I racconti della prima C (IIS Maxwell, Milano)

The Lunch Date Il film Andrea D. Niccolò G. Alice C. Stefano C. Tommaso R. Alessandro S. Luca B. Federico C. Miriam F. Jacopo P. Pietro M. Leonardo L.

Il film

Non è facile riconoscere di avere pregiudizi e soprattutto non è facile vincerli.

La breve storia "The Lunch Date", lontana e pur vicina, ci mette di fronte a pensieri e atteggiamenti che appartengono anche a noi.

Visto il filmato è stato chiesto agli studenti di scrivere il racconto della vicenda provando ad immedesimarsi in uno dei protagonisti.

Si è lasciata libertà nella scelta sul tipo di narratore, esterno o interno, e sul punto di vista, la signora o il signore, perciò, pur essendo lo stesso racconto non manca la varietà di interpretazioni e tipologie.

Andrea D. Una signora deve prendere il treno e mentre lo sta raggiungendo di corsa, è in ritardo, si scontra con un uomo di colore, questi vuole aiutare la donna a raccogliere le proprie cose, ma essa lo caccia perché ha paura che gli rubi il portafoglio.

Quando la donna raggiunge la banchina il treno è già partito e quindi deve aspettare il prossimo. Entra in un bar e si accorge che non ha il portafoglio: gliel'hanno rubato.

Prende un' insalata e raggiunge un tavolo libero dove poter mangiare, pulisce il tavolo, si alza e va a prendere una forchetta. Al suo ritorno verso il tavolo, vede che un uomo di colore, seduto al suo tavolo, sta mangiando un piatto di insalata, lo stesso che aveva preso lei. Si siede, l'uomo pensa: "Perché questa donna vuole la mia insalata? Non è sua questa, l'ho pagata io non gliel'ho rubata ed ora perché sta mangiando la mia insalata?

Va beh avrà tanta fame... poverina lasciamola mangiare". Vado a prendere del caffè ora... ne prendo uno anche per lei... non dice niente... ma cosa le ho fatto? E ora perché scappa? dove va?".

La donna appena uscita dal ristorante si rende conto di aver lasciato una borsa dentro il locale e torna indietro a prenderla, si rende conto che aveva sbagliato tavolo e che il signore non aveva affatto rubato la sua insalata e neanche la sua borsa, a quel punto scoppia in una risata sentendosi proprio sciocca.

Niccolò G. Caro diario, oggi è stato un giorno speciale che ho deciso di raccontarti per farti capire che i pregiudizi legati alle persone di diverse etnie nel mio paese sono del tutto errati.

Come ieri ti avevo anticipato, oggi ho preso il treno che mi avrebbe portato da mia figlia a cui avrei dovuto far visita, ma mentre ero alla stazione, sono inciampata e ho rovesciato il contenuto delle mie borse per terra. Un gentile signore si è offerto di aiutarmi, ma io ho rifiutato dato che non mi fidavo di lui. La mia diffidenza era dovuta (mi vergogno a scriverlo ) al colore della sua pelle. Dopo aver raccolto i miei oggetti personali mi sono diretta verso il treno che avrei dovuto prendere, ma non sono riuscita a prenderlo e ora posso dire per fortuna.

Al momento, presa dallo sconforto, controllai la mia borsa per trovare sul depliant della stazione gli orari di partenza del treno e improvvisamente notai che il mio portafoglio era sparito. Ero disperata, perché in poco tempo avevo perso il treno ed il mio portafoglio.

Dopo aver controllato l'ora vidi che era mezzogiorno e così decisi di pranzare. Andai al ristorante della stazione e presi un'insalata con i pochi spiccioli che mi erano rimasti in tasca. Portai il pranzo ad uno dei tanti tavoli del ristorante e lasciai le borse vicino ad esso. Poi mi accorsi di aver dimenticato di prendere la forchetta per consumare il mio pasto e così andai a prenderla, ma quando tornai al tavolo vidi che un uomo di carnagione scura e con un abbigliamento piuttosto malandato, stava consumando quella che pensavo fosse la mia insalata. Così esclamai:<Ehi!>. L uomo sembrava non far caso a me e continuava a mangiare il pasto. Allora decisi di mangiare l'insalata insieme a lui.

Ad un certo punto il mendicante si alzò ed andò al bancone. Tornò con due cioccolate e me ne offrì una; tutto ciò mi sembrò molto strano: perché mi avrebbe dovuto offrire una cioccolata dopo avermi rubato il pranzo?

Ad un certo punto sentii annunciare alla stazione che il mio treno stava arrivando e così senza ringraziare l uomo me ne andai,ma mi ero scordata di prendere le mie borse e così tornai nel ristorante dove però non trovai più né l'uomo né le borse. Andai su e giù nervosamente tra i tavoli del ristorante pensando a ciò che potevo fare; a un tratto le vidi! E accanto ad esse vidi anche la mia insalata e così realizzai!

Capii che ero stata io a "rubare"al gentile signore il pasto, ero stata io a trattar male lui ed il signore che mi aveva aiutato nel momento in cui erano caduti i miei oggetti personali. Scoppiai a ridere e poco dopo raggiunsi il mio treno. Ero davvero imbarazzata, ma avevo capito! E così la mia giornata diventò splendida, e ringraziai il Signore per avermi fatto perdere il treno precedente.

Che ti serva di lezione diario! Spesso abbiamo dei pregiudizi verso la gente a causa delle origini o per il colore della pelle, ma tutto ciò è sbagliato! Perchè molte volte siamo noi senza rendercene conto, a far ciò per cui li giudichiamo.

Alice C. Dovevo da lì a poco prendere il treno, quindi mi affrettai ad arrivare al binario, la stazione non era molto affollata. Ad un certo punto mi scontrai con un uomo nero e mi caddero tutte le cose dalla borsa, lui mi aiutò a raccoglierle e me ne andai. Arrivai al binario quando il treno era già partito e quando guardai nella borsa scoprii di non avere più il portafoglio. Tornai alla zona dove c'erano gli orari dei treni e guardai il prossimo treno.

Nell'attesa decisi di andare a pranzare con gli ultimi spiccioli che avevo nelle tasche del cappotto. Ero abbastanza scettica sulla pulizia di quel ristorante tanto che passai il tovagliolo sul tavolo e quando andai a prendere la forchetta pulii pure questa. Tornata al mio tavolo vidi che un uomo, che aveva l'aria di un barbone, mi aveva rubato l'insalata, cercai in tutti i modi per farmela restituire, ma nulla, lui la continuò a mangiare. Decisi quindi di condividerla e mangiarla insieme a lui che non fece una piega davanti a questa scena. Finita l'insalata lui mi offrì una tazza di caffè, ma non ci fu mai un dialogo tra noi.

Guardai l'orologio e mi accorsi che era ora di prendere il treno. Mentre mi stavo incamminando mi ricordai che avevo lasciato i miei sacchetti al ristorante. Tornata al ristorante non li trovai e pensai subito che me li avesse rubati il barbone e dopo poco mi accorsi che avevo sbagliato tavolo e che l'uomo non mi aveva rubato l'insalata. Mi sentii una stupida e la scena mi divertì molto. Presi i miei sacchetti e mi affrettai a prendere il treno. Salita sul treno mi sentivo molto più tranquilla e ripensai a quello che mio era successo con un sorriso sulle labbra.

