti) : passare nel dimenticatoio, passare di mente, dimenticarsi di qualcosa pas… i p€ste : passare i pasticcini, picchiare qualcuno, dargli il benservito pas… per u pert‡s 't l'ƒvia : passare per il buco dell’ago, cavarsela per un pelo, farcela all'ultimo istante pas… u lavur : passare lo strato di terreno arato/arabile, passare lo strato arato o arabile (ad es. la pioggia caduta in rilevante quantit„) p€zi m„ na culumba : calmo/pacifico come una colomba, pacifico e tranquillo p€’ / p‰ d‡bi che… : non/pi† dubbio che, non ‚ pi• successo, non c'‚ pi• stato verso di… p‰ mach bun : poi solamente buono, molto buono, buonissimo p‰ mach gram : poi solamente cattivo, molto cattivo, pessimo p‰ pu‰ defegine : non poter pi† sfuggire, non poter pi• restarne senza p‰ pu‰ s-ciarye : non poterli pi† vedere/mettere a fuoco, non sopportarli pi•, averli in odio p‰ sav‰ c… f… prim : non saper pi† cosa fare per primo, aver un mucchio di lavoro da fare p‰ sav‰ unda sb€te ‘t la testa : non saper pi† dove battere la testa, non saper pi• cosa fare a forza che si ha lavoro p‰ v‚ghe la vaca : non vedere pi† la mucca, essere spossati, sfinito per la fatica, oppure essere ubriaco fradicio penten… chiycƒgn : pettinare qualcuno, maltrattare qualcuno, dargli il benservito pentŒ a mort : pentito a morte, amaramente pentito
2
l’aggettivo cuni€’ (incuneato) deriva dall’utilizzo dei cuni (cunei), usati per fissare e fermare qualcosa di traballante o sbilenco, oppure per aprire un passaggio (ad es. i cunei di ferro usati per spaccare longitudinalmente i tronchi di legno) 76
P‡ v‚ghe la vaca per beve che vign lŒ cutarŒa f… b‡t… i m€ni au tavu : per bere quel vino bisognerebbe far mettere i manici al tavolo, dover bere un vino pessimo, aspro come aceto per cui occorrerebbe che il tavolo avesse delle maniglie a cui sostenersi mentre lo si sorseggia per gn‚nt fau s‚nsa testa - che ndazŒa m€l - Nusgnˆ l'€ fat s‚nsa cugnisi†n! (s‚nsa serv‚l) : per non farlo senza testa – che andava male – Iddio lo ha fatto senza cognizione (senza cervello), si dice di persona stolta e sconsiderata, ottusa e insensata per la cumpagnŒa figna u preve ‘d Ru€s-cia s’‚ mari€’ : per la compagnia perfino il prete di Roaschia si ‚ sposato, si dice di persona che ha segue la massa come una pecora, che fa quello che fanno gli altri senza porsi domande per na cutl… t'ufandes....3 ! : per una coltellata ti offendi!, come sei suscettibile, come sei permaloso! perfund… tƒt : delapidare tutto, scialacquare, mangiarsi tutto il patrimonio pes (pezant) m„ 'n gogiu : pesante come un ?, molto pesante pŒ spas che la cauna : pi† spesso della canapa, spesso, ruvido, grossolano pi€ne ƒgn per b€te l'aut : prenderne uno per battere l’altro, non sai chi sia il peggiore, sono tutti due della stessa forza 3
questo modo di dire ‚ attribuito agli abitanti di Vignolo (i vignul‡gn) che a Boves avevano fama di essere particolarmente litigiosi e permalosi… Un loro presunto e ironico modo di dire (ƒh l„, per na cutl„ t’uf‚ndes? = oh-l‰, per una coltellata ti offendi?) confermerebbe il fatto che essi erano talmente avvezzi ai litigi che una banale coltellata non era sufficiente a scalfirne la suscettibilit„… ragion per cui non doveva essere neanche motivo di proteste da parte di chi l’aveva ricevuta! 77
pi€se a burŒ : prendere a ??, avere in odio, azzuffarsi, bisticciare
Pes m‰ 'n gogiu pi€se a pignoche (a gnoche) : prendersi a sberle, picchiarsi, menarsi pi€se / vir€se a s-ci•p : prendersi / girarsi a botte, picchiarsi, usare i modi violenti, rivoltarsi violentemente pi€se chi c€t estr€s : prendersi quei quattro stracci, andarsene con la coda tra le gambe, prendersi la propria roba ed andarsene via mogi mogi pi€se la breia : prendersi l'incombenza, prendersi la soddisfazione, prendersi la briga, accollarsi l'incarico pi€se 'n b‚l ci‡tu : prendersi una bella lavata di capo, prendersi una bella romanzina, venire ridimensionato pi€se 'n cicat : prendersi un cicchetto, prendersi una bella lavata di capo pi€se 'n pl‡ch‰gn : prendersi un ?, prendersi una bella lavata di capo pi€se na lurda : prendersi una sbronza, sbronzarsi, ubriacarsi pi€se na piumba : prendersi una sbornia, sbronzarsi, ubriacarsi pi€se per i d‚nt : prendersi per i denti, bisticciare, accapigliarsi pi€se u piazŒ : prendersi il piacere, togliersi la voglia, togliersi lo sfizio pi€se v€rda (pi€se b‚gn v€rda) : prendersi guardia (?), guardarsi bene da, fare ben attenzione a pici… l'‡va : pestare / spremere l'uva, pestare l’uva per farne vino pic… m„ n'alman : picchiare come un tedesco, essere violento e manesco pi‰gn a la randa 4: pieno fino all’orlo 4
randa s.f [dal gotico randa]. – orlo, margine estremo, spec. di cosa circolare o quasi circolare (da Wikipedia) 78
pi‰gn m„ 'n berlat : pieno come un barilotto, sazio, satollo e gonfio per il tanto mangiare pient… baraca e b‡rat‰gn : piantare 5 baracca e burattini, mollare tutto sul pi• bello ed andarsene lasciando tutto com’era pient… d'arb•t : piantare dei rimbalzi, scalpitare, fare dei grandi ed elastici salti pient… na b‚da : rifilare una sberla, dare un colpo, urtare fortemente e con rumore pient… na bign‰tta : piantare una frittella 6, fare un macello, ridurre in briciole, maciullare pient… na cum‚dia : piantare una commedia, fare un gran clamore, destare scalpore, fare un casino infernale pient… na ghiga : piantare una sberla, rifilare/dare una sberla, dare un forte colpo, urtare violentemente
PientŠ na ghiga pient… na mina : rifilare/dare una sberla, dare un colpo, urtare fortemente pient… na t‡ba : fare un gran fumo (o una gran quantit„ di vapore) pient… 'n fraciam : fare un macello, fare una strage
5
il verbo pient… (piantare) viene usato spesso con diverse sfumature di significato: ad es. nei modi di dire seguenti indica e si sostituisce a verbi quali rifilare/dare, fare, provocare/produrre, mollare/lasciare, ecc…. 6 bign‰tta indica sia una poltiglia informe, schiacciata e maciullata e deriva il suo nome dalla pappetta che ‚ la base per la preparazione di un semplice dolce casalingo, una sorta di frittella ottenuta amalgamando uova, zucchero, farina e spesso anche con l’aggiunta anche di mele (i bign‡tte) 79
