Essere famiglia - Estratto

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Il titolo, Essere famiglia. Sorriso di Dio per l’umanità, ci immerge nella visione di famiglia tracciata da Francesco con le sue catechesi.

Egli rilancia l’immagine biblica della prima famiglia, per dialogare con tutte le famiglie del mondo sui valori di cui essa è mediatrice: fede, vita, amore, cura del prossimo e del creato… Partendo da Nazareth ci fa entrare nelle identità dei protagonisti (madre, padre, figli, nonni, zii…), con le loro mutue interrelazioni e responsabilità nella vita familiare, nella società e nel compito formativo, senza tralasciare gli aspetti critici con i quali fare i conti. Ci troviamo di fronte a un affresco capace di attirare molteplici sguardi sul tema “famiglia”, ritenuto dal Papa urgente e fondamentale.

Il commento di Mimmo Armiento fa emergere la bellezza e la missione della famiglia, a partire da « un Sorriso… », da lui ritenuto « nutrimento della coppia e grembo da cui nasciamo».

Spiritualità del quotidiano ESSERE FAMIGLIA SORRISO DI DIO PER L’UMANITÀ

ESSERE FAMIGLIA

SORRISO DI DIO PER L’UMANITÀ

Con il commento di MiMMo ArMiento

Le citazioni bibliche sono tratte da La Sacra Bibbia nella versione ufficiale a cura della Conferenza Episcopale italiana © 2008, Fondazione di Religione Santi Francesco d’Assisi e Caterina da Siena

Per i testi citati dal magistero della Chiesa e da documenti dei pontefici © Libreria Editrice Vaticana - Dicastero per la Comunicazione, Città del Vaticano

PAOLINE Editoriale Libri

© FIGLIE DI SAN PAOLO, 2022 Via Francesco Albani, 21 - 20149 Milano www.paoline.it • www.paolinestore.it edlibri.mi@paoline.it Distribuzione: Diffusione San Paolo s.r.l. Piazza Soncino, 5 - 20092 Cinisello Balsamo (MI) ISBN 978-88-315-5508-1

RENDERE NORMALE L’AMORE

La missione della famiglia nelle catechesi di papa Francesco di Mimmo Armiento

Un sorriso, priMA di tUtto

«Che bello! Questo è bello! Questo è più bello!»: risuonano ripetutamente queste esclamazioni di gioia sull’amore sponsale e sulla famiglia nei discorsi che papa Francesco ha tenuto alle udienze del mercoledì nel corso del 2015 e che questo libro raccoglie 1. Pare di vederlo il sorriso del Papa mentre contempla il dono più bello, quell’amore fecondo tra uomo e donna che porta impresso il sorriso di Dio sull’umanità. Quella unione sponsale uomo-donna, da cui non solo ogni altra unione d’amore, ma perfino ogni carezza, ogni gesto, ogni traccia di amore nel mondo, trae la sua origine e vi trova il suo paradigma. Cos’è un sorriso? È un “che bello!” detto senza parole, ma più efficace, vero, profondo di tante parole! E se rivolto a un’altra persona è sempre una benedizione con l’invito a lasciarsene aprire/contagiare: «Che bel-

1 Si tratta di un percorso costituito da trentacinque Catechesi sulla famiglia, iniziate il 17 dicembre 2014 e concluse il 18 novembre 2015, che citeremo seguendo la numerazione presente sul sito del Vaticano (www.vatican.va).

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lo che ci sei, tu, proprio tu!». Un sorriso è un invito a rispondere con il sorriso: propone una benedizione reciproca, offre una mano e attende una mano, si fa domanda che attende “risposta” (composto da re- = “di rimando, indietro” e spondere = “prometto”; da cui anche re-sponsa-bile) ed è compiuto allora quando è scambiato: «Grazie. Che bello che ci sei anche tu». Un sorriso è un gesto sponsale: impegna a una promessa di vicinanza, di cura, di fedeltà, di benedizione-anchedopo-e-oltre: per questo il poeta può ben dire «se qualcuno sorride, tu non tradirlo mai» (Renato Zero).

