Testi letterari sul cibo nel rinascimnto

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Testi letterari sul cibo nel Rinascimento


Letteratura Gastronomica Nel Rinascimento, il cibo era uno dei tanti modi con cui si potevano distinguere le classi sociali: la nobiltà e il popolo mangiavano, infatti, in modo molto differente. I nobili avevano il privilegio di mangiare di cacciagione e di pesca, mentre la maggior parte della popolazione mangiava di ciò che offriva la terra o di ciò che si poteva procurare al mercato.


C'erano, inoltre, diversi modi per consumare uno stesso alimento: il pane, prodotto con farina bianca, veniva mangiato dai nobili e dai borghesi, mentre i contadini lo mangiavano con i cereali, il famoso pane nero. Tra i vari tipi di carne, quella piĂš nobile era quella dei volatili, ma si utilizzava anche quella di pecora e di vitello. Quella di maiale era quella meno apprezzata. Le ricette meridionali prevedevano l'uso dell'olio. Quelle settentrionali utilizzavano soprattutto grassi di animali, come lardo e strutto. Veniva utilizzato molto anche il burro.


“Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno” è una storia scritta da Giulio Cesare Croce. Questa storia rimarca la diversità alimentare tra le due classi sociali. La vicenda è ambientata nella corte del re Alboino e parla di un contadino, Bertoldo. Egli è abituato a mangiare rape e altri cibi umili, ma, una volta adottato dal re, col tempo, si ammala per via del cibo che gli veniva offerto alla corte.


I medici gli somministrano delle cure sbagliate, poiché non conoscono le sue umili origini. Bertoldo, immaginando il rimedio adatto, chiede di poter mangiare patate e fagioli, ma, sfortunatamente, non viene accontentato, perché i cuochi pensano che quel cibo sia troppo umile per lui. Alla fine, il povero e umile Bertoldo muore per aver mangiato troppo a lungo del cibo proprio della classe dei nobili.

“CHI E' USO ALLE RAPE NON VADA AI PASTICCI”


GIULIO CESARE CROCE E' stato uno scrittore, cantastorie, commediografo ed enigmista italiano, nonostante fosse figlio di fabbri. Per un certo periodo della sua vita, anche lui fece lo stesso mestiere. Lasciò la professione di famiglia per fare il cantastorie ed acquisÏ presto fama.


Tra i libri più antichi di Letteratura culinaria, vi è quello noto come Liber de Coquina (dal latino Libro di del periodo cucina), medievale. Questo testo e' diviso in due parti: Tractatus (prima parte) e Liber de Coquina (seconda parte). In epoca rinascimentale, poi, ne vennero scritti molti altri, testimonianze preziose del gusto dell’epoca.

I RICETTARI


CRISTOFORO DI MESSISBURGO Scrisse due testi fondamentali di Arte culinaria, pubblicati dopo la sua morte, «Banchetti composizione di vivande e apparecchio generale» e «Libro novo nel qual si insegna a far d'ogni sorte di vivanda»; in essi egli riportò i suoi consigli per organizzare banchetti principeschi.



BARTOLOMEO SCAPPI Nella sua vita ha lavorato in diverse corti italiane, fino a diventare cuoco delle cucine Vaticane. Egli è rimasto nella storia per il suo libro di ricette dal titolo «Opera» in cui vi sono numerose ricette che testimoniano il gusto dell’epoca.



CURIOSITA’ Nelle famiglie nobili medioevali l'igiene era molto importante e prima di mangiare e dopo aver mangiato, bisognava lavarsi le mani. Al signore spettava il posto migliore a tavola. In una cena medioevale non bisognava fare troppo rumore o prendere il pane subito perchÊ rovinava l'appetito. Il vino poteva essere consumato solo dai nobili e, nel '500, la birra divenne una delle bevande piÚ popolari. Il succo estratto dall'orzo con l'aggiunta del luppolo fu inventato dai monaci. Tratto da C.Paolini, A tavola nel Rinascimento. Luoghi, arredi e comportamenti, 2007, Polistampa


COME DOVEVA COMPORTARSI UN SIGNORE A TAVOLA? A tavola gli uomini dovevano comportarsi in modo naturale, ridere, scherzare e partecipare a tornei. Un cortigiano doveva distinguersi nelle qualitĂ della bontĂ , prudenza e non essere mai fuori luogo o grossolano.


“E come i piacevoli modi e gentili hanno forza di eccitare la benivolenza di coloro co’ quali noi viviamo, così per lo contrario i zotichi e rozzi incitano altrui ad odio et a disprezzo di noi.” [Mons. Giovanni della Casa, Galateo, I]


“I tedeschi mangiano con la bocca chiusa e trovano disgustoso fare diversamente. I francesi aprono a mezzo la bocca e trovano poco elegante la maniera usata dai tedeschi. Gli italiani masticano con minor vigore, i francesi piĂš robustamente, e quindi trovano troppo delicata e artificiosa la maniera degli italiani. Gli italiani preferiscono avere un coltello per ciascuno. I tedeschi considerano motivo di grande fastidio che il loro coltello venga preso o richiesto da altri. I francesi, al contrario, in un’intera tavolata di persone si servono di due o tre coltelli senza che chiederli o prenderli rappresenti un problema.â€? (Calviac) http://www.laterza.it/vitadicasa/paragrafo.asp?cap=7&par=1


Scuola Media Secondaria di primo Grado Enrico Fermi di Lainate -MI-


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