Il bosco delle maschere - la vita segreta del tasso

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Pur sottolineando come ogni eventuale opinione espressa, errore o imprecisione in questo volume siano imputabili esclusivamente all’autore, si desidera ringraziare per il supporto, i consigli, il rilascio di autorizzazioni, le indicazioni, l’assistenza su campo o altre forme di collaborazione le seguenti persone: Leonardo Ancillotto, Danilo Baratelli, Martina Bencistà, Giancarlo Bernasconi, Oscar Bertolio, Carlo Biancardi, Francesco Bisi, Armando Bottelli, Gabriele Brambini, Davide Canciani, Elisa Canciani, Maurizio Canciani, Norino Canovi, Carla Castiglioni, Silvio Colaone, Alessandro Colombo, Carlo Colombo, Giorgio Colombo, Susanna Colombo, Rossella Cominotti, Giacomo Cremonesi, Bruno D’Amicis, Anna Decrema, Elga Disperdi, Olivia Dondina, Fabiana Ferrari, Pietro Formis, Luca Guiotto, Werner Klopf, Massimiliano La Rosa, Riccardo Lattuada, Claudia Loglisci, Alice Longoni, Sandro Lovari, Nicoletta Lupi, Antonio Macioce, Valentina Mainetti, Filippo Maltagliati, Bruno Manunza, Adriano Martinoli, Alessio Martinoli, Ugo Mellone, Luca Migliavacca, Emiliano Mori, Cinzia Paganin, Mattia Panzeri, Chiara Pasquali, Roberto Pegolo, Antonio Peruz, Cesare Peterlana, Gabriele Pozzi, Lella Rossetti, Riccardo Rossi, Rita Saiu, Luca Salvioli, Francesco Isaia Sandri, Daniela Scortegagna, Martina Spada, Christian Spunton, Tanya Tarantini, Marco Tessaro, Lorella Toldo, Renato Tomasini, Daniele Tonelli, Giorgio Trespioli, Marco Vicariotto, Francesco Visintin, Luc Wauters, Fabrizio Zanzi, Emanuela Zucchelli. Si ringrazia in particolare: Francesco Tomasinelli (biologo e fotogiornalista) per la gentile prefazione; Arianna Spada (Università Ca’ Foscari di Venezia) e Leonardo Ancillotto (Wildlife Research Unit, Dipartimento di Agraria, Università degli Studi di Napoli Federico II) per la revisione critica dei testi; Pietro Formis per i consigli relativi alle maschere, quelle di contrasto però. Si ringraziano inoltre per l’autorizzazione alla pubblicazione delle immagini di pertinenza: Gallerie Estensi – Biblioteca Estense Universitaria (Modena), in quanto sede di conservazione del volume relativo, su concessione del Ministero della Cultura (pagina 8); Ente Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise (pagina 66, scattata nel suo territorio); Centro Recupero Animali Selvatici di Vanzago e Piacenza Wildlife Rescue Center (pagine 97-99 e 100-101, rispettivamente scattate nelle proprie strutture). Un immenso grazie, infine, ad Elisa e Alessandro, gli amori della mia vita, che mi sostengono e hanno sopportato le mie assenze per fare questo libro. L’autore e l’editore desiderano ringraziare per il supporto: Parco Pineta di Appiano Gentile e Tradate; EIZO. L’autore desidera ringraziare per il supporto tecnico del suo lavoro di fotografo:

Tutte le foto su questo libro sono state realizzate in Italia, con animali liberi in natura (ad eccezione di quelle alle pagine 97-105, legate a Centri Recupero Animali Selvatici e/o individui detenuti con regolare permesso), nel rispetto dell’incolumità dei soggetti ripresi e dell’integrità dei luoghi esplorati. Tutto quanto riportato negli scritti è reale anche se per motivi narrativi il tempo del racconto può essere stato velocizzato o rallentato rispetto al tempo della storia. Una parte dei proventi di questo volume verrà devoluta ad un progetto di conservazione della fauna selvatica.