In queste pagine vi troveremo allora innanzitutto il sorriso del Papa. E il suo sorriso dice già l’essenziale, ci annuncia che Dio è innanzitutto un grande Sorriso rivolto verso di noi. Ed è quel Sorriso che precede e suscita tutto il bene dentro di noi: quella «carezza che ci tiene in vita»; quell’«affetto di tutti i nostri affetti» 2 che ci dona la speranza/intuizione che nulla andrà perso; quello stesso desiderio di vita, di verità, di bene che prorompe in noi, ma di cui noi non siamo origine; quella voce nella coscienza che ci attesta «è bello che tu ci sei, tu, proprio tu», e donandoci lo stupore per “tutto il bene” ci invita a ri-conoscerlo, a esserne ri-conoscenti, a ri-spettarlo e ad averne ri-guardo, cioè a gustarlo e a custodirlo con re-sponsabilità, insieme con lui, suggerendoci passo passo il (maggior) bene-

2 Francesco, Catechesi sulla famiglia, 24 (vedi p. 174).

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possibile-per-noi, con un semplice e sorridente: “sarebbe bello/più bello se…”!

Vi troveremo dunque i tratti belli di una rinnovata evangelizzazione che riparte dal Principio: cioè da Dio che è riconosciuto come il Logos al Principio dell’umano, intrinseco a noi in ogni nostro desiderio di bene –anche nella protesta contro il male innocente come nella rabbia contro ogni ingiustizia –; in ogni nostro desiderio di vita come nella lotta stessa di sopravvivere; in ogni nostra ricerca di verità, anche di criticare, discutere, sperimentare, curiosare, andare oltre; in ogni incanto di Bellezza che ci attrae e che ci motiva a essere belli; in ogni respiro di comunione con tutto ciò che esiste, con tutto ciò che è vivo e in ogni atto di solidarietà benevola con tutti coloro con cui possiamo comprenderci, riconoscendoci, prima, insieme com-presi in un’unica fraternità, come se l’altro fosse anche un po’ me stesso, “carne mia”, a immagine della coppia di genitori («un’unica carne»: Gen 2,24) da cui proveniamo.

Camminiamo insieme sotto questa benedizione e sotto questo scopo di Dio di farci tutti fratelli nella vita in un mondo che va avanti e che nasce proprio dalla famiglia, dall’unione dell’uomo e la donna 3 .

Non un Dio da proselitismo per accrescere potere, da codici morali imposti per includere “i buoni” tutti

3 Ibid., 27 (vedi p. 192).

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da una parte, da leggi fatte per incarcerare in etichette e in gesti anonimi che spersonalizzano ogni incontro; non un Dio da fondamentalisti che pretende cieca sottomissione alla sua volontà; non un padrone estraneo, prepotente e costrittivo. Non un Dio narciso e una religione di narcisisti. Ma un Dio «secondo ragione» 4 , che per primo si sottomette alla nostra ragione. Non un Dio che ci sovrasta dall’alto, ma che si mette sotto i nostri piedi, come un Fondo che ci permette di stare in piedi come uomini. Così, se riconosciamo che «bisogna amare le persone, prima di ogni religione, legge, ideologia, cioè prima di ogni principio» allora riconosciamo che anche questo è un “principio” in cui siamo posti! Al fondo del nostro essere, Dio ci fa esistere e ci fa esistere in un certo modo, ponendoci in principi che ci precedono 5 e che possiamo liberamente riconoscere e graziosamente rispettare. Un invito a sposarlo, a pro-metterci riconoscendolo per primo “pro-messo” verso di noi. Un Dio nuziale! Papa Francesco ci propone allora una evangelizzazione del sorriso che responsabilizza – un’apertura

4 Benedetto XVI, Fede, ragione e università. Ricordi e riflessioni Discorso all’Università di Ratisbona, 12 settembre 2006.

5 Tanto che anche per negarli dobbiamo usarli e presumere di farlo. Ad esempio per dire che non esiste libertà devo usare e presumere di usare la mia libertà; per dire che non esiste il linguaggio devo usare un linguaggio; per dire che non esistono intenzioni, devo usare una intenzione; per dire che io non esisto, devo dirlo io; per dire che la realtà non esiste, devo usarla, parlando con la mia voce o scrivendo una frase su un foglio.

