Dialogo e Famiglia Giornale dell’Unità Pastorale Sacra Famiglia - Padre Marcolini N˚ 1 - Febbraio 2019
e ir rv Liberati per se quaresima 2019
Sommario Parola del Parroco Liberi per servire . . . . . . . . . . . . pag. 3 Vita della Chiesa Messaggio del Santo Padre Francesco per la 52ª giornata mondiale della pace - la buona apolitica al servizio della pace. . . . . . . . . . . " 5 Guardiamo oltre le differenze per vivere in pace . . . . . . . . . . . . . " 7 Vita dell’Unità Pastorale Dal consiglio di unità pastorale. . . . . " 8 Liberati per servire, nei volti il volto Quaresima 2019 . . . . . . . . . . . . . . " 8 Passo Maniva 2019 Pastorale famigliare in uscita . . . . . . " 10 Nella carità... la pedagogia della carità... . . . . . . . " 11 Benvenuto don Giampaolo . . . . . . . " 11 Formazione comunitaria Una riflessione partecipata sulla santità del cristiano della porta accanto. . . . " 12 Formazione comunitaria La bellezza del vivere, testimonianze di vita cristiana: Martina, Giovanni, Davide, Michela e Mattia . . . . . . . . " 15 Incontro del 6 febbraio La pastorale giovanile, giardino di santità . . . . . . . . . . . . " 19 Incontro del 6 febbraio La comunità educativa motore delle nuove generazioni. . . . . " 21 Cronaca dell’Unità Pastorale In viaggio... adolescenti a Venezia. . Cineforum di primavera. . . . . . . . . Mostra presepi 2018-19 . . . . . . . . Per un pugno di libri e di film . . . . .
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Anagrafe Parrocchiale Parrocchia Madonna del Rosario della Badia. . . . . . . . . . . . . . . . . " 27 Parrocchia San Giuseppe Lavoratore del Violino . . . . . . . . . . . . . . . . . " 27
Redazione Don Gian Pietro Girelli, Don Fausto Mussinelli, Laura Bellini, Francesco Quaranta, Elena Rubaga, Elena Vighenzi, Carlo Zaniboni.
Per chi volesse scriverci: redazione.dialogoefamiglia@gmail.com
Signore Gesù, inizia il tempo di quaresima. Un periodo per stare con te in modo speciale, per pregare, per digiunare, seguendoti così nel tuo cammino verso Gerusalemme, verso il Golgota e verso la vittoria finale sulla morte. Sono ancora così diviso! Voglio veramente seguirti, ma nel contempo voglio anche seguire i miei desideri e prestare orecchio alle voci che parlano di prestigio, di successo, di rispetto umano, di piacere, di potere e d’influenza. Aiutami a diventare sordo a queste voci e più attento alla tua voce, che mi chiama a scegliere la via stretta verso la vita. So che la Quaresima sarà un periodo
difficile per me. La scelta della tua via dev’essere fatta in ogni momento della mia vita. Devo scegliere pensieri che siano i tuoi pensieri, parole che siano le tue parole, azioni che siano le tue azioni. Non vi sono tempi o luoghi senza scelte. E io so quanto profondamente resisto a scegliere te. Ti prego, Signore: sii con me in ogni momento e in ogni luogo. Dammi la forza e il coraggio di vivere questo periodo con fedeltà, affinché, quando verrà la Pasqua, io possa gustare con gioia la vita nuova che tu hai preparato per me. Amen. J.M. Nouwen, In Cammino Verso L’alba.
Orari S. Messe Unità Pastorale Feriali: Feriali:
da da lun lun aa giov giov ore ore 8.30: 8.30: Badia Badia da lun a ven ore 18.00: Violino da lun a ven ore 18.00: Violino ven ven ore ore 18.30: 18.30: Badia Badia
Festive: Festive:
sab sab ore ore 8.30: 8.30: Lodi Lodi Mattutine Mattutine sab ore 18.00: sab ore 18.00: Violino Violino
sab sab ore ore 18.30: 18.30: Badia Badia dom ore 8.00: Badia dom ore 8.00: Badia dom dom ore ore 9.00: 9.00: Violino Violino dom ore 10.30: Badia dom ore 10.30: Badia dom dom ore ore 11.00: 11.00: Violino Violino dom ore 17.00: Mandolossa dom ore 17.00: Mandolossa dom dom ore ore 18.00: 18.00: Violino Violino
Contatti dei presbiteri della Unità Pastorale Parrocchia S.Giuseppe Lavoratore: Parrocchia San Giuseppe Lavoratore trav. Ottava, 4 - Villaggio Violino tel. (segreteria parrocchiale) 030 2410316 Parroco (don Gian Pietro Girelli): cell. 335 5866916 e-mail: pierzik@alice.it - www.parrocchiaviolino.it Curato (don Fausto Mussinelli): Parrocchia Madonna del Rosario via Prima, 81 - Villaggio Badia tel. 030 313492 - cell. 328 7322176 e-mail: donmussi80@gmail.com - www.parrocchiabadia.it
Riferimenti per gli oratori: Oratorio San Filippo Neri: via Prima, 83 - Villaggio Badia Oratorio Violino: via Prima, 2 - Villaggio Violino
DIRETTORE RESPONSABILE: DON A. BIANCHI - TRIBUNALE DI BRESCIA - AUTORIZZAZIONE 2/2018 DEL 23 GENNAIO 2018
STAMPATO DA: AGVA ARTI GRAFICHE VANNINI VIA ZAMARA, 31 - BAGNOLO MELLA (BRESCIA)
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Parola del Parroco LIBERI PER SERVIRE
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ono già passati quattro mesi dal mio ingresso come coordinatore e parroco nell’Unità pastorale della “Sacra Famiglia e Padre Marcolini”. Si direbbe che il tempo vola. Non vi nascondo che non è stato facile lasciare le sicurezze costituite dal lavoro nelle comunità di San Lorenzo e Sant’Alessandro a Brescia e dal servizio in curia. I cambiamenti sono opportunità di vitalità e rilancio nella vita, ma come si usa dire: si sa quel che si lascia, ma non si sa quel che si trova. Quattro mesi di incontri, di strette di mano, di conoscenze. Certo non si può pensare di tirare delle somme; soltanto posso dire di aver trovato tanto bene, tanta fede nel Signore, che si esprime in azioni di vicinanza e di attenzione alle persone. S’intravede il lavoro dello Spirito che edifica e predispone, affinché la provvidenza del Padre sia conosciuta e vissuta. In una visita nella casa di una defunta, in occasione della veglia, al vedere la figura di Gesù risorto che sale al cielo, immagine riportata sul libretto della veglia, un bambino ha esclamato: “È Gesù che vive senza il corpo!”. Beata innocenza! capace di cogliere l’essenziale guardando con gli occhi del cuore. In questa mia e vostra
esperienza Gesù è presente libero dal corpo storico, ma il suo corpo siamo noi. Il dono della sua vita permette a noi di vivere la nostra nella consapevolezza che nulla va perduto, ma tutto il bene vissuto è in Cristo trasfigurato a beneficio di tutta l’umanità. Ho incontrato tanto bene, tanta attenzione alle necessità delle persone più deboli e tanto desiderio di far conoscere l’amore che il Signore ha verso tutti. Ho visto l’azione di molti volontari che in tempi e modi diversi stanno rispondendo alla chiamata del cuore verso le nuove generazioni, le situazioni di disagio, le necessità anche più umili della comunità, gli appelli del territorio. Ho colto la somma di tradizioni contadine che si sono amalgamate tra di loro originando modalità liturgiche composite. Tutto bene dunque? Sarei superficiale se dicessi di sì. Colgo anche una fatica comune a vivere una direzione condivisa, a guardare oltre il consueto, a ripensarsi e liberarsi dai pregiudizi che sono fondamenta per giudizi affrettati e poco approfonditi. Difficile dunque liberarsi di quanto costituisce certezza, soprattutto se si ha paura del futuro in quanto indefinito. Ma il corpo di Cristo, che siamo noi, non può dimenticarsi
Chiesa Corpo di Cristo
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di qualche membra illudendosi di non sentire dolore. Rischieremmo di vivere una vita anestetizzata, nella ricerca di un’effimera felicità ecclesiale. Abbiamo bisogno di sentirci insieme, di integrarci, di andare in crisi gli uni per gli altri, di leggere la realtà con gli occhi della verità. Di capire verso quale direzione muoverci per costruire un futuro di vera comunione. Le nostre sono due comunità che si sono trovate a vivere nella stessa casa, conviventi, senza essersi più di tanto scelte. Due esperienze significative che hanno bisogno di leggere le differenze perché possano essere vissute come ricchezza di un corpo unico. Per fare questo la nostra attenzione va rivolta a costruire un processo di studio, di scelte, di azioni, che ci aiutino vicendevolmente a conoscerci e a metterci nella disponibilità a lasciare qualcosa per un bene che ci supera. È come se dovessimo fare una salita alla vetta e ognuno volesse portare tutta la sua casa sulle spalle per paura dei ladri. È meglio che ci si dividano i compiti per portare ciascuno qualcosa, l’essenziale, ciò che ci permette di costruire lassù un bivacco per stare tutti al caldo. Non sarebbe una salita, che pure rimanendo tale, diventa comunque leggera? Qual’ è la meta? Testimoniare che Cristo vive e noi siamo il suo corpo; e quali sono i mezzi? Conoscere i bisogni materiali e spirituali dei fratelli. E con quali azioni vogliamo operare? Mettendo in comunione ogni scelta, togliendo dallo zaino quel che non serve, lasciando o aggiungendo ciò che può servire a tutti. Alla base dei nostri comportamenti e delle nostre scelte occorre imparare sempre più a liberarci di ciò che ci rende pesanti, a spossessarci di tutti gli orpelli,
Cena volontari Badia
i pesi, che non ci permettono di camminare, di alzarci dunque, uscendo dalle nostre certezze per essere davvero liberi per servire. Ci è chiesto dunque di liberarci per servire nella condivisione. Solo nella vera comunione possiamo servire Dio, facendoci servi del fratello che vediamo. Per questo occorre che ci interroghiamo su quanto il Consiglio pastorale per l’unità pastorale ha focalizzato come attenzione importante e urgente del nostro agire: al primo posto ha scelto di occuparci delle giovani generazioni. Desidero fortemente che ci si dia un metodo per conoscere il fenomeno, per raccogliere le risorse, per formulare delle azioni mirate a favorire la crescita armonica materiale e spirituale degli adolescenti e dei giovani. Per questo ci interrogheremo, cercheremo di non demordere finché avremo trovato la strada per giungere al loro cuore e aiutarli a cogliere la vocazione a cui sono chiamati: essere santi. In seconda battuta, ma non meno importante, mi auguro un percorso per rileggere il progetto pastorale in corso e mettere in campo un lavoro di verifica e ricerca per prepararci a rispondere alla vocazione della nostra unità pastorale: fare della vita un’esperienza di comunione, perché gli abitanti del Violino e della Badia colgano nel nostro volerci bene la presenza di Gesù salvatore. Lo hanno fatto Maria e Giuseppe offrendo il bambino Gesù a tutta l’umanità, perché non dovremmo poterlo fare anche noi? Il Signore ci dia la grazia di diventare una vera famiglia nel nome di Cristo. Con affetto, Don Gian Pietro.
