Scintille dello Spirito
Dalla comunità alla comunione
DALLA COMUNITÀ ALLA COMUNIONE
Insieme sulla via della vita
Immagine di copertina: © Benjavisa Ruangvaree Art / Shutterstock
Per le citazioni tratte da La Sacra Bibbia nella versione ufficiale a cura della Conferenza Episcopale Italiana © 2008, Fondazione Santi Francesco d’Assisi e Caterina da Siena
Le citazioni bibliche presenti in questo volume sono tratte, oltre che dall’edizione CEI 2008, da altre versioni, in particolare da CEI 1974; in rari casi sono tradotte o riviste a cura dell’autrice.
Per i testi citati dal magistero della Chiesa e dai documenti dei pontefici © Libreria Editrice Vaticana - Dicastero per la comunicazione, Città del Vaticano
Si ringrazia l’Osservatore Romano per la gentile concessione dei contributi di Antonella Lumini originariamente pubblicati sul quotidiano il 18 marzo 2021 (Colui che aggiunge, qui riprodotto alle pp. 31-36 con titolo Il padre putativo) e il 6 agosto 2022 (Verso la luce dello Spirito, qui riprodotto alle pp. 39-41 con titolo Purificazione del l’eros), nonché sul mensile Donne Chiesa Mondo nell’edizione febbraio 2015, inserto Famiglia (Nell’intarsio dei legami, qui riprodotto alle pp. 203-211 con traslitterazione delle parole in ebraico adeguata a quella usata nel presente volume).
PAOLINE Editoriale Libri
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ISBN 978-88-315-5566-1
Lasciare agire lo Spirito Santo fra l’io e il tu, partecipare del mistero della Santissima Trinità.
Introduzione
Umanità al bivio
Il tempo che stiamo attraversando ci pone di fronte a un bivio. La pandemia ha senza dubbio contribuito ad accelerare il processo di disgregazione sociale già in atto. Come la pasta del pane che a volte non lega, oppure la crema che a volte impazzisce, ugualmente la società massificata e globalizzata è come giunta a un collasso, non lega più, non crea tessuto. C’è un’alterazione che colpisce le persone nel corpo, nell’anima, nello spirito. Le relazioni, il lavoro, il riposo, il sonno, i sensi, la mente, sono come oscurati da un gorgo che travolge. La massa non costituisce corpo, ma disgrega. Sviluppa egoismo, individualismo, competitività, snatura i rapporti, omologa, toglie valore all’unicità, quindi ai reali talenti e carismi. Intossicando l’anima, fa ammalare. Come quando in un fiume o nel mare viene sversato un veleno e i banchi di pesci muoiono. Dove l’humus è malato, la vita è in pericolo. La globalizzazione non crea corpo perché le condizioni che la determinano costituiscono un terreno non idoneo a far fiorire la vita. Certamente i
malati vanno curati, ma innanzitutto andrebbero rimosse le cause che generano malattia, e questo non è possibile se la prospettiva predominante rimane quella di osservare gli eventi a valle, non a monte. Quando lo squilibrio è in atto, prendono forza microrganismi, insetti, acari ecc. presenti nell’humus. E più le cause patogene sono occulte e subdole, più microbi, batteri, virus prendono campo. È chiaro che vanno combattuti quando diventano infestanti. Dobbiamo difenderci, ma se continuiamo a non volere vedere le cause, lo squilibrio continuerà ad accentuarsi perché aggressività e uso della forza non ristabiliscono ordine, ma scatenano conflitti e guerre come di fatto sta accadendo. La malattia che disgrega e contagia il mondo mettendolo a forte rischio si scatena dalla rabbia, dal rancore, dall’odio che, di generazione in generazione, forgiano catene di morte destinate a esplodere in efferati atti di violenza. Omicidi, attentati, stragi, conflitti scaturiscono dal peso che grava sul tempo. Accumuli di violenze, ingiustizie, sopraffazioni subite e agite e non elaborate, che covano nel sotterraneo della storia, pronte a tracimare.
