Voyagesillumination

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VOYAGESILLUMINATION LE PROPOSTE 2012 Dimenticai di seguire La traccia consueta. M’allontanai d’alcuni passi dal sentiero, mi parve estraneo il mio solito mondo, come un fiore che io avessi conosciuto solo in boccio. La mia saggezza si sentiva umiliata. Vagai smarrito nella terra delle meraviglie. Fu la più grande delle mie fortune, ch’io perdessi il sentiero, quella mattina, e trovassi la mia infanzia per sempre. L’INCONTRO Non esiste né l’incontrarsi né il separarsi, esiste unicamente il puro piacere dello spazio dinamico.

I Voyagesillumination sono creati a partire da un interesse antropologico e antroposofico. Capire i popoli, le loro culture, i loro riti, “sentirne l’anima”. Asceti e guerrieri, eremiti e capi tribù, mistiche e cortigiane, uomini e donne “fuori dal comune”, rari: bisogna saperli cercare. Monaci, medici, maghi, scienziati, poeti… c’è qualcosa di immancabilmente presente in tutti loro: la capacità di non arrendersi mai; incontrarli è come guardare il proprio cuore e prendere coscienza del fatto che è vivo. Nel mondo dell’omologazione, certi incontri sono autentici tesori. “La vita è l’arte dell’incontro” scrive il poeta brasiliano Vinicius de Moraes. L’incontro è capace di illuminare l’anima e di mostrare alla mente come andare oltre se stessa. Niente arricchisce di più. L’incontro, risultato dell’approfondita ricerca antropologica, è ciò che rende ogni proposta dei Voyagesillumination unica, assolutamente eccezionale.


IN VIAGGIO VERSO LA FELICITÀ

COME VIAGGIAMO UN VIAGGIO A MISURA DI OGNI VIAGGIATORE

Finché non saprai come morire e poi rinascere, rimarrai un viaggiatore infelice su questa terra oscura.

La suprema condotta è l’assenza di sforzo. La meta è conseguita senza un cammino da percorrere.

Diceva Stendhal che l’uomo è capace di accettare tutto fuorché la felicità e il riposo. Forti di questa massima ci siamo adoperati per dimostrare il contrario. Prima di essere Voyagesillumination, realtà nata a Lugano, nella Svizzera italiana, nel 2003, siamo stati appassionati di filosofie e culture occidentali e orientali, nonché curiosi viaggiatori. Curiosi nel senso tedesco del termine (neugierig – goloso del nuovo). Questa golosità ci ha portato ad assaporare culture diverse dalle nostre, vivendole intimamente, gustandole, digerendole, rielaborandole.

Viaggiare in un paese significa per noi volerne capire lo spirito profondo, dando spazio agli scambi umani, ai colloqui e ai rituali che vedono coinvolti personaggi significativi delle culture locali, delle minoranze culturali e religiose, dei gruppi etnici e delle tribù. Durante il viaggio c’è tutto il tempo per farsi pervadere da suoni, danze, immagini e luoghi. È l’opportunità di uscire dalle abitudini, e dai ritmi quotidiani. È il tempo di meditare, immaginare, sognare.

Felice è chi conosce se stesso attraverso lo specchio di altri mondi e persone. Felicità non come fugace istante da trattenere, ma come scelta responsabile di vivere felice.

Questo per noi è il senso del viaggio. Conoscere storie e vite diverse, valori differenti, assaporandone il gusto senza scegliere nulla, senza giudicare. È il primo passo verso il solo valore delle avventure autentiche: la libertà. Con la capacità, forse, di vedere con nuovi occhi anche il mondo da cui si è partiti. Come gli antichi navigatori che lasciavano il porto accettando i capricci del vento e alzando le vele verso l’ignoto, in bilico tra curiosità e timore. All’ignoto ci si avvicina con cautela, per non turbare gli equilibri di civiltà tanto diverse, spesso fragilissimi. Per questo aderiamo ai principi del turismo etico e responsabile. Le nostre guide provengono dai Paesi che si visitano: gente del luogo che ama il proprio Paese e vede nel turismo un aspetto utile allo sviluppo sostenibile dell’economia e alla conservazione del patrimonio delle tradizioni locali. Non pretendiamo di “vedere tutto”, vogliamo scegliere cosa vedere e farlo con il ritmo giusto. Ci prendiamo il tempo per passeggiare, calarci nell’ambiente, salutare la gente, girovagare nei mercati e tra le case. Ci concediamo di cambiare rotta, seguire l’istinto o il consiglio di un monaco o di un capo tribù e reinventare il programma di una giornata.

Aprirsi a realtà diverse è un modo per vivere la propria bellezza, amare, sorridere. In un pullulare frenetico di oceani di parole, in cui tutti hanno ricette per ogni cosa, voyagesillumination offre la possibilità dell’esperienza non mediata, dell’imprevisto, della capacità di ridere di sé, del divertirsi assistendo allo spettacolo della vita. Il segreto della bellezza dei voyagesillumination sta nell’abilità di entrare nel cuore delle tradizioni vivendole costantemente nell’atmosfera piacevole e serena dell’esperienza rigenerante.


himalayana. Sul posto, si viaggia in aereo o in autobus, in jeep o a piedi: procuriamo sempre un numero sufficiente di mezzi in modo da viaggiare comodi. Se restate in una condizione libera da depressione, torpore e confusione mentale, consapevoli di essere in uno stato calmo, stabilmente attenti e insieme in una condizione di imperturbabile rilassamento, allora, qualunque attività compiate, praticate la meditazione. Volendo valorizzare l’unicità della persona in un’epoca di livellamento e massificazione, ogni esperienza nei Voyagesillumination è ritagliata “su misura” intorno al singolo viaggiatore, affinché porti a quell’intuizione profonda capace di donare un arricchimento che non ha termine con la fine del viaggio, ma che genera i suoi frutti dal momento del rientro a casa e per sempre. Per questo organizziamo anche viaggi speciali, extra catalogo, per piccoli gruppi o per singoli.

I nostri gruppi sono sempre a numero strettamente limitato di partecipanti; offriamo anche la possibilità di viaggi personalizzati per una o due persone. Preferiamo piccoli numeri perché vogliamo che chi parte possa entrare in relazione con i suoi compagni di viaggio, che abbia tutto il tempo e l’attenzione per gustare l’esperienza secondo i suoi ritmi. Spesso scegliamo itinerari che non fanno parte dei circuiti consueti, luoghi che ripagano il viaggiatore con la loro magia. Possiamo progettare tutto questo grazie a una conoscenza diretta, maturata in anni di viaggi e di relazioni. Mettiamo nei progetti di viaggio la ricchezza di questi incontri, della gente che ci ha parlato di sé e ci suggerisce questo anziché quello: il tantrico che ci ha raccontato dei riti della sua terra e lo sciamano che ci ha narrato leggende e storie, la guaritrice che ci ha fatto intravedere al di là della medicina che conosciamo e l’oracolessa che ci detto cosa vede nel futuro; il danzatore che ci ha dipinto il dio che danza con lui e il vecchio medico francese che ha scelto di vivere in un ashram, il maestro sufi che celebra il rito fuori dalla moschea e la vecchia sherpa tibetana golosa di cioccolato; il ballerino musulmano che balla con gli uomini e la danzatrice del ventre, sensuale e raffinata, la ragazza yemenita in attesa del suo sposo norvegese e il monaco theravada che ci ha accolto nel suo tempio nelle foreste dello Sri Lanka. La nostra esperienza diretta riduce al minimo i rischi, anche quando si attraversano luoghi poco o per nulla toccati dalla civiltà. A seconda delle mete, potrà esservi uno di noi, conoscitore dei luoghi, della cultura e spiritualità dei popoli che vi abitano. Amiamo definirci artigiani del viaggio e, si sa, nessun pezzo è uguale all’altro. Si vada errando senza sosta, tra lande desolate e luoghi di ritiro. Si stia come lo spazio, privo di dubbi e paure. Senza dubbi e paure nell’immensità. I nostri viaggi sono una miscela di tanti elementi: ricerca delle tradizioni locali, immersione nella natura, spiritualità, incontro con personalità eccezionali, quali sciamani, yogin, maestri di meditazione. Anche il livello di comfort può, dunque, variare molto: si va dal pernottamento nelle tende beduine in Egitto o nella giungla dello Sri Lanka alle lussuose Spa Resort dell’India

IL NOSTRO IMPEGNO HOLOS FOR CHILDREN, IL SOSTEGNO AI BAMBINI VITTIME DELLO TSUNAMI Le molte acque non possono spegnere l’amore né travolgerlo i fiumi. Destiniamo il 1% del prezzo di ogni viaggio al progetto di Holos for Children, una Associazione di Pubblica Utilità nata a Lugano nel 2003 allo scopo di costruire e sostenere una casa famiglia nello Sri Lanka per bambini rimasti orfani dopo la devastazione dello tsunami. Holos for Children ha come tema centrale della propria opera d’aiuto il pieno rispetto delle tradizioni locali: sostenere e non interferire, aiutare e non influenzare. Inoltre destina l’intero ricavato all’opera d’aiuto senza trattenere nulla.


ANATOLIA

Se cerchi perle, sii un nuotatore. Il nuotatore deve avere molte virtù: deve mettere la sua corda nelle mani dell’Amico e così pure la sua vita, e senza respirare gettarsi a capofitto. Regione della Turchia, affascinante e misteriosa, l’Anatolia è un altopiano percorso da numerosi fiumi, tra i quali i famosi Tigri ed Eufrate; vi si trovano molti laghi, alcuni dei quali, ad esempio quello di Van, sono grandi come mari interni. Un’immersione nella bellezza ci porterà fino alla Cappadocia, col suo paesaggio lunare unico al mondo, creato dalla lava del vulcano Argeo e modellato dalle piogge e dai venti nel corso di millenni. Ad Antakya, l’antica Antiochia, si trova la grotta di San Pietro dove, come vuole la tradizione, l’apostolo istituì la prima chiesa della cristianità e il Museo dei Mosaici che non ha eguali al mondo. Sanlirfa, l’antica Edessa, ci parlerà con la sua storia di 3700 anni: è qui che si trovava, nel 1500 a.C. la capitale dell’impero hurrita. Harran, la città di Abramo, è uno tra i più antichi insediamenti umani conosciuti al mondo.

UN PAESE IN UNO SGUARDO L’Anatolia è stata definita “la culla della civiltà”; è un paese ricco di storia immerso in una natura forte e selvaggia. Si trova qui una tra le più antiche città del mondo, la città neolitica di Catalhöyük, che risale al 6500 a. C. Un paesaggio fiabesco, fatto di torri, crepacci, canyon, pinnacoli e castelli, accoglie chi raggiunge la Cappadocia, una regione magica, che sembra appartenere a un mondo fatato, con i suoi enormi funghi di pietra che, gli abitanti del luogo chiamano, non a caso, “camini delle fate”. Da sempre rifugio di eremiti la zona conta moltissime chiese rupestri e cappelle decorate con suggestivi affreschi di epoca bizantina; si dice che le chiese siano circa tremila: tra le più famose la chiesa del Serpente e quella di Santa Barbara. Per secoli le popolazioni della zona, per sfuggire a persecuzioni, saccheggi e pericoli di ogni genere, scavarono nel sottosuolo le loro città, fornite di pozzi di aerazione, zone dormitorio, depositi di grano, magazzini, stalle, cucine e luoghi di incontro: un vero mondo sotterraneo.


ARGENTINA

La filosofia é sapienza, filosofia è sapere. Saper chi sono, chi mi ha creato, e perché. Sono terra, terra che pensa. “El Norte”

“El Sur”

Nel Nord del paese, negli immensi spazi coperti la sera da cieli che sembrano non avere fine, e nelle città coloniali molto vive, come Salta, accanto al nuovo che avanza, sopravvive la vecchia cultura india, con i culti legati alla Madre Terra dei popoli Kollas e Atakamas, che per ora resistono alle spinte della modernizzazione. Dalle rovine di Quilmes salendo verso il confine con la Bolivia, il paesaggio rigoglioso muta, lasciando il posto ad altipiani aridi e canyon. I momenti migliori per “smarrirsi” in questi straordinari paesaggi sono le ore del mattino e della sera, in cui i toni si evidenziano, e le montagne di arenaria diventano multicolori. Saliremo di quota fino ad oltre 3.000 metri. Nei mercati indio è normale vengano offerte foglie di coca, che, seppure di sapore sgradevole, aiutano a sopportare l’altitudine e il caldo. Per l’indio rappresentano la possibilità di lavorare la terra in quota, vincendo fame e fatica. La cultura india e l’influenza cristiana si sono fuse nel tempo, dando vita a credenze e simbologie uniche. Non mancheremo di approfondire questi aspetti, nei nostri incontri con la gente del luogo, i contadini e le loro guide spirituali, i loro maestri, i loro guaritori, sempre in punta di piedi, cercando di ascoltare senza interferire. Rientrare a Buenos Aires sarà veramente un tornare in un mondo diverso. Abituati alla quota, ai silenzi, ai colori e alla pace di queste alte terre, troveremo invadente la città con i suoi rumori e l’odore di benzina ed asfalto; ancora avvolti dal mistero delle grandi civiltà del passato che hanno scelto le alte quote per svilupparsi. Ma Buenos Aires ci conduce al tango… Il tango argentino è riuscito a fare della musica e della danza popolare “arte in movimento”. Il tango è Buenos Aires, è espressione dell’anima profonda della città, è vivo: nel tempo muta. Mai chiuso su se stesso, il tango si rinnova di generazione in generazione. Dai vecchi ballerini dai capelli impomatati e col turacciolo di sughero sotto il piede per avere la giusta postura, dai tempi di Gardel e di Edmundo Rivero, fino alla sofisticata melodia danzata di Piazzolla, che di diritto entra nei grandi teatri della musica mondiale. Sarà bello approfondire la conoscenza dell’ “arte in movimento”, cogliendone con calma il sapore, nei differenti stili e nomi, nelle principali scuole della città, in cui musicisti e ballerini trasmettono la loro “vita” alle nuove generazioni.

Bruce Chatwin, Luis Sepùlveda, Francisco Coloane. E prima di loro Charles Darwin e Ferdinando Magellano. Romanzieri, esploratori e naturalisti hanno scritto della Patagonia, terra delle meraviglie, evocatrice di miti, il mondo alla fine del mondo, nelle parole di Sepulveda, dove tutto è rimasto immutato nel corso dei millenni, uomini e paesaggi. Percorrerne le sconfinate pianure è tornare alle origini della storia e del tempo dell’uomo. Viaggiare qui dà la possibilità di un’immersione nell’energia creatrice della natura. Così la descrive Francisco Coloane in Capo Horn: “scendendo verso le pianure della tenuta, una brezza leggera pettinava l’erba lucente della prateria; in alcuni spiazzi dove il coiròn non dominava con la sua rigidità da lichene, i prati erano disseminati di piccole margherite bianche e altri fiorellini che si azzardano a spuntare in quei climi rigidi. Sentivamo il fluido inebriante della piena primavera; i muscoli palpitanti dei destrieri, il nostro sangue ribollente che sembrava voler schizzare dalle dita e una sensazione di giovinezza e di forza che ci faceva respirare a pieni polmoni, infondevano il desiderio di galoppare verso l’infinito”. Qui inizia, dunque, il nostro viaggio, nel cuore della Patagonia, con l’incontro degli indios Mapuche, abitatori da sempre di questa terra e tra i pochi sopravvissuti al massacro dei Conquistadores. Proseguiremo alla volta della Tierra del Fuego, chiamata così per i fuochi che Magellano avvistò, nel 1520, navigando verso il Polo Sud e accesi dagli indios Onas, che nel XVI° secolo abitavano questa regione inospitale, oltre la quale si estendono solo i ghiacci antartici. Forti e alti di statura, gli Onas vivevano cacciando volpi, guanachi e mammiferi marini in villaggi a capo dei quali erano gli anziani, depositari di un sapere antico, trasmesso oralmente. Scendendo verso sud, il canale di Beagle unisce l’Atlantico al Pacifico. Il paesaggio che si presenta alla vista è mozzafiato: prati in riva al mare sormontati da ghiacciai perenni e percorsi da un vento implacabile e animali marini di ogni specie. Oltre agli Onas, questo era il territorio di tante popolazioni: gli Haush, ritenuta l’etnia più antica di quelle presenti nella Terra del Fuoco, risalente a diecimila anni or sono; gli Yamana o Yarcan, pescatori e cacciatori di leoni marini; gli Alakalue, pescatori che vivevano sulle isole cilene e nell’Isla Grande de Tierra del Fuego. Ufficialmente estinti, si dice che alcuni superstiti di queste tribù vivano ancora nel villaggio di Ukika, raggiungibile dalla capitale Ushuaia in catamarano. Ci metteremo sulle loro tracce e visiteremo il Museu del Fin del Mundo alla ricerca di altri elementi, antropologici e spirituali, sui popoli scomparsi.


Dall’estremo sud del mondo ci sposteremo alla capitale, Buenos Aires. E sull’eco del tango porteremo a casa un po’ dello spirito del Nuovo Mondo.

UNO SGUARDO SULLA PATAGONIA La Patagonia quale appare oggi, distesa di praterie su cui si praticano l’allevamento e l’agricoltura estensiva, non conserva ricordo della lussureggiante foresta che copriva, del resto, tutto il continente. Anche i popoli indigeni sono ridotti a poche migliaia, radi superstiti di una sanguinosa carneficina. Il massacro diventa sistematico con l’afflusso massiccio degli europei, a fine 800: italiani, spagnoli, gallesi, inglesi. Espropriati delle loro terre e assimilati alla cultura dominante, sopravvivono nelle riserve, tra Buenos Aires e il Rio Negro, nella Pampa e lavorano nelle estancias, le tipiche fattorie della prateria. I più numerosi, i Mapuche, hanno via via assorbito le tante etnie che, prima dell’arrivo dei Conquistadores, popolavano queste terre: dai Pehuemche e Tehuelche che abitavano la zona centrale del Paese, regioni tradizionali degli stessi Mapuche, fino agli Yamani Onas o Selkman nella Tierra del Fuego.

Il nome Mapuche è composto da Mapu, terra, e Che, gente: così, il Mapuche è inseparabile dal suo territorio. La montagna, il fiume, gli alberi hanno vita e coscienza, sono parte delle forze con cui i Mapuche comunicano attraverso il mapudugun, la lingua della terra. Gli elementi della natura compongono un tutto che il Mapuche difende, un equilibrio, insieme materiale e spirituale, da cui ciascuno riceve il necessario al proprio benessere.


BHUTAN

IL REGNO DEL DRAGO TONANTE Raggiungi il lago del puro piacere dove i pesci dagli occhi dorati dell’acuta percezione si moltiplicano, dove gli uccellini apprendono a volare, e tutto è imperturbabile rilassamento, al di là di ogni limite. Il piccolo regno del Bhutan è l’unico al mondo dove il buddhismo tantrico Drupa Kagyu, vicino alla antica religione di natura e ai riti sciamanici, è religione ufficiale. Qui la pratica dello yoga tantrico e la meditazione solitaria sono state impartite dai grandi yogin tantrici, da Naropa a Marpa al poeta mistico Milarepa. La liberazione si raggiunge in una sola vita attraverso i Sei Yoga di Naropa: lo Yoga del Calore, lo Yoga del Corpo Illusorio, lo Yoga del Sogno, lo Yoga della Luce, lo Yoga del Bardo, lo Yoga della Trasformazione. Divinità nazionale, poi, e protettrice del Bhutan, è Mahakala, la Grande Kali, la Grande Madre, divinità tantrica per eccellenza, la quale rappresenta la forza in tutti i suoi aspetti. Assisteremo agli tsechu, le danze dei monaci e dei maghi tantrici in onore dei grandi maestri, celebrate negli dzong, i monasteri-fortezza, collocati tipicamente in cima alle colline o alla confluenza dei fiumi, centri amministrativi oltre che religiosi, nei villaggi, negli chorten o stupa, piccoli santuari sperduti tra la rigogliosissima vegetazione delle valli. Uno dei santi più venerati in Bhutan è il lama Drukpa Kunliley detto il Folle divino. Convinto che le istituzioni, religiose e laiche, fossero i maggiori ostacoli al risveglio dell’uomo, ne predicava la dissacrazione attraverso l’erotismo e l’ebbrezza, vie efficaci all’agnizione spirituale. Il cuore del metodo era tenuto segreto e tramandato a pochissimi, per evitare che, divulgato ai più, venisse frainteso. Incontreremo, inoltre, un alto Lama e assisteremo alla Mahakala Puja, un rituale tantrico di grande potere. Terra di immensi tesori spirituali, il Bhutan è, per chi desidera conoscerlo davvero, una scoperta straordinaria. UN PAESE IN UNO SGUARDO Il Regno del Bhutan è una piccola nazione montuosa alle pendici meridionali dell’Himalaya, tra India e Cina, vicino al Tibet. I bhutanesi chiamano il proprio Paese Druk Tsendhen, Regno del Drago Tonante. Il tuono è il ruggito del drago cinese, animale magico effigiato sulla bandiera nazionale. Mettere piede qui è un tuffo in un passato mitologico, senza tempo.

La capitale Thimpu, amena cittadina di cinquantamila abitanti, è l’unica al mondo senza alcun semaforo e i cellulari sono arrivati solo nel 2003. Le molte bey-yul, valli sperdute, conservano tradizioni e culture remote. Secondo la leggenda alcune, come la valle di Tang, sono state isolate dal resto del mondo dalla maestra tantrica Yeshe Tsogyel, la Danzatrice del Cielo, perché non perdessero il loro carattere di baluardo della saggezza umana. Oggi siede sul trono il quinto discendente della dinastia monarchica, Jigme Khesar Namgyel Wangchuck salito al trono nel 2008 dopo l’abdicazione del padre, omonimo, e del nonno, re Jigme Singye Wangchuck, che, nel ‘74, aveva aperto le frontiere ai turisti e soprattutto aveva inaugurato come principio guida dello sviluppo del Paese, la Felicità Interna Lorda o GNH, dalle iniziali inglesi di Gross National Happiness. Il GNH riconosce che la felicità può essere realizzata come un traguardo sociale, essa non può essere conseguita come obiettivo personale, come fosse una merce. La felicità non può venir distribuita agli individui come una merce o un servizio. Tuttavia essa è troppo importante perché venga lasciata al puro sforzo e alla ricerca individuale, senza un impegno collettivo o di governo. Nelle società comuni, a mezzo dell’apprendimento culturale, dell’educazione, dell’insegnamento psicologico, molti sforzi vengono profusi per far sì che le persone cerchino la libertà partendo da una attitudine che nega loro la felicità. Portare alla luce ciò che assilla l’uomo, scoprire ciò che inganna la sua vera natura e rivelare il suo Sé interiore, è un compito assai più elevato che domare la natura e conquistare il mondo esterno.


BIRMANIA

LA TERRA DEI 37 NAT Lassù, in mezzo al cielo azzurro, la coppia del sole e della luna vive felicemente: è il palazzo meraviglioso degli dèi.

che ne accrescono artificialmente la lunghezza. Discendenti dei naga, i dragoni, ne assumono con orgoglio le fattezze. La Birmania è un Paese dove il tempo è sospeso, non toccato dal consumismo, che non ha travolto la magia dei luoghi e la serena semplicità della gente. Contro le difficoltà create dal potere, i birmani hanno fatto scudo con le loro tradizioni, continuando ad esprimere bontà ed intelligenza. UN PAESE IN UNO SGUARDO

Viaggio nel Myanmar antico e segreto, Birmania per usare il nome con cui il Paese è noto in Occidente. Un Paese dove il regime militare di Than Shwe, instaurato dopo il colpo di stato del 1988, ha blindato i confini, geografici e culturali, perpetuando modi di vita contadini, legati a ritmi della natura e a una religiosità profonda, di matrice buddista e animista. Il viaggio inizia sul lago Inle, sorta di Venezia asiatica, dove pescatori e contadini vivono in palafitte e dove si passeggia su orti fluttuanti, colorati di pomodori e zucchine. Da qui ci trasferiremo a Bagan, la Città dei pagani dove ci accoglie uno spettacolo straordinario: centinaia di stupa, tipico santuari buddhisti, avvolti da una foresta impenetrabile e popolata di vipere che, in quanto spiriti tutelari, non possono essere uccise. Tappa successiva, il Monte Popa, dove la tradizione fissa la dimora dei 37 Nat, spiriti presenti in ogni cosa vivente, pianta, animale, organo dell’essere umano. Qui vive un’intera comunità di sciamani: assistendo ai riti danzati degli sciamani, si entra trionfalmente nel regno dei Nat, che sono, in effetti, le forze che governano l’esistenza, benigne o maligne, la nostra psiche più profonda, la natura nascosta, dell’uomo. Proseguiremo per Mandalay per incontrare le realtà animiste e sciamaniche, preservate gelosamente e tramandate di maestro in discepolo. Ancora, il viaggio diventa etnografico, alla volta dei popoli tribali. Incontreremo i Kayin ad esempio, fino a non molto tempo fa temibili tagliatori di teste, poi gli Aung, i Akha, i Palaung, dove le donne, “dal lungo collo”, portano cerchi di metallo al collo

Nel Paese convivono, pur in relativa separazione, oltre 66 etnie, differenti per lingua e cultura. Un’ eccezionale varietà, forse responsabile di una cultura unica, ben distinta dal resto dell’Asia: un miscuglio di tradizione indù, buddhismo theravada e animismo. Quest’ultimo, in particolare, profondamente radicato: lo toccò con mano il re Anawratha che, nell’XI secolo, impose la religione buddhista ma nulla poté contro la tradizione dei nat, le cui immagini sono onnipresenti nei templi e intorno agli stupa. Lui stesso, del resto, pose, alla base del sacro stupa della Shwezigon di Nyaung U-Bagan, 36 statue di Nat cui aggiunse l’ennesimo, prelevato dal Pantheon delle divinità induiste, che incoronò re dei nat. Come si legano, dunque, i nat, signori - questo è il significato letterale del termine- invisibili presenze di un luogo o di una cosa e il buddhismo? Bisogna partire dalla credenza, fortissima tra i birmani, che esiste una Realtà altra che influenza la vita secondo principi karmici, in base cioè al valore e alle intenzioni delle proprie azioni. I nat possono, in altre parole, benedire o castigare, in questa come nelle vite future. Per questo vengono loro profuse offerte di cibo, incenso e fiori sui piccoli altari domestici, comuni in molte famiglie, come presso quelli collocati nei dintorni delle pagode: lo scopo, evidente, è di ingraziarseli, per evitare disgrazie e problemi. La fede nei nat finisce per pervadere l’intera vita: così, ad esempio, impone di considerare il piacere e l’interesse degli altri prima del proprio e di compiere, dunque, un’azione fraterna, disinteressata e gioiosa, senza altro scopo che vedere felici gli altri.


BRETAGNA

DOLMEN, RE E ANTICHI CELTI

UN PAESE IN UNO SGUARDO

In questo corpo c’è il monte, circondato da sette isole, vi sono sette fiumi ,mari, monti, campi e proprietari di campi. Ci sono saggi e asceti, tutte le stelle e i pianeti, i santuari, i luoghi sacri e le divinità protettrici che li abitano. Vi si muovono il sole e la luna, autori della creazione e della distruzione. Vi sono anche l’etere, l’aria, il fuoco, l’acqua e la terra.