ISBN 978-88-86227-86-5 © Copyright 2021 Marco Colombo Fotografie: © Copyright Marco Colombo, salvo pagina 8, come già indicato, e pagina 127 in basso a sinistra (foto di E. Canciani) Progetto grafico: Sergio Negri Elaborazione grafica ed impaginazione: Davide Niglia Prima edizione: ottobre 2021 © Copyright 2021 PUBBLINOVA EDIZIONI NEGRI e-mail: info@pubblinovanegri.it www.pubblinovanegri.it ‒ www.facebook.com/pubblinovanegri Stampa: Industria Grafica SI.Z S.r.l. ‒ Campagnola di Zevio (VR) Tutti i diritti riservati ‒ Printed in Italy


SOMMARIO

Prefazione del Dr. Francesco Tomasinelli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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IL BOSCO DELLE MASCHERE La vita segreta del tasso

Introduzione

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Primi incontri

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Il tempo dei lombrichi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21 Ai piedi del vecchio albero . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31 La casa nel tubo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 47 Effetti collaterali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 55 Il clan dei gelsi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 73 Il sonno interrotto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 89 Conclusione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 111 Consigli di comportamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 119 Biologia del Tasso europeo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 121 Bibliografia e sitografia minime . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 125 |5


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PREFAZIONE

A guardare la cartina di distribuzione, il tasso appare come un animale comune e diffuso in gran parte del nostro Paese. È sicuramente così, ma vederne uno che non sia morto, a lato strada, investito da un veicolo nelle ore notturne, è un’altra storia. Non ha il carisma e il fascino da grande predatore del lupo e dell’orso o la simpatia e l’eleganza della volpe, ma per l’ecologia del bosco è altrettanto importante. Insomma, è uno di quegli animali noti e diffusi, ma di cui non si parla molto, anche perché in pochi lo vedono. Probabilmente è per questo che è diventato un soggetto perfetto per i racconti fotografici di Marco Colombo, che ha questa naturale vocazione per documentare la fauna italiana meno nota, dedicandosi anche a specie alle quali tanti altri bravi fotografi riservano poca attenzione. Curiosamente molte persone, soprattutto tra i più giovani, conoscono meglio del nostro tasso il suo parente africano, l’honey badger, il tasso del miele (Mellivora capensis). È diventato “famoso” per essere uno degli animali più curiosi, agguerriti e casinisti della savana: resiste ai morsi dei serpenti velenosi, ha una pelle spessa e coriacea, ghiandole repellenti, un morso potente e lunghi unghioni. Anche i leoni non lo attaccano volentieri, perché hanno capito che non ne vale la pena (anche Marco ne parla, poco più avanti). Così lo si vede andare in giro con arroganza anche in pieno giorno alla ricerca di qualcosa da mangiare. Gli sono stati dedicati documentari, citazioni e magliette con frasi che celebrano il suo coraggio e la sfrontatezza (honey badger don’t care). Il nostro tasso non ha il brutto carattere del suo cugino africano, che vive in un contesto molto competitivo e quindi deve imparare a farsi rispettare, ma è un animale piuttosto simile, che per il grande pubblico è ancora relativamente misterioso. Con l’eccezione dell’Inghilterra, che ha dedicato al tasso non poca attenzione, non è spesso protagonista di documentari e monografie. Sicuramente perché non è mai stato davvero minacciato, ma anche perché non è facile che si faccia vedere di giorno e, di notte, spesso, tutto quello chi si scorge è il retro traballante dell’animale che si allontana. Anche a me è capitato di vederne diversi grazie ai filmati delle fototrappole, molti di meno dal vivo. Il libro di Marco Colombo ha il merito di essere uno dei ritratti più intimi e completi di questa specie: vi porterà a perlustrare i boschi sul far della sera e a strisciare tra l’erba per osservare i tassi nel loro habitat naturale. Ma le fotografie, così riuscite e inconsuete, sono solo una parte del suo valore. Nei testi, infatti, alla parte narrativa, che racconta il suo impegno personale per fotografare i tassi, affianca moltissime informazioni sulla biologia di questa specie, miscelando con abilità i due elementi. Più di molti altri volumi, destinati a celebrare la natura e l’abilità di un fotografo, io mi sono goduto questo libro anche come una “guida” alla ricerca fotografica di una specie elusiva, con tutti i passaggi chiave: la fascinazione iniziale, la raccolta delle notizie e della documentazione scientifica, le indagini e le osservazioni sul campo e infine la fotografia. Le immagini che raccontano questo percorso sono solo il passaggio finale, perché nella moderna fotografia naturalistica solo studiando a fondo il soggetto si può fare qualcosa di interessante e di nuovo. Dr. Francesco Tomasinelli (biologo e fotogiornalista)