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Vita della Chiesa Messaggio del Santo Padre Francesco per la 52ª giornata mondiale della pace La buona politica è al servizio della pace
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l primo giorno dell’anno la Chiesa, da 52 anni, celebra la Giornata Mondiale della Pace, ed in occasione dell’inizio di questo 2019 Papa Francesco ha voluto mettere al centro il tema della buona politica come strumento a servizio della pace, lanciando la sfida a promuovere questa particolare “forma eminente di carità” con le sue molteplici virtù, ma senza dimenticare di denunciarne gli altrettanto numerosi vizi. La pace “è come un fiore fragile che cerca di sbocciare in mezzo alle pietre della violenza” (Charles Péguy) e la politica è un veicolo fondamentale per ricercarla e costruirla, ma può anche diventare strumento di oppressione, di emarginazione e di distruzione quando non è vissuta come servizio alla collettività. Papa Francesco individua nella carità l’anima pulsante che deve sussistere dietro all’impegno per il bene comune, e cita a tal proposito le “beatitudini del politico” proposte nel 2002 dal Cardinale vietnamita François Xavier Nguyễn Vãn Thuận, che così diceva: Beato il politico che ha un’alta consapevolezza e una profonda coscienza del suo ruolo. Beato il politico la cui persona rispecchia la credibilità. Beato il politico che lavora per il bene comune e non per il proprio interesse. Beato il politico che si mantiene fedelmente coerente. Beato il politico che realizza l’unità. Beato il politico che è impegnato nella realizzazione di un cambiamento radicale. Beato il politico che sa ascoltare. Beato il politico che non ha paura. La buona politica deve essere al servizio della pace: “essa rispetta e promuove i diritti umani fondamentali, che sono ugualmente doveri reciproci, affinché tra le generazioni presenti e quelle future si tessa un legame di fiducia e di riconoscenza”.
Il Pontefice vuole però anche denunciare i vizi della politica, che le tolgono credibilità e autorevolezza e sono la vergogna della vita pubblica: la corruzione, la privazione del diritto, la violazione delle regole comunitarie, l’arricchimento illegale, l’esercizio del potere mediante la forza, la xenofobia e il razzismo, il disprezzo per gli esiliati, la mancata cura verso la Terra e lo sfruttamento delle sue risorse per il profitto immediato. Anche a causa di queste storture i giovani sono spesso tentati dalla sfiducia e vedono compromesso il loro avvenire, giovani che dovrebbero invece essere incoraggiati, perché solo realizzando le loro più alte vocazioni e riconoscendone carismi e capacità la pace si può diffondere “nelle coscienza e sui volti”. “Ognuno può apportare la propria pietra alla costruzione della casa comune, soprattutto nell’attuale clima di sfiducia che si radica nella paura dell’altro o dell’estraneo, nell’ansia di perdere i propri vantaggi, e si manifesta purtroppo anche a livello politico, attraverso atteggiamenti di chiusura o nazionalismi che mettono in discussione quella fraternità di cui il nostro mondo globalizzato ha tanto bisogno”. Papa Francesco, a cento anni dalla fine della Prima Guerra Mondiale, ribadisce con forza il “No alla guerra e alla strategia della paura”, alle continue minacce,
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Marcia della pace a Brescia - 1 gennaio all’intimidazione e alla proliferazione incontrollata delle armi. Sottolinea inoltre che “Il terrore esercitato sulle persone più vulnerabili contribuisce all’esilio di intere popolazioni nella ricerca di una terra di pace”, e afferma in modo chiaro che “non sono sostenibili i discorsi politici che tendono ad accusare i migranti di tutti i mali e a privare i poveri della speranza”. La pace si basa soprattutto sul rispetto di ogni persona, affiancato al rispetto per il diritto del bene comune, del creato che ci è stato affidato e della ricchezza morale ereditata dalle passate generazioni. Il pensiero del Pontefice va poi ai bambini che vivono nelle zone di conflitto e a tutte quelle persone che si impegnano per proteggere le loro vite ed i loro diritti, affermando che “la testimonianza di quanti si adoperano per difendere la dignità e il rispetto dei bambini è quanto mai preziosa per il futuro dell’umanità”. Ed a questo si collega anche il richiamo alla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo nel suo settantesimo anniversario, ricordando le osservazioni di Papa San Giovanni XXXIII nella Pacem in Terris: “Quando negli esseri umani affiora la coscienza dei loro diritti, in quella coscienza non può non sorgere l’avvertimento dei rispettivi doveri: nei soggetti che ne sono titolari, del dovere di far valere i diritti come esigenza ed espressione della loro dignità; e in tutti gli altri esseri umani, del dovere di riconoscere gli stessi diritti e di rispettarli”.
Papa Francesco chiude il messaggio affermando che la pace “è frutto di un grande progetto politico che si fonda sulla responsabilità reciproca e sull’interdipendenza degli esseri umani”, una sfida da accogliere ed affrontare giorno dopo giorno, e individua tre aspetti indissociabili di questa pace interiore e comunitaria: • la pace con sé stessi, rifiutando l’intransigenza, la collera, l’impazienza e, come consigliava San Francesco di Sales, esercitando “un po’ di dolcezza verso sé stessi”, per offrire “un po’ di dolcezza agli altri”; • la pace con l’altro: il familiare, l’amico, lo straniero, il povero, il sofferente...; osando l’incontro e ascoltando il messaggio che porta con sé; • la pace con il creato, riscoprendo la grandezza del dono di Dio e la parte di responsabilità che spetta a ciascuno di noi, come abitante del mondo, cittadino e attore dell’avvenire. In conclusione, possiamo evidenziare come la scelta del Pontefice di dedicare il messaggio per la 52° Giornata Mondiale della Pace al tema della “buona politica” vuole ricollocare ciascuno di noi, all’inizio del nuovo anno, davanti alla responsabilità di servire la pace, senza possibilità di dimissioni, di farsi “artigiani della pace”, ognuno con il suo carico di responsabilità derivante dal ruolo ricoperto nella sua comunità e nella società civile. Francesco Quaranta
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Guardiamo oltre le differenze per vivere in pace
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a nostra diocesi rumena si è costituita nel 2008, ma conta quasi 270 parrocchie, 300 sacerdoti e cinque monasteri. Abbiamo un sito internet in lingua romena e in italiano, all’indirizzo episcopiaitaliei.it. Dipendiamo dal Patriarcato di Bucarest, attraverso la Metropolia Ortodossa Romena per l’Europa Occidentale, che ha sede a Parigi. Siamo organizzati in ventitré decanati: la parrocchia di Brescia “San Demetrio Megalomartire” rientra in quello di Lombardia 3, si è costituita nel 2012 e da allora ha come parroco Padre Ion Cirlan. I fedeli romeni dalla Romania, moldavi della repubblica di Moldova e romeni della Bucovina (Ucraina) sono venuti inizialmente in Italia per lavoro e una volta sistemati hanno portato anche la loro chiesa con le sue tradizioni. Ringraziamo veramente i fedeli cattolici della comunità del villaggio Badia per averci aiutato e offerto la chiesa di Sant’Antonio da Padova in cui celebrare la Santa Liturgia ed incontrarci ogni domenica con il Signore Gesù. Per una specie di riflesso condizionato, dalle nostre parti, abbinando le parole “immigrazione” e “religione” il pensiero va subito all’Islam. Gli immigrati di
fede ortodossa invece, sono tantissimi. In assoluto la comunità più numerosa è proprio quella romena: in tutta Italia si parla di un milione e mezzo di membri, ma la cifra reale potrebbe anche essere più alta. Nella provincia di Brescia, risiedono all’incirca 25-30 mila cittadini romeni. Avendo a cuore l’obiettivo di una piena riconciliazione tra i cristiani di diverse confessioni, per prima cosa sarebbe bene fare conoscenza reciproca. Per la maggior parte della giovane comunità di fedeli non sussiste il problema della differenza di nazionalità o religione. Tutti i nostri bambini, sono tutti bambini della società italiana, l’Italia è diventata la loro patria e noi come sacerdoti cattolici e ortodossi abbiamo la missione piena di responsabilità, ovvero quella di far conoscere ai bambini, ai loro genitori la misericordia di Cristo, Dio Nostro. Ringraziamo la curia di Brescia, i sacerdoti e i fedeli della chiesa cattolica per aver le porte sempre aperte nel nome della collaborazione. Che Cristo Risorto ci unisca tutti! Padre ortodosso, Ion Cirlan
S. Antonio al Colle
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Vita dell’Unità Pastorale Dal consiglio di unità pastorale
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l consiglio pastorale di Gennaio ha visto i consiglieri riflettere comunitariamente su un documento di Mons. Luca Bressan, vicario episcopale per la cultura di Milano. L’oggetto sono state le Unità Pastorali, questo nuovo modo di fare comunità che in fondo incute un po’ di paura in chi le abita, sottolinea mons. Bressan, perché si intuisce che si abbandona un modello tradizionale che dava sicurezza, senza sapere dove si va. Che Chiesa è quella delle Unità Pastorale? È una chiesa per tanti versi più matura in quanto più cosciente del proprio ruolo e quindi più chiamata a far maturare i cristiani che la abitano. Ma è anche una Chiesa che rischia di essere meno materna e quindi meno tenera ed accogliente. Il rischio è quello annunciato anche da Papa Francesco, di una eccessiva burocratizzazione della Chiesa, trasformando la parrocchia, da luogo di vita di fede ad uno sportello che offre servizi.
