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ATTUALITÀ

24 novembre 2016

L’arte come strumento di lotta e sensibilizzazione contro la violenza di genere di Eleonora Masin

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25 novembre 1960. Le tre sorelle Mirabal stanno per fare visita ai loro mariti in prigione, ma il loro percorso viene deviato da alcuni agenti del regime dittatoriale dominicano di Rafael Leónidas Trujillo che le torturano, le uccidono e le gettano in un dirupo simulando un incidente d’auto. Il motivo? Sono considerate troppo impegnate, troppo attive nel denunciare le ingiustizie del regime, e soprattutto sono donne, come osano alzare la testa e lamentarsi? Per non lasciare che questa storia cadesse nel dimenticatoio, durante l'Incontro Femminista Latinoamericano e dei Caraibi (Bogotà, 1981) venne stabilito che la data del 25 novembre sarebbe divenuta una ricorrenza, poi ufficializzata dall’ONU con l’istituzione della Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne. La storia della violenza di genere purtroppo è una storia senza tempo e senza luogo, e senza categoria: violenza fisica, verbale, psicologica, sfruttamento, mercificazione, e la lista potrebbe continuare. Per quel che riguarda l’Italia l’ultima indagine Istat condotta dal ministero per le Pari opportunità, relativa all’anno 2014, ha rilevato che il 31,5% delle donne tra i 16 e i 70 anni ha subito una qualche forma di violenza fisica o sessuale nell’arco della propria vita, e che il 10,6% ha subito violenze prima dei 16 anni. Dati davvero troppo elevati, soprattutto se si considera che molte donne non trovano la forza di denunciare e dunque esiste una grande mole di “violenza sommersa”. Bisogna però riconoscere che negli ultimi anni c’è stato un aumento delle denunce e questo anche grazie al fatto che le varie campagne e iniziative di sensibilizzazione hanno instillato nelle donne una maggiore coscienza della gravità di questa problematica. Anche se la strada è ancora lunga, finalmente si sta acquistando consapevolezza del fatto che a causare un atto di violenza non può e non deve essere considerata una minigonna troppo corta o una scollatura troppo evidente. Il mezzo di comunicazione più antico e più efficace per arrivare a toccare la sensibilità delle persone è l’arte, e proprio per questo molti artisti contemporanei hanno deciso di affrontare il tema della violenza di genere con delle opere provocatorie, pungenti, che mirano a dare una scossa alle coscienze. Partiamo dall’Italia, nel novembre del


2012 tutti i milanesi che sono passati dalle colonne di San Lorenzo si sono trovati ad attraversare una distesa di scarpe rosse da donna, poste lì dall’artista messicana Elina Chauvet, che dal 2009 porta questa iniziativa in una sorta di tour mondiale. Le scarpe inserite nella performance purtroppo non fanno che aumentare, infatti ogni nuovo paio donato indica una donna morta o scomparsa. Un altro artista messicano è attivo sull’argomento, ma sceglie come strumento una pittura iperrealista, si tratta di Alberto Penagos, che con le sue pennellate riesce a rendere quasi tangibile il dolore che raffigura. Due giovani accademiche turche, Elvan Özkavruk Adanır e Jovita Sakalauskaite Kurnaz, hanno invece dato il via al progetto “Denial of Fear and Despair: Talismanic Shirts” recuperando la tradizione ottomana delle “camicie talismaniche”, che un tempo venivano decorate con versi del Corano per proteggere i guerrieri in battaglia e ora assumono simbolicamente il compito di proteggere le donne. Da ricordare anche l’artista e attivista brasiliana Panmela Castro che grazie alla street art cerca di creare maggiore consapevolezza dei propri diritti nelle donne delle favelas di Rio. Molto importante il progetto “Desconocida / Unknown / Ukjent” dell’artista norvegese Lise Bjørne Linnert: chi vuole partecipare deve ricamare due targhette di stoffa, una con il nome di una delle vittime di Ciudad Juarez (città messicana tristemente nota per l’alto numero di violenze), e l’altra con la parola “sconosciuta” scritta nella propria lingua d’origine. Nel 2015 si è raggiunto il numero di 7.000 targhette, simbolo di una violenza senza confine e senza “razza”. Infine ammirevole l’iniziativa della tatuatrice brasiliana Flavia Carvalho, la quale ha avviato il progetto “A Pele da Flor” per cui si impegna a realizzare gratuitamente dei tatuaggi alle vittime di violenza fisica e sessuale per nascondere i segni dell’abuso. In tutto il mondo molti altri artisti sono attivi in questa campagna di sensibilizzazione, anche Padova non si tira indietro: il Cinema Esperia dal 23 al 27 novembre aderisce alla campagna “Un posto occupato”: nella hall di ingresso della sala sarà esposta una sedia con drappo rosso ed un cartello con la scritta "Posto occupato" per ricordare quelle donne che non potranno essere lì perché un compagno, un marito, un fidanzato, un uomo qualunque ha deciso di togliere loro la vita.


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