L’identità non è una cosa e nemmeno uno status, anzi assomiglia di più a un viaggio: è un’ancestrale chiamata all’interiorità per ritrovare una via che ci permetta di ricucire la dispersione di cui la vita soffre. Si tratta di qualcosa di ignoto, a volte poco chiaro, che ci sospinge e, allo stesso tempo, un’amorevole forza che ci attrae. Tracciare una mappa di questo viaggio non è cosa facile. La si scopre stando allo specchio, ascoltando la dolce Parola eterna e guardando la realtà. Per questo il libro è costellato di citazioni e ricordi di donne mistiche che nel tempo hanno provato a insegnarci questo cammino.
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Antonietta Potente
Il nome svelato Riflessioni sull’identità
Grafica di Ivo Kaplun Le citazioni bibliche sono tratte da La Sacra Bibbia nella versione ufficiale a cura della Conferenza Episcopale Italiana © 2008, Fondazione di Religione Santi Francesco d’Assisi e Caterina da Siena
PAOLINE Editoriale Libri © FIGLIE DI SAN PAOLO, 2022 Via Francesco Albani, 21 - 20149 Milano www.paoline.it • www.paolinestore.it edlibri.mi@paoline.it Distribuzione: Diffusione San Paolo s.r.l. Piazza Soncino, 5 - 20092 Cinisello Balsamo (MI)
Introduzione
Non posso e non voglio scrivere se non lo vedo con gli occhi della mia anima, lo odo con le orecchie del mio spirito immortale e non sento in tutte le membra del corpo la forza dello Spirito Santo. Matilde di Magdeburgo
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on sono sociologa né filosofa nel senso stretto del termine visto che amo la Sofia in quanto Sapienza eterna. Sono una donna che scruta il Mistero come fanno tante donne e uomini nel mondo e dai secoli dei secoli, quasi un’eternità. Per cui non affronterò questo tema carico di ambiguità filosofiche, sociologiche e anche teologiche, per dire che cos’è l’identità. Percepisco invece che si tratta di un’ancestrale
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chiamata all’intimità non per compiacersi in lei, ma per ritrovare una via che ci permetta di ricucire tutta quella dispersione di cui la vita soffre. Per questo il libro è costellato di citazioni e ricordi di donne mistiche che nel tempo hanno provato a insegnarci questa via di ricerca e ci hanno detto che è possibile trovare quell’armonia originaria in cui la vita di ciascuna, ciascuno è immersa nella vita più grande, la Vita del Prima del prima, che è vita in ogni creatura, respiro dolce, anche se a volte, nella sua discesa alle viscere più sensibili, lascia un amaro retrogusto. Si comprende allora la citazione di Matilde di Magdeburgo che ho posto all’inizio. Non esiste una identità per dire chi sono e distinguermi dagli altri. Esiste invece un sentire e sentirsi; esiste un’esperienza, anche quando questa si snoda tra presenza e assenza; vuoto e appagamento nell’incontro con se stesse, se stessi e, in modo totale, nell’incontro con il Mistero. Queste brevi riflessioni non porteranno a una definizione di identità, ma chi lo vorrà potrà ascol-
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tare quei moti silenziosi ma insistenti dell’interiorità. La lingua di questo libro è l’esperienza non solo mia, è l’esperienza di tutte e tutti coloro che ci hanno permesso di imparare dal loro sentire. È un invito al viaggio che ciascuno o ciascuna può intraprendere.
