Archivio Luigi Boni di Vanessa Chesi

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L’ARCHIVIO LUIGI BONI


di Vanessa Chesi LUIGI BONI

Vorrei aprire questo breve excursus sull’attività artistica di Luigi Boni, riportando un brano del saggio di Enrico Crispolti, Come studiare l’arte contemporanea, in cui si accenna al modo per poter superare una mentalità critica corrente che tende a privilegiare la centralità sulla periferia, distinguendo tra vicende maggiori e minori: “E’ nel riconoscimento dell’autenticità dell’urgenza d’identità esistenziale espressa nell’opera […] che si supera, nello studio dell’arte contemporanea, la tentazione di discriminare la periferia dal centro, non meno che il cosiddetto artista “minore” da quello “maggiore”. […] E, parimenti, di discriminare vicende e situazioni, e dunque aree di ricerca ritenute “minori” rispetto a quelle “maggiori”; giacchè le une e le altre componenti della realtà contestuale complessiva della ricerca artistica stessa.” Va notato, infatti, che la provincia, e mi riferisco in particolare a quella italiana, è spesso più aperta e disponibile ad accogliere cambiamenti e innovazioni di quanto non siano, in generale, le città più importanti. Naturalmente, scorrendo la storia dell’arte del XX secolo si rileva che questa, in quanto ricerca, si è svolta prevalentemente in centri maggiori. Per esempio in Italia a Milano e Roma in particolare; ma anche Torino, Firenze, Venezia o Bologna, non sono state meno importanti. Luoghi dove si è definita ed è maturata un’effettiva centralità di attrazione culturale, attraverso l’affluenza tuttavia di energie culturali innovative provenienti da situazioni periferiche, in una effettiva dialettica appunto tra centralità e periferia. Personaggi che poi si sono distinti altrove sono emersi da una realtà provinciale; realtà questa in grado spesso di suscitare stimoli e riflessioni di ampio respiro e che ha permesso loro di esportare “creatività artistica” in centri ben più importanti in quanto a ricerca e sperimentazione. Uno di questi personaggi è stato, senza dubbio, Luigi Boni che ha saputo indagare e sperimentare con apporti personali di grande originalità le fasi più significative della realtà artistica internazionale a lui contemporanea, dividendosi, durante gli ultimi anni, tra Parigi, Milano e Empoli dove era nato. La provincia dalla quale emerge, quella empolese appunto, nota al resto del mondo per le alte qualità artigianali che contraddistinguono da secoli la sua lavorazione del vetro, dà i natali, più o meno nello stesso decennio, ad artisti interessanti come Loris Fucini, Renato Alessandrini,


Ghino Baragatti (solo per citarne alcuni). Uomini che nonostante approdino a risultati diversi nel campo della sperimentazione pittorica, sono pur sempre figli di una medesima provincia che vanta tradizioni artigianali più che centenarie. Luigi Boni, per quello che ne posso dedurre dai documenti consultati, fu una persona molto generosa verso gli altri, aperto alle amicizie (lo dimostra l’affetto con cui chi lo conobbe vuole anche a distanza di anni tramandarne la memoria umana e artistica con la stessa passione dimostrata quando “Gigi” era ancora in vita), uomo di grande vitalità e spirito di iniziativa che incarnò perfettamente l’immagine del gentiluomo bohémien dai “modi un po’ distaccati, signorili e mai banali” (come lo definisce Paolo Pianigiani). Una provincia che certamente amava (ne fa fede il continuo “andirivieni” e il bisogno costante di trovare in questa città un àncora di stabilità da alternare alle sue “peregrinazioni internazionali”) ma dalla quale si allontana ben presto, a soli diciannove anni, per sete di avventura, credo, ma allo stesso tempo anche difficoltà di adattamento alle convenzioni dell’esistenza normale. Scrive il critico Mario Bergomi nel 1965 in occasione di una mostra personale alla Galleria Proposte di Firenze: “ […] un bisogno etico prima che estetico, una volontà di rischio e di avventura che è alle radici dell’arte di oggi e che non è dato di simulare, ove non la possieda nativamente.” Ciò che lo muove è dunque il bisogno di rimettersi sempre in gioco e di rimettere in gioco i risultati acquisiti, in una perenne ricerca umana e artistica che è prima di tutto rifiuto di posizioni di comodo. Approdato ad Alessandria d’Egitto, dove ha parenti proprietari di una casa di moda e dove apre subito, illudendosi sulle sue capacità imprenditoriali, un bar, inizia anche a dedicarsi a ciò che l’appassiona da tempo: la pittura. E lo fa partendo dal tratto ironico del disegno caricaturale e distinguendosi da subito per quell’innata e istintiva facilità a trovare in tutti i soggetti il lato grottesco, “caricaturabile”. Luigi pubblica le sue caricature su giornali egiziani e così riesce a mantenere la famiglia che intanto si è creato, sposando una bella ragazza di origine ungherese da cui ha il primo figlio.


