Spiritualità del quotidiano
PARADISO
GIANNI SANTOPIETRO
PARADISO Dal desiderio di felicità alla Gioia infinita
Le citazioni bibliche sono tratte da La Sacra Bibbia nella versione ufficiale a cura della Conferenza Episcopale Italiana © 2008, Fondazione di Religione Santi Francesco d’Assisi e Caterina da Siena Per i testi citati dal magistero della Chiesa e da documenti dei pontefici © Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano
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Mi hai chiamato, hai gridato, hai infranto la mia sordità. Mi hai abbagliato, mi hai folgorato e hai finalmente guarito la mia cecità. Hai alitato su di me il tuo profumo, io l’ho respirato, e ora anelo a te. Ti ho gustato e ora ho fame e sete di te. Mi hai toccato e ora ardo dal desiderio di conseguire la tua pace. (Agostino d’Ippona, Confessioni 10,27)
IL DESIDERIO UNIVERSALE DI FELICITÀ
O
gni nostra azione nasce dal desiderio d’essere felici e costituisce il motivo esplicito o implicito delle nostre scelte. Ma che cos’è la felicità? La prima risposta a questa domanda potrebbe essere quella di identificarla con la ricchezza, il divertimento... Tuttavia se esortassimo a riflettere attentamente prima di dare una risposta, la grande maggioranza manifesterebbe soprattutto quei desideri che scaturiscono dal profondo del cuore: vivere in armonia con gli altri, amare ed essere amato, avere degli amici con cui dialogare, confidarsi e condividere ideali, progetti, esperienze... Già nella culla il bambino che sorride esprime la gioia di sentirsi amato e quando piange manifesta non solo un bisogno di aiuto materiale, ma anche il desiderio di vicinanza e di tenerezza. Sarà così per tutta la vita. Anche nel cuore del pessimista più incallito permane una nostalgia incancellabile di amore autentico, e la sua rabbia in definitiva è il grido con cui manifesta l’esigenza di una vita più bella, più umana, fatta di amicizia vera e di comunione profonda. L’uo17
mo è infatti un essere di relazione e sperimenta la gioia di vivere nell’amore, donato e accolto. Di conseguenza la felicità non è un regalo della dea Fortuna, la dea bendata che sparge i suoi doni a caso. Si può essere fortunati nel vincere una grossa somma di denaro alla lotteria, ma non si compra col denaro la felicità. Col denaro si possono acquistare le cose, si può anche noleggiare un corpo quando è ridotto a un oggetto, ma non si può comprare l’amore. Coloro che rincorrono la felicità in maniera istintiva ed egoistica non la raggiungeranno mai. Non a caso la sapienza popolare paragona la felicità a una farfalla: se la inseguiamo è sempre al di là della nostra presa, ma se ci fermiamo a contemplare con amore le bellezze della natura, verrà a posarsi su di noi. Sin dall’antichità scienziati, filosofi, teologi, scrittori e poeti hanno scritto sulla felicità perché costituisce l’aspirazione principale dell’uomo 1. « Tutti aspirano alla felicità », scrive il filosofo e drammaturgo Lucio Anneo Seneca 2. « Non si trova un uomo che non voglia essere felice », constata Agostino d’Ippona, profondo conoscitore dell’animo umano 3. E il filosofo, Cfr. F. De Luise - G. Farinetti, Storia della felicità. Gli antichi e i moderni, Einaudi, Torino 2001; Tommaso d’Aquino, La felicità (a cura di U. Galeazzi), Bompiani, Milano 2010; G. Cucci, L’arte di vivere. Educare alla felicità, Àncora, Milano 2019. 2 Lucio Anneo Seneca, De vita beata 1,1. 3 Agostino d’Ippona, Discorsi 53,1,1. 1
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teologo, scienziato e mistico Blaise Pascal sottolinea: « Tutti gli uomini cercano di essere felici, senza eccezioni; e tutti tendono a questo fine, sebbene diversi siano i mezzi che usano ». « La volontà non fa mai il più piccolo passo se non in direzione di questo oggetto. Esso è il motivo di tutte le azioni di tutti gli uomini » 4. Il filosofo Epicuro rileva la differenza tra il piacere passeggero e il piacere stabile (la felicità), che è fondato su un forte senso di moderazione e richiede anche una certa ascesi. La virtù per Epicuro è un mezzo per realizzare l’atarassia (la quiete o assenza di turbamento) e l’aponia (assenza di dolore), che sarebbero i due elementi costitutivi della felicità. In particolare l’esercizio della prudenza e della temperanza è da ritenersi necessario per discernere e guidare i desideri, mentre la virtù della fortezza aiuta a sopportare serenamente le inevitabili sofferenze della vita e la giustizia dona sicurezza esterna e tranquillità all’anima. Inoltre Epicuro nella Lettera sulla felicità (o Lettera a Meneceo) afferma: Quando diciamo che il piacere è un bene, non ci riferiamo ai piaceri dei dissoluti che consistono in crapule, come credono alcuni che ignorano il nostro in4 B. Pascal, Pensieri, Ch. 370; Br. 425 (Numerazione: Chevalier e Brunschvicg). Cfr. A. Bausola (a cura di), Blaise Pascal, Pensieri, Bompiani, Milano 20063 (Testo francese a fronte. Introduzione, note e apparati di A. Bausola).