Stefano C. Oggi mi è accaduta una cosa strana.Ero in stazione per prendere il treno.Appena entrata ho guardato l'orario dei treni, ho preso dal portafoglio ilbiglietto e mi sono incamminata verso il binario.Ad un tratto mi sono scontrata con un uomo nero, alto, robusto e vestito inmaniera elegante con un paio di occhiali da sole.Mi sono cadute alcune cose dalla borsa, mi sono piegata e le ho raccolte, di fretta, trattando in maniera un po' seccata l'uomo che mi stava aiutando dopo avermi fatto cadere la borsa.Mi sono recata di corsa al binario 28, ma ho perso il treno per un attimo.A quel punto ho controllato se avevo tutto e mi sono accorta che mi mancava il portafoglio.Allora sono andata in un ristorante, ho preso un'insalata e l'ho pagata con ipochi spiccioli che mi erano rimasti.Ho cercato un tavolo, ho lasciato lì le cose e mi sono recata a prendere unaforchetta.Tornata al posto ho visto che si era seduto un uomo nero, dall'aspetto povero.Stava mangiando l'insalata e quando gli ho detto che era mia si è messo aurlare.Vedendo lui che continuava a mangiare dal mio piatto mi sono fatta coraggio e ho cominciato a mangiare anche io.Lui mi ha guardato male, poi a un tratto si è alzato dal tavolo ed è tornato poco dopo con in mano due tazze di caffè, una per me.Mi ha offerto anche dello zucchero, anche se, sicuramente non avrebbe ripagato la mia insalata.Mentre beveva mi sorrideva, come se fosse stato orgoglioso di se stesso.Appena ho finito di bere il caffè mi sono alzata e me ne sono andata.

Camminando mi sono accorta di essermi dimentica un sacchetto nel ristorante.

Sono tornata indietro e l'uomo non c'era più, aveva lasciato sul tavolol'insalata e le tazze di caffè, ma del sacchetto nessuna traccia.Non sapendo cosa fare, andavo avanti e indietro.Ad un tratto mi sono accorta che nel tavolo vicino a quello dove avevomangiato, c'erano il mio sacchetto e la mia insalata (ancora intera).Cosa avrà pensato l'uomo di me?Io lo avevo trattato male perché pensavo avesse preso la mia insalata, lui, addirittura, mi aveva offerto il caffè.Forse ho creduto questo solo perché prima un altro uomo nero (apparentemente più ricco) mi ha ingannato, lui invece (apparentemente più povero) mi ha fatto mangiare dal suo piatto.Pensando a questo sono uscita dal ristorante, ridendo per l'accaduto. Alla fine sono riuscita a prendere il treno.

Tommaso R. Mi ero appena seduto al tavolo con la mia insalata, quando unasignora un po' anziana e ben vestita comincia a dire che io stomangiando la sua insalata.Tutto questo mi sembrava moltostrano, una signora all'apparenza benestante mi dice che stomangiando la sua insalata, ma io la avevo appena comprata con degli spiccioli che avevo racimolato!

La signora si è seduta davanti a me e per un po' mi ha fissato con uno sguardo quasi disgustato e dopo poco ha cominciato a mangiare la mia insalata. Ho iniziato a pensare che la signora fosse povera e avesse fame, nonostante i suoi abiti molto belli, allora io non ho detto nulla e abbiamo mangiato insieme. Dopo aver finito di mangiare sono andato al bancone e ho chiesto due caffè, li ho portati al tavolo e ne ho dato uno alla signora che, dopo averne bevuto un goccio, è andata via difretta mentre io ho continuato a bere.

Alessandro S. Una signora doveva prendere un treno ed era in ritardo, un uomo l'aveva urtata e nel raccogliere i suoi oggetti caduti le aveva rubato il portafoglio. Perso il treno andò a mangiare qualcosa in un ristorante e nel pagare si accorse del furto; avendo degli spiccioli in tasca riuscì comunque a pagare prese il suo piatto e si accomodò in un tavolo, andò a prendere la forchetta e quando tornò vide un signore seduto al tavolo con il suo stesso piatto. Credendo che fosse il suo si sedette assieme a lui e iniziò a mangiare dal suo piatto, una volta finito si alzò e se ne andò. Si accorse solo dopo di non avere le sue borse e tornò di corsa al ristorante. Una volta arrivata si rese conto che aveva mangiato dal piatto di un altro e che il suo piatto, con le borse, era nel tavolo affianco.

Il racconto dell'uomo "Ero entrato nel ristorante della stazione, avevo preso una insalatala e mi ero seduto per mangiarla. Ad un certo punto una signora si mise davanti a me, tentò di prendere il mio piatto ma io la fermai. Prese la forchetta e iniziò a mangiare dal mio piatto. Io non sono un benestante anzi sono un po' povero e lei, che pure era vestita bene, mi fece compassione quindi la lasciai mangiare. Finito il piatto mi sono sono alzato e me ne sono andato."

Luca B. Sono in un ristorante e sto mangiando la mia insalata, ad un certo punto si avvicina una signora anziana, ben vestita che ritiene che stia mangiando la sua insalata, io mi oppongo e continuo a mangiare tranquillamente.

Ad un certo punto questa signora inizia a mangiare dal mio piatto e io mi domando cosa fare, se farla mangiare o farla rimanere a digiuno. Poi mi viene in mente l'idea che possa essere stata derubata e allora la lascio fare per solidarietà. Chissà perché mi ha detto the le ho rubato il piatto. È vero che sono un senzatetto, ma non un ladro. Decido di smontare le sue ipotesi prendendo due caffè: uno per me è uno per lei. Dopo il caffè le do qualche spicciolo per tirare avanti fino al suo arrivo a casa, chissà dove abita, se ha famiglia, se lavora ancora o se è già pensionata ... Non so nulla di lei, però non mi è dispiaciuto aiutarla.

Ora devo prendere il mio treno per tornare a casa.

Federico C. Ero arrivata alla stazione puntuale come al solito. Mi diressi verso il binario da cui doveva partire il mio treno quando, mentre camminavo, mi colpì un nero e m fece cadere tutto ciò che avevo in borsetta. Raccolsi tutto in fretta e furia e andai al binario da cui partiva il mio treno, ma mi accorsi che era troppo tardi. Il treno era già partito senza di me.

Mi sentii sola ed anche un pesce fuor'd'acqua. Una signora di un certo rango come me in quel posto squallido pieno di ubriachi e mendicanti. Mi misi a piangere sopraffatta dalla tristezza. Per colmare tutto quel dispiacere decisi di andare in un ristorante e prendere qualcosa da mangiare. Scelsi un piatto, pagai il proprietario e mi diressi ad un tavolo.

Giunta ad un tavolo libero, posai il piatto e le mie borse e mi sedetti. Mi accorsi presto, però, di non aver preso la forchetta, allora mi alzai e mi diressi verso il bancone delle posate da cui prelevai una forchetta, la pulii con un tovagliolo e la portai al mio posto.

Nel tornare al mio tavolo notai che un mendicante nero era seduto al mio posto e mangiava la mia insalata. Mi avvicinai e gli dissi che quello era il mio pranzo, lui rise.