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2 Figure 1 - Caricatura apparsa su un giornale egiziano degli anni ’30: Principe del Galles, firmata e datata 1932 Figura 2 – Caricatura: Maurice Chevalier, firmata e datata 1949

Riporto a questo proposito una delle prime annotazioni critiche che lo riguardano, tradotta dal francese da Lara Vinca Masini per riportarla in una sua introduzione ad una monografia dell’artista (non ancora pubblicata): “Caricaturista di talento. La caricatura è un’arte, e un’arte difficile. Non è concesso a tutti di poter fissare in pochi tratti di matita la fisionomia di questo o quell’individuo. Ci vuole un mestiere sicuro, un’ abilità, una conoscenza innata della psicologia. In Egitto, dove l’arte della caricatura non è mai stata troppo sostenuta, ecco che un giovane si espone in maniera particolare all’attenzione del pubblico. Si chiama Boni, viene da Firenze, e si fa distinguere per la conoscenza profonda non solo del disegno, ma di tutto quanto riguarda la fisiognomica. Ubbidiente a combinazioni atomiche particolari, Boni è sempre stato indipendente, vagabondo, per così dire. Avendo imparato a conoscere gli uomini, si diverte oggi a riprodurli su un cartoncino riuscendo a cogliere le caratteristiche di ciascuno. Straordinaria particolarità: Boni sa cogliere a


meraviglia tutto un carattere nel semplice contorno di una espressione. Guardate Hindenbourg, guardate Hitler, guardate soprattutto Bernard Show, di cui Boni, in pochi tratti di matita, ha saputo rendere in maniera così perfetta i lineamenti. Boni, quest’inverno, soggiornerà al Cairo. Attenzione, pochi potranno sfuggire alla matita mordace di questo talentuoso disegnatore….”.

3 Figura 3 - Articolo su Luigi Boni apparso su un quotidiano egiziano negli anni ‘30

Questo breve articolo, che non ha firma e non ha data ma si presenta come un semplice ritaglio di giornale (fa parte dell’archivio dati che Paolo Pianigiani è riuscito a raccogliere grazie ad un difficile lavoro di ricerca e riordinamento), colpisce innanzitutto per la capacità dell’autore di cogliere, già durante questo periodo, la straordinaria abilità che Boni dimostra nel disegno e nel saper rendere attraverso pochi tratti la psicologia del soggetto. Abilità che gli permetterà di passare con estrema disinvoltura dalla caricatura alla pittura vera e propria, portandolo a conoscere personalità di spicco a livello internazionale e determinando un arricchimento e un ampliando della sua cultura. Abbiamo poco fa accennato al suo nomadismo, alla fuga incessante da un paese all’altro: nel 1933 egli si reca a Chicago, dove vi lavora durante l’Esposizione Universale come caricaturista, per poi trasferirsi l’anno seguente a Parigi e alternando questo soggiorno con uno milanese. Un ruolo importante nel suo curriculum artistico è l’aver vissuto in prima persona il clima delle avanguardie parigine, che lo portarono a conoscere un ambiente culturale vivace e stimolante come era quello della ville lumière degli anni Trenta. Non sappiamo in quale momento Boni abbia iniziato a dipingere anche se i quadri più vecchi che si conoscono risalgono al 1949 e mostrano di risentire del clima del Naturalismo astratto, corrente che proprio negli anni del dopoguerra getta le premesse per l’Informale europeo.


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4 Figure 3-4 - Due delle prime opere documentate di Luigi Boni, realizzate a Parigi nel 1949

Nei primi lavori di Boni di cui si ha documentazione l’astrazione resta ancora in stretto contatto con la natura, per il ricco vocabolario di colori, per la definizione delle concrezioni formali, per l’accumulo di materia che tende ad addensarsi, restando una delle sue costanti sia nel periodo informale, sia in quello delle “scaglie”, negli anni delle “palle”e nella fase minimale dei suoi ultimi anni. Le tele realizzate dalla fine degli anni Quaranta fino ed oltre al suo ritorno a Empoli nel 1954 mostrano un ricco repertorio di colori e forme in cui la natura riflette la sua sostanza invisibile per poi concretizzarsi nel decennio successivo in un addensarsi materico che crea rilievi e concrezioni, stratificazioni ed emergenze e che ne accentua il senso di tridimensionalità.


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Figure 6-7-8 - Opere materiche databili, la prima alla fine degli anni ’50 e le altre due nei primi anni ‘60

Boni torna dunque nella città natale a metà degli anni Cinquanta in occasione della morte della madre Nerina, portando con sé i suoi primi dipinti materici e mostrandoli agli amici. Ne riceverà rare approvazioni e molte critiche: basti pensare che mentre Luigi partecipa già in pieno delle premesse dell’Informale nella vicina Firenze si dibatte ancora fra arte astratta e figurativa e l’astrattismo classico è considerato l’avanguardia più spericolata. Nonostante non abbandoni né Milano né la costante vocazione al viaggio (và in Canada, Messico, Giappone) in questo periodo comincia a partecipare più assiduamente ad importanti manifestazioni artistiche come il Salon parigino des Réalités Nouvelles (nell’archivio è conservata la sua carte de sociétaire del 1955 ma non sappiamo se la sua presenza al Salone si sia limitata a questo anno, dal momento che sembra aver venduto il primo quadro proprio durante questa manifestazione)

9 Figura 9 - Carte de Sociétaire originale, intestata a Luigi Boni, del Salon des Réalités Nouvelles con


data 1955

alle mostre organizzate dalla Galleria Numero di Fiamma Vigo, fondata nel 1949 (Mostra Mercato d’ Arte Contemporanea in Palazzo Strozzi a Firenze, del 1963 e del 1964).