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segnamento o lo interpretano male; ma all’assenza di dolore nel corpo, all’assenza di perturbazione nell’anima. Poiché non banchetti e feste ininterrotte, né godersi fanciulli e donne, né il mangiare pesci e tutto il resto, che una lauta mensa può offrire, è fonte di vita felice; ma quel saggio ragionare che scruta a fondo le cause di ogni atto di scelta o di rifiuto, e che scaccia le false opinioni dalle quali nasce quel grande turbamento che s’impadronisce dell’anima. Di tutte queste cose il principio e il massimo bene è la saggezza (...) dalla quale provengono tutte le altre virtù. (...) Le virtù sono infatti connaturate alla vita felice, e questa è inseparabile da esse.
Più vicino a noi nel tempo il filosofo tedesco Immanuel Kant scrive che « la felicità è l’appagamento di tutte le nostre tendenze » ma, trattandosi del « desiderio di un essere razionale e finito », bisogna saper coniugare razionalità (virtù) e finitezza (limiti umani). Inoltre Kant pone a sostegno del suo argomentare i cosiddetti postulati della ragione pratica, cioè le verità che di fatto dobbiamo ammettere, ad esempio l’immortalità dell’anima e l’esistenza di Dio, autore e fondamento di tutto, per poter conseguire pienamente la felicità nell’altra vita. Il filosofo e teologo Antonio Rosmini si mostra critico nei confronti di Kant perché, fondando la prova dell’esistenza di Dio sulla ragione pratica, apre la strada al soggettivismo e all’ateismo, donde derivano le deformazioni del concetto di felicità. Nell’opera 20
Sulla felicità Rosmini rileva che l’uomo nella sua interezza aspira alla felicità perché Dio stesso gli ha posto nel cuore il desiderio di raggiungere in lui « la pienezza della felicità in anima e corpo, qualunque sia la sua condizione sociale ». Pierre Teilhard de Chardin, filosofo, teologo e scienziato, nel saggio Sulla felicità la descrive con l’immagine di una comitiva alpina, che ben presto si divide in tre gruppi nei quali vede riflessi gli atteggiamenti tipici dei nichilisti, dei narcisisti e dei creativi. – Il primo gruppo, i nichilisti, sono coloro che davanti alle prime difficoltà rimpiangono le comodità dell’albergo e decidono di tornare indietro. Essi rappresentano quelle persone che in nome di una visione realistica del mondo si chiudono in una esistenza priva di prospettive e senza speranza. Negano la possibilità di una meta ultima verso cui tutti noi siamo diretti e ritengono inutile cercare una risposta agli interrogativi fondamentali della vita. – Il secondo gruppo, i narcisisti, è formato da coloro che non hanno la volontà di rischiare fino in fondo. Davanti alle continue difficoltà del percorso preferiscono fermarsi. E così l’escursione alpina si conclude ben presto all’ombra degli alberi, sdraiati sul prato. Nella vita di queste persone tutto viene relativizzato agli interessi 21
immediati. Non c’è posto nel loro cuore per la fedeltà agli autentici valori e per l’impegno nel costruire insieme una società sempre più giusta. In costoro è dominante il sentimento di cogliere il piacere appena si presenta, senza sforzi e senza progetti impegnativi, senza legami etici e senza domande ultime. – Ci sono infine i veri alpinisti, i creativi. Animati dal desiderio di raggiungere la vetta, continuano a salire. Sono definiti da Teilhard « i cuori ardenti » perché in essi opera lo slancio verso il futuro. Sono desiderosi di vivere la loro esistenza in pienezza, di fare progetti e di realizzarli insieme. Non solo non si lasciano sedurre dalle tentazioni del nichilismo o del narcisismo, ma