La Bretagna è una grande penisola a nord-ovest della Francia, le cui coste si sfrangiano creando larghi fiordi, che i bretoni chiamano Abers. Annessa al regno di Francia solo a metà del 500, la regione conserva carattere e identità propri che si esprimono in una lingua e in una tradizione molto diverse rispetto al resto del Paese. Discendenti degli antichi celti, i bretoni rivendicano la

Bretagna, paese del mare e, anche, Pen ar Bed, in bretone “fine della terra”. L’ultimo baluardo dell’Occidente è un luogo da vertigine, lembo di granito gettato verso l’ovest oscuro, posto a guardia contro i mostri marini, che popolano i fondali e le fantasie degli uomini, uomini di una razza particolare, né latini né germanici, bensì celti, come gli abitanti d’Oltremanica, le cui leggende sono ben custodite dalle verdi coste bretoni. Così il viaggio inizia con l’immersione nella foresta magica di Brocéliande, che un tempo copriva l’intera regione, alla ricerca della tomba di Merlino, della fata Viviana, della Fontana di Barenton. Questo è infatti il luogo teatro delle gesta di Artù e dei suoi cavalieri. Come nella migliore tradizione celtica, Artù è il sovrano illuminato che ascolta la voce degli spiriti e Merlino il druido, che comunica con lo spirito e trasferisce ad Artù la volontà degli déi sulla terra. L’uno non può esistere senza l’altro, sono una coppia inscindibile, come sono inscindibili spirito e materia. Da qui muoveremo sulla costa, un tempo abitata dai cosiddetti Veneti o Celti del mare. Di differente etnia, coltissimi, si pretende che discendano niente meno che dalle rovine della mitica Atlantide. Quindi, visiteremo la contrada di Finistère (fine della terra), vero cuore della regione, fino alla Pointe du Raz, dove i flutti possenti dell’Atlantico vengono a morire. Lo spettacolo è mozzafiato: scogliere ventose, la bruma sull’acqua, i fari, avamposti sul mare furioso, i pascoli sul mare e, alle spalle dell’oceano, boschi dall’atmosfera fatata, dove rocce verdi e tronchi nodosi conducono a luoghi mitici, come le grotte del Diavolo e di Artù. Culmine e conclusione, uno dei luoghi più mistici del mondo occidentale: Le Mont St. Michel.

differenza mantenendo viva la memoria delle loro leggende e della loro storia, molto diversificate anche all’interno della regione stessa. Tra i villaggi celti meglio conservati di Francia v’è senz’altro Locronan (tappa del viaggio, vedi itinerario), dove è stato ritrovato un nemeton. Tipico altare druidico, è un quadrilatero di una decina di chilometri di lato con dodici punti, uno per ogni mese del calendario celtico e dedicato a una divinità. Il nemeton è un luogo eccezionale, dove si realizza l’incontro di terra e cielo, spirito e materia, umano e divino.


Dalla spiritualità celtica a quella cristiana, Le Mont-St.Michel è una roccia che emerge dai flutti. Come una tomba: Monte Tomba è appunto il suo primo nome. Si narra che, tra il V e il VI secolo, le monache se ne servissero come luogo di ritiro ascetico. Vi furono poi edificate due chiese, ma fu Aubert, vescovo di Avranches a decidere, nel 708, dopo che San Michele gli fu apparso in sogno, di farvi un oratorio: il Mont-Tombe diventa Mont-St.Michel-au-Péril-de-laMer. Il vescovo vi stabilì una comunità di dodici monaci dediti al culto del santo. La chiesa che sperava di erigervi rimase sulla carta fino all’anno mille quando si inizia a erigere l’abbazia che arriva a accogliere, sul finire del XII secolo, ben 60 monaci. Il monastero gotico è successivo, del XIII secolo, architettura ardita e raffinata, un equilibrio sensazionale di leggerezza, gusto estetico, abilità costruttiva. Adibita a prigione durante la Rivoluzione, fu solo col ritorno dei Benedettini che l’Abbazia recuperò la sua antica bellezza.


CINA

IMPERI, SPIRITO E MODERNITA’

UN PAESE IN UNO SGUARDO

Ciò che il bruco chiama “fine del mondo” per tutti gli altri è una bellissima farfalla. Luogo di stupende bellezze e di forti contrasti, è il paese della Grande Muraglia, antico baluardo contro gli invasori, e dei grandi imperi millenari, difesi da schiere di guerrieri sapienti. Da sempre in Cina si pratica l’arte del combattimento mai disgiunta dalla dimensione spirituale dell’esistenza. La Cina è anche vastità: uno dei paesi più grandi del mondo, con tantissime etnie e lingue diverse. Accanto ai monumenti che ricordano il Celeste Impero, ai grattacieli delle città moderne, la natura fa ancora sentire la sua voce in un territorio immenso: le giungle, le foreste e i laghi blu del Sichuan, gli altopiani e le catene himalayane e tibetane, i deserti e le montagne Celesti del Xinjiang, le montagne di Guilin, e i grandi fiumi: il Fiume Giallo, il sangue della terra nel mito della creazione degli Han, e lo Yangzi (Fiume azzurro). Nella millenaria filosofia cinese la vita, il benessere, la creatività e la spiritualità sono tutte manifestazioni di un’unica forza, il Tao, il principio che permea di sé tutta la materia, vivente o inanimata.

La Cina occupa un’area così vasta da sembrare più un continente che un paese. E’ popolata da genti di 56 etnie diverse, con lingue e tradizioni proprie. Il paesaggio si snoda tra aree desertiche, fiumi immensi e montagne himalayane, con zone rurali in cui i ritmi di vita sono ancora legati alla natura e città dove l’industrializzazione e lo sfruttamento delle risorse sono sempre più spinti. Una massima di Confucio afferma che ci vorrebbero cento vite per conoscere la Cina, paese da sempre affascinante, meta di grandi esploratori, primo fra tutti Marco Polo. La civiltà, la cultura e la spiritualità cinese hanno da sempre influenzato l’occidente e per migliaia di anni passando attraverso la Via della Seta, canale privilegiato per la circolazione di merci, di beni preziosi, ma soprattutto di idee.


EGITTO

Il mio cuore è divenuto capace di accogliere ogni forma è un pascolo per le gazzelle, un convento per i monaci cristiani è un tempio per gli idoli, è la Ka’ba del pellegrino è le tavole della Torah, è il libro del Sacro Corano. Io seguo la Religione dell’amore, quale mai sia la strada che prende la sua carovana: questo è mio credo e mia fede. La musica dei beduini, gli accampamenti in tenda nel deserto, dove ci si riappropria del silenzio e del buio assoluti, dei purissimi cieli stellati. Compagno d’eccezione, un maestro Sufi che svelerà un Egitto diverso, fatto di riti e usanze secolari. UN PAESE IN UNO SGUARDO Alla ricerca della tradizione autentica, in un Egitto inedito e sconosciuto ai turisti. Cuore dell’esperienza, il mondo dei beduini, da un lato, e il sufismo, dall’altro, accomunati da un destino di sprezzante indifferenza, delle istituzioni e in generale della società per il primo, della religione ufficiale per il secondo. Così, pur se la tradizione vuole che Maometto sia stato allevato da beduini, questi sono da sempre vittime di un pregiudizio che li vuole attaccati alla propria tradizione preislamica e, dunque, musulmani tiepidi e infidi, schiavi della forza delle loro passioni, poco inclini alla continenza e alla pazienza, virtù di un buon fedele

all’Islam. Lo stesso termine beduino, in arabo badw, “abitante della b?diya”, ossia la steppa, sembra connotato negativamente, essendo la steppa e il deserto la trasposizione terrena dell’Inferno islamico caratterizzato, come il Paradiso, in modo molto fisico: se il primo è desertico, il secondo viene raffigurato come una terra coltivata, ricca di vegetazione e fiumi (benché di latte e miele). L’opposizione tra nomadi beduini e popolazioni stanziali dedite all’agricoltura si carica di significati anche sul piano morale e religioso. Il sufismo, tasawwuf in arabo, la corrente più esoterica e mistica della religione islamica, si è guadagnato l’ostilità di ambienti teologici ufficiali, dando sovente scandalo. Forse, a causa dell’accento posto sull’adesione interiore alla ricerca spirituale, libera da regole e dettami: lo sforzo e l’istruzione sono vani a guadagnare la Via Spirituale, o Tariqat, mezzo attraverso cui le passioni sono purificate fino alla dissoluzione dell’Io individuale. Neppure l’ascetismo e l’astinenza sono sufficienti. Stando agli stessi sufi, il sufismo non è una religione, né un culto o una scuola: è piuttosto una “porta aperta”, che guarda con simpatia a tutte le religioni se è vero che tutte derivano da un impulso comune, il grido del cuore, la brama dell’anima per Dio. Così, un Sufi sente la necessità di certe pratiche, salutari dal punto di vista fisico e psicologico e non tenute segrete. Ad esempio, le pratiche di respirazione, incoraggiate per sviluppare la finezza dell’energia del Prana nel respiro, le pratiche di concentrazione che aiutano l’allenamento della mente e ancora pratiche di tipo devozionale, come le preghiere. L’esistenza del mondo, secondo i sufi, sarebbe garantita, in ciascuna generazione, dalla nascita di un maestro dotato della natura di “uomo perfetto” (qutb), la cui identità può essere svelata solo a quanti abbiano raggiunto lo stato del distacco da sé (fana), della dipendenza da Dio (baqa), e della conoscenza (marifa).


INDIA

L’INDIA DEL NORD Che tutto in te sia gioia, questa è la tua meta. L’India è pervasa dal richiamo di una spiritualità arcaica, un anelito al ritorno dell’individuo nel ventre della Grande Madre, una reintegrazione consapevole, che vede gli opposti come aspetti distinti ma non separati, tanto che ogni parte può pienamente godere dell’unione con l’altra: la felicità è il grande sogno della spiritualità naturale.

se stesso fino ad unirsi all’essenza divina. L’etimologia della parola yoga è la radice sanscrita yuj, che significa “unione” o “vincolo”: così, lo yoga indica l’insieme delle tecniche che consentono il congiungimento del corpo, della mente e dell’anima con la natura divina, l’unione del sé individuale con il Tutto che lo trascende. Tutti i mezzi dello yoga, le asana (posture del corpo), il pranayama (controllo del respiro), le tecniche di meditazione, i precetti morali e l’indagine filosofica mirano a far sì che l’uomo, rinunciando agli attaccamenti e allargando il proprio piccolo io, possa congiungersi al Sé Universale. Le vie e i sistemi dello yoga sviluppatesi in India nel corso dei millenni sono numerosi e diversificati, dallo yoga classico di Patanjali, complesso sistema codificato e graduale, al Bhakti yoga, lo yoga dell’amore o la via del misticismo, al Jnana Yoga, lo Yoga della conoscenza, che privilegia la ricerca mentale e la speculazione filosofica, al Karma Yoga, la via dell’azione disinteressata, fino a giungere in tempi recenti allo yoga integrale del filosofo e yogin Sri Aurobindo, profonda sintesi di tutte le vie precedenti e definito da Aurobindo stesso lo yoga della perfezione. Il suo scopo, infatti, non è, come per alcuni sistemi precedenti, l’annullamento di sé e il ritiro dal mondo ma la ricerca della perfezione di sé come veicolo della divinità nel mondo. UN PAESE IN UNO SGUARDO Terra di intensa capacità spirituale, l’India ha ispirato il mondo per secoli.

Piena felicità appagante, espressa nell’atto erotico che unisce gli opposti. La “felicità dell’unione” era il sogno dell’umanità preistorica che abitava la valle dell’Indo cinque, seimila anni prima di Cristo e, grazie a filosofie spirituali come lo yoga e il tantrismo, questo sogno è intensamente vissuto dagli iniziati anche ai nostri giorni. Alla ricerca della felicità, della realizzazione, del risveglio o della pienezza… molti occidentali sono giunti in India, alcuni con gran clamore, come i Beatles, altri nella solitudine della ricerca personale. Felicità e immortalità, che sono “unione” nello yoga e “libertà” nel tantrismo, in India sono promesse dalla spiritualità naturale, dalla Grande Madre, in questa vita, non altrove: non vi è metafisica nel tantrismo, perciò la divinità è femmina, è natura, è Madre. Molto più che un insieme di posizioni del corpo e una ginnastica tesa a ottenere il rilassamento e il benessere psicofisico, come spesso lo si ritiene in occidente, lo yoga costituisce in India, un compiuto sistema filosofico e pratico per portare l’uomo a superare


AYURVEDA ANANDA

Ultimamente, però, il popolo indiano pare aver perso il contatto con la sorgente della propria forza spirituale e sembra essere divenuto ricettivo a forme di yoga e di spiritualità riviste e rielaborate dalla new-age occidentale. L’indiano moderno re-importa la spiritualità originaria dell’India in forme rivisitate dalla grande macchina commerciale dell’Occidente. Per contro, i cosiddetti “indiani nazionalisti”, tentano di tenere fuori dalle proprie vite tutto ciò che ha sapore di Occidente. Ma il mercato e la globalizzazione, e non solo le antiche divinità indù, hanno braccia e teste assai numerose… Accanto ai cosiddetti fenomeni di massa, però, l’India resta attraversata dai suoi iniziati: i sadu, gli asceti eremiti, gli yogin erranti, i poeti vagabondi e i tantrici avvolti dal mistero: uomini e donne che non si arrendono all’omologazione, i frutti selvatici, con spine così irte che nessuno può cogliere e tagliare.

SULL’HIMALAYA:

RIGENERARSI

AD

Ritrovare serenità nel mistico abbraccio delle montagne himalaiane e del fiume sacro, il Gange. Affondare nella regalità antica dell’India nella più bella Spa Resort dell’Asia meridionale: Ananda, che in sanscrito significa “felicità e appagamento”. Voyagesillumination ha scelto il meglio di sapienza orientale e tecniche occidentali per un soggiorno all’insegna del benessere e della purificazione: un soggiorno a Ananda significa lasciare fuori il mondo per aprire una porta dentro di sé. Ananda sorge su un sito dotato di eccezionale energia, nelle foreste dove è nata l’Ayurveda e la natura ha collocato le erbe curative e i poteri rigeneranti della terra. Albergo di categoria 5 stelle con 70 camere, una splendida realtà di eccellente livello, piscina scoperta e centro ayurvedico con uno staff di ottimi medici e massaggiatori specializzati. Il Resort, tra i più apprezzati al mondo per il suo centro benessere, sorge sui luoghi della residenza del Maharaja nel distretto di Tehri Garhwal. La leggenda vuole che il Maraja Narendra Shah scegliesse il sito di scaturigine di una fonte sacra per costruire il proprio palazzo. Restaurato, il palazzo torna a essere luogo di ritrovata tranquillità: in una dimora principesca, l’invito è al piacere e alla cura di sé sperimentando uno stile di vita regale. Capi spirituali, come Sri Anandamayi e Swami Sivananda, soggiornando qui e attirando discepoli, hanno benedetto questi luoghi accrescendone l’aura di pace e saggezza. Ecco, dunque, un rifugio verde, santuario della mente e del corpo, dove i sensi si mettono in ascolto dell’afflato potente dell’Himalaya. Questo è il benessere autentico e il vero lusso. La Spa è un’oasi di serenità, circondata da un ambiente di eccezionale bellezza, dove il contatto con la natura è quotidiano, senza per questo rinunciare al comfort. Eleganza, stile e spiritualità sono termini che ben esprimono l’atmosfera che regna al Resort. Massaggi, oli caldi, bagni di vapore e d’argilla, saune aromatiche, decotti d’erbe, alimentazione equilibrata e pratiche yoga fanno parte del metodo di purificazione completa che porta al benessere, libera dalle emozioni represse e dagli stati d’animo negativi e rinforza il sistema immunitario.

LA MAGIA DI GOA Nilaya in sanscrito significa “dimora nel blu”: il paradiso, insomma. Realizzarlo sulla terra è l’obiettivo, ambizioso, della Spa Resort che si fregia di questo nome, nei dintorni di Goa, posta su una collina dove il profumo della vegetazione si fonde con l’aria salmastra proveniente dall’Oceano Indiano. Una promessa mantenuta in un’oasi di assoluto, rilassante piacere: centro ayurvedico, terapie antistress, massaggi e nutrimento bilanciato, erbe mediche, sono a disposizione per un soggiorno totalmente rigenerante. La bellezza del luogo e l’Oceano Indiano rappresentano la perfetta armonia con lo spirito e le tradizioni senza tempo della conoscenza di sé. Per il totale relax e la piena disintossicazione di mente e corpo, per dimagrire e rigenerarsi, vivificare il sistema nervoso, dimenticare tutto e tornare a sé.


IRAN

IL FASCINO INCANTATORE DELLA PERSIA “Io vi dico: bisogna avere ancora un caos dentro di sé per partorire una stella danzante. Io vi dico: voi avete ancora del caos dentro di voi”. “La bellezza di Esfahan ti prende la mente senza che te ne accorga [...] e prima di rendertene conto, Esfahan è divenuta indelebile e ha insinuato la sua immagine in quella galleria personale di luoghi che ciascuno conserva gelosamente”. Così scrive, nel 1937, Robert Byron nel racconto di un viaggio mitico in Persia e Afganistan, la via per l’Oxiana. L’antica Persia di Ciro e di Dario e il moderno Iran degli ayatollah, il paese delle ceramiche verde-azzurre e delle moschee. La Persia vale un viaggio perché è un Paese di spettacolari paesaggi, ricco di storia e arte, espressione di una cultura stratificata da apporti molteplici. La Persia incanta con il fascino di un passato fastoso e raffinato. Nonostante un passato prossimo tragico e un futuro incognito, Iran e Persia sono due volti della stessa medaglia, la maschera dell’Iran e il volto della Persia, menzogne e dolcezza, politica e poesia. Così, la convivenza di svariate etnie in Iran, ne fanno un melting pot eccezionale per uno sguardo, come il nostro, in cerca di genuinità di tradizioni e di spiritualità. Azeri, Curdi, Arabi, Mongoli, Turkmeni, Lur, Qashqai, Baluchi, Armeni e Ebrei. Andremo in cerca dell’eredità lasciate dalle ondate migratorie succedutesi nei secoli. Dai fasti di Persepoli, capitale dell’impero di Ciro, Serse e Dario, allo splendore rinascimentale dei safavidi che fecero di Esfahan il gioiello che è oggi, alla dominazione araba. L’islamizzazione del Paese ne ha cambiato il volto, ben prima dell’instaurazione della repubblica islamica di Komeini. Lo sciismo è un prodotto nazionale, di fatto la versione persiana dell’Islam. Pur se il 95% della popolazione è sciita, sopravvivono piccole comunità di zorioastriani, seguaci della religione che ebbe in Zarathustra (o Zoroastro, in greco) il suo profeta e fondatore. Basata sulla lotta dei due principi opposti di Bene e Male, la religione mazdeista, dal nome della divinità creatrice Ahura Mazda, fu culto ufficiale dell’impero persiano tra il VII° secolo a.C. e l’ VIII° secolo d.C., prima della diffusione dell’Islam. Ancora, il sufismo è diffuso in Iran dove i dervisci hanno ampie confraternite (gli stessi safavidi erano dervisci organizzati in un ordine militare). Li incontreremo, godendo delle loro danze, della poesia e della trance estatica.

UN PAESE IN UNO SGUARDO L’impero persiano copre un periodo di tempo sconfinato che oscilla dal VII° secolo a. C. alle soglie della contemporaneità e un territorio che, al culmine della sua estensione, nel 490 a. C., spazia dall’Indo alla Tracia e comprende l’Asia Minore con Turchia e Egitto. Non che sia passato indenne attraverso i secoli, anzi: molte sono state le rivoluzioni e le dinastie che si sono succedute sul trono di Ciro il Vecchio, il nome a cui l’origine della grandezza persiana è inevitabilmente legata. Figura straordinaria, esempio luminoso di intraprendenza militare, lungimirante sapienza organizzativa e tolleranza, con lui si instaura la dinastia achemenide che regge le sorti dell’impero fino all’avvento di Alessandro Magno, nel 330 a.C., il cui breve regno dura troppo poco perché la fusione di Persiani e Elleni, vagheggiata da lui, si compia. A lui succedono i Parti che fino al terzo secolo dell’era moderna reggeranno l’impero con piglio marziale, dando del filo da torcere anche ai Romani. Quindi è la volta dei Sasanidi, per altri quattro secoli, fino alla caduta, per mano araba. La Persia muta volto: lo zoroastrismo è soppiantato dall’Islam, che influenza profondamente l’evoluzione culturale del Paese che, del resto, accoglie con genuino entusiasmo la nuova fede e pare non viene forzato alla conversione. La Persia viene relegata a provincia e si instaura un califfato arabo che ha, però, vita turbolenta, tra rivalità tribali arabe e fermenti nazionali. Il nuovo ordine coincide con l’arrivo dei Turchi Selgiuchidi, a metà dell’XI° secolo. Un secolo più tardi arrivano i Mongoli di Gengis Khan, che pure, dopo la sanguinosa conquista, si “islamizzano”. Al crollo dello stato mongolo segue un periodo di anarchia e quindi la grande dinastia dei Safavidi, che regnano tra il XVI° e il XVIII° secolo e impongono lo sciismo come religione di Stato. Il ‘700 è un secolo burrascoso finché si instaura nel Paese la dinastia turca dei Qajar, che lo regge fino al 1925. Periodo buio, di oppressione politica e sudditanza economica all’Europa, che si chiude con la cacciata dei Qasar e la proclamazione dello scià Reza Pahlavi. Ma questa è già cronaca, che scivola rapidamente verso l’oggi con la rivoluzione del ‘79, l’instaurazione della repubblica islamica di Khomeini, con quel che ne segue, dalla chiusura all’occidente alla guerra all’Iraq. Oggi che sembra foriero di minacce, rivolgimenti, esiti nefasti, almeno a giudicare dai titoli dei giornali e dai giochi della politica internazionale. Oltre la superficie, l’Iran è un Paese giovane, dove due terzi della popolazione ha meno di trent’anni, un paese che va velocemente modernizzandosi e dove il livello di istruzione è alto, si producono film e si pubblicano libri. A dispetto dei luoghi comuni, il 50% degli universitari è donna e, sotto il velo, così come dietro la censura moralizzatrice, pulsa un Paese vitale e colto, insofferente ai divieti.


LADAKH E KASHMIR

LA PUREZZA A QUOTA 4000

UN PAESE IN UNO SGUARDO

“Quello che non si trova qui non esiste in nessun luogo”.

Ladakh significa Paese degli alti passi, dall’indiano la, passo e dakh, paese. Ed è un nome meritato: i valichi tra le valli sono numerosi ma sempre ad altezze notevoli. Si va dallo Zojila, il più basso dei passi himalaiani, ai 5.575 metri del passo del Karakorum. Confederato dell’Unione Indiana e provincia più ampia dello stato del Jammu e Kashmir, il Ladakh è un vasto altipiano desertico interrotto da rare, verdissime oasi. Compresso fra l’Himalaya, a sud-ovest, e il Karakorum, a nord-ovest, il Piccolo Tibet non sembra ancora uscito dal secolare isolamento che ebbe inizio quando il traffico carovaniero terrestre si interruppe a favore di quello marittimo, nel XVII° secolo. Prima il transito delle merci faceva del Ladakh uno snodo importante del Tibet occidentale, le famiglie imperiali prosperavano, si costruivano monasteri imponenti e si fondavano dinastie. Poi, l’isolamento geografico e la mancanza di scambi culturali ed economici hanno depauperato il Paese che, da ultimo, ha rinunciato all’indipendenza e allo statuto monarchico per entrare a far parte dello stato indiano, nel 1947. La piccola regione è un crogiuolo di etnie: gli Arya, i Munda e i Dravidi che, mescolandosi, hanno dato origine a una nuova lingua, il sanscrito, e tante tribù di nomadi che, ad altezze vertiginose, vivono di magra pastorizia. Terra di luoghi meravigliosi, è ancora permeato da quella purezza e energia che hanno attratto, nei secoli, grandi mistici: Naropa, il grande yogin tantrico autore del Kalachakra Tantra e ideatore dei famosi sei yoga e Abhinavagupta, filosofo e mistico, il massimo esegeta del tantrismo shivaita, la corrente del tantrismo centrata sulla figura del dio Shiva, per non citare che questi. Filosofia e psicologia anti-storica per eccellenza, la tradizione tantrica ha raccolto in sé l’eredità delle tradizioni sciamaniche e animiste pre-buddhiste e pre-induiste sviluppandole in un gruppo di testi sacri: i Tantra, attribuiti a Shiva stesso.

A nord dell’India, tra le gigantesche catene del Karakorum e dell’Himalaya, attraversata dalle acque vorticose dell’Indo, vi è una regione straordinaria, apostrofata come “il piccolo Tibet indiano”, che ha saputo conservare, in ragione di una gelosa chiusura verso l’esterno, il buddhismo tibetano più autentico e le tradizioni animiste che col buddhismo convivono, da secoli. Il nostro viaggio inizia un po’ più in là, nella regione del Kashmir e con la visita alla bella Srinagar, la Venezia d’India, capitale estiva della regione, placidamente adagiata sulle sponde del fiume Jhelum e famosa per le sue case galleggianti. Da qui muoveremo verso Leh, quota 3500 metri, che un po’ pomposamente si fregia del titolo di capitale essendo in realtà poco più di un villaggio (conta poco più di ventimila anime). Si sta qui come fuori dal mondo e dal tempo, nemmeno le nuvole vi arrivano e gli unici suoni sono quelli dei campanelli d’argento e delle trombe di conchiglia. L’ideale per riflettere, mentre si passeggia tra i mercatini pieni di colore, il Leh Gompa e il Palazzo Reale. Scenderemo seguendo la valle dell’Indo, verso i monasteri di Lamayuru, - costruito nei pressi della grotta dove all’inizio del X° secolo meditò Naropa, mistico e santo del buddismo tantrico, il Lama di Yuru. Alchi e Likir, di Phyang e Spitok, i più antichi e maestosi della regione, rimasti intatti nei secoli, impervi e inaccessibili: sono i gompa, imbiancati a calce e arroccati in cima a monti a pan di zucchero. La nostra meta: le oracolesse tantriche. Esseri straordinari che nella trance prendono contatto con lo spirito guida. Lo spirito, di cui sono portavoce coscienti, attraverso di loro, si mette a servizio della cura dell’anima. Il percorso lascia spazio all’avventura, e all’imprevisto, per restituire al viaggio il senso di scoperta di un antico pellegrinaggio, una ricerca dell’ignoto, dentro e fuori di noi.

Se proprio in Ladakh il tantrismo si declina nelle forme di matrice più apertamente sessuale -ovvero quelle dello yoga tantrico kashmiriano e dello shaktismo induista- è bene, però, fare chiarezza su un diffuso pregiudizio: l’unione erotica tantrica è una pratica spirituale, la più sublime forma di meditazione sperimentabile.


LANGUEDOC

VIAGGIO NEL MEDIOEVO, TRA CATARI E CRISTIANI “Nulla si compie di ciò che è atteso, ma un dio trova la via dell’inatteso”. Un viaggio alle origini della nostra spiritualità, che è insieme ricognizione sui luoghi, storica e critica, e sospensione del giudizio, necessaria per accogliere il mistero. Celti, Templari, Catari e, naturalmente, Cristiani: si andrà sulle tracce del cuore comune di queste tradizioni, da attingere risalendo al germe misteriosofico e iniziatico, con una domanda: e se fosse una sola la radice originaria di tutte le tradizioni spirituali, del tantrismo e dello yoga orientali, dell’alchimia greco-egiziana e della mistica sufi? Prima tappa, Avignone. Cammineremo per le vie della città vecchia e nelle sale del Palazzo dei Papi. A seguire, Carcassonne, circondata da mura sopra i vigneti e fortezza più grande d’Europa. La torre dell’Inquisizione, sede del tribunale omonimo, col suo carcere e le catene ancora danno i brividi. Vittime eccellenti, eretici per antonomasia, i Catari. A Rennes-le Château raccoglieremo informazioni dai religiosi del posto per dipanare il mistero che avvolge la vita dell’abate Saunière, parroco della piccola città. Potrebbero discostarsi dalla versione fornita da Dan Brown, secondo cui il parroco avrebbe trovato il Graal e il vero tesoro dei Templari. Ben prima che il Codice da Vinci riportasse alla ribalta questa storia, si narrava che, durante il restauro della chiesa dedicata a Maria Maddalena, negli anni 1890, furono trovati murati tre cilindri di legno contenenti pergamene. Incapace di decifrarli, Saunière si rivolse alla chiesa di Parigi. Dei documenti si persero le tracce e una grande ricchezza investì Saunière che restaurò la chiesa e costruì una villa con torri e giardini. Salendo, si giunge a Puivert, al castello attaccato durante la crociata contro gli Albigesi, quindi a un altro luogo del catarismo, il castello di Puilaurens. Ancora oltre, si trova Peyrepertuse, perla della terra dei Catari. Costruita sul picco della montagna seguendone le linee naturali, è stata una delle ultime roccaforti a cedere alle truppe cristiane. L’ascensione vale tutta la fatica della scalata. Lo stesso vale per Quéribus, un dado posato su un dito di roccia, il castello fuso col paesaggio, che sembra nascere dalla roccia stessa. I luoghi catari invitano al silenzio, l’aria si addensa, la mistica di chi rifiutò il mondo e i dogmi. Scendendo dai picchi dei castelli, si visiteranno le straordinarie rovine di Padern, Aguilar e Durban-Corbières. Immancabile un passaggio a Lourdes, città-santuario, città delle apparizioni mariane e dei miracoli. Da visitare di notte, in silenzio,

quando il dolore che impregna i muri della città, la sofferenza dei pellegrini e la loro speranza, si svela chiave della conoscenza, mistero dell’elevazione. Chiude il tour Albi, città di pietra rossa che si riflette nelle acque verdi del fiume Tarn. Tanto ribelle nella sua storia e affascinante nel profilo gigantesco della cattedrale che ne domina la veduta, simbolo della vittoria della cristianità sull’eresia catara, stretta d’intorno dalle viuzze dove si respira ancora l’antico spirito del Languedoc. UN PAESE IN UNO SGUARDO Letteralmente, i Catari sono gli “uomini puri” (dal greco Katharos) o Albigesi (dalla città di Albi, una delle roccaforti catare. I Catari professavano una religione dualista, predicavano un’assoluta purezza di vita, un ritorno alla semplicità del Cristo e un solo sacramento, il battesimo. Non avevano gerarchie né strutture e credevano nella reincarnazione: l’anima sarebbe scesa più volte sulla terra e, di vita in vita, seguendo la dottrina del Cristo, avrebbe trovato la liberazione. La chiesa romana era considerata il male, corrotta dalla brama di ricchezza e potere. La salvezza poteva venire solo dalla nuova chiesa dei Catari, tutta spirituale, del resto, senza gerarchia né ortodossia comune, in cui era lasciata all’interiorità del singolo la ricerca della via migliore per adempiere alla dottrina del Cristo. La purezza d’animo dei Catari aveva anche un risvolto dottrinale che faceva molta presa: significava il ritorno alle origini, alla religione degli apostoli, alla semplicità delle parole di Gesù. La chiesa di Roma, in quest’ottica, appariva responsabile di un intollerabile tradimento. Gli eventi precipitarono in modo irreversibile nel 1208 quando fu ucciso per mano catara uno dei legati pontifici, Pietro di Castelnau. Nel 1209 la crociata promossa da Innocenzo III segnò la fine del catarismo. Le manifestazioni eretiche, però, non cessarono certo di esistere.


