Dov'eri? Vivere non è solo un diritto - Estratto

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Scintille dello Spirito

Dov’eri?



Alessandro Deho’

Dov’eri? Vivere non è solo un diritto


Le citazioni bibliche sono tratte da La Sacra Bibbia nella versione ufficiale a cura della Conferenza Episcopale Italiana © 2008, Fondazione di Religione Santi Francesco d’Assisi e Caterina da Siena

PAOLINE Editoriale Libri © FIGLIE DI SAN PAOLO, 2021 Via Francesco Albani, 21 - 20149 Milano www.paoline.it • www.paolinestore.it edlibri.mi@paoline.it Distribuzione: Diffusione San Paolo s.r.l. Piazza Soncino, 5 - 20092 Cinisello Balsamo (MI)


Introduzione

Grazie a Genesi Ho sorriso quel giorno, quando durante l’ennesimo corpo a corpo con la parola « diritti », dopo averla ribaltata nel suo opposto, « doveri », ho trovato il coraggio di pugnalarla con la lama appuntita di un apostrofo. Lotta etimologicamente ed esegeticamente scorretta, un colpo infame, ma essa si è aperta, aperta come una noce o come il pane spezzato, la cui crosta lascia libero il suo profumo nell’aria. La parola si frantumava in due e nasceva una terza via, oltre i diritti e oltre i doveri. Mi ritrovavo così con due parole che facevano una domanda, « dove » ed « eri », la domanda sulla mia posizione. La stessa domanda che Adamo si è sentito conficcare tra le costole. La stessa domanda che accompagna l’avventura del Creatore con la sua creatura. Domanda a cui mi sono affidato, anche per fare chiarezza dentro di me. Da quel momento non 5


pretendevo più diritti e non mi perdevo nell’elen­ co dei miei doveri, mi chiedevo solo dov’ero, dov’ero rispetto alla vita. E mai domanda mi era sembrata più liberante. Avrei chiesto, quella sera, a ogni persona che voleva sentirsi rassicurata sui sacri diritti di una comunità: « Ma tu, invece, dove sei? ».

Oltre il dogma del diritto « Dove sei? », domanda che mi pare una chiave di lettura buona anche per me che ho scelto da poco di cambiare posizione, che ho scelto di continuare il mio cammino da qui, da questa piccola casa immersa negli Appennini, lontano dalla parrocchia, ma dentro, spero sempre ben dentro, alla vita. Sento in modo chiaro che questa scelta di posizione è maturata dopo aver deposto le armi, dopo essermi lasciato alle spalle il vizio di elencare i diritti di cui mi sentivo creditore, diritti che prevedevano la pretesa che il mondo fosse a mia immagine e somiglianza. Pacifico e determinato esercizio del dissenso. Per capirci, non credo certo che i diritti che gli uomini hanno conquistato non siano importanti. So bene che la storia dei diritti umani è storia 6


nobile, so che averli dichiarati ufficialmente è stato vertice di altissima umanità, ma so anche che procedere soltanto brandendo diritti è molto rischioso, soprattutto per chi non è stato protagonista del percorso, del cammino, della lotta che ne ha accompagnato la nascita. Spesso usiamo l’elenco dei nostri diritti come si usa una spada, per attaccare. Io mi ero trovato a confrontarmi con situazioni in cui tutti si sentivano in diritto di continuare per la propria strada. Avevano tutti ragione. E nulla cambiava. Per questo, forse, la parola « diritti » attorno a cui dovevo costruire la serata non si apriva. Tornavo con insistenza alla Dichiarazione universale dei diritti umani, splendida. Eppure mi bastava una lettura anche veloce e subito mi sembravano pagine troppo perfette. Parole così esatte da muovere il sospetto che la vita fosse rimasta fuori, elenco così pulito da concedere spazio al sospetto. L’uomo che conosco in quell’elenco non c’è. Io non c’ero. Dove sei, uomo che scrivi elenchi di diritti che poi non metti in pratica? Dov’è quel sogno? I diritti universali non tradiscono mai una sbavatura, sono talmente belli che non li scopri mai in disordine, sempre impeccabili. Puoi aprire a qualsiasi pagina, leggere un numero a caso 7