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che invita e suscita apertura – e non del dito puntato che, accusando, costringe alla difesa e al contrattacco – una chiusura che provoca chiusura. Perché solo quello che conquisti con un sorriso – cioè con un invito al bene libero, grazioso, gratuito, gioioso – può essere “per sempre” 6 .

E vi troveremo una pedagogia del bene come di un sole che attrae e suscita slancio e che indica la via a chiunque, dovunque si trovi, perché nessuno è mai perso! Puoi sempre compiere un passo, il (maggior) bene-possibile-per-te, in qualunque condizione ti trovi e non (più) come se fosse un binario che costringe a starci sopra e a non deragliare, perché se sgarri, sei fuori, perso per sempre!

Il Papa parla a tutti, non solo ai cristiani. Perché tutti possiamo riconoscere questo sorriso di Dio nella nostra interiorità, tutti noi che per prima siamo stati figli, venuti al mondo dal sorriso dei nostri genitori. I quali a un “sarebbe bello” di Dio, hanno risposto sì, con coraggio, mettendoci al mondo. E facendo festa per noi. non di solo pAne, MA Anche di ogni sorriso

«I bambini lo sanno che l’uomo non vive di solo pane! (…) Loro vogliono l’amore, i legami familiari» 7 .

6 Il pensiero è attribuito a Gandhi.

7 Francesco, Catechesi sulla famiglia, 17 (vedi p. 141).

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Che bello il sorriso dei bambini! Secondo una ricerca i bambini sorridono quattrocento volte al giorno; il settanta per cento degli adulti meno di venti volte 8. I bambini sono aperti al sorriso. Se ne lasciano subito contagiare. Tanto che un test di decadimento spirituale per tutti potrebbe essere: quanto tempo sei capace di resistere a un sorriso, rivolto verso di te? La vera “arteriosclerosi dell’anima” è un volto indurito, che non si lascia aprire da un sorriso, ricambiando la benedizione ricevuta!

I bambini vivono di sorriso. Secondo alcune ricerche si può addirittura predire la qualità e la durata della vita da adulti dalla qualità dei loro sorrisi da bambini e ragazzi! 9 Un bimbo senza sorriso, invece, è un bimbo “spento”, malato, ma non nel corpo, perché i bambini malati ancora sorridono quando si sentono la gioia di un altro. Anzi proprio per guarire chiedono la vicinanza sorridente di mamma e papà e reagiscono meglio alle cure se vengono loro offerte dentro un clima sorridente 10. I bimbi sorridono anche da soli,

8 R. Gutman, Il potere nascosto del sorriso, TED Talk 2011. Ripreso nell’e-book Smile, The Astonishing Powers of a Simple Act, Kindle Edition.

9 L. Harker - D. Keltner, Expressions of Positive Emotion in Women’s College Yearbook Pictures and Their Relationship to Personality and Life Outcomes across Adulthood, in Journal of Personality and Social Psychology, 80/1 (2001) 112-124; E.L. Abel - M.L. Kruger, Smile Intensity in Photographs Predicts Longevity, in Psychological Science 21/4 (2010) 542-544.

10 Ad esempio, A. Dionigi - D. Sangiorgi - R. Flangini, Clown Intervention to Reduce Preoperative Anxiety in Children and Parents: A

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CATECHESI SULLA FAMIGLIA

DIO HA SCELTO DI NASCERE IN UNA FAMIGLIA

L’incarnazione del Figlio di Dio apre un nuovo inizio nella storia universale dell’uomo e della donna. E questo nuovo inizio accade in seno a una famiglia, a Nazareth. Gesù nacque in una famiglia. Lui poteva venire spettacolarmente, o come un guerriero, un imperatore… No, no: viene come un figlio di famiglia, in una famiglia. Questo è importante: guardare nel presepio questa scena tanto bella. Dio ha scelto di nascere in una famiglia umana, che ha formato lui stesso. L’ha formata in uno sperduto villaggio della periferia dell’Impero Romano. Non a Roma, che era la capitale dell’Impero, non in una grande città, ma in una periferia quasi invisibile, anzi, piuttosto malfamata. Lo ricordano anche i Vangeli, quasi come un modo di dire: «Da Nazareth può venire qualcosa di buono?» (Gv 1,46). Forse, in molte parti del mondo, noi stessi parliamo ancora così, quando sentiamo il nome di qualche luogo periferico di una grande città. Ebbene, proprio da lì, da quella periferia del grande Impero, è iniziata la storia più santa e più buona, quella di Gesù tra gli uomini! E lì si trovava questa famiglia.