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INTRODUZIONE

Che senso ha un progetto sul tasso? In fondo si tratta di una specie comune, è vero. Una di quelle su cui forse nessuno investirebbe quattro anni di faticosissime ricerche per scrivere un libro. Eppure, ricordiamoci che in natura l’equilibrio non esiste: viviamo tutti su un piano inclinato. La dimostrazione è che specie un tempo comunissime sono diventate molto rare o si sono addirittura estinte, e viceversa specie un tempo rare sono ora comuni. Il tasso è forse poco considerato perché abbondante: ma se un domani diventasse raro? Guadagnerebbe l’interesse del grande pubblico solo in virtù della sua eccezionalità? Non merita forse attenzione per i suoi comportamenti peculiari, oltre che per il suo status di conservazione? È sicuro che le specie rare sono spesso molto importanti per gli ecosistemi, ma numericamente parlando questi ultimi sono in gran parte costituiti e sorretti da tante specie comuni, che ad un certo punto potrebbero non esserlo più per qualche motivo. E quella in questione, tra l’altro, potrebbe avere tutte le carte in regola per essere considerata in ogni caso keystone, pietra portante degli habitat che colonizza. Il tasso infatti scava tane che sono utilizzate da una moltitudine di altri animali come riparo e luogo di riproduzione; favorisce la diffusione delle spore di diversi funghi; facilita la riforestazione di aree incendiate disperdendo i semi attraverso il suo apparato digerente, che ne induce la germinazione. Eppure, nell’immaginario collettivo, il tasso è ancora ingiustamente ritenuto un animale feroce ed aggressivo: in un questionario in Veneto, una persona ha scritto che avrebbe meno paura ad imbattersi in un lupo che in un tasso. In un recente caso di bambino scomparso (poi fortunatamente ritrovato sano e salvo), gli articoli recitavano tra le altre cose: “Alcuni abitanti del posto hanno spiegato alle forze dell’ordine che i boschi ultimamente erano popolati da alcuni lupi, e soprattutto da un tasso che avrebbe manifestato un’indole decisamente feroce attaccando animali domestici e di allevamento”. Come se il bimbo potesse anche solo lontanamente essere stato attaccato e ucciso dal mustelide, semplicemente reo di essere sconosciuto ai più, e dunque definito “feroce”. Che poi, è più facile incrociarlo morto che vivo: nel Nuovo Atlante dei Mammiferi della suddetta regione, per esempio, sono riportate 117 osservazioni dirette a fronte di 674 carcasse di individui perlopiù investiti. Un quadro analogo emerge sfogliando le pagine della piattaforma di raccolta dati iNaturalist: la specie rimane avvolta da un alone di mistero, è difficile da incontrare, seppur viva a due passi da casa. Abbiamo esacerbato tutto il selvaggio, edulcorandolo. Ma, paradossalmente, alcuni lembi di selvatico sono proprio i più vicini ed inaspettati, tra i rovi, dove nessuno guarda. Fotograficamente parlando, continua sui social network la corsa fotografica al soggetto più raro, all’aberrazione cromatica, con una tendenza allo spuntare una lista della spesa di specie da avere nel proprio archivio (o forse sarebbe meglio dire carniere?), che si è pian piano sostituita all’osservazione. Il libro che avete tra le mani, invece, è nato per caso. Da un incontro fortuito ho pensato di intraprendere, con non poche difficoltà, questo lavoro, esclusivamente basato su appostamenti e fotografie in luce ambiente, senza fototrappole o flash: del comportamento notturno del tasso sappiamo già molto, è quello diurno ad essere meno noto. Ho deciso quindi di dedicarmi ad una specie comunissima, ma poco fotografata in Italia, in un bosco speciale e segreto, dove le ombre bianche e nere si muovono soprattutto nel buio loro pari, passando inosservate ai più. Ma, in alcune rare occasioni, mi sono apparse davanti furtive, in tutta la loro contrastata bellezza, anche alla luce del sole. Ho cercato di trascorrerci molto tempo, provando a comprenderne a fondo i comportamenti, fino al livello caratteriale di ciascun individuo delle varie famiglie che ho incontrato. Ciononostante, non ho dato loro alcun nome proprio, è una cosa che non amo fare con gli animali selvatici, non ne hanno bisogno. Questi tassi rimarranno anonimi, ma da oggi avranno una storia: è la storia del bosco delle maschere.