10 Figura 10 - Foto “Luigi Boni, Fiamma Vigo e altri artisti nella Galleria Numero a Firenze” – marzo/aprile1964

E poi a quelle realizzate con altre gallerie, a Firenze, Livorno, Milano, Bergamo, Brescia, Termoli, Basilea, fino all’ultima del 1977, una personale che ha luogo presso la fondazione Viani a Viareggio, due mesi prima della sua morte.

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16 Figure 11/16 - Manifesti, inviti e cataloghi di esposizioni di Luigi Boni presenti nell’archivio. Figura 11 - Manifesto “Studio 2B. Arte visiva internazionale”. Alassio 20 agosto – 20 settembre 1968 Figura 12 - Manifesto “Studio 2B. Arte internazionale contemporanea” Bergamo 13-28 ottobre 1968 Figura 13 - Manifesto “17° Convegno internazionale artisti critici studiosi d’arte”. Palace Hotel, Rimini 21-24 settembre 1968 Figura 14 – Invito alla Personale di Luigi Boni nella Galleria arte contemporanea “Sincron”. Brescia, Inaugurazione 24 maggio 1969 Figura 15 - Supplemento al catalogo “Art 7’77 Basel 16-21.6.1976” Mostra internazionale di arte, Basilea 16-21 giugno 1976 Figura 16 - Catalogo della “XXI Rassegna nazionale d’arte contemporanea”, Castello Svevo e Palazzo del Comune, Termoli agosto – settembre 1976

Con estrema versatilità si appropria di tutto ciò che vi è di più vitale sulla


scena artistica internazionale traducendolo nel suo personale linguaggio visivo, dove da attento sperimentatore utilizza materiali e tecniche diverse pur di catturare nuove possibilità di ricerca creativa. L’anima materica che caratterizza l’Informale e in particolare la concezione artistica di Dubuffet è sempre presente nei suoi quadri. “C’è un dialogo esistenziale tra il pittore empolese ed il maestro francese […] Tutto per Dubuffet è materia. L’esistenza è materia. Anche lo stesso linguaggio è materia, e come tale plastico, ambiguo e suscettibile a corrompersi […]” scrive Piero Gambassi. Ed è proprio questo linguaggio fatto per addensarsi di materia e per tecniche di aggregazioni che lo porterà a scoprire proprio nel suo paese natale, un materiale che lo affascina, la fiselina ovvero una tela sintetica che serviva alle sartorie per rendere perforati i risvolti degli abiti. Egli la userà a partire da questo momento come base di molti suoi quadri perché come lui stesso diceva ”imbevuta nel colore, una volta asciutta, non sai quali effetti può produrre”. Da curioso sperimentatore quale era realizzerà negli anni Sessanta opere su cui si stagliano concrezioni ed emergenze fatte di gesso, sabbia, sassi e legno. Per fissare questi materiali al supporto, come ricorda uno dei suoi amici, Osvaldo Manetti (proprietario di un laboratorio specializzato di falegnameria a gestione familiare) Gigi gli aveva chiesto di realizzare colle particolarmente forti: segno dunque di quanto la volontà di sperimentare anche nel contingente fosse per lui così importante.

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22 Figure 17/22 - Opere materiche degli anni ‘60

E proprio questa sua ricerca di sperimentazione e la volontà di affermare nuovi concetti in una realtà ferma a esperienze più tradizionali, come quella empolese, deve avere suscitato curiosità e interesse in giovani che forse grazie al suo incoraggiamento hanno iniziato a dedicarsi all’attività artistica. Ricorda Paolo Pianigiani “le interminabili discussioni sui più svariati argomenti (…) Parlando di arte era più polemico; aveva visto, vissuto e partecipato ai più importanti periodi legati alla storia dell’arte: l’espressionismo astratto, l’informale degli anni ’50, lo spazialismo di Fontana, l’optical art, fino alle recentissime ricerche degli anni ‘70”. Con


queste sue discussioni riusciva però a stimolare coscienze, sollecitare dibattiti, polemiche ma anche a instaurare dialoghi costruttivi con interlocutori disposti a mettere in discussione posizioni acquisite. ”Di solito ascoltava e interveniva ogni tanto, con battute lampeggianti e chiarificatrici” scrive ancora Pianigiani “che lasciavano gli interlocutori perplessi e stupiti: la verità è sempre semplicissima”….E intanto portava avanti la sua personalissima ricerca in campo artistico, approfondendola fino a quando, consideratala esaurita, l’abbandonava per iniziarne una nuova. Il suo lavoro, che si basa ancora sull’approfondimento del concetto di materia, approda nella seconda metà degli anni Sessanta alla serie di quadri definiti “le scaglie”. Ovvero opere sulla cui superficie Boni dispone una serie di lamelle di forma irregolare, lignee o cartacee, le “scaglie” appunto, che inserite in sequenza ritmica determinano un rilievo scalato ricoperto di colore. In realtà poche tonalità cromatiche unificano la successione ritmata di lamelle che però nel loro alternarsi e accavallarsi provocano effetti e giochi di luce e di ombra.

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28 Figure 21/28 – Opere “ le scaglie” che Boni realizzò dalla seconda metà degli anni ’60 fino agli inizi del ’70. Le opere 21-22-23 sono della seconda metà degli anni ’60, 26-27-28 risalgono agli inizi degli anni ’70.

