Dialogo e Famiglia Giornale dell’unità pastorale delle Parrocchie Badia-Mandolossa e Violino N˚2 - Aprile 2014
Andate... io sarò con voi
Sommario Parola del Parroco Parrocchia missionaria: diventare ciò che già siamo . . . . pag. 3 ...anch’io mando voi. . . . . . . . . » 5 Parrocchie Missionarie: cosa si muove in Italia . . . . . . . » 7 Siamo tutti Bergogliosi. . . . . . . » 7 Pasqua: inizio e senso della missionarietà pasquale. . . » 9 Vita dell’Unità Pastorale La missionarietà: Consigi Pastorali parrocchiali a confronto . . . . . . » 10 Lo strumento di lavoro per la costituzione delle Unità Pastorali. . . . . . . . » 11 Catechesi in famiglia - Quaresima 2014: Cercare Dio nei centri di ascolto. . » 12 Educare oggi: i genitori e la scuola . . . . . . . . » 12 Mese di maggio: in missione con Maria . . . . . . . » 14 Padre Jorge Mario Bergoglio Papa Francesco e la Madonna dei Nodi . . . . . . . » 14 Alcuni tratti di storia in vista della festa patronale di San Giuseppe. . . . . . . . . . . » 15 Estate Insieme 2014 . . . . . . . . » 16 Vita dei quartieri Alla ricerca delle nostre radici: Monaci e monasteri nel territorio bresciano. . . . . . . » 17 Verso la festa SVI . . . . . . . . . . » 19 Genitori in cammino: avviato il progetto “Genitori in prima linea”. . . . . . » 20 Cüntòmela sö . . . . . . . . . . . . » 21 Un centro per anziani al Violino?. » 21 Cronaca di vita comunitaria Esperienza alla Sacra Famiglia a Cesano Boscone. . . . . . . . . . » 22 Un gancio in mezzo al cielo: Giulia, una testimone speciale . . » 23 “Riprendiamoci il nostro futuro” Argogiovani . . . . . . . . . . . . . » 23
Redazione Don Raffaele Donneschi, Don Fausto Mussinelli, Elena Rubaga, Elena Vighenzi, Edoardo Dioni, Mirco Biasutti, Beppe Maifredi, Carlo Zaniboni, Guerino Toninelli, Luigi Biemmi.
Cinquanta motivi per camminare Che bello sapere dove andare! Che bello riconoscere la propria missione Che bello ascoltare la tua voce Signore! Che bello avere degli amici Che bello cantare per te! Che bello andare contro corrente Che bello fare fatica Che bello donarsi Che bello essere un coltello per i propri amici Che bello essere unità e Chiesa! Che bello diventare grandi Che bello essere chiamati con il proprio nome! Che bello essere guardati diversamente Che bello essere sottoposti alla regola dell’amore Che bello il progetto che Tu hai in serbo per me Che bello sapere che le mie piccole decisioni fanno la differenza Che bello riconoscere i propri errori Che bello avere un cuore buono Che bello essere felici! Che bello pregarTi! Che bello vincere a roverino, scatenando l’ira dei miei amici Che bello avere una ragazza Che bello essere se stessi! Che bello combattere contro se stessi Che bello essere presenza nel proprio ambiente Che bello annunciarti agli altri Che bella la mia compagnia Che bello Signore che non ci chiedi nulla di facile Che bello accettare la propria vita e la propria realtà Che bello curare le ragioni del proprio credere Che bello possedere un cuore pieno di ragioni Che bello vedere il Tuo volto! Che bello legarsi all’unica cosa che fa fare tutto! Che bello riconoscere i propri limiti Che bello essere il più piccolo! Che bello rinunciare al peccato Che bello mettersi al servizio degli altri Che bello avere la possibilità di cambiare Che bello perdonare Che bello mettersi in ascolto Che bello essere guidati da Te! Che bello essere destinati a qualcosa di più grande Che bello amare il destino degli altri Che bello il Tuo progetto! Che bello infiammare il mio cuore con parole di vita Che bello uscire da se stessi Che bello costruire l’uomo del domani Che bello vivere Che bello vivere da protagonisti Che bello camminare insieme a voi, Amici miei!
