Dialogo e Famiglia Giornale dell’unità pastorale delle Parrocchie Badia-Mandolossa e Violino N˚ 2 - Giugno 2013
Alla riscoperta
della Fede
Sommario
Preghiera a Maria Santissima per invocare il dono della fede
La Parola del Parroco: Vita di fede in comunità . . . . . pag. 3
Vita della Chiesa Anno della fede: tempo prezioso . . . . . . . . . . “L’anno della fede tra papa Benedetto XVI e Papa Francesco” . Giovani e fede oggi: il contesto universitario . . . . . Oratori e educazione alla fede . Fede e impegno politico . . . . . Riflessioni personali . . . . . . .
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Vita dell’Unità Pastorale Pasqua in parrocchia . . . . . . . L’anno della fede nelle nostre comunità . . . . . . Consiglio Pastorale Parrocchiale . . . . . . . . . . . . Le nuove opere nella Chiesa Parrocchiale del Violino . . . . . Un grazie a don Luigi. . . . . . . La Madonna pellegrina tra le nostre case. . . . . . . . . Maria, una dolcezza infinita . . . Un luogo della fede: Il Santellone. . . . . . . . . . . .
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scritta da San Francesco d’Assisi
Ti saluto, Signora santa, regina santissima, Madre di Dio, Maria, che, sempre Vergine, eletta dal santissimo Figlio diletto e con lo Spirito Santo consacrata. Tu in cui fu ed è ogni pienezza di grazia e ogni bene, Ti saluto, suo palazzo, Ti saluto, sua tenda, Ti saluto, sua casa, Ti saluto, suo vestimento, Ti saluto, sua ancella, Ti saluto, sua Madre. E saluto voi tutte sante virtù che, per grazia e lume dello Spirito santo, siete infuse nei cuori dei fedeli affinché li rendiate da infedeli, fedeli a Dio. Amen
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Vita dei Quartieri Riqualificazione di via Vallecamonica . . . . . . . » 14 “Suo figlio ha molte potenzialità” . . . . . . . . » 13
Cronaca dell’Unità Pastorale Azione cattolica, servizio educativo e non solo. . . . . . . . . . . . . . » 16 I consigli dell’oratorio: pronti, via!. . . . . . . . . . . . . » 19 Campagna del riso. . . . . . . . . » 20
Redazione Don Raffaele Donneschi, Don Fausto Mussinelli, Elena Rubaga, Elena Vighenzi, Edoardo Dioni, Mirco Biasutti, Beppe Maifredi, Carlo Zaniboni, Guerino Toninelli, Luigi Biemmi.
Orari S. Messe Unità Pastorale Estate 2013 Feriali:
ore 8.30: Badia ore 18.00: Violino
Festive:
sabato ore 18.00: Violino sabato ore 18.30: Badia
ore 8.00: Badia ore 9.00: Violino ore 9.15: Mandolossa ore 10.30: Badia ore 11.00: Violino ore 18.00: Violino ore 18.30: Chiesetta S. Antonio al Monte
Contatti dei presbiteri della Unità Pastorale Parroco (don Raffaele Donneschi): Parrocchia San Giuseppe Lavoratore trav. Ottava,4 - Villaggio Violino tel. (segreteria parrocchiale) 030 312620 e-mail: raffado@alice.it www.parrocchiaviolino.it Curato (don Fausto Mussinelli): Parrocchia Madonna del Rosario via Prima, 81 - Villaggio Badia tel. 030 313492 - cell. 328 7322176 e-mail: donmussi80@gmail.com www.parrocchiabadia.it
Riferimenti per gli oratori: Oratorio San Filippo Neri via Prima, 83 - Villaggio Badia Oratorio Violino via Prima, 2 - Villaggio Violino
Foto in copertina: Chiesetta di S. Antonio verso la primavera.
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Parola del Parroco
Vita di Fede in comunità “Da una fede individuale a una esperienza comunitaria”
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ovrebbe esser chiaro a tutti che la fede è un atto personale, ma non individuale. In realtà si tende a mettere sullo stesso piano il “personale” e “l’individuale”, dimenticando che la fede è trasmessa da persona a persona e questo, già di per sé la rende un atto “comunitario“. La scelta di aderire al dono di Dio della fede è sì personale, ma non ce l’abbiamo inscritta nel DNA, la ereditiamo da qualcuno che ci fa crescere nella fede con la sua testimonianza, con la sua parola, con la sua vita. Nel clima corrente di individualismo è vero che si tende a dire “la mia fede” ma ci si dimentica spesso che il nostro modo di credere, di vivere la fede, deve molto alla famiglia in cui siamo nati e cresciuti, alla comunità parrocchiale in cui abbiamo mosso i primi passi nella fede condivisa, alle persone che, in positivo o in negativo, hanno contribuito alla fede in cui siamo ora. Oso affermare che una fede “fai da te“ è legittima ma se non è comunitaria non può essere definita ‘fede cristiana’. Del resto è stato proprio Gesù che ha voluto gli apostoli in numero di dodici, richiamando il popolo d’Israele formato appunto da dodici famiglie-tribù, e che nelle ultime sue parole prima dell’Ascensione manda gli apostoli a continuare la sua opera usando solamente verbi al plurale: «andate, battezzate, fate miei discepoli, ammaestrate…!» La fede senza la vita comunitaria è vuota, visto che è nella comunità cristiana, la Chiesa, che impariamo la ricchezza del vivere insieme il progetto di Dio, della Sua volontà per noi suoi figli. È l’esperienza del mettere in comunione i doni che lo Spirito suscita e dona a ciascuno ‘per il bene di tutti’ permettendoci di continuare a costruire il Regno di Dio che Gesù ha iniziato. Ecco perché occorre passare da “una fede mia“ a una ”vita di fede insieme”, con tutto ciò che di bello, e anche di difficile, questo comporta. È evidente a tutti, che la vita in comunità ha un certo
livello di tensione e di conflitto che deriva dalla necessità di integrare l’individualità di ciascuno con la volontà di realizzare un progetto comune. Di che cosa è ‘“fatta”, allora, una comunità di fede in Gesù Cristo? • È fatta anzitutto dalla luce del Signore risorto. Ogni giorno ci risveglia chiamandoci alla comunione: è Lui che unisce i cuori e i passi nella luce del suo amore. • È fatta di tenerezza, di sollecitudine e di misericordia: nessuno è già santo e tantomeno perfetto! • È fatta di condivisione: Gesù si dona a noi nel vino e nel pane di ogni giorno, generoso e libero e questo ci stimola alla vita di comunità, visto che tutti mangiamo dello stesso pane. • È fatta di coscienza, di valori assunti e fatti propri, verificando periodicamente, con umiltà e intelligenza, il cammino che stiamo percorrendo, per vedere che sia fatto veramente “insieme“. • È fatta di progetto: quello che ci fa uscire da noi stessi, da ‘ciò che mi piace o mi interessa’ per partecipare con i fratelli alla costruzione del Regno di Gesù, incarnato, morto e risorto. • È fatta di dialogo: di cuori aperti alla verità, nella ricerca di un consenso condiviso. • È fatta di sogno: la comunità amplifica la capacità di sognare, da persone libere, in qualcosa che possa far star bene tutti, andando oltre i campanili, i quartieri, le diocesi… le nazioni. • È fatta di lavoro, di gratuità, di dono e di servizio, di impegno, di responsabilità… come una costruzione che cresce giorno dopo giorno, attraverso l’impegno generoso di ciascuno. Amen! Don Raffaele
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Vita della Chiesa Anno della Fede: tempo prezioso 11 ottobre 2012 – 24 novembre 2013
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inquant’anni fa, l’11 ottobre, si apriva il Concilio Vaticano II che Papa Giovanni Paolo II ha indicato come la “grande grazia di cui la Chiesa ha beneficiato nel secolo XIX”. Benedetto XVI, per farne memoria, ha indetto per tutta la Chiesa l’anno della Fede. L’anno della Fede e la nuova evangelizzazione si saldano e sollecitano a considerare quest’anno una straordinaria opportunità per riscoprire e rinvigorire la nostra fede sia nella vita personale e famigliare, che nella vita della comunità cristiana, oltre che investire decisamente nell’impegno millenario dell’annuncio. Forse non ci servono nuove iniziative, ma la semplice valorizzazione di quelle che già abbiamo. Rinsaldiamo l’impegno per l’unità pastorale, rispondiamo come laici cristiani alle responsabilità di essere anche noi annunciatori impegnati.
Forse abbiamo bisogno di superare quella forma di pigrizia che accompagna il nostro vivere, che ci spinge alla resistenza, alla sfida di cambiare vita, di trovare autenticamente qualcosa di nuovo che meriti di essere vissuto. Ci sentiamo talvolta autosufficienti per cui non sentiamo più l’esigenza della evangelizzazione. Il relativismo imperante, l’ateismo materiale e subdolo, l’indifferenza, la derisione, l’emarginazione, sono tutti ostacoli che ci condizionano e creano una società egoistica, fredda, culturalmente arretrata nei confronti dei valori umani. L’ostacolo più grande è la resistenza alla conversione, resistenza che il Vangelo incontra da sempre e che obbliga i credenti ad una testimonianza più vera e coerente. Dobbiamo noi vivere con realismo evangelico, che ci induce a vedere quanto il Signore ci chiede in questo momento, ad individuare la presenza della Sua grazia che trasforma i cuori con l’aiuto dello Spirito Santo. Una fede da rinnovare ogni giorno per testimoniare il Vangelo, per essere più trasparenti, per riflettere meglio la luce di Dio, per confermarla nella speranza e nella carità condivisa con gli altri, per lasciarci sorprendere e saper riconoscere Cristo negli altri, nell’umiltà del nostro nulla ma nella certezza della Sua forza e del Suo aiuto. L’anno della Fede è per noi un forte appello a riscoprire ogni giorno la bellezza della nostra Fede, a conoscerla in modo profondo per un più intenso rapporto con il Signore, a La nostra fede, la nostra personale adesione a Dio vivere fino in fondo la nostra vocazione cristiana. va approfondita! Cerchiamo alla luce del Vaticano Papa Paolo VI ci fa pregare così: II le strade per comunicare la fede e diffonderla. “O Signore fa’ che la mia fede sia pura, sia libera, La fede è la dimensione quotidiana del vivere; sia certa, sia forte, sia gioconda e dia pace, sia opesi veste degli abiti feriali che indossiamo tutti i rosa, sia umile, si arrenda alla testimonianza dello giorni; viviamo il momento presente con estrema Spirito Santo!” A cura di Modesto semplicità ed umiltà.