Ed è appunto la guerra esplosa come d’un tratto che ora sgomenta, terrorizza, annienta con l’infinito senso di impotenza che induce e il suo fiume di dolore. Sullo sfondo lo spettro delle armi nucleari genera un occulto senso di terrore che in superficie si manifesta in costanti tensioni e inquietudini. Le varie teorie sul complottismo trovano sponda nel reale pericolo che la pandemia prima e la guerra in atto poi
hanno messo a nudo. Siamo travolti dall’andamento di un sistema sempre più complesso e ingestibile che sottomette e contagia. Difficile rimanere indenni o svincolarsi dalla costante tentazione che acceca le anime e le menti. Serve purificazione. Ma più avanza il pericolo, più si accelera l’opera dello Spirito Santo. Dove dominano conflitto, volgarità e menzogna, impera lo spirito di inganno, ma il bene, la bellezza, continuano a pervadere l’orizzonte attraverso la luce che si effonde dall’azione della grazia, che si fa più intensa dove più grande è il bisogno.
Tornando alla vita sociale, c’è da dire che se la massa è contagiata da un principio disgregatore, sarebbe auspicabile separarsi da essa, prendere le distanze dal corpo malato. Se in molti lo facessero, potrebbe formarsi un humus rigenerato tanto da diventare come il lievito dentro la pasta. Nella nostra società il principale elemento disgregatore è uno spirito malato, l’esasperarsi al massimo grado dell’individualismo, dell’egoità, dovuto a un crescente fenomeno di disumanizzazione: tendenza in atto da molti decenni nelle società occidentali e che, in ultimo, l’uso indiscriminato del digitale e dei social ha talmente accelerato da raggiungere quel culmine che la pandemia ha messo bene in luce e che forse proprio la guerra potrebbe mettere in discussione. Più l’individuo fa centro in se stesso, più si disumanizza e perde il contatto con la propria originaria natura. Più viene meno il centro che dà la tenuta, più il corpo sociale si disgrega. Dove ognuno gira per conto proprio, si creano quelle
fratture che piano piano impediscono al corpo di tenere, ugualmente a una casa piena di crepe che alla fine crolla. Anche la crisi delle democrazie alla quale stiamo assistendo possiamo intenderla come frutto di quella dissipazione che sta investendo gli stessi valori fondativi dell’Occidente. Il principio stesso di libertà, che richiederebbe assoluta fedeltà al bene comune, si traduce spesso in un libertarismo funzionale a uno sfrenato potere finanziario, a un’economia di mercato disposta a trarre profitto dai più loschi investimenti: «Da tutto, anche dal male, si deve trarre profitto» (Sap 15,12). Inoltre, dove ciò che più conta è il consenso, la democrazia si trasforma in populismo. Sfrenata corsa a compiacere, a fare false promesse, senza tenere conto delle reali risorse e senza alcuna lungimiranza. Tutto questo crea scollamento sociale, grande sfiducia nelle nuove generazioni e interpella fortemente le coscienze.
Oggi, come alle origini del cristianesimo, urgono scelte radicali. Nei primi secoli dopo Cristo, uomini e donne in ascolto si spingono verso i deserti dell’Egitto, della Siria, della Palestina. Attualmente l’estremo pericolo sta attivando un’opera spirituale che preme per riportare verso l’interiorità, verso la misura. Lo Spirito Santo ci spinge verso i deserti delle nostre metropoli per essere tentati, come Gesù dopo il battesimo. È proprio l’immersione nella luce dello Spirito Santo che mette a nudo i tentacoli dello spirito malato del mondo, che ci abita, ci invade, ci possiede.
Per spostare il mondo c’è solo da stare fermi, non da corrergli dietro. Questo è il rischio che deve mettere in guardia anche la Chiesa: correre dietro al mondo, adeguarsi per avere consenso. Invece il mondo deve essere lasciato libero di correre dove vuole perché è legittimato a farlo, ma fino a un certo punto, perché la fede lo consuma dall’interno con la presenza ferma della croce e della risurrezione, cioè attraverso l’assumere e l’offrire. Farsi trapassare, incassare senza rimettere in moto. Metabolizzare attraverso ringraziamento e offerta. Questi punti fermi costituiscono i gangli vivi attraverso cui il mondo viene sofferto, consumato, depotenziato, indebolito dall’interno, proprio nel nucleo del potere abusivo che gli dà la tenuta.
