Il cammino del desiderio - Estratto

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Se davanti ai Vangeli sinottici siamo chiamati a deciderci nella sequela di Gesù, che essi ci aiutano a conoscere, le pagine del Vangelo di Giovanni ci invitano a prendere posizione all’interno di un grande processo che il mondo ha istruito e continua a istruire nei confronti di Cristo. Ci troviamo a un livello estremamente profondo che coinvolge parti di noi che vengono illuminate, fin dall’inizio, dalla luce dello Spirito.

Il cammino che il quarto Vangelo ci propone di compiere, per credere e avere vita in Gesù, parte dal desiderio, a volte semplice e confuso, che abita nel nostro cuore, per trasformarsi piano piano in una consegna di se stessi a Dio, nel quale tutto si compie e trova senso.

Spiritualità del quotidiano IL CAMMINO DEL DESIDERIO

IL CAMMINO DEL DESIDERIO

Commento spirituale al Vangelo di Giovanni

GAETANO PICCOLO

Le citazioni bibliche sono tratte da La Sacra Bibbia nella versione ufficiale a cura della Conferenza Episcopale Italiana © 2008, Fondazione Santi Francesco d’Assisi e Caterina da Siena

NULLA OSTA da parte dell’Ordine che si stampi il volume Il cammino del desiderio. Commento spirituale al Vangelo di Giovanni, di p. Gaetano Piccolo sj

PAOLINE Editoriale Libri

© FIGLIE DI SAN PAOLO, 2022 Via Francesco Albani, 21 - 20149 Milano www.paoline.it • www.paolinestore.it edlibri.mi@paoline.it Distribuzione: Diffusione San Paolo s.r.l. Piazza Soncino, 5 - 20092 Cinisello Balsamo (MI) ISBN 978-88-315-5462-6

A mia mamma

Un poco ancora e mi vedrete (Gv 16,16)

Riflettendo sulle parole dell’Apostolo che noi abbiamo appena ascoltato, secondo le quali l’uomo naturale non comprende le cose dello Spirito di Dio (1Cor 2,14), e pensando che in mezzo a questa grande assemblea della vostra Carità necessariamente non sono pochi quelli che ancora rimangono legati ad una mentalità carnale e tuttora incapaci di elevarsi all’intelligenza spirituale, provo un certo turbamento.

Come riuscirò a dire ciò che il Signore mi ispira, o come potrò spiegare, secondo le mie modeste capacità, il passo del Vangelo che è stato letto: In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio (Gv 1,1), dato che l’uomo naturale non può penetrarne il significato? E allora, o fratelli, resteremo in silenzio? A che serve leggere se si rimane in silenzio? Che giova a voi ascoltare, se io non spiego? Ma che giova spiegare se non è possibile capire?

Siccome, però, sono convinto che tra voi ci sono alcuni che non solo possono capire le mie spiegazioni, ma sono in grado d’intendere anche prima che io spieghi, non voglio privare della mia parola questi che sono in grado d’intendere, per il solo fatto che temo di parlare inutilmente per quelli che non riescono a capire.

Da parte sua la misericordia di Dio ci assisterà, in modo che tutti abbiano a sufficienza e ciascuno riceva secon-

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do la propria capacità; poiché anche chi parla dice quel che può. Chi è in grado di parlare in modo adeguato?

Oso dire, fratelli miei, che forse neppure lo stesso Giovanni ci è riuscito: parlò anch’egli come poté, perché era un uomo che parlava di Dio. Ispirato, certamente, però sempre uomo. Perché ispirato, riuscì a dire qualche cosa: se non fosse stato ispirato, non sarebbe riuscito a dire nulla. Ma, siccome, benché ispirato, era un uomo, non ci rivelò tutto il mistero: disse ciò che un uomo poteva dire.