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Il logo dell’anno della fede
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u un campo quadrato, bordato, è simbolicamente rappresentata una barca, immagine della Chiesa, in navigazione su dei flutti graficamente appena accennati, e il cui albero maestro è una croce che issa delle vele che con dei segni dinamici realizzano il trigramma di Cristo. Lo sfondo delle vele è un sole che, associato al trigramma, rimanda anche all’eucaristia. Questo logo è stato concepito con l’obbiettivo di aiutare anche in maniera visiva la comprensione del senso di questo anno; infatti l’anno della fede coinvolge in particolare la Chiesa. Ecco perchè il logo è occupato pressochè completamente dalla barca che rappresenta la Chiesa nel mare del mondo. La Barca è il “luogo simbolico” nel quale trovano posto tutti coloro che credono. È evidente che non si da fede senza la Chiesa, ma solo con la Chiesa e nella Chiesa. Questo è un chiaro messaggio per coloro che oggi tendono a pensare ad una fede in forma astratta, lontana dalla realtà e dai fratelli, come se il nostro Dio non si fosse fatto carne in Cristo: per i Cristiani non può essere così: la fede trova per forza di cose la
sua espressione nella Comunità, cioè nell’insieme dei fratelli (spesso, infatti, si sente dire “credo in Dio, ma non nella Chiesa”). Questo mare non è sempre favorevole, anzi spesso le onde sembrano avvolgere la barca come si può ben vedere nella parte inferiore della barca del logo. Per permettere una navigazione sicura e ferma è necessario avere come albero maestro Cristo e la sua croce che ci ha lasciato il sacramento dell’Eucaristia come vela che spinge avanti la barca: nel logo questo è ben visibile con la forma tondeggiante come una particola e il trigramma I (Iesus) H (Hominum) S (Salvator), cioè Gesù Salvatore dell’umanità. Solo grazie a Lui, solo fidandosi di Lui, l’umile barca della Chiesa può addentrarsi nei flutti della storia, alla ricerca dell’umanità che ancora sente il bisogno della salvezza. Il Signore aiuti ciascuno di noi a sentirci parte di questa barca, a salirvi con coraggio e, grazie ad una fede matura, poter percorrere un cammino ricco di grazia verso il porto dell’eternità. Buona navigazione cari fratelli! Don Fausto
L’anno della fede tra Papa Benedetto XVI e Papa Francesco Unico sguardo, ma da due punti di vista.
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’anno della fede tra Papa Benedetto XVI e Papa Francesco Unico sguardo, ma da due punti di vista... Il tempo della Chiesa che stiamo vivendo è unico: tra i fattori di unicità, vi è anche la scelta di una successione al soglio pontificio nel bel mezzo di un Anno dedicato alla riappropriazione della fede da parte della comunità ecclesiale. Così ci è possibile cogliere differenze e punti di vista diversi e complementari rispetto a questa particolare occasione. Per aiutarci a comprendere meglio questa diver-
sità complementare, sottolineiamo semplicemente alcune espressioni dei discorsi e degli scritti dei due pontefici. n Papa Benedetto XVI presenta così la fede introducendo l’Anno della Fede nella Lettera apostolica “Porta Fidei”: “Non possiamo accettare che il sale diventi insipido e la luce sia tenuta nascosta (cfr Mt 5,13-16). Anche l’uomo di oggi può sentire di nuovo il bisogno di recarsi come la samaritana al pozzo per ascoltare Gesù, che invita a credere in Lui e ad attingere alla sua sorgente, zampillante di acqua viva (cfr Gv 4,14). Dobbiamo ritrovare il gusto di nutrirci
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della Parola di Dio, trasmessa dalla Chiesa in modo fedele, e del Pane della vita, offerti a sostegno di quanti sono suoi discepoli (cfr Gv 6,51). (...) Credere in Gesù Cristo, dunque, è la via per poter giungere in modo definitivo alla salvezza.” u Papa Francesco così si esprime circa la fede, rivolgendosi ai cresimandi e cresimati in Piazza San Pietro, sottolineando la continuità con il predecessore: “rimanete saldi nel cammino della fede con la ferma speranza nel Signore. Qui sta il segreto del nostro cammino! Lui ci dà il coraggio di andare controcorrente. Sentite bene, giovani: andare controcorrente; questo fa bene al cuore, ma ci vuole il coraggio per andare controcorrente e Lui ci dà questo coraggio! Non ci sono difficoltà, tribolazioni, incomprensioni che ci devono far paura se rimaniamo uniti a Dio come i tralci sono uniti alla vite, se non perdiamo l’amicizia con Lui, se gli facciamo sempre più spazio nella nostra vita.” n Ancora Benedetto XVI così parla della necessità della testimonianza per un futuro di salvezza personale e comunitario: “Giunto ormai al termine della sua vita, l’apostolo Paolo chiede al discepolo Timoteo di “cercare la fede” (cfr 2Tm 2,22) con la stessa costanza di quando era ragazzo (cfr 2Tm 3,15). Sentiamo questo invito rivolto a ciascuno di noi, perché nessuno diventi pigro nella fede. Essa è compagna di vita che permette di percepire con sguardo sempre nuovo le meraviglie che Dio compie per noi. Intenta a cogliere i segni dei tempi nell’oggi della storia, la fede impegna ognuno di noi a diventare segno vivo della presenza del Risorto nel mondo. Ciò di cui il mondo oggi ha particolarmente bisogno è la testimonianza credibile di quanti, illuminati nella mente e nel cuore dalla Parola del Signore, sono capaci di aprire il cuore e la mente di tanti al desiderio di Dio e della vita vera, quella che non ha fine.”
u Papa Francesco sempre rivolto ai cresimandi afferma: “Vedete, la novità di Dio non assomiglia alle novità mondane, che sono tutte provvisorie, passano e se ne ricerca sempre di più. La novità che Dio dona alla nostra vita è definitiva, e non solo nel futuro, quando saremo con Lui, ma anche oggi: Dio sta facendo tutto nuovo, lo Spirito Santo ci trasforma veramente e vuole trasformare, anche attraverso di noi, il mondo in cui viviamo. Apriamo la porta allo Spirito, facciamoci guidare da Lui, lasciamo che l’azione continua di Dio ci renda uomini e donne nuovi, animati dall’amore di Dio, che lo Spirito Santo ci dona! Che bello se ognuno di voi, alla sera potesse dire: oggi a scuola, a casa, al lavoro, guidato da Dio, ho compiuto un gesto di amore verso un mio compagno, i miei genitori, un anziano! Che bello!” In sostanza possiamo notare come i due pontefici si mettono davanti alla Parola di Dio e invitano il popolo cristiano, seppur con accenti diversi per cultura ed esperienza di vita, a vivere coerentemente la propria fede. Sia Papa Francesco che Papa Benedetto hanno a cuore la salvezza del popolo e con un linguaggio chiaro ed immediato invitano ciascuno di noi a non fermarsi, ma a continuare con costanza la ricerca della fede e, nella ricerca, la testimonianza autentica per i fratelli più lontani. Fede e testimonianza siano parole che ci aiutino a vivere nella serenità di essere nella vigna del Signore, in umile servizio fino al momento in cui saremo eletti alla gloria del cielo. Ringraziamo il Signore per le grazie ricevute dal suo amore a cui promettiamo di credere con cuore libero e semplice e proseguiamo senza paura il nostro cammino sulla Barca di Pietro, che è la Chiesa, tra i pericoli del mare aperto di questo mondo in cui siamo. a cura di Don Fausto
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Uno sguardo alla fede giovanile Giovani e fede all’Università
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distanza ormai di 50 anni dalla convocazione del Concilio Vaticano II, la Chiesa Cattolica si trova oggi ad operare in un contesto radicalmente mutato dal punto di vista economico e sociale. Di fronte alle difficoltà che si prospettano, in questo periodo emerge una forte crisi spirituale che si acuisce principalmente tra le nuove generazioni. La fede non è più un presupposto acquisito del vivere comune; si constata infatti una progressiva contrazione della partecipazione giovanile alle pratiche religiose dimostrando l’obsolescenza della semplice Catechesi i cui contenuti sono presto accantonati in favore di valori effimeri, ma più attraenti e più confacenti alle aspettative. Con tale osservazione non si intende muovere una critica nei confronti del lodevole impegno di catechisti o educatori, piuttosto sembra che la Parola di Dio venga meno di fronte a strumenti di comunicazione sempre più evoluti ed efficaci che si fanno catalizzatori per la promozione di modelli di vita incentrati sulla dissolutezza e sull’individualismo, educando, nel contempo, ad un disprezzo ingiustificato nei confronti dell’Istituzione – Chiesa. Nonostante perduri un apparente rispetto verso quanti si riconoscono nella Chiesa e nel suo messaggio di conversione, molti ragazzi sembrano ritenersi “emancipati” o “vaccinati” da una pratica che appare vetusta, obsoleta e fuori moda; il credente è sottoposto ad una malcelata e, in certi casi, irrispettosa discriminazione. A dispetto di una profonda ignoranza, si pretende di esprimere giudizi precipitosi circa la condotta del clero o delle istituzioni correlate dando prova di un atteggiamento che è fine a sé stesso, ovvero, il più delle volte non ci si allontana dagli ambienti cattolici in virtù di una sfiducia determinata dall’ipocrisia della Chiesa, ma avviene il contrario: per giustificare il proprio dissenso preconcetto si cercano scuse spesso banali o forzose nella gestione materiale dell’organizzazione ecclesiale. La convocazione dell’ Anno del-
la Fede da parte di Benedetto XVI serve (anche) a questo: «per non far cadere nell’oblio il fatto che caratterizza la nostra vita: credere» come egli stesso ha scritto, perché nonostante una situazione di grave scollamento e sfiducia, la solidità della Parola di Dio deve essere riscoperta e valorizzata in quanto essa rappresenta il punto di forza e d’ispirazione da cui l’azione dei credenti deve muoversi. La fallacia di tutto il resto è testimoniata da Don Raffaele Maiolini (responsabile della Pastorale Universitaria): «il bisogno di spiritualità dei giovani è vivo e presente; demolita quella scorza di diffidenza e superficialità si palesano interrogativi che testimoniano un’attività interiore cui la Chiesa può e deve dare risposte attraverso il Vangelo. Si tratta di un mandato estremamente complicato nell’ambito di un mondo così variegato e disomogeneo come quello della gioventù, di cui l’università rappresenta una vivace esemplificazione. Non esiste un modo univoco per approcciarsi alla vita spirituale di una persona, ma si sa, le vie del Signore sono infinite!» La vocazione della Chiesa dovrebbe muoversi sempre più in tale prospettiva, basti pensare che, in un ambiente così apparentemente indifferente come l’università, solo nel 2013 sono stati battezzati 5 studenti e più di cinquanta partecipano alle attività culturali proposte. Esiste quindi un mondo latente vivo nella fede ed autentico nella vita, che purtroppo non ha la forza di emergere e che si estende al di là della Pastorale Universitaria, L’Anno della Fede ci ricorda anche questo. E.D.