MONGOLIA

INCONTRO CON GLI UOMINI-RENNA Che io possa divenire terra, Che io possa divenire cielo, Che io possa divenire la montagna, Che io possa divenire il mare. Che io possa crescere, allargando ed allungando il mio corpo, fino a disperdermi nel Vuoto dell’Infinito. Taiga, laghi cristallini, prati verdi, fiumi, yak. La Mongolia è un territorio difficile, a tratti inospitale, ma regala paesaggi mozzafiato. Natura incontaminata e tradizioni intatte ne fanno poi, per chi è alla ricerca di culture che vanno scomparendo, una meta d’ eccezione. Quindi, dopo un’immancabile visita alla capitale, Ulaanbaatar, che con i suoi settecentomila abitanti raggruppa un terzo dell’intera popolazione, ci sposteremo a Nord, vicino alla Siberia, in una regione di favolosa bellezza naturalistica. Raggiungeremo le sponde del lago Khovsgol, la “Perla Blu d’Asia”, sacro per i Mongoli e dalle acque di purissima limpidezza. Il lago si trova a quota tremila metri, circondato da montagne maestose coperte da foreste di larici siberiani, pini, e prati ammantati di fiori selvatici. Il territorio, abitato dagli argali, le tipiche pecore selvatiche, da orsi bruni, alci, castori, martore, linci, stambecchi, renne, è una riserva naturale straordinaria e un paradiso vergine, selvaggio. Qui vivono i Tsaatan, gli uomini-renna (Tsaa renna, tan uomo o più precisamente comunità, appartenenza), ridotti a poche centinaia e nascosti tra i monti Sayan, tra i 1800 e i 3500 metri di quota, in condizioni difficilissime: la sopravvivenza continuamente messa a rischio da un clima feroce, con estati brevi, mentre durante il resto dell’anno, la temperatura scende fino a 60 gradi sotto zero e il terreno diventa una coltre di ghiaccio per lo spirare del vento artico. Immancabili nel viaggio, accanto alla natura magnifica, alcune tappe per ammirare le opere dell’uomo: il Monastero di Amarbayasgalant Khild, ad esempio, meraviglia architettonica. È stato il ritiro dei Dalai Lama mongoli, i Bogd Khaan Javtsundamba. Si trova nella valle del fiume Iven, ai piedi di una maestosa catena montuosa, il Burenkhan. Per volontà dell’imperatore fu la dimora delprimo Bogd Khaan o Undur Gegeen, Zanabazar. La sua superba architettura è quella tipica dei templi tibetani, tetti curvi, statue di demoni, iscrizioni in mandarino. Oltre tre tonnellate di argento furono impiegate nella costruzione; purtroppo un immenso numero di reliquie, libri, tanga e statue del Buddha furono distrutte durante le purghe staliniste. Dopo un’opera di il restauro, il monastero venne riaperto nel 1990. Faremo passeggiate a piedi o a cavallo, andremo in kayak sul lago, o alle sorgenti calde di Bulnai, per proseguire fino alla Dayan Derkhiin, grotta ritenuta sacra dagli sciamani locali. Una visita al

museo di Chandiman-Öndör ci introdurrà alla cultura etnica locale. Il ritorno a Ulaan Baatar offre l’occasione di visitare il Palazzo d’Inverno, in cui visse l’ottavo Buddha vivente, o il più grande e importante monastero della Mongolia, il Gandantegchinlen Khiid, letteralmente “il luogo meraviglioso della gioia completa”.

UN PAESE IN UNO SGUARDO La Mongolia è un paese non ancora toccato dal turismo di massa, forse per le sue dimensioni, i suoi inverni gelidi, e per la bassissima densità di popolazione. Grande tre volte la Francia, ha soltanto due milioni e mezzo di abitanti, la più bassa densità del mondo. La geografia della Mongolia è molto eterogenea. Il Paese è diviso in sei regioni climatiche, ognuna diversa per clima, paesaggio, terreno, flora e fauna. I paesaggi del Kanghai portano i segni di antichi processi vulcanici: fiumi di lava, colline coniche e sorgenti minerali calde. La vegetazione qui è ricca e varia, con i pascoli migliori dell’intero Paese.


Khangai, letteralmente appagante, che soddisfa un bisogno o un desiderio, è usato in Mongolia per definire le zone dove i pascoli sono verdi e abbonda l’acqua dolce. La popolazione è nomade, ma a differenza di altri etnie il mongolo non vive in tribù ma in nuclei famigliari, di cui il ger, la tenda, è l’elemento centrale. Poche ger ben distanziate rappresentano un nucleo famigliare allargato. All’interno si trovano un altare, di solito orientato a nord, ai lati i letti. Il sostegno centrale della tenda simboleggia il centro, l’asse del mondo. Ogni famiglia bada a se stessa, e solitamente non chiede alcun aiuto al mondo esterno. Il nomadismo ed il cavallo sono le basi della vita ormai da secoli, ed è forse questa la ragione per cui i grandi imperi mongoli hanno sempre avuto vita breve. Una volta perso il capo carismatico, le numerose etnie, a volte litigiose, si sono di nuovo separate, in un territorio talmente vasto da rendere estremamente difficile mantenere la necessaria centralità di un impero. Del resto, esclusi i Khalkha, l’etnia più numerosa, con due milioni di rappresentanti sparsi in tutto il Paese, pari all’86% della popolazione, le minoranze non superano le ottantamila unità per ceppo ma in molti casi ne contano poche migliaia. I più sparuti sono i Tsaatan, che sono appena 250. Minuscolo gruppo etnico di origini turche, apparentati ai Tuvani, sono senz’altro la popolazione più interessante e mistica nella regione remota della taiga. Animisti, le

loro divinità sono l’Eterno Cielo Blu e la Madre Terra, conservano la loro antica, originalissima cultura basata su riti sciamanici e allevamento delle renne. La renna è la sola fonte della loro sopravvivenza ed animale sacro: la più vecchia è lo spirito-guida della famiglia e viene ornata con nastri colorati. Nomadi da sempre, compiono anche sei migrazioni all’anno benedicendo il nuovo terreno dell’accampamento con latte di renna. La spiritualità è per loro unione con la natura, è guida dell’esistenza. A interpretarne i segni c’è lo sciamano, che vive isolato, lontano dalla tribù, che lo chiama in caso di necessità, essendo lui al tempo stesso psicologo, guaritore, divinatore e psicopompo. Boo (uomo) o udgan (donna) che sia, può essere consacrato sciamano attraverso due vie: udmyn, se eredita i propri poteri, o zlain, se lo diventa a seguito di visioni, di episodi che un occidentale definirebbe allucinatori. Così, come accade, del resto, in altre culture sciamaniche, quel che i nostri occhi leggono come “follia”, malattia mentale o fisica, da normalizzare, qui apre la via verso un potere di visione e di conoscenza ampliato. La trance, entrando nella quale lo sciamano allontana i lus, gli spiriti maligni, le malattie o accompagna l’anima del morente verso i mondi di transito, può durare molte ore.


SANTIAGO DE COMPOSTELA

PELLEGRINI ALLA FINE DEL MONDO Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi amore, sarei un rame risonante o uno squillante cembalo. Se avessi il dono di profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza e avessi tutta la fede in modo da spostare i monti, ma non avessi amore, non sarei nulla. Se distribuissi tutti i miei beni per nutrire i poveri, se dessi il mio corpo a essere arso, e non avessi amore, non mi gioverebbe a niente. Il cammino di Santiago di Compostela non è una strada: è piuttosto un’onda, vibrazione spirituale e movimento possente, magnete che attira a sé, da secoli, milioni di pellegrini, da ogni parte d’Europa. Il pellegrinaggio storico è tornato a esercitare il suo fascino, dolce solitudine del camminare in compagnia di se stessi e insieme condivisione di un tempo unico, quello del silenzio, scandito senza esserne turbato dal ritmo dei passi. Si cammina soli eppure insieme, il pellegrino è sempre in compagnia. Un viaggio che sceglie la semplicità essenziale. Pochi i comfort, altrimenti che pellegrinaggio è? Giornate afose in cui l’estate scoppia, abbacinante, e mattinate fresche, sovente benedette dalla pioggia. Tanti gli incontri con le persone di ogni nazione che raccontano un po’ di sé, tra una pausa e l’altra, dividendo acqua e panini. Si cammina tra campi e città, attraversando luoghi dove sono visibili

le tracce del passato, artistico e storico, ricchissimo, della regione. Nei pochi giorni a disposizione, non si può certo pensare di compiere l’intero percorso: partiremo da Bilbao e da lì muoveremo a Burgos, per avvicinarci giorno dopo giorno a Santiago, sostando a Castrillo del los Polvares, Rabanal, Ponferrada, Villafranca del Bierzo, O Cabreiro, Sarria, Portomarin, Arzua. Abbiamo scelto posti tranquilli e confortevoli dove dormire e un pulmino è sempre a disposizione per chi volesse riposare o dedicare più tempo alle bellezze artistiche, in cui l’elemento celtico si fonde con quello cristiano in una sorprendente armonia. Sosteremo a Santiago ma concluderemo il viaggio a Finisterre, la fine del mondo, promontorio che entra nel mare, il punto più ad ovest del vecchio mondo, un luogo che invita a sedersi, meditare, tacere. Un viaggio è sempre fine e inizio e la fine del viaggio è il punto di passaggio: tra la vita e la morte, forse. Rinascita, dunque. UN PAESE IN UNO SGUARDO Dietro il cammino di Santiago di Compostela c’è il racconto, in parte storia e in parte leggenda, del ritrovamento della tomba di San Giacomo, nel IX° secolo. Quel che ne tramanda la tradizione è che San Giacomo il Maggiore, dopo l’ascesa di Gesù al cielo, iniziò la sua opera di evangelizzazione della Spagna spingendosi fino in Galizia, remota regione di cultura celtica all’estremo ovest della penisola iberica. Terminata la sua opera, tornò in Palestina e


qui fu ucciso, decapitato per ordine di Erode Agrippa nel 44 d.C.. I suoi discepoli decidono allora di trasportare il corpo in Galizia e, guidati da un angelo, si avventurano su una barca attraverso il mare. Arrivano in un bosco vicino a Iria Flavia, il porto romano più importante della zona, e là lo seppelliscono. Della tomba si perderanno memoria e tracce nei secoli successivi per il divieto di visitarla e a causa delle persecuzioni contro i cristiani. Nell’anno 813 l’eremita Pelagio vede strane luci simili a stelle sul monte Libredòn e il vescovo Teodomiro, preso interesse al curioso fenomeno, scopre là una tomba, di probabile epoca romana, che contiene tre corpi, uno dei tre con la testa mozzata e la scritta: Qui giace Jacobus, figlio di Zebedeo e Salomé. Così, si dice che Compostela derivi da Campus Stellae, campo di stelle, o Compos Tellum, terreno di sepoltura. Alfonso II il casto, re delle Asturie e della Galizia, ordina allora la costruzione sul posto di un tempio, che diviene monastero benedettino nell’893. Da questo momento iniziano i pellegrinaggi alla tomba dell’apostolo, inizialmente dalle Asturie e dalla Galizia, poi da tutta l’Europa. Distrutta nel 997 dall’esercito musulmano, la città fu poi ricostruita nell’XI° secolo e, secondo il disegno del vescovo Diego Xelmirez, trasformata in luogo di culto e pellegrinaggio, con la costruzione della cattedrale iniziata nel 1075 e l’aggiunta di numerose reliquie. Nell’iconografia popolare San Giacomo è trasfigurato nel Matamoros, l’ammazzamori, cavaliere soprannaturale a fianco dei cattolici contro l’avanzata islamica. Santiago stessa, nella cassa di risonanza mediatica ante litteram costruita intorno a San Giacomo dei monaci cluniacensi, veniva indicata come baluardo della Reconquista, l’opera di cacciata degli arabi dalla Spagna e dall’Europa, che culminerà nella promozione delle crociate. Storicamente, i primi pellegrini arrivavano a Santiago dal mare, la rotta oceanica essendo, con la bella stagione, la più sicura: la Ruta de la Costa, ossia la via che segue la costa, testimonia ancora che il cammino più antico partiva dai porti atlantici. Le principali vie di terra, descritte nel Codex calixtinus o Liber Sancti Jacobi, libro di San Giacomo, erano -e sono- svariate. Dall’Italia, la Via Francigena (con una variante costiera da Pontremoli), quindi la Via Tolosana fino ai Pirenei. Dalla Francia, le vie erano diverse: da sud a nord, c’erano la Via Tolosana, la Via Podense, la Via Lemovicense, la Via Turonense, dove confluivano i pellegrini da Inghilterra, Paesi Bassi e Germania. I due passi più frequentati sui Pirenei erano Roncisvalle e Somport. La via che va da Roncisvalle a Estella è ancora detta, in spagnolo, Camino Francés, mentre quella che passa i Pirenei a Somport si chiama Camino Aragonés. In ogni caso, il punto di raccolta per tutti i pellegrini era il Puente la Reina. Da lì il logo del cammino, che dal 1987 è itinerario europeo, con grande rilancio del pellegrinaggio, prosegue sino a Santiago, e oltre: la tappa conclusiva del Cammino, come sarà per noi, è il Finisterre con il santuario di Nosa Señora da Barca, sulla Costa della Morte.


Spagna El Camino del Bajo Guadalentín

Tra spiagge, vulcani, montagne, acque e leggende Uno splendido trekking nella Spagna Magica con sessioni di Yoga e Tecniche Energetiche, un’occasione unica per fare uno stupendo viaggio, visitare luoghi meravigliosi e tornare perfettamente in forma e rigenerati!

Media km per tappa: 28. Media ore di camminata al giorno: 5-6 (si parte presto si arriva nel pomeriggio). Viaggio e tappe: •

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Dalla costa a Caravaca per la Sierra Espuña, attraverso i boschi del nord-est Durata: 8 giorni - Tipo di trekking: piacevole.

Arrivo a Alicante in aereo, pernottamento in Cartagena (o Mazarrón) Inizio cammino a piedi: Mazarrón – Totana Totana – El Berro El Berro – Casa Nuevas Casas Nuevas – Bullas Bullas – Caravaca de la Cruz (pernottamento) Visita di Caravaca e della Fuente del Marqués Ritorno in aereo da Alicante


SRILANKA

Se l’acqua non è agitata, è chiara. Se la mente non è contratta, è felice. Il reverendo Gothatuwe Sumanaloka Thero, è un monaco eremita della tradizione buddhista theravada. Maestro di meditazione Vipassana, accoglie e accompagna personalmente i partecipanti a questo viaggio, che saranno guidati in un singolare percorso attraverso i jungle temple e gli eremitaggi della foresta dello Sri Lanka. Il viaggio poi comprenderà Kandy, splendida città coloniale affacciata all’omonimo lago famosa per il suo magnifico tempio con la reliquia di un dente del Buddha; si continuerà a salire tra una natura dirompente e piantagioni di thé fino a Nuwara Eliya e Horton Plains, parco naturale in quota, tra cascate i panorami da mozzare i fiato. Dalla montagna al mare lungo le tortuose strade e i panorami che ancora puo’ ricordare chi ha visto il celebre film “Il ponte sul fiume Kwai”, girato nel ’57 da David Lean. Incontreremo l’ Oceano indiano a Galle, città coloniale fortificata dagli Olandesi, per poi concludere nel completo benessere di massaggi, yoga e ayurveda sulla spiaggia di Bentota, ultima tappa prima del ritorno. Il Sati-Patthana o via della piena attenzione Il brano che segue è tratto da un insegnamento del Reverendo Gotatuwe Sumanaloka Thero

monaco è consapevole dell’unico movimento percettibile: il proprio respiro. Allora, a ogni inspiro, egli ripete a se stesso: so che sto inspirando e a ogni espiro: so che sto espirando. Ogni giorno noi monaci sediamo in meditazione, praticando la contemplazione del corpo sul corpo. Durante la meditazione, estraniandoci dal tempo - che consideriamo un’impressione mentale -, osserviamo il corpo e i suoi processi senza attaccamento né repulsione. Così indipendenti sono i monaci eremiti, non essendo attaccati a nulla al mondo, capaci di osservare in eguale modo i fattori di produzione del corpo e quelli di dissoluzione. Ogni giorno noi monaci sediamo in meditazione, praticando la contemplazione della sensazione sulla sensazione e, senza rifiutare alcune sensazioni, né attaccandoci ad altre, siamo consapevoli della qualità della sensazione che sperimentiamo: sappiamo se essa è piacevole, neutra o dolorosa. Ogni giorno noi monaci sediamo in meditazione, praticando la contemplazione della mente sulla mente. Allora diveniamo coscienti di tutti gli oggetti mentali: se c’è ira in noi, siamo consapevoli dell’ira in noi e simultaneamente dell’ira non-prodotta, abbiamo consapevolezza dell’ira che accettiamo e di quella che rifiutiamo, sappiamo dove finisce, come si trasforma e in che modi agisce. E così per ogni oggetto mentale: pigrizia, ansia, agitazione, dubbio, noi osserviamo il lato in luce, ma anche quello in ombra: la pigrizia o l’ansia che produciamo, ma anche quelle che rifiutiamo.

Quando medita camminando il monaco sa che sta camminando e quando medita nell’immobilità e nella dignità della postura seduta, il GLI EREMITAGGI DELLA FORESTA, dove comprendere e conoscere la meditazione buddhista Sono luoghi di straordinaria bellezza dove i monaci eremiti vivono, studiano e praticano la meditazione dormendo in grotte naturali. Lo Sri Lanka, che insieme alla Birmania vanta la più rigorosa e radicata tradizione buddhista theravada, ospita diversi “templi di natura”. Il monaco Sumanaloka accompagnerà i partecipanti in questi luoghi “oltre il mondo”. Mangiare, meditare e compiere rituali nella foresta con i monaci è davvero un’esperienza di straordinaria interiorità, se a ciò si aggiunge il contatto con la natura incontaminata e la presenza, a debita distanza, degli animali selvaggi (aquile, leopardi, elefanti, scimmie, cinghiali…) che popolano questi luoghi di meditazione, si comprende fino in fondo come l’esperienza possa essere vera fonte di rigenerazione del corpo e nutrimento dell’anima. La notte è possibile dormire nell’albergo più vicino che viene raggiunto in jeep, oppure rimanere nella giungla con i monaci dormendo nelle loro grotte o a cielo aperto. Davvero un’esperienza unica per chi voglia immergersi nella natura e apprendere dal vivo i segreti della meditazione. Il soggiorno nella giungla dura mediamente una settimana.


TIBET

IL PAESE DELLE NEVI Vaga nei deserti di neve, nella solitudine degli aridi monti e sprofondati nella contemplazione Si dice che qui, tra le bianche vette himalayane, si trovi il mitico regno di Shamballa, la Terra degli Illuminati. Esiste davvero e vi si accede attraverso un passaggio che è, al tempo stesso, dentro e fuori di noi, nel corpo e tra queste cime, le più alte al mondo. Che la chiave per Shamballa si trovi nei testi del Tibet mistico, nei canti dei poeti, degli eremiti, degli yogin tantrici che qui vissero e meditarono? Forse negli scritti di Guru Rimpoche e della sua sposa, Yeche Tsogyel, la Danzatrice del Cielo, o in quelli della poetessa Ma gcig Labrong, del magico Naropa e del suo mitico maestro Tilopa, oppure dei loro diretti discepoli, Marpa e il poeta eremita Milarepa. Qui, dove l’inconscio dell’uomo è la terra stessa, ecco l’invito della mistica Ma Gcig: Si vada errando senza sosta, tra lande desolate e luoghi di ritiro. Si stia come lo spazio, privo di dubbi e paure. Senza dubbi e paure nell’immensità. In Tibet nasce spontaneo il bisogno di liberarsi dal conosciuto e guardare di nuovo, come bambini, al mondo e alla vita. Fermare i venti del Karma, dicono i grandi maestri dell’Himalaya: sottrarsi dalle conseguenze predefinite delle nostre azioni, rilanciare il proprio destino. Un altro tiro di dadi. In una terra di dèi, demoni, demonesse, orchesse e spiriti selvaggi, personificazioni di forze naturali ostili, gli antichi mistici sono maghi o sciamani capaci di ogni sorta di prodigio, compresa quello di volare nell’aria. Così, Padmasambhava, il Guru Rimpoche, il

“maestro prezioso”, personaggio leggendario che ebbe il merito di portare il tantrismo dall’India al Tibet, compiendo un percorso da Katmandu ai piedi dell’Everest, nel suo viaggio, esorcizzò e sottomise i demoni, “signori della terra”, che incontrò sul cammino. Le tecniche, descritte nei testi tantrici, sono le stesse che i lama usano e insegnano nei riti e nelle meditazioni: la vittoria sugli spiriti della natura, del resto, è tutt’uno con quella sulle forze dell’inconscio. Nel nostro viaggio, ripercorreremo il tragitto compiuto da Padmasambhava, su una strada che sale a tornanti tra le montagne più alte del mondo, tra cascate e precipizi di cui non si vede la fine, alberi svettanti e cascate, che si intravedono tra i vapori e le nuvole. Ci metteremo sulle tracce del ngakpa e dello sciamano, canali attraverso cui gli spiriti parlano. I ngakpa, per lo più eremiti, sono maestri dello yoga tantrico e depositari della tradizione Dzogchen, la via dei Tantra più elevati, la più rapida e intensa. Ritenuti dalle popolazioni locali degli psicopompi, ovvero conoscitori del post mortem, vengono chiamati al capezzale dei defunti perché accompagnino l’anima nei mondi del transito che, secondo lo yoga tantrico, si estendono tra una morte e la successiva rinascita. Chiave segreta dell’arte del morire è nel non avere paura e mantenere, in morte come nel transito, un’attenzione vigile e costante. Lo sciamano è un guaritore, un conoscitore dei segreti profondi del corpo e dell’anima, che ha appreso per via estatica e rivelazione, non attraverso i libri. Specialista dell’estasi, della trance, degli stati ampliati di coscienza, i suoi maestri sono gli stessi dèi e demoni di cui il Tibet è ricchissimo e lo sciamano è un illusionista che estrae dai corpi dei propri pazienti la malattia senza praticare ferite e si traveste per incarnare il proprio spirito guida e ricevere i suoi insegnamenti. Infine, ci muoveremo tra gli altopiani fino alla capitale e al Potala, residenza abbandonata dal Dalai Lama in esilio.


UN PAESE IN UNO SGUARDO Il Tibet, detto Tetto del Mondo dato che l’altitudine media è di 4900 metri, è un Paese dai confini mobili, e combattuti, tra Cina, India e Regione Autonoma del Tibet. Dopo l’invasione della Cina, nel 1950, il Dalai Lama scelse l’esilio volontario in India. Da allora rivendica per il suo popolo il ripristino degli antichi confini nazionali e l’indipendenza dal governo cinese. L’occupazione della Cina ha significato infatti per il Tibet repressione culturale e una brutale volontà di cancellazione nei confronti dei simboli tradizionali: sin dalla rivoluzione culturale maoista, oltre al massacro sulla popolazione, non si contano i monasteri demoliti, i monaci incarcerati e le proibizioni verso i funzionari pubblici di professare la loro religione. Il vandalismo nei luoghi sacri era all’ordine del giorno. Ancora oggi, il cinese resta lingua ufficiale e il tibetano non si può insegnare oltre una certa età. Situato sull’omonimo altipiano, il Plateau tibetano, gran parte della catena dell’Himalaya si trova nel suo territorio. Così, il clima è rigido e ventoso, con un’escursione termica tra giorno e notte che supera i 30°C, precipitazioni ridotte, rarissime e concentrate nella stagione estiva. Il resto dell’anno è molto secco con abbondanza di neve d’inverno. Nella capitale, Lhasa, situata a 3595 metri sul livello del mare, le temperature massime oscillano da qualche grado sopra lo zero d’inverno ai 25°C d’estate, mentre le minime toccano i -15°C.

La popolazione tradizionale è costituita da tibetani più qualche gruppo etnico minore -monpa, lhoba, mongoli e hui- anche se, dopo l’annessione del Tibet, il governo cinese ha spinto molti cinesi a trasferirsi qui. Le stime, naturalmente, discordano: il governo tibetano in esilio afferma che vi è una maggioranza di non tibetani, viceversa, il governo cinese sostiene che la Regione Autonoma del Tibet è abitata al 92% da Tibetani e, pur ammettendo percentuali più basse nelle altre zone del Tibet storico divenute cinesi, smentisce ogni accusa. Il Tibet è il centro tradizionale del cosiddetto buddhismo tibetano, forma distintiva del buddhismo vajrayana, praticato anche in Mongolia e nella Siberia meridionale. Accanto alla religione ufficiale, sopravvive lo yoga tantrico e i suoi riti iniziatici. Gli antichi testi tantrici descrivono la conquista di questa terra da parte degli yogin paragonando le loro imprese a esorcismi di demoni e demonesse: è la rappresentazione di una natura impervia e ribelle alla conquista, silenziosa e potente. Così, i monti sacri del Tibet inchiodano alla terra i corpi delle demonesse, attraverso cui l’energia sessuale prorompe. Non è difficile, viaggiando, vedere all’improvviso, nei luoghi più impensati, pile di sassi e pietre: sono i chorten, o stupa, montagne simboliche, chiodi, o pugnali rituali che tengono a bada le forze indomabili della terra sottostante.


YEMEN

ALLA CORTE DELLA REGINA DI SABA

UN PAESE IN UNO SGUARDO

In verità nell’eloquenza c’è della magia E nella poesia c’è della saggezza.