Per questi cambiamenti così forti che stiamo vivendo, dobbiamo prepararci al fine di vivere e affrontare al meglio il momento. Per questo la proposta del Parroco, per una revisione del Progetto, è quella di accogliere un consulente esterno che ci aiuterà a portare una rilettura nel tempo del cammino finora fatto, proponendo delle varianti. A noi il compito di accogliere, aprendo cuore e mente a nuovi orizzonti. Anche l’incontro del 6 febbraio con il relatore Johnny Dotti metterà in discussione la comunità e avrà intenzione di creare i presupposti per un progetto di pastorale giovanile. “Che senso ha parlare oggi di oratorio? Cosa potrà mai insegnare ai ragazzi educati alla condivisione? Proprio l’oratorio potrà rinnovarsi come luogo d’incontro autentico? Consiglio Pastorale Parrocchiale
Liberati per servire Nei volti il Volto Quaresima 2019
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ome presentato precedentemente da don Gian Pietro, il cammino della nostra quaresima ha come titolo “Liberi per servire”. Se ci affidiamo a Gesù e seguiamo il suo esempio siamo aiutati a prendere coscienza della liberazione che Lui ha portato nel mondo e di conseguenza a farla nostra sempre di più per vivere nel Suo amore che si manifesta nel servire, nell’essere dono. La Pasqua, che è compimento del percorso quaresimale, è proprio l’occasione per prendere coscienza del nostro essere figli di Dio in Gesù, dono che abbiamo ricevuto con il Battesimo. Il nostro volto rispecchia il Volto di Gesù, per questo il nostro percorso quaresimale intende liberarci delle tentazioni del male, vere e proprie catene che ci tengono schiavi, per poter diventare servi seguendo
l’esperienza di Gesù, il Servo per eccellenza e assumere così i tratti del suo Volto. Per aiutarci “visivamente” a compiere questo percorso troveremo davanti a noi in chiesa un grande volto di Cristo coperto dalle tentazioni che costituiscono delle vere e proprie catene dalle quali Egli ci ha liberati. Di settimana in settimana, ispirati dal vangelo domenicale, tale volto sarà svelato togliendo gli anelli della catena, ciascuno dei quali riporterà un atteggiamento negativo dal quale lasciarsi liberare. Riportiamo di seguito i passaggi delle varie settimane: • 1° settimana: ci liberiamo dalla TENTAZIONE assumendo il tratto TENACE e coraggioso del volto di Gesù.
DialogoeFamiglia • 2° settimana: ci liberiamo dalla SOLITUDINE per assumere la LUMINOSITÀ del volto divino. • 3° settimana: superiamo la RASSEGNAZIONE con il tratto della PAZIENZA • 4° settimana: il male da superare è quello del RANCORE e questo fa assumere il tratto MATERNO del volto di Cristo. • 5° settimana: la tentazione da superare è quella del GIUDIZIO grazie alla MISERICORDIA che si legge sul volto del fedele. • 6° settimana: l’INDIFFERENZA è superata dalla condivisione con Gesù della SOFFERENZA che fa parte del vivere di ogni giorno ma in Cristo assume una dimensione assai meno disperata. Questi umili strumenti anche visivi che avremo davanti nelle nostre chiese ci aiutino a vivere bene il tempo della quaresima come tempo propizio per convertire il cuore a Dio e illuminare il nostro volto come quello di Gesù a segno e testimonianza per il mondo intero. I bambini delle elementari e i ragazzi delle medie avranno occasione di vivere la quaresima con profondità durante l’appuntamento del Ciao a Gesù e nei ritiri che verranno proposti. Buon cammino quaresimale! I sacerdoti
Estate 2019 Si avvicina l’estate ed è tempo di organizzarsi anche per le proprie esigenze familiari, per questo eccovi le date delle attività estive, ricordando che le ISCRIZIONI saranno aperte dopo il 28 aprile.
Grest
dal 10 al 28 giugno: presso oratorio Violino dal 24 giugno al 12 luglio presso oratorio Badia
Campo Junior (3°-4°-5° elem.) presso Cortenedolo dal 13 al 20 luglio
Campo Senior (preadolescenti 2°-3° media) presso Cortenedolo dal 20 al 27 luglio
Pellegrinaggio ad Assisi (gruppo Antiochia 1° media) dal 30 agosto al 1 settembre
Azzurro - Spazio compiti estivo
sarà attivato con un minimo di 15 partecipanti: dal 15 luglio al 2 agosto e dal 2 settembre sino all’inizio della scuola
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PASSO MANIVA 2019 Pastorale famigliare in uscita
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abato 5 e Domenica 6 gennaio il gruppo Pastorale Famigliare ha organizzato un weekend in montagna a Passo Maniva a cui hanno preso parte, oltre alle famiglie del gruppo, anche altre famiglie interessate alla proposta. L’uscita è stata pensata come occasione di condivisione della vita quotidiana delle famiglie: le attività “vitali” (pasti, riposo, ...), i momenti di svago e i tempi della preghiera. I momenti di svago sono stati numerosi: tante discese divertenti con bob e palette... giochi di società... e passeggiate all’aria fresca... anzi gelida! Tuttavia, una parte fondamentale di questi due giorni sono stati i momenti di riflessione e di preghiera: oltre alla recita dei vespri e delle lodi, ci siamo soffermati a pensare su cosa significhi pregare in famiglia e come sia possibile pregare in famiglia, tema sul quale la pastorale famigliare sta lavorando in questi mesi.
condivisione con le altre famiglie e i loro amici, chiedendoci di ripetere l’esperienza in futuro. Durante i momenti di riflessione, le famiglie hanno elaborato delle proposte per concretizzare la preghiera in famiglia (ne citiamo alcune: centri di ascolto in famiglia, adorazione eucaristica che coinvolga anche i bambini e i ragazzi, individuare un giorno alla settimana in cui alla stessa ora tutte le famiglie, ciascuna nella propria casa, si fermano e recitano una preghiera comune, promuovere la solidarietà tra famiglie con particolare attenzione a chi è nel bisogno), proposte che sono state condivise durante la S. Messa della domenica celebrata dal nostro parroco Don Gianpietro, che, al termine della celebrazione, si è fermato a pranzare in nostra compagnia. Queste proposte verranno riprese negli incontri di pastorale famigliare per individuare quelle che po-
La riflessione è stata condotta suddividendoci in piccoli gruppi di tre famiglie e ha coinvolto genitori e ragazzi insieme: è stato possibile, in tal modo, confrontarsi con i propri figli sul significato dell’essere famiglia cristiana, non solo a parole ma anche nei fatti e nella testimonianza. Il risultato di questo confronto è stato molto positivo perchè i nostri figli, oltre a sottolineare l’importanza che anche per loro rivestono la partecipazione alla Messa e la preghiera quotidiana, hanno molto apprezzato questa occasione di ritrovo, preghiera e
tranno essere attuate con costanza e continuità ed essere condivise con le famiglie della comunità parrocchiale. Ci pare che questa prima esperienza sia stata molto apprezzata da tutti i partecipanti, per questo abbiamo deciso di riproporre periodicamente simili occasioni, pensando di aprirle a tutte le famiglie della comunità. Alla prossima! Elena e Daniel
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Nella carità... la pedagogia della carità...
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a qualche anno la Commissione Caritas sta camminando ed è muovendo il suo cammino che impara a farlo ogni giorno. Alcuni passi sono davvero faticosi e difficili perché si sono mossi verso situazioni sempre più umanamente complesse. Il desiderio di capire e di imparare ci ha fatto incontrare il vicedirettore di Caritas Diocesana, Marco Danesi, il quale ci ha parlato della pedagogia dei fatti che si vivono e essi stessi insegnano a vivere la “carità”. Un momento di riflessione e di aiuto per capire che, s’impara sul campo a gestire di volta in volta alcune situazioni e che, a volte, l’unico aiuto potrà essere esclusivamente accompagnare pazientemente e con attenzione il bisognoso. Non ci scoraggiamo e continuiamo sostenuti dalla certezza dell’Amore che nasce dalla Carità e dalla Carità che nasce nell’Amore di ciò che si fa. Tra i vari appuntamenti comunitari ci attendono: • la raccolta viveri a inizio Quaresima come momento di condivisione della carità con i ragazzi del catechismo. I beni raccolti serviranno per sostene-
re le famiglie bisognose e le attività di emergenza freddo; • la Giornata della Carità (24 marzo) in cui allestiremo un banchetto con la presentazione delle diverse attività Caritas e in questa occasione sarà proposta la vendita di lavoretti creati dai bambini durante il catechismo e la vendita di torte; il ricavato servirà alla Caritas per aiutare le famiglie più bisognose. • la consueta Cena Povera, momento d’incontro alla chiusura dei centri d’ascolto, il cui ricavato sarà devoluto in aiuto ad una particolare situazione di bisogno che sarà individuata e/o segnalata alla Commissione Caritas. La cena è diventata un bellissimo momento atteso e sentito da tutta la comunità, dai più giovani ai meno giovani. Ricordiamo che la Carità è di tutti e la Caritas ha bisogno di tutti, perché tutti possono dare il loro prezioso aiuto e collaborazione... Commissione Caritas
BENVENUTO DON GIAMPAOLO!
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el mese di ottobre quasi inaspettata, è arrivata la notizia di un possibile nuovo collaboratore che si unisse al nostro gruppo presbiterale sull’unità Pastorale. Questo ha mosso nel cuore di tanti un desiderio e, assieme un po’ di sorpresa piena di gratitudine perché il nostro Vescovo aveva pensato a noi, dopo aver donato qualche mese prima un nuovo parroco. Il desiderio è stato subito espresso nella domanda “chi sarà?” che è risuonata spesso in quel tempo di attesa, assieme al pensiero su come riorganizzare gli spazi per accogliere un nuovo sacerdote a servizio stabile delle comunità. Don Gian Pietro e i consigli hanno pensato che la soluzione abitativa migliore fosse l’oratorio del Violino, ma ovviamente lasciando poi la decisione ultima a chi sarebbe stato nominato. Così dopo un po’ di attesa ecco l’annuncio: il Vescovo aveva pensato a te, don Giampaolo e tu avevi accolto questa possibilità volentieri, accettando di rimetterti
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in gioco nonostante le difficoltà legate alla salute tua e della mamma. Si è partiti, quindi, non solo con i lavori necessari di sistemazione (che saranno completati a fine mese di febbraio così che potremo finalmente averti stabilmente con noi a partire dal mese di marzo) ma soprattutto una preparazione pastorale ad accogliere una forza in più che si unisse a don Gian Pietro, a don Fausto e a don Luigi. Nella festa della Sacra Famiglia ti abbiamo accolto volentieri. Una occasione non casuale: la festa, oseremmo dire, che incarna la realizzazione della nostra unità pastorale in quanto unisce attorno a Gesù sia San Giuseppe Lavoratore, Patrono del Violino, sia Maria venerata alla Badia con il titolo di Madonna del Rosario.