Tentai di riappropriarmi del piatto, ma lui sbattè un pugno sul tavolo e mi ringhiò addosso come un animale con la rabbia. Allora inizia a mangiare dal mio piatto lui teneva stretto davanti a sé. Verso la fine del pasto lui si alzò dal tavolo e si diresse verso la cassa. Pagò anche per me una bevanda. Io la accettai anche se un po' stupita per il fatto che un nero mi offrisse qualcosa. Lasciai a metà la bevanda e mi diressi verso il binario per non perdere anche il treno successivo. Mi accorsi però che avevo dimenticato le borse e i miei sacchetti. Corsi di nuovo dentro il ristorante giunsi al tavolo e mi accorsi che non c'erano più né il mendicate né le mie borse. Disperata andai avanti e indietro perché quello sporco nero mi aveva rubato tutto.

Improvvisamente, con grande stupore e sorpresa mi accorsi che i sacchetti erano in un altro tavolo come anche il mio pasto; ero io che mi ero seduta al tavolo sbagliato!

Scoppiai in una risata. E ripensai a quando mi ringhiò addosso quel signore quando tentai di riprendermi il pasto, era il suo.

E così presi il treno felice e divertita del fatto curioso che mi era accaduto quel giorno.

Miriam F. Arrivato a casa, dopo una stancante giornata di lavoro, finalmente mi chiusi dietro le spalle la porta della camera da letto. Mi stesi sul letto a pensare a ciò che mi era successo quella strana mattina. Finito il mio turno di operaio, a mezzogiorno, ero andato da Luke's per ordinare la mia solita insalata. Nel momento in cui stavo ingoiando il primo boccone del mio pranzo, vidi un' anziana signora che, dopo aver pulito attentamente il tavolo dietro al mio, si precipitò a recuperare la forchetta che si era dimenticata, strofinando in modo maniacale anche quella. Tornando la donna si sedette al mio tavolo davanti a me, guardandomi in modo seccato; inizialmente non capii cosa volesse, poi però, mi disse in modo sgarbato : " Questa è la mia insalata! " E poi di nuovo : " Questa è la mia insalata! " Pensando che fosse pazza, continuai a mangiare non curandomi di quello che diceva, sperando che se ne andasse al più presto. Purtroppo però, dopo essersi comodamente seduta davanti a me, ella mi continuò a fissare con sguardo minaccioso.

Poco dopo con aria di sfida iniziò a mangiare parte del mio pranzo, "povera donna" pensai " è pazza", la lasciai fare perché mi faceva tenerezza. Proprio per questa ragione decisi si ordinare non uno, ma due caffè. La signora accettò con gioia la mia offerta e ciò mi fece piacere. Poi, senza salutare, si alzò e se ne andò, misteriosamente, come era arrivata.

Mi addormentai contento del gesto che avevo compiuto.

Jacopo P. Portafoglio, documenti, biglietti, borse: c'è tutto. Corro in stazione per prendere il treno per andare da mio figlio, purtroppo però mi imbatto in un uomo che mi fa cadere tutto quello che avevo nella borsa. Per la fretta perdo il portafogli e di conseguenza anche il treno. Un po' delusa decido di andare a mangiare in un locale in stazione dato che era ora di pranzo. Entro nel locale e con i pochi spiccioli che trovo in tasca mi compro un piatto di insalata di pollo. Mi siedo ad un tavolo dove lascio le borse e il mio piatto, dopodiché vado a prendere la forchetta. Al mio ritorno trovo un nero con un cappellino, seduto al mio tavolo che mangia dal mio piatto. Ma come si permette. Pensa di poter fare tutto quello che vuole. E poi si dice che non bisogna essere razzisti e che non sono tutti delle cattive persone. Arrabbiata e un po' sorpresa cerco di riprendermi il piatto ma quell'uomo mi impedisce di farlo. Così mi siedo e lo osservo mangiare desiderosa di saziare la mia fame. Agisco quindi di impulso: prendo una forchetta e provo a rubargli un boccone.

Stranamente questa volta non mi ferma, e così ne prendo un altro, e un altro ancora.

Dopo pochi secondi stiamo ormai mangiando dallo stesso piatto. Ad un certo punto l'uomo si alza, fa come per andarsene. Io rimango a mangiare da quello che doveva essere il mio piatto. Con mia enorme sorpresa torna con due tazze di caffè. Una per lui e una per me.

Forse ho fatto male a giudicarlo. Si sarà anche preso il mio piatto, ma dopotutto mi ha fatto mangiare e mi ha pure offerto un caffè.

Decido che è ora di andare, devo informarmi per capire quando passerà il prossimo treno.

Però subito dopo essere uscita dal locale mi accorgo di essermi dimenticata le borse dentro. Corro in fretta per recuperarle e pensa un po': quell'uomo non c'era più e le mie borse erano lì, allo stesso tavolo dove le avevo lasciate insieme al piatto ancora stracolmo di insalata di pollo. Realizzo che non era stato quell'uomo che mi aveva rubato da mangiare, ma che dopo tutto ero stata io a scroccargli un pasto. Mi viene naturale ridere. Avevo pensato proprio male di lui, forse anche per il fatto che avesse la pelle scura, e invece lui è stato così generoso, senza sapere nemmeno chi fossi. Non dimenticherò mai quell'uomo e non vedo l'ora di raccontare questa storia a mio figlio e ai miei nipotini.

Pietro M. Ieri dopo una lunga giornata sono andato a comprare un nuovo cappellino e dopo questo sono andato a mangiare. Quando ho iniziato a mangiare la mia buona e succulenta insalata ho incontrato una signora che ha iniziato a mangiare la mia buonissima insalata.

In un primo momento mi sono arrabbiato, ma poi l'ho fatta mangiare. Questa signora dev'essere proprio un donna molto sfortunata visto che mangiava con voracità. Così, con gli spiccioli che mi rimanevano della giornata, ho preso due caffè uno per me e uno per lei. Se lo è subito bevuto. Poi se ne è andata e anch'io sono uscito ripensando a quella donna e alla mia buonissima e succulentissima insalata...

Leonardo L. Mi stavo incamminando verso i treni per partire, quando inciampai e un signore mi aiutó a raccattare gli oggetti caduti dalla borsa. Ero agitata, sapevo di essere sul punto di perdere il treno... E così fu. Rassegnata andai a cercare un posto dove poter mangiare qualcosa, e così mi comprai un piatto di insalata. Dopo essermi alzata un attimo per andare a prendere una forchetta...vidi che uno sconosciuto, probabilmente un senzatetto, stava mangiando il mio pasto. Quindi mi avvicinai cercando spiegazioni e, forse con toni un po' eccessivi, lo rimproverai e lui ribatté, rimproverando me. Provai con le buone maniere, con le cattive, se così si può dire, ma alla fine mi accorsi che non cercò di fermarmi quando io presi dell'insalata dal "suo" (che poi pensavo fosse mio) piatto. A questo punto continuai, e mangiammo dallo stesso piatto per un po'. Poi lui si alzò, e io, un po' dispiaciuta, pensai che se ne stesse andando, e invece...era solo andato a prendere del caffè, e me ne offrì una tazza. E io che credevo che questa gente fosse del tutto asociale, del tutto arrogante, poco gentile, difficilmente disposta a condividere...

Invece, lui mi offrì un caffè...