pient… 'n pacioch : fare un pastrocchio, un pasticcio, un affare ingarbugliato e difficile da districare pient… 'n tumign : piantare un tomino, rifilare/dare una sberla pient… n'escufiot : piantare un ceffone, rifilare/dare una sberla pient… rab‚l : fare baccano, fare casino, fare rumore pient… sƒ en carant•t : piantare su un quarantotto, sollevare un polverone, piantare un gran trambusto, un gran casino cercando tutte le scuse e gli appigli possibili pient… sƒ en pi€t e 'n tund : piantare su un piatto piano ed un piatto profondo, sollevare un polverone, piantare un gran trambusto, un gran casino cercando tutte le scuse e gli appigli possibili pient… tƒt su trantƒgn : mollare tutto sul trentuno, mollare tutto sul pi• bello, nel momento cruciale lasciando gli altri negli impicci pi… a bota : prendere a cottimo, eseguire un lavoro a cottimo pi… ai bune : prendere alle buone, dire con buone maniere, dolci melense ed accattivanti pi… ai m€le : prendere a male parole, prendere di brutto, con decisione e risentimento pi… a nira : prendere in odio, avere in odio qualcosa pi… a p‚ nt'u c‡l : prendere a piedi nel sedere, prendere a calci, prendere a pedate
PiŠ a p‚ nt'u c‹l pi… cun na rama (na rama fƒi‡a) : prendere con un ramoscello (un ramoscello con foglie), prendere a frustate, picchiare pi… cun na varga : prendere con una verga, prendere a frustate, picchiare pi… cun na verz‚la : prendere con un ramoscello verde, prendere a frustate, picchiare
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pi… cun n'eli•ura : prendere con una ramoscello 7, prendere a frustate, picchiare pi… cun en barot : prendere con un randello, prendere a bastonate, picchiare
PiŠ cun en barot pi… cun en bast†n : prendere con un bastone, prendere a bastonate, picchiare pi… cun en faz‡l‰ : prendere con una pertica 8, prendere a bastonate, picchiare pi… cun en fuat : prendere con una frusta, prendere a bastonate, picchiare pi… cun en vir…u : prendere con un randello, prendere a bastonate, picchiare pi… da scaci†n : prendere di nascosto, prendere senza farsi accorgere pi… en b€la : prendere in palla, cogliere sul fatto, prendere in fallo pi… en cast€gna : prendere in castagna, cogliere sul fatto, scoprire e mettere in luce qualcosa pi… / serc… i sord en sacocia ai patanƒ’ : prendere / cercare i soldi in tasca ai nudi, rubare i soldi, essersi fatto i soldi rubandoli, facendo qualunque cosa pur di guadagnare, tanto da cercare di prenderli perfino nelle tasche a un uomo nudo, cercare di spillare soldi dove non si possono trovare pi… la r€ia : prendere l’irraggiamento, cogliere i raggi pi• caldi del sole per scaldarsi pi… la ser‚na : prendere la rugiada, mettere della roba fuori la notte a far prendere la rugiada 7
l’eli•ura ‚ un ramoscello flessibile (solitamente di salice, ma anche di altre essenze, ad es. di castagno, betulla) usato per legare le fascine 8 i faz‡l‰ sono le pertiche usate quali sostegno per far arrampicare le piante di fagiolo 81
pi… la vŒa di varne : prendere la strada degli ontani, rincasare, tornare a casa, andare a dormire a casa pi… per u col : prendere per il collo, 1) ribellarsi violentemente a qualcuno 2) far pagare qualcosa caro e salato, essere uno strozzino, un usuraio profittatore pi… per u c‡l : prendere per il sedere, prendere per i fondelli, deridere o imbrogliare pi… u guid†n : prendere il posto di comando/la guida, assumere il comando di una situazione pi… u vir logn.... : prendere il giro lontano, tenersi alla larga (o tenersi sul vago durante una conversazione) piƒr… m„ na pentenera : piangere come una pettinatrice (?), piangere a dirotto piƒr… m„ n'epciot : piangere come un bambino, piangere a dirotto piƒr… mizerie : piangere miserie, lamentarsi di una immaginaria povert„ piƒu bagn€’ : piove bagnato, piovere piƒu che DŒu la manda : piove che Dio la manda, piove a dirotto piƒu gros m„ na magn : piove grande come una mano, piove a dirotto piƒve a curd‰tte : piovere a cordicelle, piovere a dirotto pis… pŒ c‡rt : pisciare pi† corto, non darsi arie, moderarsi, non esagerare raccontando cose fantasiose per pavoneggiarsi e farsi belli piuma gn‚nt ‘d nus per ‘d c‡c€le : non prendiamo noci per bolle d’aria, non prendere lucciole per lanterne piuma l… chi v‚gn : prendiamo quello che viene, prendiamo la vita con filosofia, accontentiamoci, quello che capita capita piuma tƒt per b†n : prendiamo tutto per buono, prendiamola con filosofia, accontentiamoci, quello che ci capita lo accettiamo piy-la pŒ b€sa ! : prendila pi† bassa, calmati! datti una calmata! piy-me gn‚nt per n'aut : non prendermi / non confondermi con un altro, sta attento ! non sai con chi hai a che fare… pl… i sord : pelare i soldi, essere un gran risparmiatore, un avaro, capace di cavare il sangue dalle rape, quasi capace di pelare il denaro prima di darlo via! pƒs f… f… en c€dre : puoi far fare un quadro, l’hai scampata bella, puoi ringraziare Iddio del miracolo che ti ha fatto pƒs gn‚nt encuntrau : non puoi incontrarlo, ‚ molto irascibile, suscettibile, meglio non averci a che fare assieme pugnant m„ na vespa : pungente come una vespa, capace di provocare con parole nel punto giusto 82
PŒs fŠ fŠ en c•dre pul‚nta a l'€ria 'd l'‡s : polenta all’aria dell'uscio, polenta senza condimento, condita solamente con l’aria della porta d’entrata della cucina
Pul‚nta a l'•ria 'd l'‹s
pulita la meza ! : pulita la mezza, basta!, finito cos…!, questo ‚ tutto, belle che fatto pulit m„ s‰ : pulito come qui, ben pulito, scopato e rassettato p‡m… i galine s‚nsa f€le cri… : spennare le galline senza farle gridare, fare qualcosa di negativo in modo indolore, senza farsi accorgere dagli altri, in modo subdolo, plagiare qualcuno raggirandolo in modo da annientarne la personalit„ e poterlo assoggettare al proprio volere purt… chiycƒgn en magn : portare qualcuno in mano, tenere in gran considerazione qualcuno, tesserne elogi e lodi spropositate purt… p€ia : portare paglia, preparare il nido, prepararsi per sposarsi, mettere su casa
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PurtŠ chiycŒgn en magn