Lo Yemen è il regno favoloso dei Sabei, la conturbante Araba felix, terra dell’esotismo più squisito, miraggio e inaccessibile raffinatezza, vagheggiato e temuto. Lo stato attuale è nato dall’unificazione di Yemen del Nord e Yemen del sud nel ‘90 e occupa l’angolo sud-occidentale della penisola arabica, orlato dal mar Rosso. A livello geografico, è dominato da un’aspra catena montuosa di cui fa parte la cima più alta d’Arabia, lo Jabl an Nabi Shuayb, alto 3760 metri. Per l’abbondanza di piogge i versanti ovest e sud, oggi intensivamente terrazzati, sono lussureggianti di vegetazione, subtropicale sulle pendici più basse. In completo contrasto con questo rigoglio, l’ampia pianura costiera occidentale conosciuta come Tihama, le terre calde, è una distesa arida dove l’evaporazione è così forte che i fiumi non arrivano al mare. Ancora, il paesaggio muta sugli altopiani centrali, che si trovano in media sopra i duemila metri: l’escursione termica diurna è tra le più alte del pianeta. San’a, la capitale, si trova in questa regione dove abbondano le coltivazioni di cereali. Infine, il deserto di Rub‘ al-Kh?l, letteralmente il quarto vuoto, è il più grande deserto di sabbia del mondo. Ancora ampiamente inesplorato, è abitato da sparute tribù beduine. Qui si trovano poetiche comunità sufi con cantori e musicisti che elevano nella notte antiche poesie a Allah, in isolate moschee tra le dune. Dall’altipiano del Tibet a quello dello Yemen, per i mistici tantrici come per i sufi, non c’è differenza tra simbolo e realtà. Il mistico non legge l’arrivo del viaggiatore secondo la logica dell’oggettività degli eventi. Non è raro, incontrando lo yogin tantrico del Tibet, lo sciamano mongolo o il sufi yemenita, avere la sensazione di ritrovare persone note, di essere amici, fratelli, sorelle che si conoscono da sempre.

Per il carattere impervio e potente della sua natura, lo Yemen ricorda emotivamente il Tibet. Infatti è situato su un altipiano costituito dalla parte più alta di quella immensa piattaforma di granito che forma la penisola arabica. Lo Yemen è talvolta chiamato il tetto d’Arabia o anche il Tibet o la Svizzera d’Arabia. Culla di una civiltà antichissima e terra ricca di fascino e mistero, vide il succedersi di molti regni, il più importante dei quali fu quello di Saba, regno che fiorì molto prima che si cominciasse a scrivere la storia e che ha lasciato dietro di sé vestigia di una grandezza a noi misteriosa, come la grande diga di Ma’rib costruita probabilmente intorno all’VIII° secolo a. C. e rimasta in piedi per più di 1.000 anni. Ma’rib, che fu l’ultima capitale del regno di Saba, è oggi il sito archeologico principale dello Yemen. Vi sono nella zona di Ma’rib i resti del tempio della Luna ( Almaqah o Ilumquh ) che gli yemeniti chiamano Arsh Bilqis , ovvero trono di Bilqis, o anche Bilquis Palace , dal nome yemenita della leggendaria regina di Saba che fece visita al re Salomone. A breve distanza dai resti del Tempio della Luna si può raggiungere un sito archeologico ancora più esteso dal quale affiorano i resti di un imponente tempio, chiamato tempio del Sole o Maharam Bilqis. La parola Maharam significa tempio del rifugio, il che fa pensare che questo luogo fosse una sorta di asilo per chi era perseguitato. Il nostro itinerario ci porterà ad Aden, con i suoi vicoli brulicanti di umanità, con i bambini seduti nella polvere e le donne completamente avvolte nei loro veli neri. Visiteremo la casa in cui ha vissuto il poeta Arthur Rimbaud, ora trasformata in un albergo di terz’ordine, dove, appesa ad una parete, si può vedere l’immagine sognante del volto del giovane poeta affiancata da un quadro che mostra una pagina del Corano. Viaggeremo alla ricerca del misticismo arabo dei sufi. Il sufismo è stato definito lo yoga islamico, la corrente mistica ed esoterica dell’Islam, estranea all’ortodossia religiosa. Una delle possibile etimologie della parola sufi, “Safa” significa purezza: i Sufi sono i Puri. Per questo per modestia nessun vero sufi si definirà mai tale. I sufi celebrano le hadra, le danze estatiche durante le quali al suono di tamburi e a mezzo di canti i dervisci (parola persiana che significa “monaco implorante”) entrano nella trance. Danzando, la loro anima vola in cielo e si unisce a Dio dimenticando se stessa. Le danze estatiche dei sufi non hanno lo scopo di ottenere una guarigione, di migliorare la propria condizione, di cambiare qualcosa, il loro unico fine è il piacere che nasce dall’estasi. Simbolicamente i Dervisci danzano con la mano destra rivolta al cielo per ricevere i doni di Dio, la mano sinistra volta alla terra per dispensare a tutti i doni ricevuti.

I versi che compaiono nel testo sono liberamente tratti da canti spirituali d’Oriente e Occidente (Ghoete, Tagore, Yeshe Tsogyel (la Danzatrice del Cielo), la Sacra Bibbia, Naropa, Ma Gcig, Milarepa, Shiva Samita, Il cantico dei Cantici, Rûmi, Ibn l-’Arabi, Sri Aurobindo, Víctor Menchaca, il popolo Mapuche, Nietzsche, Il Mahabarata, Euripide, il poeta sufi Rumi, Lao-Tze).


SCOZIA

WRITERS’ RETREATS RITIRI PER SCRITTORI LO YOGA DELLA MENTE IN LUOGHI CHE ISPIRANO Adoro la pace e la quiete, gli scenari aperti, il buon cibo e la compagnia intelligente. Che cosa voglio? Scrivere un nuovo poema ogni giorno. Ispirazioni e nuove visoni per dare un seguito alle mie novelle. Allontanarmi dalla normale esistenza, incapsulare la magia di un nuovo luogo fantastico e stare con persone ispirate è ciò che voglio. E tu hai un progetto nel cassetto? Poesie, novelle, romanzo o saggio? Questa è l'occasione per portarlo a compimento. Un ritiro sulla scrittura per conoscersi dando seguito all'ispirazione. Pensa alle parole relax e creatività e mettile insieme. Poi pensa a persone che si incontrano piacevolmente, alla magia di un workshop in cui i partecipanti possono ispirarsi vicendevolmente e godere di luoghi magnifici. Tutto ciò è quanto realmente accade con noi. Tu sta in un luogo bellissimo, noi cuciniamo cibi buonissimi e leggeri. Ogni giorno il nostro workshop si svolge alla mattina e nel pomeriggio tu puoi continuare a scrivere, o nuotare, rilassarti, andare a fare un giro in città, un'escursione in montagna o al mare, giocare a golf. Puoi fare ciò che ti pare, ma la cosa più importante è avere un'armonia in ciò che fai. Così, se vuoi scrivere seriamente e hai l'obiettivo della pubblicazione, trovi lo spazio giusto, se vuoi semplicemente essere stimolato, ugualmente trovi tutte le circostanze giuste per te. Ti promettiamo un totale relax, cibo straordinario, amabili amicizie e buone conversazioni. Il corso è tenuto da una creativa d'hoc: Selene Calloni Williams.

SCOZIA EDIMBURGO E HIGHLANDS Edimburgo è la capitale mondiale della letteratura. È talmente bella da essersi guadagnata nel tempo l'appellativo di Atene del nord. Le parti storiche della città sono state dichiarate patrimonio dell'umanità dall'Unesco. Dopo Londra è la città più visitata della Gran Bretagna. Il nostro ritiro si svolge in contemporanea a due eventi straordinari: L'Edinburgh International Book Festival, l'evento che apre gli orizzonti ed energizza le idee di molti scrittori provenienti da tutto il mondo. E l'ormai celeberrimo Edinburgh International Festival, un festival dell'arte in senso lato. Nel corso della manifestazione, ogni giorno, più volte al giorno, vengono rappresentati spettacoli, al più elevato livello, di teatro, opera, prosa, balletto, musica classica con artisti provenienti da tutto il mondo. Le vie storiche della città son colme di artisti di strada. Avremo modo di prendere parte alle manifestazioni in modo proficuo, arricchente e anche rilassante. Il ritiro avrà luogo in uno splendido edificio vittoriano. La mattina sarà dedicata alla scrittura. Nel pomeriggio visiteremo i luoghi più belli di Edimburgo e dei suoi dintorni o ci rilasseremo nel verde dell'Arthur's Seat, il Seggio di Artù che sorge nel verde di Holyrood Park, o ancora giocheremo a golf o ci rilasseremo con un massaggio. La sera sarà dedicata all'arte e agli spettacoli. Faremo anche un'escursione nelle Highlands in treno fino a Inverness, la città più a nord della Scozia. Qui sosteremo una notte per potere, il giorno seguente, uscire in barca nel mare di Moray Firth dove vedremo la comunità di delfini che vive in queste acque.


NEPAL

NEPAL, IL REGNO DEL MUSTANG. Un trekking nella storia, un viaggio alla scoperta della cultura tibetana prima dell’occupazione cinese, un cammino ispirato attraverso paesaggi lunari.

Paradossalmente il Mustang fu una terra abbondantemente attraversata da traffici commerciali in passato. Le sue antiche rotte commerciali hanno più di 1.000 anni.

Circondato dal Tibet su tre lati e governato da una famiglia reale tibetana, il Mustang - un regno all’inerno di un altro regno sopravvive come uno degli ultimi reami dell’antico Tibet, sebbene nominalmente sia parte del Nepal.

Nel Mustang, come in tutto l’altipiano del Tibet, la natura rude e austera presenta al viaggiatore ampi paesaggi privi di alberi dove l’attenzione non può essere catturata da nulla in particolare… allora la mente contempla l’insieme del tutto.

Miracolosamente rimasto autonomo fino ai giorni nostri, il Regno del Mustang conserva e tramanda la tradizione e la cultura dell’antico Tibet. Infatti il Mustang è molto più simile al Tibet, come esso era primo dell’occupazione cinese, di quanto non lo sia il Tibet stesso.

In tenpi lontani come ai giorni nostri chi viaggi per il Mustang non può evitare di essere fortemente richiamato alla spiritualità.

Nel 1950il Nepal si aprì al turismo, ma il Mustang rimase chiuso ai turisti fino al 1992 e ancora oggi la possibilità di raggiungerlo rimane limitata. Infatti l’accesso ai territori del regno è ristretto e regolato da una precisa normativa.

Il Mustang è aperto ai visitatori da Marzo a Dicembre. L’accesso è ristretto da normative di legge e tutte le spedizioni di trekking devono essere accompagnate da una guida in possesso di licenza governativa.


itinerari di viaggio

Itinerari di viaggio


Anatolia IL MITO E LA BELLEZZA 1°e 2° GIORNO, VOLO PER ISTANBUL, ISTANBUL Città dai mille colori, anello di congiunzione tra l’Europa e l’Asia, posta sul Corno d’Oro all’ingresso del Bosforo. Vedremo la Basilica di Santa Sofia, la meraviglia dell’impero bizantino, l’antico Ippodromo, il palazzo Topkapi, noto con il nome di serraglio del XV secolo, la moschea Blu con le bellissime ceramiche azzurre e degli affreschi nella chiesa– museo di Chora, ovvero di San Salvatore fuori le mura e il il maestoso suggestivo Grand Bazaar. 3° GIORNO, ISTANBUL – KAYSERI – CAPPADOCIA (con volo interno) I paesaggi della Cappadocia sono unici al mondo, creati dalla lava del vulcano Argeo e modellati dalle piogge e dai venti nel corso di millenni. I villaggi di questa regione sono noti per il loro fascino. La Valle di Goreme con le sue chiese troglodite, il paesaggio lunare di Urgup, i piccoli musei, Avanos e Uchisar, l’antico posto di osservazione di Ortahisar con il suo villaggio, Avcilar con l’agglomerato trogloditico e la città sotterranea di Kaymakli. 4° GIORNO, ANTAKYA L’antica Antiochia, fondata da Seleuco e poi conquistata da Alessandro Magno. Seleuco ed i suoi successori resero splendida la capitale facendo costruire teatri, terme, ginnasi e perfino uno stadio in cui vennero disputati i giochi olimpici. La città infine si sottomise alla potenza romana, ma rimase un centro importante del pensiero pagano e paleocristiano. 5° GIORNO, ANTAKYA - SANLIURFA La grotta di San Pietro, in cui secondo la tradizione, l’apostolo istituì la prima chiesa della cristianità. Riconosciuta ufficialmente come, luogo santo dal Vaticano, è stata scoperta dai crociati quando occuparono Antakya nel XI° e XII° secolo. Quindi vedremo il Museo dei Mosaici, che probabilmente non ha eguali al mondo. Questi mosaici, un tempo decoravano le pareti ed i pavimenti delle ville romane a Dafne, raffigurano splendide scene e personaggi tratti dalla mitologia. Particolarmente popolari sono le raffigurazioni del “gobbo fortunato” e i raffinati mosaici di Oceano e Teti. Proseguiremo per Sanliurfa, l’antica Edessa, che ha alle spalle una storia di 3700 anni e che fu, secondo la tradizione, la capitale dell’impero turrita nel 1500 a.C. 6° SANLIURFA - HARRAN - KAHTA Ci prenderemo il tempo per un'escursione allo splendido bazar, caratteristico della cittadella bizantina, con le moschee e con lo stagno di Abramo che, secondo la tradizione, avrebbe dovuto essere gettato sul rogo per ordine del leggendario re Nimrod. Per volere di Dio nel momento decisivo sgorgò all'improvviso una fonte che spense le fiamme. I tizzoni di brace del rogo si trasformarono in carpe, i cui discendenti nuotano ancor oggi nelle acque dello stagno e vengono adorati. Di seguito saremo ad Harran, la città di Abramo, oggi chiamata Altinbasak, luogo dove il personaggio biblico avrebbe vissuto al tempo del suo passaggio da Ur, in Caldea, a Canaan. La zona è uno dei più antichi insediamenti umani conosciuti al mondo. Interessante da visitare è la cinta muraria bizantina, passando per la Porta di Aleppo, rimasta immutata nei secoli. Singolari sono le case in argilla a forma di favo che

ricordano i trulli pugliesi. 7° GIORNO KAHTA – NEMRUT DAGI – GAZIANTEP – ISTANBUL Da Kahta raggiungeremo il Nemrut Dagi, un luogo straordinariamente suggestivo che resterà a lungo impresso nella nostra mente. Il massiccio del Tauro a 2100 metri di altitudine offre una grandiosa vista delle magnifiche testimonianze del regno ellenistico della Commagene. Sul lato sinistro appare la collina di Karakus, il sepolcro di tre signore della casa reale, un tempo attorniato da tre coppie di colonne doppie con cui i romani, usandone una parte, costruirono il Ponte di Cendere. Poco lontano c’è la monumentale tomba del re Antioco I°, dove enormi statue fanno da cornice ad un tumulo di 50 metri con una vista spettacolare su tutta la regione. Completeremo l’itinerario con la visita di Arsamela, per ammirare i bellissimi rilievi su pietra del re di Commagene, Mitridate Callinico, padre di Antioco I. Un po’ più in basso si trova un passaggio a scale sulla roccia che scende a 158 metri, probabilmente un luogo di culto di Mitra. Proseguiremo per l’aeroporto di Gaziantep da dove partiremo per rientrare a Istambul. 8° GIORNO Volo di rientro. È prevista l’assistenza costante di uno specialista della cultura e delle tradizioni locali che funge anche da interprete durante le condivisioni con la popolazione locale.

Argentina e Patagonia Argentina: “I SENTIERI SPIRITUALI DEI KAPAJ ÑAN NUNA E DEGLI INKAS” Un percorso che ci permetterà di entrare in contatto con la spiritualità degli Incas e con antiche cerimonie, tuttora praticate dalla popolazione, legate al profondo rispetto per la Madre Terra, la “Pachamama”, così radicato nella cultura dei popoli andini. 1° e 2° GIORNO, VOLO PER BUENOS AIRES – SALTA – SANTA ROSA DE TASTIL Trasferimento da Buenos Aires a Salta con volo interno. Tour della città di Salta e scoperta del Museo di Antropologia. Da Salta arriveremo a Santa Rosa De Tastil, situata a quota 3000 metri, dove esploreremo alcuni siti archeologici. Con i nativi della regione, i Kollas e gli Atakamas parteciperemo a uno straordinario rituale rivolto alla Madre Terra, la Pachamama. 3° GIORNO, QUILMES Dopo la visita alle rovine di Quilmes (Tucuman), un’altra splendida cerimonia di invocazione all’Acqua con i nativi della regione: i


Diaguitas e i Calchaquies. 4° GIORNO, QUILMES – CAFAYATE – SALTA – JUJUY – PURMAMARCA Giornata di trasferimento e pernottamento a Purmamarca. 5° GIORNO, PURMAMARCA Parteciperemo ad un rito propiziatorio rivolto alla Pachamama, El Ayllu. Pernottamento a Purmamarca. 6° GIORNO, PURMAMARCA Ci muoveremo per vedere le Grandi Miniere Salate e quindi faremo ritorno a Purmamarca. 7° GIORNO, PUCARA’ DE TILCARA – HUMAHUACA – ABRA PAMPA - LA QUIACA, JAVI (3340 metri di altitudine). Assisteremo alla cerimonia Jampy Naluy, davvero emozionante, un rito per la “cura delle emozioni”. Passeremo la notte a La Quiaca. 8° GIORNO, EL AYLLU Esploreremo le grotte della regione e dormiremo a La Quiaca. 9° GIORNO, JAVI, LA QUAICA, ABRA PAMPA, HUMAHUACA – TILCARA – SALTA Un percorso affascinante riporterà a Salta passando attraverso vari villaggi della regione. 10° GIORNO, Ritorno a Buenos Aires in aereo. 11° GIORNO, BUENOS AIRES Giornata dedicata alla scoperta della città. 12°-13° GIORNO Volo di rientro. È prevista l’assistenza costante di uno specialista della cultura e delle tradizioni locali che funge anche da interprete durante le condivisioni con la popolazione locale.

”I"N " CONTRO CON GLI ULTIMI INDIOS” Questo originale itinerario ci porta dalle Milonghe alle Comunità etniche con cui condivideremo i riti, le cerimonie, l’utilizzo delle pratiche sciamaniche e le attività quotidiane come la preparazione del cibo, l’allevamento del bestiame, la fabbrica dell’artigianato. 1° e 2° GIORNO VOLO PER BUENOS AIRES, BUENOS AIRES Tour della Città. Tango nel Sud della città: lezioni di tango e poi, la sera, andremo alla Milonga (locale dove si balla il tango). 3° GIORNO, BUENOS AIRES – NEUQUÈN con volo interno. Incontro con Maria in “Rucanehuen Mapu”. Maria è un capo della Comunità Mapuche. 4° GIORNO, NEUQUEN Incontro con la Comunità Painemil. La comunità è composta da circa 30 famiglie. 5° GIORNO, NEUQUÈN – ALUMINÈ Incontro con la tribù Puel, composta da 68 famiglie, e visita alla Grotta degli affreschi. Escursione al lago di Aluminé. 6° GIORNO, LOUCO LUAN Incontro con la comunità catalan, composta da circa 52 famiglie. 7° GIORNO, LAGO DI RUCACHOROI Incontro con l’etnia aigo, 140 famiglie e con la comunità zalazar, 17 famiglie. Entrambe risiedono nei pressi del bellissimo lago Rucachoroi. 8° GIORNO, JUNIN DE LOS ANDES Incontro con l’etnia currumil, composta da 35 famiglie. 9° GIORNO, NAHUEL MAPI ARRIBA Incontro con i Linares, 164 famiglie con storia, tradizioni e costumi assai simili a quelli dei Mapuche. 10° GIORNO, PAINEFILU Vedremo gli affreschi in una grotta, gusteremo il fascino di un ambiente naturale straordinario e incontreremo una comunità, quella dei Painefilu composta da circa 100 famiglie. 11° GIORNO, SAN IGNACIO Incontro con la tribù dei Namuncura, a San Ignacio, dove vivono

67 famiglie. In seguito partenza verso San Martin de los Andes. 12° GIORNO, SAN MARTIN DE LOS ANDES Incontro con la comunità curruhuinca nei pressi del lago Lacar. Si tratta di 180 famiglie distribuite in vari punti in uno straordinario contesto naturale: Quila Quina, Trompul, Pil Pil e Puente Blanco. 13° GIORNO, SAN MARTIN DE LOS ANDES – BUENOS AIRES Trascorreremo la serata alla milonga. 14°-15° GIORNO Volo di rientro. È prevista l’assistenza costante di uno specialista della cultura e delle tradizioni locali che funge anche da interprete durante le condivisioni con la popolazione locale.

“TANGO, PAMPA E TIERRA DEL FUEGO” Dal Norte a El Mundo a la fin del mundo i tanti volti dell’Argentina. 1°e 2° GIORNO, VOLO PER BUENOS AIRES – SAN ANTONIO DE ARECO Tour della Città di Buenos Aires, trasferimento a Sana Antonio de Areco. Incontro con i gauchos, gli abitanti originari delle pampas argentine presso i quali è ancora possibile trovare tracce della cultura aborigena. 3° GIORNO, USHUAIA Raggiungeremo Ushuaia con volo interno. In uno stupendo paesaggio naturale, prenderemo contatto con i diversi gruppi etnici della regione: Yàmanas, Onas, Shelknam, Alacaluf. Infine entreremo nel Museo della Fine del Mondo. 4° GIORNO, LE ISOLE Navigheremo attraverso il canale di Beagle, reso famoso dalle lotte delle navi dei pirati. Approderemo all’Isola dei Lupi, Isla de los Lobos, al Faro Les Eclaireus e all’Isola dei Pinguini, Isla de los Pinguinos. Quindi attraccheremo a Estancia Harberton, fondata nel 1886 dal Reverendo Thomas Bridges, dove visiteremo il Museo Kayatum. Poi raggiungeremo Punta Remolino che ospita uno dei pochissimi cimiteri aborigeni visitabili. Infine torneremo a Ushuaia via terra, facendo sosta, lungo il cammino, a Laguna Victoria. 5° e 6° GIORNO, ISOLA DI NAVARINO Trasferimento ad Afasym Pier per poi raggiungere da qui l’isola di Navarino, nella Repubblica del Cile. Sull’isola incontreremo gli ultimi superstiti degli Yàmanas e, in particolare, la Signora Christina, che mantiene ancora vivo, nei riti e non solo, lo spirito della cultura aborigena. 7° GIORNO, VOLO INTERNO PER EL CALAFATE 8° GIORNO, IL GHIACCIAIO Ci addentreremo nel Los Glaciares National Park da dove si ha una magnifica vista del Ghiacciaio Perito Moreno. Da qui ha inizio un safari marino lungo il South Canal, che ci avvicina al grande muro di ghiaccio. 9° GIORNO, IN BARCA AD AMMIRARE I GHIACCIAI Navigheremo per osservare gli otto ghiacciai maggiori. Attraccheremo a Bahía Onelli per poi camminare attraverso il bosco fino alla Laguna Onelli. Da qui la vista dei ghiacciai Onelli, Agassiz e Bolado è meravigliosa. Via mare raggiungeremo Puerto Bandera e da qui torneremo a El Calafate. 10° GIORNO, VOLO INTERNO PER BARILOCHE Il primo contatto con l’ambiente naturale della Patagonia è stupefacente. 11° e 12° GIORNO, INCONTRO CON I MAPUCHE Insieme a Picunches, Tehuelches, Onas e Yaganes, i Mapuche occupavano l’intera Patagonia prima dell’arrivo dello huinca, l’uomo bianco.


L’intenzione dei Mapuche è quella di condividere la loro visione del mondo con chi vive al di fuori della loro comunità. Grazie a ciò, i viaggiatori hanno la straordinaria possibilità di visitare l’ambiente naturale con l’accompagnamento di una guida locale che è in grado di trasmettere la storia del luogo e di spiegarla dal punto di vista dei Mapuche: il significato del comportamento degli animali e della vegetazione, l’uso della loro medicina e della spiritualità in accordo con le situazioni e i ritmi universali. Con molta discrezione, trascorreremo due interi giorni con i Mapuche, condividendone la vita, preparando il cibo insieme a loro e prendendo parte ai riti spirituali ancestrali, vedendo le cose da una prospettiva diversa, aprendo la mente, assimilando un’altra aria. 13° GIORNO, BARILOCHE – BUENOSAIRES CON VOLO INTERNO 14° GIORNO, SALTA Un successivo volo interno ci porterà a Salta, una delle principali città dell’Argentina del Nord che ancora conserva le tracce degli aborigeni. Vi sono resti di insediamenti umani in questa area che risalgono a oltre 1000 anni avanti Cristo. Il gruppo aborigeno più importante fu quello dei Diaguita–Calchaquì, proveniente dalle Ande. Nel XV secolo l’area fu dominata dagli Incas. Col nome di Collasuyo, divenne una delle quattro regioni nelle quali era diviso l’impero Incas, chiamato Tahuantisuyo. Il dominio degli Incas impose la lingua Quecha e lasciò i propri segni in numerosi modi. All’inizio del XVI secolo l’area venne conquistata dagli spagnoli. Il paesaggio andino è meraviglioso. Interessantissima la visita al Museo de Arqueología de Alta Montaña e al vicino Santuario ove si celebrava il rituale chiamato Capachocha. 15° GIORNO, TILCARA Incontro straordinario con i discendenti dei Collas, Duenosde la Puna e Pueblo de Sol, che ci faranno prendere parte a un’esperienza unica. A Tilcara si possono vedere le rovine del forte di Pucarà de Tilcara costruito dagli Omaguacas e dagli Humahuacas. 16° GIORNO, QUEBRADA DE HUMAHUACA E LA CITTÀ DI HUMAHUACA Qui, in uno dei paesaggi più belli dell’Argentina del Nord, incontreremo alcuni discendenti degli aborigeni. I Collas sono i veri depositari della cultura e dello stile di vita Andino, vivono in un eremitaggio culturale protetto. Ancora oggi mantengono antichi costumi e usanze: le tradizionali pratiche sciamaniche, la musica etnica, la religione ancestrale con i culti dedicati alla Madre Terra, la quale, lungi dall’essere stata soppiantata dalla nuova religione ufficiale, è ancora viva e capace di mostrare lo spirito senza tempo di una umanità astorica. Ritorno a Salta. 17°-18° GIORNO Volo di rientro. È prevista l’assistenza costante di uno specialista della cultura e delle tradizioni locali che funge anche da interprete durante le condivisioni con la popolazione locale.

5° GIORNO, USHUAIA-ISLA NAVARINO-PUNTA ROSALES-USHUAIA Trasferimento al porto per iniziare la navigazione alla Isla Navarino, in Cile. Dopo una breve sosta in albergo, nella biblioteca dell'albergo si terrà una presentazione della cultura degli indios Yagan. Escursione a Punta Rosales per visitare i siti archeologici. 6° GIORNO, USHUAIA-PUERTO WILLIAMS Presentazione sui temi della spiritualità e della medicina Yagan. Trasferimento in minibus a Puerto Williams. Visita guidata del museo Martin Gusinde. Dopo pranzo, a casa della nostra guida incontreremo alcuni membri della comunità Yagan di Puerto Williams, quindi visiteremo il Kipakar, dove l'artigianato Yagan viene venduto, nella città di Ukika, dove vive la maggior parte dei discendenti degli Yagan. 7° GIORNO, PUERTO WILLAMS-USHUAIA La giornata è dedicata al viaggio verso Ushuaia. 8° GIORNO, USHUAIA-BARILOCHE In mattinata con un volo interno ci muoveremo alla volta di Bariloche. Dopo una breve sosta in albergo, ci aspetta per una chiacchierata la signora Cristina Marin, india Mapuche che ci introdurrà alla cultura tradizionale, storia e situazione attuale del suo popolo. Saremo ospiti eccezionali in una casa tipica e potremo gustare un'altrettanto tradizionale cena a base di piatti etnici. 9° GIORNO, BARILOCHE-PILCANIYEU Ci sposteremo da Bariloche verso Pilcaniyeu addentrandoci nelle steppe della Patagonia lungo una strada molto panoramica. Attraverseremo il villaggio de Las Bayas e raggiungeremo Chacay Huarruca, l'unico posto dove si trovi una scuola bilingue, spagnolo e Mapuche. Resteremo l'intera giornata qui, ospiti della scuola, condividendo le attività di alunni e insegnanti. Pernotteremo qui (la scuola è dotata di camere e servizi), dopo una piccola escursione nei dintorni e una serata in cui la cultura Mapuche verrà presentata da un'anziana della comunità. 10° GIORNO, PILCANIYEU-BARILOCHE Colazione con i bambini della scuola, quindi trasferimento alla città di Ñorquinco, da cui si prosegue per raggiungere la comunità waiteca. Pranzeremo con alcuni waiteca e ci mostreranno l'albero da cui viene il loro nome, che vive unicamente qui e in nessun altra parte del mondo, a rischio di estinzione che la comunità lotta per scongiurare. Rientro in serata a Bariloche. 11° GIORNO, BARILOCHE-BUENOS AIRES Trasferimento all'aeroporto di Bariloche e ritorno a Buenos Aires con volo interno. 12°-13° GIORNO Volo di rientro. È prevista l'assistenza costante di uno specialista della cultura e delle tradizioni locali che funge anche da interprete durante le condivisioni con la popolazione locale.