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« ... penso a te nelle veglie notturne» (Salmo 63,7)
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enso a te o penso a me? Il Mistero è così intimo che, in certi momenti, è difficile dire se penso a te o a me, o a questo universo umano e non umano, in cui il Mistero si muove come fa un pesce nell’oceano. « Più intima di quanto sia io a me stessa », canta uno degli adagi più famosi lasciati da Agostino: « interior intimo meo ». Ma il verbo del Salmo, almeno per come lo conosciamo nelle traduzioni italiane, cioè il verbo “pensare”, non mi sembra adatto per esprimere questa esperienza che si ha nelle veglie notturne. Esperienza che, per essere mistica, è allo stesso tempo umanissima; esperienza di chi passa le notti in veglia nel suo letto o sotto un cielo stellato in mezzo al ma-
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re. Penso a te o a me, al mio destino in alto mare, o su cammini impervi. Secondo me, il solo “pensiero” non può percepire questa unione così intensa. Alcune o alcuni esegeti dicono che il verbo di questo versetto va tradotto con: medito. Medito su di te. Se mi riferisco alla quiete di un monastero, certamente il verbo è più eloquente, ma dato che penso che un Salmo non si riferisce solo alla quiete di poche persone, allora “medito” non va bene. Impossibile meditare in notti di dolore, quando il corpo sa di non potersi più gestire da solo. Quando siamo in balia di una malattia, del mare o di un percorso tortuoso e sconosciuto per raggiungere ignote frontiere. Allora io, che non sono esegeta secondo il canone ufficiale, traduco questo versetto in un altro modo. “Sento te che sei me”, in questi strani percorsi esistenziali, trascinati da eventi più grandi di noi. Guerre, siccità, povertà assoluta, che turbano così tanto l’esistenza che l’unica cosa che resta è scappare, allontanarsi in fretta per non sentire più male. In questi momenti pensare è il verbo più astratto che ci
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sia, la mente da sola non ci riesce. Allora sì: sento te nelle veglie notturne. Sento te che sei me, che stranamente hai il mio stesso destino. La mente non regge, non ce la fa. È come se ogni certezza si sciogliesse; il vuoto viene occupato dal sentire: sento te. Posso solo sentire. Organi sottili che si impongono con la loro autorità, molto di più di quanto si possa imporre la ragione con le sue contundenti distinzioni e nitide conclusioni. Preferisco dunque seguire gli organi sottili, che normalmente mi portano molto al di là dello scibile. Preferisco il sentire che mi accomuna a milioni e milioni di esseri viventi, anche quelli più nascosti alla mia vista. Ricordo le parole di Emily Dickinson: Sentivo uno Squarciarsi nella Mente Come se il Cervello fosse spaccato Cercai di riconnetterlo Punto su Punto Ma non riuscii a farli combaciare Il pensiero alle spalle, mi sforzavo di unire Al pensiero di fronte
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Ma la Sequenza si sciolse senza Suono Come Gomitoli - su un Pavimento 1.
Sentivo uno Squarciarsi nella Mente; il sentire è più forte. La sua lingua è reale, non imbroglia nessuno. Ma cosa c’entra tutto questo con l’identità? Questa prima entrata nel tema spiega subito alla lettrice o al lettore che non voglio assolutamente parlare dell’identità come oggetto di analisi. Non mi interessano le astrazioni fatte su di lei; preferisco invece introdurmi in questo tema attraverso il sentire. Non voglio nemmeno approcciarmi al tema attraversando disquisizioni filosofiche, per lo meno di una certa filosofia, quella che si è dimenticata di essere amore alla Sapienza. Parlerò dunque di quel sentire che ci accompagna tutta la vita, non solo in momenti solenni ma anche nella più assoluta quotidianità. Parlerò del sentire perché l’identità è sottesa – più o meno dolcemente –, E. Dickinson (F867 - J937/992 (1864-1864/1865). In The Complete Poems of (Tutte le poesie di) Emily Dickinson: https:// www.emilydickinson.it 1
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nelle trame del sentire tra gioia e dolore, tipico ritmo e andirivieni quotidiano. Perché l’identità? Perché la grande questione del nostro andare nel mondo non sono solo i grandi temi che apparentemente sembrano essere gli unici ad affliggere l’umanità e tutta la biodiversità che ci circonda, come per esempio il sistema socioeconomico, il cambiamento climatico, la finanza mondiale. Non mi soffermerò su questo, ma su quel sentire che cresce con noi, che accompagna la nostra vita in tutte le sue più segrete estensioni e in tutte le sue tappe esistenziali, anche quelle più evidenti, e che, sicuramente, fluisce anche nei grandi problemi che riguardano la vita di milioni e milioni di persone e infiniti esseri viventi che brulicano sul nostro pianeta. La grande questione è che l’identità è il punto di partenza. Perché, in questi grandi problemi che affliggono l’umanità toccando e ferendo la storia quotidiana di interi popoli e il loro sentire collettivo, strisciano in modo sotterraneo e affilato le infinite questioni della vita in cui sussistono quel delirio e speranza di ogni