lettera R rande u pagn d‡r : rendere il pane duro, vendicarsi, rendere pan per focaccia, farla pagare cara raviul€se m„ i grign en la pauta : rotolarsi per terra come i maiali nel fango, insozzarsi rengi… da feste : aggiustare per le feste, dare il fatto suo, conciare per le feste rengi… y ƒu en la cav€gna : aggiustare le uova nella cesta, riappacificarsi, riaggiustare le cose, cercare un compromesso
RengiŠ y Œu en la cav•gna rengui… (t‡se) m„ 'n ch‚gn m€rs : spasimare (tossire) come un cane marcio, tossire, rantolare respunde piche : rispondere picche, negare in modo assoluto, non accettare per niente una proposta 84
rincr‚se u s‚nch du cƒr : rincrescere il sangue del cuore, rammaricarsi, rincrescere enormemente, provare un gran rammarico robe 'd mascarŒa : robe di stregoneria, sortilegi, cose di magia, incantesimi r‡d… ent'en ci… : incornare in un chiodo, intestardirsi, scornarsi, piuttosto farsi del male ma non cedere r‡mi… t‡ta la n•t : ruminare tutta la notte, passare la notte in bianco per non aver digerito rumpe en tanti t•ch : rompere in tanti pezzi, fare a pezzettini, spaccare, rompere per la disperazione rus m„ 'n biru : rosso come un tacchino, rosso in viso rus m„ 'n puwr†n : rosso come un peperone, rosso (per timidezza di solito) rus m„ 'n viribich : rosso come un tacchino (?), rosso fiammante, rosso di vergogna o timidezza rus m„ u f• : rosso come il fuoco, rosso fiammante, rosso di vergogna o timidezza
lettera S sach m„ 'n pui : secco/magro come un pidocchio, striminzito, patito sal€’ m„ 'd salamuera : salato come salamoia, molto salato sal€’ (am€r) m„ la pucia : salato (amaro) come la ??? 9, molto salato o molto amaro sampe ciuch e m€i malavi : sempre ubriaco e mai malato, sempre in forma, in gamba e in salute (anche grazie all’aiuto di un po’ di buon vino!) sampe ‚se 't runda : sempre di ronda, essere sempre in giro, sempre fuori di casa sante m„ na carogna : puzzare come una carogna, puzzare terribilmente sante m„ na p‡t€na : essere profumato come una baldracca, essere molto profumato, cosparso di profumo sapiant m„ la marda du cucƒ’ : sapiente come la merda del cuculo, essere saccente, sapientone s€s gn‚nt che t€la d€i : non sai che tara (??) dargli, non sai che senso dargli 9
la pucia forse sta ad indicare un intingolo, una salsa particolarmente gustosa, dove si puccia /si intinge un alimento o una verdura (una specie di pinzimonio) 85
s€s gn‚nt l… che l'‚ b†n ! : non sai ciŠ che ‚ buono, non conosci ancora le cose buone da mangiare s€s gn‚nt m„ b‡t€i nom : non sai come mettergli nome, non sai come sia possibile, ‚ inspiegabile, non capisci il motivo nˆ sai a cosa ‚ dovuto s€s p€’ se l'‚ a l'endrit o a l'envars : non sai se ‚ al diritto o al rovescio, non sai come prendere la situazione, non sai cosa pensarne saut… a p‚ giunt : saltare a piedi giunti, saltare con le due gambe e i piedi uniti saut… la baraca : saltare la baracca, restare senza pranzo, restare digiuni, saltare il pasto saut… m„ n'arich (m„ n'arigu) : saltare come un ariete, scalciare, saltare e dimenarsi come un ossesso saut… m„ n' escuriƒl : saltare come uno scoiattolo, essere estremamente lesto, agile e veloce saut… si p‡me: saltare sulle piume, attaccare violentemente qualcuno… ed (anche) accoppiarsi con una bella ragazza saut… sƒ’ : saltare su, andare su tutte le furie, ribellarsi saut… u ticchio : saltare il tich, venire l'idea, venire il pallino, avere uno sfizio, una fissazione in mente sav‰ 'd che gamba ƒgn sopŒa : sapere di che gamba uno zoppica, conoscere quali sono i difetti e le lacune di qualcuno, sbagli€’ en pi‰gn : sbagliato in pieno, completamente sbagliato, da rifare sbalŒu figna i preve a dŒ m‰ssa : sbagliano perfino i preti a dire messa, tutti possono sbagliare.... perfino i preti a celebrare messa
Sbal•u figna i preve a d• m‡ssa 86
sbatisne i ciap : sbattersene i cocci10, fregarsene sbign€’ m„ na bign‰tta : schiacciato come una poltiglia (di frutta), schiacciato, pestato, ridotto in poltiglia sb‡ie u s‚nch : ribollire il sangue, restare agghiacciato per il gran spavento, avere orrore scapes p€’ da scola : non scappi da scuola, ‚ cos…, fai come vuoi ma non c'‚ niente da fare, non pu† essere diversamente, non c’‚ via d’uscita scapu… ent'u pi€t unda l'€s sampe mengi€’ : sputare nel piatto dove hai sempre mangiato, essere irriconoscente sc€rpe 'd prima cius‡ra : scarpe di prima calzatura (?), un paio di scarpe nuove scaud€se u pis : scaldarsi il piscio, infervorarsi, preoccuparsi, darsi da fare per qualcosa scaud… i gagnaule (i mengioire) : scaldare le ganasce (le mascelle), piccante, forte, che brucia scaud… u b‚nch : riscaldare il banco, non essere uno scolaro diligente, non imparare nulla a scuola
ScaudŠ u b‚nch
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qui forse sarebbe pi• giusto intendere ciap non come “cocci di una stoviglia rotta”, ma come ciape,-natiche - quindi praticamente sarebbe una variante del comune modo di dire sbattersene le balle 87
s-ciatuni€se b‚gn : accapigliarsi per bene 11, bisticciare, prendersi per i capelli scrive (scrive m€l) m„ na galŒna : scrivere male) come una gallina, avere una pessima calligrafia
Scrive m•l m‰ na gal•na
scrus m„ la dr‡gia : sporco come il letame, zozzo, lurido scrus m„ u giuch : sporco come il trespolo delle galline, zozzo, lurido sc‡r da gn‚nt v‚ghe a bestemi… : scuro da non vedere a bestemmiare, buio pesto sc‡r (ner) m„ la bucca du lˆ : scuro (nero) come la bocca del lupo, buio pesto s‰ e l€ e l‚na : qui e l‰ e l‚na, modo popolare per cercare scuse, tirarla per le lunghe con i "se" e i "ma" se en d‰ deveisi perdime.... veni p‰ gn‚nt a sercame a T‡r‰gn! : se un giorno doveste perdermi… non venite poi a cercarmi a Torino (o in altro posto che non si ama ed in cui non ci si abiterebbe mai… a Boves per alcuni pu† essere il mare, per altri l’alta montagna o la grande citt„) secund chi ar‡va prim! : secondo chi arriva primo (cio‚: chi ‚ primo ‚ secondo…. gioco di parole basato su un modo di dire comune: a seconda di chi arriva per primo) se f€’ caut parai.... stuma frasch ! : se fa caldo cos•… stiamo freschi!, sar„ dura resistere se fa cos… caldo (gioco di parole scherzoso)