Foto in copertina: M.I. Rupnik, Cristo Risorto - Nunziatura di Parigi
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Parola del Parroco Parrocchia missionaria: diventare ciò che già siamo
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’incontro con il nostro Vescovo Luciano, - La comunità cristiana esisterà in funzione non che ci ha presentato la sua Lettera Pasto- di se stessa, ma del quartiere in cui vive e del rale sulla Missione della Chiesa, della Par- mondo intero. rocchia e dell’Unità Pastorale, mi ha richiamato - Le persone ci interesseranno per ciò che sono e quel “Volto Missionario della Parrocchia”, pro- non per ciò che possono dare alla parrocchia. posto dai vescovi italiani esattamente 10 anni - Sarà la vita del quartiere e del mondo a suggefa. La Parrocchia è l’immagine concreta del de- rire le scelte pastorali della parrocchia e non le siderio di Dio di prendere dimora tra gli uomi- preoccupazioni interne. ni. Un desiderio che si è fatto realtà: il Figlio - Non si sarà più preoccupati di “essere in podi Dio ha posto la sua tenda fra noi. Quando chi”, perché si sarà capaci di vedere tutto il bene parliamo di missione non dobbiamo dimentica- che viene fatto anche da altri. - Si guarderà a come re che questa non è crescono la fraternicosa a parte dalla tà e la solidarietà nel comunione, come quartiere più che se questi fossero nella parrocchia. due campi distinti - Si supererà la loe ci potesse essegica del “controllo” re chi si occupa di da parte dei preti missione e chi inper approdare a una vece di comuniocomunità ministene. La comunione riale. è parte integrante Ciò che permette della missione e a una Comunità di viceversa. raggiungere questa Costruire, promuomentalità è rimettevere, consolidare il re al centro la Parola volto missionario di Dio e l’Eucaristia. di una comunità A parole siamo tutcristiana non è inti d’accordo… ma nanzitutto un proIncontro con il Vescovo - 25/02/2014 perché allora spesso blema di strutture o attività; non è qualcosa in più da aggiungere questi momenti sono vissuti in modo spento e a ciò che si fa. Significa innanzitutto acquisire ripetitivo? Perché, per rilanciare le nostre comuuna mentalità missionaria, guardare con occhio nità, sentiamo il bisogno di aggiungere attività missionario ciò che esiste e si fa, già adesso, e impegni e non diamo troppa importanza alla convinti che lo Spirito abita già la vita della no- formazione, alla catechesi, alla Lectio Divina, stra comunità. A questo punto occorre chiederci agli incontri con la Parola di Dio in famiglia…? quale volto di Parrocchia, e di Unità Pastorale, Occorre che la Parola abbia una reale centralità nelle decisioni della comunità, che sia “usata” abbiamo in mente. L’elemento decisivo da cui partire è la riscoper- – si passi l’espressione – e non solo letta in mota della categoria del Regno di Dio e del ruolo menti liturgici; occorre che l’Eucaristia, certo della Chiesa come strumento di annuncio e ve- fonte e culmine della vita cristiana e la cui efnuta del Regno. Occorre superare una visione ficacia non dipende dalla qualità delle celebradi parrocchia autoreferenziale, in cui la Chiesa zioni, faccia spazio alla vita delle persone che è il centro di ogni preoccupazione e interesse. partecipano alla Messa… Cosa cambia se spostiamo l’attenzione sul Re- Il rinnovamento pastorale potrebbe passare attraverso queste scelte: gno di Dio?
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La comunione Curare le relazioni, costruire buoni legami con tutti è il primo tratto caratteristico di una comunità dal volto missionario. Se si cerca di aver chiaro l’obiettivo prioritario della parrocchia: portare il Vangelo nella vita quotidiana della gente, rendendo disponibile a tutti l’incontro con Gesù non rincorreremo le iniziative, solo perché “bisogna farle”; non spenderemo energie e risorse (umane, oltre che finanziarie) per affannarci ad organizzare feste e viaggi; non inseguiremo le ultime novità tecnologiche, che alimentano il mito dello “strumento pastorale più idoneo per trasmettere il Vangelo oggi”… La corresponsabilità Un buon clima fraterno cresce se si valorizzano tutti i momenti di partecipazione collegiale alla vita della comunità. Curiamo gli incontri del Consiglio Pastorale e del Consiglio dell’Oratorio; se l’esperienza della Catechesi in Famiglia dovesse riscuotere un buon interesse avremmo la possibilità di coinvolgere più persone nelle decisioni… Il metodo di lavoro prevede una attenta lettura della realtà; ci interroghiamo poi su quali sono gli atteggiamenti o le parole di Gesù che possono illuminare il problema esaminato; infine ci domandiamo quali sono gli atteggiamenti evangelici da assumere
come singoli e come comunità o azioni concrete da promuovere nella parrocchia o nel quartiere. Il legame con il territorio Le Parrocchie non vogliono essere un centro di servizi religiosi ma un incrocio e un’offerta di relazioni. Vorremmo che la parrocchia si “decentri”, non solo perché le iniziative si svolgano anche altrove rispetto ai locali della comunità (abbiamo già in atto un’esperienza che coinvolge la nostra Scuola Media) ma soprattutto perché la vita cristiana si esprima negli ambienti di vita. L’ideale sarebbe che riuscissimo a costituire dei gruppi di ascolto del Vangelo abbastanza stabili e continuativi affinché diventino delle vere e proprie piccole comunità, in cui si legge la Parola; leggendo la Parola si illumini il vissuto quotidiano; dall’interpretazione del vissuto ci si apra all’azione verso chi ha bisogno, verso i problemi delle famiglie, della casa e del lavoro, per una presenza più consapevole nella realtà territoriale del quartiere. La sintesi di questo vissuto nelle piccole comunità dovrebbe essere la comune partecipazione alla Messa domenicale. Sogni? Utopie? No, direi semplicemente evangelica fiducia del granello di senape… Don Raffaele
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...anch’io mando voi La presentazione della lettera pastorale del Vescovo alle nostre comunità
