dalla “Quadrotta” di Toscana Reality, Ottobre 2007
Testo: Paolo Pianigiani Foto: Alena Fialová
Sta lì Eugenio, come sempre quando lavora, davanti alla sua bottega, a Montelupo. Seduto su una seggiola qualunque, sta creando un piatto decorato a “zaffera”: sono due uccelli, il colore che verrà dopo la cottura sarà un blu, di che particolare sfumatura non si sa, c’è sempre l’imponderabile nel mezzo, dipende dal calore, dalla durata, da cosa l’artista ha messo nell’impasto del colore. La “zaffera” è una tecnica antica, l’hanno inventata gli arabi. Ma la ceramica, mi dice, l’ha inventata un signore ancora più antico quando, attraverso fusioni di terra, aria fuoco e acqua, fece emergere terre e distese i mari: insomma il primo ceramista è stato il Padre Eterno. E se la ride, davanti al mio “eh, già, non ci avevo mai pensato…” Veste di bianco, elegante nella sua tenuta quasi da monaco, il pennello si muove come un bacchettino da direttore d’orchestra. Sono strati di impasto farinoso che si accumulano su un disegno tracciato, che poi con il fuoco svanirà. Resterà solo colore. Fuoco che è calore, che trasformerà per sua capacità alchemica, il grigio bianco in profondo blu. Gli dico: raccontami di te e non smettere di lavorare. Come avrebbe fatto un antico maestro di bottega, con il lavoro urgente da finire, durante una visita improvvisa, fra i ragazzini della sua scuola e i lavoranti. E lui di antico ha tutto, il modo di fare, un certo distacco dalle cose, il tendere all’essenziale. La famiglia Taccini è una tipica famiglia di ceramisti montelupini. Babbo Orlando era maestro di ceramica, specializzato nelle raffaellesche. Sono opere che ancora stupiscono per la loro perfezione e il loro rigore. Uniche. Mi dice Eugenio: mio fratello Fulvio è quello che ha mantenuto meglio di tutti noi quella strada. Che vuole ordine assoluto e comprensione dello spazio, rigore e bravura nel disegno. Orlando 1