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L’oratorio è ancora luogo di fede? Oratorio e cammini di fede
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apita spesso di arrivare nei nostri oratori e di trovare le realtà più disparate: un luogo di aggregazione come il bar, dove persone di età diverse condividono momenti di svago e gioco; le strutture sportive, dove piccoli e grandi vivono il gioco con entusiasmo ed agonismo; le varie iniziative di animazione o di incontro su argomenti e interessi diversi come la musica, il teatro, le feste e così via... Certo, in oratorio si può trovare anche la catechesi dei bambini, dei ragazzi e dei loro genitori! Può sembrare strano che solo alla fine dell’elenco delle attività di un oratorio si trovi la catechesi, eppure è dalla necessità di diffondere quest’ultima che sono nati gli oratori. Per non dilungarci troppo, ricordiamo che gli oratori all’inizio erano semplicemente stanze dedicate alla catechesi. Essa si svolgeva la domenica pomeriggio, era detta “dottrina” e radunava gli adulti in Chiesa, mentre i bambini e i ragazzi si ritrovavano nelle stanze attigue. In un secondo momento nasce l’esigenza di offrire a questi ragazzi, non solo uno spazio adeguato per la formazione della fede, ma anche un luogo per il gioco e lo svago: nascono i primi oratori distinti tra maschile (seguiti dal sacerdote) e femminile (seguiti in genere dalle suore). L’oratorio maschile quasi da subito introduce lo sport, in particolare il calcio, come un mezzo valido per aiutare i ragazzi a sviluppare, con la fede, anche una passione; si aggiunge un primissimo bar e con il passare del tempo, l’introduzione della televisione per vedere i risultati sportivi permette di offrire un’alternativa ad altri circoli lontani dagli ideali di fede. Con lo scorrere del tempo le passioni e le proposte si amplificano: nascono i cinema-teatro come premio per la catechesi (prima si partecipa a messa e catechismo, poi si può andare al cinema); i primi gruppi di animazione musicale e così via. Nel frattempo gli oratori femminili, che avevano sviluppato una forte attenzione all’educazione alla vita famigliare oltre che alla fede, cominciano a scomparire e ad essere
accorpati a quelli maschili. Da questo breve ritratto storico dell’evoluzione degli oratori abbiamo colto come il legame che dava senso alla struttura era: “dalla catechesi, all’educazione, all’animazione”. Negli ultimi vent’anni questo legame sembra essersi invertito: “dall’animazione, all’educazione sino alla vita di fede”. Entrambi questi percorsi, tuttavia, non sembrano rispondere alle esigenze attuali e future, basti pensare al fatto che i nostri oratori si sono “svuotati”, forse anche di senso. Si pone, a questo punto, un interrogativo: come cambiare? Tornare agli oratori aperti solo per la catechesi? o lasciar perdere l’identità cristiana di tale ambiente e allinearci, per proposte e stile (senza possibilità di competizione) con le strutture “laiche”? Il Santo Padre Benedetto XVI e il suo successore Francesco, nell’ambito dell’anno della fede, hanno sottolineato la necessità di una seria riflessione sull’argomento, per poter trovare una via di uscita ad una situazione non semplice. Nessuno ha la soluzione, tuttavia, almeno per iniziare ad intravedere questa uscita, forse, ci può essere utile un’indicazione: cercare il motivo per cui ci mettiamo in gioco nelle varie attività dei nostri oratori. Chiediamoci: “perché lo facciamo?” Forse una risposta unica è difficile da trovare, ma nel profondo possiamo cercare un elemento comune da cui partire per costruire un nuovo modo di educare alla fede nei nostri oratori. Tale “motivo profondo” si può esprimere con le parole di San Paolo al discepolo Timoteo: “Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù (...): annunzia la parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni bontà e sapienza”. (2Tm4,1-2). Allora l’oratorio può essere un vero “laboratorio di fede” perché ogni attività ha un unico scopo nella diversità di linguaggi e metodi: annunciare la salvezza portata da Gesù e lasciare che l’altro
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accolga tale messaggio, non più per obbligo, ma neanche senza alcuna esortazione. Il Cristiano è stato creato per volare alto e aiutare gli altri a fare altrettanto, le paludi non possono essere il nostro habitat! Che i nostri oratori possano imboccare presto questa strada! a cura di don Fausto in collaborazione con don Marco Mori direttore dell’Ufficio Oratori diocesano
Un’opinione qualificata su un tema delicato: la vita politica può avere una dimensione di fede? Fede e Politica
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l tema è vasto e cercherò solo di tentare qualche riflessione. La fede in senso lato, e non in senso strettamente religioso, riguarda ogni essere umano. Spesso usiamo il verbo credere come sinonimo di pensare. Pensare significa fare connessioni avendo nella mente il presente, il passato e il futuro. Quando S. Agostino fa la sua analisi del tempo (non in senso oggettivo come moto uniforme nello spazio, ma come tempo della coscienza), lo distingue come presenza del presente, come memoria del passato e come anticipazione del futuro. In quest’ultimo senso il tempo è sorretto dalla ragione (che non può ammettere che le cose vadano nel nulla), ma è anche una fede perché gli eventi futuri non sono mai prevedibili nella loro effettiva realtà e, quando essi si discostano gravemente dalle aspettative (le tragedie naturali o umane), ci lasciano nel dolore o nell’angoscia. Del resto, nella vita quotidiana, sia individuale sia sociale, tutti i mezzi di comunicazione di massa che usiamo non sono altro che tecniche per accertare che le cose lontane siano avvicinabili ai nostri sensi in modo che possiamo utilizzarle per i nostri scopi: le cose invisibili sono portate alla dimensione sensoriale. Un punto di partenza per parlare di verità è l’esperienza sensoriale: siamo sicuri che ai nostri sensi si presenta una realtà (“qualcosa è visibile” è la radice del realismo. Ma qui ci sarebbe da vedere altre posizioni filosofiche diverse). Oltre a questa evidenza fenomenologica (quella
dei sensi), i grandi pensatori del passato hanno cercato, attraverso l’evidenza logica (la ragione), una spiegazione del mondo. Per es., Aristotele giunge a dimostrare che ci dev’essere un Motore Immobile o una Intelligenza Prima separata che spiega il mondo che cambia. Anche tutti i miti antichi e le religioni naturali concepiscono una o più divinità creatrici o produttrici del mondo. Altre filosofie antiche o moderne non cercano invece la spiegazione in un Essere trascendente, ma la trovano nel mondo stesso (la Natura immanente: per es. Spinoza). Le religioni rivelate, in particolare, si fondano sui testi sacri, concepiscono Dio come trascendente e cioè Colui che sta oltre ogni possibilità di comprensione umana, come una “Luce” che oltrepassa la ragione stessa. Nella religione cristiana la fede si avvicina a ciò che non è visibile e che rimane perciò nel mistero: i contenuti del Credo sono infatti avvolti dal mistero. Possiamo distinguere una fede laica (= di tutti) che crede nel mondo e che indaga per cercarne la natura (anche la scienza cerca l’infinitamente piccolo e l’infinitamente grande) e una fede religiosa che, al di là del mondo visibile, cerca l’invisibile in un Essere che è l’Esistenza e che non è soggetto alla morte. E Cristo in questa prospettiva è la Via, la Verità, la Vita. La definizione di fede cristiana la troviamo in S. Paolo, poi ripresa da S. Tommaso, citata da Dante in un Canto del Paradiso e riportata nelle Lettere
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Encicliche dei Papi. La traduzione del testo latino data nella “Spe Salvi” dice: la fede è la sostanza delle cose che si sperano; la prova delle cose che non si vedono. (La traduzione “prova” del termine latino argumentum che corrisponde al termine greco elenchos è considerata oggettiva). I contenuti della fede sono misteriosi perché vanno oltre le capacità umane ma non sono contro la ragione e contro le aspirazioni umane: la fede dà qualcosa della realtà futura. C’è compatibilità tra la ragione che prevede il futuro e la fede che lo completa nella Resurrezione finale. La realizzazione di questa fede e di tutte le speranze, nell’essenza del messaggio cristiano, è l’amore di Dio e del prossimo già in questa vita: un amore concreto, non proclamato ma praticato. Anche sul piano della ragione e fede laica troviamo principi morali ispirati al senso di responsabilità nei confronti del prossimo. Nel mondo dell’Illuminismo il principio laico di solidarietà è, per esempio, già inserito nel motto della Rivoluzione Francese “Libertà, uguaglianza, fraternità”. La politica è l’organizzazione della “città”. L’uomo è “animale politico”, diceva Aristotele. Viviamo in una società, oggi in una comunità mondiale, che
deve organizzarsi secondo i principi democratici che sono codificati nelle migliori Costituzioni. Eppure le guerre continuano e le ingiustizie anche. Si cerca, tra tanti popoli di storie e culture diverse, di trovare una soluzione condivisa per superare tensioni e conflitti. Qual è allora il punto di contatto tra fede e politica, tra la fede cristiana e la fede laica o di qualsiasi altra religione e l’azione politica? È il criterio dell’organizzazione della società in funzione del bene comune e quindi dell’attenzione ai bisogni essenziali di ciascuna persona ( materiali, culturali, morali) e della salvaguardia di questa piccola Terra sulla quale, per un “disegno” provvidenziale o per un caso, viviamo una vita di cui tutti siamo responsabili. La parabola del buon Samaritano potrebbe significare per tutti l’impegno che ciascuno dovrebbe assumersi. Un impegno concreto, qui ed ora, per ogni problema e situazione che si presenti davanti ai nostri occhi. L’impegno di “crescere insieme” perchè siamo tutti legati alle vicende del tempo: se il passato non si può cancellare, il futuro invece dipende anche dalle nostre scelte. Dino Visini