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l 25 febbraio u.s. all’interno della seconda parte del cammino comunitario di discernimento per la costituzione dell’unità pastorale tra le comunità di Badia e Violino, un relatore di tutto rispetto ha richiamato presso il teatro del Violino un considerevole numero di persone: il nostro vescovo, Monsignor Luciano Monari ha infatti presentato la sua ultima lettera pastorale “Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi”. Questo versetto, tratto dal capitolo 20 di Giovanni, pone al centro il tema cardine dell’evangelizzazione, della missionarietà della Chiesa: i Vangeli infatti non raccontano una “vicenda davvero conclusa”, bensì aprono ad un “tempo nuovo” che sarà caratterizzato dalla testimonianza del messaggio portato da Gesù Cristo; in tutti i Vangeli Gesù dopo essere risorto appare ai discepoli, li invita a non avere paura e trasmette loro il compito della missione. Monsignor Monari si è dapprima soffermato sul significato del termine evangelizzare, ossia, portare l’amore di Dio a contatto con le persone, affinché queste ne diventino consapevoli e possano esse stesse rispondere coscientemente all’amore di Dio e creare con Lui la relazione. Lo stesso, ha affermato il Vescovo, vale per i rapporti fraterni: sapere che l’altro mi ama è fondamentale poiché mi permette di rispondere positivamente al suo amore e questo crea i presupposti per la costituzione del legame. In egual misura dicasi della relazione con Dio: se siamo consci dell’amore di Dio per noi, la nostra vita “si allarga” a nuove relazioni, “come il Padre ha mandato me, anche io mando voi” per continuare l’opera che ho iniziato. Dopo questa premessa, il nostro Vescovo ha continuato la spiegazione della sua lettera pastorale, ricordando che Gesù è stato Lui stesso missionario, mandato dal Padre a manifestare l’amore di Dio con le parole (la preghiera del Padre Nostro, le parabole) e le opere (i miracoli, il Suo modo di essere); l’esistenza stessa di Gesù è divenuta infatti rivelatrice dell’amore di Dio, lo ha reso visibile, incontrabile. Essere missionari significa quindi anche per noi vivere la propria esistenza umana rivelando l’amore di Dio; ed il desiderio che tutti gli uomini divengano consapevoli dell’amore di Dio e che rispondano a tale amore con altro amore, spie-
La Lettera pastorale per l’anno 2013-2014 ga l’aspirazione all’evangelizzazione che anima la Chiesa. Utilizzando l’episodio della visita di Maria alla cugina Elisabetta una volta saputo che quest’ultima aspettava un figlio, Monsignor Monari ha fissato le condizioni della missione: prima di tutto bisogna concepire Gesù Cristo, far incarnare l’amore di Dio in noi accogliendo la sua Parola e facendola vivere e germogliare, come Maria ha concepito carnalmente Gesù; altra condizione fondamentale della missione è l’andare incontro alle persone amandole, come Maria che è andata a trovare Elisabetta, amandola nel concreto; la missione infatti richiede la relazione, deve raggiungere in concreto la persona per sanarla, per migliorarla; ne deriva che alla base della missione vi sono l’apertura alla Parola di Dio e la relazione con l’altro.
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Un’apertura alla Parola che ci cambia, che ci e le opere che compie e per diventare “maturi” rende nuovi e porta all’apertura verso l’altro. in questo senso, serve un cammino di educaFondamentali, inoltre, sono le relazioni: i lega- zione. mi umani basati sul rispetto, sull’accoglienza, Anche l’esperienza delle unità pastorali, ha sull’amicizia; tutto ciò con la consapevolezza proseguito il Vescovo, si inserisce in questo che la relazione con il fratello non è mai scon- scenario: nell’unità pastorale si progetta intata e semplice, ma richiede il nostro sforzo, la sieme l’attività pastorale, si mettono insieme persone, strutture, strunostra volontà di costrumenti come se fossero ire le occasioni, di anun patrimonio comune darsi a cercare, di aprirsi affinché i fedeli possano agli altri. La tentazione percorrere un cammino di rinunciare all’apertudi santificazione e mara verso i fratelli è prenifestare l’amore di Dio sente a volte nella nostra attraverso l’amore fravolontà di “rimanere in terno sul territorio. Impoltrona”, per non muoportante, ha sottolineato verci verso l’altro, oppuil Vescovo, l’azione del re mascherata dietro il Consiglio pastorale che luogo comune che la reverifica la situazione lazione rischia di alteragenerale, mette in camre il nostro modo di agire po proposte e corregge e di pensare: in realtà, ha le eventuali già in essecontinuato il Vescovo, la re. Per rispondere alla comunione costituisce la chiamata di Gesù che ci base dell’esistenza umainvita alla missione, anna; l’uomo è sé stesso che all’interno dell’unisolo se stabilisce rapportà pastorale sono graditi autentici con gli altri, te, ha sostenuto il nostro nel rispetto dell’identità Vescovo, delle forme di di ciascuno. Questa conevangelizzazione, due dizione di “apertura” è le più auspicate: la prideclinabile alla famiglia, ma legata al periodo alle associazioni e moviquaresimale e pasquale menti, alla parrocchia, che potrebbe essere visalla Chiesa: mai essere suto come itinerario di ripiegati su sé stessi, ma Il Vescovo presiede all’opera di tipo catecumenale che aprirsi sempre all’amoevangelizzazione della comunità conduca il fedele ad re dell’altro e mettersi a servizio. D’altro canto le membra di un corpo una professione di fede più consapevole nella hanno, da un lato, ognuna il proprio compito, veglia pasquale. L’altro aspetto di evangelizzama dall’altro possono svolgere la loro funzione zione è quello delle missioni popolari: ogni dieci solo se collegate l’una con l’altra. Così nella co- anni circa ogni unità pastorale dovrebbe orgamunità cristiana si riconoscono diversi carismi nizzare una missione popolare e portare sul terche sono lungi dal comprometterne l’unità, ma ritorio l’annuncio positivo e gioioso del Vangelo che abbia al centro la figura di Gesù Cristo. che anzi la rendono più salda e compatta. Il Vescovo ha poi indicato, nell’ultima parte Monsignor Monari ha concluso affermando della sua presentazione, in quali modi le comu- che spetta a tutti la responsabilità di annunnità cristiane della nostra diocesi possono ri- ciare il Vangelo, tutti siamo chiamati ad essere spondere all’invito alla missione, per diventare missionari poiché ce lo chiede la legge della cotestimoni dell’amore di Dio: ebbene, quando si munione; l’ultimo invito è stato quello di non annuncia il Vangelo ci si compromette agli oc- aver timore di tessere relazioni fraterne colme chi degli altri fratelli e quindi bisogna avere il di semplicità e sincerità e di muoversi verso coraggio della coerenza tra Fede e vita effettiva l’altro parlando con il cuore, sempre, poiché che si conduce, senza paura. L’elemento deci- quando il cuore si esprime, il cuore del fratello sivo è quello dell’educazione alla Fede, l’uomo viene quasi sempre, a sua volta, toccato. Elena Vighenzi si costruisce tutti i giorni con le parole che dice