avanzando uniti dimostrano che insieme è possibile conquistare un traguardo difficile e nello stesso tempo attestano che l’esperienza della solidarietà è fonte di felicità. Puntando con ardore verso l’alto, anche quando ciò comporta sudore e fatica, sono felici di avanzare in cordata e di poter conquistare insieme la vetta. Questi alpinisti simboleggiano quelle persone che ogni giorno s’impegnano nella costruzione di un mondo migliore, sempre più unito e fraterno. Per essi la felicità non è un ritorno al passato e neppure una stasi nel presente, ma è un’estasi (ékstasis) o un lan22
ciarsi insieme al di là di se stessi, verso un futuro sempre più bello, protesi verso ciò che li trascende, quindi verso l’infinito. Madre Teresa di Calcutta alla luce della sua esperienza era solita ripetere: « Un cuore gioioso è il risultato di un cuore pieno di amore ». Ogni uomo ha bisogno di stima, di accoglienza, di amore, così come ha bisogno dell’aria e della luce per vivere. L’amore è come il sole, riscalda, dona luce, illumina di senso la vita. E se è vero che la bellezza della bontà salverà il mondo, esso sarà salvato da persone animate dall’amore, come testimoniano, ad esempio le varie associazioni di volontariato. Il numero di volontari in Italia supera i sei milioni di persone, giovani e adulti. Sul volontariato papa Francesco si è così espresso: Tra le realtà più preziose della Chiesa ci siete proprio voi che ogni giorno, spesso nel silenzio e nel nascondimento, date forma e visibilità alla misericordia. (...) La credibilità della Chiesa passa in maniera convincente anche attraverso il vostro servizio verso i bambini abbandonati, gli ammalati, i poveri senza cibo e lavoro, gli anziani, i senzatetto, i prigionieri, i profughi e gli immigrati, quanti sono colpiti dalle calamità naturali (...). Voi toccate la carne di Cristo con le vostre mani. Siate sempre pronti nella solidarietà, forti nella vicinanza, solerti nel suscitare la gioia e convincenti nella consolazione 5. 5
Francesco, Discorso per il Giubileo del Volontariato, 03/09/2016.
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Lo scrittore francese Georges Bernanos scrive che « il segreto della felicità è trovare la propria gioia nella gioia dell’altro ». E il filosofo e storico scozzese Adam Ferguson constata che quando una persona s’impegna per gli altri « il suo animo s’infiamma, si riempie di zelo e dimentica le preoccupazioni personali, che sono alla base delle penose ansie di paura, di gelosia e d’invidia. (...) Desiderando il bene altrui, scopre che la felicità degli altri è la fonte più generosa per la propria felicità; la sua esistenza, libera dall’egoi smo, dalla viltà e dall’avidità, diventa intrepida, audace, capace di qualsiasi impresa » 6. Le osservazioni di Ferguson trovano oggi conferma da parte di sociologi e psicologi. Ad esempio, lo psicologo Pasquale Ionata, dopo anni di pratica terapeutica, in cui ha avuto « la possibilità di avere a che fare con gente di tutti i mestieri e professioni, dal privilegiato al più povero », è giunto alla conclusione: « Solo coloro che hanno imparato il contributo sincero e disinteressato, la psicologia del dare, vivono la gioia più profonda della vita, la vera realizzazione » 7. Inoltre Xavier Thévenot, studioso di teologia morale, rileva: « Il termine “felicità” richiama la pienezza 6 A. Ferguson, in F. Alberoni, Valori, Rizzoli, Milano 1993, pp. 216-217. 7 P. Ionata, Buoni motivi per essere giusti, in Città Nuova 5 (2001) 34; cfr. G. Cucci, Altruismo e gratuità. I due polmoni della vita, Cittadella, Assisi (PG) 2015.