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Gesù è rimasto in quella periferia per trent’anni. L’evangelista Luca riassume questo periodo così: Gesù «era loro sottomesso [cioè a Maria e Giuseppe]». E uno potrebbe dire: «Ma questo Dio che viene a salvarci, ha perso trent’anni lì, in quella periferia malfamata?». Ha perso trent’anni! Lui ha voluto questo. Il cammino di Gesù era in quella famiglia. «Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini» (Lc 2,51-52). Non si parla di miracoli o guarigioni, di predicazioni – non ne ha fatta nessuna in quel tempo –, di folle che accorrono; a Nazareth tutto sembra accadere “normalmente”, secondo le consuetudini di una pia e operosa famiglia israelita: si lavorava, la mamma cucinava, faceva tutte le cose della casa, stirava le camicie… tutte le cose da mamma. Il papà, falegname, lavorava, insegnava al figlio a lavorare. Trent’anni. «Ma che spreco, Padre!». Le vie di Dio sono misteriose. Ma ciò che era importante lì era la famiglia! E questo non era uno spreco! Erano grandi santi: Maria, la donna più santa, immacolata, e Giuseppe, l’uomo più giusto… La famiglia. Saremmo certamente inteneriti dal racconto di come Gesù adolescente affrontava gli appuntamenti della comunità religiosa e i doveri della vita sociale; nel conoscere come, da giovane operaio, lavorava con Giuseppe; e poi il suo modo di partecipare all’ascolto delle Scritture, alla preghiera dei salmi e in tante altre

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consuetudini della vita quotidiana. I Vangeli, nella loro sobrietà, non riferiscono nulla circa l’adolescenza di Gesù e lasciano questo compito alla nostra affettuosa meditazione. L’arte, la letteratura, la musica hanno percorso questa via dell’immaginazione. Di certo, non ci è difficile immaginare quanto le mamme potrebbero apprendere dalle premure di Maria per quel Figlio! E quanto i papà potrebbero ricavare dall’esempio di Giuseppe, uomo giusto, che dedicò la sua vita a sostenere e a difendere il bambino e la sposa –la sua famiglia – nei passaggi difficili! Per non dire di quanto i ragazzi potrebbero essere incoraggiati da Gesù adolescente a comprendere la necessità e la bellezza di coltivare la loro vocazione più profonda, e di sognare in grande! E Gesù ha coltivato in quei trent’anni la sua vocazione per la quale il Padre lo ha inviato. E Gesù mai, in quel tempo, si è scoraggiato, ma è cresciuto in coraggio per andare avanti con la sua missione. Ciascuna famiglia cristiana – come fecero Maria e Giuseppe – può anzitutto accogliere Gesù, ascoltarlo, parlare con lui, custodirlo, proteggerlo, crescere con lui; e così migliorare il mondo. Facciamo spazio nel nostro cuore e nelle nostre giornate al Signore. Così fecero anche Maria e Giuseppe, e non fu facile: quante difficoltà dovettero superare! Non era una famiglia finta, non era una famiglia irreale. La famiglia di Nazareth ci impegna a riscoprire la vocazione e la

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missione della famiglia, di ogni famiglia. E, come accadde in quei trent’anni a Nazareth, così può accadere anche per noi: far diventare normale l’amore e non l’odio, far diventare comune l’aiuto vicendevole, non l’indifferenza o l’inimicizia. Non è un caso, allora, che Nazareth significhi “Colei che custodisce”, come Maria, che – dice il Vangelo – «custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore» (Lc 2,19). Da allora, ogni volta che c’è una famiglia che custodisce questo mistero, fosse anche alla periferia del mondo, il mistero del Figlio di Dio, il mistero di Gesù che viene a salvarci, è all’opera. E viene per salvare il mondo. E questa è la grande missione della famiglia: fare posto a Gesù che viene, accogliere Gesù nella famiglia, nella persona dei figli, del marito, della moglie, dei nonni… Gesù è lì. Accoglierlo lì, perché cresca spiritualmente in quella famiglia.