e il « diritto universale » ti viene incontro elegante e inappuntabile. Niente da dire, è perfetto. Così perfetto da risultare inattaccabile, dogmatico. Allora io mi sento in dovere di pretendere che quel diritto venga applicato a me. Opzione che non fa una piega. Eppure credo che solo chi ha lottato, solo chi ha subito l’ingiustizia, solo chi ha pagato per poter scrivere ogni singola lettera di quella dichiarazione può sentirsi « in diritto » di pretesa. Noi possiamo solo ringraziare, ma non possiamo pretendere. La Dichiarazione universale dei diritti umani è il concetto, l’intellettualizzazione di un processo, ciò che rimane. Noi possiamo partire da lì, possiamo camminare e siamo credibili se lottiamo in nome di quei diritti soprattutto in favore di chi quei diritti ancora non li ha. Serve la vita, non bastano le dichiarazioni: « Dov’è Abele, tuo fratello? ». Sentivo questi dubbi, dovevo preparare quella serata sui diritti e avevo paura. Paura di perdermi in un elenco che non avrebbe fatto male a nessuno, un elenco facile: declinare in chiave biblica i diritti laici, mostrare che potevano avere radici bibliche… Una serata come tante altre, una di quelle da cui si esce ancora più sicuri di aver ragione. Invece io volevo tentare di dare fastidio. 8


Allora ho provato ad affrontare il tema dei diritti partendo dalla posizione opposta, ma parlare di « doveri » è risultato altrettanto pericoloso. Il rischio di abbassare il discorso a un livello moralistico e di cieca obbedienza lo trovo disumanizzante e vergognoso per la nostra libertà. Dovere: sentirsi in dovere di rispondere alle aspettative, di essere all’altezza, di dimostrare… Vizio di ogni religione, anche laica, di sempre. Obbedire senza pensare, malattia pericolosa e tentazione sempre presente. Cercare un leader forte che risolva i problemi: abbiamo perfino costruito un Dio con questa blasfema caratteristica. Si aprivano voragini che rimandavano a storie di ricatti affettivi spesso in voga anche tra le mura delle nostre comunità (visto che io ti amo, tu sei in dovere di…), ma tutto questo non aveva nulla di sacro e di liberante. Si aprivano discorsi sulla comunità che sapevano di regressione: gruppi di uomini e donne che stanno insieme solo architettando sensi di colpa sempre più raffinati. Odore di gente impaurita che per dovere mostra la parte migliore di sé. Vivere come « dovere », con la tentazione della ricerca di un uomo forte che ci liberi del peso di dover decidere di sé, di noi. Non sentivo cantare il Vangelo sulla partitura del dovere. Non sapevo proprio come muovermi. 9


Eppure sembra che tutto, in fondo, si muova sempre tra diritti e doveri, tra pretese e sensi di colpa, in un continuo movimento che lascia sempre tutto, ma proprio tutto, inalterato. Una lotta sterile nei risultati, ma che ci fa perdere sul campo uomini e donne, una danza macabra in cui perdiamo la libertà e la gioia di vivere, perché vivere non è né un diritto né un dovere. Serviva un altro approccio. L’ho sentito chiaramente quando, dopo un lungo cammino, mi sono trovato ad abitare qui, in un altro posto, dopo che ho cambiato il mio punto di osservazione sul mondo, dopo che un pacifico e determinato esercizio del dissenso mi ha aiutato a dire, finalmente: « Sono qui ». E qui, da questa finestra che sente il respiro di un bosco, da questo sguardo che si commuove a ogni alba, solo da qui ho compreso la verità di quella domanda, « Dove sei? ». E ho iniziato a scrivere.

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Antico Testamento



Genesi. Diritto a un racconto

Poi udirono il rumore dei passi del Signore Dio che passeggiava nel giardino alla brezza del giorno, e l’uomo, con sua moglie, si nascose dalla presenza del Signore Dio, in mezzo agli alberi del giardino. Ma il Signore Dio chiamò l’uomo e gli disse: « Dove sei? ». Rispose: « Ho udito la tua voce nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto ». Riprese: « Chi ti ha fatto sapere che sei nudo? ». Gen 3,8-11a

Noi abbiamo cominciato a scappare da quel giorno, da quell’istante. Una fuga drammatica, con la paura infilata dentro i nervi, con il terrore ad azzannarci i muscoli, con quella vergogna che sfocia in rabbia, con la voglia di sputare in faccia alla vita l’unica domanda sensata e urlarla al cielo. Che senta bene, che non possa scappare, che si senta in colpa. E di scagliare un sasso fatto di parole, immerso nel sangue versato 13