“VIAGGIO ALLA FINE DEL MONDO, SULLE TRACCE DI YAGAN E MAPUCHE” 1°, 2° e 3° GIORNO VOLO PER BUENOS AIRES, BUENOS AIRES Visiteremo la splendida capitale argentina con uno sguardo alla sua evoluzione storica e all'esplorazione dei costumi locali. Si entrerà in contatto con la cultura dei gaucho, i cavalieri nomadi delle grandi pianure sudamericane, viva nelle periferie. Raggiungeremo San Antonio de Areco, piccolo villaggio che dista cento chilometri da Buenos Aires, dove si trova il museo della cultura gaucha. 4° GIORNO, BUENOS AIRES-USHUAIA Trasferimento in aeroporto per raggiungere Ushuaia. Visita al Museo del Fin del Mundo che racconta l'evoluzione e l'estinzione delle culture native della Tierra del Fuego.

Bhutan: ”ALLA FINE DELL’ARCOBALENO” 1° e 2° GIORNO, VOLO PER PARO – THIMPHU Le trombe di femore umano, gli antichi testi tantrici scritti in oro


parlano di un’umanità proto-storica, illuminata dalla poesia di antiche rivelazioni e da conoscenze ormai non definibili in altro modo se non “magiche”. Esplorando ipotesi, conosceremo la leggenda delle valli perdute sulle quali grandi maestre tantriche avrebbero gettato incantesimi capaci di renderle invisibili e inaccessibili per secoli. Escursione al Monastero Taktshang, con partenza dallo Tsatsam Chorten (i chorten sono monumenti buddisti che spesso contengono reliquie) da dove raggiungeremo a piedi il Monastero Taktsang, che significa Nido della Tigre: il monastero è abbarbicato su uno strapiombo di circa 800 metri. Si dice che, nella seconda metà dell’ottavo secolo, Guru Padma Sambbava sia salito fin qui cavalcando una tigre. A Taktsang il lancio dei dadi permetterà a ciascuno di divinare sul proprio futuro, mentre l’incontro con l’alto lama del monastero ci consentirà di conoscere alcune immagini fondamentali della meditazione tantrica. La camminata per circumambulare il monastero dura circa 4 ore. 3° GIORNO, THIMPHU Scalata fino al Monastero Tango Goemba. Tango è una delle più importanti scuole di formazione buddhiste del Bhutan. Il suo nome, che significa testa di cavallo, deriva dalla roccia con quella forma che si trova sulla sommità. Si tratta di uno dzong eretto nel 1680 dal quarto Druk Desi, capo dello Stato, Gyaltshen Tenzin Rabgye. Attualmente Tango è sede di un giovane che è la reincarnazione di Gyaltse Tenzin Rabgye. Incontreremo monaci per ricevere insegnamenti ed avere la possibilità di assistere alla loro vita quotidiana. Visita al tempio principale di Cheri. Ritorno a Thimphu. Colloquio con uno studioso buddhista al Semtokha Dzong sulle pratiche sciamaniche del Bhutan e gli insegnamenti della religione e filosofia buddhiste. 4° GIORNO, THIMPHU-PUNAKHA VIA WANGDUE Andando a Punakha si passa da un luogo surreale: il Passo Dochula (3150 metri), dove 108 stupa commemorano i morti, sullo sfondo delle montagne della catena Himalayana A Punnakha entreremo nel maestoso Punakha Dzong, residenza invernale del leader spirituale del Bhutan, l’Abate Supremo, e del Corpo Monastico Centrale. Quindi, nella verde valle di Lobesa ci recheremo al tempio di uno dei maggiori santi del Bhutan, Lama Drukpa Kunley, conosciuto come il Folle Divino. Qui monaci bambini vengono iniziati al canto dei mantra e tutto ispira bellezza e semplicità. 5° GIORNO, PUNAKHA-BUMTHANG Sulla via verso il Bumthang ci fermeremo a Pele La (3420 metri), dove si trovano un chorten e molte bandiere di preghiera. Si possono ammirare alcune delle vette più alte del Bhutan. Oltre Pele La si trova la Longte Valley, abitata da allevatori di pecore e yak. Visiteremo un accampamento di allevatori di yak e incontreremo una famiglia locale. Raggiungeremo il villaggio di Chendebji e l’ultimo villaggio prima di raggiungere Trongsa, Tangsibji. Il paesaggio circostante è spettacolare. La vista si estende per molti chilometri e nei tempi antichi nessuno poteva sottrarsi allo sguardo vigile delle guardie del tempio. Potremo ammirare il Trongsa Dzong, eretto nel 1543, grande fortezza bianca costruita direttamente sulla montagna. Sono presenti 25 lhakhangs, piccoli templi, tra cui il più antico del Bhutan, il Chorten Lhakhang, del 1543. 6° GIORNO, BUMTHANG Al mattino assisteremo ai rituali di uno sciamano. La sera potremo incontrare Patseling Rimpoche a Jakar per ricevere insegnamenti. 7° GIORNO, BUMTHANG-PHOBJEKHA Partenza per la valle di Phobjekha. Sosta a Dhomkhar a Chumey per l’incontro con Thuksey Rimpoche. Phobjekha è’ una valle glaciale, parco naturale protetto, nei dintorni del Black Mountain National Park. La valle è anche un punto di sosta per le gru dal collo nero che migrano fino a qui ogni anno in inverno dal Tibet e dalla Siberia.

Arrivo a Gangtey e visita al Gangtey Goempa. Incontro con Gangtey Tulku, se Sua Santità è presente. 8° GIORNO PHOBJEKHA-PARO Viaggio verso Paro attraverso Wangdue e le valli di Punakha. Visita ad una casa contadina per un bagno tradizionale con pietre calde e incontro con gli sciamani del villaggio. 9°-10° GIORNO Volo di rientro via Delhi. È prevista l’assistenza costante di uno specialista della cultura e delle tradizioni locali che funge anche da interprete durante le condivisioni con la popolazione locale.

Birmania: “A TUTTA NATURA” Dopo la magia delle pagode, dei budo e dei maestri di meditazione il 1° e 2° GIORNO a YANGON e a MANDALAY, saremo il 3° GIORNO a MINGUN, villaggio di case di bambù posto sul fiume Ayeyarwady, sospeso come un sogno. I barcaioli sulle loro lance scivolano sull’acqua, faticosamente trainati dallo loro mogli che camminano sulla sponda con una lunga corda legata alla vita, qui è la campana più grande del mondo e una pagoda incompiuta che, se ultimata, sarebbe, pure, la più grande al mondo. Ritornati a MANDALAY, ammireremo la città infuocata al tramonto dalla collina Mandalay, 236 metri e 1729 scalini, da cui si gode una vista splendida che si estende alla campagna circostante. Il 4° GIORNO saremo a AMAPURA, AVA e SAGAING in un paesaggio meraviglioso alla confluenza di due fiumi, mentre il 5° GIORNO andremo in volo a Kyaingetong una cittadina dove uomini e donne delle tribù si incontrano per scambiare merci. Da qui, il 6° GIORNO raggiungeremo il villaggio di Pintauk. Il 7° GIORNO, camminando in un paesaggio che alterna deliziosamente verdi tappeti di risaie a lussureggianti foreste tropicali, ci recheremo presso le tribù Akha e Enn. Gli Enn sono stati soprannominati come la tribù dai denti neri. Arroccati sui pendii più alte, sono differenti per costumi e credenze dalle tribù dei dintorni. 8° GIORNO, volo per Heho, da cui raggiungeremo il fantastico lago Inle. Il 9° GIORNO è tutto dedicato al lago Inle, la cosiddetta Venezia birmana, dove la gente rema con i piedi, vive in palafitte e gli isolotti galleggianti sono fazzoletti colorati per le tante varietà di verdura. 10°-11° GIORNO Volo di rientro. È prevista l’assistenza costante di uno specialista della cultura e delle tradizioni locali che funge anche da interprete durante le condivisioni con la popolazione locale.


“CON GLI SCIAMANI SUL DIVINO POPA” 1° e 2° GIORNO, VOLO PER YANGON - BAGO -YANGON Tra le magnifiche pagode in cerca dei “budo”, mistici eremiti che solo saltuariamente giungono in città per svolgere le loro pratiche ascetiche nelle pagode, mostrando alla gente comune i loro poteri sovrannaturali. Ci immergeremo nel clima di buddhismo theravada ricevendo insegnamenti sulla meditazione Vipassana e la sulla via della Piena Consapevolezza. 3° GIORNO, YANGON-BAGAN Chiamata “Pagan” dagli inglesi, “la città dei Pagani”, è un luogo surreale, al tramonto e alla luce della luna pare di essere in un mondo “altro”. La piana di Bagan è la zona con i resti archeologici buddhisti più grande del mondo. 4° GIORNO, BAGAN-MONTE POPA-BAGAN Sul monte Popa, l’Olimpo birmano, vivono i 37 Nat, gli spiriti, gli dèi e i dèmoni, venerati da tutta la popolazione. Incontro con gli sciamani, i loro costumi, la loro magia, i loro tamburi e i loro racconti. 5° GIORNO, BAGAN-MANDALAY Volo per Mandalay, la capitale culturale della Birmania, ricca di storia e di monasteri, oltre a 700 pagode. Qui è conservata la cosiddetta bibbia originale del Buddismo, considerata il libro più lungo del mondo. Avremo la possibilità di approfondire le conoscenze sul buddhismo theravada e sulla meditazione con l’aiuto dei maestri. 6° GIORNO, KYAINGETONG-PINTAUK-KYAINGETONG Le donne giraffa e altre etnie sulle rive del lago Naung Tong. 7° GIORNO, KYAINGETONG Villaggi ed etnie antichissime come quella degli Akha, dove sopravvivono culti animisti e rituali sciamanici. Giganteschi orecchini, costumi straordinariamente elaborati, visi interamente tatuati e bambini nudi che corrono tra le capanne e i totem. 8° GIORNO, KYAINGETONG-HEHO-LAGO INLE Pronti per il Water Buffalo Market, il mercato dei bufali indiani, alla periferia di Kyaing Tong. Poi il villaggio Akhu, dove le donne portano un costume fatto solo di una giacca nera con ampie maniche sopra un sarong, un pezzo di stoffa avvolto intorno alla vita e usato come gonna, a strisce rosse e nere. 9° GIORNO LAGO INLE – YANGON Trascorreremo la giornata sulle sponde del lago Inle, immersi nel paesaggio poetico di palafitte e orti fluttuanti 10°-11° GIORNO Volo di rientro. È prevista l’assistenza costante di uno specialista della cultura e delle tradizioni locali che funge anche da interprete durante le condivisioni con la popolazione locale.

Bretagna: “VIAGGIO TRA BOSCHI INCANTI ED EROICI MARINAI” 1° GIORNO, VOLO PER PARIGI - JOSSELIN 2° GIORNO, JOSSELIN Scopriremo la foresta di Brocéliande e i luoghi magici della cosiddetta “Valle senza ritorno”, dallo Specchio delle Fate, uno specchio d’acqua, che è la porta per il mondo degli spiriti, all’Albero d’Oro. Vedremo poi il Castello, la tomba di Merlino e l’Abbazia di Paimpont. 3° GIORNO, JOSSELIN-DOUARNEZ Giornata dedicata alla scoperta di menhir e dolmen. 4° GIORNO, DOUARNEZ e Locronan, uno dei paesini celtici meglio conservati di Francia. Poi andremo a Pointe du Raz, un promontorio selvaggio che si sporge sull’oceano. Tutta la zona costiera era abitata dai cosiddetti Veneti, popolo pre-celtico di marinai e commercianti. 5° GIORNO, DOUARNEZ-HUELGOAT Giornata all’isola di Sein, luogo di maghi e pescatori. 6° GIORNO, HUELGOAT Tappa al Campo e alle Grotte di Artù. Poi le Grotte del Diavolo e youdie, una zona paludosa ritenuta dai celti una delle porte dell’inferno. 7° GIORNO, HUELGOAT-ST. MALO Saremo a Cancale e St. Malo, antico centro corsaro. 8° GIORNO, ST. MALO- LE MONT-ST-MICHEL Visiteremo Courtils, nella baia di Mont-St-Michel. 9° GIORNO, LE MONT-ST-MICHEL Scopriremo la bellezza dell’antica Abbazia. 10° GIORNO Viaggio di rientro via Parigi. È prevista l’assistenza costante di uno specialista della cultura e delle tradizioni locali che funge anche da interprete durante le condivisioni con la popolazione locale.


Cina: “DIETRO LA MODERNITÀ IL VOLTO INEDITO E SPIRITUALE” 1°-2° GIORNO, VOLO PER PECHINO Arrivo a Pechino, con volo internazionale. 3°, 4 ° e 5 ° GIORNO, PECHINO Piazza Tienanmen e la Città Proibita. Ci lasceremo colmare di meraviglia dallo splendido tempio Tempio del Cielo, luogo di antichi rituali di fertilità, celebrati dagli imperatori cinesi per assicurare la prosperità della nazione. Piazza Tienanmen (Porta della Pace del Cielo) è la piazza cittadina più grande del mondo. La Città Proibita, situata nel centro di Pechino, è stata la città imperiale delle dinastie Ming e Qing. Quindi la Grande Muraglia (sezione Badaling), le tombe Ming e la Via Sacra. La - The Great Wall: the most famous symbol of China and one of the world’s most remarkable architectural wonders, it was built over 2,000 years ago and stretching about 6,700km.Grande Muraglia, il più famoso simbolo della Cina, una delle meraviglie architettoniche del mondo, risale a più di 2000 anni fa e si estende per 6700 chilometri. Percorreremo anche la Via Sacra: un sentiero ornato di statue di animali, reali e magici, che veniva percorso dagli antichi imperatori nel loro transito dopo la morte e lungo il quale, una volta l’anno, l’imperatore regnante celebrava rituali in onore degli antenati. Vedremo poi il Tempio dei Lama, monastero della scuola buddista dei “Berretti Gialli”, dove, nel Palazzo delle Diecimila Felicità (Wangfu Ge) è custodita una statua del Buddha Maitreya, il Buddha del futuro: un unico tronco di sandalo alto 26 metri, e poi il “Big Bell Temple”, con la più grande campana della Cina, alta quasi sette metri e del peso di 46 tonnellate, su cui sono incisi versi tratti da molte scritture buddiste. 6° GIORNO, PECHINO – XI’AN Arrivo a Xi’an con volo interno. Il Museo Provinciale Shaanxi, per avvicinarsi alla storia e alla cultura cinese attraverso la sua arte e la Pagoda della Grande Oca Selvatica, costruita nel 652 d.C. dalla Dinastia Tang per ospitare i sutra portati dall’India dal famoso monaco Xuan zang. 7° e 8° GIORNO, XI’AN Il famoso “Esercito di Terracotta, uno dei più importanti ritrovamenti archeologici del XX° secolo: seimila guerrieri a cavallo a grandezza naturale, realizzati in terracotta dipinta. Poi la scoperta dell’antica cinta muraria di epoca Ming, che circonda la città con un perimetro di 35 Km. E’ dotata di 13 porte tra le quali la porta a Ovest dalla quale entravano in città le carovane che viaggiavano sulla Via della Seta. Si dice che anche Marco Polo sia entrato da li. Scopriremo il luogo in cui Laozi (Lao Tze) annunciò gli insegnamenti del Libro del Tao dando origine alla filosofia Taoista, una torre dedicata all’osservazione astronomica, divenuta poi sito sacro. 9° GIORNO, XI’AN – CHENGDU Scoperta della Grande Moschea di Xi’an e quindi volo interno per Chengdu, città con una storia di oltre 2300 anni, celebre per il suo terreno fertile, tanto da essere chiamata il “magazzino dei cieli”.

10° GIORNO, CHENGDU Un incontro con la natura nel centro di studi sul Panda Gigante, poi un’immersione nella poesia nell’ex residenza del celebre poeta dinastia Tang, Du Fu (712 – 770), quindi il tempio Wenshu, il tempio buddista più antico di Chengdu. Non può mancare una sosta in una delle numerose Tea House di Chengdu, ancora oggi luoghi di incontro e scambio culturale. 11° GIORNO, CHENGDU / MONTE EMEI Alla scoperta del Monte Emei, uno dei quattro monti sacri della tradizione cinese, condiviso sia dal buddismo che dal taoismo. Per i Buddisti è la sede di Samantabhadra - patrono del Sutra del Loto e Bodhisattva della Bontà Universale. 12° GIORNO, MONTE EMEI/ Il Buddha Gigante / ZIGONG Il tempio Baoguo, del 1564, e poi a Leshan per vedere il Buddha gigante, scavato tra le rocce alla confluenza dei fiumi Dadu, Minjiang e Qingyi, il più grande Buddha in pietra del mondo, con i suoi 76 metri di altezza. 13° GIORNO, ZIGONG – DAZU La città di Zigong, che si trova nel Sichuan meridionale, è famosa fin dai tempi antichi per la produzione del salgemma ed è definita la capitale cinese del sale. Il sottosuolo è ricchissimo di fossili di dinosauro, tanto da meritare a questa città l’appellativo di luogo natale dei dinosauri. Vedremo il Museo Minerario e il Museo dei Dinosauri. A Dazu scopriremo le incisioni rupestri, che fanno parte dei Patrimoni dell’umanità dell’UNESCO: una serie di sculture religiose, le più antiche delle quali risalgono al VII° secolo, che rappresentano immagini del Confucianesimo, del Buddhismo e del Taoismo e consistono di circa 50.000 statue con oltre 100.000 iscrizioni. In particolare vedremo le Grotte di Beishan, con sculture che si ispirano al Buddismo esoterico e il sito di Boading, costruito dal monaco tantrico Zhao Zhifeng, con immagini dei sutra buddisti e rappresentazioni della vita familiare e laica. 14° e 15° GIORNO DAZU - CHONGQING - RIENTRO Arrivo a Chongqing con volo interno. Tour della città, con il vecchio porto e le numerose testimonianze della dinastia Qing. Quindi trasferimento all’aeroporto di Pechino per il volo di rientro. 16° GIORNO ARRIVO IN ITALIA È prevista l’assistenza costante di uno specialista della cultura e delle tradizioni locali che funge anche da interprete durante le condivisioni con la popolazione locale.

“MINORANZE ETNICHE, NATURA E MONTI CELESTI” 1°-2° GIORNO, VOLO PER PECHINO Arrivo a Pechino, con volo internazionale. 3° GIORNO, PECHINO La Grande Muraglia, nella sezione Jinshanling poco frequentata dai turisti. 4° GIORNO, PECHINO - HUANGSHAN Scoperta della Città Proibita e in serata volo interno per Huangshan. 5° GIORNO, HUANGSHAN I Monti Huangshan (letteralmente Montagna Gialla) sono una catena montuosa che si trova nella provincia di Anhui, nella Cina orientale. L’area è famosa per le sue bellezze paesaggistiche: vi si trovano infatti picchi granitici e i pini dello Huangshan (alberi tipici della regione dalle forme modellate dalle intemperie). Questi monti compaiono spesso nello sfondo di dipinti e storie della letteratura cinese. Sono stati dichiarati Patrimoni dell’umanità dell’UNESCO. 6° GIORNO, HUANGSHAN – HANGZHOU Al mattino scoperta dell’antico villaggio di Hongchun e nel pomeriggio arrivo a Hangzhou. 7° GIORNO, HANGZHOU - GUILIN


Al mattino visita del Lago Occidentale e nel pomeriggio volo interno per Guilin. 8° GIORNO, GUILIN/ Yangshuo Guilin è una città affascinante per la grandiosità dei picchi e delle formazioni rocciose, per la bellezza dei fiumi, per la bizzarria delle grotte. Il paesaggio è tra i più incantevoli della Cina. Navigheremo sul fiume Li fino al villaggio di Yangshou. 9° GIORNO, GUILIN In un villaggio non lontano da Guilin incontro con i Dong, minoranza etnica cinese, famosa per la sua abilità nel canto e in particolare nell’imitare il canto degli uccelli. 10° GIORNO, GUILIN – CHENGDU Arrivo a Chendu con volo interno e nel pomeriggio immersione nella natura nel giardino dei Panda Giganti. 11° GIORNO, CHENGDU- MONTI QINGCHENGSHAN Le Montagne Qingchengshan si trovano 75 km da Chengdu. Questa zona, di grande interesse naturalistico, è un’area sacra per il taoismo: qui si trova una delle due principali scuole taoiste della Cina. 12° GIORNO, MONTI QINGCHENGSHAN / MONTE EMEI Alla scoperta del Monte Emei, uno dei quattro monti sacri della tradizione cinese, condiviso sia dal buddismo che dal taoismo. Per i Buddisti è la sede di Samantabhadra - patrono del Sutra del Loto e Bodhisattva della Bontà Universale. 13° GIORNO, MONTE EMEI – LESHAN – CHENGDU A Leshan per vedere il Buddha gigante, scavato tra le rocce alla confluenza dei fiumi, Dadu, Minjiang e Qingyi, il più grande Buddha in pietra del mondo, con i suoi 76 metri di altezza. 14° GIORNO, CHENGDU – PECHINO Visita di Chendu e quindi volo interno per Pechino. 15°-16° GIORNO Volo di rientro. È prevista l’assistenza costante di uno specialista della cultura e delle tradizioni locali che funge anche da interprete durante le condivisioni con la popolazione locale.

Due sono gli itinerari proposti, uno più breve, di otto giorni, l’altro di dodici, per un’immersione più intensa e vibrante. 1° GIORNO, VOLO PER IL CAIRO – IL CAIRO Dopo la visita notturna alla grande piramide, ci rilasseremo in tenda vicino alle piramidi prima di rientrare in hotel con vista sulle piramidi. 2° GIORNO, IL CAIRO – BAHARIYA Lasceremo Il Cairo alla volta dell’oasi di Fayuum. Saremo quindi nella magica Wadi El Haitan, la Valle delle Balene, e in quelle di Acacia e di Wadi El Raiyan, faremo tappa alla sorgente di Beir El Raitan e alle cascate di Shalalat. Nel pomeriggio ci muoveremo verso bahariya, dove passeremo la notte. 3° GIORNO, BAHARIYA – AL HARA – GROTTA DI GARA Partenza per l’oasi di Al Hara e da qui alla grotta di Gara. Pernottamento in campo tendato nei pressi della grotta. 4° GIORNO, GROTTA DI GARA – ABOUMOHAREK Faremo colazione nel deserto prima di partire verso la Montagna di Cristallo dove faremo tappa. In serata raggiungeremo le dune di sabbia e, lungo la strada, attraverseremo il Deserto Nero, le dune di sabbia di Agabat e ci fermeremo alla Sorgente Magica. Dopo la cena preparata nel deserto, dormiremo sotto un cielo trapunto di stelle… cadenti. 5° GIORNO, ABOU MOHAREK – EL QASR – GRANDE DESERTO DI SABBIA Dopo la colazione nel deserto, attraverseremo il deserto bianco visitando Beir Al Dakar, la Valle di Abou Hawas, il villaggio di El Qasr nell’oasi di Farafra. Passeremo la notte nel Grande Deserto di Sabbia. 6° GIORNO, GRANDE DESERTO DI SABBIA – DAKHLA Viaggeremo fino a Dakhla. Lungo il percorso, visiteremo le tombe di El-Muzawaka, di età romana, El-Qasr, cittadella medievale costruita sui resti di un villaggio romano, il villaggio di Al Balat e al tempio di Deir El Hagan. 7° GIORNO, DAKHLA – KHARGA Andremo in auto fino a Kharga. Sulla strada, faremo tappa alla necropoli di Al-Bagawat, cimitero cristiano con centinaia di tombe di mattoni di fango che raffigurano scene bibliche, all’oasi di Om El Dabadeb e quella di Labakha e, infine, al Tempio di Ibis, costruito dall’imperatore persiano Dario I nel VI secolo a.C.. 8° GIORNO, KHARGA – LUXOR – RIENTRO Ci sposteremo in auto fino a Luxor da dove ripartiremo per il volo di rientro.

Per chi ha qualche giorno in più:

Egitto: “IN CERCHIO CON I SUFI E I FUOCHI DEI BEDUINI” Dal Cairo, dopo una cena sul Nilo e una visita alle piramidi e alla sfinge, ci sposteremo nel deserto. El Hadra è il nome delle danze sufi dei dervisci, eseguite separatamente da gruppi di uomini e donne. Le donne, nella trance, si uniscono agli spiriti e i loro corpi prendono a vibrare in modo convulso. Gli uomini ricevono gli insegnamenti e cantano finché le parole diventano un unico, potente respiro selvaggio. Ci sposteremo di oasi in oasi, su percorsi fuori dei circuiti turistici, ognuna con la sua storia, la popolazione sorprendente, misteri e leggende da raccontare, le mummie, romane o egizie. Ci faremo stregare dalla musica e balleremo davanti al fuoco, dormiremo in tenda, sotto il cielo stellato, e attraverseremo il deserto infuocato di giorno e accogliente di notte.

1° GIORNO, VOLO PER IL CAIRO – IL CAIRO Dopo la visita notturna alla grande piramide, ci rilasseremo in tenda vicino alle piramidi prima di rientrare in hotel con vista sulle piramidi. 2° GIORNO, IL CAIRO – EL ALEMEIN Lasceremo Il Cairo alla volta dell’oasi di Fayuum. Saremo quindi nella magica Wadi El Haitan, la Valle delle Balene, e in quelle di Acacia e di Wadi El Raiyan, faremo tappa alla sorgente di Beir El Raitan e alle cascate di Shalalat. Nel pomeriggio viaggeremo verso nord e passeremo la notte nel deserto sulla via per El Alemein. 3° GIORNO, EL ALAMEIN – MARSAH MATRUH Dopo la colazione nel deserto, giungeremo a El Alamein, dove visiteremo il museo memoriale della Seconda Guerra Mondiale e i cimiteri italiano e del Commonwealth. Nel pomeriggio arriveremo a Marsah Matruh, sulla costa nordoccidentale del Paese. 4° GIORNO, MARSAH MATRUH – SIWA Attraverseremo il deserto fino all’oasi di Siwa. Celebre per i suoi laghi salati, l’oasi è ricca anche di acqua dolce, che sgorga da più di trecento sorgenti sparse tra palmeti, oliveti e giardini. La più cono-


sciuta è Ain el-Hammam, il bagno di Cleopatra, dove, secondo la tradizione, si bagnava la bella regina egiziana. Visiteremo i templi di Amun Ra e Alessandro il Grande. Quindi, ci recheremo a Gebel al Matwa, la cosidetta montagna dei morti, una vasta necropoli di epoca romana. Ci sposteremo a Gebel Dakrur, la montagna da cui si domina tutta l’oasi e ci godremo il tramonto sotto le palme sull’isola di Fatna. 5° GIORNO, SIWA – BEIR WAHID – SIWA Visiteremo le sorgenti naturali di Abou Sharouf e l’antica fabbrica di olive. Ci sposteremo verso Beir Wahid per ammirare il tramonto immerso nelle acque sorgive circondate da dune di sabbia. 6° GIORNO, SIWA – BAHARIYA Di prima mattina partiremo alla volta di Bahariya. Lungo la strada, sosta per ammirare le dune di sabbia di Sutra e il lago salato. 7° GIORNO, BAHARIYA – AL HARA – GROTTA DI GARA Partenza per l’oasi di Al Hara e da qui alla grotta di Gara. Pernottamento in campo tendato nei pressi della grotta. 8° GIORNO, GROTTA DI GARA – ABOU MOHAREK Faremo colazione nel deserto prima di partire verso la Montagna di Cristallo dove faremo tappa. In serata raggiungeremo le dune di sabbia e, lungo la strada, attraverseremo il Deserto Nero, le dune di sabbia di Agabat e ci fermeremo alla Sorgente Magica. Dopo la cena preparata nel deserto, dormiremo sotto un cielo trapunto di stelle… cadenti. 9° GIORNO, ABOU MOHAREK – EL QASR – GRANDE DESERTO DI SABBIA Dopo la colazione nel deserto, attraverseremo il deserto bianco visitando Beir Al Dakar, la Valle di Abou Hawas, il villaggio di El Qasr nell’oasi di Farafra. Passeremo la notte nel Grande Deserto di Sabbia. 10° GIORNO, GRANDE DESERTO DI SABBIA – DAKHLA Viaggeremo fino a Dakhla. Lungo il percorso, visiteremo le tombe di El-Muzawaka, di età romana, El-Qasr, cittadella medievale costruita sui resti di un villaggio romano, il villaggio di Al Balat e al tempio di Deir El Hagan. 11° GIORNO, DAKHLA – KHARGA Andremo in auto fino a Kharga. Sulla strada, faremo tappa alla necropoli di Al-Bagawat, cimitero cristiano con centinaia di tombe di mattoni di fango che raffigurano scene bibliche, all’oasi di Om El Dabadeb e quella di Labakha e, infine, al Tempio di Ibis, costruito dall’imperatore persiano Dario I nel VI secolo a.C.. 12° GIORNO, KHARGA – LUXOR – RIENTRO Ci sposteremo in auto fino a Luxor. Trasferimento in aeroporto e volo di rientro.