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Parrocchie Missionarie: cosa si muove in Italia
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l tema della Nuova Evangelizzazione è diventato negli ultimi anni anche in Italia un’urgenza sempre più evidente. Di questo tema si è cominciato a parlare a metà degli anni settanta, poco dopo il Concilio, tuttavia delle vere e proprie azioni di evangelizzazione non sono state messe in campo sino a quando le varie Comunità Cristiane in Italia non hanno preso consapevolezza del numero sempre più esiguo di adulti presenti e dell’inadeguatezza del cammino catechistico proposto. La vera svolta viene proprio grazie a questo passaggio dalla catechesi all’evangelizzazione. Una parrocchia non si può riconoscere nella categoria della missionarietà finchè si limita a mettere in atto cammini di catechesi e di formazione per coloro che ne fanno parte. L’attività della catechesi non deve assolutamente venire meno, anzi è richiesta una sempre maggiore attenzione e profondità di tali cammini (la scelta di Brescia con il cammino dell’ICFR e l’impegno dei genitori ne è il segno chiaro). Tuttavia la comunità diventa missionaria quando ritorna ad annunciare il “Kerigma”, cioè il lieto annuncio presente nel Vangelo per coloro che lo hanno dimenticato o non lo ritengono importante per la propria vita. Attualmente in Italia sono numerose le iniziative volte ad aiutare le comunità cristiane a spostare
il proprio baricentro verso l’esterno, verso i lontani con l’approfondimento dell’annuncio evangelico. Accanto all’opera preziosa delle “Missioni popolari”, che ancora continuano a produrre importanti frutti di coinvolgimento evangelico, sono sorte una serie di iniziative per i giovani e le famiglie che seguono teorie e metodi già utilizzati in altre terre di profonda scristianizzazione come la Francia e l’Inghilterra. Questi esperimenti di evangelizzazione si basano su uno schema abbastanza comune: vi è un primo contatto (o con un evento o con la visita alle famiglie) con l’invito a vivere una esperienza minima di preghiera per risvegliare la fede in Dio; segue la seconda fase che cerca di mettere le persone in contatto con la Parola di Dio nella vita quotidiana (centri d’ascolto o simili); infine un’ultima fase è la riappropriazione della vita sacramentale attraverso la confessione e la comunione. Siamo ancora agli inizi di quest’opera di Nuova Evangelizzazione, tuttavia una cosa è riscontrabile: se vi è un annuncio credibile, Cristo interessa ancora anche all’uomo di oggi. La strada, quindi, è tracciata ora si tratta di mettersi in cammino! don Fausto
Siamo tutti Bergogliosi Nuova Evangelizzazione e Papa Francesco
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ra ingenuo Papa Benedetto XVI nel dare le dimissioni? E solo per salute? Per me da grande papa ha intuito quello di cui aveva bisogno la Chiesa e dove portava lo Spirito Santo. E ha compiuto un grande gesto di fede nel Signore della storia. Erano proprio ingenui i 115 cardinali riuniti in conclave nello scegliere Giorgio Mario Bergoglio come nuovo papa? Credo proprio di no. Le Chiese latino-americane lo conoscevano bene e la loro voce è arrivata nella Cappella Sistina. Tocca ora alle Chiese occidentale scoprire nuovi stili di episcopato, di pontificato…e di fare parrocchia. una chiesa callejera Ricordate la bagarre televisiva sulle sue scarpe? Quelle sono la fotografia della carta di identità di Francesco. Pastore di una chiesa che cammina. Nelle periferie della sua Buenos Aires, quan-
do il giorno di Natale lo passava tra i poveri, tra i preti malati, nelle carceri. Il Papa intrappolato a bordo della sua Fiat Idea nelle vie di Rio de Janeiro… in mezzo…dentro la folla dei giovani. Interviene proprio Lui: «La Chiesa è Madre e
La Chiesa ascolta, celebra e annuncia
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noi non conosciamo nessuna mamma che ama per corrispondenza. La mamma dà affetto, tocca, accarezza, bacia, ama». Va bè, Francesco, ma oggi ciascuno crede quello che vuole. «Per favore non ”frullate” la fede in Cristo Gesù. La fede non stordisce riempiendo, ma nutre con cibo solido, vivifica e spinge all’azione, anzi a una rivoluzione. Sei disposto, sei disposta a entrare in questa onda rivoluzionaria?» PARROCCHIA CHE FARE? Ma Francesco, oggi non è più come una volta, cosa possiamo fare? «Il problema della parrocchia non sempre è l’eccesso di attività, ma soprattutto le attività vissute male, senza motivazioni adeguate, senza spiritualità… Da qui deriva che i doveri stanchino…e a volte facciano ammalare». «La gioia del Vangelo è quella che niente e nessuno ci potrà togliere. Una delle tentazioni più serie… è il senso della sconfitta, che ci trasforma in pessimisti scontenti, dalla faccia scura. Nel deserto c’è bisogno di persone di fede, che con la loro stessa vita, indichino la via verso la terra promessa». Ma siamo così pochi ad annunciare il Vangelo!!! “L’ideale cristiano, inviterà sempre a superare il sospetto, la sfiducia permanete, la paura di essere invasi, gli atteggiamenti difensivi che il mondo attuale ci impone». «Nel frattempo il Vangelo ci invita sempre a correre il rischio dell’incontro col volto dell’altro, con la sua presenza fisica, col suo dolore e le sue richieste, con la sua gioia contagiosa in un costante corpo a corpo».
