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UN’ESISTENZA RIVOLUZIONATA DALLA BIBBIA

Poi è arrivato qualcos’altro, qualcosa che è cambiato e ha rivoluzionato la mia vita fino a oggi. Sono arrivato alla Bibbia per la prima volta [...]. Avevo predicato spesso, avevo visto molto della Chiesa, ne avevo parlato e scritto – eppure non ero ancora diventato un cristiano.

D. Bonhoeffer

Suscitano sempre un certo stupore queste parole che Dietrich Bonhoeffer scrisse confidenzialmente alla signora Bornkamm1 nel gennaio del 1936, ricordando « qualcosa che è cambiato » in lui a partire dal 1931.

Per chi ha avuto modo di conoscerlo, sia personalmente sia attraverso i suoi scritti, può risultare difficile credere che i suoi sermoni, l’impostazione teologica delle sue tesi, le sue conferenze, come pure le domande annotate nelle lettere e le scelte pastorali fatte prima del 1931, fossero frutto di uno che “non era ancora diventato cristiano”. Eppure, questa lettera conferma quello che, all’unanimità, viene riconosciuto a Bonhoeffer: l’inscindibilità fra lo sviluppo del suo pensiero e gli eventi della sua vita, al punto da poter parlare in lui di un’« esistenza teologica »2.

1 Vedi oltre, pp. 107-109. Elisabeth Bornkamm (1908-1995), nata Zinn, era un’amica d’infanzia di Bonhoeffer, con la quale mantenne sempre dei contatti (cfr. D. Reynolds, The Doubled Life of Dietrich Bonhoeffer: Women, Sexuality, and Nazi Germany, Cascade Books, Eugene [OR] 2016). A lei, oltre la lettera riportata in antologia, si deve la conoscenza di alcuni sermoni di Bonhoeffer del periodo londinese (cfr. DBW 13, passim) e di alcuni sermoni di Finkenwalde (cfr. ODB 10, 274-280) che egli le fece recapitare per uno scambio critico di idee.

2 Cfr. P. Grassi, Bonhoeffer: un’esistenza teologica, in Il Regno - Attualità 15 (1970) 56-57. Per un approfondimento cfr. PT, 9-10.

La lettera è scritta da Finkenwalde, dove egli si trovava come direttore del seminario per predicatori e responsabile della « Casa dei Fratelli » (Bruderhaus), nel pieno della Kirchenkampf 3 , in un tempo – come vedremo – in cui il suo rapporto con la parola di Dio era molto intenso sia nella preghiera personale sia nella prassi della comunità sia nella riflessione teologica concentrata proprio sulle questioni inerenti all’ermeneutica biblica. La frammentarietà della lettera non ci permette di contestualizzare ulteriormente il motivo che ha dato origine a tale confidenza, ma in un tempo così densamente caratterizzato dalla riflessione biblica ciò non sorprende.

Egli non nega di aver utilizzato la Bibbia nei suoi studi e nella sua predicazione e, come ebbe più volte modo di annotare, questo lavoro fu svolto con molto impegno, rigore e fatica.

La lettera però racconta di un cambiamento radicale nel suo rapporto con la Bibbia, un passaggio da una riflessione sulla Scrittura a un ascolto della parola di Dio che trova la sua naturale dimensione nella preghiera. Un cambiamento che sentono « anche le altre persone intorno »4 e che Eberhard Bethge descrive così: « Bonhoeffer frequentava ora regolarmente la chiesa [...], si sottopose ad un esercizio continuo di meditazione della Bibbia, chiaramente distinto dall’uso esegetico-omiletico della Scrittura. Nelle vacanze del 1932 i suoi studenti si meravigliarono molto di questo insolito esercizio e non mancarono le osservazioni ironiche [...]. La pietà di Bonhoeffer in qualche momento poteva diventare per i suoi studenti qualcosa di opprimente; faceva comunque impressione solo perché circondata da rigore teologico e da una vasta cultura »5.

3 Vedi oltre, nota 38 pp. 39-40.

4 Vedi oltre, p. 108.

5 DB, 202-203.

Sarà proprio questo intreccio fra un ascolto orante e obbediente alla parola di Dio e il rigore della riflessione teologica che gli permetterà di affrontare l’emergenza del 1933 e le sue tragiche conseguenze, non solo guidandolo e sostenendolo nel suo cammino di fede personale, ma anche nel più ampio contesto ecclesiale a cui si fa riferimento nella lettera, assumendo sempre più la responsabilità di una Chiesa chiamata a predicare una Parola vera e chiara durante il periodo nazista.

In questo lavoro si vogliono tracciare questi passaggi attraverso le parole dello stesso Bonhoeffer. Nel rispetto della sua esistenza teologica, la presentazione dei testi seguirà l’ordine cronologico della loro produzione non solo per meglio apprezzare l’itinerario di maturazione del suo pensiero, ma soprattutto per collocare i testi stessi nella cornice biografica del nostro Autore e coglierne maggiormente il peso specifico.

Due testimonianze del periodo barcellonese, in questo modo, permetteranno innanzitutto di comprendere il rapporto di Bonhoeffer con la Scrittura prima di “arrivare alla Bibbia” attraverso quella che può essere definita una riflessione sulla parola di Dio, nella quale non manca il supporto delle intuizioni teologiche dello studio propriamente accademico, la suggestione del dialogo che egli riesce a intrecciare fra Scrittura e il presente storico, la radicalità dell’appartenenza ecclesiale in una fedeltà alle tradizioni più genuine che diventa paradossalmente rivoluzionaria.

Si procederà, quindi, a ricercare le tracce del cambiamento nei testi prodotti nel periodo berlinese sia come pastore – i sermoni – sia come docente – le lezioni. In essi emergerà, supportata da profonde ragioni teologiche e cristologiche, l’obbedienza alla Parola come unica possibilità di un cammino autenticamente cristiano sia per i singoli sia per la Chiesa.

Questa maturazione offrirà la solida base sulla quale si costruirà la reazione di Bonhoeffer ai tragici eventi iniziati nel 1933. La parola di Dio si scoprirà all’interno di un circolo virtuoso il cui altro polo sarà occupato dalla Chiesa: è la Parola che fonda e discerne la vera Chiesa e a questa soltanto è affidata la responsabilità di predicare in modo autentico e con autorità la Parola.

Accanto a questa dimensione ecclesiale verrà, infine, riportata la dimensione personale di questo ascolto obbediente alla parola di Dio nella testimonianza concreta di Bonhoeffer non solo attraverso le indicazioni pratiche che egli forniva ai fratelli di cui era responsabile, ma anche attraverso le pagine del suo diario, che, quasi come una cronaca, mostrano il suo cammino di discernimento che lo ha portato a scegliere di vivere fino in fondo il suo “essere nella realtà”6, senza fuggirla. 6 Cfr. PT, 76-104.

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