Dopo aver bevuto il mio caffè me ne andai, ma dopo essermi accorta di aver dimenticato le borse, tornai: le borse erano sparite insieme al signore. Disperata, facendo avanti e indietro per i tavoli, mi accorsi che il piatto di insalata che avevo comprato io, era su un'altro tavolo! E c'erano pure le borse! Ero certa che il "barbone" mi avesse rubato il cibo, e invece, quello sconosciuto, il cibo, se l'era comprato coi suoi soldi, ed ero io ad aver rubato a lui il cibo.

Quando si dicono i pregiudizi, i luoghi comuni... Ero divertita, e come tale me ne andai ridacchiando per la strana esperienza passata e per la lezione di vita subita.

Un passo avanti Introduzione 17 anni Italia 16 anni Marocco 17 anni Ecuador 17 anni India 13 anni Rom 17 anni Senegal 13 anni Moldavia 18 anni Romania Il Racconto di Qunda 14 anni Italia 19 anni Eritrea 25 anni Turchia

Introduzione All'interno del progetto Parlez vous global è stato fatto un gioco di ruolo in cui ciascun ragazzo ha ricevuto un bigliettino con le indicazioni di un personaggio. Dopo un istante di silenzio per raccogliere le idee e provare a pensare e vivere nei panni del proprio personaggio sono state fatte dall'animatore dieci domande alle quali si poteva rispondere sÏ o no. Nel caso di risposta affermativa si doveva fare un passo avanti.

C'è chi ha potuto fare dieci passi e chi è rimasto praticamente fermo...

Le domande erano del tipo puoi andare in vacanza d'estate o puoi uscire con chi vuoi.

I racconti di questa sezione sono scritti in prima persona e hanno come narratore il personaggio ricevuto dalla sorte.

Per scrivere la "loro" storia i ragazzi hanno dovuto anche documentarsi sul paese di origine e sul possibile percorso intrapreso per giungere in Italia.

17 anni Italia La consegna

Il racconto E anche oggi una giornata di lavoro è andata, non vedo l'ora dicambiare lavoro, non che questo lavoro non mi piaccia: non midispiace stare in un'officina, adoro le moto; ma potrei esserelicenziato, dato che con la crisi il lavoro è sempre meno. Spero di no, visto che il mio stipendio fa molto comodo alla mia famiglia, visto che miamadre non guadagna molto e mio padre si è trasferito a Milano dopoil divorzio, e poi ci sono anche Federico, Giulia e Lorenzo, i miei tre fratellini. E come se non bastasse quel tirchio del padrone di casa ci fa pagare un sacco di soldi per l'affitto di questo piccolo e modesto bilocale!

Non avrei mai pensato di dirlo, ma mi manca la scuola , anche se sono stato bocciato tre volte, però era meno faticosa del lavoro e avevo molti più amici.

Da un paio di mesi ho compiuto 17 anni, quindi manca ancora un anno prima che io sia maggiorenne, dopo di che penso che mia madre mi manderà a Milano da mio padre e la

sua fidanzata o moglie, non so neanche come si chiami (e sinceramente non mi interessa), così magari mi trovo un lavoro migliore, e soprattutto mi immagino con una bella moto nuova, magari una Kawasaki o una Yamaha, e non con il motorino usato che devo ancora finire dipagare a quel tipo in via Marticelli.Tutto sommato a Brescia sto bene, sì, naturalmente Milano è meglio,ma non mi trovo male qui. Chissà, magari grazie a papà riesco atrovare un lavoro importante in un punto Honda oppure ancorameglio (come ho detto prima) Kawasaki o Yamaha.Speriamo che questa maledetta crisi finisca e si possa vivere meglioin Italia, ma forse quando questo avverrà io sarò già andato in Giappone.

Stefano Cas.

16 anni Marocco Io sono Meriam e sono una ragazza di origine marocchina di 16 anni.

Sono alta e magra, i miei capelli sono lunghi lisci e neri (anche se nessuno li vede perché indosso il velo). I miei occhi sono grandi e marroni. Ho un naso grande a patata e le orecchie a sventola. Anche la mia bocca è grande con labbra sottili e carnose. Ho braccia lunghe e magre, gambe slanciate e sottili, il ventre piatto e i piedi piccoli.

Sono una persona molto introversa e timida. Solitamente sono allegra e serena, perché mi trovo molto bene a scuola e quando vado in giro, soprattutto se penso alla situazione che c'è in Marocco.

Nonostante la mia provenienza io, però, mi sento italiana. Vivo in Italia, più precisamente a Varese, da quando ero piccola. È stato difficile riuscire a venire in Italia per me e per la mia famiglia. Poco dopo che mia madre è rimasta incinta di me, mio padre ha deciso di andare in Italia per trovare un lavoro e garantirmi un futuro. Si è messo d'accordo con uno scafista e con un gommone lui e altre persone hanno fatto la traversata. È stato un viaggio sfortunato. Molti sono morti, ma non mio padre, poco lontano dalla costa, è stato soccorso da alcuni pescatori che lo hanno poi portato in un centro di accoglienza. Dopo un mese circa, lui ed altri con cui aveva stretto amicizia, sono riusciti a scappare. Sono andati a dormire in un edificio abbandonato e si sono cibati di ciò che hanno trovato in un campo, dove poi il padrone li ha fatti lavorare per qualche soldo.

Finita la raccolta delle arance per trovare lavoro lui ed altri clandestini si sono diretti verso il Nord Italia e sono arrivati a Varese.Qui hanno conosciuto un uomo che li ha fatti lavorare come operai per pochi soldi ed ovviamente, essendo clandestini, in nero. Poi però visto che era molto bravo il suo capo lo ha messo in regola e lui è riuscito a ottenere il permesso di soggiorno e poi il ricongiungimento familiare.È da quando ho quattro anni che mi trovo in Italia.Siccome ero piccola quando sono arrivata a Varese, apprendere l'italiano non è stato molto difficile.L'unica persona che fa ancora fatica a parlare l'italiano è mia madre.L'unica cosa che adesso mi distingue dagli altri italiani è la mia religione che mi costringe a mettere il velo per coprirmi i capelli.All'inizio ambientarsmi mi è sempre difficile, per via della mia religione, del velo e della mia origine.Ma dopo un po' la gente si abitua e mi tratta come gli altri.

La mia più grande passione è la musica.Mi piacerebbe molto cantare in una band, ma la mia famiglia non vuole.Ho anche un fratello, di nome Kamal, che ha cinque anni adesso e lui come me non ha la cittadinanza italiana, anche se lui, al contrario di me, è nato in Italia.I miei genitori vogliono che esca con me qualche volta, che lo porti al parco, ma io sono grande: io voglio uscire con le mie amiche, non voglio fare la baby-sitter a mio fratello, anche se qualche volta mi tocca.D'altronde sono i doveri di sorella maggiore.La mia migliore amica è Lucia, lei è italiana e, nonostante io sia "straniera" io e lei andiamo molto d'accordo.Parliamo di tutto, stiamo sempre insieme e ci divertiamo molto.