Sant’Agostino, Commento al Vangelo di San Giovanni, Omelia 1,1

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Breve introduzione al Vangelo di Giovanni

Il contesto

«Di tutte le Scritture sacre – diceva Origene –i Vangeli sono le primizie e tra i Vangeli la primizia delle primizie è il Vangelo di Giovanni». Effettivamente, quando ci si accosta al quarto Vangelo, si percepisce una sorta di riverenza, come quando si sta davanti a qualcosa di particolarmente prezioso, di cui s’intuisce la profondità, riconoscendo nel contempo di non comprenderlo mai fino in fondo. Questa percezione ha accompagnato il Vangelo di Giovanni fin dai primi secoli, tant’è vero che Clemente Alessandrino, in un passo riportato da Eusebio, lo definisce un Vangelo spirituale.

Se davanti ai Vangeli sinottici siamo chiamati a deciderci nella sequela di Gesù, che essi ci aiutano a conoscere, qui siamo chiamati a prendere posizione all’interno di un grande processo che il mondo ha istruito e continua a istruire nei confronti di Cristo. Siamo chiamati a prendere posizione a un livello estremamente profondo che

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coinvolge parti di noi che vengono illuminate fin dall’inizio dalla luce dello Spirito. Lo scopo dei Vangeli è sempre quello di aiutare una comunità a conservare e difendere ciò che per essa è importante. Il quarto Vangelo si rivolge in modo specifico a coloro che già credono, affinché possano continuare a farlo. Non è quindi un Vangelo per principianti, che hanno bisogno di avvicinarsi per la prima volta alla figura di Gesù, non è un testo in altre parole da primo annuncio. Ciò è coerente anche con la sua datazione, collocata alla fine del I secolo d.C., ovvero tra l’80 e il 100. Probabilmente è un testo scritto a Efeso, capitale della Provincia d’Asia.

La datazione e il luogo di composizione rimandano ovviamente alla domanda su chi sia l’autore di questo Vangelo. Sappiamo infatti che benché non ci siano prove certe, una lunga tradizione ha identificato l’autore del quarto Vangelo con il discepolo Giovanni che si sarebbe trasferito e avrebbe vissuto proprio nella seconda metà del I secolo a Efeso.

La struttura

Per quanto siano state proposte diverse ipotesi di struttura del quarto Vangelo, è generalmente accolta l’idea di una divisione in due parti: il libro dei segni (capitoli dal secondo al dodicesimo) e il

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libro dell’ora o della gloria o del compimento dell’opera e del ritorno al Padre (capitoli dal tredicesimo al ventesimo). Queste due parti sono racchiuse dentro una cornice costituita all’inizio da un inno (Gv 1,1-18) e da una sorta di introduzione che presenta alcune giornate della vita di Gesù in cui egli incontra i primi discepoli; alla fine troviamo invece un epilogo nel ventunesimo capitolo, in particolare i versetti 24 e 25 dove leggiamo una difesa dell’autorità del discepolo che ha trasmesso il messaggio evangelico.

La prima parte del Vangelo racconta quindi sette segni: - l’acqua trasformata in vino a Cana (Gv 2,1-11);

- la guarigione del figlio del funzionario del re (Gv 4,46-54);

- la guarigione del paralitico di Bethesda (Gv 5, 1-9); -le folle sfamate nel deserto (Gv 6,1-15); - il cammino sul mare di Galilea (Gv 6,16-21); - la guarigione del cieco nato alla piscina di Siloe (Gv 9,1-41); - la risurrezione di Lazzaro a Betania (Gv 11,1-44).