Gruppo di riferimento Parrocchiale
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Riflessioni personali
erata di lunedì 22 Aprile, riunione per impo- essere considerata organica alla vita di una Parstare il bollettino ”Dialogo e Famiglia”. Don rocchia? L’operare del gruppo di riferimento può Fausto esprime l’ipotesi di dedicare il pros- essere considerato adeguato in una struttura che simo numero della rivista all’anno della Fede che ha come obbiettivo l’annuncio del Vangelo e favosi concluderà il prossimo Ottobre. La Fede, ferma rire lo svilupparsi della Fede nelle persone? Quale è l’equilibrio corretto tra l’ineviadesione ad una verità rivelata, tabile vicinanza all’ambito poliquale argomento più importico e l’ambiente Parrocchiale in tante per una pubblicazione di cui siamo inseriti? La Fede comuna unità Pastorale che verrà porta un percorso personale di letta in due Parrocchie, luoghi adesione al Vangelo. Da questa dove le comunità ed i singoli adesione deve poi discendere praticano la propria religione. un modo di vivere aderente il Lasciata la riunione, guidando più possibile agli insegnamenti per andare ad un altro incondi Gesù. Ora, ferme restando le tro, si ripropone nei miei penmanchevolezze e le inadeguasieri il solito vecchio dubbio, tezze mie personali e umane in che da anni mi sovviene ogni generale, credo che uno dei detvolta mi trovo a riflettere se sia tami più importanti della nostra opportuno o meno inquadrare Religione sia il farsi prossimi gli l’attività del gruppo di riferiIncontro 3 maggio uni agli altri. E qui credo, spero, mento in una prospettiva Parcon i candidati sindaco vi sia il solco, il tratto, che da’ rirocchiale. Può la nostra attività
DialogoeFamiglia sposta alle mie domande. Con il gruppo abbiamo cercato di farci prossimi alla nostra comunità, provando ad interpretarne i bisogni, cercando risposte adeguate, mediando le esigenze del quartiere con quelle più ampie della città. La mia preoccupazione così si attenua, non devo pensare al gruppo adeguato alla Parrocchia in quanto “trasmettitore” di Fede, ma come uno strumento per essere vicini alla comunità, strumento che può diventare parte di un percorso personale, più complesso, di ricerca della Fede. Per me, cristiano affaticato
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e dubbioso, è stato così. Ecco allora l’importanza dello stile di ogni attività Parrocchiale e Oratoriale, l’attenzione ai bisogni concreti, a volte minimi, delle persone nella consapevolezza che percorsi di avvicinamento alla Fede possono passare anche attraverso attività apparentemente lontane da questo ambito. Mi sono permesso di condividere questi pensieri, spero non troppo sciocchi o presuntuosi. Diversamente accoglieteli con un sorriso e passate oltre. Mirko Biasutti
Vita dell’Unità Pastorale
Fate questo in memoria di me
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Dalla via crucis alla Pasqua di Risurrezione nell’anno della Fede
utti gli anni, nelle nostre comunità, vengono e camminano insieme, assume un grande significelebrati riti antichi nei quali facciamo me- cato. Nel rito della via crucis, nel quale abbiamo moria della morte e risurrezione di Gesù. fatto memoria delle fatiche del Cristo, possiamo Cosa significa celebrarli in quest’anno che la Chie- cogliere l’immagine di una fede che sa seguire sa ha voluto dedicare alla fede? Proviamo allora a Gesù anche nei momenti di difficoltà, che sa portare insieme al fratello bisoleggere l’esperienza di “camgnoso la croce della fatica. mino pasquale” delle nostre La domenica successiva, comunità alla luce di questo all’insegna di un tempo ininterrogativo. clemente che non ha reso Un momento importante che possibile la processione, si precede la santa Pasqua di è svolta la celebrazione delRisurrezione nella nostra cola Messa delle Palme, con munità, è la via crucis per le la quale ha avuto inizio la vie del quartiere che si è arricsettimana santa. Con il rito chita quest’anno del momendelle palme, la Chiesa ricorto comunitario di incontro tra da l’ingresso trionfante del le due parrocchie. Dopo la Chiesa Badia - Pasqua 2013 Cristo in Gerusalemme; la partenza e le prime stazioni gestite autonomamente dalle singole parrocchie liturgia della Parola (Passio) che abbiamo sentito infatti, le due processioni si sono fatte una presso risuonare in Chiesa, ci ha presentato il Servo soffeil piazzale della scuola media ed insieme hanno rente che muore e risorge il giorno di Pasqua. Duconcluso la celebrazione all’interno della chiesetta rante questa celebrazione l’idea di fede che emerge di Sant’Antonio. Chiesa sembrata così piccola, ma è quella di accoglienza del Cristo e consapevolezche ha accolto comunque in modo caldo le tante za che Gesù prende su di sé il male, la sporcizia, persone che hanno voluto partecipare al rito che il peccato del mondo, anche il nostro, e lo lava, lo ricostruisce il percorso doloroso di Gesù fino alla lava con il suo sangue, con la misericordia, con crocifissione sul Golgota. È stato molto significa- l’amore di Dio. tivo, a parere di chi scrive, proprio il momento di La serata fredda di mercoledì non ha impedito lo condivisione con la comunità del Violino. Per tutti svolgimento della rappresentazione della Passionoi che stiamo vivendo l’esperienza dell’erigenda ne Vivente nei pressi della Chiesa del Violino: mounità pastorale infatti, l’immagine di due comuni- mento bello di fede e di comunione. tà che arrivano da luoghi diversi, che si aspettano Nella mattina del giovedì santo alcuni ragazzi
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della comunità della Badia, che hanno ricevuto la Confermazione ed Eucaristia nel mese di ottobre, hanno partecipato alla messa crismale in Cattedrale, presieduta dal nostro vescovo Luciano, all’interno della quale è stato benedetto il crisma con cui poi, nel corso dell’anno, verranno unti i battezzati, i cresimati e i nuovi sacerdoti. La sera invece, ha avuto inizio il cosiddetto triduo pasquale e si è celebrata nella comunità la messa in Cena Domini, attraverso la quale abbiamo fatto memoria dell’ultima cena del Cristo, nella quale Gesù ci ha consegnato il comandamento dell’amore, dopo aver lavato i piedi degli apostoli. Quest’anno sono stati i ragazzi del gruppo Emmaus, futuri cresimati, a prendere il posto di questi ultimi. Durante questa celebrazione abbiamo sperimentato la fede che sta a servizio della carità; dobbiamo infatti farci piccoli, servitori degli altri, come Gesù. Nella mattina del venerdì santo i nostri ragazzi sono stati invitati in chiesa per un momento di riflessione; la sera dello stesso giorno poi, abbiamo celebrato la passione e morte del Cristo con l’ascolto della Passione e il gesto del bacio del crocifisso; dopo la celebrazione ha fatto seguito un momento di silenzio e adorazione davanti al Cristo crocifisso. Il giorno successivo, il sabato, le campane non hanno suonato: è stato il giorno del silenzio, del mistero, dalla riflessione; la mattina, la comunità è stata invitata in chiesa per un momento di adorazione. La passione e la morte di nostro Signore di cui abbiamo fatto memoria il venerdì e il sabato, si aprono naturalmente verso la speranza della risurrezione: per tale ragione la speranza è alimento fondamentale della fede. La celebrazione della veglia pasquale, la sera del sabato e la domenica di Risurrezione che abbiamo vissuto nella nostra comunità, costituiscono
Via Crucis 2013
il punto di arrivo del triduo pasquale: durante la veglia abbiamo fatto memoria della fedeltà di Dio all’uomo, abbiamo celebrato la nostra fede attraverso alcuni segni molto ricchi di contenuto: l’accensione del fuoco nuovo, la benedizione dell’acqua, il pane e il vino che divengono il corpo e il sangue del Cristo che ci fa rinascere a vita nuova. Per la comunità del Violino è stata occasione per vivere il rito dell’Iniziazione Cristiana di una adulto: la
Via Crucis 2013 nostra sorella Have ha ricevuto i sacramenti del Battesimo, della Cresima e dell’Eucaristia nel clima di fede unico che caratterizza la Notte Santa della Pasqua. Il Papa emerito Benedetto XVI, che ha fortemente voluto l’anno delle fede, nella sua lettera apostolica “Porta Fidei”, ha scritto: “Desideriamo che questo Anno susciti in ogni credente l’aspirazione a confessare la fede in pienezza e con rinnovata convinzione, con fiducia e speranza. Sarà un’occasione propizia anche per intensificare la celebrazione della fede nella liturgia, e in particolare nell’Eucaristia [...]. Nel contempo auspichiamo che la testimonianza di vita dei credenti cresca nella sua credibilità. Riscoprire i contenuti della fede professata, celebrata, vissuta e pregata, e riflettere sullo stesso atto con cui si crede, è un impegno che ogni credente deve fare proprio, soprattutto in questo Anno”. Le celebrazioni pasquali hanno registrato una forte presenza di fedeli, che si sono ritrovati a celebrare riti antichi nei quali abbiamo tutti fatto memoria del sacrificio del Cristo per noi, sacrificio che ci ha permesso di rinascere a vita nuova. In fondo la Pasqua è una festa di fede perché ci pone dinnanzi ad una realtà che è la risurrezione del Cristo che richiede al fedele un’adesione che va oltre la propria capacità di comprendere e perché da questa adesione deriva una visione di vita nuova e bella per noi. Elena V.