Per rispettare la mia religione devo fare alcune cose e non farne altre.Ad esempio non posso uscire di sera perché mio padre non vuole, non posso andare in discoteca, né in

piscina con il costume normale perchÊ devo indossarne uno musulmano, che copre tutto il corpo.Inoltre nel mese del Ramadam devo digiunare tutto il giorno e mangiare solo di notte e per me è molto difficile, soprattutto vedendo gli altri che non hanno questo obbligo.Comunque nonostante tutto credo di avere una bella vita qui in Italia, meglio di quella che potrei avere se fossi in Marocco. Quindi credo che mio padre abbia fatto la scelta giusta quando ha deciso di venire qui per assicurarmi un'infanzia ed un futuro migliore e non c'è giorno che passi senza che io pensi ai sacrifici fatti da lui per me.

Stefano Cit.

17 anni Ecuador Ciao, mi chiamo Jordan e vengo dall'Ecuador, un paese molto lontano dall'Italia. Per essere precisi, l'Ecuador si trova nell'America del sud, affacciato sull'Oceano Pacifico, tra la Colombia e il Perù. Si chiama così perché è posto proprio sulla linea dell'equatore. Sono nato a Guaiyaquil, la città più importante e popolata dell'Ecuador e lì ho vissuto fino a sei mesi fa, per 17 anni, insieme alle mie due sorelline di sei e nove anni. Da quando ho dodici anni io con le mie sorelline ho vissuto con i nonni materni perché i nostri genitori sono emigrati in Italia in cerca di lavoro, con la promessa che un giorno, appena possibile, li avremmo raggiunti. È stato veramente brutto quando se ne sono andati e sia noi che loro abbiamo pianto molto. Ma finalmente quel giorno è arrivato sei mesi fa e ora viviamo tutti assieme a Cologno Monzese, un paese nella periferia di Milano. Certo, avevo molti amici in Ecuador e li ho dovuti lasciare, con molto dispiacere, ma ho promesso loro che un giorno tornerò con tutta la mia famiglia. In Italia per ora non ho molti amici dato che sono arrivato da poco, ma spero di trovarne tanti e soprattutto buoni.

In Ecuador frequentavo il liceo scientifico ma ora, avendo difficoltà con la lingua italiana, i miei genitori hanno preferito iscrivermi ad un corso professionale, che spero di finire presto in modo tale da iniziare a lavorare per aiutare i miei genitori e poterci permettere di tornare più spesso in Ecuador a trovare i nonni e gli amici. Mio padre lavora come operaio in un'industria meccanica che produce pezzi di ricambio per motori di aerei; mia madre fa la cameriera in un ristorante in centro Milano. Il proprietario del ristorante mi è molto simpatico e quando serve, nei week end, mi chiama per dare una mano in cucina.

Siccome i miei genitori lavorano anche la mattina, mi occupo io di portare le mie due sorelline a scuola. Fortunatamente la scuola elementare che frequentano è vicina alla mia e da casa la si raggiunge con la metropolitana. Il pomeriggio mia madre passa a prenderle mentre io vado a ripetizioni di italiano per impararlo bene. A scuola mi sono inserito abbastanza bene, anche se è molto difficile. Cerco di studiare il più possibile e di prendere voti alti per poter trovare lavoro più facilmente. Nella mia classe c'è un altro ragazzo ecuadoregno, di un anno più grande di me perché è stato bocciato. È molto simpatico e mi ha insegnato molte cose su come si vive in Italia.

Il mio paese mi manca molto, mi mancano il mare, gli amici, la mia vecchia casa, i miei nonni. L'Ecuador è un posto bellissimo, spero di poterci tornare il prima possibile con tutta la famiglia e con qualche soldo in più.

Alessandro S.

17 anni India Sono una ragazza di diciassette anni, sono nata in India esono figlia unica.L'India è un posto tanto bello quanto povero, lì ci abitanoun miliardo di persone che lavorano ogni giorno tutto il giorno per poterportare qualcosa da mangiare a casa.

Io sono stata fortunata perché vivo in una famigliabenestante, dato che mio padre è un'ambasciatore.Proprio per il suo lavoro io e la mia famiglia ci spostiamospesso e non si sa mai quando è dove gli affideranno un nuovo incarico.

Da cinque anni vivo in Italia, a Roma, con la mia famiglia, qui ho dovuto ricominciare tutto da capo, cercando nuovi amici. Per me socializzare non è proprio una passeggiata, anche se da parte dei miei genitori genitori non ho ostacoli, perchè la nostra religione non è molto rigida sul fatto di uscire con persone di altra religione.

Io sono una ragazza molto brava a scuola e dopo il liceo vorrei intraprendere lo stesso percorso di mio padre perciòvorrei continuare a studiare andando all'università facendogiurisprudenza.Io vorrei tanto tornare nel mio paese d'origine almeno in vacanza, ma a causa degli impegni di mio padre non si ha maitempo per andare.

Francesco B.

13 anni Rom Caro diario, mi chiamo Rosa e ho tredici anni. Sono di media altezza, ho i capelli neri, gli occhi castani e la carnagione abbastanza scura.

Sono nata in Italia, ma i miei genitori sono nati nella ex-jugoslavia. Mio papà lavora in una cooperativa mentre mia mamma è disoccupata.

Come potrai notare dalle occupazioni dei miei genitori non sono molto ricca economicamente e perciò non vivo in una casa, ma in una roulotte nella periferia di Milano insieme ad altre persone. Come i coetanei del campo in cui vivo sono una rom.

Molte persone, come ad esempio i miei compagni di classe, associano i rom alla puzza ed ai ladri e perciò molte volte mi prendono in giro. Ma non sanno che noi siamo persone tutte uguali e ciò mi dà molto dispiacere sia per me che vengo emarginata sia per loro che sono ignoranti. Perché vi posso assicurare che i miei genitori sono persone onestissime e non ruberebbero dei soldi neanche se li trovassero per terra. È vero, molte persone della mia popolazione commettono reati, ma lo fanno come lo farebbe un italiano qualunque. Solo che se "l 'italiano qualunque" commette un reato è giustificato mentre se siamo noi rom a commetterlo veniamo insultati o peggio ancora picchiati solo perché siamo considerati "diversi".

I miei genitori si sono trasferiti in questo paese perché in quello in cui vivevano prima non trovavano lavoro .

Frequento la terza media e l'anno prossimo andrò alle scuole superiori; ho scelto di fare il liceo delle scienze umane dato che sono molto brava nelle materie umanistiche. Mi trovo bene in Italia, perché penso che questo sia un bel paese, l'unica cosa che mi dà fastidio sono le persone che mi prendono in giro per le mie origini. Come vi ho anticipato prima mia mamma non lavora, ma lo fa per libera scelta dato che deve badare a me e ad i miei tre fratellini che sono più piccoli di me. Come potrete capire siamo una famiglia molto numerosa e perciò mi tocca utilizzare gran parte del mio tempo per aiutare mia mamma a badare ai miei fratelli. Devo ammettere che un po' mi da fastidio, ma è mio dovere farlo.

Come la maggior parte delle persone su questo pianeta ho una passione: la danza classica. Fin da piccola ho desiderato diventare una ballerina, ma non ho potuto iscrivermi al corso a causa dell elevato costo del corso, ma per mia fortuna mia zia ha studiato danza per dieci anni e perciò mi dà lezioni private quando ha tempo. Il mio sogno è quello di andare a lavorare alla Scala di Milano come ballerina.