1°, 2° e 3° GIORNO, VOLO PER DELHI- DELHI- KHAJURAHO Dal caos della città affollata, alla pace della cittadina isolata e alla conturbante bellezza dei templi erotici. 4°, 5° GIORNO, VARANASI e SARNATH Varanasi è la città di Shiva, il Beato Tremendo, qui gli indù vengono a morire, pensando che la loro anima, passando a miglior vita in questo luogo, possa non reincarnarsi più e raggiungere la libertà finale. Qui un fuoco che non si spegne mai brucia i cadaveri sulla riva del sacro Gange, qui giungono gli studiosi del sacro, i pellegrini, i mistici e gli asceti almeno una volta nella loro vita. Sarnath, a una ventina di chilometri da Varanasi, è il luogo dove nacque il Buddhismo. Comunità di pellegrini buddhisti provenienti da tutto il mondo visitano l’antico stupa nel “parco dei cervi”. 6° e 7° GIORNO, ALLAHABAD Qui, alla confluenza dei tre fiumi, il Gange, lo Yamuna e il Sarasvati ogni hindu deve venire a bagnarsi almeno una volta nella vita per purificarsi. Pernotteremo a Allahabad. Il bellissimo tempio sotterraneo all’interno del forte custodisce immagini di una religione antica, legata alla Madre, e l’albero dell’immortalità. 8° GIORNO, HARIDWAR Viaggeremo in treno per una notte, fino a giungere ad Haridwar. 9°, 10° GIORNO, trascorreremo ad HARIDWAR e RISHIKESH due giorni piacevoli visitando i luoghi, poi i centri di yoga, gli ashram, le comunità di tantrici, e intrattenendoci con i maestri. Alla sera la Ganga Aarthi, la bellissima cerimonia dedicata al fiume Gange, accenderà la notte con la luce del fuoco sacro. Lo spettacolo del Gange che scorre veloce attraverso le pendici dell’Himalaya è una visione impressionante. Molti templi sono collocati lungo il fiume e la natura pura qui è potente e selvaggia. 11° GIORNO, DELHI Da non perdere il “main bazar”, la Jama Masjid, la moschea più grande dell’India e il Forte Rosso. 12°-13° GIORNO, DELHI – ISTANBUL - RIENTRO Lungo il viaggio di ritorno faremo tappa a Istanbul per vedere l’affascinante capitale turca, anello di congiunzione tra l’Europa e l’Asia. Per chi ha qualche giorno in più: il viaggio in India può essere prolungato con un programma benessere personalizzato in una esclusiva spa resort ayurvedica a scelta a Goa o alle pendici dell’Himalaya È prevista l’assistenza costante di uno specialista della cultura e delle tradizioni locali che funge anche da interprete durante le condivisioni con la popolazione locale.

È prevista l’assistenza costante di uno specialista della cultura e delle tradizioni locali che funge anche da interprete durante le condivisioni con la popolazione locale.

Iran: India: “LE CITTÀ SANTE DEL NORD, DOVE EROS E ASCETISMO SI INCONTRANO”

“SULLE TRACCE DI ZOROASTRO” 1° 2° e 3° GIORNO, VOLO PER TEHRAN – GORGAN – GONBAD–E–KAVUS Tehran, la città con l’incantevole Iranbastan, il celebre museo


archeologico dove sono custoditi preziosi reperti delle antiche civiltà della regione, il museo dei vetri, il museo dei tappeti e il palazzo reale di Golestan. Gorgan è un’importante città del popolo turkmeno, di cui mantiene vivi il folklore dei costumi e le tradizioni. Qui incontreremo Luis Firuz, americana, che da 45 anni vive in Iran allevando cavalli di razza iraniana. Dopo cena una festa con musica turkmena. Passeggeremo tra gli splendidi palazzi di Gonbad-e-Kavus che risalgono all’anno mille. Oltre che gioiello architettonico, la città offre l’occasione di entrare in contatto con costumi e tradizioni popolari. 4° GIORNO, DAMQAN L’antica capitale dell’impero sassanide, che vanta la prima moschea mai costruita in Iran. Incontro con i sufi. 5° GIORNO, DESERTO DASHT-E KAVIR - YAZD Da Damqan attraverseremo il deserto roccioso di Dashte Kavir, il più grande dell’Iran, coi suoi duecentomila chilometri quadrati che la pista taglia esattamente a metà. Uno straordinario spettacolo di colori e forme. Arriveremo, poi, a Yazd. Qui, nella Zurkhaneh (letteralmente Casa della Forza), assisteremo alle competizioni sportive tradizionali: Varzesh e Bastani. Uniche nel loro genere, riassumono la ricchezza spirituale del sufismo, i riti esoterici legati al culto di Mithra e l’eroismo nazionale. 6° GIORNO, YAZD La città fondata dai Sassanidi dove ebbe origine l’antico culto zoroastriano che conta qui oltre un migliaio di fedeli. La sopravvivenza dell’antica religione è garantita dal Fuoco Sacro conservato nei tempio Atashkade, che, secondo i seguaci di Zoroastro, brucia ininterrottamente dal 470. Muoveremo, quindi, a Dakhme dove si trovano alcune tra le più suggestive Torri del Silenzio che si ergono nel deserto e in cima alle quali, secondo la tradizione, gli zoroastriani ponevano i loro defunti per farli divorare dagli avvoltoi. Proseguiremo con la moschea Jame-Mirciakhmaq che si erge in una bellissima piazza medioevale, quindi a passeggio tra i quartieri della città vecchia. 7° GIORNO YAZD – PERSEPOLIS – SHIRAZ Visiteremo il Palazzo Primavera fatto costruire da Dario I nel 518 a.C. e le tombe dei primi imperatori: Dario il grande, Serse, Artaserse I e Dario II. 8° GIORNO SHIRAZ – ESFAHAN (CON VOLO SERALE) A Shiraz incontreremo i Qashqai, popolazione nomade tra le più numerose della provincia di Fars e Khuzestan. Pranzeremo con loro nelle tende. 9° GIORNO, ESFAHAN Un vecchio adagio persiano recita Esfahan é la metà del mondo e i viaggiatori sottoscrivono entusiastici, ammaliati da tanta, traboccante bellezza. Si parte dalla suggestiva piazza centrale dove si affacciano le antiche botteghe del gran Bazar, la Moschea Imam, la Moschea Lotfollah, Ali Qapu, il palazzo reale dei Safanidi (che ressero l’impero tra il 1501 e il 1736) e Chehel-Sotun, il cosiddetto Palazzo delle Quaranta Colonne a causa delle venti sottili colonne lignee che, riflettendosi nelle acque della fontana all’ingresso del padiglione centrale, creano l’illusione di raddoppiarsi. Incontreremo nel pomeriggio un sacerdote zoroastriano con il quale sarà possibile approfondire aspetti di questa straordinaria religione che sembra aver influenzato anche il giudaismo e, indirettamente, il cristianesimo. 10° GIORNO, ESFAHAN – TEHRAN (CON VOLO SERALE) Ecco un’altra splendida città: il quartiere armeno con le sue chiese e le sue cattedrali, i famosi ponti Sio-se Pol e Khajou con la caratteristica doppia fila di archi sovrapposti, tutti decorati a mosaicoe il piccolo padiglione centrale dove la corte safavide cenava ammirando il panorama sul fiume Zayandeh. Ancora, la moschea del Venerdì e i vari monumenti voluti dallo Scià Abbass e i successori Safavidi. 11° GIORNO Volo di rientro.

A QUESTO VIAGGIO SI PUÒ AGGIUNGERE: L’INCANTO DEL DESERTO, due notti in una casa tipica e una giornata a dorso di cammello Per aggiungere un pizzico di avventura a contatto con la bellezza della natura selvaggia, il viaggio può essere prolungato con una sosta a Garme, nel cuore del Dasht-e Kavir. Da Damqan, dunque, ci si muoverà la mattina del quinto giorno di viaggio, attraverso il deserto alla volta del villaggio che si trova proprio nel centro. La nostra guida ci alloggerà a casa sua e nel pomeriggio visiteremo un grande lago salato vicino. Il giorno seguente sarà dedicato a un’escursione nei paesaggi di dune del suggestivo deserto sabbioso, a dorso di cammello o dromedario. La mattina del settimo giorno di viaggio si parte per Yadz e il tour riprende come da programma. È prevista l’assistenza costante di uno specialista della cultura e delle tradizioni locali che funge anche da interprete durante le condivisioni con la popolazione locale.

Ladakh e Kashmir: “ORACOLESSE, GROTTE SACRE E GONDOLE” 1°e 2° GIORNO, VOLO PER DELHI - DELHI Visita al Centro di Studi Aurobindiano. 3° e 4° GIORNO, SRINAGAR In aereo raggiungeremo Srinagar, capoluogo della valle del Kashmir. All’arrivo ci trasferiremo nelle particolarissime House Boats, case galleggianti (dove poi pernotteremo) sul Lago Dal. Il lago Dal e il fiume Jhelum sono uniti da un canale circolare che trasforma il centro commerciale della città in una specie di isola collegata da molti ponti. Passeremo una splendida giornata a bordo delle shikara, le tipiche lunghe imbarcazioni a remi simili a gondole con le quali navigheremo sulle acque trasparenti, color giada e ricoperte di ninfee, fiori di loto e orti galleggianti tra i canali di Srinagar. L’acqua è vitale per questa popolazione che una leggenda vuole discendere direttamente da Noè. E sull’acqua, suo elemento per eccellenza, parleremo della Grande Madre, l’aspetto femminile di Dio, e del tantrismo che proprio qui in Kashmir ha visto la nascita di uno dei suo massimi autori, Abhinavagupta. Srinagar, “la città felice della bellezza e della conoscenza”, è stata per secoli uno dei principali centri culturali e filosofici dell’Asia, come testimoniano i numerosi edifici sacri, come la Moschea del Venerdì, la Moschea di Shah Hamdan e Roza Bal, considerata da alcuni la tomba di Gesù. I giardini di Moghul, sulle rive del lago Dal, sono i giardini terrazzati tra i più belli d’Oriente. Stretti tra acqua e montagne, ospitano alberi secolari, giganti e maestosi come cattedrali. 5° GIORNO, KARGIL Dopo un viaggio in uno stupendo paesaggio, tra le alte montagne, supereremo passo Zujila, a quota 3550 metri, ed entreremo in Ladakh, il cosiddetto Piccolo Tibet, fino alla città di Kargil. 6° GIORNO, KARGIL – LAMAYURU - ULEYTOKPO (3100 metri) Un altro itinerario attraverso spettacolari paesaggi montani. Sosta a Mulbekh, dove si trovano due gompa, monasteri tibetani buddisti:


uno è quello di Lama Yuro che ospita la grotta dove meditò lo yogin e mistico Naropa. Il luogo ideale per continuare a parlare dei rituali tantrici, che comprendono le pratiche psico-energetiche più interessanti al mondo. Di qui, superando due passi, il Namika La (3780 metri) e il passo Fatu La (4091 metri), poi Lamayuru, la cosiddetta città dei Lama, dove si trova il più antico monastero del Ladakh circondato da alti roccioni multicolori dalle fenditure profonde. Il suo nome significa “villaggio dei maestri” perché al tempo del suo massimo splendore ospitò fino a 400 monaci. È in un luogo come questo che l’antica religione del Bon, diffusa nella regione tibetana e preesistente al Buddismo, venne in parte assorbita dal Buddismo Mahayana. Superato poi il passo Khalsi (3350 metri) arriveremo a Uletopko dove ceneremo e pernotteremo in un campo di tende. 7° GIORNO, ULEYTOKPO Qui vedremo il monastero di Rizong, situato al fondo di una gola e arroccato sulle pendici rocciose della montagna; poi visiteremo il complesso monastico di Alchi, che si rifà alla via riformata dei Berretti Gialli o Gelukpa. Alchi, voluto dal re Atisha, è famoso per i suoi meravigliosi affreschi che raffigurano le diverse manifestazioni dell’unica divinità che si esprime nelle forze dell’anima e della natura. 8° GIORNO, LEH (3550 metri) Lungo la strada ci fermeremo ad ammirare uno spettacolo maestoso: la confluenza dei due fiumi Zanskar e Indo. Poi proseguiremo per il monastero di Spituk, il Palazzo reale di Stok, il complesso di Phyang e Likir, con il suo monastero del secolo XI° che ospita un centinaio di monaci e l’immensa statua del Buddha Maitreya che domina la valle. 9° e 10 °GIORNO, LEH Tra gompa, maestosi monasteri, palazzi medioevali e chorten, dove nei secoli si sono accumulati milioni di ciottoli incisi con preghiere e formule sacre, ci lasceremo sorprendere dalla magia degli oracoli e dei dèmoni tantrici che permeano di sé la terra, l’aria, l’acqua e il fuoco, parlando di un mondo “altro”, in cui la magia, e non la ragione, è la guida dello sviluppo umano, un mondo in cui la Terra è Dea e Madre, mai oggetto di sfruttamento, ma fonte del potere immaginale che crea ogni evento della vita. La felicità, non il potere, è l’origine e la meta di quella magia che la ratio ha sconfitto nel corso della storia, ma non ha cancellato del tutto, e che, in alcuni luoghi, come a Leh, è più visibile che altrove. 11° GIORNO, LEH-DELHI (con volo interno) Sarebbe un peccato non vedere il complesso Qutab Minar, il più alto minareto in mattoni del mondo che con il mausoleo di Himayun è patrimonio dell’umanità dell’UNESCO; quindi i solenni edifici governativi, il tempio induista Laxmi Narain Mandir e il tempio sikh Gurudwara Bangla Sahib. 12° GIORNO Volo di rientro. È prevista l’assistenza costante di uno specialista della cultura e delle tradizioni locali che funge anche da interprete durante le condivisioni con la popolazione locale.

“MONASTERI, TREKKING E NATURA” 1° GIORNO, VOLO PER DELHI Arrivo a Delhi e pernottamento in hotel. 2° GIORNO, DELHI - LEH (3550 Metri) Arrivo a Leh con volo interno. Capitale del Ladakh, città ricca di fascino e mistero, Leh si trova in una fertile valle laterale dell’Indo, a circa 10 km dal fiume. Circondata da montagne maestose e deserti che invitano al silenzio, è un angolo di Tibet in territorio indiano. Situata lungo l’antica “via della seta” è da sempre un luogo d’incontro di mercanti, esploratori e pellegrini. Pernottamento e pasti in hotel. 3° GIORNO, LEH

Al mattino presto raggiungeremo Thiksey, uno dei principali Gompa (monasteri) del Ladakh, con i suoi numerosi templi ricchi di immagini sacre, stupa (monumento sacro contenente reliquie) e dipinti murali. Il Gompa ospita una grande statua del Buddha. Parteciperemo ai riti di preghiera del mattino. Quindi ci sposteremo a Hemis, il Gompa più grande e ricco del Ladakh. Fondato nel 1630, è dedicato a Padmasambhava, o Guru Rimpoche (il Maestro Prezioso), l’iniziatore del buddhismo in Tibet. Qui assisteremo alle danze dei monaci, avvolti nei loro ricchi abiti multicolori, il volto coperto da maschere dalle sembianze terrifiche, accompagnate dal suono di corni, tamburi e piatti. Sulla strada del ritorno da Hemis sosteremo a Shey, l’antica capitale del Ladakh. Il villaggio, circondato da un gran numero di Chorten a testimoniare la sua importanza , è ancor oggi considerato il cuore del Ladakh. Rientro in hotel per il pranzo. Nel pomeriggio avremo tempo per passeggiare per le vie e i bazar della città, per gustarne l’atmosfera e lasciarci isipirare dalla bellezza della natura. Cena e pernottamento in hotel. 4° GIORNO, LEH - LIKIR Inizia il nostro viaggio verso Likir. Lungo il percorso faremo una breve sosta al villaggio di Nimo, per ammirare lo spettacolo della confluenza dei fiumi Indo e Zanskar e quindi raggiungeremo il monastero di Alchi, a 65 Km da Leh. Fondato nell’11° secolo dal re Atisha, il monastero è stato decorato dai maggiori artisti del Kashmir e del Tibet ed è famoso per la colossale raccolta di statue del Buddha realizzate in terracotta dipinta. Proseguiremo superando il Likir Pass per arrivare al monastero di Likir, con la sua collezione di dipinti sacri e Tangkhas, pari in bellezza a quelli di Alchi. Pernottamento in hotel. 5° GIORNO, LIKIR – YANGTHANG Inizio del trekking verso Yangthang, attraverso il passo Pobe-La a 3600 metri fino al villaggio di Sumdo. Il trekking prosegue verso Chartse La, situato a quota 3650 metri, per arrivare aYangthang. Pasti e pernottamento in un campo di tende. 6° GIORNO, YANGTHANG – RIZONG – ULEYTOKPO Inizio del trekking verso Rizong, attraverso piantagioni di mele e albicocche. Lungo il percorso vedremo il monastero di Rizong, arroccato sulle pendici della montagna e immerso in un paesaggio incantevole. Il Gompa ospita una comunità di monache. Dopo pranzo si prosegue lungo il corso del torrente Uley per raggiungere Uleytokpo. Cena e pernottamento all’Uley Ethnic Resort. 7° GIORNO, ULEYTOKPO – LAMAYURU – ULEYTOKPO Giornata dedicata all’escursione a Lamayuru, situato a 55 km da Uleytokpo. Il monastero di Lamayuru, datato 10° secolo, ospita il colleggio monastico più antico del Ladakh. Il cuore del monastero è la grotta dove visse e meditò il mistico e yogin Naropa, l’autore degli insegnamenti esoterici conosciuti come i “Sei Yoga di Naropa”. Dopo il pranzo nel ristorante locale, faremo ritorno al campo dove avremo tempo per meditare e godere della bellezza del paesaggio. In serata con una breve passeggiata raggiungeremo il villaggio di Gera lungo le rive dell’Indo. Cena e pernottamento all’Uley Ethnic Resort. 8° GIORNO, ULEYTOKPO – LEH Al mattino partenza per Leh, lungo un percorso di 70 km sulle rive dell’Indo. Cena e pernottamento in hotel. 9° GIORNO, LEH Al mattino visiteremo i monasteri di Samker, Spituk e Phyang . Il Gompa di Samker, situato nei pressi di Leh e datato 18° secolo, appartiene alla scuola dei Berretti Gialli, fondata da Tson-Ka-pa. Le mura del tempio sono affrescate con immagini di Sakyamuni, Avalokiteshwara, Padmasambhava, Tson-Ka-pa e Tara verde. Il monastero di Spituk sorge maestoso su una collina che domina la valle dell’Indo. Datato 15 ° secolo, ospita una collezione di preziosissime Tangkhas, oltre a armi, maschere e immagini sacre. Ilvolto di Mahakala (Kali), la divinità protettrice del monastero, è tenuto sem-


pre coperto e viene svelato soltanto ogni due anni durante le cerimonie sacre che si svolgono in gennaio. Quindi vedremo il monastero di Phyang, costruito da Tashi Namgyal nel 16° secolo e appartenente alla scuola buddhista dei Berretti Rossi, famoso per le cerimonie sacre vi si svolgono annulmente in luglio. Dopo pranzo visiteremo Stok, il Palazzo della famiglia reale in esilio, con l’annesso museo ricco di Tangkhas che rappresentano la vita del Buddha, gioelli, armi e altri oggetti di importanza storica. Ritorno a Leh. Cena e pernottamento in hotel. 10° GIORNO, LEH - NUBRA Partiremo da Leh per un’escursione di 3 giorni nella valle della Nubra. Superati i villaggi di Horzei e Gangles raggiungeremo Khardungla (5602 metri) lungo la strada carozzabile più alta del mondo, da dove godremo una stupenda vista di Leh. Pranzeremo al sacco nel villaggio di Khardong e proseguendo entreremo nella valle della Nubra. Costeggiando il fiume arriveremo a Kyegar. Nel pomeriggio ci muoveremo verso Panamik Hot Springs, sorgenti sulfuree dalle proprietà curative. Cena e pernottamento in un campo di tende a Tirith. 11° GIORNO, NUBRA Al mattino vedremo Deskit, capoluogo della Nubra Valley, con l’antico monastero che domina la città. Quindi proseguiremo per Hunder, immersa in un paesaggio desertico, costellato di dune sabbiose con dune sabbiose tra cui riposano cammelli e dromedari, Cena e pernottamento in un campo di tende a Tirith. 12° GIORNO, NUBRA - LEH Visita al monastero di Samstenling e ritorno a Leh. Cena e pernottamento in hotel. 13° GIORNO, LEH - DELHI Arrivo a Delhi con volo interno. Pernottamento in hotel. 14° GIORNO Volo di rientro. È prevista l’assistenza costante di uno specialista della cultura e delle tradizioni locali che funge anche da interprete durante le condivisioni con la popolazione locale.

Languedoc:

D’obbligo una sosta al Palazzo dei Papi, quindi il Ponte St. Bénezet e la Cathédrale des Doms, la chiesa di Saint Agricol, quelle di Saint Didier e Saint Pierre, le temple Saint Martial, il chiostro St. Louis e l’architettura civile de La Place de L’Horloge, l’Opéra, l’Hotel de ville. Tra le strette, pittoresche strade della città vecchia si assapora la vivacità che ancora fa di Avignone il centro delle attività culturali della regione. 3° GIORNO, AVIGNONE-CARCASSONNE Carcassonne, dichiarata dall’Unesco nel 1997 patrimonio mondiale dell’umanità, è una favolosa cittadella dove non si può mancare la visita alle porte che costellano il muro di cinta, la piazza del Castello e soprattutto il castello Comtal. 4° GIORNO, CARCASSONNE Tempo dedicato alla meditazione e tour dei Castelli Catari. 5° GIORNO, CARCASSONNE-LOURDES Trasferimento a Lourdes. 6° GIORNO, LOURDES È di notte che Lourdes va visitata, quando le lacrime si adagiano al suolo e dalla terra incomincia, sommessa, una risposta, quando la paura si condensa e si fa cosa tangibile, perciò non spaventa più, diventando miracolo… 7° GIORNO, LOURDES-ALBI Albi, città simbolo degli Albigesi, o Catari. Non fu, in effetti, la culla del movimento religioso, ma la città che accolse queste genti, e permise alle nuove idee di prosperare senza paure e pregiudizi, almeno fino alla proclamazione della crociata. 8° GIORNO, ALBI L’arte è una meditazione. Albi è la città di Henri de ToulouseLautrec, che vi nacque e visse fino ai 18 anni, per poi trasferirsi a Montmartre. 9° GIORNO Viaggio di rientro. È prevista l’assistenza costante di uno specialista della cultura e delle tradizioni locali che funge anche da interprete durante le condivisioni con la popolazione locale. Nel viaggio avremo la preziosa opportunità di incontrare un alto templare dei nostri giorni e uno straordinario religioso cristiano.

Mongolia: “LO SPIRITO DEL KHANGAI”

“VIAGGIO NEL MEDIOEVO TRA CATARI E CRISTIANI” 1° GIORNO, AVIGNONE Arrivo ad Avignone e primo contatto con la città che deve la sua origine alla posizione, essendo un rifugio naturale sopra il fiume Rodano, come testimonia il Rocher des Doms, colle roccioso che sovrasta la città. Già nel XII° secolo, grazie al celebre Ponte St. Bénezet -popolarissimo grazie alla celebre canzone Sur le pont d’Avignon-, Avignone diviene un centro di commercio, artigianato, cultura e politica. 2° GIORNO, AVIGNONE Tutto la giornata dedicata alla scoperta di Avignone, con l’assistenza di una guida esperta.

1°e 2 ° GIORNO, VOLO PER ULAANBAATAR - ULAANBAATAR- BAYANGOBI - KHARKHORIN Piazza Sukhbaatar, il Teatro Lirico Nazionale, il Palazzo della Cultura, la Zaisan Hill, la collina che offre un superbo panorama di Ulaanbaatar, il Museo di Storia Naturale, ben conosciuto per i preziosi ritrovamenti di uova e ossa di dinosauro, i canti folk tradizionali dai potenti suoni gutturali, suadenti melodie tratte dai caratteristici violini dalla testa di cavallo. La nostra guida preparerà l’incontro con gli sciamani e i lama eremiti. Bayangobi, combinazione unica di dune sabbiose del Gobi, foreste, montagne di roccia. Ci muoveremo a dorso di cammello tra le dune. Poi, riprenderemo il viaggio verso Kharkhorin.