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Anno della Fede La parola alla comunità
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on la Lettera apostolica “Porta fidei 7. L’anno della fede indetto da Benedetto XVI “dell’11 ottobre 2011, il Santo Padre Beè importante, perchè è necessario sia accornedetto XVI ha indetto un Anno della fede. ciato il distacco tra la fede e la vita. O la fede Quest’anno sarà un’occasione propizia perché riesce a dare un orizzonte vitale a tutti i notutti i fedeli comprendano più profondamente stri comportamenti o rischia di essere abbanche il fondamento della fede cristiana è «l’incondonata, come qualcosa di superfluo, come un tro con un avvenimento, con una Persona che dà ricordo del passato, che ha avuto la sua imalla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione portanza, ma che oggi serve a poco. Oggi la decisiva». Fondata sull’incontro con Gesù Cristo fede si trasmette anche con l’insegnamento, risorto, la fede potrà essere riscoperta nella sua ma soprattutto con la testimonianza a Qualintegrità e in tutto il suo splendore. cuno che ci supera immensamente e che ci Questo il messaggio che riassume ciò che Becoinvolge personalmente nel mistero della nedetto XVI ha inteso proporre promulgando sua esistenza e presenza in mezzo a noi. Sono l’”Anno della Fede”: ma quanto e come da noi da convinta che è da un credente che nasce un noi cristiani è stato recepito? altro credente. Facciamo due chiacchiere fra i parrocchiani della 8. Penso che l’Anno della Fede sia un’occasioBadia e del Violino e sentiamo cosa rispondono ne per tornare a riscoprire l’insegnamento di alla domanda “Anno della fede” quale significaCristo e del Vangelo, per ritrovare quei valoto? ri di cui il nostro tempo, così in crisi da tutti i punti di vista, ha così bisogno. Testimoniare 1. È l’anno che è stato dedicato alla preghiera ed la nostra fede diventa allora il modo miglioalla meditazione. L’hanno ribadito più volte re per riportare al mondo la luce della spenelle messe. ranza. 2. L’Anno della fede è un anno di meditazione 9. Anno della Fede, è donarsi con incondizionaindetto dalla Chiesa cattolica, dedicato ad inta fiducia all’Amore di Dio e, nei piccoli getensificare la riflessione sulla fede. sti quotidiani, vivere con la consapevolezza 3. Anno della fede serve per pregare di più. 4. Benedetto XVI ha voluto indire l’”Anno della fede” perchè i credenti siano più consapevoli di cosa significa dire “sì” al vangelo. 5. L’Anno della Fede l’ha voluto Benedetto XVI per aiutare la Chiesa a comprendere il significato di credere in Dio. 6. Riscoprire la consapevolezza che il nostro agire di ogni giorno, in ogni contesto, con ogni persona che incontriaSalvetti: “I sacramenti e la vita della Chiesa” mo è “segnato”, o meglio “deve essere segnato”, dalla nostra fede; il che lui è sempre accanto a noi. È dialogare segno più profondo è quello della croce che con il Signore pregando tutti insieme, sentenci invita a vivere sull’esempio di Cristo, al doci davvero un unico corpo e unico grande servizio del “prossimo”, dando tutto di noi cuore. L’Anno della riscoperta di noi stessi e stessi. dell’essere vero cristiano!
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Dal Consiglio Pastorale
Lumen gentium: 4°capitolo
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“L’Apostolato laicale nella Chiesa di ieri e d’oggi”
itornando sulla enciclica Lumen Gentium, nell’ultimo incontro del Consiglio Pastorale, Don Raffaele ci ha proposto un’ampia riflessione sul capitolo IV: i laici. Innanzitutto si deve sottolineare che il termine “laico” nasce con i documenti di una Chiesa moderna; solo il Concilio Vaticano II, infatti dedica una vera attenzione al laicato, definendo con questo termine, colui che non è, né chierico, né religioso. In modo particolare si sottolinea come i rapporti fra gerarchia e laicato siano contemporaneamente improntati sulla carità schietta e una ministerialità reciproca, che significa essere a servizio gli uni degli altri, a maggior ragione in un mondo contemporaneo dove si punta sempre di più alla diversità delle competenze. Lo scambio fra laico e consacrato deve mirare ad una cooperazione nella comune impresa dell’edificazione del regno di Dio, che non è solo la Chiesa, ma è una dimensione molto più ampia. Tutto ciò riassume il termine di corresponsabilità, che è un dovere che accomuna laicato e clero,
anche se è chiaro che tale collaborazione non è così semplice, alla luce anche della formazione data in passato ai sacerdoti, basata sulla gerarchia ecclesiale. Il ruolo del laico, sottolinea in modo incisivo l’enciclica, è nel termine di “cristiano della secolarità”, sia all’interno che all’esterno della Chiesa, soprattutto laddove la gerarchia non può giungere. Così si parla di cristiano all’interno della vita coniugale e familiare, nel mondo del lavoro, nel sociale, nella politica. Tuttavia, ci ha sottolineato Don Raffaele, una difficoltà che è nata da questo nuovo modo di sentirsi cristiani, è l’atteggiamento di anticlericalismo, e cioè il voler riversare la colpa di quanto non va nella Chiesa, esclusivamente sulla “casta clericale”. Il Vaticano II invece, invita i cattolici a posizioni positive e creative che nascono da incontri “felici” tra le persone, perché lo sforzo maggiore deve essere proprio quello di praticare il dialogo all’interno del mondo cattolico. Per il Consiglio Pastorale Elena
L’arte, espressione del Mistero di Dio Le nuove opere nella Chiesa parrocchiale del Violino
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l ciclo di dipinti nella chiesa parrocchiale di S. Giuseppe Lavoratore deve essere guardato e compreso tenendo conto di due prospettive di lettura.
Salvetti: Il mistero Pasquale
Innanzitutto ogni dipinto (e, in genere, ogni oggetto d’arte) collocato nello spazio sacro dove si raduna la comunità cristiana per la preghiera, deve essere in profonda sintonia con la sostanza delle verità che la Chiesa professa e vive, perché lo scopo precipuo di ogni immagine sacra è proprio la sua destinazione ad “illustrare” il mistero di Cristo e a interpretarne le profondità. Pregare e contemplare il mistero dell’amore di Dio non è esercizio di un qualche aspetto privilegiato della persona umana, ma è una esperienza che coinvolge, quando è vissuta con serietà, convinzione e applicazione, tutta la persona umana con tutte le sue capacità di conoscenza, sensibilità, emozione, intuizione. Questa ultima osservazione ci ricorda che l’arte
DialogoeFamiglia è un modo di conoscenza che è possibile quando si riesce a cogliere gli aspetti principali di questo linguaggio che fa parte di una componente fondamentale del patrimonio umano e delle sue conoscenze. Anche i dipinti della chiesa di S. Giuseppe Lavoratore sono, perciò, un incontro con la realtà della salvezza che ci viene dall’amore di Dio attraverso Gesù Cristo e le molteplici vicende della storia degli uomini. Quindi questi dipinti sono una occasione di guardare immagini che ci parlano di realtà fondamentali per ogni cristiano, soprattutto, ma anche per persone che sono “pensose” della loro dignità e del loro destino. Chi le ha realizzate spera che siano capaci di cat-
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turare l’attenzione del fedele per aiutarlo pregare e a essere grato a Dio e si augura che la sua capacità pittorica sia tale da rendere gradevole questa contemplazione e che gli meriti il ricordo con una piccola preghiera. Don Luigi Salvetti
Salvetti: La Creazione
Grazie, don Luigi!