Vi ho parlato un po' degli aspetti negativi della mia vita che sono i soldi e le prese in giro dei compagni, ma io nel complesso sono una ragazza felice perché ho una bella famiglia, dei genitori che mi vogliono bene e questo per me conta molto. Sono fortunata rispetto a molti miei amici che sono arrivati da poco in Italia dato che essendo nata in questo paese ne conosco bene la lingua ed i costumi e perciò cerco di aiutare "i nuovi arrivati".

Caro diario,spero tu ti sia fatta una buona idea di me e ti farò avere mie notizie al più presto, un saluto, Rosa.

Nicolò G.

17 anni Senegal Era da tanto che volevo scrivere il mio parere su questo paese dove sono arrivato all'età di soli cinque anni.

Il mio paese d'origine è il Senegal e le uniche cose che so, sono quel poco che mi hanno raccontato i miei genitori.

Sono arrivato qua in aereo, ma prima mio padre ha dovuto affrontare un lungo viaggio per pagare i biglietti per farci arrivare. Quando si scoprì che mia madre era in cinta mio padre, mussulmano, ebbe pietà della sua donna perchè l'amava veramente e decise di trovarle un luogo dove crescere suo figlio. Per questo decise di intraprendere un lungo viaggio rischiando la pelle per arrivare fino a qui.

Diciassette anni fa prese il tir del trafficante di uomini che lo portò in condizioni disastrate fino a Dakhla, città costiera del Sahara occidentale dove prese una nave che lo portò fino a Rabat. Da lì riuscì ad arrivare fino alle coste della Tunisia passando da una città all'altra solo in autostop. In Tunisia prese un barcone che andò alla deriva e invece di arrivare a Lampedusa arrivò fino sulle coste della Sardegna dove trovò al porto un uomo gentilissimo che gli offrì ospitalità. Era un pescatore, che non sembrava condurre una vita malvagia, anzi. La sera mio padre e il pescatore uscirono dopo mangiato perchè il pescatore voleva che mio padre gli raccontasse come fosse arrivato lì. Il pescatore capì che mio padre sapeva l'inglese molto meglio di molti italiani perchè si era impegnato molto a studiarlo e sapeva anche il francese. Il pescatore talmente generoso, pensò che mio padre aveva delle grandi doti e gli regalò un biglietto del traghetto. Mio padre lo ringraziò, finalmente poteva viaggiare comodo, ma sapeva che l'indomani avrebbe dovuto trovare lavoro.

Arrivò a Roma, poi continuò il viaggio verso Nord finché non trovò che un misero posto da operaio, ma gli bastò per mantenersi e in soli quattro anni riuscì ad aprire un mutuo per la casa e pagare i biglietti dell'aereo. Aveva trovato un posto di lavoro a Lecco dove ci trasferimmo.

Il viaggio d'aereo non fu diretto, per ridurre i costi ci furono addirittura due scali. La cosa più brutta fu la partenza, non volevo andarmene, ma mi toccò farlo, per una vita migliore.

Non appena l'aereo si alzò in cielo da terra pensai che stessi andando in paradiso sopra le nuvole. Arrivai in Italia dove non sapevo una parola di questa lingua, ma non fu difficile impararla appena mio padre comprò un vecchio televisore su cui potei guardare i cartoni animati. Passavano gli anni e il nostro stile di vita migliorava, ma non le relazioni con il resto della gente. Molti guardandomi sembravano sospettosi. C'era una certa Lega Nord che sembrava non volerci proprio. Man mano che gli anni passavano alla fine almeno io mi sono integrato tra i ragazzi della mia età e canto addirittura in un gruppo rap con dei miei amici. Una delle cose di cui sono felice è che mio padre possa continuare a professare la sua religione e che mia madre sia felice. Io al contrario suo sono felice di non dover osservare nessuna religione. È ingiusto che qualcuno dica a qualcun altro come debba pensare, come succede nel mio paese. Qui si è veramente liberi di fare quello che

si vuole. Si può studiare e si hanno molte altre comodità. Certo la libertà di scegliere è quella più grande. Ma non tutti la sfruttano come dovrebbero. Se i miei compagni a scuola avessero la stessa grinta di quelli che avrei avuto in Senegal con queste possibilità si sarebbe formato un ambiente di lavoro molto più proficuo di quello che c'è nella mia classe. Peccato che io vedo che questo paese sta decadendo e che non si sta creando lavoro. Presto se non si sfrutta la libertà di creare che si ha qui si fallirà e noi saremo i primi a doversi muovere visto che l'abbiamo già fatto!

Federico J. C.

13 anni Moldavia Mi chiamo Avram ho 13 anni e vengo dalla Moldavia.Vivo nella provincia di di una grande città e sto frequentando la terza media e mitrovo abbastanza bene con i miei compagni.

A scuola vengo aiutato da un'insegnante di sostegno perché devo ancora imparare bene l'italiano.

In casa mia la situazione è un po' critica, i miei genitori non hanno il permesso di soggiorno e non trovano un vero lavoro. Inoltre mia mamma ha preso qualche strana malattia di cui non mi vuole parlare e non può farsi curare perché ha paura di essere espulsa dall'Italia. Mio papà la aiuta molto e cerca di trovarle un lavoretto come donna delle pulizie o cose simili mentre lui cerca di trovare lavori più pesanti per racimolare un po' di soldi.

Oltre a tutto questo io l'anno prossimo dovrei frequentare la scuola superiore, ma alcune scuole richiedono il permesso di soggiorno dei genitori per poterci andare.Vorrei frequentare un istituto professionale come cuoco o barman in modo tale da specializzarmi in qualcosa e riuscire a trovare lavoro più facilmente. In questo periodo la mia situazione è un po' instabile qui in Italia, ma spero che con il passare degli anni questo paese possa offrirei delle opportunità, se no saremmo costretti a trovarci un altro posto e miei genitori sarebbero dispiaciuti per via del loro"errore".

Spero di continuare la scuola e di riuscire a diplomarmi e soprattutto di vivere in Italia come cittadino italiano e non come un "moldavo" e che possa avere tutti i diritti e che venga trattato come un cittadino di questa Nazione.

18 anni Romania Ciao, mi chiamo Jean, ho 18 anni, sono alto 1,80 m, ho i capelli biondi e gli occhi azzurri, vengo da Bucarest, in Romania.

Qui in Italia vivo nella casa dei miei zii a Lecco e lavoro regolarmente come muratore in un'impresa edile locale e riesco a risparmiare qualche soldo; con questi soldi vorrei aprire un'impresa edile in Romania dove ho lasciato la mia fidanzata, i miei amici e i miei genitori. Qui in Italia mi trovo bene, non ho problemi legislativi o giudiziari, ma non riesco a relazionarmi bene con gli italiani che non si fidano ciecamente di noi immigrati, perchĂŠ ci vedono come Rom o come barboni cosa che invece non siamo. Sarebbe bello che gli italiani capissero che noi extracomunitari non siamo tutti uguali.

Luca B.

Il Racconto di Qunda

Uff...

Ma proprio al terzo piano doveva abitare questo, e oltretutto in un condominio senza ascensore!

Arrancavo salendo le scale sotto il peso di due pizze.

Dopo aver suonato il campanello, aspettai un po', e poi iniziai a pensare che fosse stato uno dei soliti scherzi telefonici da teppistello.