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L’orma di un tasso lasciata vicino ai resti di una giovane volpe.


PRIMI INCONTRI

Quando ero piccolo chiedevo a mio papà di portarmi in auto, la sera, sulle montagne vicino a casa, per poter vedere gli animali. Di giorno quei boschi mi parevano vuoti, senza forme di vita che non fossero delle dimensioni di una formica o una lucertola, ma col calare del buio la carreggiata si popolava di mufloni, caprioli, cinghiali e volpi. Chissà da dove arrivavano. Accostando ed abbassando il finestrino, a motore spento, il silenzio sordo era rotto dal canto malinconico dell’allocco. Non so come facessi a non vomitare su tutte quelle curve dopo la cena, ma il desiderio di incontrarli, fermando l’auto in modo da non metterli a disagio, era così forte che, evidentemente, la mia tipica cinetosi diurna veniva inconsciamente dimenticata. Percorrevamo la salita tortuosa quasi a passo d’uomo, senza mai incontrare altre vetture, nella consapevolezza che ogni curva avrebbe potuto rivelarci qualcosa di inaspettato. E, una volta, accadde. I fari stavano puntando verso il guardrail e lì, proprio nel mezzo, c’era un grande sedere peloso, che zampettava con fare quasi goffo, per poi sparire in un secondo sul versante di sotto. Era un tasso. Il mio primo incontro! Un animale che non avevo mai visto prima e, ad essere sincero, era come non averlo visto ancora, dato che era stato più un guizzo che altro. Soprattutto, non avevo potuto puntare il mio sguardo curioso sulla sua tipica testa. La mascherina bianca e nera del tasso, una caratteristica così peculiare ed incredibilmente bella, era sfuggita ai miei occhi. E pensare che si tratta di un segnale aposematico per i predatori: significa pericolo. Come le moffette nordamericane hanno la coda bianca e nera (per segnalare la capacità di spruzzare liquidi nauseabondi contro eventuali minacce), così il tasso ha il muso dello stesso codice colore, per comunicare di essere una sorta di tagliola ambulante. Il suo morso molto potente, infatti, è un’arma di difesa infallibile: ecco che anche a distanza, anche nella penombra delle notti di luna, una mascherina così è riconosciuta e rispettata dagli altri abitanti del bosco che non vogliano rogne, conspecifici inclusi. Da qui, una nomea un po’ sinistra, di animale feroce, aggressivo e pericoloso. Nell’Archivio di Stato di Como sono conservati ad esempio alcuni documenti, che mostrano come tale Fortunato Frangi, nei primi decenni del XIX secolo, provò a riscuotere una taglia per la cattura di uno di questi animali, sostenendo che fosse “pericoloso ai Passaggieri”, come lupi e orsi. La delegazione provinciale, però, respinse la richiesta. Eppure, nelle raffigurazioni antiche, anche nelle opere naturalistiche (che traevano ampia ispirazione dai racconti venatori), il tasso è sempre ritratto con la bocca aperta, i denti in vista in un ringhio spaventoso e gli occhi maligni; nella tassidermia, esemplari preparati decenni fa mostrano le stesse caratteristiche, che li rendono poco adatti ad un pubblico impreparato, nonché complici di una raffigurazione fuorviante. La specie infatti è assolutamente schiva e per nulla aggressiva, evita l’uomo e quando si avvicina lo fa più che altro perché non si accorge della presenza dei bipedi, certo non per cattive intenzioni. Molto probabilmente, ciò che ha dato impulso a questa visione dell’animale è il suo carattere mordace e battagliero se messo alle strette o ferito: in quel caso il tasso fa mostra della sua forza in maniera straordinaria. Ne sono testimoni innumerevoli racconti di caccia, dall’Inghilterra e dal centro Europa, dove i cani da tana uscivano spesso tremendamente feriti o mutilati dagli scontri con le loro prede. D’altronde il bassotto, in tedesco, si chiama dachshund, che suona più o meno come “cane da tassi”, in virtù della sua forma bassa e lunga, che gli permetterebbe di penetrare nelle