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il verbo s-ciatuni… deriva dal termine dialettale ci€t (gatto) ed indica l’azzuffarsi, il prendersi per i capelli di due litiganti in una baruffa simile a quelle che fanno i gatti tra loro 88
se feise en lˆ t'arŒa gi€’ mengi€’ ! : se fosse un lupo ti avrebbe gi‰ mangiato, ‚ in vista, ‚ solo l… da prendere e non lo riesci a vedere… se im b‡teise a f… capei la giant nasarŒu s‚nsa testa ! : se mi mettessi a fare cappelli la gente nascerebbe senza testa, qualunque cosa faccio mi va sempre male, sbaglio sempre il momento e la situazione se i feise Nusgnˆ a st'ura u sarŒa gi€’ cal€’ giƒ’ : se ci fosse il Signore a quest’ora sarebbe gi‰ sceso gi†, se ci fosse Dio di fronte a una tale cosa sarebbe gi„ sceso dal Paradiso per fare giustizia se i pand la maranda.... la pia p‰ ! : se gli appende la merenda… non la prende pi†!, si dice di persona di alta statura che se avesse la perfidia di appendere la merenda di qualcun altro lo priverebbe del pasto…. se i vei vegheisu.... : se i vecchi vedessero…, il mondo ‚ cambiato tantissimo (spesso in peggio) tanto che se i vecchi risorgessero non potrebbero credere ai propri occhi nel vedere com'‚ diventato.... se l’‚ gn‚nt en lˆ l’‚ en ch‚gn b‚gn gros! : se non ‚ un lupo ‚ comunque un cane ben grosso, potrei sbagliarmi ed esagerare ma ‚ comunque una cosa grande (…o pericolosa, …o paurosa) cos… come dico…. se la tara tagn.... la forsa m‚nca gn‰nt! : se la terra tiene la forza non manca!, si dice quando si sta compiendo un grande sforzo nel sollevare o smuovere o cercare di forzare qualcosa che fa resistenza se lu l€su parl….... lu mpicu gn‚nt! : se lo lasciano parlare… non lo impiccano!, si dice di uno che non sta mai zitto un attimo, un gran chiacchierone se vƒs mengi….... desn… gau-te i d‚nt ! : se vuoi mangiare altrimenti togliti i denti!, c'‚ questo da mangiare.... fai come vuoi, se lo mangi bene, altrimenti aggiustati! se y escapa la brunsa la f€’ p‰ la pul‚nta ! : se gli scappa il paiolo non la fa pi† la polenta, ‚ un postaccio, ripido e malagevole, non in una posizione bella per abitarci s‚nch 'd cav€l : sangue di cavallo, indica un vino forte e corposo, molto scuro e colorato come fosse sangue serc… cun u lantern‰gn : cercare con il lanternino, ‚ una cosa molto rara da trovare, non c'‚ l'uguale serc… 'd gr€te : cercare grane, cercare rogne 89
serc… 'd rinfule : cercar pretesti (per bisticciare o non fare una cosa), cercare scuse per non fare qualcosa serc… la varga a f€se fr‡st….... : cercare la verga per farsi frustare, cercare o sfidare la buona sorte fino a farsi cogliere con le mani nel sacco, fino a farsi del male da soli
SercŠ la varga a f•se fr‹stŠ serc… l'€zu e ‚se a cav€l : cercare l’asino ed essere a cavallo, non avvedersi della fortuna che si ha, non rendersi conto di quanto si ‚ fortunati, cercare qualcosa di ancor migliore di quanto gi„ si possiede serc… u lˆ su cr‡vart : cercare il lupo sul tetto, volere una cosa impossibile da trovare s'‚gn dubi‚ prast : ci hanno piegati presto, ci hanno messi fin da piccoli a lavorare 's f€’ sante figna dai ciorgn ! : si fa sentire perfino dai sordi, ‚ molto freddo, fa un freddo cane, un freddo che si fa sentire sgunfi… i t‡bu : sgonfiare i tubi, rompere le scatole, seccare, importunare s-giaf a magn arvarsa : schiaffo a man rovescia, schiaffone, manrovescio sicch-che l'‚ v‰e.... : s• che ‚ vero…., ‚ un bel guaio, se ‚ per davvero cos… stiamo freschi! sig‡r m„ dumagn : sicuro come domani, certo, sicuro sig‡r m„ l'or : sicuro come l’oro, certo, sicuro sin… b‚gn chiycƒgn.... : cenare bene qualcuno, dargli il fatto suo, maltrattarlo, dargli il benservito si 't dŒ-cche.... : se ti dico che, ma guarda, ma pensa un po’… 90
smangia m„ u sid‚ntu (m„ l'asid‚ntu) : prude come l’accidente, prude terribilmente smŒa che ch‰rpe a mƒre : sembra che crepi a morire, non vuol saperne di morire!, detto scherzoso per uno che gode di ottima salute o per qualcosa che non vuole spegnersi, come ad es. per un fuoco che brucia… smia che dugnes et l… t… : sembra che tu dia del tuo, non sei molto generoso, sei uno spilorcio smŒa che i m‚nche la tara suta i p‚ : sembra che gli manchi la terra da sotto i piedi, ‚ estremamente impaziente come se la terra gli crollasse da sotto i piedi smŒa che l'abe gi‡r€’ u faus : sembra che abbia giurato il falso, ‚ magrissimo, estremamente patito e consumato smŒa che l'abe i Tedesch ai truse : sembra che abbia i Tedeschi alle calcagna 12, ‚ di corsa, in modo molto frettoloso smŒa che l’abes da f… u gi€s : sembra che abbia fare il sacco amniotico, smettila di gemere e lamentarti… smŒa che lu pelu vŒu : sembra che lo pelino vivo, detto di qualcuno che urla e piange ad alta voce come se lo stessero pelando vivo! smŒa che u diau lu porte via : sembra che il diavolo lo porti via, non vuole fare una determinata cosa in nessun modo, scansa tale lavoro come se fosse una maledizione smia 'd l'empusibu (empusibul) : sembra l’impossibile, sembra incredibile una tal cosa smŒa 'd mengi… na rava : sembra di mangiare una rapa, ‚ insapore, col gusto di una rapa smŒa 'd tri‰tta : sembra tri‡tta 13, alimento duro, cibo immangiabile smŒa la c€’ 'd Cinciav‰tta : sembra la casa di Cinciav‡tta 14, ‚ proprio una casa di matti smia n'est€la : sembra una stalla, locale sporco disordinato e puzzolente smŒa na coza : sembra una cosa, ‚ una cosa disdicevole, non so se riesco ad osarmi a fare una cosa cos…, ‚ un vero affronto fargli questo… 12
le truse sono i grossi fasci di fieno (opportunamente legati) che venivano scesi a valle dai prati e pascoli posti in quota, trascinandoli sulla neve nella stagione invernale fino agli spiazzi (cariŽu) destinati al carico sulle brasere (grosse slitte da trasporto) 13 tri‰tta: alimento per maiali fatto di scarti vari confezionato in grossi pani tondi, secchi e duri 14 Cinciav‰tta : probabile personaggio di qualche storia o favola locale di cui non ci sono note le vicende (forse un altro nome di Cinciota , la protagonista di una delle pi• conosciute favole bovesane ….) 91
