Gli angeli attraverso la pittura
Impostazione grafica e impaginazione: Ivo Kaplun
Le citazioni bibliche sono tratte da La Sacra Bibbia nella versione ufficiale a cura della Conferenza Episcopale Italiana © 2008, Fondazione di Religione Santi Francesco d’Assisi e Caterina da Siena
Per i testi citati dal magistero della Chiesa e dai documenti dei pontefici © Libreria Editrice Vaticana - Dicastero per la Comunicazione, Città del Vaticano
In copertina: Alexandre-Louis Leloir, La lotta di Giacobbe con l’angelo, Musée d’Art Roger-Quilliot, Clermont-Ferrand, 1865 © 2022, Museo di Belle Arti, Clermont-Ferrand / Roger-Viollet / Alinari
PAOLINE Editoriale Libri
© FIGLIE DI SAN PAOLO, 2022
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ISBN 978-88-315-5528-9
Sommario
Introduzione 7
I. A te cantano gli angeli e tutte le potenze dei cieli 9
1. Chi sono gli angeli 10 2. Gli angeli nell’arte cristiana 14 3. La vittoria della Vittoria 20
II. Benedite il Signore, voi tutti suoi angeli 23
All’inizio della creazione 25 Hanno accolto degli angeli 29 L’hai fatto poco meno degli angeli 33 Hanno ridotto la terra a un deserto 37 Darà ordine ai suoi angeli di custodirti 41 L’angelo del Signore si accampa intorno a quanti lo temono 45 Al vincitore darò la corona 49 Vedrete il cielo aperto 53 Un angelo buono lo accompagnerà 57 Gli angeli vedono il volto di Dio 61 Nulla è impossibile a Dio 65 Io dormo, ma il mio cuore veglia 69 Una moltitudine dell’esercito celeste 73 Sotto le sue ali troverai rifugio 77 Sul tuo cammino splenderà la luce 81 Mirabile e celeste 85 Scaturiranno acque nel deserto 89 Il pianto degli angeli 93 È allora, o notte, che tu scendesti 97
L’alba del primo giorno 101
Due uomini in bianche vesti 105
La voce di una grande moltitudine 109 Salve, Regina 113
Una magnifica corona 117
Mandò il suo angelo a liberarmi 121
La luce del Vangelo 125 Cantano i cieli la gloria di Dio 129
Verrà nella gloria con tutti i suoi angeli 133
La gloria del Signore apparve nella nube 137
Il suo trono è nei cieli 141
Conclusione 144 Glossario 146
Referenze iconografiche 151
Introduzione
«
Ci sono più cose in cielo e in terra di quante ne possa sognare nella tua filosofia». Il celebre rimprovero che Amleto rivolge al suo amico Orazio è diventato quasi un proverbio, segno di una profonda sapienza capace di interpretare a largo raggio la realtà. In tal modo la mente umana non viene umiliata né ridimensionata, ma ricondotta alla sua dignità più alta: capire che il mondo è più grande di essa e perciò essa sarà costantemente invitata e stimolata alla ricerca, in una perenne apertura verso l’oltre.
Una riflessione sugli angeli, sulla loro esistenza e sulla loro attività si colloca precisamente in una sfera che va oltre : oltre la conoscenza basata sull’esperienza diretta, ma anche oltre il pregiudizio che solo nell’esperienza diretta ci sia possibilità di conoscenza.
Il mondo angelico non è oggetto di scienza, se per scienza intendiamo una conoscenza fondata sulla ripetibilità di esperimenti in laboratorio, come la chimica o la fisica; né è deducibile da certe premesse per via di logica sillogistica; né si può affrontare ricavandolo per induzione.
L’indagine sugli angeli appartiene, invece, a quel tipo di conoscenza che chiamiamo teologia
Si tratta di una forma di comprensione consequenziale alla volontà di conoscere una realtà in cui già si crede. È una ricerca che parte dall’interno di una fede. Non va dimenticato, del resto, che anche la teologia ha un aspetto scientifico, perché possiede un suo oggetto, un metodo di analisi, un collegamento logico, un sistema di verificabilità delle proprie affermazioni all’interno di un evento conoscibile, una sintesi parziale (come ogni scienza!) ma organica e comunicabile.