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Un grosso tasso maschio si affaccia dalle fondamenta di una casa abitata.

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LA CASA NEL TUBO

Negli ultimi decenni i tassi, grazie alla quasi totale scomparsa della rabbia, alla riduzione del bracconaggio e all’espansione della copertura boschiva, sono aumentati sensibilmente, addirittura del 75% secondo alcune stime dall’Inghilterra. La loro estrema adattabilità ha consentito una ricolonizzazione capillare di ambienti in cui fino a poco tempo fa erano spariti. Addirittura, la specie può vivere all’interno di grandi centri urbani: durante il primo lockdown della pandemia da covid-19, nel marzo 2020, circolava sui social network il video di un tasso che, di notte, correva in un lungarno a Firenze, accanto ad un tizio inconsapevole in bicicletta. L’evento venne ovviamente spacciato a piene mani come una fantomatica “natura che riprende i suoi spazi grazie al coronavirus”, quando in realtà era stato girato ben cinque anni prima. I tassi non avevano avuto bisogno di blocchi totali per poter conquistare la città. Essi infatti possono scavare le tane all’interno di piccoli incolti nel tessuto urbano, giardini di grandi ville, argini di fiumi che attraversano gli abitati, o addirittura vecchi edifici abbandonati, ruderi e analoghe situazioni con una certa tranquillità. Anche in contesto naturale, una cascina dismessa o un vecchio acquedotto in disuso possono essere sfruttati per i loro scopi. D’altronde non sono molto diversi dalle grotte, dove talvolta questi animali trovano riparo. In tutti questi casi, comunque, è fondamentale la permanenza di aree prative, orti, frutteti e zone boscate facilmente raggiungibili, nell’immediata periferia o tra le abitazioni, ove poter cercare da mangiare, magari in mezzo alle panchine che di giorno invece sono gremite di studenti. È da dire che i tassi non si fanno grossi problemi in termini di coesistenza con gli umani, mentre questi ultimi a volte si lamentano dei buchetti nel prato inglese, dei frutti mangiati o delle reti sollevate per passare. Un giorno un amico pastore mi telefonò segnalandomi la presenza di una tana occupata; niente di particolarmente eccezionale, se non fosse che era collocata sotto ad una casa abitata. Era una casa di montagna, è vero, ma si trattava pur sempre di una situazione degna di interesse. L’edificio era circondato da un ampio prato tenuto bene, con erba rasa e qualche albero sparso, ed era immerso in un castagneto misto a faggi ai margini di un piccolo paese. L’ambiente era dunque praticamente naturale, e si capiva che i tassi passavano molto più tempo fuori che dentro dal numero consistente di passaggi nella recinzione piegata. Accanto alle finestre, un piccolo vialetto adornato di lampioncini conduceva alla legnaia, bordato da un muretto in cemento nel quale si apriva un grosso tubo, forse per lo scolo dell’acqua o l’aerazione delle fondamenta. La tana era al suo interno, e non mostrava grossi segni di scavo. I monitoraggi intensivi del mio amico ci avevano infatti portato a pensare che gli animali avessero iniziato i loro “lavori” molti metri più in dentro, proprio sotto la struttura, e che quindi il materiale di riporto fosse dentro al tubo e non finisse nel prato antistante. All’interno vivevano, apparentemente, solo due individui, una coppia con un notevole dimorfismo sessuale nelle dimensioni. Un giorno decisi di fare un tentativo di osservazione e, grazie alla gentilezza dei proprietari (che li vedevano di frequente dalla finestra, e ai quali avevano ripulito un’intera pianta di mirtilli), potei entrare nel giardino e sedermi in un angolo ad aspettare. Penso che quello fosse il giorno più rumoroso del mondo: un bravissimo batterista che si esercitava in una casa vicina, scoppi di mortaretti in paese, insomma tutto remava contro la già remota possibilità che qualcuno si affacciasse dal tubo prima del buio. E, infatti, non vidi niente. Le ore passavano interminabili, ed avevo crampi a tutte le gambe causa posizione scomoda, nonostante mi fossi messo lontano ed usassi un radiocomando, per non disturbare con la mia presenza. Fu attorno alle ore 15:00 che accadde l’inaspettato: sul versante di fronte, alcuni boscaioli cominciarono ad abbattere i faggi, inondando la vallata col rumore molesto dei tagli. Non era stata la batteria, non i petardi, ma il rombo delle motoseghe a svegliare i tassi: in un attimo l’ingresso del tubo fu ostruito da un’enorme testa striata. La mascherina marcatissima contrastava con l’argento della groppa, mentre una grande area bianca, un po’ insolita, si estendeva dalla