La Buona Novella annuncia la vittoria della vita sulla morte, la risurrezione si manifesta attraverso una vita rinnovata dallo Spirito Santo. La città celeste cresce all’interno della città terrena. Non combattere il male, ma far crescere il bene. Ugualmente non combattere il mondo, ma far crescere il Regno. Non fuggire il mondo, ma patire il mondo, non rimanere sottoposti ai suoi giochi, alle menzogne dello spirito che lo governa. Quindi non distacco, ma passione d’amore. Partecipazione intensa a quanto ci attraversa per incanalarlo nella corrente della luce che purifica e sana.
Solo un’opera spirituale può quindi rinnovare la faccia della terra. Questo non vuol dire espansione della Chiesa come istituzione, ma espansione universale dello Spirito di Cristo, del suo amore. La Nuova
Gerusalemme potrà realizzarsi solo quando il regno dell’amore abbraccerà l’intero contesto umano, trasformando interiormente l’umanità. Chiesa cattolica, cioè universale, non può pertanto significare un’organizzazione che si espande a dismisura facendo crescere insieme un costante senso di appartenenza identitaria, ma l’espandersi di realtà di comunione. È proprio il senso autoreferenziale che rallenta l’espansione, manifestandosi sempre più palesemente come ostacolo. È invece la centratura in Cristo che dà la tenuta e garantisce unità e universale espansione. Anche la visione della Chiesa in uscita è profetica in quanto introduce l’immagine della centratura. Chiesa in uscita richiede innanzitutto che la Chiesa esca da se stessa, dalle proprie rigidità e chiusure. Altrettanto profetica è l’immagine della Chiesa come cenacolo universale offerta da Elena Guerra (18351914)1. Fare della Chiesa la vera casa dell’adorazione perché, come nel cenacolo di Gerusalemme, si preghi incessantemente lo Spirito Santo affinché «venga a rinnovare la faccia della terra».
Un tempo nuovo è alle soglie, preme per preparare le condizioni che permettano all’umanità di trasformarsi concretamente in realtà di comunione. Il cammino sinodale dovrebbe pertanto stimolare la Chiesa ad assumere in maniera consapevole la ten-
1 Beatificata da Giovanni XXIII nel 1959 come apostola dello Spirito Santo, nella seconda metà del XIX secolo, a seguito di un’ispirazione interiore, opera assiduamente per riportare al centro dell’attenzione della vita cristiana lo Spirito Santo.
sione escatologica di cui è portatrice, volta a creare unità fra le diversità. L’éschaton verso cui tende la salvezza è proprio l’unità del molteplice, è la fioritura della pace dove la differenza crea conflitto. Implica l’intessersi di reali relazioni amorevoli all’interno degli ordinari luoghi comunitari del mondo, la famiglia, i quartieri, la scuola, i luoghi di lavoro ecc., ma anche degli ordini e delle famiglie religiose. È urgente mettere a fuoco e accettare di affrontare coscientemente, attraverso silenzio e meditazione, quelle dinamiche divisorie e conflittuali che ci rendono schiavi di una psiche oscura e sempre più patologica. Lo spirito del mondo attecchisce in ognuno di noi, separandoci dallo Spirito di Dio da cui proveniamo e al quale apparteniamo. L’evoluzione spirituale si realizza attraverso fasi di crescita a volte anche dolorose come quella che stiamo attraversando.
Silenzio attivo
Non ci possiamo aprire all’azione dello Spirito Santo se non ci fermiamo, se non ci poniamo in ascolto della voce interiore, facendo tacere il tumulto delle voci esteriori. Mettersi in ascolto attraverso la meditazione silenziosa aiuta a intraprendere un itinerario di silenzio attivo, a immergerci in quella meditazione/ preghiera dinamica che scava intimamente dentro oscurità e pesantezze. Il tema della comunione è particolarmente attuale, ma può essere affrontato solo
predisponendoci a questa passività fortemente attiva che permette allo Spirito di operare in noi. La comunione non si realizza attraverso le nostre forze, solo attraverso la buona volontà, ma per opera dello Spirito Santo. Il cenacolo universale prende corpo attraverso una nuova pentecoste, quello stato di nudità interiore che promuove ascolto, conversione dei cuori e spinge ad andare.
Il cenacolo è uno e universale dove ogni piccolo gruppo di credenti si ritrova nel nome di Gesù per invocare lo Spirito Santo, aprendosi alla sua luce e al suo amore, cellula viva di una realtà spirituale incarnata che veicola nel mondo. Ogni piccolo cenacolo non costituirà una comunità a sé stante. Rivolgendosi verso l’unico Spirito, non produrrà spirito di gruppo né tantomeno appartenenza identitaria, ma sarà frammento di quel cenacolo universale che partecipa del Regno, del corpo mistico di Cristo.