Si tratta senza dubbio di un momento fondamentale del lavoro artistico di Boni per gli esiti scaturiti da questo suo personale linguaggio visivo; esiti che determineranno da ora in poi una costante ricerca di effetti ottici di luce-ombra e che culmineranno nel periodo in cui l’artista si cimenterà con l’arte cinetica, visuale. Sempre negli anni Sessanta Boni si dedicava anche alla serie del cosiddetto “lavarone”, monocromi che lui stesso definiva “quadri con palle”. Per realizzarli applicava infatti sulla superficie della tela grandi quantità di concrezioni sferiche fatte di alghe marine raccolte sulle spiagge (il “lavarone” appunto), che in seguito dipingeva con monocromi di un blu tanto intenso da ricordare alcuni pezzi di Yves Klein. Boni unisce così all’idea dell’objet trouvè quella del polimaterismo e dell’inserzione di elementi organici in un’opera “che prende vita”. La disposizione delle sfere sulla superficie, più fitte al centro, più diradate verso la periferia del quadro, era tutt’altro che casuale, pur ricordando spontanee concrezioni di scogli o le facce lunari.


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34 Figure 29/34 - “Lavaroni” o opere con “palle” che Boni realizzò nel corso degli anni ’60.

Ci sono due belle foto d’epoca nell’archivio di Paolo Pianigiani che ritraggono lo studio di Luigi Boni ricolmo di “lavaroni”, testimoniandoci così la grande quantità di “quadri con palle” da lui realizzati in questo periodo.

35 Figure 35-36 - Lo studio di Luigi Boni in Piazza Matteotti a Empoli con i “lavaroni”.

Le esperienze dei vari maestri delle avanguardie del tempo si ritrovano di volta in volta riecheggiate nelle opere del pittore empolese: di sicuro Burri con il suo linguaggio materico-informale, Klein con le sue stesure monocrome, Fontana con le sue istanze spaziali sono stati punti di riferimento importanti per Boni. Il quale ha avuto sempre un occhio di riguardo per l’Europa, per il suo retaggio culturale, per le sue conquiste nell’ambito dell’arte contemporanea, che avrebbero portato in seguito il vecchio continente a riconquistare una posizione di rilievo. Ritornando al lavoro di Luigi Boni, sempre nel corso degli anni Sessanta, mentre soggiorna a Milano, venendo a contatto con artisti come Castellani, Bonalumi, Vermi, per ricordarne alcuni, stimolato ancora dalla costante volontà di sperimentare, si cimentava in nuove linee di ricerca influenzate dall’esperienza artistica cinetica e visuale, esplosa proprio in quegli anni. In particolare, le premesse a questa sua nuova fase si possono riscontrare

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nei primi rilievi bianchi, dinamici, di Gianni Colombo, uno degli esponenti del Gruppo T milanese. Boni crea infatti la serie dei rilievi plasticodinamici che ottiene disponendo, dietro una superficie elastica, forme che la tendono con movimenti alterni, provocati da piccoli motori elettrici. Per mezzo di una luce radente prodotta da tubi al neon, inseriti ai lati dell’opera, si creano forme dinamiche e ombre in movimento, di grande effetto.

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40 Figure 37/40 – Foto d’epoca con opere cinetiche realizzate tra il 1968 ed il 1969.

Anche per questa fase dell’opera di Boni l’archivio ci viene in aiuto con foto che ritraggono l’artista al lavoro.


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42 Figura 41-42 - Foto d’epoca che ritraggono Luigi Boni accanto alle sue opere cinetiche, 1968/69

Agli stessi anni risalgono le sculture in metallo verniciato, composizioni dalle forme dinamico-radiali, tre delle quali ancora visibili nel giardino della villa Natali a Gambassi Terme, grazie alla segnalazione di Mario Vannetti che le ha riscoperte,

43 Figura 43 - Tre sculture, fine anni ’60. Gambassi Terme, Villa Natali

altre non piĂš rintracciabili, come quelle immortalate in queste foto.


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45 Figure 44-45 - Foto d’epoca con esposizione di sculture di Luigi Boni, fine anni ‘60

Nonostante l’incursione nel campo della scultura, l’arte in cui Boni riesce meglio ad esprimere la sua innata curiosità verso la sperimentazione rimane la pittura. “Si può dire che l’evoluzione di questo artista ha avuto come linea conduttrice e metodo di lavoro l’abbandono della materia intesa come complicazione, barocca e pesante, per arrivare alla purezza spirituale della forma” scrive Pianigiani nel 2001, anticipando così il passaggio dai lavori materici degli anni Sessanta alle ultime opere con “stecchini” in cui l’artista empolese raggiunge veramente l’essenziale: una linea verticale ritmata. Fu un fatto semplice e casuale verificatosi all’inizio degli anni Settanta a suggerirgli una nuova fase di ricerca: un’appuntatura di stecchini lungo un tratto di tovaglia bianca. Ed ecco che gli stecchini cominciano a comparire sui suoi quadri, utilizzati con infinite varianti. Nei suoi lavori iniziali questi piccoli aghi in legno sono disposti con estrema cura sulla superficie, in sequenze parallele ordinate e precise secondo una rigorosa struttura geometrica, mentre in seguito assumeranno un ordine più casuale e caotico rispondendo all’innato senso di libertà compositiva che contraddistingue, fin dai primi lavori, l’opera di Boni.