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Gatto selvatico e faina possono usare le tane abbandonate dai tassi come rifugi.

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Cincia mora e tasso approfittano della stessa abbondanza.

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Tagliole come questa venivano piazzate soprattutto in passato per catturare animali di medie e piccole dimensioni, tassi inclusi.

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IL SONNO INTERROTTO

“Posso raccogliere dei fiori? Sono per il cimitero, sa, era un guardiacaccia…”. Il bracconiere noto come “Rossodarco” mi apparve da dietro parlando del più e del meno, comportandosi come se fosse finito lì per caso, un mazzo di mughetti protetti in mano, mentre chino stavo controllando una videotrappola. Personaggi come lui, nei decenni scorsi, hanno svuotato le aree naturali, portandole spesso a surrogati di deserti biologici, vuoi per poter mangiare gli animali, vuoi per venderne la carne o vuoi, semplicemente, per eliminarli. Anche il tasso ha subito una persecuzione non indifferente, che a livello locale continua ancora oggi, seppur in maniera molto meno sistematica. In alcune zone d’Italia, della Francia e della Croazia si pensa ci siano due specie: il tasso canino, magro e più piccolo, ed il tasso porcino, grasso e più grande. In realtà, si tratta ovviamente dello stesso animale, rispettivamente in primavera e autunno, quando la sua massa corporea è influenzata dall’accumulo adiposo prima e dopo l’inverno. La distinzione, che affonda le sue radici nella letteratura cinquecentesca dimostrando quanto poco fosse conosciuto questo animale, è di tipo prettamente culinario, perché il tasso porcino sarebbe più buono da mangiare, seppur chiaramente oggi in Italia il prelievo sia vietato. I tassi venivano catturati soprattutto con tagliole, posizionate sugli stessi sentierini dove io mi appostavo, o con lacci collocati direttamente sugli ingressi delle tane, portando ad atroci agonie. In Veneto, invece, veniva utilizzata una trappola apposita, detta buso da tassi: una sorta di lungo parallelepipedo in legno massiccio, che veniva infilato per oltre mezzo metro nella tana, ostruendo i lati con cumuli di sassi. I mustelidi, nel tentativo di uscire, vi strisciavano dentro e, una volta arrivati in fondo, toccavano un filo che provocava la caduta di un quadrello di legno alle loro spalle, una sorta di sportello insomma, bloccato da un chiodo che impediva alle vittime di scappare in retromarcia. Una tecnica vagamente simile a quella dei chiusini attuali, ma senza neanche necessità di utilizzare esche per attirare gli animali. Il metodo, ovviamente, funzionava con tane a ingresso singolo, preferibilmente sotto roccia, ed era ampiamente diffuso fino al secolo scorso. Oltre che per la carne, i tassi venivano uccisi per il grasso, apparentemente miracoloso per i reumatismi seppur dall’odore insopportabile, ed i peli, tra i più ricercati per la realizzazione di pennelli. Se in larga parte queste pratiche sono cadute in disuso, si notano alcune criticità anche al giorno d’oggi. In Inghilterra, ad esempio, ci sono problemi legati alla tubercolosi bovina, di cui le popolazioni di tasso sono serbatoio naturale (reservoir, tecnicamente), con conseguente contenimento della specie tramite catture intensive ed eutanasie. Talvolta, inoltre, con il trattore o la ruspa, i contadini chiudono di proposito le gallerie per non farsi danneggiare i terreni da quelli che loro ritengono scomodi intrusi e possibili fonti di problemi. In