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e l’eternità », esprime « la fine definitiva delle scissioni, la riconciliazione fra ciò che si è e ciò che si vuol essere, il rasserenamento dell’inquietudine sul senso della vita » 8. Secondo l’antropologia biblica l’uomo, creato a immagine e somiglianza di Dio (cfr. Gen 1,26), è felice nella misura in cui attinge alla sorgente divina. Quando si allontana dalla « sorgente della salvezza » (Is 12,3), constata Bernardo di Chiaravalle, egli « sceglie d’essere indipendente da Dio, a costo però d’essere infelice, anziché felice accogliendo da lui la vita » 9. Solo nell’Amore divino la vita diventa piena di senso e ricca di frutti, secondo il significato del termine felice, derivante dal greco phýoˉ (produco, genero...) e dal latino foelix o felix (fecondo, fertile). Aver sete di felicità comporta dunque attingere alla fonte inesauribile della vita: « Come la cerva anela / ai corsi d’acqua, / così l’anima mia anela / a te, o Dio. / L’anima mia ha sete di Dio, / del Dio vivente: / quando verrò e vedrò / il volto di Dio? » (Sal 42,2-3). L’anelito alla sorgente divina è infatti la manifestazione di quel desiderio profondo, impresso da Dio stesso in ogni persona, di trascendersi, di aprirsi sempre più all’Amore infinito, avanzando fiducioso verso la gioia infinita del Paradiso. 8 9
X. Thévenot, Sofferenza, felicità, etica, LDC, Torino 1992, p. 48. Bernardo di Chiaravalle, I gradi dell’umiltà 10,36.
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Senza un traguardo ultraterreno abbiamo la sensazione di camminare verso l’assurdo. Lo riconosceva senza mezzi termini il giornalista Indro Montanelli, un uomo perennemente in ricerca della verità. Interpellato da un giovane lettore sulla visione cristiana della vita eterna, egli con la solita franchezza rispondeva che tale argomento è il vero « grande problema, di fronte al quale tutti gli altri – anche quelli che noi consideriamo gravi e drammatici – diventano risibili » e concludeva affermando che « una vita senza la fede nell’aldilà è una vita disperata ». È noto che Montanelli ha più volte confidato di aver cercato Dio e di non averlo trovato 10. Ma cercare Dio non significa in qualche modo averlo trovato? Affermare che l’esistenza senza la fede nella vita eterna è priva di senso non significa in qualche modo desiderarla? Il filosofo e sociologo Umberto Galimberti scrive: « La mentalità ebraico-cristiana annunciando una terra promessa e una patria ultima ha fatto della nostra anima, un’anima orientata a una meta che vive l’inquietudine dell’attesa e del tempo che la separa dalla meta. Non credano i laici di essere estranei a questo sentimento. Anche la loro anima è orientata escatologicamente. Negli obiettivi che si propongono, Cfr. F. Castelli, « Io non ho padroni »: Indro Montanelli, in La Civiltà Cattolica I (2002) 219-231; G. Mazzuca, Montanelli di fronte al mistero, in Corriere della sera, 01/04/2015, p. 10. 10
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nelle mete che si prefiggono c’è il lascito di questa tradizione » 11. Vi è però una differenza. I cristiani, avendo la certezza che Cristo risorto, vittorioso sul male e sulla morte, è presente in mezzo a loro e opera con loro, s’impegnano nel costruire un mondo nuovo, sempre più unito, nel quale « le tenebre stanno diradandosi e già appare la luce vera » (1Gv 2,8). Inoltre l’attesa della pienezza della luce nell’incontro finale con Dio li libera dalla tentazione di chiudersi in qualsiasi compimento terreno e li porta a testimoniare quella riserva critica della speranza, che spinge sempre oltre, verso la comunione perfetta nella « casa del Padre » secondo la parola di Gesù: « Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? » (Gv 14,1-2). San Giovanni della Croce, uno dei più affascinanti mistici (1542-1591), osserva che è fondamentale poter dare un senso al vivere quotidiano alla luce del fine ultimo dell’esistenza. Solo il traguardo finale della bea ta comunione universale ed eterna in Dio può dar senso alle singole tappe della vita, anche a quelle più drammatiche. Ciò spiega perché san Francesco d’Assisi considera « vero filosofo (= sapiente) colui che non U. Galimberti, Il trionfo del viandante, in Il Sole 24 Ore, 09/01/1994, p. 23. 11