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51 Figure 46/51 - Opere “gli stecchini” realizzate negli anni ‘70

52 Figura 52 - Opera con “stecchini sparsi”, 1976-77

Gli stecchini possono “ricucire” due tele rosse o tenere insieme superfici nere e lucide, come accade nei suoi ultimi lavori (1976-1977) dove “pochi stecchini, ridotti ormai a frammenti” sono “usati come mezzo di unione, non più per ritmare una linea.” A questo punto sorge spontanea la domanda del perché avesse scelto proprio gli stecchini come mezzo di “ricucitura” di più superfici. Ci vengono nuovamente in aiuto le parole della Vinca Masini che sembrano quasi uscire da un racconto dal finale incerto: “nel suo sogno di rendersi sempre finanziariamente autonomo, per potersi dedicare al suo lavoro di pittore (tra l’ altro non amava vendere i suoi lavori), anche ad Empoli aveva cercato di farsi imprenditore e anfitrione (dagli amici, infatti, non si faceva quasi mai pagare), aprendo, con l’eredità della madre, un night che naturalmente fu un’impresa deficitaria, anche quando tentò di trasformarlo in discoteca….Ma proprio durante questa esperienza si era lasciato


convincere ad acquistare un lotto assurdo, improponibile, di stecchini, che non sapeva come poter smaltire.” Probabilmente in questo stesso periodo andava maturando in lui la volontà di cimentarsi in nuovi campi di ricerca e in particolar modo di confrontarsi con l’esperienza artistica di Lucio Fontana. Curioso osservare come Boni si accosti al “taglio” dell’artista lombardo (ma solo di adozione), quasi volesse “ricucirlo” attraverso l’uso degli stecchini; in questo modo sembra negare, usando le parole di Lara Vinca Masini “quello ‘spazio oltre’ che Fontana aveva rivelato, per ricomporre il quadro, che egli voleva e aveva sempre voluto, proiettato verso lo spettatore”. Gli ultimi anni furono animati da una mostra importante a Basilea, nel giugno del ’76 e da due personali nel 1977, nella Viareggio di Vittorio Grotti, alla Fondazione Viani e nella natia Empoli presso la Galleria “Il Toro”.

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55 Figura 53 - Supplemento al catalogo “Art 7’77 Basel 16-21.6.1976” Mostra internazionale di arte, Basilea 16-21 giugno 1976 Figura 54 - Manifesto della personale tenutasi alla Fondazione Viani di Viareggio. Inaugurazione 1 giugno 1977 Figura 55 - Copertina del catalogo dell’esposizione tenutasi alla Galleria d’Arte


Contemporanea “Il Toro” a Empoli – luglio 1977 (?)

Soprattutto la prestigiosa esposizione alla Fondazione Viani gli offre la possibilità di presentare gli ultimi lavori tra i quali quadri con una linea nera al centro. Dichiara Paolo Pianigiani “Linea nera, chiamava il suo lavoro: io traccio una linea nera nell’infinito, mi diceva, nei rari monologhi di programma, fra noi”.

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58 Figure 56/58 – Opere con linea nera al centro, 1975-77

Ritrovava così anche quel suo modo di disporre forme geometriche regolari in composizioni che si costituiscono in blocchi pressoché monocromi, dal colore chiaro, morbido, quasi tonale. Luigi Boni muore il 31 agosto 1977 all’ospedale di Castelfiorentino.


59 Figura 59 – Articolo di giornale che annuncia la scomparsa di Luigi Boni.

Un percorso complesso il suo che attraversa e ripercorre quasi tutto lo svolgimento dell’arte europea di mezzo secolo; un artista curioso e appassionato, che esprime la volontà di partecipazione al proprio momento storico e culturale, sia pure rimanendo fedele, malgrado la sua apertura verso il mondo, alle sue radici più autentiche. Il materiale dell’archivio che Paolo Pianigiani ha pazientemente raccolto comprende anche diverse foto d’epoca (alcune delle quali già mostrate) che testimoniano varie momenti della vita e dell’attività dell’artista

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64 Figura 60 – Foto che ritrae Luigi Boni e sua moglie Marcelle Scarfati – 1935 circa Figura 61 – Foto “Luigi Boni nel suo studio di fronte ad un lavarone” – anni ‘60 Figura 62 – Foto “Luigi Boni al lavoro nel suo studio” – 1967 circa Figura 63 - Foto “Luigi Boni all’inaugurazione di una mostra alla Galleria “Il Toro” di Empoli” – 1974/75 Figura 64 – Foto dall’articolo “Una personale di Luigi Boni”, comparso su un quotidiano locale nel 1977, in occasione della personale che tenne alla Galleria “Il Toro” a Empoli.

oltre naturalmente ad articoli di giornali che lo ricordano anche dopo la sua morte.