Caro Papa, basta guardare quando stringi tra le tue braccia i malati, quando corri verso i giovani, quando ridi di gusto girando con la papa mobile in Piazza S. Pietro per capire quanto sono veri questi tuoi suggerimenti. E allora, che cosa ci suggerisci, Francesco? PRIMEREAR Semplice.« La Chiesa “ in uscita” è la comunità di discepoli missionari che prendono l’iniziativa, che si coinvolgono… “Primerear” - vogliate scusarmi questo neologismo - significa prendere l’iniziativa… fare il primo passo, prendere l’iniziativa senza paura, andar incontro, cercare i lontani e arrivare agli incroci delle strade per invitare gli esclusi». «Vivere un desiderio inesauribile di offrire misericordia, frutto dell’aver esperimentato l’infinita misericordia del Padre. Osiamo di più prendere l’iniziativa, coinvolgersi ». «La comunità evangelizzatrice si mette mediante opere e gesti, nella vita quotidiana degli altri, accorcia le distanze, si abbassa fino all’umiliazione se è necessario, e assume la vita umana… assumere “ l’odore di pecore”». Francesco grazie, tu ci fai vedere da vicino la gioia del Vangelo, la bella notizia della tenerezza del Padre, ci racconti la Fede con il tuo stile limpido di gesti, sorrisi, carezze, parole che tiri fuori dal profondo di te. E poi il tuo stile bergogliano di semplicità e vicinanza lo comprendiamo subito. E allora per non lasciarti solo a tirare la carretta, cerchiamo di venirti dietro. *Le frasi in neretto, messe sulla bocca del Papa, sono tratte dalla Sua esortazione Evangelii Gaudium
don Mario
Il Pastore della Chiesa
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Pasqua
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Inizio e senso della missionarietà pasquale
l Risorto incontrandosi con i primi testimoni dopo la sua risurrezione e con gli apostoli il giorno di Pentecoste, affida loro di continuare la sua missione nel mondo: andate…predicate… fate discepoli…battezzate…insegnate…come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi. Ogni comunità cristiana riceve questo compito di continuare la presenza di Gesù il Vivente celebrandolo, vivendolo e manifestandolo nella porzione di territorio in cui è radicata. Questo comporta un ravvivare e consolidare sempre di più la fede, unendola ad una concreta e credibile testimonianza di vita. Il modo di testimoniare la fede, tenendo saldi i valori fondamentali che il Vangelo e la tradizione ci trasmettono, oggi più che mai richiede modalità nuove e incisive per essere Icona dell’Ascensione annuncio e continuazione della missione e presenza di Gesù nel mondo e in questa nostra cultura in continua trasformazione. Ogni credente manifesta ciò che crede attraverso quello che vive. La comunità cristiana, quindi anche la nostra, vive nell’unità della Pasqua settimanale domenicale e nella diversità del vissuto quotidiano di ogni suo membro. “Il Signore ci chiede di ritrovare la comunicazione tra le persone, la coerenza tra il Vangelo e la
vita effettiva che viviamo: la nostra vita deve misurarsi più costantemente con la fede; e reciprocamente, l’annuncio della fede deve riferirsi più efficacemente al vissuto delle persone” (lettera pastorale pag. 42) Il compito di annunciare l’amore di Dio per tutti gli uomini ci riguarda in ogni situazione di vita. La nostra comunità potrà essere e diventare missionaria se sapremo vivere oggi l’amore fraterno, la comunione, l’unità e la corresponsabilità. Il nostro Vescovo scrive nella sua lettera: “Non basta essere cristiani di nome, bisogna essere cristiani di cuore. La nostra esistenza cristiana deve apparire libera, gioiosa, ricca di amore e di speranza in modo da poter far nascere nelle persone che incontriamo l’interrogativo che porta alla fede: ”da dove vengono questa libertà e questa gioia?”. Un’esistenza di fede appare desiderabile proprio perché rende più umana la vita. Se vogliamo che la Chiesa sia missionaria debbono diventare missionari tutti i credenti diventando testimoni viventi della trasformazione che il Vangelo opera nell’esistenza dell’uomo. Viviamo nel mondo insieme a tutti; condividiamo con tutti l’impegno a rendere il mondo più umano; con semplicità vogliamo dire a tutti che il Vangelo rende migliori”. A cura di don Luigi
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Vita dell’Unità Pastorale La missionarietà
Consigli Pastorali parrocchiali a confronto
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arlando di missionarietà, anche i Consigli Pastorali delle nostre parrocchie, si sono fermati a riflettere e conoscere il messaggio di Papa Francesco per la giornata missionaria mondiale 2013. La lettera comincia con una frase, che risuona nel cuore dei cristiani come una grande certezza: la fede è un dono prezioso. Proprio perché è dono prezioso, prosegue la lettera, non può essere tenuta racchiusa in noi stessi, ma va condivisa; tenerla solo per noi, significa essere cristiani isolati, sterili e ammalati. L’annuncio del Vangelo fa parte dell’essere discepoli di Cristo ed è un impegno costante che anima tutta la vita della Chiesa . Benedetto XVI parlava di “slancio missionario” come segno chiaro della maturità di una comunità ecclesiale e Papa Francesco ci ricorda che la solidità della nostra fede, a livello personale e comunitario, si misura anche dalla capacità di comunicarla ad altri, di diffonderla, di vivere nella carità, di testimoniarla a quanti ci incontrano e condividono con noi il cammino della vita. Cosi come Gesù ha detto agli Apostoli di essere suoi “testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria fino ai confini della terra” (At. 1,8), ogni comunità è chiamata a vivere questo mandato, non come aspetto secondario della vita cristiana, ma come aspetto essenziale. Per questo il Papa entra nel concreto della Chiesa con i suoi organi ecclesiali e invita, oltre che i sacerdoti, i consigli pastorali e ogni gruppo responsabile nella Chiesa a dare rilievo alla dimensione missionaria nei programmi pastorali e formativi, tenendo presente che la missionarietà non è solo una dimensione programmatica nella vita cristiana, ma deve entrare in ogni aspetto della pastorale di una comunità. Purtroppo, scrive ancora Papa Francesco, l’opera di evangelizzazione trova ostacoli spesso proprio all’interno della stessa comunità ecclesiale e a volte, si pensa