Non possiamo che riconoscere che per noi la tua presenza è stata e sarà un dono sorprendente, da scoprire passo dopo passo. Ci scuserai se l’incertezza e le fatiche un po’ di questi primi tempi a servizio delle nostre comunità “senza casa tra noi” possono esserti un po’ pesati e, quindi, non averti dato la possibilità di sentirti coinvolto in pieno nell’attività pastorale e nella reciproca conoscenza. Tuttavia siamo certi che impareremo a vicenda a conoscerci ed apprezzarci nei lati migliori e aiutarci insieme a migliorare il nostro cammino verso la realizzazione della Comunione, che è realizzazione oggi del suo Regno anche se non ancora in pienezza. Con questi auspici siamo a darti il nostro caloroso benvenuto! Le comunità a te affidate
Una riflessione partecipata sulla santità del cristiano della porta accanto Formazione comunitaria gennaio 2019 Nell’articolo che segue Monsignor Sigalini, relatore dei primi due incontri formativi del mese di gennaio, riassume quanto condiviso con la nostra comunità nelle date del 9 e del 16 gennaio scorso.
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e vogliamo usare le parole grosse per dire su che cosa abbiamo riflettuto nei primi due incontri del mese di gennaio, potremmo dire la santità o addirittura in latino l’enciclica “Gaudete et exultate”. Ma già la parola gioia che si capisce dal latino ci riporta subito alla dolce figura di papa Francesco e al suo stile, che ci provoca sempre a sentimenti, esperienze ed emozioni semplici, spontanee, quotidiane della vita di un uomo e di una donna, che devono sempre stare dalla parte della gioia, della letizia, della serenità e della semplicità. Aiutati dal papa abbiamo tentato di sdoganare la parola santità da quella atmosfera ascetica, impegnativa, difficile o spesso impossibile che sempre ci viene in mente quando parliamo di santità. Allora la memoria va alle storie di tanti santi che abbiamo sempre ammirato e pregato, relegato però al di sopra di ogni nostra possibile imitazione che non fosse solo meraviglia, venerazione e sogno. Infatti dice il papa: Io vedo la santità nel popolo di Dio paziente: una donna che fa crescere i figli, un uomo che lavora per portare a casa il pane, gli amma-
lati, i preti anziani che hanno tante ferite ma che hanno il sorriso perché hanno servito il Signore, le suore che lavorano tanto e che vivono una santità nascosta. Questa per me è la santità comune. La santità io la associo spesso alla pazienza: non solo la pazienza come il farsi carico degli avvenimenti e delle circostanze della vita, ma anche come costanza nell’andare avanti, giorno per giorno. Questa è stata la santità dei miei genitori: di mio papà, di mia mamma, di mia nonna Rosa che mi ha fatto tanto bene. Nel breviario io ho il testamento di mia nonna Rosa, e lo leggo spesso: per me è come una preghiera. Lei è una santa che ha tanto sofferto, anche moralmente, ed è sempre andata avanti con coraggio». Non è certo una santità di “tintoria”, tutta bella, pulita, tutta ben fatta. Non bisogna cercare vite perfette senza errori (GE22), ma persone che in mezzo a imperfezioni e cadute hanno continuato ad andare avanti e sono piaciute al Signore(GE3). Allora è giusto che ci ridiciamo le beatitudini come ci suggerisce papa Francesco: Essere poveri nel cuore, questo è santità, reagire con umile mitezza, saper
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piangere con gli altri, cercare la giustizia con fame e sete, guardare e agire con misericordia, mantenere il cuore pulito da tutto ciò che sporca l’amore, seminare pace intorno a noi, accettare ogni giorno la via del vangelo nonostante ci procuri problemi. Tutto questo non esige straordinarietà, ma una ordinarietà convinta e sapiente. Certo occorre sapere di essere fragili e la santità ha i tratti della sopportazione, della pazienza e della mitezza. È necessario «lottare e stare in guardia davanti alle nostre inclinazioni aggressive ed accogliere la santità come dono di Dio, non il puro frutto dei nostri sforzi; accettarlo dopo averlo invocato con continuità ed esercitarsi ogni giorno, in ogni occasione, con i piedi per terra, ma con lo sguardo alto. Santità non è nemmeno avere solo idee chiare in testa, ma affidare la nostra debolezza e fragilità a Gesù. È assolutamente necessario uscire dell’immanenza, lodare, allargare i confini della contemplazione, ma soprattutto “Non credo nella santità senza preghiera, anche se non si tratta necessariamente di lunghi momenti o di sentimenti intensi» (ivi). Papa Francesco mette, anzi, in guardia da «pregiudizi spiritualisti», che portano a pensare che «la preghiera dovrebbe essere una pura contemplazione di Dio, senza distrazioni, come se i nomi e i volti dei fratelli fossero un disturbo da evitare». E precisa: «essere santi non significa, pertanto, lustrarsi gli occhi in una presunta estasi» (GE 96). Al contrario, proprio l’intercessione e la preghiera di domanda sono gradite a Dio perché legate alla realtà della nostra vita. Le alternative quali «o Dio o il mondo» oppure «o Dio o il nulla» sono errate. Dio è all’opera nel mondo, è al lavoro per portarlo a compimento, perché il mondo sia pienamente in Dio. Nella preghiera si realizza il discernimento delle vie di santità che il Signore ci propone. Il riconoscere la nostra fragilità non deve spingerci a mancare di audacia. La santità vince le paure e i calcoli, la necessità di trovare luoghi sicuri. Papa Francesco ne elenca alcuni: «individualismo, spiritualismo, chiusura in piccoli mondi, dipendenza, sistemazione, ripetizione di schemi prefissati, dogmatismo, nostalgia, pessimismo, rifugio nelle norme» (GE 134). Il santo non è un burocrate né un funzionario, ma una persona appassionata che non sa vivere nella «mediocrità tranquilla e anestetizzante» (GE 138). Il santo spiazza e sorprende, perché sa che «Dio è sempre novità, che ci spinge continuamente a ripartire e a cambiare posto per andare oltre il conosciuto, verso le periferie e le frontiere» (GE 135).
Mons. Sigalini
Naturale quindi essere annunciatori per tutti di questa possibilità, di questa popolarità della santità di un laico, che non deve aspettare altro per essere conosciuto, proposto e si metta al servizio di tutti «La vita cristiana è un combattimento permanente. Si richiedono forza e coraggio per resistere alle tentazioni del diavolo e annunciare il Vangelo. Questa lotta è molto bella, perché ci permette di fare festa ogni volta che il Signore vince nella nostra vita» (GE 158). Queste parole iniziali riassumono bene il senso dell’ultimo capitolo dell’Esortazione Gaudete et exsultate. E, dunque, il Papa non riduce la lotta a una battaglia contro la mentalità mondana che «ci intontisce e ci rende mediocri», né a una lotta contro la propria fragilità e le proprie inclinazioni. Ognuno ha la sue, precisa Francesco: la pigrizia, la lussuria, l’invidia, le gelosie e così via. Essa è anche «una lotta costante contro il diavolo, che è il principe del male» (GE 159),
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e non è quindi solo «un mito, una rappresentazione, un simbolo, una figura o un’idea» (GE 161). Il cammino della santità richiede che stiamo con «le lampade accese», perché chi non commette gravi mancanze contro la Legge di Dio può «lasciarsi andare ad una specie di stordimento o torpore» (GE 164), che conduce a una corruzione che è «peggiore della caduta di un peccatore, perché si tratta di una cecità comoda e autosufficiente dove alla fine tutto sembra lecito» (GE 165). La lotta spirituale è «vedere nelle nostre tracce umane le tracce di Dio» uscendo dal concentrarsi su noi stessi.
Non credo nella santità senza preghiera
Per Bergoglio una vita santa non è semplicemente una vita virtuosa, nel senso che persegue le virtù in generale. Essa è tale, perché sa cogliere l’azione dello Spirito Santo e i suoi movimenti, e li segue. Si fa proposta, testimonianza, aiuto a tu per tu, sostegno vicendevole, pace e serenità e non nervosismo protagonista o freddo calcolatore che fa quadrare i bilanci. Ha due libri continuamente da consultare con l’aiuto dello Spirito Santo: la bibbia e la vita quotidiana. Con un libro solo non ci si può laureare e nemmeno costituire una comunità cristiana. Mons. Sigalini
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La bellezza del vivere: testimonianze di vita cristiana Negli articoli che seguono, sono riportate le testimonianze che hanno animato il terzo incontro formativo tenutosi il 23 gennaio presso il teatro del Violino.