Circa le altre possibili strutture del quarto Vangelo, alcuni hanno suggerito di tener conto delle feste che vengono citate nel racconto (tre volte la festa di Pasqua, la festa delle Capanne,

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quella della Dedicazione e una festa dei Giudei in Gv 5,1). Altri invece portano l’attenzione sui viaggi di Gesù: troviamo infatti tre suoi spostamenti verso la Galilea e quattro viaggi verso Gerusalemme. Lo scopo

Il verbo credere (pisteuein) è molto frequente nel Vangelo di Giovanni, lo troviamo novantotto volte! Nel ventesimo capitolo, Giovanni dice esplicitamente che lo scopo del suo racconto è la rivelazione di Gesù come il Cristo e il Figlio di Dio, al fine di suscitare la fede in lui per avere la vita nel suo nome.

Questa rivelazione viene inserita da Giovanni all’interno di un dramma storico, caratterizzato da una forte tensione tra la proposta racchiusa nell’opera di Gesù e la risposta degli uomini, alcuni dei quali accolgono questo invito, altri lo rifiutano. Il giudizio emerge proprio dal modo in cui gli uomini stessi prendono posizione davanti all’opera di Gesù e alla sua manifestazione.

Nel racconto del quarto Vangelo troviamo infatti diversi personaggi che assumono un carattere tipologico, cioè pur nella loro verità storica, diventano rappresentativi di una categoria ampia di persone, nella quale il lettore stesso può rivedersi: la Samaritana, il cieco nato, il discepolo amato...

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Lo stile

Lo stile del Vangelo di Giovanni, nonostante le apparenze, è molto semplice, tant’è per esempio che usa meno termini, quindi un vocabolario più povero, rispetto ai sinottici. Nonostante ciò, con un vocabolario meno ricco, Giovanni riesce a dire cose estremamente profonde.

La lingua greca usata da Giovanni è quella della koine, un greco cioè semplice e capito più o meno da tutti, un registro non letterario, ma popolare. È una lingua che risente anche dell’ambiente semitico in quanto contesto culturale in cui i fatti raccontati sono avvenuti.

La teologia

Nel Vangelo di Giovanni troviamo molti elementi che rimandano all’Antico Testamento, sono presenti infatti riferimenti alla rivelazione di Dio, alla creazione, all’esodo e all’alleanza. Molti episodi narrati da Giovanni si comprendono meglio proprio se collocati sullo sfondo degli eventi narrati nei libri della tradizione ebraica.

Giovanni è ben consapevole che la comprensione dei fatti della vita di Gesù non è stata automatica, non a caso ci vengono presentati dei segni che richiedono quindi di essere interpretati. I segni (semeia) non sono infatti miracoli, ma – come

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dice il termine stesso – si tratta di fatti che rimandano a qualcos’altro, qualcosa che è da cogliere oltre quello che vediamo.

La redazione

Leggendo il quarto Vangelo in maniera continua ci si accorge facilmente che ci troviamo talvolta davanti a incongruenze, aggiunte, anticipazioni. Ciò si spiega ipotizzando un lungo lavoro di redazione del testo. Probabilmente dietro questo lavoro c’è una comunità che riprende e sistema il materiale dell’autore.

Proprio perché il Vangelo di Giovanni si colloca in un tempo più lontano dagli eventi della vita di Gesù rispetto ai sinottici, possiamo pensare che l’autore stesso del quarto Vangelo sia cresciuto e abbia ripensato alle parole dette da Gesù, accogliendo anche quanto lo Spirito ha continuato a dire lungo la storia. Lungo gli anni è anche possibile che l’autore si sia spostato in vari luoghi, entrando in contatto con contesti culturali diversi.

Al di là di queste possibili fasi redazionali, noi prenderemo il testo così come ci è giunto.

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Premessa

Attraverso la meditazione continua del testo del Vangelo di Giovanni vorrei proporre una possibile chiave di lettura. L’itinerario che ci viene proposto dall’inizio alla fine del testo può essere riletto come il cammino a cui ogni discepolo è chiamato, quel cammino che va dal desiderio (che cercate? ) alla consegna di sé (un altro ti porterà dove tu non vuoi). In altre parole si potrebbe dire che il quarto Vangelo ci propone quasi un’educazione del desiderio!