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67 Figura 65 - Articolo dal titolo “Una mostra di Luigi Boni alla Galleria Proposte di Firenze” – La Nazione, 23 maggio 1965 – pag. 4. Figura 66 - Articolo dal titolo “Un artista già dimenticato” – Il Tirreno Empoli, 31 agosto 1989 – p. 15 Figura 67 - Articolo dal titolo “L’artista Luigi Boni: un grande pittore” - La Nazione Empoli, 31 agosto 1989

METODOLOGIA USATA NEL RIORDINARE L’ARCHIVIO “LUIGI BONI” L’archivio che ho preso in considerazione ed analizzato è un ARCHIVIO PRIVATO SPECIFICO nel senso che riguarda interamente un artista, Luigi Boni, nato nel 1904 in una frazione di Empoli e morto nel 1977 nella stessa città. Tutto il materiale contenuto è stato raccolto con dedizione ed entusiasmo da Paolo


Pianigiani che aveva conosciuto “Gigi” (così veniva chiamato il più anziano artista) nel 1973 alla Galleria “Il Toro” di Empoli. “Mi era stato presentato come uno dei pochi in città che si intendesse di pittura e avevo visto con stupore alcuni suoi lavori di quel periodo, gli ultimi realizzati con le “palle”, grandi supporti di tela juta brulicanti di rilievi sferici. Parlammo di Mirò, di Fontana, di Burri, di Morandi e ci trovammo d’accordo sulla “qualità pittorica” che accomuna i grandi pittori, sia astratti che figurativi. Per me fu un punto di partenza importante e un riferimento continuo, da allora in poi.” Parole di Paolo che come compagno di strada degli ultimi anni ne ricorda l’amore per la ricerca e la sperimentazione e che, insieme ad altri amici del pittore, si è fatto promotore di un meritato risveglio di interesse verso il lavoro di Boni, dando vita ad un comitato che ha lo scopo di valorizzarne le opere1. Il gruppo che si è formato con questi intenti ha cercato di documentare con fotografie tutte le opere immediatamente reperibili dell’artista, suddividendole per periodi e tentando di stabilirne una data di esecuzione: lavoro veramente improbo dal momento che Luigi Boni non datava mai i suoi lavori e raramente li firmava. Sembra proprio che la scrittura in senso lato non rientrasse nel suo modo di concepire l’attività artistica: nonostante passasse da un tipo di pittura materico – gestuale a esperienze d’arte cinetica, “rimettendo ogni volta in gioco i risultati acquisiti”2 precedentemente, mai aveva tentato esplicitamente una teorizzazione del proprio lavoro e quasi mai aveva “preso la penna per scrivere”. 1 Questo comitato nasce nel 2001, in occasione della mostra dedicata a quattro pittori empolesi (Renato Alessandrini, Ghino Baragatti, Loris Fucini e Luigi Boni) grazie alla volontà di alcuni amici del pittore: Mario Vannetti, Osvaldo Masetti, Alberto Michelacci e Paolo Pianigiani. Lo scopo del comitato è quello di organizzare una mostra antologica su Luigi Boni, che documenti i vari periodi del suo lavoro, e, in un secondo tempo, promuova anche al di fuori delle mura cittadine il lavoro di questo artista. 2 Mario Bergomi nell’articolo Una mostra di Luigi Boni alla Galleria Proposte di Firenze2 – La Nazione, 23 maggio 1965 – pag. 4.

Dunque l’archivio è risultato privo di lettere e di scritti a carattere teorico o letterario, di diari e di appunti di lavoro, documenti questi che comunque sarebbero potuti servire come attestazioni di poetica o di orientamento ideologico, psicologico, immaginativo del suo lavoro. Il materiale che lo riguarda comprende invece fotografie recenti delle sue opere e foto in bianco e nero d’epoca che ci testimoniano momenti importanti della sua attività artistica e che ritraggono quadri più o meno coevi al momento in cui le foto furono scattate. A questo si aggiungono testi a stampa come recensioni sulla sua attività espositiva apparse in genere su quotidiani locali, fotocopie di articoli di giornale che lo riguardano, cataloghi di mostre collettive e personali, qualche documento originale3, gadget collegato alle sue esposizioni che comprende inviti, cartoline, manifesti…


La tipologia dei documenti era dunque così varia che per riordinare l’archivio ho dovuto prima suddividere il lavoro di Boni in fasce cronologiche decennali (es.: anni ’30, anni ’40, anni ’50, ecc.) e poi inserirvi varie sottocategorie corrispondenti alle diverse tipologie del materiale archiviato (es.: foto a colori di opere, documenti originali, cataloghi, inviti, ecc.). D’altra parte non avrei potuto essere più precisa dal punto di vista cronologico, ad esempio con una ripartizione ad anno del materiale, dal momento che, come ricordavo precedentemente, Boni non datava mai niente, neppure gli articoli di giornale da lui conservati. Paolo Pianigiani scriverà, in nota, alla fine degli Appunti per una biografia di Luigi Boni “Non è stato facile mettere insieme queste poche indicazioni: Luigi Boni non parlava mai del passato e poco anche del presente”, spiegando così le mille difficoltà incontrate nel raccogliere e riordinare i dati su questo artista. Un’ultima annotazione. Oltre a conservare questo piccolo archivio, Paolo Pianigiani possiede una raccolta di opere di Luigi Boni comprendente anche una caricatura di Monsieur Chevalier firmata e datata 1949. Si tratta in questo caso di quelli che Crispolti chiama “documenti diretti” 4, le opere d’arte appunto, supporti di conoscenza storica “diretta” che sommandosi al materiale “indiretto” (scritti d’artisti, di critici, cataloghi, ecc. ) conservato nell’archivio, permettono di continuare a fare storia dell’arte. Soltanto con grande difficoltà infatti si può tentare, ma i risultati sono solo ipotetici, una storia dell’arte senza supporti “diretti”di conoscenza storica. 3 Come la Carte de Sociétaire del Salon des Réalités Nouvelles, intestata a lui stesso, con data 1955.