Cinquant’anni a servizio della Chiesa
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ome ringraziare il Signore della tua presenza oggi tra noi? Pensiamo che il modo migliore sia di pregare insieme a te, presentarti al nostro Dio come comunità che da anni tu segui, accompagnato con tanto amore e gratitudine da parte nostra. Sei dono di Dio, Uomo di Dio, già pensato nel lontano 1939 in quel paesetto della Valtrompia, Sarezzo, dal nostro Signore, perchè tu oggi dopo tanto servizio nella Chiesa fossi tra noi a celebrare questa festa di ringraziamento per i tuoi cinquant’anni di sacerdozio. La comunità di San Giuseppe Lavoratore, grazie a don Agostino che ti ha voluto come sacerdote festivo e grazie a don Raffaele che ha voluto mantenere la tua presenza preziosa, ha potuto godere della tua grandezza ed arricchirci della tua parola e delle tue capacità, sempre dono di Dio ridonate a noi attraverso la tua persona: in particolare con la musica, con la conoscenza teologica, con la pittura che arricchisce oggi la nostra chiesa e la nostra anima nel leggere attraverso l’immagine da te re-
alizzata, tutta la storia della salvezza. Sappiamo che non sei portato a tanta esteriorità, la tua umiltà ti porta al nascondimento; ma noi come possiamo manifestarti il nostro volerti bene e la nostra gratitudine per quello che fai e che sei per noi? Se importante, sei prezioso, sei caro al cuore, vorremmo averti di più, ma di certo non possiamo rubarti ai tanti impegni che hai, in particolar modo la tua corale “Paolo VI”, alla quale da anni dedichi tempo, amore ed energia; senza contare poi l’unità pastorale, la quale assorbe tanto del tuo tempo e delle tue forze; la passione che metti in tutto quello che fai si sente, si respira, si vede. Che egoismo da parte nostra sarebbe desiderare o pretendere la tua vicinanza ancor di più di quanto già ci offri? Grazie di cuore, un grazie carico di amore; il Signore ti ricolmi di tutto il bene necessario alla tua chiamata e all’incontro sul tuo cammino con ogni fratello. Sia il Signore la tua consolazione e la tua gioia in ogni momento. Grazie Comunità del Violino
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La Madonna Pellegrina nelle nostre case ci chiede di essere pellegrini come lei
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n questo mese di Maggio la Madonna ha fatto un pellegrinaggio tra le nostre famiglie tracciando un itinerario di grazia. La statua, recante l’effige della Beata Vergine ha sostato presso ogni nucleo familiare che ha voluto accoglierla. Come Maria si affrettò verso la casa della cugina Elisabetta mettendosi al suo servizio, ugualmente la presenza nelle famiglie della Regina della Pace è apportatrice di rinnovata fede e speranza. Con la preghiera, attraverso la Sua intercessione, il dono della carità rifiorisce; si pacificano i rapporti interfamiliari e gli eventi della vita acquistano un senso nuovo alla luce della fede. Per tradizione antica le nostre Comunità parrocchiali vedono in questo evento, il Rosario nelle famiglie, il dono della presenza della Madre di Gesù Cristo e della Chiesa, che si fa pellegrina per mezzo di una sua effige ed entra nelle nostre case come risposta d’amore e di servizio materno. L’esperienza della preghiera è sempre coinvolgente, quando parte del cuore ed esprime i bisogni più profondi che segnano le nostre vite. Se poi, come nel nostro caso, ci si riunisce più persone e si trasforma la casa in una … piccola chiesa, allora il dono è veramente grande! Non posso esimermi però dal proporvi una riflessione ulteriore sull’opportunità che questo ritrovarsi nelle case può suscitare. Si dice continuamente che la gente non esce più di casa, che dopo una giornata di lavoro si sente il bisogno di un po’ di tranquillità, di stare con la propria famiglia… cose del tutto veritiere. Il rischio, però, è quello di rinchiudersi nella famiglia come in un guscio, di pensare che i problemi nostri siano quelli più grandi, perché anche l’apparente tranquillità della famiglia può nascondere situazioni di disagio a volte drammatiche, e la cronaca ce lo ricorda, purtroppo, abbastanza di frequente. Che dire allora se trovassimo
il coraggio di diventare davvero ciò che la famiglia cristiana è per sua natura e costituzione: una famiglia aperta. Aperta prima di tutto ai vicini, quelli che abitano sul pianerottolo o nella stessa scala se in condominio, quelli di destra e di sinistra se siamo in case a schiera, quello di fianco se siamo in una bifamiliare… Provare, ad esempio, a rompere con lo schema del puro saluto formale che ci si scambia quando ci si incontra e far capire ai vicini che vorremmo essere qualcosa di più per loro, visto che normalmente la situazione di vicinato segna anni e anni della nostra vita: insomma, passare ‘da vicino a prossimo’ non dovrebbe essere difficilissimo per un cristiano! In sostanza la proposta e la sfida è questa: dal Rosario recitato una volta all’anno nel giardino di casa si potrebbe passare a interessarsi dell’altro, a offrire qualche piccolo servizio per arrivare, perché no, a un invito a pregare insieme per qualche occasione (anniversari di vario genere, malattie, successi…) e magari sedersi intorno a una pagina di Vangelo per confrontare la nostra vita alla luce della Parola di Dio, rimettere in discussione il nostro essere credenti e praticanti, diventare, in una parola, un po’ più fratelli e sorelle, oltre che buoni vicini! Sono certo che la possibilità di riunirci per la preghiera del Rosario può favorire l’amicizia tra le nostre famiglie e la concordia con tutti e servire come punto di partenza per ulteriori obiettivi di fraternità concreta e vissuta. È il modo più bello per testimoniare la nostra fede e offrire un po’ d’amore sincero a chi ne ha più bisogno. Maria Santissima, la Madre del Signore, ci renda costruttori di verità e annunciatori di gioia: sul suo esempio portiamo in ogni famiglia la presenza di Dio Padre, misericordioso e buono! Don Raffaele
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Maria, una dolcezza infinita
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l mese di maggio è passato da poco e gli incontri serali trascorsi mentre eravamo raccolti intorno alla bella statua della Madonna ci hanno offerto momenti sereni. Così è venuto spontaneo il desiderio di conoscere meglio la storia particolare che accompagna questa dolcissima Signora che appare in alcune parti del mondo, portando un messaggio d’amore e lasciando il ricordo di uno sguardo così speciale. Nel caso presente parliamo della Madonna apparsa a Fatima, da dove è partito e si è diffuso un messaggio che ha percorso le strade del mondo. La venuta di Maria tra di noi rappresenta uno speciale incontro tra il cielo e la terra. È un momento di beatitudine infinita che accompagna tutte le occasioni più significative della Chiesa. Anche una sessione del Concilio vaticano II è stata segnata da una speciale cerimonia presso il Santuario di Fatima. Un gruppetto di pellegrini bresciani vi ha portato ed offerto alla Madonna una graziosa “Rosa d’oro”, esprimendo nello stesso tempo il desiderio di donare alla nostra terra l’immagine pellegrina di Nostra Signora di Fatima. I giorni passano e si alternano in questa umanità ora serena ora turbata. Osservando il volto radioso di una Madonna così speciale, ci colpisce profondamente la sua tenerezza, una parola che ritorna frequentemente sulle labbra di Papa Francesco. Tutti sappiamo che il mese di maggio è dedicato alla Madonna ed è stato bello trovarci la sera a pregare proprio davanti alla statua di Lei nell’atto di offrirci il suo sorriso ed il suo sguardo dalla dolcezza incredibile. Se percor-
riamo la storia, ci capita spesso di vedere, quasi di toccare con mano i tanti luoghi della terra dove è apparsa la Madonna, lasciando ovunque il segno indelebile della sua presenza e del suo amore per l’umanità. Ricordando Fatima, ricordiamo Lourdes e tante altre parti del mondo, compresa l’Africa, dove la Madre di Dio è pure apparsa, portando il suo sorriso ed il suo amore. Il mese di maggio, dedicato a lei in modo speciale, è ormai alle spalle, ma il pensiero della nostra Madre dolcissima non può abbandonarci mai. Osservando la straordinaria bellezza della Madonna davanti alla quale abbiamo recitato il Rosario o esposta sull’altare a Lei dedicato nella nostra chiesa, non è possibile che sfugga a nessuno la straordinaria dolcezza che traspare da quel viso, da quegli occhi, da quel sorriso delicato e infinito. O Maria, il tuo amore sia guida ai nostri passi. Luigi Biemmi
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Un luogo di Fede C’era una volta un Santellone...
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uando mio padre organizzò la prima visita alla nostra nuova casa “Marcolini” in costruzione alla Badia, disse a me e mio fratello Enzo: ”Facciamo via Chiusure, prendiamo lo stradone per Milano e dopo un paio di chilometri, arrivati alle scuole elementari di Mandolossa, troveremo un Santellone.Tra il Santellone e le scuole elementari, c’è la stradina che entra al villaggio”. Così, nel lontano maggio 1957, vidi per la prima volta in vita mia il Santellone. A quel tempo era un poco scalcinato e semicoperto da alte erbacce, ma mostrava fiero una fioritura di rose che, nel loro disordine, lo rendeva delizioso ai miei occhi cittadini. Passarono gli anni e a un certo punto il Santellone scomparve, lasciando però di sé una traccia ben segnata: via del Santellone, una larga strada d’accesso al nuovo villaggio. Arrivato l’anno Santo 2000, ecco che alcuni abitanti del Villaggio, ormai mescolati a quelli originari di Mandolossa, pensarono fosse venuta l’ora di far rinascere il Santellone, sbiadito nella memoria, ma rivisto anni prima in cartolina in un’esposizione di vedute locali del passato, contenuta in un libro edito per il trentennale del villaggio. Non essendo possibile la ricostruzione nel punto originario, si scelse allora un angolo del campo esistente ad est del villaggio, all’incrocio tra via Badia e via del Santellone; i lavori ebbero inizio verso la fine dell’anno con la posa della prima pietra, benedetta dal Parroco, e il completamento dell’opera venne rimandato alla successiva primavera, cosa che poi avvenne. Ecco come andarono i fatti. Ora però vorrei spiegare le motivazioni di questa ricostruzione: la spinta iniziale venne data da un coacervo d’idee, di sentimenti, di ricordi
di gioventù, di voglia di lasciare qualcosa di noi ai nostri figli, condito dal desiderio di riportare il Villaggio sotto la protezione di una Madre potente e misericordiosa, proprio come la Madonnina col bambinello in braccio che Monsignor Masetti, di buon cuore, regalò al Villaggio e che le esperte mani di una restauratrice riportarono in vita. Si diede modo così di ripristinare una gentile tradizione dei Mandolossesi i quali per anni, mentre si recavano al lavoro nei campi, o quando accompagnavano i nipotini all’asilo o a scuola, in prossimità del Santellone, si tracciavano un rapido segno di croce, quasi un gesto per scacciare le mosche tentatrici del demonio, oppure sostavano davanti alla santella chiedendo la protezione della Madonna affinchè li salvasse da cattivi incontri e li proteggesse sino a casa, modalità usuale per coloro i quali, in tempo di guerra, transitavano sullo stradone. Ai nostri giorni, mani pietose, tengono potate le rose che ornano il nuovo Santellone, ripuliscono il vetro che protegge la sacra immagine e posano fiori freschi o di celluloide sul ripiano di mattoni. C’è addirittura chi dice che un signore, estraneo al Villaggio, venga spesso a pulire e a tenere in ordine questo luogo. Ora, vorrei rivolgere un invito agli amici della Badia e del Violino perché si rechino qualche volta a dire un’Ave Maria guardando negli occhi la Vergine col bambino, anche senza un motivo particolare, così per amicizia (????); sono sicuro che si sentiranno molto meglio e in pace con tutti. GianLuigi P.S.: Per tutti coloro i quali volessero saperne di più sul Santellone, invito a cercarne traccia nei libri del trentennale e del cinquantenario della Badia, oppure a parlarne con gli anziani ultrasettantenni di Mandolossa.