smŒa R‚ Menelich : sembra re Menelik 15, detto di persona superba e altezzosa, che si d„ un sacco d’arie smŒ… a bun€nima du m‚ buch : assomigliare alla buonanima del mio caprone, riferito a persona brutta, sporca e dimessa smŒ… a 'd b‰rle et crava : assomigliare ad escrementi di capra, detto di qualcosa di piccolo e schifoso smŒ… a 'd l‡m€se : assomigliare a lumache, cibo molliccio e bavoso, per niente appetitoso (ad es. gli spaghetti troppo cotti) smi… a na cuspia : assomigliare ad una cuspia 16, essere raggomitolato su sˆ stesso, curvo e piegato, con una postura non diritta smi… au catŒu ladr†n : sembrare il cattivo ladrone, essere mal messo, mal vestito, sporco smi… 'd lasne : assomigliare a lesine, avere capelli lunghi e perfettamente diritti e lisci smi… la mort che camina : assomigliare alla morte che cammina, detto di persona malconcia, malaticcia, mezza morta smi… la regina Taitˆ : assomigliare alla regina Taitu 17, essere molto vistosa ed elegante, donna che si fa notare, che non passa inosservata smi… na fent€sma : assomigliare ad un fantasma, vestito in modo strano ed eccentrico smi… u ciuch su putag‰ : sembrare il gufo sulla stufa, essere inebetito, a disagio, frastornato e senza parole smune i p€t‚le / i p€ste : offrire/minacciare le botte / i pasticcini, minacciare botte a qualcuno sƒli m„ la magn : liscio come la mano, liscio, scivoloso sƒli m„ 'n bili€rd : liscio come un biliardo, liscio, piano sortes m€i-p‰ cun y ƒi sƒt.... : non ne esci mai pi† con gli occhi asciutti, ne esci malconcio, pentito e annientato da una tale situazione sƒs m€i b†n! : (intercalare intraducibile) ma pensa un po’, ascolta qui quello che ‚ capitato, a quel punto c’‚ stata una tale reazione…!, ‚ andata cos….... s…-sŒ v€’ mach b‚gn a tai… la tuma : questo va bene solamente a tagliare la toma, coltello o altro attrezzo che non taglia pi• per niente 15
Menelik : imperatore, negus dell’Etiopia cuspia : listello di legno (solitamente di castagno) sottile e flessibile usato per la produzione artigianale di cesti e gerle 17 Taitˆ Batˆl (Sole, Luce di Etiopia), pi• nota in Italia come regina Tait† fu imperatrice consorte d'Etiopia (1889-1913), moglie del negus Menelik II (da Wikipedia) 92 16
SŒli m‰ 'n bili•rd spande sord m„ 'n magn‰gn : spendere denaro come uno stagnino, sperperare, spendere senza ritegno spas m„ i d‰ 't la magn : spesso come le dita di una mano, molto fitto, pieno di piante sp‚ta a cunt… i sord : aspetta a contare i soldi, i giochi non sono ancora fatti, non cantare vittoria troppo presto spet… la m€na : aspettare la manna, non darsi da fare per niente, attendere che le cose si risolvano da sole stes e precis : uguale e identico, tale quale stes m„ beve en bicer d'eva : uguale come bere un bicchiere d’acqua, semplicissimo da fare, cosa semplice anzi perfino ridicola stes m„ f… 'n g€rb en l'eva : uguale a fare un buco nell’acqua, inutile come fare un buco nell'acqua stim… pŒ pocc che n'escapƒ’ : considerare meno di uno sputo, tenere in scarsa considerazione, non avere stima di qualcuno st… arsai€’ : restare senza fiato, stupefatto ed inebetito, frastornato da non riuscire neanche pi• a respirare st… b‚gn m„ u Papa : stare bene come il Papa, stare meravigliosamente bene st… cetŒ : star zitto, zitto ed in silenzio st… enrein€’ : restare senza parole, senza saper pi• cosa dire e cosa fare, impantanato, senza riuscire pi• ad andare nˆ avanti nˆ indietro con il discorso (come se si fosse esposti su una cengia in montagna 18) st… l‰ cun i d‚nt en bucca : restare l• con i denti in bocca, restare inebetito, senza saper pi• cosa fare cosa dire, non saper che 18
la parole reina indica in bovesano una cengia su una parete rocciosa 93
comportamento tenere o che decisione prendere, essere semplice spettatore stufi… figna i sant : stufare perfino i santi, tediare, stufare a morte stun€’ m„ na cioca ruta : stonato come una campana rotta, stonato st‡pid m„ bur€cc : stupido come bur•cc (?). molto stupido, scemo sua m€re l'era c… gi€’ parai.... : sua madre era anche gi‰ cos•!, detto di cosa brutta, malfatta, difettosa (ad es. il tronco di una pianta) suma m€i ndat en past‡ra ens‚m : non siamo mai andati al pascolo assieme, non prenderti troppa confidenza suma s‰ suta u tend†n grand : siamo qui sotto il tendone grande (il cielo), siamo vivi, tiriamo avanti suma s-gnur figna en sima 'd la testa : siamo ricchi fino sopra la testa, siamo fortunati, siamo ricchi, siamo signori s‡tta m„ 'n branch : asciutta come un branch (?), asciutta, prosciugata, senza latte (ad es. una capra)
lettera T tac€’ au trav€i m„ u ci€t a la c€rn : attaccato al lavoro come il gatto alla carne, essere un gran lavoratore tac€s-lu a l’ƒrŒa (a n’ƒrŒa) : attaccarselo all’orecchio (ad un orecchio), ricordarselo, tenerselo a mente per sempre in futuro tac… u mund a l'encuntr€ri : iniziare il mondo al contrario, detto di cose che non vanno per il verso giusto, fatte malamente, fatte al contrario di come dovrebbero venir fatte tai€’ cugn l'apiot (cugn l'apia) : tagliato con l’accetta (con la scure), rozzo, grossolano
Tai•’ cugn l'apiot 94
tai… m„ 'n raz…u : tagliare come un rasoio, molto tagliente tamp au tamp : tempo al tempo, bisogna attendere il momento opportuno, bisogna avere pazienza tant n'€s en la testa m„ suta i p‚ ! : tanto ne hai nella testa come sotto i piedi..., sei un insensato, uno scervellato senza cognizione t'ar€’ p‰ p€’ su€’ u lat! : non ti avr‰ poi mica prosciugato il latte!, non c'‚ bisogno di spaventarsi cos…, non ‚ mica successo nulla di irreparabile, non essere sgomento e reagisci! t‚h, sp‚cc-te s‰ ! : toh, specchiati qui!, guarda qui! guarda cosa sono stato capace di fare, hai visto che ‚ cos… come dicevo! ammira! tene a b‚ch e piota : tenere a becco e zampa, accudire qualcuno in modo ottimo, senza lasciargli mancare assolutamente nulla tene caut : tenere caldo, seccare, importunare, noiosare tene m„ 'n bumb†n : tenere come un bombon, tenere bene, con tutte le cure e le attenzioni possibili tene pŒ pocc che la marda 'd na galina : considerare meno che la merda di una gallina, non avere in stima, in considerazione, non considerare qualcuno facendo come se non esistesse nemmeno tene u tal†n : tenere la carta finale buona, la