dagli innocenti, bagnato dalle lacrime di chi è costretto a vivere, incartarlo in un foglio di carta con su scritto « libertà » e lanciarlo in alto, perché vada a bersaglio. A nome di tutti gli Adamo del mondo. Da quel giorno, cioè da sempre, ogni uomo o donna, esseri in fuga, dovrebbe trovare il coraggio e la rabbia di fermarsi, occhi al cielo, e di gridare con la fede di una preghiera: « Dio, cosa vuoi ancora da noi!? ». Come un urlo senza fine, come un rosario disperato: cosa vuoi da noi? Mentre la strada si fa scivolosa discesa agli inferi, le gambe cedono e cadiamo, il fiato è grosso e c’è odore di sangue sputato in bocca. Vivere è fatica drammatica, sen­ za senso: lavorare, partorire, perfino fare l’amore è diventato dramma. Non ci resta che scappare, solo scappare. Ecco cosa fa l’uomo, scappa da se stesso, scappa dagli altri uomini, scappa da quello che si ostinano a chiamare Dio. Di lui conosce davvero poco, quasi niente, non il volto, non la voce, non il cuore. Di lui abbiamo solo una domanda, una persecuzione incastrata nelle nostre costole da quel giorno, mentre lui fingeva di passeggiare nel giardino e invece stanava la sua creatura. Da quel giorno lui non è altro che una domanda, segno di on14


nipotente arroganza, da quando, affilata e terribile, quella domanda è giunta: « Dove sei? ». Da allora l’uomo è condannato, condanna originale, a non avere pace. « Dove sei? », e la vita diventa una guerra di posizione, un inferno, dover rendere ragione del fatto che siamo al mondo e dover giustificare dov’è che ci posizioniamo sullo scacchiere del creato. All’origine di ogni male ci sarà sempre, per ogni uomo, un errore di posizione: essere dalla parte sbagliata è la nostra condanna. Ed essere stanati da un Dio che non si accontenta di metterci al mondo, ma ci insegue e chiede ragione e viene a smascherare le nostre fughe. « Dove sei? », chiede Dio all’uomo. Non c’è presa in giro più grande. Domanda terribile, che scippa gli uomini del diritto di chiedere spiegazioni. È l’uomo che dovrebbe chiedere a Dio dov’è: in questo mondo non ti si vede, non ti si sente, sei l’Assente, assente ingiustificato. È l’uomo che avrebbe diritto di chiedere all’onnipotente Creatore del cielo e della terra, all’infinito silenzio, al drammatico nulla: « Dove sei? », perché non ti sentiamo mentre lottiamo per tirare a campare. Dove sei mentre la vita che nessuno ti ha chiesto diventa un’esperienza impossibile da reggere? Dove sei quando la morte, la violen15


za, la solitudine rendono il presente un inferno? Non dovrebbe essere l’uomo a pretendere di sapere esattamente quale sia la divina posizione di Dio, visto che è stata sua l’idea di metterci al mondo? Non dovrebbe essere l’uomo a cercarlo mentre il Creatore si nasconde nel paradiso, giardino che lui solo conosce e di cui, francamente, cominciamo a dubitare? Si diverte, invece, il padrone del paradiso. Come con le cavie, uomini umiliati, si ferma a guardarci mentre diventiamo imbarazzanti come bambini, ci nascondiamo, ci incolpiamo a vicenda, fingiamo, litighiamo, uccidiamo i fratelli: che pena l’essere umano. Parola di Genesi.

Ma che Dio è mai questo? Genesi, lo so, è storia per far capire anche ai bambini, è storia scritta con l’inchiostro del mito, è tutto un grande affresco fatto di immagini geniali, immagini che non puoi dimenticare, storie che ti entrano dentro e non ti lasciano più. Perché anche se non sei frequentatore assiduo dei sacri libri, Adamo, Eva, il serpente, Abele e Caino… quelli te li ricordi, sono di famiglia, senti che raccontano qualcosa di te, di noi. Certo, 16


perché sarà tutto un grande e mitologico affresco, ma… è tutto terribilmente vero! Ogni uomo sa che quel testo di Genesi è vero per il semplice fatto di averlo sperimentato su se stesso. Noi siamo gli impauriti, siamo i figli di quella domanda, origine di ogni colpa, ventre caldo da cui nasce ogni vergogna. Noi siamo Adamo, Eva e il serpente… Genesi non parla dell’origine dei tempi. Parla di noi, adesso. Vergogna di essere al mondo, senso di colpa, fuga da sé. Si chiama rimorso per aver tradito le attese dei padri. Si chiama incapacità di prendersi le responsabilità e di chiedere scusa. Si chiama dolore causato a chi ci ama. Per comodità questo (e tanto altro) l’uomo lo chiama « peccato originale ». All’origine di ogni male c’è una domanda divina che chiede conto della nostra posizione nel mondo, e se c’è una posizione sbagliata, di sicuro, è sempre umana e mai di Dio. Per contratto. Costretti a vivere, e perdere, una guerra di posizione. Eppure non si ferma, non gli basta, Dio è insaziabile e incontentabile. Non solo chiede conto all’uomo della sua posizione, domanda logorante, quasi che vivesse perennemente in trincea, ma si permette addirittura di andare oltre, dilatando l’interrogativo: non più solo « Dove sei? », 17