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antepone nulla al desiderio della vita eterna » 12. E Alessandro Manzoni rileva: « La felicità non può essere realizzata fuorché in un presente il quale comprenda l’avvenire, in un momento senza fine, vale a dire l’eternità ». Al termine della Bibbia leggiamo: « Chi ha sete, venga; chi vuole, prenda gratuitamente l’acqua della vita » (Ap 22,17). Tuttavia non sono pochi coloro che scelgono di dissetarsi alle pozzanghere, pur potendo attingere « alla fonte dell’acqua della vita » (Ap 21,6), che si è rivelata in Gesù Cristo. Cercano una risposta alla sete di significato e di felicità rivolgendosi a pseudomaestri, a guru improvvisati, oppure a maghi e indovini, acquistando a caro prezzo ricette e pozioni, filtri e talismani 13. Nelle nostre città secolarizzate assistiamo al business della superstizione e della magia. L’arguto scrittore Italo Calvino l’aveva già previsto quando affermava: « Il territorio che il pensiero laico ha sottratto ai teologi è sul punto di cadere in mano ai negromanti ». È dunque urgente una « nuova evangelizzazione » e in particolare l’evangelizzazione del desiderio di Tommaso da Celano, Vita seconda 102, in FF (Fonti Francescane), Movimento Francescano, Assisi 1977, 689. 13 In Italia il 65% di coloro che si rivolgono ai maghi desidera conoscere il proprio futuro e il 35% chiede filtri d’amore, pozioni contro le malattie, talismani per avere fortuna negli affari. Il 36% degli italiani crede che le stelle esercitano qualche influsso sul carattere e sul nostro destino e il 42% legge l’oroscopo almeno una volta al mese. 12
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felicità. I vescovi italiani hanno dichiarato che « compito primario della Chiesa » è « testimoniare la gioia e la speranza originate dalla fede nel Signore Gesù Cristo, vivendo nella compagnia degli uomini, in piena solidarietà con loro, soprattutto con i più deboli ». Occorre « riscoprire, insieme a tutti gli uomini e le donne di buona volontà, i fili invisibili della vita, per cui nulla si perde nella storia e ogni cosa può essere riscattata e acquisire un senso ». Nella nostra cultura è offuscata « l’idea che la storia abbia una direzione » e « che sia incamminata verso una pienezza che va al di là di essa ». Inoltre i vescovi constatano che « tale eclissi si manifesta a volte negli stessi ambienti ecclesiali, se è vero che a fatica si trovano le parole per parlare delle realtà ultime e della vita eterna ». Il presente non è solo il « tempo del soddisfacimento dei bisogni », esso è anche il « luogo dell’attesa, del manifestarsi di desideri che ci precedono e ci conducono oltre, legandoci agli altri uomini e rendendoci tutti compagni nel meraviglioso e misterioso viaggio che è la vita » 14.
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CEI, Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, 29/06/2001,
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Indice
Introduzione Il desiderio universale di felicità Dio è un papà dal volto sorridente Dio è amore infinito Gesù stesso è la nostra gioia Con Gesù nelle mani del Padre La lieta fraternità in Cristo risorto Il dono dell’umorismo sapiente Il desiderio profondo di infinito Ardo dal desiderio della tua pace La nostra patria è il Paradiso L’amore non avrà mai fine Il Paradiso dei poeti e scrittori Niente noia in Paradiso Con lo Sposo nella gioia infinita
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