talune zone italiane di pianura, effettivamente, le tane di tasso e di istrice (più di quelle delle nutrie) possono provocare il collasso parziale degli argini, con rischi non indifferenti in termini idraulici. Per questo motivo, attualmente, alcuni ricercatori (Università di Firenze, Siena e Pisa, insieme a Consorzio di Bonifica 6 Toscana Sud) stanno portando avanti un progetto di monitoraggio grazie a indagini geofisiche anche mediante georadar, che restituiscono dettagliate immagini tridimensionali delle gallerie, fornendo informazioni utili che si spera possano condurre ad una soluzione indolore sia per gli inquilini sotterranei che per gli argini a rischio. Altro problema messo in luce da alcuni studi è il bioaccumulo di sostanze inquinanti, come PCB (policlorobifenili) e metalli pesanti (cadmio, soprattutto in zone fluviali), che influiscono negativamente sul successo riproduttivo dei mammiferi; questi composti vengono ingeriti principalmente a causa della dieta a base di lombrichi, che li trattengono nel proprio

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BIOLOGIA DEL TASSO EUROPEO

Nomi comuni: ασβός (greco), badger (inglese), барсук (bielorusso e russo), blaireau (francese), borsuk (polacco), dachs (tedesco), das (olandese), grävling (svedese), jajavac (croato), mäger (estone), tejón (spagnolo), texugo (portoghese) Nome scientifico: Meles meles (L., 1758) Classificazione: carnivoro della famiglia Mustelidae, che comprende tra gli altri anche martora (Martes martes L., 1758), faina (Martes foina Erxleben, 1777), puzzola [Mustela putorius (L., 1758)], ermellino (Mustela erminea L., 1758), donnola (Mustela nivalis L., 1758) e lontra (Lutra lutra L., 1758) Specie affini: secondo alcuni autori sono da ritenersi attualmente a sé stanti (e non sottospecie del tasso europeo) il tasso asiatico [Meles leucurus (Hodgson, 1847)], il tasso del Caucaso (Meles canescens Blanford, 1875) ed il tasso giapponese (Meles anakuma Temminck, 1844), distinguibili su base geografica e per alcune caratteristiche morfometriche e del mantello Lunghezza massima corpo: circa 90 cm nei maschi e 80 cm nelle femmine; i tassi delle aree più settentrionali sono in media più grandi al fine di disperdere meno calore (regola di Bergmann), ma con variazioni in base alla disponibilità di risorse dei singoli territori, che sembrano essere in media più ricchi nelle zone centrali dell’areale distributivo (abundant centre hypothesis) Lunghezza coda: circa 17 cm nei maschi e 20 cm nelle femmine Altezza al garrese: circa 25-30 cm Peso massimo: oltre 20 kg, variabile in base alla stagione (anche il 50% in più in autunno rispetto alla primavera) Colorazione: dorso coperto da folta pelliccia composta da lunghi peli grigio-argentati, con punte chiare, sottopelo e zone ventrali marrone molto scuro; testa bianca con due strisce nere che la percorrono longitudinalmente dalle orecchie al muso, all’altezza degli occhi Distribuzione: dalla Penisola Iberica alla Scandinavia, incluse tutta l’Europa centro-meridionale e le Isole Britanniche. In Italia è presente in tutte le regioni ad eccezione di Sardegna, Sicilia ed isole minori Altitudine: presente fino ai 2.000 m s.l.m., preferibilmente però sotto i 1.300 m s.l.m. Habitat d’elezione: boschi di latifoglie, boschi di conifere, aree agricole con fasce ecotonali; molto adattabile, si rinviene anche in sistemi retrodunali costieri e centri abitati Dieta: lombrichi, insetti (soprattutto coleotteri e ortotteri), cereali, frutti (es. castagne, ciliegie, more, lamponi, noci, fichi,