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Vita dei Quartieri Una riqualificazione da completare
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ia Vallecamonica è la porta di ingresso del lato ovest di Brescia. È la strada d’accesso per i paesi dell’hinterland e la principale via di comunicazione per gli abitanti dei quartieri Badia, Mandolossa, Violino, Sant’Anna, San Giacomo. L’aspetto di questa via è un vero biglietto da visita della città: per questo da anni è stata riconosciuta l’esigenza di una riqualificazione, con l’obiettivo di portare questo asse viario ad un livello accettabile di sicurezza e usabilità, perché adesso la via assomiglia, per lunghi tratti, più ad una strada extraurbana che ad una direttrice cittadina. Mancano qua e là marciapiedi e piste ciclabili, gli attraversamenti pedonali sono spesso precari, ci sono incroci pericolosi e persino alcune fermate degli autobus sono lontane da standard accettabili. I progetti e i finanziamenti necessari per completare la riqualificazione della via sono stati predisposti da anni - la riqualificazione della via era infatti già in agenda nel piano triennale delle opere pubbliche della giunta Corsini - ed una parte dei lavori, nel tratto che va dalla rotonda della Badia all’ipermercato, è stata completata da tempo, ma il resto del progetto è rimasto sulla carta. Il piano complessivo era stato suddiviso in tre parti: quella che va dalla Mandolossa alla rotonda di ingresso della Badia, quella che arriva all’ipermercato e che è l’unica completata, e infine il lungo tratto che porta verso il semaforo del Violino e poi verso la rotonda di Via Chiusure. Accantonato per la mancanza di finanziamenti, o forse per la scelta di diverse priorità, il progetto è sembrato riemergere nel 2010, quando la stampa locale ha dato notizia dell’approvazione unanime da parte della commissione Urbanistica della riqualificazione del tratto, di circa 800 metri, fra la Badia e la Mandolossa. Sulla carta c’erano anche le risorse, all’epoca stimate in 1,8 milioni. Sul “Bresciaoggi” del 10 dicembre 2009 si annunciava che il cantiere sarebbe stato aperto per la fine del 2010, con durata prevista un anno. Erano previsti marciapiedi, piste ciclabili, doppia carreggiata, spartitraffico. Peccato che
per ora non si è visto nulla. Peccato davvero perché il bisogno di un asse stradale riqualificato è sempre più evidente: oggi in un paesaggio degno delle convulse metropoli asiatiche si vedo-
Via Valle Camonica no rari ciclisti che sfidano la sorte, mamme che accompagnano bambini camminando sul ciglio della strada nei tratti in cui manca il marciapiede, automobilisti che corrono pensando di essere in autostrada, mezzi pesanti, code disordinate e rischiose, studenti che attendono su minuscoli marciapiedi mentre respirano gas di scarico. Tutto questo non dovrebbe essere accettato in una strada urbana di questa importanza. Non possiamo che augurarci che la prossima amministrazione cittadina si impegni a procedere alla riqualificazione così a lungo attesa. Oltretutto il miglioramento di via Vallecamonica presenta un aspetto di particolare interesse per le comunità di Badia e Violino, perché può rendere più facile il collegamento fra i due quartieri contribuendo fra l’altro al consolidamento della neonata unità pastorale. E nulla vieta di immaginare in futuro anche un collegamento ciclopedonale sopraelevato che eviti i rischi dell’attraversamento. In conclusione, se ciò che ci auguriamo per il nostro territorio è maggiore attenzione alle esigenze di pedoni e ciclisti, alla mobilità sostenibile e alla riduzione del traffico, la riqualificazione di Via Vallecamonica è un primo importante passo. Stefano Dioni
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“Suo figlio ha molte potenzialità, ma non le esprime” La risposta del coaching umanistico (ad uso di genitori, ma non solo...)
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a frase riecheggia a ogni riunione tra genitori e professori. I genitori non sanno come interpretarla. Sono contenti che il figlio abbia molte potenzialità e non sia completamente stupido; sono però delusi perché non le esprime; sono disorientati perché non sanno bene quali siano. Se già sapessero quali sono le loro potenzialità come genitori, sarebbero avvantaggiati. Invece non è così, c’è confusione e preoccupazione. Soprattutto in questo periodo di forte cambiamento ed emergenza. Da qualche tempo si parla di potenzialità, intendendo qualcosa che appunto è, esiste in potenza, ma che non si esprime e non si realizza in atto concreto. Persino le aziende cominciano a parlare di valutazione del potenziale delle risorse umane. Eppure le potenzialità rimangono qualcosa di misterioso. Se riuscissimo a sapere quali sono le nostre specifiche potenzialità avremmo la facoltà di esprimerle contro le nostre paure, la nostra autostima sicuramente ne gioverebbe. Mentre siamo sempre consapevoli dei nostri limiti e difetti, non abbiamo invece una cultura sufficientemente forte per comprendere i nostri punti di forza. Eppure essere consapevoli delle nostre risorse interiori permetterebbe un autogoverno più efficace. L’amore di sé e il rispetto per se stessi avrebbero delle basi, delle fondamenta più realistiche. L’autorealizzazione risulterebbe ben finalizzata. La proattività avrebbe strumenti efficaci e benefici per esprimersi. La socievolezza ne risulterebbe rafforzata. L’autosviluppo avrebbe un preciso programma di allenamento. Le potenzialità non sono sempre collegate alle capacità e alla performance. Ci sono intere schiere di giovani condannati a fare gli avvocati perché in adolescenza dimostravano di possedere una certa proprietà di linguaggio; altri spediti in istituti professionali perché il loro rendimen-
to scolastico era mediocre; altri ancora spediti a fare economia e commercio perché bravi in matematica. Nel film d’animazione Megamind, l’eroe principale rinuncia al suo ruolo di beniamino della città, inscena una finta morte, si nasconde nella sua casa, si traveste e comincia una nuova vita coltivando la sua vera passione: la musica. È stonato in modo terrificante, ma il piacere e la gratificazione che prova lo rendono felice. Le potenzialità sono parti di noi che quando si esprimono generano gratificazione, amore per sé, concentrazione e autostima. Insomma quando espresse generano emozioni positive in chi le esprime ed in chi le vede esprimere. Quando invece sono represse generano ansia (nel nostro vivere quotidiano quali sono le cose che facciamo che ci gratificano e che esprimono amore verso noi stessi? In che contesti sento di potermi meglio realizzare? Con quali persone riteniamo che la nostra relazione sia autentica e di reale scambio?). Questa facoltà umana, che ancora non si traduce in potere, può rimanere sul fondo, sopita oppure negata. L’uomo è un essere capace di autodistruzione, e questo è vero anche per le sue potenzialità. Quante volte abbiamo rinunciato ad amare, a sapere, a essere gentili, cordiali o generosi? Capita tutti i giorni di punire se stessi con la scusa che il contesto non favorisce l’espressione del meglio che abbiamo dentro. Allenare le nostre potenzialità deve dunque essere frutto di una scelta precisa e consapevole. Solo così possono diventare poteri che servono per sviluppare un rapporto attivo con la realtà fatto di collegamento, cambiamento, integrazione, costruzione e creazione. Jimmy Bricchi (Coach Umanista) Scuola Italiana Life and Corporate Coaching Associazione Italiana Coach Professionisti
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Cronaca di Vita Comunitaria Azione Cattolica, servizio educativo, ma non solo
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una delle parole chiave dell’associazione, che ha alle sue spalle quasi 150 anni di storia in Italia e pure al Violino ha una lunga presenza. La dimensione del servizio fa parte del dna dell’Azione Cattolica (AC), una realtà che il Concilio Vaticano II ha fatto diventare scuola di formazione dei fedeli laici che, in forma organizzata, cercano di collaborare a quello che, con parole forse un po’ lontane dall’uomo della strada, si definiva “il fine generale apostolico della Chiesa”, cioè la missione di portare la parola del Vangelo a ogni persona, in ciascun ambiente di vita. Un servizio che spetta a tutti i cristiani, che l’Ac ha avuto storicamente il compito di far maturare in tutta la comunità, cercando di far capire che l’impegno dell’annuncio non è compito solo dei preti, ma di tutti i laici. Impresa difficile, spesso a causa di incomprensioni con la gerarchia, che nei documenti, non ultimo quello sinodale sulle Unità Pastorali, la definisce necessaria, senza poi saper bene cosa farne; spesso per lo spaesamento di chi ancora sceglie di aderirvi, con il rischio di smarrire le motivazioni per rilanciare una esperienza dal passato glorioso. Eppure, tra tutte queste ricchezze mescolate a povertà, anche quest’anno l’Azione Cattolica non ha fatto mancare il proprio servizio, spesso umile e silenzioso. Lo ha fatto con la proposta educativa dell’Acr. Dopo le difficoltà degli scorsi anni, un piccolo gruppo di ragazzi di 6/7 anni ha compiuto il proprio cammino di Icfr, intrecciando la scoperta della vita di Gesù, le tappe dell’anno liturgico e la riconferma del battesimo per due membri