Finalmente...

Qualcuno mi aprì.

Lo scrutai cercando di capire che tipo era, lo facevo spesso da quando consegnavo le pizze, mi piaceva tirare a indovinare il carattere e la vita delle persone.

Dopo poco mi accorsi che quel viso mi era familiare, era africano come me.

Poi i nostri sguardi si incrociarono, capii dai suoi occhi che anche lui pensava di avermi già conosciuto.

Gli avrò già consegnato una pizza? Pensai.

Ma mi risposi da solo: no, non ero mai andato in quel quartiere di Roma. " Qunda ma che ci fai qui? L'ultima volta che ti ho visto è stato ai tempi della guerra in Sierra Leone cinque anni fa.T i pensavo morto." Mi disse, ma io non avevo ancora capito chi era.

Poi però notai la cicatrice sul braccio e capii : " Aloe ?!?! "" piuttosto dovrei chiedertelo io!"

Mi fece accomodare, accettai, tanto quella era la mia ultima consegna della giornata.

Ci sedemmo a tavola con lieve imbarazzo e tristezza per il fatto di dover riaprirei ferite ormai quasi rimarginate.

Iniziammo a raccontarci dei nostri viaggi per arrivare qui in Italia.

Iniziai io, raccontando del momento in cui la mia famiglia mi disse che dovevo andarmene per scappare dalla guerra e cercare fortuna in un altro paese, e dopo tanta indecisione scegliemmo questa soluzione.

Il viaggio nella stiva di quella nave, fin da subito, si mostrò più difficile di quanto pensassi, le prime notti piangevo per la paura dell'ignoto che mi aspettava.

Con cosa mi sarei nutrito? Dove avrei dormito? Come mi sarei guadagnato da vivere?

Queste domande continuavano a martellarmi in testa ed io pativo sempre di più la fame, il freddo e la nostalgia. Continuavo vedere i miei compagni di viaggio morire, e pensavo

che prima o poi sarebbe stato il mio turno.

Finalmente però, una calda mattina di giugno, riuscii ad arrivare sulle coste italiane.

Conoscevo già la prima cosa da fare. I miei familiari mi avevano lasciato qualche spicciolo e io corsi subito a comprare un biglietto del treno per Roma, dove avrei incontrato lo zio Abdul che mi avrebbe ospitato.

La quotidianità era molto difficile, la gente per strada mi guardava malissimo, quasi come se io avessi fatto un torto ad ognuno di loro.

I miei amici erano ancora in Africa e io mi sentivo in pena per la situazione politica del mio paese.

Tentavo di farmi piacere il posto, ma nulla mi faceva sentire a mio agio, nulla era simile alla mia vera casa, l'Africa. Non che lì la realtà fosse facile, ma almeno avevo accanto la mia famiglia che mi spingeva ad andare avanti in tutto e per tutto.

Sì, certo, lo zio si impegnava ma io non riuscivo ad adattarmi, il cibo poi... Che schifezza non lo sopportavo proprio.

Mi trovai un impiego come ragazzo che consegna le pizze ed ogni volta che ne portavo una a destinazione mi chiedevo come la gente riuscisse a mangiare quella robaccia.

Ora ho fatto nuove amicizie e tollero di più la popolazione italiana, quanto al cibo, non penso che riuscirò mai a farmelo piacere.

Passammo tutta la sera a chiacchierare delle nostre vite.

Mi fece piacere trovare un pezzetto d'Africa anche in Italia...

Miriam F.

14 anni Italia Sono un ragazzo di 14 anni che vive con i propri genitori a Cernusco in provincia di Milano.Frequento l'istituto tecnico del mio paese, all'ITSOS. Della scuola non ne voglio parlare. Ho dei voti pessimi e tutti i professori mi odiano. Ho pochi amici, gli unici sono quelli della mia squadra di calcio.

Molti mi prendono in giro per la situazione della mia famiglia.Mio padre è stato licenziato un anno fa perché è stato trovato ubriaco sul posto di lavoro, per di più la sera esce e non lo rivediamo fino a mattina. Dio solo sa che cosa va a fare. Non ha più travato la forza per cercare un nuovo lavoro. Mia madre invece non molla mai, purtroppo ha solo un lavoro part-time in un locale vicino a casa e non riesce a guadagnare abbastanza per arrivare a fine mese.Viviamo in una casa in affitto offerta dal comune, ma che a stento riusciamo a pagare le spese.

Una delle cose che mi fa tirare avanti è il calcio. Sono uno dei migliori giocatori della mia squadra. L'allenatore dice che prometto bene. Sembrava quasi un sogno lasciare tutto per diventare un giocatore di calcio professionista, ma ormai la mia famiglia non può più permettersi la quota di iscrizione dell'anno prossimo. Dovrò abbandonare l'unica cosa che amo; l'unica cosa che mi riusciva bene.Mi consolerò quest'anno perché forse riusciremo a vincere il campionato.Mi capita spesso di rimanere a casa da solo perché mio padre è sempre fuori chissà dove e mia madre è sempre a lavorare per mantenerci.Ma chi me lo fa fare di andare ancora a scuola. Non mi serve a niente. È uno spreco di tempo e di soldi alzarsi la mattina per andare in un'aula dove c'è un professore che continua a parlare di cose che non mi serviranno mai nella vita.Se non riusciamo a rimetterci in piedi andare a scuola è inutile. Pensavo di non presentarmi più in classe nei prossimi mesi.

Mi sento un verme sapendo che mentre io sono a scaldare la sedia mia madre lavora così duramente per me.Voglio rendermi utile in qualche modo. Aiuterò mia madre in qualche modo.Posso rinunciare a qualcosa, vendere libri e vestiti, aiutare mia madre in casa e sopratutto trovare qualcuno che possa aiutare mio padre con il problema dell'alcol.Non sono un grande credente, ma ho sentito dire che il don dell'oratorio è un gran uomo.

Forse lui può aiutarmi. Andrò a parlare con lui domani di certo non chiuderà la porta in faccia a un ragazzo in difficoltà.Saranno tempi duri, ma io non mi arrendo, lascerò tutto ma darò anche io il mio contributo in famiglia. Spero solo che un giorno ci potrà essere un mondo in cui nessuno si sentirà più come me.

Jacopo P.

19 anni Eritrea La consegna

Salve a tutti, io sono Tesfai Haimanot Yemane Selam, ma voi chiamatemisemplicemente Tesfai, ho 19 anni e provengo dall'Eritrea. Il mio aspetto non è dei migliori, sono piuttosto magro perché il cibo scarseggia, ho i capelli neri, gli occhi neri e la pelle scura.

Oggi sono qua per raccontarvi la mia storia, cercherò di non essere troppo lungonei dettagli per non annoiarvi.Inizio con il dirvi il motivo per cui sono venuto qui in Italia.

Come sapete in Eritrea la situazione non è delle migliori e molto spesso ci sono delle guerre, perfortuna io non me ne sono andato proprio per una guerra, ma per il fatto chefacevo parte di un gruppo che contestava il governo, e quindi la situazione per me non era molto sicura.Sono partito con uno dei miei migliori amici che si chiama Baba e nella nostra città ci divertivamo sempre molto insieme.Nel corso del viaggio però ci siamo divisi e abbiamo preso due strade differenti,spero un giorno di rincontrarlo e passare altri pomeriggi con lui come facevamo un tempo.