Lourdes
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inceramente mi trovo un pò in difficolta, chi mi conosce sa che preferisco il fare al parlare... infatti quando don Fausto mi ha chiesto questa “cosetta” mi ha lasciato senza parole, la mia prima reazione è stata... ma Don tu sai che sono molto lontana dalla santità, perché per la mia generazione essere santi è cosa non da tutti, troppo grande per noi piccoli e poveri uomini! Ma come dice il nostro Vescovo la santità è vita guardata con gli occhi di Dio, una vita bella, vissuta nell’affidamento e sotto il suo sguardo. Sono sposata e ho 2 figli... ho sperimentato nel progetto che Dio ha pensato su di me, la bellezza di una vita donata, non sempre facile, tante difficoltà ma con la certezza di non essere soli in questo cammino. La gioia della maternità mi ha riempito la vita e con immensa gratitudine ringrazio per questo grande dono. Quante volte mi son sentita debitrice di tanta Grazia, il sentirmi figlia amata mi ha portato a volgere lo sguardo ai tanti bisogni che ci circondano, così da anni il mio impegno in parrocchia come catechista, come cuoca ai campi scuola, con semplicità ho cercato di far perce-
pire quanto è bello lasciare entrare il Signore nella nostra vita e lasciarsi amare e modellare da Lui. Riconosco che non sempre sono stata all’altezza delle sue aspettative... ma con grande gioia ho sperimentato la bellezza del suo perdono. Poi nove anni fa la chiamata al servizio della vita nascente al centro di ascolto, non so quante volte ho ringraziato Don Maurizio per il suo invito che mi ha aperto un mondo di umanità sconosciuto,mi sono avvicinata con un po di timore, la vita è una faccenda molto importante, mi ponevo domande sulla modalità più consona per entrate in relazione con situazioni molto fragili e difficili e devo riconoscere che, grazie a Dio, sono stata molto aiutata da Lui a trovate le parole, gli sguardi i gesti per poter accogliere le persone che avevano pensato all’interruzione di gravidanza a fronte di diversi problemi: mancanza di lavoro, impossibilità di pagare l’affitto, l’assenza di un compagno che condivide l’attesa, la solitudine, il non aver messo in conto questa eventualità che cambia i progetti che avevi pensato per te. Quante difficoltà a volte nell’aiutare a accogliere questo dono imprevisto... a capire la diversità di modi di vedere la vita senza giudicare, ma grande è la consapevolezza che ognuno di noi è custode di suo fratello... quanta provvidenza ho sperimentato, a volte sembrava impossibile... ma la vicinanza, l’ascolto il sapere che qualcuno condivide con te questo momento apre alla speranza e quanta gioia poi per la vita accolta! Poi cinque anni fa un carcinoma scoperto per puro caso, un intervento... la consapevolezza di essere stata graziata (scoperto qualche mese dopo non sarebbe stato uguale) mi ha portato a rendere grazie con maggior impegno in questo servizio, quanto amo avvicina-
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re queste donne in difficoltà e con delicatezza e in punta di piedi cerco di tirar fuori il Si alla vita che ogni donna porta in sé; vedere una mamma felice della scelta fatta di accogliere questo dono è una grande gioia, è sentirsi collaboratori per un mondo migliore nel nostro piccolo. È vero che si riceve più di quello che si dà, io mi sento veramente felice quando posso essere un piccolo segno del suo Amore, quando posso condividere un tratto di strada con loro così pure con le persone sofferenti che accompagno a Lourdes. Ho scoperto che è nel dono di ciò che siamo, pur con tutti i limiti,che sta la vera felicità,la pienezza di una vita vera e bella da vivere grazie a Dio che non si stanca di volermi bene! Martina Cattaneo
Giovanni Boccacci
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ono nativo di Vezza d’Oglio. Ricordo, ero un bambino, gli esercizi in divisa di Balilla. Ero chierico in Parrocchia e ricordo bene le Messe nella frazione alta di Vezza, con don Mario Marniga, che dava assistenza spirituale ai Partigiani F.V. del Mortirolo. Il 26 aprile 1945 mio zio Leone, sua moglie, sua figlia e una zia vennero fucilati al poligono di Mangiano per rappresaglia per l’uccisione di un militare tedesco. Questo evento terribile portò un cambiamento nella mia vita, poiché mio papà, che lavorava in città, decise di pren-
dere il posto dello zio e ci trasferimmo tutti a Brescia. Avevo dodici anni e i ricordi della guerra con le esperienze della Resistenza Partigiana e le tante Messe servite, in particolare nella stagione estiva, li portai con me e fanno parte tuttora del mio vissuto. Frequentai due anni della scuola di avviamento industriale, ma non il terzo perché, con il papà disoccupato, la famiglia aveva bisogno del mio contributo economico. Venni poi assunto in una grossa azienda ma, dopo tre anni, quando 5000 dipendenti vennero licenziati e temevo anch’io di perdere il posto, l’unica prospettiva sembrava quella di accettare, anche se non volevo, le offerte di lavoro in Svezia. La sorte però mi favorì e rimasi al mio posto. Il lavoro però non mi dava soddisfazione, che cercavo allora impegnandomi nello sport del Tiro a Segno. A 25 anni mi sposai, ma il ricordo delle tribolazioni di mio padre per garantire ai cinque figli il pane quotidiano condizionò inizialmente il mio desiderio di avere figli. E solo dopo quasi tre anni di matrimonio nacque mia figlia e il secondo dopo dieci anni dalla prima; il merito va tutto a mia moglie che seppe combattere i miei timori e le mie passioni. Infatti la passione per la montagna mi aveva preso al punto di trascurare, quasi, la mia famiglia. Partecipando ad un concorso venni assunto come Guardiacaccia e pesca della Provincia di Brescia. Nel nuovo lavoro trovai molto di ciò che cercavo: il contatto, il dialogo, la relazione con le persone, oltre che la vita all’aria aperta. Scelsi di rappresentare la categoria nel sindacato CISL: fu l’inizio di una nuova esperienza che mi impegnò poi per più di venti anni, nei quali ricoprii vari ruoli fino a quello di Segretario della CISL stessa. Questi anni di soddisfazioni per il ruolo e le responsabilità nel lavoro e nel sindacato furono rattristati però da un evento che segnò la mia vita e la cambiò radicalmente. Mia figlia Lidia, quasi ventenne, venne a mancare per un incidente. Io non so se possa esserci un dolore più grande per un genitore: io e più ancora mia moglie provammo cosa significa la morte di una figlia e il dolore ci accompagna anche dopo trentotto anni. Ritrovai la fede, e nella fede la risposta a molte domande e anche il
DialogoeFamiglia sollievo nel sapere che ci ritroveremo. Dopo dodici anni dalla morte di Lidia arrivò Pietro, un neonato che mia moglie accolse in casa su richiesta di una suora, per quindici giorni, in attesa di trovare una sistemazione stabile, che la famiglia di origine non voleva e non poteva garantire. La nostra famiglia provò quello che il nostro Vescovo Pierantonio definisce nella sua lettera “Il bello del vivere”. La mia attività continuò con l’incontro con la Politica, con la P maiuscola, secondo l’insegnamento della dottrina sociale della Chiesa, vissuta avendo a cuore il “Bene comune” e ponendo al primo posto la persona, la sua dignità nella pienezza umana e spirituale. Proprio svolgendo vari incarichi politici ebbi l’occasione di conoscere il fenomeno migratorio e mi impegnai a far crescere nei migranti il desiderio di integrazione, promuovendo in loro il desiderio di conoscenza e di apertura alla nuova vita sociale, in una realtà civile e culturale sconosciuta. Ho speso quindici anni nella direzione del Centro Migranti della Diocesi, durante i quali ho visto grandi aperture al dono, si sono fatti passi avanti, anche con il mio contributo, nel riconoscimento dei diritti; tuttavia vedo ancora molto lontana, nonostante il molto lavoro fatto insieme a tante altre associazioni, l’“inclusione”. Troppa separatezza, troppo isolamento, troppa speculazione politica. E questo crea paura e sensazione di insicurezza e da questa deriva la richiesta di sicurezza. Il nocciolo della questione migratoria non consiste però nella mancanza di sicurezza degli italiani, ma nella necessità di accoglienza degli stranieri. Se sapessimo accoglierli, non ci sarebbe il problema della sicurezza. Ora che faccio? Da tre anni non ho più impegni istituzionali, mi sono fermato perché mia moglie ha bisogno del mio aiuto. Aiutando lei a vivere una vita segnata dalla sofferenza fisica, ringrazio il Signore perché mi dà la certezza di rispondere alla Virtù della Carità, nella quale alla fine saremo giudicati. Ormai vecchio, anelo a Dio. La santità? Se mi guardo in giro vedo tanta gente in cammino. Giovanni Boccacci
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avide e Michela Guarneri, sposati da più di 20 anni portano la loro testimonianza come coloro che vivono la vocazione educativa a tutto tondo, sia nell’ambito familiare, come genitori, sia in quello professionale. Il cammino insieme, come coppia, è iniziato proprio nell’ambito della formazione in campo educativo. Davide, che nel corso della sua esperienza ha ricoperto vari ruoli e incarichi in ambito associativo, scolastico e istituzionale, che lo hanno portato a contatto con i giovani, riflette sul fatto che noi adulti spesso non ci accorgiamo della profondità dei loro pensieri. Per darcene una dimostrazione ci legge la testimonianza di un lavoro svolto in classe con i suoi studenti: esortati a presentare quelle che per loro sono domande importanti, i ragazzi hanno fatto emergere quesiti anche profondi, sul senso della vita. Parlando della vita di famiglia, Davide sottolinea l’importanza che ha avuto l’appoggio paziente della sua famiglia nel sostegno circa le scelte professionali, che spesso possono compromettere ritmi e equilibri. La santità, dice Michela, noi la possiamo vivere tutti i giorni nel quotidiano: nel ritrovarsi a cena la sera raccontando ognuno della sua giornata e condividendo le emozioni di adulti, ragazzi e giovani incontrati. L’autenticità dei loro racconti e la condivisione delle loro vicende di vita, anche delle più faticose, hanno lasciato trasparire il senso della vocazio-
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ne educativa a cui sono chiamati i genitori e tutti coloro che si trovano a relazionarsi con i giovani: nella scuola, nello sport, in famiglia e nel mondo dell’oratorio. Sono ambienti in cui è importante non lasciarsi sfuggire l’occasione di seminare, credendo nei nostri ragazzi, perché possano far parte di quel mondo in cui lasciano la loro impronta, forse diversa dalla nostra, ma sempre capace di cambiarlo. Elena R.