del gruppo, con la partecipazione alla vita extra parrocchiale (festa marcozonale e meeting) e la partecipazione entusiasta alla realizzazione di uno spettacolo teatrale, aiutando i più grandi del gruppo giovanissimi. Quest’ultimo gruppo, con 12 ragazzi preadolescenti e adolescenti, ricostituito con immane difficoltà, a fianco del percorso di formazione settimanale, che ha toccato le parole della interiorità, fraternità, responsabilità ed ecclesialità, condotto ascoltando testimonianze concrete di vita, ha lavorato con altri ragazzi di Roncadelle alla realizzazione del musical “La foresta di Phantasia”. Un’esperienza forte, con partecipazione alle proposte formative diocesane dell’Ac e un cammino di formazione per gli animatori. Con molta discrezione il gruppo adulti ha intrecciato la riflessione negli incontri mensili domenicali sul tema del servire con un servizio vero e proprio che ha coinvolto quasi tutti i partecipanti del gruppo con altri parrocchiani: quello dell’emergenza freddo, portando cibo caldo a chi d’inverno viene ospitato per la notte da alcune strutture coordinate dalla cooperativa “Il Calabrone”. Un impegno non solo caritativo ma, a suo modo, politico. Per il quarto anno consecutivo è stata presentata la bancarella dei fiori per attivare, anche qui, gesti concreti di solidarietà. Questo l’anno associativo dell’Azione Cattolica, che porterà in autunno al rinnovo degli organismi associativi, con le immancabili domande sulla capacità di servire la comunità, anzi le comunità. I parrocchiani della Badia sono avvertiti. Gruppo Azione Cattolica
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Pronti, partenza e via! I consigli dei due oratori hanno mosso i primi passi
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ome una promessa che trova la propria realizzazione, nel mese di aprile si sono riuniti per la prima volta i consigli di oratorio di entrambe le comunità di Badia e Violino. Ogni oratorio ha la sua storia, la sua vita e scelte operative distinte, per questo è necessario costituire un consiglio che cerchi di raccogliere le varie attività e condividere non solo la programmazione, ma soprattutto gli intenti educativi. Per l’oratorio della Badia il primo incontro del consiglio è stato l’occasione per iniziare a capire cos’è l’oratorio oggi, quali prospettive ha davanti a sè e cominciare a riflettere su come aiutare tutta la comunità educativa dell’oratorio e parrocchiale a definire la propria strategia educativa. Durante l’incontro è stato presentato e condiviso l’intenso calendario estivo, ricco di diverse proposte: da quelle sportive come il torneo di calcio e di pallavolo, a quelle di animazione come il grest, i campiscuola e così via; si sono condivise, nella sede in oggetto, le motivazioni delle diverse scelte, in modo tale da assumere un’unica linea di azione. Infine, insieme, si è pensato di valorizzare momenti che uniscono l’intera azione dell’oratorio, facendo confluire varie iniziative in particolari momenti dell’anno: ne è nata la proposta della festa dell’oratorio da venerdì 21 a domenica 23 giugno come semplice momento di divertimento e di aggregazione per la comunità oratoriana; un secondo momento di festa è programmato alla fine dell’estate, intorno alla bella iniziativa dei ragazzi “Badia’s got talent”, tra il 20 e il 22 settembre. Infine, si è gettato uno sguardo verso la festa patronale, prevista per la prima domenica di ottobre. L’impressione di questo primo incontro è stata quella di una gran voglia di camminare insieme verso un unico ideale... Se questi sono i primi passi allora il cammino si presenta pieno di possibilità! Per la comunità del Violino parlare di consiglio dell’oratorio ha significato rimettere in moto un cammino interrotto alcuni anni fa, lasciando non poco amaro in bocca a chi si è speso molto
in quegli anni e allo stesso tempo lasciando tanti desideri in sospeso, sino a giungere ad una sorta di delusione profonda mista all’incertezza sul futuro dell’oratorio. Questi sentimenti sono usciti immediatamente, proprio in occasione del consiglio, ma anche successivamente in riferimento all’attività sportiva e ai volontari del bar. Insieme si è cercato di riflettere su come trasformare l’incertezza e la delusione in un rinnovato impegno. La domanda dominante è stata: “quale futuro per il nostro oratorio?” La risposta ovviamente andrà data nelle sedi opportune, tuttavia abbiamo condiviso alcune considerazioni che stanno, speriamo, cambiando il clima attorno a questa realtà. La prima è che l’oratorio non è solo struttura, ma un insieme di persone che si spendono per il bene dei propri figli; quindi, se le persone non ci sono, anche le strutture perdono la loro motivazione di esistere. Da qui l’invito pressante a mettere in atto tutto quanto è possibile per rinvigorire la presenza di volontari e di ragazzi che amino l’oratorio. Una seconda considerazione è stata quella riguardante la struttura: è necessario giungere comunitariamente ad una scelta; tergiversare o aspettare tempi migliori ha fatto perdere al nostro oratorio tanto tempo in termini educativi e di motivazione: decidere ed agire in tempi non infiniti diventa una necessità, con la consapevolezza che questo richiederà sacrifici e impegno ancora maggiori di quelli attuali. Successivamente è stato presentato il calendario estivo delle attività, viste come occasione per smuovere e stimolare la comunità; in tal senso speriamo che la festa in occasione della conclusione del Grest (28-30 giugno) e quella a fine dell’estate, con la Corrida ed altre iniziative (6-8 settembre), siano un’occasione per tornare numerosi in oratorio. Il cammino è iniziato... Buon cammino ad entrambi i consigli, con l’auspicio che portino frutti di comunione per i nostri oratori! don Fausto
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Piccoli cristiani crescono...
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ome avviene ormai da alcuni anni nella nostra comunità, sabato 4 e domenica 5 maggio si è svolta la campagna di sensibilizzazione “Abbiamo riso per una cosa seria” per sostenere il diritto al cibo. Con l’acquisto del riso del commercio equo e solidale, certificato Fairtrade, ci è stata data la possibilità di sostenere e finanziare la produzione biologica della cooperativa thailandese Sarapi-Chok Chai, al fine di migliorare le condizioni di vita delle famiglie dei suoi 3.400 piccoli agricoltori. Con la distribuzione del riso, la campagna FOCSIV (Federazione Organismi Cristiani Servizio Internazionale Volontario) sostiene 26 progetti di diritto al cibo e sovranità alimentare, intesa come diritto di ognuno di poter scegliere come e cosa produrre, nel rispetto di tutte le risorse naturali e dei modelli produttivi tradizionali. Quest’anno sono stati i ragazzi del catechismo di prima, seconda e terza media, ormai cresimati e quindi chiamati ad assumersi un impegno di testimonianza davanti alla comunità, a mettersi al servizio di questa proposta. Armati di biciclette, skate boards, passo veloce e molto fiato, si sono impegnati (molto impegnati) in una capillare vendita porta a porta nel pomeriggio del sabato e hanno donato la loro disponibilità anche la mattina della domenica, allestendo un banchetto sul sagrato della chiesa.
accettato questa proposta con tanto entusiasmo e a tutti coloro i quali, con l’acquisto del riso, hanno contribuito a sostenere anche quest’anno questa campagna di sensibilizzazione. Un’altra iniziativa che ci sentiamo di ricordare è quella proposta alla nostra comunità dai ragazzi del catechismo di prima media che sabato 11 maggio e domenica 12 maggio, in occasione della festa della mamma, hanno allestito una bancarella con oggetti fatti da loro. I ragazzi hanno messo a disposizione il loro tempo dopo l’ora del catechismo del sabato e hanno preparato con le loro mani gli oggetti che hanno poi venduto. Il ricavato della bancarella, che è risultato essere di euro € 638,55, verrà messo a disposizione della Caritas di Brescia e utilizzato per il progetto Briciole Lucenti finalizzato a sostenere le famiglie in difficoltà a seguito delle ripercussioni della crisi economico finanziaria. Un sentito ringraziamento va ai ragazzi che con disponibilità hanno donato il loro tempo, alla sig.ra Rita che ha contribuito alla realizzazione di alcuni oggetti, a mamma Cristina che si è occupata della parte braccialetti e portachiavi ed a papà Luigi che ha messo a disposizione le piantine; infine un grande grazie alla comunità che si è dimostrata anche questa volta attenta a questo tipo di iniziative. Anche la parrocchia di San Giuseppe al Violino ha vissuto per il secondo anno l’iniziativa “Abbiamo riso per un motivo serio”. I ragazzi coinvolti sono stati quelli della prima e della terza media. L’iniziativa è stata a favore dello SCAIP, “Cooperazione internazionale Piamartina” con l’obbiettivo di aiutare i volontari che si recano nelle missioni piamartine per costruire pozzi, fondare scuole, dare speranza in un futuro migliore a coloro che stanno ancora sotto la soglia della povertà. Il presidente dello SCAIP, Ruggero Ducoli, ha espresso parole di ringraziamento Il risultato di tutto questo impegno ha portato per i 828,00 euro raccolti e devoluti a tale scopo; alla vendita di 150 kg. di riso per un incasso di mentre per i ragazzi è stata l’occasione per meteuro 785.50 che sono già stati consegnati presso tersi in gioco direttamente facendo qualcosa a la sede dello SVI (Servizio Volontario Internazio- favore di chi ha bisogno di aiuto. nale). Per questi segni positivi di crescita del regno di Un sentito ringraziamento va ai ragazzi che han- Dio ringraziamo il Signore! no messo a disposizione il loro tempo e hanno Le catechiste e i sacerdoti
Pellegrinaggio di chiusura dell’Anno Catechistico
Oratori
in
festa
O rato rio Viol ino dal 28 al 30 giugno «venerdì 28 giugno festa di chiusura del grest «sabato 29 giugno festa in musica «domenica 30 giugno pallavolo sull'acqua «9-11-13 luglio torneo Memorial Cappa-Copeta «19-21 luglio torneo Memorial Stasi
O r ator io B adia dal 21 al 23 giugno festa dell'oratorio «venerdì 21 giugno tornei e musica «sabato 22 giugno commedia
dal 6 al 8 settembre: festa di fine estate
«domenica 23 giugno tornei e musica
«venerdì 6 settembre spettacolo di danza «sabato 7 settembre La Corrida «domenica 8 settembre giochi di fine estate
dal 20 al 22 settembre festa di inizio attività «sabato 21 settembre Badia's got talent