Lungo questo itinerario incontreremo vari personaggi in cui rileggere le tappe della nostra vita. Sono figure in cui possiamo rivedere facilmente le dinamiche del nostro cuore: il desiderio di essere amati come la Samaritana, la sfiducia nella possibilità di guarire come il paralitico di Bethesda, il nostro essere malati e amati da Gesù come per Lazzaro, il nostro faticoso cammino per tornare a vedere come il cieco nato e così via.

Perché ognuno possa mettere in relazione ciò che legge con la propria vita, propongo alla fine di ogni meditazione uno spazio che, richiamando

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proprio l’incontro di Gesù con la Samaritana, ho voluto intitolare ora sesta, il momento cioè della luce e della rivelazione, quel momento in cui, conoscendo meglio Gesù, riusciamo anche a conoscere meglio noi stessi.

Entriamo allora con disponibilità in questo percorso, lasciandoci illuminare dalla luce di Cristo, quella luce che ci permette di fare verità e di scoprire la via da percorrere.

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UN NUOVO INIZIO È SEMPRE POSSIBILE

Gv 1,1-18

1In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio.

2Egli era, in principio, presso Dio:

3tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.

4In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini;

5la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta.

6Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni.

7Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui.

8Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce.

9Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo.

10Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto.

11Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto.

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12A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, 13i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati.

14E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità.

15Giovanni gli dà testimonianza e proclama: «Era di lui che io dissi: Colui che viene dopo di me è avanti a me, perché era prima di me».

16Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia.

17Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.

18Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato.

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Una nuova storia

Se è vero che spesso noi consideriamo gli altri come un libro già letto, Dio desidera invece scrivere con noi dei capitoli nuovi. Non solo davanti alla vita degli altri, ma anche ripensando alla nostra storia ci facciamo l’idea che in genere i giochi siano ormai fatti, che non ci sia più nulla da dire. Gli altri ci stanno davanti come film già visti, non ci aspettiamo niente di nuovo. E persino a noi stessi non diamo la possibilità di raccontare qualcosa di nuovo. Sulle vite degli altri mettiamo etichette ben visibili e superficiali, ma che ci aiutano a non dover ridiscutere il nostro modo di stare dentro quelle relazioni. Davanti alla nostra stessa vita restiamo invece schiacciati dal peso del passato: un romanzo già troppo lungo per pensare che la trama possa cambiare.

Ricominciare

Al contrario, Dio continua a proporci di ricominciare. L’inizio del Vangelo di Giovanni riprende infatti le parole del primo racconto della creazione: In principio Dio disse… In principio era il Verbo. In entrambi i casi c’è una parola che ricomincia la conversazione. Sappiamo bene che quando non ci diciamo più niente, quando piomba il silenzio, quando non abbiamo più il coraggio

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di farci sentire, vuol dire che la relazione non funziona più, che qualcosa si è spezzato. Dio ci propone di ricominciare a dialogare. Egli riprende l’iniziativa, ricomincia a parlare, ci chiede di fermarci un momento ad ascoltare.

Il peccato dell’uomo, dopo la creazione, aveva interrotto bruscamente quella conversazione. L’uomo non aveva dato peso alle parole di Dio. È un po’ quello che avviene quando ascoltiamo gli altri in modo distratto. Mentre ci parlano stiamo già pensando a quello che dobbiamo fare dopo. E allora la relazione si spezza. Per questo, oggi, Dio ci invita a ricominciare.

Ti parlo di me

La parola illumina la relazione, perché quando parliamo comunichiamo qualcosa di noi stessi. Proprio per questo è terribile non sentirsi ascoltati, è molto più di una distrazione: quando non ascoltiamo, stiamo dicendo che l’altro per noi non è importante. Quando non ascoltiamo la parola di Dio, stiamo altresì mostrando che la sua presenza nella nostra vita è irrilevante. Più di ogni altra parola, la parola di Dio è luce, perché è sempre un momento di rivelazione: Dio si racconta, si comunica, si rende presente nella nostra storia.