ancora, che portare la verità del Vangelo, sia fare violenza alla libertà. Dobbiamo invece avere il coraggio di proporre, con rispetto l’incontro con Cristo, perché è urgente far risplendere la vita buona del Vangelo proprio all’interno della stessa Chiesa, ricordando che non si può annunciare Cristo senza la Chiesa. La società attuale vede un mescolarsi di popoli, tradizioni e conoscenze per cui sempre più si incontrano persone di fedi diverse o indifferenti alla dimensione religiosa o, ancor più, battezzati che fanno scelte di vita che li conducono lontani dalla fede. Per questi motivi si parla sempre più di “nuova evangelizzazione”, perchè l’uomo del nostro tempo ha bisogno di una luce sicura, che rischiara la sua strada e che solo l’incontro con Cristo può donare. Un monito, da far rieccheggiare nei nostri cuori, ci viene da Papa Francesco: “portiamo a questo mondo, con la nostra testimonianza, con amore, la speranza donata dalla fede.” Parole cariche di significati profondi, e per non lasciarle solo sulla carta, i sacerdoti hanno sollecitato la discussione all’interno del Consiglio con alcune domande: dove ci potrebbe portare, concretamente, la riflessione di papa Francesco? Ci sono delle concretizzazioni e esperienze in atto nella Chiesa, che possono portarci nella direzione di una vera missionarietà? I vari interventi hanno delineato un’immagine della nostra comunità poco aperta, dove si sottolinea come la nostra evangelizzazione sia chiusa, perché si parla dell’incontro con Cristo a chi già entra in Chiesa e se ne sente parte. L’espressione della missionarietà per una comunità, si è detto, avviene con le azioni concrete di carità, attraverso cui si raggiungono le persone che non credono. La speranza del Vangelo, la buona notizia di Gesù Cristo deve entrare nelle nostre case, nelle nostre famiglie, attraverso di noi.
DialogoeFamiglia Positiva, si è detto, è l’esperienza dei Centri di Ascolto della Parola di Dio. Si tratta di incontri dove la comunità si avvicina agli adulti nel loro ambiente (la casa) e lì, si recupera il gusto di essere Chiesa, in una significativa esperienza di fraternità e di comunione. L’ascolto della Parola di Dio, inoltre, sollecita il confronto tra la vita di Gesù e la nostra. Questa esperienza di evangelizzazione non deve però partire dall’alto, deve crescere e maturare prima di tutto all’interno della comunità, proprio perchè ne sente l’esigenza. Per raggiungere questo traguardo è necessario costruire una rete di relazioni positive, autentiche e significa-
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tive, dove tutti si sentono accolti. L’importanza delle relazioni, che si attuano sia attraverso percorsi strutturati, sia attraverso espressioni informali, è fondamentale in una comunità. Ce lo ricorda anche papa Benedetto XVI nell’enciclica “Caritas in veritate”: “La creatura umana, in quanto di natura spirituale si realizza nelle relazioni interpersonali. Piu’ le vive in modo autentico, più matura anche la propria identità personale. Non è isolandosi che l’uomo valorizza se stesso, ma ponendosi in relazione con gli altri e con Dio.” Per il Consiglio Pastorale Elena Rubaga
Lo strumento di lavoro per la costituzione delle Unità Pastorali
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l 28 febbraio u.s. all’interno del cammino comunitario di preparazione alla costituzione dell’unità pastorale tra le vostre parrocchie di Violino e Badia, sono stato invitato a presentare, insieme al provicario del vescovo, don Cesare Polvara, lo strumento di lavoro per il cammino delle unità pastorali. La Chiesa bresciana, infatti, ha vissuto nel dicembre 2012 l’esperienza di un sinodo Diocesano sulle Unità pastorali e a dicembre del 2013 sono state presentate le schede per l’accompagnamento verso le unità pastorali di cui ho fatto breve cenno in occasione del suddetto incontro. Il documento prevede quattro fasi fondamentali che segnano il cammino che dovrebbe condurre alla costituzione di un’unità pastorale. La prima fase è la fase della proposta: all’interno di questa fase, avente una durata prevista di un anno pastorale, sono contemplati due momenti importanti che hanno lo scopo di far emergere le opportunità che l’unità pastorale offre circa tre aspetti fondanti dell’essere Chiesa, ossia la comunione, la missione e la corresponsabilità. Queste due occasioni, che sono poi possibilità di incontro e di scambio, sono: 1) il confronto con gli operatori pastorali 2) l’assemblea plenaria interparrocchiale. La seconda fase è quella della preparazione; anche questa fase ha la durata prevista di un anno pastorale e in essa sono contemplate due nomine particolari: la prima è la nomina da parte del Vescovo di un “presbiterio collaboratore” dell’erigenda Unità Pastorale che nel vostro caso è rappresentato dal parroco don Raffaele ed infine la costituzione di un gruppo di lavoro inter-parrocchiale che proceda ad una mappatura dell’esistente per ogni settore della pastorale in ogni parrocchia, per giungere ad un razionale utilizzo di spazi e strumenti. La terza fase è quella della costituzione, avente anche questa la durata prevista di un anno pastorale. All’interno di questa fase, la comunità riceverà il decreto di erezione dell’unità pastorale da parte del Vescovo, a cui seguirà poi un momento celebrativo ufficiale presieduto dal Vescovo stesso, verrà poi costituito il CUP (Consiglio dell’Unità Pastorale) e verranno infine elaborate alcune scelte operative sca-