17 dicembre 2014 1

1 Francesco, Catechesi sulla famiglia - 1. Nazareth.

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NELLA FAMIGLIA C’È LA MADRE

Il primo giorno dell’anno è la festa della Madre di Dio, a cui segue l’Epifania, con il ricordo della visita dei Magi. Scrive l’evangelista Matteo:

Al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme… Udito il re, [i Magi] partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra (2,1-4.9-11).

È la Madre che, dopo averlo generato, presenta il Figlio al mondo. Lei ci dà Gesù, lei ci mostra Gesù, lei ci fa vedere Gesù. …Nella famiglia c’è la madre. Ogni persona umana deve la vita a una madre, e quasi sempre deve a lei molto della propria esistenza successiva, della forma-

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zione umana e spirituale. La madre, però, pur essendo molto esaltata dal punto di vista simbolico, – tante poesie, tante cose belle che si dicono poeticamente della madre – viene poco ascoltata e poco aiutata nella vita quotidiana, poco considerata nel suo ruolo centrale nella società. Anzi, spesso si approfitta della disponibilità delle madri a sacrificarsi per i figli per “risparmiare” sulle spese sociali. Accade che anche nella comunità cristiana la madre non sia sempre tenuta nel giusto conto, che sia poco ascoltata. Eppure al centro della vita della Chiesa c’è la Madre di Gesù. Forse le madri, pronte a tanti sacrifici per i propri figli, e non di rado anche per quelli altrui, dovrebbero trovare più ascolto. Bisognerebbe comprendere di più la loro lotta quotidiana per essere efficienti al lavoro e attente e affettuose in famiglia; bisognerebbe capire meglio a che cosa esse aspirano per esprimere i frutti migliori e autentici della loro emancipazione. Una madre con i figli ha sempre problemi, sempre lavoro. Io ricordo a casa, eravamo cinque figli e mentre uno ne faceva una, l’altro pensava di farne un’altra, e la povera mamma andava da una parte all’altra, ma era felice. Ci ha dato tanto.

Le madri sono l’antidoto più forte al dilagare dell’individualismo egoistico. “Individuo” vuol dire “che non si può dividere”. Le madri, invece, si “dividono”, a partire da quando ospitano un figlio per darlo al mondo e farlo crescere. Sono esse, le madri,

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a odiare maggiormente la guerra, che uccide i loro figli. Tante volte ho pensato a quelle mamme quando hanno ricevuto la lettera: «Le dico che suo figlio è caduto in difesa della patria…». Povere donne! Come soffre una madre! Sono esse a testimoniare la bellezza della vita. L’arcivescovo Oscar Arnulfo Romero diceva che le mamme vivono un «martirio materno». Nell’omelia per il funerale di un prete assassinato dagli squadroni della morte, egli disse, riecheggiando il concilio Vaticano II:

Tutti dobbiamo essere disposti a morire per la nostra fede, anche se il Signore non ci concede questo onore… Dare la vita non significa solo essere uccisi; dare la vita, avere spirito di martirio, è dare nel dovere, nel silenzio, nella preghiera, nel compimento onesto del dovere; in quel silenzio della vita quotidiana; dare la vita a poco a poco? Sì, come la dà una madre, che senza timore, con la semplicità del martirio materno, concepisce nel suo seno un figlio, lo dà alla luce, lo allatta, lo fa crescere e accudisce con affetto. È dare la vita. È martirio.

Fino a qui la citazione. Sì, essere madre non significa solo mettere al mondo un figlio, ma è anche una scelta di vita. Cosa sceglie una madre, qual è la scelta di vita di una madre? La scelta di vita di una madre è la scelta di dare la vita. E questo è grande, questo è bello.