carta che permette di fare propria l'ultima mano nei giochi di carte t‚ndre m„ c€i : tenero come caglio, molto tenero, tenero come la cagliata per fare il formaggio ten-se (tenise) ai branche : tenersi alle branche, assicurarsi, fare molta attenzione, stare molto attento, essere cauto ed avveduto t‰ s‰ che sƒs n'om ! : tu s• che sei un uomo!, tu s… che vali! (detto per† spesso ad una donna con evidente e comico controsenso) tir€i ai tre 'd p‰ : tirarci “ai tre di pi†”, lavorare a pi• non posso, lavorare come un ossesso tir€i m„ 'n desper€’ : tirarci come un disperato, lavorare come un ossesso tir€ne fora ‡na garsa : tirarne fuori una storta, dire uno strafalcione, una cosa insensata tir… an‚nt la b€rziga (...la baraca) : tirare avanti la baracca, essere alla guida, provvedere a tutto quanto necessita, essere il capofamiglia tir… 'd la p‰nna : tirare della p‡nna (?), suonare una fisarmonica, suonare un organetto tir… 'd na gamba : tirare di una gamba, zoppicare tir… 'd v‰ttule : tirare delle sberle tir… i p‰ttule : tirare le cuoia, morire 95
tir… la giaca : tirare la giacca, schernire, deridere, prendere in giro tir… la trƒva per la cua : tirare la scrofa per la coda, fare qualcosa che non ha alcuna possibilit„ di riuscita tir… na sabr€gna : tirare una sciabolata, tirare a caso, un colpo o una stima a casaccio, senza rifletterci troppo su tir… na sal€gna : tirare una (cosa / cifra)“salata”, effettuare un colpo o un’azione decisa, dagli effetti pesanti (ad es, chiedendo un prezzo sproporzionato per un lavoro da eseguire o per un prodotto in vendita) tir… na savas€gna : tirare una ??, tirare a caso, un colpo o una stima a casaccio, senza rifletterci troppo su tir… na sias€gna : tirare una “setacciata”, un cosa fatta senza pensarci troppo su agli effetti che provocher„ tir… na trab‡c€gna : tirare una stima a casaccio, tirare a caso una stima/un colpo dato a casaccio senza rifletterci troppo su, una stima grossolana fatta basandosi sui trabucchi 19 tir… pere : tirare pietre, sparlare, denigrare qualcuno, sparlare alle spalle tƒt i furn cƒzu per t‰.... ! : tutti i forni cuociono per te, sei ovunque, sei ficcato dappertutto, in ogni contesto sei di mezzo, vuoi dire sempre la tua come se fossi il padrone tƒt u santu d‰ : tutto il santo giorno, per tutto il giorno, ininterrottamente tra nd… e vene.... : tra andare e venire, ne passa di tempo.... e di buone intenzioni non mantenute tramul… m„ na fƒia : tremare come una foglia trav€i du p‚ntu : lavoro del pettine, un lavoro stupido e inutile, o un lavoro mal fatto, mal eseguito trav€i foravŒa : lavoro extra, lavoro particolare, lavoro fuori dell’ordinario travai… da 'n ciar a l'aut : lavorare da un chiarore all’altro, lavorare sodo tutto il giorno, dall’alba al tramonto, finchˆ c'‚ luce travai… 'd diabolica : lavorare di diabolica, occuparsi/praticare le arti magiche travai… 'd fizica : lavorare di fisica, praticare le cose occulte, praticare la magia e gli incantesimi travai… y € c… m€i fat m€l ! : lavorare non gli ha anche mai fatto del male, essere un gran pelandrone
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trabƒch : sottomultiplo della giornata piemontese Il trabucco piemontese ‚ un antica misura di lunghezza usata in diverse province della regione, pari a 3,086 metri, a cui corrisponde, come misura di superficie, il trabucco quadrato, pari a 9,5259 mq 96
travai… m„ la tempesta : lavorare come la grandine, lavorare ininterrottamente, senza mai un momento di pausa, infaticabilmente travai… m„ 'n sasign : lavorare come un assassino, lavorare come un ossesso travai… per la Madona : lavorare per la Madonna, lavorare gratis, senza alcun ricavo tre au trƒch : tre punti alla sommit‰ (?) 20, modo di dire nel gioco di bocce (si usa quando con una bocciata ben eseguita un giocatore toglie dal gioco una boccia avversaria che impedisce alle bocce gi„ giocate della propria squadra di ottenere due o tre punti in una volta sola) trencuil m„ na P€sca : tranquillo come una Pasqua, tranquillo e pacifico trencuil m„ 'n Papa : tranquillo come il Papa, tranquillo e pacifico trencuil m„ 'n puciu (st… da puciu) : tranquillo come un nodo (stare da), 21 stare meravigliosamente bene, in gran comodit„ e tranquillit„ tr‡farŒu Nus-gnˆ se lu ncuntreisu! : trufferebbero il Signore se lo incontrassero, sono dei veri truffatori trƒv€se a c€rte vintenƒu : trovarsi a carte ventinove, trovarsi costretto, alla disperazione, in una situazione di estremo bisogno tr‡v€se en y embrƒi : trovarsi negli imbrogli, essere nei pasticci, essere nei guai truv€se en mes a na via : trovarsi in mezzo ad una strada, essere rovinato, non avere pi• il becco di un quattrino tr‡v… i tƒfi‰tte (‚se ent'i tƒfi‰tte) : trovarsi nelle grane, essere nei guai, in difficolt„ truv… la sua sc€rpa : trovare la sua scarpa, incontrare l'anima gemella truv… Nus-gnˆ en l'ort.... ! : trovare il Signore nell’orto, avere una fortuna sfacciata, un gran colpo di fortuna t‡b… m„ na cimineia : fumare come una ciminiera, fumare come un turco t‡b… m„ na tabachera : fumare come una tabacchiera, fumare come un turco tuc… du d‰ : toccare col dito, verificare, appurare, spesso anche scottarsi pagando di tasca propria tuc… la sacocia : toccare la tasca, costoso, caro, che mette in crisi il portafoglio 20
trƒch: sommit„, cima collinare arrotondata, cresta displuviale tra due versanti puciu: letteralmente un ciuffo, ciocca, fiocco (di corda, di tessuto, di capelli umani o peli animali, ecc….)…. botanicamente invece, puciu mol =ciuffo molle, ‚ il nome che indica la nespola e l’albero che la produce…. 97 21
tuc… u portafƒi : toccare il portafoglio, costoso, caro tuc… u tamp : toccare il tempo, mettere fretta, sollecitare, mettere premura turuni… t‡t u dŒ : tubare tutto il giorno, borbottare incessantemente per tutto il giorno t‡se m„ 'n carbun‰ : tossire come un carbonaio, tossire a pi• non posso
T‹se m‰ 'n carbun‡ t‡t y €gn cuntu ƒgn : tutti gli anni contano uno, ogni anno fa invecchiare di un poco t‡ti la vƒlu, gn‡gn la pŒa ! : tutti la vogliono nessuno la piglia, tutti sembrano volerla sposare per† nessuno la prende veramente in moglie!
