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Un elefante al circo
Acasa ho trovato il nonno. Lui è la mia aria condizionata. E sa da solo quando accendersi. Mi rinfresca quando mi manca il respiro e mi riscalda quando il freddo si impossessa di me fino a ghiacciarmi il cuore. Meno male che c’è lui.
È il papà della mamma, ma sono completamente diversi.
È rimasto vedovo molto giovane, quando la mamma era piccola, e non si è più risposato. Mi parla sempre di mia nonna. Io mi chiamo Nina come lei. Mi racconta sempre di quanto lei avrebbe voluto una nipotina con il suo nome e infatti mi hanno chiamata così. A me non piace il mio nome e lui lo sa. Una volta gliel’ho detto e ci è rimasto male.
Adesso è in pensione, ma per tutta la vita ha suonato la tromba nella banda dell’esercito.
Avrebbe voluto fare il jazzista, ma si è accontentato perché dice che fare la vita del musicista con una bimba piccola era impossibile.
Quando la nonna morì, lui era militare di leva, che è una cosa che si doveva fare per forza, e accettò di restare nella banda dell’esercito: almeno avrebbe avuto un lavoro sicuro. Così andarono avanti.
La mamma è cresciuta da sola con il nonno, che è la bontà in persona, quindi non capirò mai come sia venuta su così permalosa e aggressiva.
La nonna è morta molto giovane per una malattia che non ho mai capito bene quale fosse, ma ha a che fare con i polmoni. La mamma dice che ormai non si muore più per quella malattia e che la nonna è stata una delle ultime vittime. La solita botta di fortuna.
Magari se non fosse stata orfana sarebbe cresciuta più docile.
La nonna faceva la maestra e a me sarebbe stata tanto utile.
Mia madre era una bambina tranquilla, ma quando se ne andò via la nonna cambiò completamente carattere e diventò scontrosa e impertinente, praticamente com’è adesso.
Poi si fidanzò, secondo me inspiegabilmente, con un ragazzo che le aveva promesso amore eterno, restò incinta e sono nata io. Dopo un po’ – mi disse il nonno – il mio papà era diventato un angelo.
E io questa cosa non la capivo perché pensavo che fosse stata una sua decisione e pensavo fosse colpa mia, perché magari non dormivo la notte e lo innervosivo. Poi ho capito e adesso non ce l’ho con lui.
La mamma all’inizio voleva abbandonare gli studi e trovarsi un lavoro qualunque, ma il nonno la convinse a continuarli e le promise che si sarebbe preso lui cura di me. In effetti fu di parola.
Nonostante il grande aiuto del nonno, la mamma si stressò da morire, ma si laureò e fece subito una brillante carriera da avvocato. Secondo me vince tutte le cause perché i giudici hanno paura di lei. E purché lasci l’aula in fretta, le danno sempre ragione. Per questo motivo ha un sacco di clienti ed è sempre in studio.
Mio nonno è fiero di lei e da questo punto di vista anch’io.
Se non avesse un carattere bello quanto un mal di denti, sarebbe la mamma perfetta.
È stato il nonno a darmi lezioni di pianoforte quando ero piccola.
Mi piaceva suonare il pianoforte e prima lo studiavo a scuola, ma mi prendevano in giro per le dita cicciottelle, quindi ho continuato a suonare con lui a casa. Non sono brava, ma quelle poche cose che so fare mi danno un po’ di felicità.
Il nonno dice che tutti ci meritiamo un po’ di felicità e quando arriva non dobbiamo vergognarcene. Lui ride spesso perché dice che ha pianto tanto e piangere non lo ha portato a niente, quindi, visto che le cose non cambiano, tanto vale ridere.
Ha inventato «i cinque minuti di comicità», che è un momento che noi due ci ricaviamo ogni giorno. In pratica abbiamo fatto una lista di tutti i video comici più belli che ci sono su internet e ne guardiamo uno al giorno, perché lui dice che bisogna ridere almeno una volta al giorno, anche se è successa una tragedia.
I nostri gusti non sempre coincidono, però seguendo il nonno ho imparato ad amare Charlie Chaplin, Stanlio e Ollio, Jerry Lewis, Franco e Ciccio, Totò, Alberto Sordi e tanti altri.
Quando non può venire a casa mia, mi manda un video del genere in chat, lo guardiamo e poi ci scambiamo la faccina che ride con le lacrime. Effettivamente, subito dopo, sto meglio.
Ogni tanto anche il nonno cerca di dirmi che devo dimagrire e che, se solo capissi quanto sono bella e quante cose potrei fare, riuscirei da sola a trovare la forza per farle.
Ma oggi, dopo la visita dal chirurgo, non avevo voglia di parlare con nessuno e mi sono chiusa nella mia stanza a piangere.
Da qui li sentivo parlare.
Il nonno non è d’accordo con la mamma che vuole autorizzare l’operazione chirurgica, perché dice che è pericolosa e che sono ancora una bambina. Ma la mamma dice che è necessaria perché non riesco mai a portare a termine una dieta.
Il nonno risponde che se solo avessi un po’ d’amore in più, troverei la forza per dimagrire; io invece penso che se solo avessi la forza per dimagrire, troverei un po’ d’amore in più.
Poi sento la mamma che gli fa leggere le analisi, dice che l’organismo è tutto sballato, che ho la pressione alta, la glicemia alle stelle e il fegato così pieno di grasso da non funzionare bene. Il nonno, non sapendo più che dire, tira fuori il solito argomento: la mamma è troppo assente.
A quel punto lei di solito urla. E puntualmente lo fa anche stavolta. Non sopporta quando il nonno le dà la colpa del mio malessere. Poi dice che io non ho bisogno di niente perché non mi manca niente. Sono come un elefante ingordo che sente solo le legnate; e quelle ci vorrebbero, per farmi dimagrire. E se non ce la faccio da sola servirebbe il macellaio per farmi a fette e dovrei pure essere contenta perché sarebbe per il mio bene. Il nonno a quel punto urla più di lei.
Io alzo il volume della radio perché non mi sentano piangere.
Ci manca solo che la mamma si accorga che un elefante piange, allora sì che mi