Dalla fede, dunque, e non dall’esperienza sensibile parte la nostra riflessione.
La fede, per sua natura, non consiste né in una pienezza di luce né in un abisso di oscurità. È possibile paragonarla alla penombra. Essa cioè ha in se stessa una tensione verso un’ulteriore chiarezza.
La fede è la risposta dell’uomo a una rivelazione di Dio: risposta che, proprio perché dell’uomo, comprende un aspetto di razionalità. La fede, quindi, tende a
uno sviluppo che coinvolge anche la dimensione razionale: il credente non cessa di essere un uomo, anzi vuole aderire al Dio che si rivela con tutte le componenti della propria esistenza, compresa la ragione.
Anselmo d’Aosta, un monaco del Medioevo, ha espresso in un modo molto efficace questo dinamismo fede-teologia:
Signore, io non pretendo di penetrare la tua profondità, perché come posso paragonare la mia intelligenza al tuo Mistero? Ma desidero in qualche modo comprendere la verità che credo e che il mio cuore ama. Non cerco di comprendere per credere, ma innanzitutto credo per sforzarmi poi di comprendere. Perché io credo una cosa: se non comincio col credere, non comprenderò mai1.
In definitiva, ogni credente è un «teologo », cioè uno che cerca di comprendere con la ragione ciò che ha già accolto in un atto di amore totale.
In una tale ottica si muove questo libro. Tentare di comprendere ciò che già si crede: la realtà degli angeli, rivelata definitivamente a noi nella vicenda di Gesù Cristo e costantemente affermata nella storia della comunità cristiana.
1 Anselmo d’Aosta, Proslogion 1.I.
A te cantano gli angeli e tutte le potenze dei cieli
1.Chi sono gli angeli
«
Ci sono più cose in cielo e in terra…», dicevamo. Tra queste «cose», se è lecito esprimerci in tal modo, senza dubbio possiamo annoverare gli angeli. Chi sono questi personaggi misteriosi e affascinanti, la cui esistenza accettiamo per fede?
La Bibbia, fonte principale della rivelazione ebraica e cristiana, ne parla diffusamente e li presenta come dei messaggeri soprannaturali, servitori di Dio e protettori degli uomini. La stessa parola angelo significa messo, corriere, inviato, portavoce, araldo e via dicendo: cioè, appunto, messaggero. Lo aveva ben intuito Isidoro di Siviglia, vissuto tra il 560 e il 636: «Gli angeli hanno questo nome (…) perché annunciano ai popoli la volontà del Signore. Il nome degli angeli, dunque, si riferisce al loro ufficio» 2 .
Questi celesti messaggeri, però, sono proposti anche in altre tradizioni religiose precedenti alla stesura della Bibbia. Ebbene, rispetto ad essi, le sacre pagine esprimono un comportamento complesso: da una parte criticano tali personaggi, dall’altra li accettano purificandone gli aspetti più problematici. Il motivo è chiaro. Israele è l’unico popolo monoteista dell’antichità; perciò teme che un’eccessiva devozione verso gli angeli, come pure verso i defunti, possa compromettere questa scelta rigorosa nei confronti dell’unico Dio. Ma, ovviamente, con un’adeguata consapevolezza è possibile e perfino necessario «recuperarli».
Sfogliando, dunque, i libri biblici, incontriamo diverse volte i personaggi angelici. Il primo particolare che balza all’attenzione è che in molte circostanze non si riesce a distinguere l’azione di Dio da quella dell’angelo. Due esempi classici sono la chiamata di Mosè dal roveto ardente (cfr. Es 3) e la vocazione di Gedeone (cfr. Gdc 6). Mosè stava pascolando le pecore quando «l’angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco dal mezzo di un roveto» e, nel successivo dialogo, si rivela la vera identità di colui che è apparso: «Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe» (Es 3,6). Lo stesso accade per Gedeone.