Il mio viaggio non è stato assolutamente uno dei migliori, anzi è stato uninferno; dovevo sempre stare attento ai controlli della polizia libica che diversevolte mi ha fermato e lì pensavo il peggio, ma per fortuna sono arrivato in Italia sano e salvo.

Arrivato in questa meravigliosa terra, davvero bella e molto più sicura di dove vivevo io, ho richiesto l'asilo come rifugiato politico, non so se la mia domanda sarà accettata, ma io incrocio le dita e prego.

Ora vivo in un capannone abbandonato insieme ad altri richiedenti di asilo e mi sono già fatto qualche amico e intanto faccio anche qualche lavoretto utile per cercare si guadagnare qualcosina per mangiare e magari in futuro per potermi spostare.

La cosa sicuramente che mi manca di più del mio paese è il calcio, ecco forse mi sono dimenticato di dirvelo, ma io amo moltissimo il calcio ed era il mio passatempo preferito con gli amici. La maggior parte dei pomeriggi li passavo ad organizzare tornei di calcio e chi vinceva come premio riceveva una cioccolata o un gelato a seconda della stagione.

Ovviamente mi mancano tantissimo tutti i miei amici e la mia famiglia prima di tutto.

Voglio lavorare sempre di più per cercare di mandare qualcosa anche alla miafamiglia per rendermi utile in qualche modo e per ringraziare i miei genitori per tutto quello che hanno fatto quando io ero piccolo.Gli ultimi due desideri che ho sono il primo di tornare a studiare perché io amavo studiare e diventare così un dottore per aiutare gli altri, perché mi ritengo una persona piuttosto altruista e il secondo è quello di, prima o poi, tornare in Eritrea.

Ecco qua, questa è la mia esperienza.

Ecco qua, questa è la mia esperienza.Spero di non essere stato noioso ma di essere stato interessante in qualche modo.

Ciao e a presto! :) Alice C.

25 anni Turchia

Mi chiamo Aziz Yilmaz. Ho 25 anni e sono musulmano. Vivo a Milano. Sono nato in Turchia. Lavoro come presentatore televisivo di programmi per bambini. Grazie a questo lavoro riesco a vivere bene. Sono in Italia da quando avevo quattro anni, questo per me è stato molto vantaggioso perché mi ha permesso di imparare a parlare la lingua italiana prima di iniziare la scuola. Sì, avevo qualche difficoltà nello scritto, ma col passare del tempo queste difficoltà sono svanite. Da bambino a scuola ero preso in giro per il mio accento però mi abituai in fretta a questa situazione e imparai a scherzarci sopra.

Non capivo il perché avevamo lascito la Turchia per venire in Italia. Ogni volta che chiedevo spiegazioni ai miei genitori mi dicevano che ero troppo piccoloper capire finché il giorno del mio settimo compleanno la mia domanda ha ricevuto una risposta, quella che mi aspettavo: per lavoro. Quando dovevo partire per venire in Italia ero triste.

Questo perché dovevo lasciare i miei nonni, gli zii e il mio paese e la cosa faceva molto male. Arrivai in Italia in aereo e per tutto il viaggio piansi perché volevo tornare dai miei famigliari. Però arrivato in Italia, vedendo mio padre, che era lì da un paio d'anni, passò tutto ed ero felice di essere arrivato. Dall'aeroporto mio padre ci accompagnò nella nostra nuova casa dove ho vissuto fino a cinque anni fa. La nuova casa al primo impatto non mi piaceva, perché pensavo fosse troppo piccola, poi, sempre col passare del tempo, mi abituai e iniziò a piacermi. Io pensavo che fosse troppo piccola perché sulla strada per arrivare a casa vedevo grandi case e pensavo che anche la mia fosse così. Comunque non era troppo piccola come avevo pensato in un primo momento, anzi, non era n'è troppo grande n'è troppo piccola. Aveva un piccola sala, una cucina, un bagno e due camere da letto, una per me e una per i miei genitori. Non vi descrivo la camera dei miei genitori perché non vi interessa, e anche se non fosse così nonla descriverei comunque. Quindi passiamo alla mia camera. La mia camera non era tanto grande, ma aveva abbastanza spazio per farci stare tutto quello che ci deve essere in una camera, cioè un letto, un armadio e una scrivania. Partendo dal letto, che non mi è mai piaciuto, era molto scomodo perché il materasso era molto duro e a me il materasso piace soffice. L'armadio, invece, era di un colore smorto, per questo nel giro di un mese era pieno di immagini e foto. La scrivania era l'unica parte che mi piaceva perché c'era abbastanza spazio per tenere aperti un paio di libri e riuscire a disegnare. Crescendo e iniziando ad uscire con gli amici iniziò a piacermi anche la città dove abitavo e abito tuttora, Milano. Mi piaceva perché c'erano molte cose da fare, come andare in giro per i negozi, andare al cinema e nei locali, principalmente c'è tutto quello che serve ai giovani.

Questa è la mia storia e ora parlerò di come mi trovo in Italia. Se devo essere sincero mi trovo molto bene, molto probabilmente perché sono qua da molto tempo e partendo dai miei genitori arrivando alle persone che ho conosciuto mi hanno sempre aiutato. Ad esempio a diciannove anni non avevo un lavoro e i miei genitori avevano delle difficoltà economiche, allora dovevo per forza trovare un lavoro. Non sapevo bene cosa fare e sopratutto dove andare per cercarne uno. Ma, grazie a un mio grande amico, lo trovai subito. Lui mi aveva proposto di andare a lavorare come presentatore di programmi per bambini. Quando mi ha offerto questa opportunità accettai subito, primo perché avevo bisogno dei soldi per aiutare la mia famiglia, e secondo perché ero molto entusiasta all'idea di andare a lavorare in televisione. All'inizio del lavoro ero un po' preoccupato, perché non sapevo cosa pensava la gente di me quando mi vedevano nello schermo, ma mano a mano che andavo avanti ho capito che non era importante quello che pensava la gente e sopratutto che se commentavano era perché erano gelosi del mio lavoro. Grazie a questo lavoro sono riuscito ad aiutare i miei genitori in quel periodo e ora mi ha permesso di avere una bella casa. In questa casa vivo con mia moglie, Esin Kaya. Anche lei è originaria della Turchia.

Una delle poche cose che non mi è piaciuta è che qua a Milano non ci sono luoghi di culto dove posso andare a pregare. Nel senso che ci sono molti gruppi di musulmani solo che siamo costretti a pregare sotto la pioggia quando piove. Per questo io e altri musulmani del gruppo dove prego abbiamo chiesto la costruzione di una moschea a Milano.

Prima avevo detto che quando dovevo partire per venire a Milano ero triste perché dovevo lasciare i miei nonni e i miei zii. Beh cosa dire, sì, mi mancano tanto i miei nonni, però, col lavoro che ho riesco a tornare in Turchia per le vacanze. Appunto durante l'estate io e Esin andiamo in Turchia per un mese per salutare i nostri famigliari. Quindi penso che abbiate capito che qua in Italia mi trovo molto bene e se devo essere sincero, sono molto contento della scelta che hanno fatto i miei genitori di venire qua.

Alessandro C.