4 E. Crispolti, Come studiare l’arte contemporanea, Roma 1997, p. 92

ARCHIVIO “LUIGI BONI”1 Anni ‘30 Fotocopie caricature da articoli di giornale – anni ‘30 - n°1- caricatura di Bernard Show (firmata e datata 1932) - n° 1- caricatura di Ahmad bey Kamel, Generale della Sicurezza Pubblica in Egitto (firmata e datata 1932)


- n° 1 – caricatura di Piccard (firmata e datata 1932) - n° 1 – caricatura di Adolph Hitler (firmata) - n° 1 – caricatura del poeta Amhed Passim (firmata e datata1932) - n° 1 – caricatura del principe del Galles (firmata e datata 1932) - n° 1 – caricatura del maresciallo von Hindenbourg (firmata) Fotocopie da articoli di giornale - Fotocopia articolo dal titolo Il caricaturista Gigi Boni apparso su un giornale italiano negli anni ‘30 - Fotocopia articolo dal titolo Boni, caricaturiste de talent apparso su un giornale egiziano degli anni ’30. Fotocopia fotografie 1935 - Fotocopia fotografia “Luigi Boni e Marcelle Scarfati” – 1935 circa

Anni ‘40 Caricatura originale 1949 - Caricatura originale di Monsieur Chevalier firmata e datata 1949. Foto a colori di opere2 1949 - n° 2 foto di opere con disegni infantili del 1949 Fotocopie a colori di opere - n° 2 fotocopie di opere con disegni infantili del 1949

Anni ‘50 Documenti originali 1 L’archivio appartiene a Paolo Pianigiani 2 Luigi Boni non firmava e non datava mai le sue opere (eccetto le caricature). Le datazioni sono state inserite ai margini delle fotocopie dal proprietario dell’archivio Paolo Pianigiani.

- Carte de Sociétaire originale, intestata a Luigi Boni, del Salon des Réalités Nouvelles con data 1955 Foto a colori di opere Fine anni ‘50 - n° 1 foto di opera materica fine anni ‘50


Fotocopia a colori della fotografia sopra menzionata

Anni ‘60 Foto a colori di opere Anni ‘60 - n° 7 foto di opere materiche anni ‘60 - n° 3 foto di opere con lavaroni anni’60 - n° 3 foto di sculture metalliche nella Villa Natali a Gambassi Terme (scattate all’incirca nel 2001). Primi anni ‘60 - n° 7 foto di opere materiche primi anni ‘60 - n° 1 foto di opera con lavaroni primi anni ‘60 - n° 1 foto di opera lunare primi anni ‘60 1964-65 - n° 1 foto di opera con lavaroni 1964-65 - n° 1 foto di opera con scaglie 1965 ca Fine anni ‘60 - n° 3 foto di opere con scaglie fine anni ‘60 Fotocopie a colori delle fotografie sopra menzionate Foto in bianco/nero di opere (coeve al periodo in cui i quadri furono realizzati) Anni ‘60 - n° 2 foto di opere con lavaroni anni ‘60 - n° 2 foto di opere materiche anni ‘60 - n° 1 foto “Luigi Boni nel suo studio di fronte ad un lavarone” – anni ‘60 - n° 1 foto ”Studio in Piazza Matteotti a Empoli con lavaroni” - anni ’60 - n° 3 foto di un’esposizione di sculture di Luigi Boni 1964 - n°1 foto “Luigi Boni, Fiamma Vigo e altri artisti della Galleria Numero a Firenze” – marzo/aprile1964 1967 - n° 1 foto “Luigi Boni al lavoro nel suo studio ” – 1967 circa 1968/69 - n° 6 foto di opere di arte cinetica – 1968/69 - n° 2 foto “Luigi Boni con opere d’arte cinetica”-1968/69 Fotocopie in bianco/nero delle fotografie sopra menzionate

Riproduzioni di foto - n° 2 riproduzioni di foto con “Lavaroni di Luigi Boni nello studio” 3 – metà anni ‘60


- n° 3 riproduzioni di foto “Luigi Boni con opere d’arte cinetica”-1968/69 Cataloghi 1963 - Catalogo della Galleria “Numero”. Mostra Mercato Nazionale d’Arte Contemporanea. Palazzo Strozzi, Firenze 23 marzo-28 aprile 1963 1965 - Catalogo delle opere di Luigi Boni in occasione della mostra alla Galleria “Proposte” di Firenze 15-30 maggio 1965 1967 - Catalogo Presenze a Sesto. Rassegna di pittori e scultori. Palazzo del Turismo, Milano 21 febbraio - 5 marzo 1967 Inviti 1967 - n. 2 Inviti all’esposizione di sculture al Quartiere delle Botteghe di Sesto San Giovanni (Milano). 22-28 aprile 1967 (?) 1969 - Invito alla Personale di Luigi Boni nella Galleria arte contemporanea “Sincron”. Brescia . Inaugurazione 24 maggio 1969 Manifesti 1968 - Manifesto Studio 2B. Arte visiva internazionale. Alassio 20 agosto – 20 settembre 1968 - Manifesto 17° Convegno internazionale artisti critici studiosi d’arte. Palace Hotel, Rimini 21-24 settembre 1968 - Manifesto Studio 2B. Arte internazionale contemporanea. Bergamo 13-28 ottobre 1968 Articoli di giornali - Articolo originale dal titolo Una mostra di Luigi Boni alla Galleria Proposte di Firenze4 – in ”La Nazione Empoli”, 23 maggio 1965 – pag. 4.