Il SInodo sulle Unità Pastorali 2012 turite da un discernimento spirituale-comunitario, anche alla luce della mappatura compiuta dal gruppo di lavoro inter-parrocchiale istituito nella fase della preparazione; inoltre verrà dato l’avvio alla stesura del Regolamento dell’Unità Pastorale. La quarta e ultima fase è quella dell’accompagnamento e della verifica, in questa fase sono proposte due attenzioni particolari: una costante verifica del cammino svolto attraverso l’incontro e il confronto con il Delegato Vescovile e la Commissione Diocesana per le Unità pastorali ed infine una progettazione pastorale che tenga conto delle condizioni mutate e che sia in grado di essere flessibile per adattarsi alla tipicità di ciascuna esperienza. Quest’ultima fase prevede una verifica annuale e quinquennale. Questo il cammino tracciato sulla carta, a voi ora la gioia di viverlo e di renderlo realtà. Io provengo da un’esperienza di erigenda unità pastorale (Serle, Nuvolera e Nuvolento) e debbo dire, oggi, che ciò che la comunità ha ricevuto da questo nuovo modo di camminare insieme è impagabile. A voi tutti auguro di cuore un proficuo cammino nella grazia del Signore. Claudio Bodei Commissione Diocesana Unità Pastorali
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Catechesi in famiglia - Quaresima 2014
Cercare Dio nei centri di ascolto
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on la quaresima quest’anno sono stati istituiti anche nella nostra unità pastorale i centri di ascolto della parola di Dio. Ce ne sono in funzione otto: quattro al Violino e quattro alla Badia. Gli incontri avvengono di martedì in otto case diverse. Dei quattro programmati tre sono già stati fatti, martedì prossimo sarà dunque l’ultimo. Chi non ha ancora partecipato se lo segni! A me è stato chiesto di coordinare il gruppo che si riunisce in casa di Silvana Manessi, che qui, a nome della ventina di partecipanti, voglio ringraziare per la gentilezza con cui accoglie questa invasione settimanale della sua bella e capiente sala. Ho trovato interessante che nel nostro secondo incontro ci sia stato dato da meditare l’episodio della samaritana in cui Gesù stesso dice che verrà un tempo in cui non si adorerà più Dio né nel tempio né sui monti sacri. Quindi si può incontrare Dio e adorarlo anche nell’appartamento di Silvana! L’importante è mettersi davanti a Lui “in spirito e verità”. E questo è quello che, penso, ognuno di noi ha cercato di fare. Ciò non significa naturalmente – lo dico per rassicurare parroco, curato, assistente e diacono – che non verremo più in chiesa ad ascoltare la messa! Anzi, ci verremo con quella sete che si è ravvivata in noi meditando l’episodio della samaritana. Oltre a questo brano i nostri sacerdoti hanno scelto la trasfigurazione, la guarigione del cieco nato e la resurrezione di Lazzaro, che leggeremo martedì 1 aprile. Bisogna dar atto ai nostri preti di aver preparato bene questi incontri, fornendoci il materiale adatto
per spiegare i brani proposti e guidandoci con ben pensate domande nel processo di interpretazione e applicazione alla vita di quanto veniamo leggendo. Posso dire che in questo processo poi ognuno di noi ha cercato di dare il meglio di sé . Quindi questi “centri” non sono solo di ascolto, ma anche di condivisione. Anzi questa diventa spesso la parte più significativa dell’incontro. Avviene infatti questo, che confrontandomi con la parola di Dio, cercando di capire, per poterlo spiegare agli altri, cosa essa ha detto a me nelle varie vicende della vita, e tuttora mi dice, io arrivo a intravedere la presenza di Dio in me, il lavoro che Lui ha fatto e che continua a fare, la salvezza che il Suo amore gratuitamente mi offre. E così Lo posso ringraziare, lodare, adorare con cuore riconoscente, “in spirito e verità”. Certo bisogna partecipare a questi incontri con l’atteggiamento giusto, che non può essere quello di chi crede di avere già in tasca tutte le risposte pronte (insidiosa tentazione di chi ha passato una vita in cattedra!). Nelle cose di Dio siamo tutti alla ricerca, dal Papa all’ultimo cristiano, che ancora non sa dire se crede o non crede. Sarebbe bello che a questi incontri venisse invitato anche qualcuno che è convinto di non credere, o no? Tutti – credenti e non credenti – dovremmo ricordarci che la verità non è mai una cosa posseduta, è, caso mai, qualcosa che ci possiede, e, per noi che ci diciamo cristiani, è in realtà Qualcuno che cerca di conquistare con l’amore, non solo la nostra mente, ma anche il nostro cuore. Giorgio Zecchini
Educare oggi: i genitori e la scuola I GENITORI E LA SCUOLA a scuola è, o almeno dovrebbe essere, il luogo in cui l’educazione si realizza attraverso la trasmissione di un patrimonio culturale mediante lo studio e la formazione di una coscienza critica. Questo paziente e faticoso lavoro presuppone un orizzonte condiviso di valori tra la famiglia e la scuola stessa. Ma l’individualismo e il relativismo esistenti in questa nostra società in rapidissimo mutamento hanno creato una frammentazione che la scuola fatica a superare: il sistema scolastico vive il riflesso di una crisi che a vari livelli coinvolge tutti noi. Questo incide più o meno pesantemente su un percorso dei ragazzi che, non dimentichiamolo, si articola lungo