2 Isidoro di Siviglia, Etimologie o Origini I, V, 1-2.
Era intento a battere il grano nel momento in cui l’angelo del Signore gli apparve e, nel corso dell’incontro, gli rivelò di essere Dio stesso. Ancora una volta constatiamo che l’attribuzione di tali interventi divini agli angeli serve a garantire e proteggere l’unicità di Dio e la sua soprannaturalità, la sua alterità rispetto al mondo.
Ma la rivelazione biblica, nelle fasi successive, approfondisce l’identità dei messaggeri e non li considera più solo come figure retoriche, simulazioni, per non nominare il santo nome dell’Altissimo, bensì perviene al riconoscimento di una loro personalità individuale.
In questa ottica, gli angeli vengono presentati dai profeti come la corte che accompagna il Signore, analogamente a quanto avviene per i re della terra. Così, ad esempio, si esprime Osea: «Signore, Dio degli eserciti» (Os 12,6). Loro compito sarà la glorificazione del Signore, l’esecuzione dei suoi ordini, la militanza nella battaglia per il trionfo del bene. Questa idea di una corte a servizio di Dio riecheggia molto frequentemente nelle pagine bibliche, fino alla celebre promessa di Gesù: «Chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anche il Figlio dell’uomo lo riconoscerà davanti agli angeli di Dio», promessa drammatica, dal momento che è possibile anche il contrario: «Chi mi rinnegherà davanti agli uomini sarà rinnegato davanti agli angeli di Dio» (Lc 12,8-9).
Il dramma che attraversa la storia umana è stato in qualche modo già vissuto dagli stessi angeli. La Bibbia, insieme ad altre antiche leggende, accenna a un avvenimento misterioso, la cacciata degli angeli ribelli, qualcosa che accadde nella notte dei tempi, forse prima ancora che esistesse il tempo, un evento al di fuori della storia ma che avrà un’enorme ricaduta sulla storia: è l’irruzione
Benedite il Signore, voi tutti suoi angeli
La caduta degli angeli ribelli, Pieter Bruegel il Vecchio Bruxelles, Musées Royaux des Beaux-Arts de Belgique, 1562 (part.)
All’inizio della creazione
Gli angeli sono creature. Ma quando furono creati? La Bibbia ci aiuta, almeno in parte, a trovare una risposta. Una pagina del Libro di Giobbe può risultare illuminante. Dio mette alla prova Giobbe, che sperimenta la perdita dei propri beni, delle persone care e della salute. È l’uomo giusto che, sbalordito davanti al dolore, interroga l’Altissimo. E Dio gli risponde, invitandolo a una fede ancora più profonda, perché egli, il Creatore, è in grado di accompagnarci anche nella notte buia del male: «Quando ponevo le fondamenta della terra, tu dov’eri? (…) mentre gioivano in coro le stelle del mattino e acclamavano tutti i figli di Dio?» (Gb 38,4.7). Ecco: in questi «figli di Dio», che acclamano la gloria del Signore all’inizio della creazione, alcuni teologi hanno visto la prima definizione degli angeli.
Ma la Bibbia ci parla anche di altri angeli meno puri e servizievoli, ai quali vengono dati diversi nomi e che sono identificati in diversi simboli: il serpente, Satana, Lucifero, Beelzebul, il diavolo o i diavoli, demoni, Beliar… oppure il tentatore, l’avversario, il calunniatore, il seduttore, il drago, un essere che era «omicida fin da principio e non stava saldo nella verità» (Gv 8,44).
È come se, all’inizio di tutto, gli angeli fossero stati sottoposti a una prova di fedeltà, alla quale per superbia alcuni di essi risultarono egoisticamente insubordinati. L’Apocalisse, al capitolo 12, ci parla di un precipitare violento in seguito a uno scontro tra angeli fedeli e angeli ribelli.
1 • La luce in alto al centro
In alto, al centro, appare una luce solare. È la luce di Dio, è la luce che è Dio. E quella luce è luce d’amore: «Dio è luce e in lui non c’è tenebra alcuna. (…) Dio è amore» (1Gv 1,5; 4,8). Allontanarsi dall’amore divino significa precipitare nel gelo dell’egoismo e del fallimento. Anche il cerchio è un simbolo della divinità, perché, come l’Essere Assoluto, non ha né principio né fine.