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soggetto, con la propria storia. Nel dramma della vita di una infinità di profughe e profughi che approdano o no, lungo le coste del Mediterraneo non c’è solo la storia di un popolo, ma quella di donne o di uomini, di giovani donne o di ragazzi; di anziane e di anziani, di bambine o di bambini. Quei racconti non sono solo drammatici racconti di un popolo, ma di soggetti che hanno ciascuna o ciascuno la propria storia e il proprio sentire. E, come direbbe Maria Zambrano, tutto ciò non ha bisogno di autorità alcuna, non si dogmatizza ed è così libero che può quasi sembrare “extraviado”, perso. L’identità è come un segreto. Scrivo dunque per onorare le differenze e non l’uniformità dell’uguale; l’omologazione che ogni cultura – dominante o no – in qualche modo vuole. Sono vani i nostri discorsi sull’interculturalità se non teniamo presente queste trame segrete dei popoli, delle loro culture e delle infinite esperienze che ciascuna o ciascuno porta con sé. Esperienze di una speranza ferita e addolorata; e il dolore è inspiegabile come ogni mistero. È il sentire
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che mi porta all’esperienza e l’esperienza mi porta a ciò che ho udito, visto, toccato (cfr. 1Gv 1,1-3), che solo in un secondo momento diviene alimento per il mio pensare. Quando leggo o ascolto sintesi su problematiche interculturali e religiose la mia esperienza mi fa percepire la povertà di alcuni discorsi sull’identità. Gli anni passati in un’altra cultura mi fanno percepire che sull’identità non fanno testo quegli universali che l’ideologia sa sempre utilizzare: giustizia, uguaglianza, libertà. L’esperienza mi fa diffidare di facili e sicure conclusioni e anche di soluzioni che, a volte, vengono sentenziate sulle problematiche dei popoli. Quei popoli astratti o definiti solo sotto la categoria di poveri, sottosviluppati, in via di sviluppo. Quei popoli definiti ancestrali e portatori di sapienza, nel mio sentire esperienziale sono volti ben differenti: sono donne, bambine e bambini; uomini, anziani eccetera. Ogni cultura ha dei debiti con l’identità così come ha dei debiti con le donne e con il loro sapere, ma anche con il mistero, il segreto, l’inimma-
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ginabile. Un certo tipo di antropologia che tenta di definire tutti e tutte sotto un unico criterio non dice la verità. Solo l’esperienza e il suo sentire ci danno la possibilità di tenere in conto le trame della vita di ciascuna e ciascuno e le proprie infinite differenze. Il termine identità viene dal latino “idem” che significa: “stessa cosa” e porta con sé l’eco del greco che indica l’uguaglianza di qualcosa o di qualcuno rispetto a se stesso. Questo è ciò che dicono i dizionari d’etimologia, ma cosa significa nella nostra vita? Ciò che troviamo nei dizionari è vero di una verità astratta, ma qual è il senso che percepiamo mentre la vita si estende e si dipana nell’esperienza che svela qualcosa, in solitudine o in compagnia, guardando un tramonto o leggendo un libro; nella gioia o nel dolore. Identità o soggetto, è un altro grande dibattito che non voglio nemmeno sfiorare perché voglio guardare dentro e dentro scopro il sentire; il sentire di infiniti esseri viventi, insieme a quello di donne e uomini sparsi nel nostro pianeta.
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Indice
Introduzione
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« … penso a te nelle veglie notturne » « Devi stare sola » Lo specchio Lo svelamento Il paradosso: uscire da sé Sentire e sapienza
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Conclusione
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Collana Ritrovare le radici
Testi agili e maneggevoli della teologa Antonietta Potente. Scritti per accompagnare il quotidiano di credenti e non credenti, che offrono la possibilità di meditare e comprendere la vita. 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9.
Ci sembrava di sognare... Tracce sulla preghiera dell’umanità Mangiare il libro... Tracce sulla sapienza Non calpestare l’ombra... Pensieri sul dualismo Cammini inediti... Dialogando sulla vita religiosa femminile La linfa delle parole sapienti... Dialogando sull’interculturalità Gesù di Nazaret. Il Poeta increato Il nocciolo e la scorza... La realtà e il suo senso Scrutare il Mistero. Riflettendo sulla Trinità Il nome svelato. Riflessioni sull’identità
ANTONIETTA POTENTE, teologa, docente e scrittrice, fa parte delle Suore Domenicane di San Tommaso d’Aquino. Dopo aver conseguito il dottorato in Teologia morale, ha insegnato a Roma, a Firenze e in alcune università della Bolivia, dove ha partecipato al processo di cambiamento socio-politico del Paese. La sua spiritualità ancorata al presente e il suo pensiero sempre in dialogo con la sapienza dei diversi popoli la pongono tra le teologhe più fertili e creative. Con Paoline ha pubblicato: È vita ed è religiosa (2015), Ci sembrava di sognare (2017), Mangiare il libro (2017), Non calpestare l’ombra (2017), Come il pesce che sta nel mare. La mistica luogo dell’incontro (2017), La linfa delle parole sapienti (2018), Cammini inediti (2019), Gesù di Nazaret (2019), Il nocciolo e la scorza (2020), Scrutare il mistero (2021).
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Non sono sociologa né filosofa, amo la Sofia in quanto Sapienza eterna. Sono una donna che scruta il Mistero. Esiste un sentire e sentirsi; esiste un’esperienza, anche quando questa si snoda tra presenza e assenza; nell’incontro con se stesse, nell’incontro con il Mistero. Antonietta Potente
ISBN 978-88-315-5458-9