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MARCO COLOMBO Naturalista, fotografo e divulgatore scientifico

Nato nel 1988, si interessa, da quando i suoi sensi glielo permettono, di natura. Muove i primi passi nell’ambito della fotografia naturalistica nel 1999, e fotografa per molti anni su diapositiva, per poi convertirsi, tardivamente, al digitale. Guida Ambientale AIGAE ed istruttore di immersione subacquea, è laureato presso l’Università degli Studi di Milano in Scienze Naturali con due tesi di erpetologia. Tra le sue scoperte scientifiche, una nuova specie di ragno botola in Sardegna, la fluorescenza in alcuni ragni saltatori, la simbiosi tra bavose e murene in Mediterraneo e diverse nuove segnalazioni faunistiche ed etologiche. Sue foto, articoli scientifici e divulgativi sono stati pubblicati sulle principali riviste internazionali del settore, tra le quali si citano “BBC Wildlife Magazine”, “Nat’Images”, “Unterwasser”, “Ocean Geographic”, “Naturfoto” ed “EZDIVE”; in Italia è collaboratore regolare di “Focus Wild”. Relatore in centinaia di conferenze, è anche docente in corsi e workshop di fotografia naturalistica. Le sue foto sono state esposte in tutta Europa e proiettate anche su monumenti come la Mole Antonelliana. Il bosco delle maschere è il suo quarto libro fotografico; si ricordano i precedenti Paludi e squame – rettili e anfibi d’Italia (2014), I tesori del fiume (2016) e Paesaggi bestiali (2019). Numerose sue foto hanno vinto o ricevuto menzioni speciali in concorsi internazionali, inclusi Wildlife Photographer of the Year (tre volte vincitore di categoria), Festival Mondial de l’Image Sous-Marine, Asferico, GDT European Wildlife Photographer of the Year. Attualmente è consulente scientifico del programma GEO di Rai3 di cui è regolarmente ospite, e porta avanti lavori di educazione ambientale nelle scuole. Docente nel Master “Comunicazione della Fauna e Human Dimension – Professionisti nella Comunicazione della Natura e del Paesaggio” di Università degli Studi dell’Insubria, MUSE – Museo delle Scienze, Fondazione Edmund Mach ed Istituto Oikos Onlus, è spesso ospite di trasmissioni radiofoniche in qualità di divulgatore. Ritiene che curiosità e passione, oltre al dovuto rispetto per gli ambienti naturali, siano il motore che debba muovere ogni umano; suo malgrado constata spesso come la legge di Murphy si applichi a pennello alle attività di fotografia naturalistica... Una selezione di suoi scatti è visionabile al sito www.calosoma.it



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