2 • Angeli in alto a sinistra
In alto a sinistra, come nel pieno di una bufera, gli angeli sono impegnati in uno strenuo combattimento nel volteggiare di ali e di branchie animalesche. Il suono delle trombe si confonde con il fragore delle armi.
3 • San Michele
A guidare la schiera degli angeli fedeli al progetto di Dio è Michele, il principe delle milizie celesti. Nel quadro di Bruegel egli appare al centro, mentre abbatte la spada sul drago e impugna uno scudo con la croce: solo nella croce, sembra dirci il pittore, ci sarà la vittoria definitiva sul male.
4 • Figure mostruose
I colpi di luce che fendono l’aria fanno risaltare le sagome squamose dei demoni, ridotti a disperata caricatura.
Ed è questa la scena raffigurata da Pieter Bruegel il Vecchio. Il dipinto, del 1562, ha una straordinaria forza comunicativa. La violenza delle linee e dei colori, il contrasto tra la lucentezza della zona superiore e l’oscurità di quella inferiore, l’opposizione tra l’elegante movenza degli angeli e la mostruosa contorsione dei ribelli non potrebbero essere più accentuati. È specialmente la sensazione di un caos totale che viene comunicata, attraverso la composizione di un’atmosfera fuligginosa nella quale è impossibile distinguere tanti particolari, tra insetti e serpenti, mammiferi e molluschi, arbusti e piante. Gli spiriti superbi e infedeli, precipitando verso il basso, si trasformano in demoni orribili e animaleschi, quasi che la loro coscienza si fosse definitivamente ottenebrata.
È soprattutto l’arcangelo Michele, al centro dello spazio visivo, che, armato di spada e di corazza, lotta contro il drago infernale.
Bruegel si muove ancora alla luce di una mentalità tipicamente rinascimentale, per cui bellezza e bontà coincidono, come pure vizio e bruttezza. La spaventosa deformità dei demoni non è altro che lo specchio dell’abisso del loro degrado morale. Avrebbero potuto perseverare nella loro bellezza, come la farfalla che vola in primo piano. Hanno scelto il male.
La guerra tra il bene e il male, rappresentata da questo conflitto delle schiere angeliche, avviene all’origine della creazione.
Perciò coinvolgerà tutto l’universo.
La scala di Giacobbe, Ludovico Carracci Bologna, Pinacoteca Nazionale, 1598
Vedrete il cielo aperto
Una manifestazione notturna, nel sogno. Gli angeli, ancora una volta, appaiono come mediatori di cui Dio si serve per andare incontro agli esseri umani. Questa volta c’è una scala, elemento tipico delle ziggurat, i luoghi di culto dei Babilonesi, un popolo nemico degli Ebrei. E gli angeli salire e scendere da questa scala che unisce il cielo alla terra: questo vede Giacobbe in sogno. E Dio che, come già in altre circostanze, supera la mediazione degli angeli e parla direttamente con l’uomo. È il Dio dei padri, il Dio della vicinanza: «Ecco, io sono con te e ti proteggerò dovunque tu andrai» (Gen 28,15).
Dio discende tra noi e pone la sua abitazione in mezzo a noi. La scala di Giacobbe è la profezia dell’incarnazione del Figlio, quando la vera dimora della divinità si rivelerà essere l’umanità di Cristo: è lui il vero ponte, la possibilità di un incontro definitivo con Dio.
Verso la fine del Cinquecento nacque a Bologna l’Accademia del Naturale o del Disegno, con il proposito di sviluppare nell’arte la ricerca di una maggiore semplicità e naturalezza, in opposizione al manierismo intellettualistico e contorto. Un certo classicismo, recuperato al di là delle tensioni michelangiolesche, fu considerato la base di tale ricerca. È il clima del concilio di Trento (1545-1563), che invita gli artisti a realizzare opere in grado di comunicare un messaggio in modo efficace, essenziale, senza un eccessivo carico di simbolismi o estenuanti ricerche sul piano estetico.