E la nostra storia è fatta anche di tenebre, è fatta di peccato e di dubbio, di dolore e cattiveria,

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ma è proprio lì che Dio vuole parlare, Dio vuole rischiarare il buio della vita per far emergere quello che c’è di buono. La sua Parola, proprio perché fa luce, ci permette di attraversare l’oscurità del nostro tempo. Eppure, dice il Prologo di Giovanni, proprio i suoi non hanno accolto questa luce. Proprio noi che conosciamo il Signore, proprio noi che sappiamo verso dove vuole condurci quella luce, facciamo finta di non ascoltarla. Come Adamo, vogliamo diventare padroni del giardino che Dio ha messo nelle nostre mani. La nostra autosufficienza è la tenebra nella quale ci perdiamo.

Luce che rivela

La luce si lascia portare nel mondo. Giovanni Battista è il primo che raccoglie quella torcia e la porta nel buio del suo contesto sociale e religioso. È il primo testimone. Da allora in poi, quella luce passa di mano in mano e chiede di essere portata nell’oscurità di ogni tempo. Portare quella luce implica un rischio: essa innanzitutto rivela colui che la porta. Avvicinandoci a quella luce e prendendola in mano per portarla agli altri, il nostro volto ne viene illuminato, siamo svelati a noi stessi e agli altri. Il testimone è colui che porta il Vangelo nel mondo, ma non è possibile annunciare Cristo senza che la nostra vita ne sia giudicata.

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Nuova evangelizzazione

La parola di Dio non può essere manipolata, perché essa ha preso un Volto. Non è mai la nostra parola, perché la Parola è una Persona. Colui che annunzia il Vangelo è chiamato a portare Cristo, non le sue idee su Cristo. Ritornare a evangelizzare, dare un volto nuovo all’evangelizzazione, vuol dire dunque riscoprire il volto di Cristo, ritornare a lui con tutto il cuore.

Il Verbo si è fatto carne: non abbiamo più solo la Parola, abbiamo colui che parla! La Parola ha preso una carne, ma proprio per questo si è resa fragile: la nostra carne è la condizione che ci rende vulnerabili. La carne è infatti ciò che ci rende deboli, il mezzo attraverso il quale sentiamo dolore. Dio si è incarnato, cioè ha scelto di sperimentare la nostra sofferenza, per essere un Dio solidale e non un’idea lontana.

L’ora sesta

• Qual è il tuo modo di comunicare?

• Ci sono delle relazioni nelle quali è necessario tornare a parlare?

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Conclusione

Troviamo quello che cerchiamo quando siamo disposti a consegnare il nostro desiderio nelle mani di Dio. Questo è l’itinerario che a mio avviso ci fa compiere il Vangelo di Giovanni. Cosa o chi cerchi? È la domanda che attraversa tutto il quarto Vangelo, dall’inizio alla fine. Gesù spinge le persone a rendersi conto di quello di cui mancano, ma è anche vero che questo desiderio trova compimento solo nel momento in cui viene consegnato. La consegna di sé è l’altra espressione decisiva che emerge soprattutto nella seconda parte di questo cammino: Gesù ci insegna a consegnarci nelle braccia del Padre. Lo stesso Pietro, alla fine, comprende che la sua sequela non è una questione di volontà, ma di consegna: lasciarsi guidare!

L’esito del Vangelo coincide con la scoperta del senso della vita: la disponibilità a lasciar andare è l’azione più vera che possiamo compiere. Tutto quello che ci sembra di possedere, in realtà non è nostro, non c’è nulla che possiamo trattenere. Tutto ci è stato donato e tutto va restituito. La vita è restituzione, consegna a Dio, appunto. Fin

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quando continueremo a cercare di possedere e di trattenere ripeteremo la dinamica del peccato di Adamo; nel momento in cui consegneremo, imiteremo il nuovo Adamo che consegna lo spirito. Rileggere e meditare il quarto Vangelo è allora un esercizio che ci fa entrare sempre più profondamente nel senso autentico della vita, fino a quando saremo pienamente consegnati nell’abbraccio tra il Figlio e il Padre, saremo cioè pienamente nello Spirito!