lettera U u bevarŒa 'd lesi€s : berrebbe del lesi•s 22, ‚ un gran bevitore, un ubriacone u ch‚gn l'‚ ndat en vie : il cane ‚ andato in veglia, detto quando il cane si assenta per alcuni giorni da casa per seguire le cagne in calore u d‰ che tacu a d€i ai foi l’‚ p‰ mei che taches a cure....! : il giorno che iniziano a dargli agli scemi ‚ poi meglio che cominci a correre!, modo gentile per dire a qualcuno che ‚ un vero stupido! 22
lesi€s : liquido che si ricava dal passaggio dell’acqua bollente sulla cenere durante la les•a (liscivia), il complesso procedimento usato un tempo per il bucato casalingo, prima dell’introduzione della candeggina 98
u d‰ che i d‚gn ai foi cal l‰ u v‚gn tƒt bl• ! : il giorno che gli danno agli scemi quello l• diventa tutto blu (a causa degli ematomi), altro modo gentile per dire a qualcuno che ‚ uno scemo! u farŒa gn‚nt la camura d'en sord : non farebbe la camorra di un soldo, ‚ davvero onesto, non si intascherebbe neanche un denaro di guadagno per sˆ.... u giˆ u munta : il giogo sale, ‚ un pelandrone, non ha voglia di lavorare u giuarŒa du c‡l set€’ es na br‡stia : giocherebbe col sedere seduto su una spazzola di ferro 23, detto di un giocatore estremamente appassionato del gioco delle bocce u l’€ sampe tenƒ’ cial u m€s : ha sempre tenuto lui il mazzo, ha sempre parlato lui, ‚ stato l’unico protagonista della serata (come nel gioco delle carte, solo uno ‚ il mazziere che le distribuisce agli altri giocatori) u l'‚ en cam‰gn che i banda ! : ‚ mentre li stringe, ‚ sul punto di morire, ‚ moribondo (oppure sta avendo una grossa paura) u l'‚ p€’ tƒt en c€dre : non ‚ mica tutto in quadro, non e molto a posto col cervello, ‚ un po' svitato u pagn u l'€ tropa farina : il pane ha troppa farina, detto di chi ‚ ingordo e mangia sŒt (=asciutto, cio‚ solo il companatico senza il pane di accompagnamento) u p€re di patanƒ’ / u p€re di m€lvest‰ : il padre dei nudi / il padre dei mal vestiti, cio‚ il sole
U p•re di patanŒ’ u s'engrap‰tta si veru : si arrampica sui vetri, essere terribilmente avaro u tamp l’‚ a n’€ria! : il tempo ‚ in aria, non si sa che tempo far„, pu† anche cambiare e iniziare a piovere u v‰gn s'asola : il vino decanta ‡gn au bot : uno alla volta 23
br‡stia : scardasso, spazzola di ferro usata per cardare e pettinare la canapa 99
‡gn vir€’ a l'envars : uno girato all’inverso, un omosessuale unda u vau ? : dove va? ‡nvarn di p…ure : inverno dei poveri, inverno mite e poco freddo tanto da andar bene anche a coloro che, ridotti in povert„, faticano a riscaldarsi
lettera V v€’ a cag… a Biot : va’ a cagare a Biot, ma va’al diavolo, va’ a quel paese v€’ a cag… a la vigna : va’ a cagare alla vigna, va’ al diavolo, va’ a quel paese v€’ a cat€te en cas‡l : va’ a comprarti un mestolo, va’ alla malora, va’ a quel paese v€’ a cat€te na mola : va’ a comprarti una mola, va’ alla malora, va’ a quel paese v€’ a cugi€te : va’ a coricarti, va’ alla malora, va’ a quel paese v€’ a f€te benezŒ : va’ a farti benedire, va’ alla malora, va’ a quel paese v€’ a f€te frize : va’ a farti friggere, va’ alla malora, va’ a quel paese v€’ a f€te f‡rb : va’ a farti furbo, va’ alla malora, va’ a quel paese v€’ a pi€t-la en la giaca (v€t-la a pi… en la giaca) : va’ a prendertela nella giacca, va’ alla malora, va’ a quel paese v€’ a pi€t-la en ent'u c‡l (v€t-la pi… en ent'u c‡l) : va’ a prendertela nel culo, va’ alla malora, va’ a quel paese v€’ a pi€t-la en y organo : va’ a prendertela nell’organo, va’ alla malora, va’ a quel paese v€’ a strem€te : va’ a nasconderti, va’ al diavolo, va’ a quel paese v€’ che br‡za : va’ che brucia, va’ veloce v€’ che s-ciopa : va’ che scoppia, va’ veloce v€’ en pal‡dria : va’ in Pal‹dria (?), ma va’ alla malora, va’ a quel paese v€’ es la buza : va’ sullo sterco di mucca, va’ a quel paese! v€’ es la marda : va’ sulla merda, va’ a quel paese! v€’ 's la be€ta : va’ sulla beata (?), va’ al diavolo !, va a quel paese! fatti furbo ! v€’ 's la furca.... t‰ e chi ‘t vƒl b‚gn ! : va’ sulla forca…. tu e chi ti vuole bene!, va’ a quel paese, va’ al diavolo tu e chi ti vuole bene! fatti furbo! vagn€se u guvarn : guadagnarsi il governo, provvedere per sˆ stessi, guadagnarsi da vivere, essere autosufficiente 100
v€l 'd menu che na fƒia 'd por : vale meno di una foglia di porro, non vale niente, non ha nessun valore vande (cat…) a b€le rute : vendere (comprare) a palle rotte, vendere o comprare ad un prezzo irrisorio vande per en toch et pagn : vendere per un pezzo di pane, vendere ad una cifra irrisoria vande u sul per cat… la l‡ce : vendere il sole per comprare la luce, fare un pessimo affare, restare fregato da solo, fare un affare molto svantaggioso vard m„ y arbe : verde come le erbe, verde, malaticcio, con una brutta cera v‚ghe u babuy‰gn en l'amula : vedere il coleottero nella bottiglia, soffrire le pene dell'inferno, vedere i sorci verdi v‚gn a b‚gn a dŒ : viene a bene a dire, si fa per dire, cos… per discorrere vei brƒt e galƒp : vecchio brutto e goloso, cos… si diventa quando si ‚ raggiunta una certa et„ vei fin‰ : vecchio finito, molto vecchio vei fut‡’ : vecchio fottuto, vecchio spacciato, molto vecchio v‰i m„ badan : vecchio come Badan (?), molto vecchio vei m„ croch : vecchio come Croch (?), molto vecchio v‰i m„ garan : vecchio come Garan (?), molto vecchio vei m„ u Paternost : vecchio come il Padrenostro, molto vecchio vei veŒs 24 : vecchio vecchiccio, molto vecchio vene a t€i : venire a taglio, diventare utile, essere utile nel momento del bisogno venŒa che DŒu la mendava.... ! : veniva che Dio la mandava, la pioggia cadeva fitta, pioveva a dirotto v‰n-ye en trabƒch 'd fioca : venirne un trabucco di neve, nevicare abbondantemente, venirne una gran quantit„ veniy-ne na l‰cca : venirne una quantit‰, cadere molta neve v‚nta b‡tau au p€s : bisogna metterlo al passo, occorre frenarlo, metterlo agli ordini, ridimensionarlo ed obbligarlo al rispetto ed all’obbedienza v‚nta ‚se en due a tenŒu : bisogna essere in due a tenerlo, detto riferito ad una persona che beve un vino non proprio buono, con pochi gradi e acidulo come aceto 24
il raddoppio di una parola (solitamente un aggettivo) con la desinenza Œs finale ‚ a Boves un accrescitivo, un superlativo che rafforza tale qualit„ (es. giaun giaun•s = molto giallo, vard verd•s = molto verde, mort murt•s = definitivamente morto, sach sech•s = molto secco, nŒu-n‹v•s = nuovissimo, crŒ-cr‹•s crudissimo, pi‡gn-pien•s = pienissimo, ecc.) 101
v‚nta gn‚nt as€se cag… es la testa : non bisogna lasciarsi defecare sulla testa, non bisogna lasciarsi opprimere, non si deve essere calpestati e tiranneggiati v‚nta lev€se prast la matign : bisogna alzarsi presto la mattina, bisogna essere molto svegli, in gamba e furbi per poterne aver ragione
V‚nta lev•se prast la matign v‚nta ncˆ che nun manges et pul‚nta (...et p€stas‡tta) : bisogna ancora che ne mangi di polenta (…di pastasciutta), devi ancora crescere per potermela fare, per poterti prendere gioco di me v‚nta vir€i cun u trant : bisogna rivoltarli con il tridente, avere molti soldi, avere molto denaro, un mucchio di bigliettoni che occorre il tridente per fargli prendere aria ventarŒa b‡tau en pocc a pich e p€la : bisognerebbe metterlo un po' a piccone e pala, bisognerebbe metterlo un po' al lavoro duramente per fargli capire come ‚ la vita ventarŒa f… bati… n'€zu : bisognerebbe far battezzare un asino, detto di fatto strano e insolito, qualcosa che meriterebbe di essere ricordato negli annali ventarŒa pas€te en p… 'd l€rd : bisognerebbe passarti un po’ di lardo, bisognerebbe legnarti per bene vers… tantu 'd che br• : versare tanto di quel brodo, piangere a dirotto, piangere a lungo veru s‚gn che.... : vero segno che, ‚ segno che, vuol dire che… quindi significa che… vest‰ a tre dubi : vestito a tre doppi, vestito con abiti pesanti, ben coperto per ripararsi dal freddo vest‰ m„ 'n p€ge : vestito come un paggio, vestire elegantemente vira piche : gira picche, va tutto storto, va tutto male 102
Vest‡ m‰ 'n p•ge vir€’ l'ƒi : girato l’occhio, in un battibaleno, appena levato lo sguardo di dosso vir€se a l‰cche : girarsi a botte, rivoltarsi violentemente, in modo manesco vir€se a m€le parole : girarsi a cattive parole, ribellarsi verbalmente a male parole vir€se a pistu : rivoltarsi a pistu 25, rivoltarsi con brutte parole, bestemmiando vir… mund e pais : girare mondo e paese, cercare dappertutto, cercare o girare in lungo e in largo vir… tƒt u mund e la Ci‡za : girare tutto il mondo e la Chiusa (Chiusa Pesio), girare dappertutto, cercare ovunque vir… v‚la : girare vela, il peggioramento della situazione, situazione che cambia in modo imprevisto e si volge al peggio vƒi gnanca p‰ v‚ghe m„ l'‚ fata : non voglio neanche pi† vedere com’‚ fatta, non la voglio proprio pi• vedere vƒl dŒ che y avŒa d‡rm‰ cun i m‡radˆ! : significa che avevo dormito con i muratori, vuol dire che conosco il mestiere (da muratore), che non sono un pivellino 25
pistu ‚ una sorta di imprecazione usata spesso per sostituire una bestemmia vera e propria (quale Cristu! – Cristo!) 103
VirŠ v‚la vƒs giu… : vuoi giocare, cio‚: vuoi scommettere, scommettiamo che… vƒz‰ f… creze che Nusgnˆ l'‚ mort 't sogn : voler far credere che il Signore ‚ morto di sonno, raccontare frottole assurde, menare per il naso vƒz‰ f… la c€rta a t‡ti : voler fare la carta a tutti, voler essere pi• furbo e sapiente degli altri, voler insegnare a tutti vƒz‰ f… sorte 'd s‚nch dai pere : voler far uscire del sangue dalle pietre, voler spremere qualcosa per ricavarne tutto l'utile possibile vƒz‰ must… ai preve a dŒ m‰ssa : voler insegnare ai preti a dire messa, voler insegnare a chi sa vugne chiycƒgn : ungere qualcuno, picchiare di santa ragione vugne i rue : ungere le ruote, dare tangenti, speculare, raccomandare, spingere una causa usando il denaro vul… a n'€ria : volare per aria, saltare in aria, esplodere vul… „ y ƒi : volare agli occhi, aggredire, attaccare, avventarsi contro vul… lunch e tir€’ : volare lungo e tirato, cadere come un sasso, prendere un gran ruzzolone
lettera Z zeru virgola zeru : zero virgola zero, niente di niente, assolutamente nulla
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