L’azione dello Spirito Santo tesse la relazione fra umano e divino, assimila nella dinamica trinitaria stessa, alla quale partecipiamo attraverso l’iniziazione battesimale e i sacramenti. Più si intesse una relazione intima con Dio, linea verticale, più l’amore prenderà a veicolare nella linea orizzontale, investendo le relazioni umane.
La dinamica trinitaria non passa attraverso il due, ma attraverso il tre. La relazione a due lascia divisione. L’unione è invece favorita dal tre, dalla corrente d’amore che emana dallo Spirito e veicola fra l’uno e il due. Questo movimento intrinseco al divino è ri-
svegliato nell’umanità dal Verbo incarnato e rivelato in particolare dal Quarto Vangelo. Naturale e soprannaturale partecipano di un unico equilibrio.
Attraverso il silenzio è possibile rivisitare le nostre relazioni dominate da ombre, aspettative, giudizio, conflitto, ponendo al centro lo Spirito Santo. Il silenzio richiede cedimento, abbandono. Dà vita a una passività fortemente attiva. Svuota, ma proprio svuotando fa affiorare quanto è trattenuto nel profondo, lo fa percepire, conoscere. Più ci svuotiamo, più sentiamo quello che generalmente ci sfugge e che abbiamo rimosso. La sosta silenziosa spesso diviene ascolto di un grande rumore interiore. Portiamo alla memoria proprio questo rumore, lasciamolo venir fuori.
Prima parte Dinamica trinitaria
I. Santissima Trinità, orizzonte della famiglia umana
Tracce della Santissima Trinità
nel Primo Testamento
Per affrontare il tema della comunione e della possibilità di sviluppare relazioni di amore all’interno del contesto umano e in particolare nella Chiesa, diviene essenziale mettere a fuoco il movimento intrinseco alla Santissima Trinità. Il senso profondo della dinamica trinitaria può essere acquisito solo attraverso una via esperienziale, sapienziale, partecipandolo, lasciandoci intimamente prendere dalla corrente di amore che ci ha generati, alla quale intimamente apparteniamo, ma della quale difficilmente abbiamo coscienza. Possiamo imparare a percepire il senso profondo della dinamica trinitaria come movimento intrinseco alla nostra stessa vita solo in quanto consideriamo la realtà naturale come riflesso della realtà soprannaturale che la trascende. È importante innanzitutto acquisire la visione di Dio come movimento d’amore. La Santissima Trinità abbraccia la creazione, quindi la storia, le nostre vite personali, è strettamente connessa alla concezione del Dio creatore. L’uni-
verso scaturisce da un unico principio che crea emanando amore, è quindi intrinsecamente attraversato dall’amore. Le creature vivono di questo amore, è loro immanente. Ci sono immerse come pesci nell’acqua, ma in maniera inconsapevole. L’essere umano, chiamato alla consapevolezza, comincia a percepire l’ordine a cui appartiene come trascendente, non riesce a percepirlo come connaturato. Ha bisogno di un lungo cammino che lo conduca verso la pienezza. Compimento che si realizza in Gesù.
Nel Primo Testamento possiamo già individuare in filigrana tracce della Santissima Trinità. L’affermarsi del monoteismo, quindi della visione del Dio creatore, esprime uno stato in cui la coscienza acquisisce l’idea di un cosmo ordinato, governato da un unico principio. Ogni creatura deriva dall’unica sorgente di vita. Il processo d’individuazione che però contraddistingue l’essere umano, lo conduce a percepirsi come parte di un tutto ordinato. L’io non è fine a se stesso, ma strumento necessario al processo di evoluzione spirituale. Nel racconto della creazione che apre la Genesi possiamo già intravedere in controluce una rappresentazione della dinamica trinitaria.
«In principio Dio creò il cielo e la terra» (Gen 1,1) afferma la realtà di un principio, di una sorgente, da cui la creazione scaturisce. Non allude a un inizio temporale. Possiamo invece vederci un’allusione al Padre.