Fraternità
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ercoledì sera 23 gennaio presso il teatro del Vill. Violino ci siamo trovati per ascoltare testimonianze ed esperienze di vita che ci parlano di servizio all’interno della Santa Madre Chiesa. Le diverse esperienze sono state molto interessanti, dal servizio in politica e nel sindacato, all’educazione dei ragazzi, al soccorso alla vita, all’accompagnare nella malattia i propri cari malati. La mia esperienza parte da una chiamata del parroco dopo un campo estivo, verso la fine delle superiori, un’esperienza di quelle che ti fa assaporare il “gusto” di stare con Gesù. Dopo pochi anni la grazia di un fidanzamento
e di una esperienza condivisa nella gioventù francescana. Un cammino che prosegue insieme fino ai giorni nostri con la benedizione di una famiglia numerosa. La nostra storia di vita di coppia è una storia di quotidianità, di piccoli passi, con tanti alti e bassi, con al centro la cura dei nostri ragazzi ed il servizio nella nostra comunità parrocchiale e nella Fraternità OFS di San Francesco, con un desiderio: imparare a riconoscere lo sguardo d’amore di Dio su di noi, quel Dio che ci dice “Io ti ho Amato per primo”. Provare a passare dall’ascolto della Parola al servizio, provare a ritrovare ogni giorno un segno della sua presenza nel nostro cuore, nel fratello, nel creato, perché “Io sono la vite, voi i tralci... senza di me non potete fare nulla”. L’esempio che ci guida è quello di San Francesco che insegna a riconoscere Dio nelle situazioni della propria quotidianità, a lasciarsi abitare dal Signore, vivere una relazione quotidiana con il proprio Dio, proprio come nel brano della perfetta letizia quando al suo fido amico frate Leone confida: “...se giungendo ad un convento, bagnati, stanchi ed affamati, chiedendo ospitalità, ci scacciassero come dei poco di buono, se in quel momento sapremo rendere lode al Signore, questa è perfetta letizia...”. Questo brano ci racconta che la santità è una relazione d’amore con Dio, una relazione che fa invocare la presenza dello Spirito Santo su ogni situazione: Vieni Spirito Santo sulla nostra famiglia, in questo momento di gioia, su questa stanchezza, sulla verifica di scuola, sul collega al lavoro, quando stiamo insieme con gli amici perchè “tutto ciò che viviamo è spirituale”. Se è così bello stare con il Signore, spesso ci domandiamo perché sia così difficile restare saldi nella fede: la stanchezza e le preoccupazioni, una preghiera spesso risicata e i nostri limiti fanno sì che ci stacchiamo dalla “Vite”. Il maligno ci tenta e quando cadiamo il senso di colpa ci porta lontano da Dio, così lontano che arriviamo a pensare che non siamo degni del Suo Amore. Il maligno continuamente ci sussurra che non andiamo bene, che non siamo all’altezza, ci fa esprimere giudizi negativi su noi stessi e sugli altri, ci vuol far credere che dobbiamo pensare a noi stessi prima di tutto e che dobbiamo raggiungere gran-
DialogoeFamiglia di traguardi con il rischio di diventare egoisti e poco attenti a chi ci sta accanto: quanto è difficile a volte accorgersi di cosa passa nei pensieri dei nostri figli o saper cogliere il bisogno di un aiuto concreto della moglie, dei genitori, degli amici. Per fortuna ci sono stati donati i Sacramenti, la Comunione, che ci “trasforma interiormente” anche se non ce ne accorgiamo, e la Confessione che ci “reinnesta nella vite”. Provare a restare con Dio è una lotta quotidiana, ogni giorno ci allontaniamo e ogni sera siamo chiamati a tornare da Lui, fare pace con noi stessi e con i nostri cari iniziando proprio in famiglia, non restare arrabbiati, non covare pensieri cattivi e di rivalsa. Ogni giorno siamo chiamati a confidare nella Misericordia del Padre e a ripartire, chiedendo, come ci insegna Papa Francesco, “scusa, permesso, grazie”. Vivendo in fraternità e dando un aiuto in parrocchia abbiamo imparato che il cammino non può essere Io sono la vite, voi i tralci esclusivamente persona-
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le o di coppia ma è necessariamente comunitario: “Padre Nostro...”. La comunità se cresce (con l’aiuto di tutti, dal barista, a chi fa catechismo, chi prepara le salamine alle feste o chi va a trovare i malati) può, con la sua rete, incontrare e raccogliere i bisogni dei fratelli e portarli davanti al Signore, come nel brano evangelico dove il malato viene portato da Gesù sul lettuccio e calato dal tetto. Il malato non sarebbe mai riuscito ad andare da Gesù, ce lo porta la comunità, e quando l’ammalato reincontra lo sguardo di Gesù rinasce, trova la forza di prendere il suo lettuccio con sé (i suoi limiti, le sue ansie, le sue debolezze) e riparte. Non siamo chiamati a raggiungere un obiettivo ma a camminare alla ricerca del volto del Signore mano nella mano con i fratelli, aiutandoci e sostenendoci vicendevolmente con spirito di servizio, pregando con perseveranza per chi è nel bisogno, per valorizzare i talenti che ci sono stati donati, per sanare i conflitti e rappacificare i cuori e, in virtù del Battesimo che ognuno di noi ha ricevuto, essere annunciatori dell’amore che Dio ha per ogni creatura. Mattia Saccenti
Incontro del 6 febbraio La pastorale giovanile giardino di santità
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a serata del 6 febbraio 2019 proposta alla comunità, presso il teatro del Villaggio Violino, è stato un momento di incontro che ha visto numerosi parrocchiani delle parrocchie di S. Giuseppe Lavoratore e Madonna del Rosario, affrontare temi legati alla storia ed al futuro dell’oratorio e della pastorale giovanile. Un viaggio dal dopoguerra ad oggi, che il relatore Johnny Dotti ha spiegato con toni realistici e sicuramente duri. Il campo di calcio, il bar, il cinema e teatro, le case vacanza, sono gli strumenti che, dal dopoguerra, tramite l’oratorio, han permesso ai non ricchi di poter partecipare alla vita sociale e a non sentirsi esclusi o
Johnny Dotti
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meno importanti dei ricchi che potevano permettersi tutto. Secondo Dotti questo modello è finito, ciclo concluso. Esiste ancora il bisogno di godere delle cose belle della vita, esiste ancora la necessità che il corpo trovi possibilità di espressione, esiste la necessità di avere momenti e posti di aggregazione sana e di trovare delle modalità di espressione; è chiaro che non servono più gli spazi di una volta. Il valore va lo stesso passato alle nuove generazioni ma in forme nuove. La priorità degli spazi viene meno e assume importanza il tempo. Solo così gli spazi potranno servire alle future generazioni. Agli oratori va il merito di essere stato l’ambiente profeta in molte cose, con il popolo, ma ora bisogna essere realisti e nel farlo bisogna ammettere che ormai la città è piena di bar, i comuni hanno investito in campi sportivi, i teatri sono pochi e vuoti e i cinema sono ormai organizzati in multisale adatte ad ogni tipo di consumo. L’oratorio non supplisce più alle mancanze delle istituzioni del dopoguerra e oltre a questo Dotti incalza con una carrellata di argomenti forti che riguardano l’oggi e il nostro domani a partire dai numeri e dalle statistiche relative all’anzianità, all’età in media in cui i giovani escono da casa, al calo dei matrimoni. Ci si sposa ancor meno che quando si era in guerra; tutto ciò porta coloro che si definiscono single (una volta erano gli zitelli) ad essere il target migliore di questo consumismo estremo. Situazioni con cui fare i conti: convivenze che non c’entrano nulla con l’essere cristiano, desideri di allungare la vita, di circondarci di comfort, dal gioco d’azzardo che dilaga e rovina famiglie in tutta Italia e anche a Brescia, dal lotto istantaneo alle video slot, questioni legate alla bioetica, a quando far vivere o far morire, dal problema delle popolazioni che si sposteranno dai loro paesi. Questi cambiamenti toccheranno tutti noi, dovremo fare i conti con altre culture, religioni. Continua la sua provocazione con la tecnologia, il digitale, lo smartphone. Una bella cosa ma un grave problema se non lo si governa bene. I gio-
Incontro del 6 febbraio
vani hanno tutto subito con la tecnologia, accelerano i tempi, quando invece ci sono tempi da rispettare. Visti i risultati forse sarebbe meglio sospendere il campo di calcio, il teatro, il bar... l’oratorio. Questi fenomeni sociali, non devono essere sottovalutati ma affrontati con realismo cristiano.Una situazione posta in toni drammatici e realistici, ma con rilievi che lasciano spazio ad una speranza infinita grazie alla fede in Dio. Per questo motivo Dotti, conclude invitando la comunità a salutare chi non si conosce, ad entrare dal vicino a bere un caffè o a chiede e parlare, condividere la domanda, essere coscienti di non essere in grado da soli a riuscire ad educare. Convocare e invocare, pregare insieme e fidarsi di essere nel tempo più bello che Dio ci ha dato. Invita ad accogliere i figli di altri in casa senza aspettarsi frutti: solo perché è giusto farlo. Insieme vengono le idee. Dotti propone alcune iniziative di successo che lo hanno coinvolto personalmente e ricorda ai presenti che bisogna saper trasgredire perché trasgredire è da Cristiani. In situazioni estreme il cattolico ha sempre saputo raccogliersi in comunità e migliorare, riconoscendo nella fraternità un mezzo concreto, facendo comunione. Dotti dice di benedire questi drammi perché hanno un senso se esistono. Dio li ha voluti forse per trovarci a discuterne insieme in questo momento. L’oratorio è l’alleanza tra i genitori, tra gli adulti per permettere ai giovani di fare esperienze oltre al digitale. Solo cosi potranno ritrovare la bellezza delle cose più semplici come aiutare il prossimo, vivere serate all’aria aperta, abituarli ad un oratorio che è lavoro. Un oratorio in cui i giovani riescono a crescere aiutandosi e sbagliare senza troppe interferenze dei genitori e delle tecnologie, dove i giovani vanno a scuola e in oratorio a piedi per conoscersi. Bisogna portarli sulle strade i giovani. Nessuno è in grado di educare da solo i propri figli. La comunità li educa. Si chiede poi se quelli di una certa età siano in grado di ragionare e progettare un oratorio a misura di giovane. L’impresa è ardua ma non perde tempo a citare alcuni personaggi che hanno cambiato il mondo pur essendo non più tanto giovani: Papa Paolo VI, Giovanni XXIII, Gandhi, fino a Beethoven che da sordo e anziano ha creato le più belle opere musicali. Dopo alcuni interventi del pubblico la comunità ha ricevuto l’augurio del relatore per il nuovo progetto ed il Parroco don Girelli ha raccolto una lista di contatti interessati a partecipare al prossimo incontro che riguarda il progetto del nostro nuovo oratorio. Luca Cavazzana
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Incontro del 6 febbraio La comunità educativa motore delle nuove generazioni
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a serata del 6 febbraio ha concluso il secondo ciclo di formazione comunitaria pensato dal Consiglio di Unità pastorale delle nostre comunità. Un teatro piuttosto gremito, anche di volti che non si erano, ahimé, visti nei precedenti incontri, ha accolto il relatore della serata, Johnny Dotti, marito, padre, pedagogista, imprenditore sociale e monaco novizio, come lui stesso si definisce, a cui era stato affidato il compito di stimolare i presenti attorno al tema: “Pastorale giovanile: giardino di santità”. Partendo dall’assunto che per educare, bisogna con coraggio esplorare la realtà, per scoprire la propria vocazione ed essere a nostra volta generativi per i nostri ragazzi, Dotti ha contrapposto il tessuto sociale degli oratori di 30, 40 anni fa, indagando le motivazioni che li fecero crescere, alla realtà attuale, completamente cambiata e caratterizzata tra le altre cose da un basso tasso di natalità, matrimoni sempre più rari, totale assuefazione alla nuova tecnologia digitale, possibilità di trovare anche fuori dall’oratorio le stesse proposte, posticipo di alcune tappe della vita (uscita dalla famiglia, matrimonio, figli). Questa realtà, ha illustrato Dotti, ha messo in crisi il “vecchio” modo di fare oratorio, una crisi che riguarda, non solo la proposta oratoriana, ma che si estende anche alle strutture stesse. Un tempo l’oratorio era pensato “sugli spazi”, affinché l’uomo potesse accedere a luoghi a lui preclusi all’esterno e viverci alla luce di Dio; ora, secondo Dotti, l’oratorio deve basarsi su tempo e bisogno e gli spazi devono essere ad essi funzionali. Importante è che in oratorio i ragazzi facciano esperienza oltre il digitale e in questo senso il professor Dotti ha ricordato le esperienze lavorative che vedono coinvolti anche ragazzi minorenni e da lui gestite, nelle quali il lavoro diviene strumento per creare abitudine alle virtù della vita.