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Una società senza madri sarebbe una società disumana, perché le madri sanno testimoniare sempre, anche nei momenti peggiori, la tenerezza, la dedizione, la forza morale. Le madri trasmettono spesso anche il senso più profondo della pratica religiosa: nelle prime preghiere, nei primi gesti di devozione che un bambino impara, è inscritto il valore della fede nella vita di un essere umano. È un messaggio che le madri credenti sanno trasmettere senza tante spiegazioni: queste arriveranno dopo, ma il germe della fede sta in quei primi, preziosissimi momenti. Senza le madri, non solo non ci sarebbero nuovi fedeli, ma la fede perderebbe buona parte del suo calore semplice e profondo. E la Chiesa è madre, con tutto questo, è nostra madre! Noi non siamo orfani, abbiamo una madre! La Madonna, la madre Chiesa, e la nostra mamma. Non siamo orfani, siamo figli della Chiesa, siamo figli della Madonna, e siamo figli delle nostre madri. 7 gennaio 2015 1

1 Francesco, Catechesi sulla famiglia - 2. Madre.

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Indice

Rendere normale l’amore di Mimmo Armiento pag. 5

Un sorriso, prima di tutto » 5

Non di solo pane, ma anche di ogni sorriso » 9

Il sorriso da cui nasciamo » 17

Sposi, cioè festa » 20 Evangelizzare il “sorriso” di Dio » 28 E sia la festa! » 35

CATECHESI

SULLA

FAMIGLIA » 47

Dio ha scelto di nascere in una famiglia » 49

Nella famiglia c’è la madre » 53

Non c ’è paternità senza presenza » 57 Padri che fanno crescere » 61

I figli: gioia della famiglia e della società » 67 Bella è la fratellanza! » 73

Gli anziani: un bagaglio di sapienza » 77 Anche la vecchiaia è una risorsa » 83

I bambini: grande dono per l’umanità » 89

La famiglia di Nazareth al nostro fianco » 95

Le ferite dei bambini » 99

«Maschio e femmina li creò» » 103

«Non è bene che l’uomo sia solo» » 107

Il disegno di Dio sulla coppia » 111

Bello è il matrimonio cristiano! » 117

Permesso? - Grazie - Scusa » 121

Far crescere i figli nella responsabilità » 127

Fidanzamento: imparare ad amarsi » 133

La famiglia ferita dalla miseria » 139

L’ospedale più vicino? Sempre la famiglia » 145

La morte tocca ogni famiglia » 151

Quando ci si fa anche del male » 157

Prendersi cura di chi vive una nuova unione » 161

È importante fare festa » 165

Lavorare è proprio della persona » 169

Vogliamo un po’ di bene anche al Signore? » 173 Comunicare la fede » 179

Legame tra famiglia e comunità cristiana » 185

Necessaria una nuova alleanza tra uomo e donna » 189

L’amore di Dio reso manifesto nello “spirito familiare” » 193

Generare un bimbo è fargli una promessa » 197

La famiglia vive della promessa d’amore » 201

Una palestra di allenamento al dono e al perdono » 205

Convivialità. Termometro dei rapporti familiari » 211

Quando il Signore bussa, apriamo la porta » 215

Mimmo Armiento, psicologo e psicoterapeuta, vive e lavora a Manfredonia (FG). Attivo anche come formatore e conferenziere, si occupa di psicologia positiva con un’impostazione personalistico-nuziale.

Con Paoline ha pubblicato: Ti penso positivo. #lafelicità è una scelta (2018) e 365 #osalagioia. Il social che non ti aspetti (2019). Tra le altre pubblicazioni: Lascerai tuo padre e tua madre (2006); Si può ancora dire Dio (2014) e Un sorriso prima di tutto. 101 idee per illuminare la nostra vita (2019).

Con la moglie Cinzia ha fondato l’associazione «Ingannevole come l’amore», che offre gratuitamente weekend esperienziali ed eventi formativi per giovani e per coppie di sposi.

€18,00

Il sorriso di una famiglia è capace di vincere la desertificazione delle nostre città. E questa è la vittoria dell’amore della famiglia. Nessuna ingegneria economica e politica è in grado di sostituire questo apporto. PaPa Francesco

ISBN 978-88-315-5508-1

226Y 201

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