«Lo Spirito di Dio volteggiava sulle acque» (Gen 1,2) dà raffigurazione all’irradiazione luminosa che
emana dalla sorgente per attualizzarsi nella creazione, al vortice della sostanza creatrice da cui tutto prende forma. È lo Spirito di Dio, lo Spirito Santo.
«Dio disse» (Gen 1,3ss.) attesta che la Parola, il Verbo, è il mezzo attraverso cui l’insondabile mistero si fa conoscere, attraverso cui l’invisibile diviene visibile. La Parola, il Verbo, scaturisce dall’impulso generatore, è il Generato, è il Figlio.
Dall’origine oscura emana lo Spirito come vortice di luce. Dalla Parola, dal Verbo, dal Figlio prende vita la creazione: «Tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste» (Gv 1,3). Dall’impulso generatore scaturisce ed emana la sostanza, da cui la Parola prende forma e vita. La Parola è il dire/fare che crea.
Nominazione di Dio come Padre
Il mistero della Santissima Trinità richiese una lunga elaborazione teologica che approdò alla formulazione delle tre Persone divine – Padre, Figlio e Spirito Santo – così come le conosciamo e che, naturalmente, trova i suoi presupposti nel Vangelo.
La nominazione di Dio come Padre fatta da Gesù costituisce una grande rivoluzione, in quanto comporta l’acquisizione, per la coscienza, della figliolanza divina, il riconoscimento di un’appartenenza sostanziale della natura umana alla natura divina.
I Giudei cercavano ancor più di ucciderlo: perché non soltanto violava il sabato, ma chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio (Gv 5,18).
«Vi ho fatto vedere molte opere buone da parte del Padre: per quale di esse volete lapidarmi? ». Gli risposero i Giudei: «Non ti lapidiamo per un’opera buona, ma per una bestemmia: perché tu che sei uomo ti fai Dio» (Gv 10,31-33).
Se il Dio del Primo Testamento è il Totalmente Altro, innominabile, trascendente, distante, chiamare Dio «Padre» provoca un immenso ribaltamento, richiede di vivere, attraverso la propria umanità, un’esperienza interiore che lo renda sempre più familiare. Richiede di assumere questa straordinaria prospettiva come dimensione ordinaria e allo stesso tempo impone di storicizzarla.
Nelle culture antiche, in particolare nella tradizione ebraica, è centrale il valore della genealogia intesa come corrente ininterrotta attraverso cui, generazione dopo generazione, è trasmessa la vita, è cioè ricevuta e fedelmente consegnata. Per questo la sterilità è vissuta come la più grande sciagura. Le genealogie bibliche sono tutte al maschile, indicano la trasmissione della vita secondo la linea patriarcale, cioè di padre in figlio. Le donne non sono quasi mai ricordate. La nominazione che Gesù fa di Dio come Padre si inserisce all’interno di questo contesto. In se stessa è una vera e propria rivoluzione non solo perché rende familiare il Dio altissimo, ma anche perché
mette al centro il fatto che la vita umana è generata da Dio, discende dall’azione generatrice di Dio sempre in atto. In qualche modo va a minare il potere patriarcale. La vita è un immenso mistero che si svela attraverso la nostra vita incarnata più la sperimentiamo e la amiamo, perché è sacra, è naturale e sovrannaturale allo stesso tempo.
Figliolanza divina
Nei Vangeli troviamo spesso l’espressione «Figlio dell’uomo», ben adàm, per indicare l’essere umano1. È importante precisare che il termine «figlio» assume nella lingua ebraica il significato forte di un’appartenenza sostanziale. Per esempio il giusto è figlio della giustizia. «Figlio dell’uomo» sottolinea l’assoluta appartenenza di Gesù alla natura umana, afferma che Gesù è un essere umano a tutti gli effetti. Allo stesso tempo, l’espressione «Figlio di Dio»2 ne sottolinea l’assoluta appartenenza alla natura divina: «Se sei Figlio di Dio, di’ che questi sassi diventino pane» (Mt 4,3). I Vangeli affermano in maniera categorica che Gesù appartiene contemporaneamente alla natura umana e alla natura divina. La divina umanità di Gesù
1 Cfr. A. Lumini, Spirito Santo. Divina maternità, amore in atto, Paoline, Milano 2019, pp. 104-108
2 L’espressione «figlio di Dio», riferita al giusto, la troviamo presente anche nel Primo Testamento. Nel Libro della Sapienza si dice che il giusto «si dichiara figlio del Signore»; «si vanta di avere Dio per padre»; «se il giusto è figlio di Dio, egli l’assisterà» (Sap 2,13.16.18).