Incontro del 6 febbraio
In questo momento di crisi, che pure è un momento bello e prezioso, nel quale siamo tutti chiamati a vivere la nostra santità, il cattolico ha sempre operato, ha sottolineato Dotti, con queste modalità: ha convocato la comunità, per mettersi in ascolto e vivere la comunione, ha pregato e invocato e ha ricercato di seguito la soluzione alla luce di Dio. È proprio questo il punto di partenza per superare questo momento difficile ed è questo quello che forse ci riguarda un pò più da vicino, che dovrebbe interrogarci magari anche in modo “doloroso” o almeno provocatorio. La responsabilità della vita dell’oratorio, dei ragazzi che in esso vivono è di tutta la comunità educativa; nella serata del 6 febbraio si è andati oltre la logica del sacerdote che “è bravo a coinvolgere i ragazzi”; siamo noi comunità educativa, noi adulti, certo in comunione con i nostri sacerdoti, che dovremmo avere nel cuore il nostro oratorio, dovremmo essere comunità che si aiuta e si sostiene, una comunità che si confronta, ma che ha come unico obiettivo il bene dei nostri figli alla luce del Vangelo. Tornando a casa mi sono domandata se siamo davvero una comunità cosi attraente per i nostri ragazzi, ho pensato che forse abbiamo ancora un pò di strada da fare, ed è questione di cuore, non di muri se come diceva don Bosco: “Ricordatevi che l’educazione è cosa di cuore, e che Dio solo ne è il padrone, e noi non potremo riuscire a cosa alcuna, se Dio non ce ne insegna l’arte, e ce ne dà in mano le chiavi”. Forse dovremmo imparare noi per primi ad essere comunità vera, senza dimenticare, e non possiamo farlo, i passi che abbiamo fatto in questi anni e che sono costati fatiche e preghiere. La possibilità di crescere dipende da noi, nella serata del 6 febbraio, i ragazzi sono stati citati ma come beneficiari, come paradossalmente il frutto buono di un ambiente comunitario, vivo, pieno di Dio. L’auspicio è quindi che l’invito di don Gian Pietro che, al termine dell’incontro, ha chiesto la disponibilità ai presenti a costituire un gruppo che si metta in ascolto e recepisca le necessità del mondo dell’oratorio, non cada nel vuoto, ma venga accolto da molti. Che il Signore ci accompagni e la preghiera ci sostenga. Elena V.
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Cronaca dell’Unità Pastorale In viaggio...adolescenti a Venezia
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artire per un viaggio è sempre una scelta, un rischio con tante speranze, ma anche la certezza che non è semplice come starsene fermi e seduti. Questa metafora potrebbe essere usata per indicare l’inizio del cammino per il gruppo degli adolescenti del primo e secondo anno (per intendersi i nati negli anni 2003 e 2004).
comune dove poter collocare l’incontro. La scelta di un giorno piuttosto che un altro ha di certo scontentato qualcuno: questo ci fa pensare, come educatori, anche la possibilità di un cambio in corsa, per favorire un ulteriore coinvolgimento, usando soprattuto il periodo intenso della quaresima. La speranza che ha animato il viaggio intrapreso è
Anzitutto il “mettersi in viaggio” è stata una scelta perché questi due gruppi apparentemente sono molto diversi e in fondo non è facile ancora oggi amalgamarsi, ma nell’organizzare i cammini adolescenti all’inizio dell’anno si è pensato con gli educatori che questa fosse la via migliore da percorrere, per questo si è scelto di far partire il gruppo nel cammino educativo insieme. Certo, quando si sceglie di solito si rinuncia a qualcosa, ci si deve mettere in gioco e questi primi mesi di cammino hanno evidenziato che il coinvolgimento dei ragazzi non è stato semplice. A partire dalla fatica anche solo del trovare il momento
quella di far respirare un bel clima di gruppo che potesse aiutare tutti a sentirsi più accolti e, quindi, assaporare la bellezza dello stare insieme per un obbiettivo alto, ma alla portata di tutti. Chiaramente questa speranza adesso è ancora nella fase sorgiva, tuttavia è proprio la continua ricerca di strumenti e modalità adatte a raggiungere questo obbiettivo che costituisce il nostro impegno e anche la fatica come educatori. Il viaggio è ancora tutto da vivere, potremmo dire siamo agli inizi e non possiamo lasciarci scoraggiare, ma continuiamo con la buona volontà legata all’entusiasmo che siamo certi con il
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tempo, aiutati dalle famiglie, ci porterà a “viaggiare bene insieme”, magari non con dei grandi numeri, ma con la voglia di essere protagonisti nella vita dell’oratorio e della comunità. In questo contesto, una volta constatato che non saremmo riusciti a vivere più giorni insieme per i diversi impegni e attività dei ragazzi che a fatica si conciliano, abbiamo pensato alla proposta natalizia di una giornata a Venezia. L’iniziativa è stata accolta volentieri da un gruppetto di ragazzi che insieme hanno trascorso la giornata in mezzo alla bellezza certo della meta, ma soprattutto nella condivisione del tempo e delle occasioni di confronto e dialogo offerte da questo momento di viaggio! I volti sereni al ritorno e la positività dell’esperienza vissuta ci ha spinti a continuare per la strada intrapresa, ardua ma non impossibile e con il desiderio che la speranza di un cammino più ricco si possa realizzare. Una piccola nota un po’ faticosa va messa in rilievo: il numero dei ragazzi agli incontri impoverisce spesso il confronto e le proposte e quindi ci appelliamo alle famiglie degli adolescenti di questa età a sostenere questo gruppo e ad accompagnarlo. Proprio dentro questa fatica in questi giorni si è posta l’impossibilità di organizzare con un numero mini-
mo di partecipanti l’esperienza proposta per l’estate. Infatti questa estate ci è parso opportuno, seguendo un po’ la metafora utilizzata, non organizzare un viaggio secondo gli schemi del passato, già vissuto ampiamente da questo gruppo, e cioè quello di una settimana di camposcuola residenziale, ma di offrire un tempo diverso dove lo stare insieme fosse connotato anche dalla dimensione del fare, del mettersi in gioco più attivamente. Per questo abbiamo pensato di proporre ai ragazzi e alle loro famiglie un campo presso il Sermig di Torino. Non solo una esperienza ricreativa fine a se stessa, ma tempo investito con gli altri e per gli altri. Purtroppo, anche in questo caso, per diversi motivi, il numero non è stato raggiunto. Abbiamo pensato che sia il caso di non proporre altro per questa estate e attendere tempi migliori, anche magari nel fine settimana all’inizio del prossimo anno o nelle vacanze natalizie. “Mettersi in viaggio” pensiamo che sia anche questo: aspettarsi lungo la strada per maturare insieme e crescere. Così possiamo concludere con entusiasmo che il nostro viaggio continua... Gli educatori e don Fausto
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Cineforum di primavera
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l prossimo mese di marzo si rinnova l’appuntamento con il Cineforum, sempre in collaborazione con il Vi.Vo Violino. Diversamente dal solito, questo ciclo viene proposto solo alla Badia in quanto la sala del Violino è occupata dalla compagnia teatrale. Le proiezioni si svolgeranno quindi nel saloncino di Via Prima al venerdì alle ore 20.45. Come nel passato la scelta dei film è stata orientata a proporre opere di qualità con elevato spessore artistico, capaci di intrattenere con intelligenza. Si inizia venerdì 8 marzo, festa della donna, con The post di Steven Spielberg, che vede due protagonisti d’eccezione come Meryl Streep e Tom Hanks: regista e interpreti che sono garanzia di qualità. Il film, ambientato agli inizi degli anni 70, racconta il travaglio della prima donna chiamata a dirigere un giornale importante come il Washington Post, quando si trova di fronte alla difficile scelta se pubblicare o meno i “Documenti del Pentagono”, i dossier segreti che denunciavano le menzogne governative sulla guerra in Vietnam.
Si prosegue il 15 marzo con Il filo nascosto, film capolavoro di Paul Thomas Anderson, con uno straordinario Daniel Day-Lewis nei panni di un introverso e stimato stilista londinese. Il 22 marzo si continua con L’insulto di Ziad Doueiri, pluripremiato film libanese che racconta come un banale incidente, un semplice scatto d’ira, giunga a trasformarsi in una lite furibonda fino a diventare un caso di stato e addirittura un processo politico. L’ultimo incontro è il 29 marzo, con La stanza delle meraviglie di Todd Haynes, magico racconto di due storie separate da cinquant’anni l’una dall’altra, i cui protagonisti sono due adolescenti non udenti che intraprendono un viaggio alla ricerca di affetti negati. In conclusione, proponiamo quattro incontri a cui tutti sono invitati: si tratta di un breve percorso per vedere insieme film di qualità, scelti con cura e passione. Cineforum Badia - Vi.Vo. Violino
Mostra presepi 2018-2019
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a ormai 8 anni nella nostra comunità Badia/ Violino si ripete la “Mostra dei presepi” da noi molto sentita per l’evento che rappresenta.Vogliamo ringraziare i nostri sacerdoti per averci permesso, anche quest’anno di usufruire degli ambienti del cinema/teatro di via prima presso l’oratorio. Gli espositori, pur essendo in minoranza rispetto alla precedente edizione, hanno aderito con più opere. Il nostro grazie agli artisti e ai nostri sponsor, che anche quest’anno ci hanno offerto “oggetti, cesti natalizi, fiori etc...”. Grazie alla sottoscrizione e alle offerte ricevute, abbiamo potuto devolvere alla Parrocchia Madonna del Rosario 700 euro per opere varie ed 350 euro alla scuola Nicolajewka per i vari progetti in corso. Il flusso dei visitatori è stato inferiore, ma chi è venuto ha dimostrato di gradire l’allestimento e le opere. È stata gradita la partecipazione della scuola elementare “Don Milani” della Badia.Da parte nostra, nonostante il freddo di quei giorni, siamo stati riscaldati nel cuore per la presenza attenta a questo avvenimento che ogni anno si ripete, per ricordarci che è nato il Salvatore del mondo. Per il gruppo presepi Rita B.