Pernotteremo in un campo di ger, le tipiche tende bianche circolari dei pastori nomadi, i rappresentanti più tipici del popolo mongolo. 3° GIORNO, KHARKHORIN - MONASTERO ERDENEZUU Escursioni nei dintorni di Kharkhorin, l’antica capitale del Grande Impero Mongolo, e al monastero di Erdenezuu, massimo tesoro del buddhismo mongolo. Le fondazioni di Kharkhorin, nella valle dell’Orkhon, risalgono al 1220. Faremo tappa nel leggendario cammino della Via della Seta, a Topsalong, che, per 140 anni, ha giocato un ruolo significativo nella storia del Paese: capitale dell’impero fino all’avvento di Khubilai Khaan, uno dei nipoti di Chinggis Khaan, che trasferì la capitale a Pechino durante la dinastia Yuan. Per quasi 800 anni il popolo ha venerato la Roccia di Tartaruga presso il tempio. Il monastero di Erdenezuu, il primo monastero buddhista in Mongolia, fondato da Avtai Sain Khaan, discendente di Chinggis Khaan, sulle rovine di Kharkhorin nel 1586, è circondato da una candida cinta muraria con 108 stupa. È stato per secoli un centro spirituale e intellettuale nel Paese, ricco di una straordinaria collezione di pitture buddhiste, oggetti religiosi senza prezzo, costumi per le danze religiose e una superba iconografia in autentico stile mongolo e tibetano. Nel pomeriggio cavalcheremo fino alle rovine di Khar Balgas, capitale dello stato di Uigar nel IX° secolo d.C.; sita sulla riva orientale del fiume Orkhon, copriva un’estensione di cinque ettari. Passeremo la notte in una ger. 4° GIORNO, SORGENTE CALDA DI TSENKHER In auto arriveremo alle sorgenti calde di Tsenkher, acque sulfuree che zampillano dalla terra a una temperatura di 85 gradi. Potremo fare bagni all’aperto e non, e riposare. Nel pomeriggio, visiteremo il monastero di Zayan Gegeen. Fondato nel XVII° secolo, prima della chiusura, nel 1930, ospitava oltre un migliaio di monaci. Il tempio principale fu trasformato in una magazzino di viveri dopo la rivoluzione maoista nel 1921. Il museo etnografico di Tsetserleg è stato creato negli antichi edifici che costituivano i corpi secondari del monastero di Zayan Khuree Monastery. Passeremo la notte in una ger. 5° GIORNO, CASCATA DI ORKHON Alla scoperta degli antichi condottieri, i khan, e dei mongoli illustri. Il fiume Orkhon e le sue valli sono lo sfondo degli antichi misteri e dei secoli gloriosi dell’impero. Sulle montagne Khangai, ci immergeremo nell’esuberanza della flora alpina coi coloratissimi fiori e le foreste di pini. Incontreremo le popolazioni nomadi e moti orsi, yak e gruppi sterminati di bestiame. Pranzeremo in un campo ger, poi vedremo Ulaan Tsutgalan, la suggestiva cascata creata grazie a una combinazione unica di eruzioni vulcaniche e terremoti risalenti a ventimila anni fa. Il fiume Orkhon coi suoi 1120 chilometri, è il fiume più lungo del Paese. Notte in tenda. 6° GIORNO, FIUME BUTUUN - UURTYN TOKHOI Inizieremo il nostro trekking con la cucina da campo, i cavalli e gli animali da soma che porteranno viveri e bagaglio. Ogni giorno si copriranno 18-22 chilometri in circa cinque ore. Lungo il percorso, lo sguardo si perde nell’estasi dello scenario del Khangai. Faremo tappa a Uurtiin Tokhoi, sorgente fredda ricca di gas, che sgorga da un canyon con pareti a picco. Un piccolo precipizio e una cascata costituiscono l’imbocco del Khurgan Khurem. Poco distante si trova il sito di Temeen Chuluu, di grande interesse archeologico per le tombe rettangolari risalenti all’ Età del Bronzo. Notte in tenda. 7° GIORNO, LAGO NAIMAN NUUR Il trekking prosegue lungo le alte vette della catena del Khangai, tra i canyon mozzafiato creati dai terremoti. Percorreremo la regione del lago Naiman Nuur dove si trovano otto magnifici laghetti alpini sopra i 2200 metri, circondati da superbe montagne coperte di foreste di larici. Notte in tenda. 8° GIORNO, LAGO BUGAT Meta della giornata è il lago Bugat, da raggiungere percorrendo

15-18 chilometri di cammino. Si trova in una remota regione di inebriante natura, selvaggia e purissima, dove non vi sono tracce di presenza umana e si costeggiano crateri di vulcani estinti che amplificano il senso di intatta magnificenza. Notte in tenda. 9° GIORNO, LAGO SHIREET Escursione attraverso le foreste e i pascoli costellati di enormi massi. Lungo il tragitto, costeggeremo piccoli laghi: lo Shireet, di acqua dolce, è il più grande dell’intera area. Monteremo le tende sulla lunga isola al centro del lago, dove si può pescare e nuotare. Notte in tenda. 10° GIORNO, PASSO DI BAYANGYN Continueremo a piedi verso il passo di Bayangyn da cui si gode una vista spettacolare. Trascorreremo una giornata piacevole immersi nella vegetazione e nella natura. Notte in tenda presso la Shurankhai Rock. 11° GIORNO, CASCATA DI ORKHON Continueremo l’escursione alle cascate Orkhon fino al punto fissato per l’incontro con le auto. Notte in tenda vicino alla cascate. 12° GIORNO, MONASTERO DI TUVKHUN In auto andremo alla volta del monastero di Tuvkhun, costruito dal primo Bogd Gegeen, ossia il capo del buddhismo in Mongolia, equivalente al Dalai Lama, Zanabazar nel 1651, per la propria meditazione. Zanabazar, venerato come un santo in Mongolia, creò qui alcune delle sue opere d’arte. Il monastero si trova a più di duemila metri, circondato da monti coperti di larici. Alle spalle del tempio si trova la grotta detta “della madre”. Pernotteremo al campo ger. 13° GIORNO, BAYANGOBI-ROVINE DEL MONASTERO UVGUN Ci sposteremo in auto in direzione Bayangobi, luogo unico per la varietà di paesaggi: dune sabbiose del Gobi, foreste, montagne di roccia. Potremo fare un’escursione tra le dune a dorso di cammello. Nel pomeriggio, vedremo il monastero di Erdene Khambyn Khuree, che dista una ventina di chilometri dal campo ger, sulle maestose montagne di Khugnu Khaan. Avremo l’opportunità di fare visita a un pastore e assistere alla produzione dell’airag, bevanda tradizionale fatta con latte di cavalla e, ancora, montare un cavallo con una sella tradizionale in legno. Pernotteremo al campo ger. 14° GIORNO, ULAANBAATAR In mattinata rientro a Ulaanbaatar dove, nel tardo pomeriggio, vedremo il palazzo del museo Bogd Khaan, noto come Palazzo Verde. Costruito nel 1903 e dedicato all’ottavo Bogd Gegeen, capo della religione Lama e ultimo khan di Mongolia, ospita straordinarie collezioni di oggetti in bronzo, pitture su seta, icone su carta, statue di divinità fatte dallo stesso Zanabazar e dai suoi studenti. 15-16° GIORNO Volo di rientro. È prevista l’assistenza costante di uno specialista della cultura e delle tradizioni locali che funge anche da interprete durante le condivisioni con la popolazione locale.

“NOMADI, SCIAMANI E NATURA SELVAGGIA” 1° e 2° GIORNO, VOLO PER ULAANBAATAR - ULAANBAATAR Vedremo il Monastero Gandan, il museo Lama Choijin e la Zaisan Hill, la collina dalla quale si ammira uno splendido panorama della città. 3° GIORNO, volo per MORON 4° GIORNO, KHATGAL In jeep raggiungeremo Khatgal, a sud del lago Khovsgol. Esploreremo i dintorni e faremo visita a una famiglia di nomadi. Cercheremo di fissare un incontro con uno sciamano. Gli sciamani sono nomadi. In ragione di ciò, innanzitutto dovremo localizzarli, prendendo informazioni dalle persone che incontreremo. In


secondo luogo bisogna considerare che gli sciamani celebrano i rituali solo in particolari giorni; questo significa che, una volta trovato lo sciamano, dovremo, forse, tornare un altro giorno per poter assistere o prendere parte al rituale. Pernotteremo nel campo di ger, le tipiche tende bianche circolari dei pastori nomadi. 5° GIORNO, SHANHAI Raggiungeremo Shanhai in jeep; qui passeremo la notte nel campo ger sulla collina di Shahai e sceglieremo i cavalli per lo spostamento successivo. 6° GIORNO Cavalcheremo alla volta della tribù dei Tsaatan. Incontreremo uno sciamano della tribù e passeremo la notte con una famiglia nomade in un campo di tende. 7° GIORNO Cavalcando faremo ritorno al campo ger e di nuovo il nostro accompagnatore si adopererà farci incontrare uno sciamano. 8° GIORNO, KHATGAL – MORON In jeep torneremo a Khatgal e da qui a Moron. Pernotteremo a Moron. 9° GIORNO ritorno a ULAANBAATAR con volo interno. La sera assisteremo a uno spettacolo nazionale mongolo con danze e musiche etniche. 10° e 11° GIORNO, KHUSTAIN NURUU Il Khustain Nuruu è uno dei posti belli della Mongolia: qui vivono l’orso Thai e le ultime specie di cavalli selvaggi rimaste sulla terra. Esploreremo la riserva naturale nella quale è possibile vedere i bellissimi orsi selvaggi e i cervi rossi nel loro ambiente naturale, la marmotta asiatica, varie specie di uccelli acquatici e rapaci e persino i lupi. Passeremo due notti nel campo ger della riserva. 12° GIORNO, ULAANBAATAR. È il momento di scoprire il museo del palazzo di Bogda Khan, l’ultimo re mongolo. Cena di fine viaggio con la guida e gli amici. 13-14° GIORNO, ULAANBAATAR – ITALIA Trasferimento all’areoporto e volo di rientro.

meditazione. 5° GIORNO, PONTAFERRADA - SARRIA O Cebreiro, porta d’ingresso della Galizia e cittadina a quota 1293 metri, con le sue pallozas, abitazioni di forma ellittica con tetti di paglia di origine celtica, poi andremo a piedi fino a Sarria, la città che indica gli ultimi 100 km di distanza da Santiago, la distanza minima da percorrere per chi intende ottenere la Compostella, il documento che certifica il pellegrinaggio. 6° GIORNO, SARRIA - PORTOMARIN Portomarin, si è sviluppata in corrispondenza di un ponte romano sul Miño, Pons Minae. Negli anni ‘60 una diga artificiale costringe la popolazione a spostarsi in un’area sopraelevata. I monumenti storici vengono smontati e rimontati in zona di sicurezza. 7° GIORNO, PORTOMARIN - PALAS DE REI Palas de Rei, cittadina moderna, mantiene del suo passato la facciata romanica della chiesa di San Tirso. 8° GIORNO, PALAS DE REI - ARZUA Ultima tappa prima dell’arrivo. Arzua mantiene vestigia della tradizione di San Giacomo, la via antica “Rùa do Camino”, la chiesa di Santiago, la cappella della Maddalena. 9° GIORNO, ARZUA - SANTIAGO DE COMPOSTELA Arrivo a Santiago de Compostela, uno dei centri spirituali più importanti del mondo. 10° GIORNO SANTIAGO DE COMPOSTELA Tutto il giorno dedicato ad immergersi nell’atmosfera di Santiago. 11° GIORNO Trasferimento a Bilbao per il volo di rientro. È prevista l’assistenza costante di uno specialista della cultura e delle tradizioni locali che funge anche da interprete durante le condivisioni con la popolazione locale.

È prevista l’assistenza costante di uno specialista della cultura e delle tradizioni locali che funge anche da interprete durante le condivisioni con la popolazione locale.

Sri Lanka: “MEDITAZIONE, PARCHI NATURALI E AYURVEDA NELL’ISOLA SPLENDENTE”

Santiago: “A PIEDI TRA ARTE, STORIA E SPIRITUALITÀ” 1°, 2° e 3° GIORNO, VOLO PER BILBAO – BURGOS CASTRILLO DE LOS POLVARES - RABANAL DEL CAMINO. Giorni dedicati a un tuffo nel medioevo incantato, tanto bello che viene voglia di sedersi, guardare, riflettere… 4° GIORNO, RABANAL DEL CAMINO - PONTAFERRADA Vedremo il Castello dei Templari dell’XI° secolo, antico luogo di

Qui si comprende e pratica la meditazione buddhista, nei luoghi di straordinaria bellezza dove i monaci eremiti vivono, studiano e meditano, dormendo in grotte naturali o in eremitaggi dalla storia millenaria. Uno di loro, il reverendo Gotatuwe Sumanaloka Thero, ci farà eccezionalmente da guida lungo un itinerario che unisce spiritualità, natura, benessere. Lo Sri Lanka, che insieme alla Birmania vanta la più rigorosa e radicata tradizione buddhista theravada, ospita centri di meditazione dove si può mangiare, meditare e compiere rituali insieme ai monaci. Un’esperienza unica per chi voglia immergersi nella natura e apprendere dal vivo i segreti della meditazione, fonte di rigenerazione del corpo e nutrimento dell’anima. Uno di questi, il più antico, si trova poco distante da Kandy, cittadina deliziosamente britannica e coloniale.


L’altro, è a Nimalawa, nei pressi del parco nazionale di Yala. Nel tratto di strada tra i due, si erge una montagna di altezza vertiginosa rispetto al resto dell’isola: è l’Adam’s Peak, considerato sacro da cristiani, musulmani e buddisti. Ne raggiungeremo la vetta con un’ascensione notturna per assistere, all’alba, allo straordinario spettacolo del sole che si alza e abbassa tre volte prima di levarsi. Naturalmente, non mancherà qualche giorno sulle bianche spiagge del sud, in una spa resort dove beneficiare di trattamenti ayurvedici e yoga. 1° e 2° GIORNO, VOLO PER COLOMBO – COLOMBO – KANDY Visita della città e shopping. Muoveremo a Kandy alla volta del centro di meditazione di Nilambe. Lungo la strada, faremo tappa all’orfanotrofio per elefanti, centro di ricerca e riproduzione, dove vengono allevati i piccoli abbondanati dal branco, di Pinnalewa. 3° GIORNO, KANDY Trascorreremo la giornata con i monaci, praticando la meditazione theravada e condividendo i loro ritmi di vita. 4° GIORNO, KANDY Ci sposteremo a Kandy per una visita della città adagiata sulle rive ombrose di un lago artificiale. En treremo il Tempio con la reliquia del dente del Buddha, la più importante dell’isola, il museo nazionale, che occupa quella che fu residenza delle concubine del re, i quattro devale, templi indù dedicati agli dèi protettori dello Sri Lanka, e il cimitero della guarnigione inglese. 5° GIORNO, KANDY – NALLATHANNIYA – PICCO D’ADAMO Raggiungeremo Nallathanniya, piccolo centro situato alle pendici del picco d’Adamo per un pomeriggio di relax prima della scalata notturna. 6° GIORNO, PICCO D’ADAMO – NUWARA ELIYA Rientreremo dal picco di Adamo in tarda mattinata e procederemo verso Nuwara-Eliya. Pomeriggio a disposizione con possibilità di visita alla città. 7° GIORNO, NUWARA ELIYA – HORTON PLAINS – YALA – NIMALAWA Raggiungeremo Horton plains, splendido parco naturale nel cuore dell’isola, che si trova su un altopiano ammantato di piantagioni vellutate e punteggiato di fonti zampillanti. Procedendo verso Nimalawa, sosteremo presso la cosiddetta Ella Gap, uno strapiombo nei dintorni della città di Ella, da cui si gode un panorama mozzafiato, e alle cascate di Rawana. 8° GIORNO, NIMALAWA Arrivo al centro di meditazione di Nimalawa, dove resteremo a praticare con i monaci. 9° GIORNO, NIMALAWA – BENTOTA Safari al parco nazionale di Yala. Nel pomeriggio proseguiremo verso Bentota, facendo tappa, lungo la strada, a Galle per visitarne il Forte Olandese, il centro storico circondato da mura, suggestivo esempio di architettura del periodo coloniale. A Bentota, alloggeremo in una spa resort che offre trattamenti ayurvedici e programmi yoga personalizzati. 10° GIORNO, BENTOTA Giornata di relax, tra spiaggia, ayurveda e yoga. 11° GIORNO, BENTOTA – COLOMBO Trasferimento all’aeroporto e volo di rientro. A questo viaggio si può aggiungere AYURVEDA E YOGA SULLA SPIAGGIA, tre giorni di trattamenti, massaggi, esercizi tonificanti e rilassamento nell’incantevole paradise island, sulla spiaggia più bella del paese.

Tibet: “LA CULLA DELLA CULTURA TIBETANA” Un itinerario che si snoda tra i santuari della cultura tibetana, dove antichi monasteri custodiscono libri che rivelano segreti all’umanità iniziata e le terre mutano a ogni viaggio, come presenze viventi, si rinnovano nobilitando il trascorrere del tempo. Combinati con maestria, sebbene mai assolutamente certi, come ogni incontro umano autentico, i nostri più probabili ritrovi saranno con lama, tulku, yogin tantrici, guaritori esperti in medicina tibetana, psicopompi, conoscitori del post mortem, ispirati dal Bardo Todöl, il Libro Tibetano dei Morti. L’altipiano tibetano era visto dai grandi maestri tantrici come il corpo di una gigantesca demonessa adagiato sulla terra. Viaggiando lungo questo corpo, i maestri compivano prodigi, conquistando terre che erano, in verità, traguardi interiori, mete dell’anima. Viaggiando in questi luoghi, dove ogni montagna, ogni lago, ogni fiume è sacro, così la Danzatrice del Cielo cantava: Il mondo è un’idea, è ciò che pensiamo, e non ha sostanza. Non c’è motivo di abbattimento, non siate depressi, amici; abbiate coraggio. Il mio corpo danza nel cielo e con destrezza si muove nella materia. Viaggiando ovunque, non ho trovato nulla che in definitiva sia reale Voi, non riconoscendomi, mi considerate un’entità esterna. Ma quando mi riconoscerete… sbattendo le ali con una forza nascosta, superando persino i venti taglienti, potrete giungere a qualunque destinazione. 1° e 2° GIORNO, VOLO PER KATHMANDU – KATHMANDU Kathmandu. Fondata nel 723, con il nome di Kantipur. La tradizione dice che il bodhisattva Manjushri bonificò la zona, allora lacustre, attraverso il taglio di una collina grazie alla sua spada, permettendo il deflusso dell’acqua. Il centro storico fa parte dei patrimoni dell’Umanità dell’UNESCO. Incredibile crogiolo di genti, di culti, di canti, di vita e di morte, Kathmandu trasuda spiritualità e bisbiglia alle orecchie dei viandanti gli immortali segreti delle felicità di cui è solo, invincibile custode, l’Himalaya. 3° GIORNO, KATHMANDU La mattina ci dedicheremo all’area di di Pashupathinath, dove si trova il più importante tempio Indù del Nepal e di Bhoudanath, lo stupa (monumento che spesso contiene reliquie di maestri venerati) più grande della valle. Nel pomeriggio Patan e il centro storico di Kathmandu con la piazza Durbar e la Stupa di Swoyambhunath, da dove si gode di un meraviglioso panorama sulla capitale del Nepal. 4° GIORNO, KATHMANDU - TSEDANG Trasferimento a Tsedang con un volo panoramico oltre la catena himalayana, dove l’altopiano tibetano sembra unirsi alla cima dell’Everest. Lungo la strada per raggiungere Tsedang, posta a


quota 3500 , visiteremo il monastero di Mindroling, risalente al 1671, formato da quattro edifici principali, uno dei quali contiene una pregevole statua del Buddha Sakyamuni. 5° GIORNO, TSEDANG- SAMYE- LHASA In mattinata visiteremo la città, il monastero di Tandrukil e il castello-monastero di Jumbulakhang, l’edifico più antico del Tibet. Ci dirigeremo a Samye, dove si potrà visitare un monastero molto particolare, costruito tra il 763 e il 775 si dice sia stato ispirato all’università di Otantapuri in India e progettato come rappresentazione dell’universo. Al centro il tempio principale rappresentava il monte Rirab come centro del cosmo, le quattro pagode (bianca, nera, verde e rossa) invece erano l’emblema dei quattro mondi del nord, sud, est e ovest. Nel pomeriggio proseguimento per Lhasa. 6° GIORNO, LHASA Giornata dedicata alla scoperta della capitale del Tibet. Lhasa, in tibetano trono di Dio, raggiunge i 3590 metri di altitudine. Vedremo il Potala Palace e il Palazzo del Norbulingka, residenze invernali ed estive del Dalai Lama fino al 1959. Nel pomeriggio i monasteri di Pabonka e Sera, dove potremo assistere ai famosi dibattiti filosofici in cui i monaci dissertando sulla dottrina del Buddha sembrano danzare, in una totale partecipazione di corpo, voce e mente. 7° GIORNO, LHASA L’antico monastero di Deprung, fondato nel 1416. Questo monastero buddista prima del 1959, era il più grande e ricco del Tibet con i suoi diecimila monaci. Nel pomeriggio tappa all’Istituto della Medicina Tibetana e al quartiere vecchio del Barkhor, con lo splendido monastero-tempio del Jokhang, fondato nel 700, il tempio più sacro in Tibet. 8° GIORNO, LHASA Giornata a disposizione per camminare nel centro storico (Barkhor) e “esplorare” il mercato. 9° GIORNO, LHASA – GYANTSE Giungeremo al passo Khamba (4900 metri), dove godremo di una vista impagabile del Lago sacro Yamdrok Tso (4450 metri). Lungo la strada ci fermeremo al monastero di Drolma Lakhang con il suo bel giardino e il porticato con le grandi statue dei protettori e al monastero di Samding. Ci dirigeremo poi verso il valico del Karo La, a quota 5015 metri. Concluderemo la giornata nella cittadina di Gyantse (3990 metri) un tempo centro di controllo delle carovane dirette in Bhutan e Sikkin. 10° GIORNO, GYANTSE – SHIGATSE Lo stupa di Khumbum, il più grande “chorten” esistente in Tibet con le sue magnifiche 73 camere affrescate da 27.000 figure dell’iconografia buddista, il monastero di Palkor Chode e lo Dzong di Gyantse. Partiremo per Shigatse (3860 metri) seguendo la valle del Ra Chu. Llungo la strada ci fermeremo al Tsechen Dzong. Giunti a Shigatse e faremo tappa al complesso di Tashilumpo, l’unica città monastica del Tibet completamente preservata. 11° GIORNO, SHIGATSE - SAKYA – SHEGAR In mattinata partiremo per Sakya, con l’imponente monastero, edificato tra il 1268 e il 1365, tra i più interessanti delTibet. Proseguiremo il viaggio verso il passo di Gyatso La (5220 metri), una delle porte d’accesso alla catena himalaiana. In serata arrivo a Shegar (4300 metri). 12° GIORNO, SHEGAR – ZHANGMU – KATHMANDU In mattinata saremo al monastero di Shegar Dzong. Toccheremo gli ultimi due passi di Lalung La (4900 metri) e Tang La (5050 metri) e lungo la strada faremo tappa al monastero sorto sulla grotta in cui meditò il grande yogin, mistico e poeta, Milarepa. Giungeremo quindi alla frontiera di Zhangmu (2400 metri) e rientreremo in Nepal seguendo la valle del Bothe Koshi. Raggiungeremo Dolaghat e infine Kathamndu. 13°-14° GIORNO Volo di rientro.

È prevista l’assistenza costante di uno specialista della cultura e delle tradizioni locali che funge anche da interprete durante le condivisioni con la popolazione locale.

“PELLEGRINAGGIO E CIRCUMAMBULAZIONE DEL SACRO MONTE KAILASH” Secondo l’antica religione sciamanica Bon, che precedette in Tibet l’avvento del buddhismo, il monte Kailash è la sorgente di ogni potere sulla terra. Sul monte Kailash nascono anche i grandi fiumi Indo, Brahamaputra, Karnali e Sutlej. Il pellegrinaggio al monte Kailash richiede un certo allenamento anche per via delle altitudini: è previsto un accampamento a 5.000 metri. Con la giusta motivazione, i luoghi carichi di energie naturali e spirituali possono davvero dare moltissimo ai pellegrini. Si dice che il Kailash sia il sacro monte Meru, la mitologica dimora degli dèi, e che nessun luogo sulla terra sia più dispensatore di perdono e di forza della dimora degli dèi. 1° e 2° GIORNO, VOLO PER KATHMANDU - KATHMANDU – PASHUPATINATH Pashupatinath, la zona di Kathmandu dove, sulla riva del Gange, i corpi dei defunti vengono cremati. Belli i templi, la gente; l’atmosfera è straordinaria, paragonabile solo a quella di Varanasi. 3° GIORNO, ZHANGMU - NYALAM Dopo aver attraversato il confine tra Nepal e Tibet, la prima città cinese che incontreremo è Zhangmu; città di confine caratterizzata da un grande passaggio di genti, di merci, di veicoli. Da Zhangmu proseguiremo per Nyalam dove passeremo la prima notte in Tibet in un lodge, un po’ albergo e un po’ rifugio, una guest house di montagna. 4° GIORNO, NYALAM Spenderemo l’intera giornata in questo luogo acclimatandoci all’altitudine. Dormiremo ancora una notte nel lodge. 5° GIORNO, SAGA Muovendoci verso Saga con le jeep attraverseremo il Lalunga Pass, incontreremo il grande lago Pagiu Tso e il fiume Brahamaputra. Passeremo la notte in albergo. 6° GIORNO, MAYMULA PASS Attraverseremo il bellissimo passo e poi pernotteremo nel campo tendato. 7° GIORNO, MAYMULA PASS - MANSAROVAR Arriveremo al lago sacro Mansarovar e ci accamperemo sulle sue rive. 8° GIORNO, MANSAROVAR La giornata inizierà con la celebrazione di un rito, puja, particolare sulle rive del lago sacro poi proseguiremo verso il campo base di Darchen dove passeremo la notte. 9° GIORNO, MANSAROVAR - DIRAPHUK Arriveremo in auto fino a Tarboche e da qui inizieremo l’escursione a piedi che ci porterà fino a Diraphuk. Questo tragitto, chiamato dagli indù Parikrama e dai tibetani Kora del Monte Kailash, è la circumambulazione del monte e rappresenta uno dei principali pellegrinaggi sacri al mondo. Una circumambulazione del monte Kailash è in grado di purificare da un’intera vita di peccati. Pernottamento nel campo tendato. 10° GIORNO, DIRAPHUK - DOLMALA PASS Il trekking prosegue, questo è il giorno più duro. Arriveremo a piedi al Dolmala Pass. Pernotteremo nel campo tendato. 11° GIORNO, DOLMALA PASS - MAYMULA PASS Cammineremo ancora per circa sei chilometri per raggiungere il punto in cui le nostre jeep ci aspettano. Da qui proseguiremo in auto verso il Maymula Pass. Pernotteremo nel campo tendato. 12° GIORNO, MAYAMULA PASS - SAGA In jeep raggiungeremo Saga. Pernottamento in un lodge.


13° GIORNO, SAGA - NYALAM In Jeep fino a Nyalam dove trascorreremo la notte in lodge. 14 e 15° GIORNO Volo di rientro via Kathmandu. È prevista l’assistenza costante di uno specialista della cultura e delle tradizioni locali che funge anche da interprete durante le condivisioni con la popolazione locale.

Yemen: “AHMED BIN ALWAN E RIMBAUD, IL SUFI E IL POETA” 1°e 2° GIORNO, VOLO PER SANA’A - SANA’A E DINTORNI Sana’a è tra le città più antiche del mondo e splendida nei suoi palazzi come nelle sue case di fango e argilla. Vedremo il mercato, la casa dove visse Pasolini. 3° GIORNO, SANA’A – MARIB Questo è il sito archeologico più importante dello Yemen: i resti della città Marib, mitica capitale del regno di Saba, posta sull’antica Via dell’incenso e dell’oro che dall’oceano Indiano arrivava al mar Mediterraneo. Si parte dalle dighe, costruite nel terzo secolo avanti Cristo, chiavi dello splendore e della potenza dei Sabei, per passare ai templi, quello di Awam dedicato al dio Almaqah, il dio della Luna, e quello di Bar’an dove si trova il trono di Balquis, ovvero di quella che è la regina di Saba per antonomasia. Viene menzionata nella Bibbia così come nel Corano perché volle far visita a re Salomone per mettere alla prova la sua sapienza proverbiale e, sedotta dalla sua saggezza, concepì con lui un figlio, Menelik ovvero figlio dell’uomo saggio. 4° GIORNO, MARIB – SHABWA – SHIBAM - SEIYUN Viaggeremo attraverso il deserto di Ramlat al Sabatayn in direzione di Shabwa, l’antica capitale del regno di Hadhramaut. Quindi, proseguiremo fino a Shibam Hadhramaut, dichiarata dal’Unesco patrimonio mondiale dell’umanità e costruita, secondo un antico detto, “da mani di giganti per antichi re simili a dei”. Conta 500 grattacieli costruiti unicamente di paglia e fango, ocra, qualcuno spruzzato di bianco, altri interamente candidi, fitti di finestre con persiane in legno come trine. 5° GIORNO, SEIYUN – TARIM – SEIYUN Saremo a Seiyun, la città con un milione di palme, splendidi palazzi in mattoni d’argilla, raffinate moschee e minareti e l’imponente palazzo che fu sede del sultanato. A Tarim visiteremo la moschea di Al Mohdar con il minareto simbolo della città, il più alto del Medio Oriente. 6° GIORNO, SEIYUN – AL HAJJARAIN – AL MUKALLA Partenza di primo mattino per al Hajjarain, splendido villaggio arroccato sulla cima di una montagna in pieno deserto, nello splendido Uadi Doan, canyon che è il letto di un antico fiume. Tra oasi di palme di datteri, aspre montagne, villaggi immersi nel verde, in un paesaggio di strabilianti colori, continueremo alla volta di Mukalla, città costiera, che, affacciata sul mar Arabico, è capitale della regione di Hadhramaut. 7° GIORNO, AL MUKALLA – BIR ALI

Al Mukalla, la porta dell’Hadhramaut, città di grandi palazzi di architettura indiana, fiorente per il commercio dell’incenso, come testimonia l’antico porto, il Qana. Una nuotata nel mar Arabico e poi muoveremo verso Bir Ali. 8° GIORNO, BIR ALI – ADEN Da Bir Ali ci muoveremo attraversando la valle dove si trovano i villaggi di Habban e Azzan, caratteristici nelle case di fango, fino a Aden, luogo dalle singolari atmosfere. 9° GIORNO, ADEN - TAIZ Godremo la spiaggia chiamata Gold Mohur Beach per una piacevolissima giornata. 10° GIORNO, TAIZ – SUQ AL DABAB – YAFRUS – SABER – TAIZ Vedremo a Suq Al Dabab il mercato settimanale, a Yafrus la bellissima moschea Sufi “Holley Ahmed Bin Alwan” dove l’incontro con il sufismo è forte e magico; quindi il monte Saber, la Moschea Al-Ashrafiyyah e il museo-palazzo dell’ultimo Imam Ahmed. 11° GIORNO, TAIZ-IBLA –IBB – SANA’A A Jiblat vedremo le rovine del palazzo della regina Arwa, che contava ben 365 stanze e la moschea che ne raccoglie le spoglie. Quindi saremo a Ibb la città vecchia, raggiungibile solo a piedi, con le tipiche architetture di montagna. 12° GIORNO, SANA’A – THULA – SHIBAM – KAWKABAN – AL TAWILAH - AL MAHWEET Terrazzamenti, piantagioni di caffè, fattorie, villaggi dove il pranzo con gli yemeniti ci proietta in altri modi di interpretare il reale:la mente si perde e si ritrova oltre le sue abitudini, in spazi più vasti. Adesso che conosciamo i sufi e la loro trance, possiamo parlare anche di questo. 13° GIORNO, AL MAHWEET – UADI SAREA – AL HAJJRAH - MANAKHA Faremo una piacevolissima camminata attraverso una valle rigogliosa, poi raggiungeremo Manakha e quindi a Al Hajjrah vedremo all’Al-Hoteib, meta di pellegrinaggio per i Dawoodi Bohra, comunità musulmana che si richiama alla divisione degli Ismaeliti, il gruppo più numeroso tra gli Sciiti dopo i Duodecimani. 14° GIORNO, MANAKHA – AL HAJJRAH – BAIT AL AMIR-SANA’A Raggiungeremo il villaggio ismelita di Al Hajjrah, con graziose case decorate, camminando fino a un altro villaggio, Bait Al Amir, sulle montagne. 15° GIORNO Volo di rientro. È prevista l’assistenza costante di uno specialista della cultura e delle tradizioni locali che funge anche da interprete durante le condivisioni con la popolazione locale.