1 • Angelo musicante
Spesso gli angeli sono raffigurati con strumenti musicali, simboli di quell’eterna armonia di cui essi sono segni e custodi. In questo contesto l’angelo sembra suonare una nenia, a indicare che il sonno di Giacobbe è sereno, non tormentato da dubbi e angosce, come invece un giorno sarà quello di Giuseppe, lo sposo della Vergine Maria.
2 • Giacobbe
Ben descritto nella sua anatomia e nella figura serpentinata della postura, il patriarca ha accanto a sé il bastone del cammino, segno della sua precarietà e instabilità. Dio sarà la sua roccia.
3 • Alberi con la luna
È notte. L’ora delle tenebre è propizia affinché sia chiaro il primato della grazia e dell’iniziativa di Dio. Proprio quando l’uomo è vinto dal sonno e dall’oscurità, la luce della divina proposta lo precede e lo raggiunge.
4 • Pietre
« Questa pietra, che io ho eretto come stele, sarà una casa di Dio » (Gen 28,22), dichiara Giacobbe al suo risveglio. «Santo è il tempio di Dio, che siete voi », dichiarerà il Nuovo Testamento (1Cor 3,17). Questo mucchio di pietre è il primo nucleo della costruzione di un tempio, simbolo della preghiera e dell’intero mistero cristiano che, nell’incarnazione, contempla l’abbassamento e la glorificazione del Figlio eterno di Dio.
La scala di Giacobbe di Ludovico Carracci è un limpido esempio di questa nuova sensibilità. Ludovico era il più anziano della famiglia dei Carracci: Annibale e Agostino proseguirono con intuito geniale le sue tracce. Nel dipinto, in basso a destra è Giacobbe, abbandonato a un sonno profondo, durante il quale egli vede gli angeli che salgono e scendono lungo i gradini di una scala. È un simbolo potentissimo della profonda unione tra cielo e terra: gli abitanti del mondo celeste non sono lontani da noi; anche grazie alla loro assistenza Dio si fa conoscere come il «Dio con noi».
Il pittore attribuisce un significativo rilievo anche al paesaggio. Non si tratta solo di esprimere una maestria in quel genere pittorico che andava sempre più affermandosi in quegli anni, ma anche di sottolineare l’importanza del luogo. Infatti, al suo risveglio, Giacobbe esclamerà: «Quanto è terribile questo luogo! Questa è proprio la casa di Dio, questa è la porta del cielo» (Gen 28,17). Ecco: questo luogo. La salvezza che Dio vuole realizzare è sempre qui e ora. Non in un tempo o in un luogo mitico, ma nella concretezza della quotidianità. « Questo è il giorno che ha fatto il Signore, rallegriamoci ed esultiamo» (Sal 118,24).
Le vesti degli angeli, vivacizzate dalla luce e dalla ricchezza dei colori, designano la vitalità del servizio che essi svolgono davanti a Dio per il bene di tutti.
L’irruzione di una luce improvvisa nel cuore della notte crea un’atmosfera surreale.
li angeli sono una presenza costante nella storia della salvezza, e lo sono anche nella storia dell’arte sacra. Come suggerisce l’etimologia della parola, essi sono «messaggeri» inviati da Dio per manifestare la sua volontà e per portare aiuto agli esseri umani.
In queste pagine, con il supporto di tavole a colori, vengono presentate trenta opere pittoriche in cui gli angeli sono ora protagonisti di primo piano, ora figure discrete. Dipinti celeberrimi di Giotto, Leonardo, Botticelli, Raffaello, Michelangelo, Caravaggio, Tiepolo, Tiziano sono affiancati da altri di artisti meno noti ma non meno significativi. Gusto estetico e sensibilità variano a seconda delle epoche, ma non cambia la fiducia che i credenti hanno sempre riposto in queste creature eteree, segno della provvidenziale vicinanza di Dio.
Un’opera chiave per ripercorrere la storia della salvezza attraverso gli angeli