Anni ‘70 Foto a colori di opere Anni ‘70 - n° 2 foto di opere con stecchini - n° 1 di opera materica anni ‘70 Primi anni ’70 - n° 6 foto di opere materiche primi anni ‘70 - n° 3 foto di opere con scaglie primi anni ‘70 1975 circa - n° 1 foto di opera con stecchini metà anni ‘70 1976


- n° 1 foto di opera con stecchini 1976 3 La stessa foto è presente nell’articolo Una mostra di Luigi Boni alla Galleria Proposte di Firenze3 – in “La Nazione Empoli”, 23 maggio 1965 – pag. 4.

4 Nell’articolo vengono riportati anche i commenti dei critici Mario Bergomi e François Pluchard. 1976-77 - n° 6 foto di opere con stecchini 1976-77 - n° 3 foto di opere con linea nera al centro 1976-77 Cartoline 1977 - n° 2 cartoline di opere con stecchini, realizzate in occasione dell’esposizione alla Fondazione Viani di Viareggio (giugno 1977). - n° 3 cartoline di opere con linea nera al centro, realizzate in occasione dell’esposizione alla Fondazione Viani di Viareggio (giugno 1977). Cataloghi 1976 - Supplemento al catalogo Art 7’77 Basel 16-21.6.1976. Mostra internazionale di arte, Basilea 16-21 giugno 19765 - Catalogo della XXI Rassegna nazionale d’arte contemporanea, Castello Svevo e Palazzo del Comune, Termoli agosto – settembre 1976 1977 - Copertina del catalogo dell’esposizione tenutasi alla Galleria d’Arte Contemporanea “Il Toro” a Empoli – luglio 1977 (?) Manifesti 1977 - Manifesto della personale tenutasi alla Fondazione Viani di Viareggio. Inaugurazione 1 giugno 1977 Articoli di giornale - Articolo originale dal titolo Una personale di Luigi Boni6 . Non si conosce la data (forse nel luglio 1977) e il nome del quotidiano dal quale l’articolo con foto fu ritagliato. - Articolo originale dal titolo E’ morto il pittore Luigi Boni 7. Non si conosce la data e il nome del quotidiano dal quale l’articolo con foto fu ritagliato. Fotografie 1974-75 - Fotografia “Luigi Boni all’inaugurazione di una mostra alla Galleria ‘Il Toro’ di Empoli” – 1974/75

Anni ‘80


Dattiloscritti di Paolo Pianigiani 1989 - Dattiloscritti di Paolo Pianigiani in preparazione all’articolo Un artista già dimenticato in “Il Tirreno Empoli”, 31 agosto 1989, p. 15 5 La foto di un’opera di Luigi Boni, con relativa didascalia, è stata ritagliata dal catalogo ed attaccata sulla copertina.

6 L’articolo si riferisce alla personale che ebbe luogo alla Galleria “Il Toro” di Empoli probabilmente nel luglio 1977, poco prima della sua morte, avvenuta il 31 agosto 1977.

7 Luigi Boni muore il 31 agosto 1977 dunque è ipotizzabile che l’articolo sia stato scritto i primi di settembre di quell’anno.

Articoli di giornale - Articolo dal titolo Un artista già dimenticato – in “Il Tirreno Empoli”, 31 agosto 1989 – p. 15 - Articolo dal titolo L’artista Luigi Boni: un grande pittore – in “La Nazione Empoli”, 31 agosto 1989

Anni ‘90 Dattiloscritti di Paolo Pianigiani - Dattiloscritti di Paolo Pianigiani in preparazione all’articolo Luigi Boni: ricordi e frammenti apparso su “Il Segno di Empoli”, n. 27, ottobre 1994, pp. 32-33

2001- 2004 Dattiloscritti di Paolo Pianigiani - Dattiloscritto di Paolo Pianigiani in preparazione all’articolo Luigi Boni apparso su “Il Segno di Empoli”, n. 55, settembre 2001, p. 5 - Dattiloscritto di Paolo Pianigiani per stilare una biografia di Luigi Boni - Bozza di Lara Vinca Masini per l’introduzione ad una monografia su Luigi Boni non ancora pubblicata.

BIBLIOGRAFIA Su Luigi Boni

GAMBASSI P., Luigi Boni, in Empoli negli ultimi cento anni, a cura di A. Morelli, Empoli 1977, pp.174-175


PIANIGIANI P., Luigi Boni, in “Il segno di Empoli”, n.55, settembre 2001, p.5 PIANIGIANI P., Luigi Boni: ricordi e frammenti, in “Il Segno di Empoli”, n.27, ottobre 1994, pp.32-33 PIANIGIANI P., Un comitato per Luigi Boni, in “Il Segno di Empoli”, n.58, giugno 2002, p. 12 SEDONI A., Luigi Boni, in “Erba d’Arno”, n. 40-41, 1990, pp.30-31 Una mostra di Luigi Boni alla Galleria Proposte di Firenze, in “La Nazione Empoli”, 23 maggio 1965 – pag. 4.


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