Nepal: “THE IMMORTAL SPIRIT, TREKKING NEL REGNO DEL MUSTANG, L’ULTIMO TIBET” Tutti i trekking sono con accompagnatore di Voyagesillumination, guida locale provvista di legale autorizzazione (necessaria secondo le norme di restrizione del turismo vigenti nel Mustang) e portatori. I trasferimenti vengono effettuati con fuoristrada privati. Trasporto con elicottero in caso di malessere. 1° GIORNO: ARRIVO A KATHMANDU e sistemazione in albergo. Capitale del Nepal, Kathmandu è la più grande città del Paese, con una popolazione di oltre 950.000 abitanti nella sola area urbana. E’ situata nel Nepal centrale nella valle omonima, a quota 1.355 m, ed è bagnata da due dei fiumi più sacri agli indù, il Bagmati e il Vishnumati. Kathmandu non può essere definita una “grande” città rispetto ad altre capitali asiatiche, ma le cose da vedere sono davvero molte. Vi si respira un’atmosfera ricca di magia, frutto di secoli di storia, arte e spiritualità. Il centro storico è stato dichiarato


dall’ UNESCO patrimonio dell’umanità e risale in gran parte al XVII secolo (epoca della dinastia Malla). Si snoda attorno alla celebre Durbar Square, dove si trovano numerosi templi e palazzi e si affaccia la casa della Kumari Devi, la dèa vivente. 2° GIORNO: volo per Pokhara e visita della città. Pokhara è la seconda città del Nepal per numero di abitanti, calcolati in circa 200.000 unità solo nella area metropolitana. È la destinazione più nota del Nepal, dopo Kathmandu. La valle di Pokhara è una terra di straordinaria bellezza naturale, con le sue montagne, con i picchi mozzafiato delle catene del Machapuchr e e dell’Annapurna, tutti oltre gli 8000, con il fiume Seti e i suoi affluenti che hanno scavato impressionanti canyon nel suolo della valle, con il lago Phewa e la sua impressionante cascata nella quale l’acqua del lago precipita in una buca e sparisce; è davvero un paradiso terrestre. 3° GIORNO: volo per Jomson e trekking in leggera salita fino a Kagbeni (2.800m). Jomson è la porta sul regno del Mustang, qui si fa la prima conoscenza con il popolo tibetano e con i poni del Mustang che spesso vengono usati nei trekking. Kagbeni è uno stupendo villaggio in pietra che catapulta il visitatore in una atmosfera fuori dal tempo. Provenendo da Jomson, la prima visione di Kagbeni è mozzafiato. Durata del trekking 3 ore e mezza circa. Soste per il pranzo e per il té in una Tea House. Cena in lodge (alberghetto) da dove è possibile ammirare il Monte Nilgiri e Dhawalagiri. 4° GIORNO: dopo colazione, trekking in leggera salita fino a Muktinath ( 3800m). Muktinath è un luogo sacro sia per gli indù che per I buddhisti. È un luogo di meditazione per gli yogin tantrici indù e buddisti ed è uno splendido esempio della presenza nel mondo di uno spirito religioso naturale che sa andare oltre le divisioni create dalle religioni sociali. Muktinath è uno dei 24 posti considerati “luoghi di potere” nella filosofia tantrica. È abitato dalle Dakini, le “Danzatrici del Cielo, divinità femminili, fonte di ispirazione per gli uomini. Si trova ai piedi del passo di Thorong La che fa parte della catena dell’Himalaya. Gli indù chiamano questo luogo Mukti Kshetra che significa “luogo della salvezza”, i buddhisti lo chiamano “Chuming Gyatsa che in tibetano significa “cento acque”. Non è raro incontrare, sulla via per Muktinath, intere famiglie e carovane di pellegrini indiani o tibetani che raggiungono il luogo sacro con l’aiuto dei pony. A Muktinath vi è un piccolo santuario che è considerato uno dei santuari più sacri al mondo sia da indù che da buddhisti. Nel santuario vi è una statua del dio Vishnu grande quanto un uomo, le cerimonie religiose sono celebrate da monache. La tradizione buddhista vuole che in questo luogo si fosse fermato a meditare Guru Padamasambhava, colui che portô il buddhismo dall’India al Tibet, considerato dai buddhisti tibetani come il secondo Buddha storico. Durata del trekking 4 ore circa. Soste per il pranzo e per il té una Tea House. Cena e prima colazione del giorno successivo in lodge. 5° GIORNO: trekking in discesa verso Kagbeni e poi verso il pittoresco villaggio di Marpha, assai famoso per i suoi giardini di mele verdi. Abitato in gran parte da genti di etnia Thakali, un tempo impegnate nel commercio del sale proveniente dai grandi bacini di acqua salata degli altipiani himalayani. Durata del trekking 6 ore. Soste per il pranzo e per il té in una Tea House. Cena e prima colazione del giorno successivo in lodge. 6° GIORNO: trekking in discesa verso Ghasa (2010m), villaggio caldo, accogliente e verdissimo, sullo sfondo degli alti picco coperti dalle nevi perenni. Soste per il pranzo e per il té in una Tea House. Cena e prima colazione del giorno successivo in lodge. 7° GIORNO: Trekking in discesa verso Tatopani ( 1190m) dove, se il tempo lo permette, è possibile nuotare nelle sorgenti di acqua calda. Il nome tatopani significa acqua calda Soste per il pranzo e per il té in una Tea House. Cena e prima colazione del giorno successivo in lodge. 8° GIORNO: trekking in salita verso font-weight: Ghorepani ( 2750m), con la sua vista magnifica dell’Annapurna e il suo campo base. Il punto più alto dell’Annapurna raggiunge gli 8.092 metri, in sanscrito Annapurna è il nome della dèa dell’Abbondanza. Camminata di otto ore. Soste per il pranzo e per il té in una Tea House. Cena in lodge. 9° GIORNO: sveglia di primo mattino e salita sulla collina chiamata Poonhill ( 3193m) da dove è possibile assistere allo spettacolo del

sorgere del sole da dietro le alte montagne delle catene del Machapuchre dell’Annapurna, del Sud Annapurna, del Hiunchuli, del Dhaulagiri. Discesa a Ghorepani dove faremo colazione, quindi camminata in discesa fino a Thrkheduhunge. Trekking di sei ore. Soste per il pranzo e per il té in una Tea House. Cena e prima colazione del giorno successivo in lodge. 10° GIORNO: Trekking in discesa fino a Nayapul (1070m). Poi trasferimento in auto a Pokhara (42km). Pranzo lungo il percorso e cena a Pokhara. 11° GIORNO: dopo colazione, visita di Pokhara in barca. Pranzo e cena in città. 12° GIORNO: dopo colazione, volo per Kathmandu. Visita della città. Pranzo e cena in città. 13° GIORNO: visita dei monasteri, colloqui con i lama buddisti e bonpo. 14° GIORNO: visita della meravigliosa Kathmandu di Pashumatinath e di Patan. Pashupatinath è un luogo magnifico da ammirare all’alba. E’ un piccolo villaggio situato a 5 km da Kathmandu sulle rive del fiume Bagmati. Per i devoti di Shiva è uno tra i siti più sacri dell’Asia e luogo di pellegrinaggio per eccellenza in Nepal. Qui, sulle sponde del fiume, ogni mattina vengono bruciati i cadaveri dei defunti, le cui ceneri sono poi consegnate alle acque. Per questo Pashupatinath è anche chiamato la “piccola Varanasi”. Come la città indiana, infatti, è luogo di funerali e cremazioni. Entrambi, il villaggio di Pashupatinath e l’antichissima città di Varanasi (oggi Benares), sono siti dedicati alla forma più antica, preistorica del dio Shiva. Molto prima di essere venerato come dio della Trimurti, la Trinità dell’induismo, Shiva era appartenuto a una umanità protostorica, fiorita sulle rive del fiume Indo presumibilmente a partire da 5.000 anni prima di Cristo. A una simile remotissima data, in effetti, risalgono alcune incisioni raffiguranti un proto-Shiva itifallico, cornuto, assiso in postura yoga, rinvenute nella valle dell’Indo. Ma allora Shiva era altresì detto Rudra, il dio del tempo e delle lacrime, il Beato Tremendo. Era, invero, la divinità di natura, il ruggito della Madre, che è tempo e morte per tutte le creature viventi. Ma questa morte è, in verità, un finire per rinascere, un distruggere per ricostruire. Per i devoti di Shiva, ancora oggi, la morte è una purificazione che prelude ad una più grande rinascita. Bellissimi anche i tempi e le pagote di Pashupatinath. Meravigliose le arcate del tempio dedicato a Sati Devi, la sposa di Shiva. In questo tempio, dedicato alla dèa, fino al secolo scorso venivano praticati sacrifici umani. Il tempio principale del villaggio è quello in cui Shiva Pashupatinat, il Signore degli Animali, è venerato sotto l’aspetto di lingam (il fallo, il principio maschile cosmico). Un tetto ricoperto d’oro, quattro porte d’argento e intarsi finissimi decorano il tempio principale che ha la forma di una pagoda e nel cui “santo dei santi”nessuno può entrare, ad eccezione dei Bhatta, una casta di sacerdoti provenienti dal sud dell’India. Patan anche conosciuta come Lalitpur, è considerata la più antica e bella tra le città reali nella valle di Kathamandu, l’UNESCO l’ha dichiarata patrimonio dell’umanità 15° GIORNO: volo di rientro.


Spagna El Camino del Bajo Guadalentín Tra spiagge, vulcani, montagne, acque e leggende

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Arrivo a Alicante in aereo, pernottamento in Cartagena (o Mazarrón) Inizio cammino a piedi: Mazarrón – Totana Totana – El Berro El Berro – Casa Nuevas Casas Nuevas – Bullas Bullas – Caravaca de la Cruz (pernottamento) Visita di Caravaca e della Fuente del Marqués Ritorno in aereo da Alicante

Prima tappa: Mazarrón – Totana (35 km)

Uno splendido trekking nella Spagna Magica con sessioni di Yoga e Tecniche Energetiche, un’occasione unica per fare uno stupendo viaggio, visitare luoghi meravigliosi e tornare perfettamente in forma e rigenerati! Dalla costa a Caravaca per la Sierra Espuña, attraverso i boschi del nord-est

Durata: 8 giorni - Tipo di trekking: piacevole. Media km per tappa: 28. Media ore di camminata al giorno: 5-6 ( si parte presto si arriva nel pomeriggio). Viaggio e tappe:

Dalla chiesa di San Andrés di Mazarrón parte il rinomato Camino del Bajo Guadalaentín, ed attraversando il pueblo nelle immediate vicinanze incontriamo la prima ex-miniera della zona. La chiesa é del XVI secolo e di stile barocco oltre che un raro esempio della tipica arte spagnola “mudejar”: é patrimonio monumentale nazionale. Mazarrón inoltre possiede numerose spiagge e cale che offrono molti spazi aperti e poco affollati (ben 36 di cui la metá completamente disabitate e selvagge), un museo archeologico di importanza nazionale e la possibilità di escursioni in barca per avvistare i numerosi cetacei del litorale. Il cammino prosegue sulla Via Verde di Mazarrón – La Pinilla entrando nella Sierra del Algarrobo, un ambiente che ospita molte specie protette come l’aquila reale, il gufo reale, il falco pellegrino e la tartaruga mora. Le falesie del Algarobo si alzano dritte ed imponenti sopra di noi fino a 713 metri.


Espuña. Il cammino continua nella natura aperta tra pinete e mandorli fino ad incontrare El Arco de Aledo, un antico crocevia che porta fino ad Aledo, pueblo arroccato su una falesia. Possiede una torre mora che sovrastata tutta la valle sottostante ed una visuale aperta per chilometri. Poco a poco ci addentriamo sempre più nel parco regionale della Sierra Espuña e la presenza di volatili, animali come scoiattoli e volpi si fa davvero frequente. La zona é parco nazionale fin dal 1931 e la vegetazione é dominata dai pini, anche se ci sono grandi macchie di olmi, pioppi, piante officinali e, unico caso in Europa, grazie ad una buona gestione del territorio, sono presenti numerose aquile reali, gufi reali, falchetti e falchi, serpenti, volpi, tassi, ricci che si incontrano che facilitá.

Passiamo per i Saladares del Guadalentín, una estensione alluvionale salina compresa tra il fiume (rio) Guadalentín e Las Salinas. Le sue caratteristiche saline lo rendono unico, senza una copertura di acqua in superficie ma con una vegetazione stepparia che ospita speci vegetali afroiberiche come la palma da datteri, lo spincervino, il tamarindo ed altri sempreverdi. Questa steppa ospita altri volatili steppari come il chiurlo, la gazza reale, la taccola ed altri che é molto frequente avvistare. Le Saladares del Guadalentín sono Paesaggio Protetto, LIC (Luogo di Importanza Comunitaria) e ZEPA (Zona di protezione speciale di volatli) in quanto vi sono presenti specie migratorie del flusso migratorio EuropaAfrica.

Passiamo per la zona di Campix che offre una visuale aperta su tutta la valle sottostante dove é cosa buona e saggia fermarsi per uno spuntino! Proseguiamo prendendo il “Sentiero dei 7 fratelli” che ci porta fino ad una costruzione che serví anticamente per accogliere gli affetti da tubercolosi, poi lungo il pittoresco canyon di Leiva fino ad un vecchio pozzo calero abbandonato.

Arrivati al paese di Totana passeremo la notte nell’omonimo camping o esiste la possibilità di diverse case rurali nei dintorni del borgo. Seconda tappa: Totana – El Berro (29 km) Dalla chiesa di Santiago di Totana si attraversa il pueblo fino a d incontrare una particolare casa con minareto, passando per la zona de Los Secanos prendendo in direzione de La Santa. Allontanandoci da Totana ci addentriamo nella zona dei rinomati vigneti murciani ed in seguito alla parte piú selvaggia del cammino, tra rocce e pareti verticali, rovi, rampicanti e oleandri. Ci troviamo proprio sotto le pareti verticali della silente Sierra Espuña fino ad arrivare a La Santa. Conosciuto popolarmente come La Santa, é in realtá il Monastero di Santa Eulalia che si addentra alle pendici della Sierra Espuña, a soli 7 km da Totana: la vista é completamente dominata dal picco dall’ imponente Morrón. Questo monastero-eremita é un complesso religoso molto interessante ed attivo da piu di 7 secoli. Sono famose le sue feste popolari dette romerie, ovvero le incenerazioni di origano secco in nome della santa Eulalia, che sembrano retaggio di un passato molto piú pagano che cristiano. Nel monastero sono presenti pitture murali della vita di Sant’ Eulalia e della Passione del Cristo, unico caso ed eccezione di tutto il mediterraneo spagnolo. Uscendo dal complesso ci addentriamo per il “Sentiero della Santa”, che ci avvicina al belvedere della Vergine Bianca, vicinissmo alle pinete che ci porteranno dentro la Sierra

Passiamo nelle vicinanze del Sentiero del Dinosauro (incontrarono mammut e altri mastodonti) fino al canyon de Las Brujas (Le streghe) che si avvicina al borgo de El Berro, da cui entriamo costeggiando la strada dell’antico cimitero che ci porta al camping: finisce questa nostra seconda tappa. Las Brujas é una parte davvero suggestiva ricca di leggende, siamo in una zona davvero speciale, il silenzio ci accompagna tra rocce ed alberi centenari.


Terza tappa: El Berro – Casas Nuevas (28 km) Uscendo dal borgo di El Berro ci incontriamo con il sentiero che costeggia delle pareti di roccia, famosa scuola di scalata nella regione. Continuiamo per dei coltivi di splendidi mandorli ed incontriamo poi un’ altra breve zona stepposa, delle macchie di fichi seguite ancora da altri mandorli. Passiamo camminando proprio sopra le mura di un antico canale di acque prosciugato, che ci addentra in una folta macchia di pini marittimi. Arriviamo all’avallamento di Noguera e vicino a delle case abbandonate. Incontriamo anche il vecchio Ospedale delle Farfalle, ormai in disuso. Nelle vicinanze incontriamo una fonte di acqua dolce dove poter riposare, per poi proseguire fino alle case de Los Jaliscos, e che poi ci porterá ad attraversare per qualche kilometro la strada nazionale che porta a Pliego. Incontriamo la suggestiva eremita in rovina de La Purisíma, che ci conduce al cammino del Canale di Toibilla. Questo importante canale ha fornito per tutto il secolo scorso acqua all’intera regione fino a Cartagena e percorrendolo si aprono scorci e magnifiche viste delle cime dell’ Espuña e dei borghi di Mula e Pliego. Continiamo fino ad incrociare il torrente Barbo e poi la Fonte de la Portuguesa, che ci introduce al canyon de la Hoz e della Mula. Qui il cammino zigzaga nell’ombra delle pareti di roccia della Sepultura e lungo il tragitto incontriamo una misteriosa caverna, nascosta negli spaccati della pietra e giá frequentata in epoca preistorica. Davvero suggestiva. In questa zona é molto frequente incontrare le numerose mandrie di mufloni africani, introdotti nel parco circa 20 anni fa e che scendono dalle cime per cibarsi. Da questo punto é un susseguirsi di canyon e falesie con nomi di animali, per esempio il Cejo de las Palomas o il Morrón de Cabra che ci porta al ponte sopra il Malvariche e al seguente cammino da cui abbiamo visuali aperte sulle cime de El Bosque e el Aguilón. Entriamo nel pueblo de Casas Nuevas e percorriamo le sua stradine fino alla eremtia della Purisíma Conceptión, punto di arrivo di questa terza tappa.

Quarta tappa: Casas Nuevas (Mula) – Bullas (23 km) Questa parte del cammino offre molti spazi aperti da cui si aprono belle visuali delle terre circostanti. Inoltre le giglie della Sierra spuña ci accompagnano per quasi tutto il tempo. Usciamo da Casa Nuevas lasciando la chiesa de la Purisíma Concepción e dopo un piccolo percorso su strada asfaltata, ci addentriamo dentro le radure ed incontriamo l’ hospitale dei viandanti de Casa Nuevas e la Casa degli Ingegneri (che costruirono il famoso canale di Taibilla). Passiamo per il canyon Carlos e le sue praterie, usate dai pastori per alimentare pecore e capre durante le transumanze annuali, che digradano in macchie di grandi pini marittimi. Questa é la Sierra de Pedro Ponce y del Cambrón ed é una delle zone verdi piu importanti di Spagna, e di rilievo


europeo per i suoi numerosi rapaci delle zone alte e dei suoi canyon. Molte zone sono tutelate per la riproduzione di rapaci, serpenti ed altri animali, come le tartarughe more, per piante officinali (lavanda, echinacea, etc) ed alcune fonti d’ acqua sono famose per le loro qualitá minerali. Quella del Burete é asssi conosciuta e la incontriamo sul cammino prima di connettersi al piú grande rio Quipár, che a sua volta rinfresca buona parte della comarca. Passeremo poi per lunghi coltivi di mandorli, un ponte sul canale Toibilla e ci avviciniamo ai canyon de El Francés e di Zarzadilla, che precedono l’omonimo pueblo e poco dopo incontriamo un abbeveratoio con acqua fresca. Prima di arrivare alle prime case di Zarzadilla incontriamo un terreno roccioso inclinato e dopo avere attraversato la strada di Lorca, entriamo per qualche tempo in altri coltivi di mandorli e vigneti. Seguendo la pista ci avviciniamo a Bullas ed aumentano i suoi rinomati vigneti e gli spazi aperti, con sprazzi di macchia mediterranea. Incontriamo il guado del fiume Mula, che in questo punto crea la piscina naturale di Pasico Uscenda e dopo essere entrati nel camino del Molinar incontriamo il Salto del Usero: un bel “salto” di acque del rio Mula dove poterci rinfrescare. Nelle vicinanze del cammino e presso il canyon de La Cueva, si scoprí nel 1985 un anfratto con pitture rupestri neolitiche. Il luogo é denominato Cazador del Abrigo de Sorbas o piú comunemente El Milano e le sue 40 pitture di ocra rossa rappresentano soprattutto di caccia. A livello antropologico é uno dei luoghi di maggiore importanza di tutta Spagna ed é Patrimonio UNESCO de la Umanitá.

Siamo a qualche centinaia di metri dalla zona produttiva di Bullas e possiamo addentrarci nel pueblo e nel punto di soggiorno, nel camping di La Rafa. L’ escursione termina con la visita al museo del vino di Bullas ed a cantine vinicole tra le piu conosciute di Spagna (tappe della Ruta del Vino).

Il paese di Bullas dá il nome a una Denominalazione di Origine Controllata istituita nel 1994, rinomata da almeno due secoli in tutta la penisola. Negli ultimi anni alcuni dei suoi vini si sono distinti anche a livello internazionale, insieme alle uve delle vicine zone di Caravaca, Cehegín, Lorca, Moratalla, Mula, Pliego, Totana e Cieza. Inoltre in Bullas é famoso il Mercatino de El Zacatín dove si incontrano gli artigiani della comarca per vendere i loro prodotti caratteristici, unici al mondo. Si possono trovare stoffe esclusive di retaggio arabo, vestiti, tele, utensili esistenti solo in questa zona del pianeta e sono molti gli stranieri che vengono solo per questo mercato mensile. Da Bullas il cammino prosegue per Caravaca unendosi ad un gruppo che proviene dal porto di Cartagena. Quinta tappa: Bullas – Caravaca de la Cruz Questa é forse la tappa più bella del cammino perché offre una varietà di paesaggi davvero particolare. Per un lungo tragitto si cammina vedendo in lontananza le torri del castello-monastero di Caravaca, custode della Vera Cruz e destinazione dei pellegrini. Uscendo da Bullas camminiamo per qualche km in mezzo ad orti, fino a passare dentro un tunnel per incrociare la Via Verde che percorriamo quasi fino a Caravaca.


Foto: scavi di Begastri, la Via Verde di Bullas-Cehegín con prati e cascate del fiume Mula, skyline di Cehegín e dei suoi fantastici cieli aperti. Sesta tappa: Caravaca de la Vera Cruz e la Fuente del Marqués Caravaca offre al visitatore curioso preziosi tesori e segreti da scoprire in diversi giorni, ma in una solo giornata possiamo veramente coglierne l’ essenza. Grazie alla sua ereditá storica e religiosa, Caravaca é piena di opere d’arte architettoniche, culturali e naturali che fondono le culture che qui hanno prosperato: iberi, visigoti, romani, musulmani, ebrei ed infine i cristiani. Alleniamo lo sguardo alla “lettura” di ogni angolo, simbolo e particolare ed ogni cosa si svelerá alla nostra curiositá: il borgo é veramente pieno di dettagli. La Real Basilica Santuario de la Santisíma y Vera Cruz é la destinazione di tutti pellegrini e visitatori e dall’ alto di “questo nido di aquile” abbiamo la visuale di tutta la comarca. Il complesso ha una geometria unica per il fatto che ogni dominatore ha costruito, cambiato, aggiunto o tolto un qualche elemento, secondo i propri bisogni religiosi, militari o culturali. Ecco come si fondono le grandi torri tipicamente “europee” con torrioni e feritoie di stile arabo, il tutto posizionato secondo calcoli ingegneristici e astronomici tipici degli architetti ebrei provenienti da Oriente. Passiamo per tracciati di ferrovie del secolo passato con suggestivi ponti di mattoni, incontriamo la fonte del Padre Pecador per rifornirci di acqua fresca e tra orti e sentieri, continuiamo fino al monticello di Begastri. Questo scavo archeologico é origine dell’ attuale cittadina di Cehegín e culla della cultura visigota e musulmana di questa zona della penisola iberica. A Begastri incontriamo soprattutto molti resti romani del borgo che occupano circa 40 km quadrati e che ci permettono di vedere tutto l’ antico impianto cittadino, coi suoi luoghi di interesse e dei mestieri. Particolarmente suggestiva é l’ Acropoli romana nella parte superiore dell’ insediamento, che occupa circa 10 km quadrati. Inoltre tutte le vicinanze della cittadina sono disseminate di altri resti archeologici ed i romani hanno lasciato testimonianze nei luoghi di culto dei loro Dei padri. Uscendo da Begastri siamo praticamente in Cehegín, passiamo per la sua Plaza de Toros che ospita le feste con protagonisti i tori per poi allontanarci dal pueblo riprendendo la Via Verde. Caratteristico é che il cammino che ci fa passare lungo un tunnel in cui nel secolo passato ospitava il tragitto di un treno locale: venne in realtá costruito per la coltivazione di funghi della zona! Usciti dal tunnel passiamo sopra il fiume Argos e la visuale si apre per kilometri, mostrandoci la panoramica di Caravaca de la Cruz: mancano solo 7 km alla meta. Incontriamo macchie di alberi e una bella stazione del secolo passato, ancora ben conservata e che rispecchia l’ importanza del treno in queste terre. Poco a poco entriamo nella periferia della città e ci avviciniamo al centro storico, si nota la sua unicitá per la monumentalitá a tratti musulmana, ebrea e cristina: luoghi unici in tutta Europa che la Spagna ancora ben conserva e vive pienamente.

Ogni ordine religioso ha apportato qualcosa alla struttura mantenendo sempre qualcosa della precedente, per esempio nella torre di costruzione mora si conserva da sempre la Santissima Croce di Caravaca e persino il retaggio pagano figura nei rituali sacri di oggi. Ad esempio il complesso ospita nel sottotetto un sala che ha aperture sui 4 punti cardinali, dove per secoli (e fino a pochi anni fa) in caso di grandine o tempesta, i preti vi pregavano al vento orazioni antiche: questo rituale per placare gli elementi é stato spesso tacciato di stregoneria dagli Inquisitori, ma era talmente radicato nella cultura del borgo che fu pressoché impossibile vietarlo, persino durante l’ epoca franquista. La chiesa della Real Basilica offre una preziosa fusione di stili romanici, gotici, rinascimentali e barocchi con elementi arabi, unica in tutto il mediterraneo spagnolo. E’ possibile visitare tutto il complesso ed il museo comunale che ci porterà persino nei sotterranei della fortezza, dove é permesso vedere alcune delle basi della struttura e delle prigioni scavate nella roccia. Lungo il paese é un susseguirsi di chiese, cattedrali e monasteri tutt’oggi molto attivi: non é raro incontrare religiosi provenienti da Africa, Asia e tutta Europa che vivono in Caravaca.


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