P.S. la nostra speranza è che si aggiunga al nostro gruppo qualche giovane.
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PER UN PUGNO DI LIBRI E DI FILM CONSIGLI DI LETTURA E DI VISIONE
(Nelle nostre chiese parrocchiali troverete delle copie disponibili per l’acquisto)
› IL TRIBUNALE DEL BENE Quando c’è una dittatura, come possiamo sentirci “liberi di scegliere”? Nel ’900 molti sono stati i regimi totalitari, le cui leggi -create dagli uomini- dichiaravano giuste azioni criminose. Ma anche oggi, pur se viviamo in stati democratici, dobbiamo interrogare la nostra coscienza di fronte a comportamenti e scelte che, sebbene condivisi dai più, non è detto siano giusti. La libertà di scelta di operare per il bene è quella che esercitarono uomini spesso comuni, ma che furono eccezionali nel senso che ebbero il coraggio di andare controcorrente, anche mettendo in pericolo la propria vita, ubbidendo liberamente alla giustizia suprema e non alle leggi umane. Il libro che vi propongo (“Il tribunale del bene”) ha come sottotitolo “La storia di Moshe Bejski, l’uomo che creò il Giardino dei Giusti”. Fu salvato, perché fu uno dei 1200 ebrei inseriti nella lista di Schindler, reso poi famoso dallo splendido film di Spielberg del 1993. E proprio Bejski volle venisse ricordato, pagando in tal modo il suo debito di riconoscenza. Ma Bejski comprese anche che nessun altro Giusto doveva essere dimenticato. Per questo diede vita, all’inizio degli anni ’60 al Giardino presso il museo dello Yad Vashem, in cui ogni albero rappresenta un Giusto. Bejski ha un particolare concetto di “Giusto”, perché il bene può essere scelto da chiunque, non necessariamente da chi ha i tratti che di solito attribuiamo agli eroi. Non importa dunque se un Giusto abbia salvato uno o mille ebrei. L’importante è la memoria del bene compiuto. Afferma Nissim: “l’esperienza di un genocidio produce una doppia responsabilità: insieme al dovere di ricordare le vittime, esisteva quello di non dimenticare chi ha rischiato la vita per salvarle”. I Giusti non furono ebrei. Furono uomini. Come gli ebrei sterminati furono innanzi tutto uomini. Affermare la propria umanità significa affermare la libertà di servire il bene. Mi si consenta in chiusura di citare Dante (Pg XVI, 75-80) “lume v’è dato a bene e a malizia,/e libero voler”, cioè Dio ci ha dato il discernimento per distinguere il bene dal male e una libera volontà, che non ci assoggetta ad altri, perché “A maggior forza e a miglior natura/ liberi soggiacete” cioè siamo liberi per servire Dio, cioè il bene. Gabriele Nissim, “Il tribunale del bene”, Mondadori 2003; Euro 18
Laura B.
› LA CASA DEI LIBRI Isabel Coixet ne trae un film lineare e gentile dal profumo antico in cui si riscopre il piacere di abbandonarsi alla lettura di un libro.Racconta di una giovane vedova che vive in una cittadina della provincia inglese, siamo nel 1959, ha perso il marito nella seconda guerra mondiale, dopo anni di intimo dolore per elaborarne il lutto, decide di darsi un nuovo obbiettivo di vita aprendo una libreria nel borgo dove risiede. Una sfida aperta alla fossile mentalità della gente provocando, conla complicità di una bambina e di un anziano lettore, un risveglio culturale, ma anche una sfida nell’affrontare le ostilità dei benpensanti bigotti e arroganti. La sua è una lotta in un contesto sociale dominato dal denaro contro l’ignoranza, l’invidia, l’ipocrisia e la malvagità di una classe borghese, ben radicata nella perbenista Inghilterra di quegli anni. Se il film della Coixet può sembrare un colto e nostalgico tuffo in un passato oggi accantonato dalla frenesia della tecnologia, inrealtà ci dice che solo con il coraggio, la gentilezza e l’autentica testimonianza di se è possibile contrapporsi alla malvagità umana. Essere segno concreto di speranza e di rinnovamento per le generazioni future, così come accade nella casa dei libri. Regia: Isabel Coixet - Interpreti: Emily Mortimer, Bill Nighy, Patricia Clarkson Origine: Spagna, G.Bretagna, Germania, 2017 - Durata 113’ Tratto dall’omonimo romanzo di Penelope Fitzgerald del 1978
Walter S.
Da questa edizione la redazione, con il parroco, ha pensato di inserire l’anagrafe parrocchiale non più su un foglio distinto, ma direttamente nel bollettino e di pubblicare, secondo un criterio di uniformità, le foto dei defunti, un uso particolarmente sentito dalla comunità della Badia, ora esteso a tutta l’Unità Pastorale. Si ricorda che verranno pubblicate le foto dei defunti i cui famigliari hanno già scelto di renderle pubbliche attraverso le Onoranze funebri, ponendole sull’annuncio cartaceo del lutto.
ANAGRAFE PARROCCHIALE: Parrocchia Madonna del Rosario - Badia Battesimi Conti Gabriele di Alessandro e Mantuano Monica Tagliabue Antonio di Gabriele e Gosio Naomi
Gritti Filippo di Claudio e Paterlini Camilla
Defunti
Moreschi Bruna di anni 95
Simionato Edda di anni 85
Pellegrini Faustina Bossoni Giuseppina di anni 102 di anni 75
Buffoni Maria di anni 85
Rossini Alice di anni 82
Tedoldini Odilia di anni 89
Di Toro Elena di anni 87
Sala Lorenzo di anni 91
Lodrini Luciano di anni 84
Agliardi Angela di anni 81
Fontana Martina di anni 94
Brontesi Agnese di anni 82
Pelizzoli Cesarina di anni 98
ANAGRAFE PARROCCHIALE: Parrocchia San Giuseppe Lavoratore - VIOLINO Battesimi Knight Sophia Florence Festa Luca
Battaini Sofia Baratti Andrea
Mazzi Anna Monti Giulia Carolina
Defunti
Ghidelli Massimo di anni 58
Bosio Angela di anni 88
Rocca Bruna di anni 86
Orlando Adelaide di anni 92
Paccani Candido di anni 83
Ballarini Graziana di anni 84
Panzera Milena di anni 74
Medici Giulia di anni 84
Danesi Angela di anni 88
Barbieri Anna di anni 96
Orlini Luigia di anni 101
Trivella Iolanda di anni 88
Lucà Carlo di anni 81
Benenti Iva di anni 98
Unità pastorale Sacra Famiglia-Padre Marcolini
Liberati per servire Quaresima 2019: Nei volti il Volto
PROPOSTE PER I RAGAZZI DELLE ELEMENTARI E MEDIE • PREGHIERA MATTUTINA PER LE ELEMENTARI “CIAO GESÙ” dal lunedì al venerdì: ore 8.10 presso la cappellina feriale del Violino e della Badia a partire da lunedì 11 marzo fino a mercoledì 17 aprile • PREGHIERA MATTUTINA PER LE MEDIE dal lunedì al venerdì: ore 7.45 presso la casa “ex-custode”A. Papa accanto alla scuola media Kennedy a partire da lun. 11 marzo fino a merc. 17 aprile INCONTRO IN PREPARAZIONE ALLA PASQUA PER ICFR DAL 1° AL 6° ANNO DOMENICA 7 APRILE: ore 9.15 presso oratorio Violino INCONTRO IN PREPARAZIONE ALLA PASQUA PER PREADOLESCENTI: DOMENICA 17 MARZO: ore 9.15 presso oratorio Badia
PROPOSTE PER GLI ADOLESCENTI • INCONTRI-PREGHIERA CON LA PAROLA DI DIO: PER ADOLESCENTI 1°-2° ANNO: lunedì alle ore 20.30 presso oratorio Badia PER GLI ALTRI ADOLESCENTI: durante l’incontro del percorso affettivo INCONTRO DI PREPARAZIONE ALLA PASQUA: SABATO 13 APRILE: Veglia delle palme con il Vescovo e DOMENICA 14 APRILE: ritiro
PROPOSTE PER GLI ADULTI • SANTA MESSA FERIALE con la CELEBRAZIONE DELLE LODI E DEI VESPRI
• CENTRI D’ASCOLTO DELLA PAROLA DI DIO NELLE FAMIGLIE (secondo lo schema sottostante) * • VIA CRUCIS OGNI VENERDÌ: ore 16.15: presso chiesa parrocchiale Badia; ore 20.00 presso chiesa parrocchiale Violino RITIRO COMUNITARIO per operatori pastorali e per tutti gli adulti: DOMENICA 31 MARZO ore 15.30 presso l'oratorio Badia CENA DI SOLIDARIETÀ: MERCOLEDÌ 10 APRILE ore 19.30 pressoTeatro Badia VIA CRUCIS COMUNITARIA: VENERDÌ 12 APRILE ore 20.30
* CENTRI DI ASCOLTO della PAROLA DI DIO MERCOLEDÌ 13-20-27 MARZO e 3 APRILE
ORE 15.00
fam. DIDONÈ GIUSEPPINA fam. RIVA LUCIA
ORE 20.30
fam. ORNAGHI SILVIA fam. FRIGERIO ANNUNCIATA fam. GUERRA LUCA fam. SOANA SERGIO fam. ANTONINI ELDA fam. SANGIORGI MIRELLA fam. RONCALLI SERGIO fam. LUSSIGNOLI GIORDANO fam. MANESSI MARZOCCHI SILVANA
Via del Santellone, 145 - Villaggio Badia Trav. Quarta, 38 - Q.re La Famiglia Violino Via Nona, 6 - Q.re La Famiglia Violino Via Violino di Sopra, 131 - Q.re La Famiglia Violino Via Re Rotari, 58 - Q.re La Famiglia Violino Via Guido Rossa, 12 - Q.re La Famiglia Violino Via Roncadelle, 16/18 (oltre la ferrovia) Trav. Diciottesima, 9 - Villaggio Badia Via Quinta, 77 - Villaggio Badia Via Vallecamonica, 22 - Villaggio Badia (condominio giallo) Via Settima, 31 - Villaggio Badia