è dunque il compimento di ogni attesa profetica, di ogni pienezza umana. Il Verbo incarnato, una volta rivelatosi, diviene il punto di attrazione di tutta l’umanità. È pertanto necessario mettere bene in evidenza come la nominazione che Gesù fa di se stesso come Figlio di Dio assuma valenza per l’intero genere umano. Tutta la storia, prima e dopo Cristo, tende verso questo compimento, però quella che segue ne accelera i tempi. La liturgia aiuta a mantenere viva la memoria di questo evento, ogni anno ci interpella, ci chiede se il Figlio di Dio è nato nel nostro cuore. Se si risveglia uno sguardo che suscita commozione, compassione, meraviglia, se qualcosa, misteriosamente, si dischiude nel profondo. Come questo avvenga è raramente comprensibile, ma certamente richiede una lunga gestazione che porti a maturazione le giuste condizioni affinché questo miracolo continuamente si realizzi. L’incarnazione ha richiesto millenni per compiersi, ma una volta entrata nel tempo, è divenuta patrimonio depositato nel profondo della natura umana, potenzialità pronta a germinare non appena trovi disponibilità.
Vincoli di sangue
La coscienza della figliolanza divina che Gesù vive e rivela introduce, all’interno delle relazioni umane, una nuova prospettiva che tende a purificare e dilatare i vincoli di sangue. Se ogni essere umano che viene
al mondo è figlio di Dio, è degno di essere accolto, di avere un padre e una madre al di là di ogni legame biologico. È noto, per esempio, come sia stata proprio la civiltà cristiana ad aver dato vita ai primi orfanotrofi, ad aver stabilito il principio della salvaguardia della vita e a essersi fatta carico dell’infanzia abbandonata. La vita va amata, rispettata, protetta come mistero sacro che accomuna e rende tutti fratelli e sorelle. Tale prospettiva porta nuova luce sul significato straordinario della Sacra Famiglia, che non può limitarsi a costituire l’icona di un modello troppo elevato e impossibile da imitare, bensì incarna la forza dinamica di un compimento che attrae verso di sé l’intera famiglia umana e agisce nelle relazioni. Forza dinamica di profonda conversione che investe i rapporti più stretti a partire dai vincoli di sangue e crea le condizioni necessarie a far crescere figli e figlie di Dio. Lo Spirito Santo agisce nel piano psichico, permettendo, a coloro che si aprono, di incarnare nella loro vita la volontà divina. Come afferma esplicitamente il Vangelo:
«Chi è mia madre, e chi sono i miei fratelli? ». Poi, tendendo la mano verso i suoi discepoli, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chiunque fa la volontà del Padre mio, che è nei cieli, egli è per me fratello e sorella e madre» (Mt 12,48-50).
Si può intravedere in questo passo, particolarmente noto, la reale tensione escatologica che investe la famiglia umana per aiutarla a purificare i vincoli di sangue, ad aprirsi all’amore che discende da Dio. Co -
loro che non pongono ostacoli alla volontà divina e la incarnano, partecipano della vita stessa della Santissima Trinità, di una modalità di relazione in cui la diversità delle persone non minaccia l’unità del corpo. Solo l’amore divino, l’amore puro, genera questa dinamicità. Il cammino verso la salvezza implica pertanto un processo continuo di purificazione e santificazione. Mettere in luce la stretta correlazione fra Santissima Trinità e Sacra Famiglia permette di intravedere nella seconda la realtà incarnata della prima. Essenziale la figura di Giuseppe, padre putativo di Gesù, il cui senso, del tutto inedito, sta proprio nell’incarnare un nuovo modello di paternità. Giuseppe accetta di essere padre di nome e di fatto, al di là dei vincoli di sangue, sollecita a riconoscere che il vero padre di tutti è Dio, unico datore di vita. Mette in evidenza la possibilità di una paternità capace di farsi carico di ogni bambino che viene alla luce in quanto generato da Dio e quindi degno di essere allevato e amato. Prospettiva rivoluzionaria che richiede un’immensa dilatazione della mente e del cuore in quanto spodesta il maschile del diritto patriarcale di proprietà sulle persone, diritto atavico, ancestrale, sulla morte e sulla vita, ma ancora molto attivo nella psiche e difficilissimo da estirpare. Ugualmente l’immagine della vergine madre è un messaggio altrettanto forte e rivoluzionario in quanto richiede un femminile liberato da attaccamenti possessivi, psichici e materiali, che opprimono e soffocano le potenzialità necessarie a far crescere figli e figlie di Dio. L’annun-
ciazione è un messaggio per ogni donna, ma può essere accolto solo nella purezza di cuore. I vincoli di sangue, proprio per la loro intensità e forza, costituiscono la scuola per eccellenza all’interno della quale cresce e matura l’amore. Le relazioni familiari ci permettono di vivere le esperienze più intense dell’affettività, maturano il piano psichico, fanno emergere le potenzialità. Allo stesso tempo divengono terreno fertile delle più violente forme di potere e oppressione. Alla luce evangelica, proprio quanto si sperimenta attraverso i legami familiari diviene materia di purificazione e insieme di espansione dell’amore. Il senso della fratellanza scaturisce dal considerare ogni essere umano come figlio o figlia generati da Dio, comporta la partecipazione alla vita del nostro prossimo, implica un amore sempre più libero e dilatato.