ma perfino « Dov’è Abele, tuo fratello? ». In un mondo difficile da abitare, in un mondo spesso ostico, in una vita che quasi mai si comprende, l’uomo è chiamato a diventare niente meno che responsabile della posizione del fratello. Un fratello che non ha voluto, un fratello che diventa inevitabilmente ingombrante, spesso nemico, una vita venuta a rubare il residuo di libertà personale. Allora ecco lo smarrimento, quello che Niccolò Fabi descrive con acutezza ne I giorni dello smarrimento, un brano del suo album, Tradizione e tradimento. È l’uomo, da Genesi a oggi, sono i nostri giorni di questo smarrimento quotidiano. Serve coraggio, un’urgenza che spinge alle pareti del cuore, e il gusto della verità. Che quando chiede di essere raccontata preferisce la compagnia di esattezza e bellezza. Sono i giorni dello smarrimento dell’amore che non si inventa i giorni senza destinazione.

Smarriti, perché non si può vivere così, impauriti e persi, sempre sotto inchiesta, perseguitati dai sensi di colpa, sempre costretti a giustificarci, incapaci di fare esperienza dell’amore perché l’amore chiede fiducia e non sospetto. 18


Indice

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Genesi. Diritto a un racconto Ma che Dio è mai questo? Guerra di posizione Genesi: Adamo, dove sei? Dove sei? Nella comunità Dove sei? Nel farsi compagni Dove sei? Tu Dove sei? Nel baratro Dove sei? Diritto e dovere di custodia

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Abramo. Diritto a essere visitati nella vita Oltre la condanna della produzione Oltre la guerra santa dei diritti Dove sei? Il diritto credibile è quello di farsi casa Diritto di incontrare comunità coraggiose Diritto di cambiare

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45 51 53

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58 62 66

Introduzione Grazie a Genesi Oltre il dogma del diritto Antico Testamento


Isacco. Sacrificare le pretese Avrebbe preferito uccidere il suo Dio Diritto di obiezione di coscienza Diritto di essere se stessi Diritto di scappare Diritto a luoghi affettivi

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71 71 76 80 84 87

Esodo. Le sacre parole del diritto Diritto al deserto Diritto di una comunità a essere sacra Diritto di essere amati a prescindere (almeno da qualcuno) Diritto all’unicità Diritti di libertà, una rilettura delle Dieci Parole

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Giona, dove sei? Profezia di una fuga Diritto di libere preghiere Diritto alla lotta e alla ribellione Diritto di avere qualcuno che scenda negli abissi con noi Diritto di compagnia Diritto al fallimento degli ideali Diritto alla complessità dell’umano Diritto di non cambiare, ancora Diritto di credere all’altro (e forse di farsi prendere in giro) Diritto di andare in crisi (questo sarebbe un dovere!) Diritto di resa, Dio è davvero così

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Nuovo Testamento Dove sei? Il sacro diritto di essere amato Fuoco quell’ingresso nel mondo (Lc 1,46-55) Diritto di protezione (Natale) Diritto di non essere idolo Diritto di un corpo Diritto di rischiare Diritto di stare lontano dal potere Diritto di essere tentati Diritto di libertà (piccola testimonianza personale) Diritto alla fame Diritto di alleanza Diritto di essere cercati

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Cristo, risposta fisica alla domanda di posizione » 167 Dove sei? Lo stupore del perdono » 170 Dov’eri? » 172 Diritto di ricominciare

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Scintille dello Spirito Testi che offrono scintille di fede per accompagnare il cammino dei credenti, per rinnovare la comprensione della fede, per lasciarsi provocare da vie nuove che lo Spirito apre nella storia.

1. Dalla cenere la vita, di Paolo Scquizzato 2. Danzare con la solitudine, di José María Rodríguez Olaizola SJ 3. Pensiero incompleto, di Gaetano Piccolo 4. Dov’eri?, di Alessandro Deho’ 5. Ogni giorno un nuovo inizio. La saggezza dei Padri del deserto, di Anselm Grün 6. Libera la gioia, di José María Rodríguez Olaizola SJ





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