Vigilia della solennità di Pentecoste 4 giugno 2022

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Indice

Breve introduzione al Vangelo di Giovanni pag. 9

Premessa » 15

Un nuovo inizio è sempre possibile (Gv 1,1-18) » 17

Fingere di non vedere (Gv 1,19-34) » 23

Quello che conta è cercare (Gv 1,35-51) » 29

A volte manca l’ essenziale (Gv 2,1-12) » 34

I confini della relazione (Gv 2,13-22) » 41

I passaggi della vita (Gv 2,23 - 3,21) » 46

Mettersi al proprio posto (Gv 3,22-36) » 51

Il desiderio di essere amati (Gv 4,1-42) » 55

Oltre l’ apparenza (Gv 4,43-54) » 64

Il peso del passato (Gv 5,1-18) » 68

Svelati dalla vita (Gv 5,19-47) » 72

Momenti di incomprensione (Gv 6,1-71) » 77

Momenti di tensione (Gv 7,1-53) » 88

L’illusione di giudicare per non essere giudicati (Gv 8,1-11) » 96

Veniamo fuori per quello che siamo (Gv 8,12-59) » 102

Il coraggio di vedere come stanno le cose (Gv 9,1-41) pag. 109

Lo spazio della relazione (Gv 10,1-42) » 118

Malati sì, ma amati (Gv 11,1-57) » 124

Ama chi spreca (Gv 12,1-50) » 133

La concretezza dell’amore (Gv 13,1-38) » 141

Le parole che contano (Gv 14,1-14) » 148

Divisioni e conflitti (Gv 14,15-31) » 153

Il tempo della fuga (Gv 15,1-8) » 158

Amici, non servi (Gv 15,9-27) » 162

Il tempo della persecuzione (Gv 16,1-33) » 169

Il dolore diventa preghiera (Gv 17,1-26) » 175

Il tempo della decisione (Gv 18-19) » 181

Ricominciare a cercare (Gv 20,1-18) » 193

Chiusi per paura (Gv 20,19-31) » 199

Dal fallimento alla consegna di sé (Gv 21,1-25) » 205

Con clusione » 215

Gaetano Piccolo (Napoli, 1973) è gesuita e insegna Metafisica presso la Pontificia Università Gregoriana. Attraverso la sua personale esperienza ha sviluppato un approccio alla Bibbia che prova a far emergere le dinamiche umane mediante l’incontro con la Parola, affinché il cuore sia illuminato e guarito. Tra le sue pubblicazioni più recenti ricordiamo la trilogia sui Vangeli sinottici Leggersi dentro. Con Matteo (20207), con Marco (20205), con Luca (20193); Il profumo dello sposo (2018); Pensiero incompleto (2019); Testa o cuore. L’arte del discernimento (20205); Nascere di nuovo. Un itinerario di guarigione (2020).

Foto in copertina: © Lemi85 / Shutterstock

€16,00

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Ditutte le Scritture sacre i Vangeli sono le primizie e tra i Vangeli la primizia delle primizie è il Vangelo di Giovanni».

Origene

Il quarto Vangelo si rivolge a chi già crede, affinché continui a credere nelle prove della vita. «Leggete e vedrete!»

Leggere, come invito a entrare nella pienezza delle parole, dei gesti, degli incontri di Gesù. Vedere, ossia contemplare i segni che queste pagine offrono per credere nel Dio fatto carne e avere vita nel suo nome.

ISBN 978-88-315-5462-6

226Y 198

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