Meditazione
Catene dei destini
«Se uno viene a me e non odia il padre e la madre, e la moglie e i figli, e i fratelli e le sorelle, ed anche se stesso, non può essere mio discepolo. Chi non prende la sua croce e mi segue, non può essere mio discepolo» (Lc 14,25-27).
Odiare il padre e la madre e la moglie e i figli e i fratelli e la propria vita vuol dire comprendere che la croce riguarda proprio questi legami, che devono essere purificati. La croce
richiede il risveglio che aiuti a vedere come ciò che lega, in realtà, molte volte annienta, separa.
I rapporti servili, che vincolano e opprimono devono essere trasformati in rapporti di amicizia e di amore. Il legame di sangue è spesso radicato in una coscienza ancestrale basata sulla proprietà dell’altro, sul dominio, sul possesso, sul bisogno di trovare nell’altro garanzie e sicurezze, sulla pretesa di soddisfare ogni bisogno affettivo e materiale.
Questi legami creano le catene delle stirpi malate che si tramandano di generazione in generazione attraverso il tempo e costituiscono il portato della storia, la cui tendenza è quella di ripetersi su se stessa in un gioco cieco e irrazionale di oppressione e potere.
Odiare il padre e la madre significa avere in odio questa eredità. Avere in odio che questa eredità continui a tramandarsi nel tempo. Odiare la propria vita significa accettare di misurarsi con questo dolore lacerante, con la verità dell’inganno che domina in profondità le coscienze. Solo l’accettazione dell’odio come componente dell’amore rompe i legami di odio. Per accettare l’odio, prima è necessario aver conosciuto l’amore. Se non si è conosciuto l’amore, l’odio è troppo forte e doloroso e viene rinnegato seppure agito. È così che l’odio schiavizza e diviene ignoto padrone.
Relazioni internazionali, politica, economia, ma anche la quotidianità ordinaria delle nostre vite: tutto il nostro mondo sembra colpito da una malattia disgregante e travolgente annidata nel profondo dei cuori, che produce violenza, ingiustizie, disumanizzazione.
È il momento di operare una scelta radicale: far crescere il bene, far fiorire ovunque – nel mondo, nella Chiesa – relazioni amorevoli aprendoci all’azione dello Spirito che scava intimamente dentro oscurità e pesantezze e che, attraverso il silenzio, svuota, purifica, genera comunione, porta pace. Una via da percorrere insieme, anche come credenti.
AntonellA lumini vive in ambito cattolico un percorso di silenzio e solitudine ispirato alla pustinia, vocazione al silenzio della tradizione ortodossa. Guida gruppi di meditazione ed è autrice di articoli e libri di ricerca spirituale. Ha pubblicato: Memoria profonda e risveglio (2008); Dio è Madre. L’altra faccia dell’amore (2016); Libro degli arcangeli (2021). Insieme a Paolo
Rodari, La custode del silenzio (2016). Con Paoline: Spirito Santo. Divina Maternità, amore in atto (2019); Monachesimo interiorizzato (2021).
ISBN 978-88-315-5566-1