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quasi due decenni e che costituisce un’esperienza determinante per la loro vita. Oggi accade spesso – troppo spesso - di sentire ragazzi demotivati, che detestano la scuola, la frequentano con fatica e non ne traggono i vantaggi che essa può e deve offrire. È colpa dei ragazzi? È colpa degli insegnanti? Oppure sono i limiti di una istituzione che fa fatica a rinnovarsi? In realtà non si può parlare di colpe, ma di una mentalità diffusa per la quale la pretesa del “tutto, facile e subito” non può favorire nei giovani l’apprezzamento di un lavoro costante, metodico, non sempre piacevole e gratificante. Forse è proprio il caso di fermarsi a riflettere sul valore della scuola e sull’atteggiamen-
DialogoeFamiglia to di noi adulti nei suoi confronti: ci sono genitori che vivono l’esperienza scolastica del figlio vestendo gli abiti dell’avvocato difensore, senza nemmeno informarsi sulle motivazioni di una richiesta o di un rimprovero; allo stesso modo ci sono insegnanti che accettano con fatica la collaborazione della famiglia vista come un’ingerenza inutile o addirittura dannosa. Gli insegnanti non possono essere visti come “facilitatori” di un cammino importante, né i genitori come “comparse” nell’ambiente scolastico. La scuola va trattata con rispetto; i nostri ragazzi così annoiati devono capire che il poter frequentare la scuola è un privilegio da cui sono esclusi molti loro coetanei: essi quindi sono responsabili del modo con cui utilizzano questo privilegio. La riforma della scuola, inseguita e mai realizzata in modo completo, può partire solo da questi presupposti, perché essi coinvolgono in prima persona quel fattore umano che è il primo irrinunciabile artefice di ogni cambiamento. OBIETTIVI E PRINCIPI Occorre quindi richiamare, per una indispensabile chiarezza, gli obiettivi fondamentali della scuola, dalla primaria alla secondaria: essi sono la meta che deve essere condivisa da tutti coloro che costituiscono la comunità scolastica. Il primo obiettivo è di carattere formativo e mira a favorire lo sviluppo del bambino nella sua evoluzione fino alla giovinezza in tutti gli aspetti: il corpo e le abilità motorie, la percezione, l’intelligenza, la creatività, la socialità, la sensibilità morale, il gusto del bello. Il secondo obiettivo è quello dell’alfabetizzazione culturale: la scuola deve fornire le principali forme di linguaggio – orale, scritto, grafico, i linguaggi tipici della matematica, delle scienze, della musica – e tutte quelle conoscenze indispensabili per comprendere il mondo in cui si vive e inserirvisi in modo attivo e creativo. Questi obiettivi possono essere meglio raggiunti se la scuola si ispira ad alcuni principi di fondo. Le attività proposte agli alunni devono essere motivanti, devono cioè suscitare un interesse che favorisce la piena partecipazione. Ma tale interesse, a prescindere dalle doti specifiche e dall’impegno dell’insegnante, non può conservarsi e maturare se il mondo della scuola è totalmente separato da quello della famiglia, se i genitori non prendono parte al cammino dei figli verso conquiste non sempre facili, con percorsi talvolta noiosi. Non occorre molto per far capire ai ragazzi
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che il loro lavoro scolastico è importante per tutta la famiglia: basta informarsi sulle lezioni, sfogliare i libri con loro, apprezzare e condividere le loro conquiste, ascoltare le loro difficoltà di cui si può parlare con gli insegnanti. Oltre a essere motivati, i ragazzi devono essere accettati e assecondati nella loro necessità di tempo per capire: tutti sono potenzialmente in grado di seguire il percorso delle varie materie e gli insegnanti devono trovare le vie adatte per sviluppare queste potenzialità. La vecchia norma didattica dell’essenziale fatto bene e ben compreso è tuttora valida. Ma spesso i nostri ragazzi sono sopraffatti da un accumularsi di nozioni, da una notevole mole di lavoro domestico e da tante altre attività pomeridiane – dal gioco di squadra, alla ginnastica, al nuoto, alla musica, alla danza – intraprese come veri e propri compiti che poco spazio lasciano alla libertà di un gioco spontaneo senza la richiesta di prestazioni impegnative. Se si lascia invece il tempo necessario perché le conoscenze si chiariscano e si fissino, l’apprendimento sarà più costruttivo e più personale e il ragazzo si sentirà chiamato in prima persona a essere protagonista della propria formazione: la naturale capacità di scoprire dei problemi, di porre domande e di elaborare i dati che l’esperienza offre, se ben guidata, può aiutarlo a conquistare la propria autonomia. Tutti i ragazzi devono raggiungere certe abilità e certe conoscenze, ma devono anche poter sviluppare uno stile personale nell’approccio al sapere e alla realtà. Infine l’organizzazione della classe deve diventare l’esperienza di una comunità collaborativa, e anche a questo proposito, oltre al lavoro degli insegnanti, è importante l’apporto dei genitori. Essi devono capire che nella scuola emerge un elemento difficile da percepire in famiglia, la capacità di socializzare. La scuola è l’ambiente in cui il ragazzo sperimenta rapporti orizzontali, alla pari, con tanti altri ragazzi e impara a gestirli e a viverli in modo autonomo. I genitori, mentre da una parte devono essere attenti alle osservazioni degli insegnanti sulla capacità di socializzazione dei figli, dall’altra devono ricordare che la loro responsabilità educativa, attraverso i modi di relazione e di comportamento del loro ragazzo, si estende a tutta la comunità della classe, contribuendo a renderne migliore la crescita umana o a danneggiarne il cammino di maturazione. Irma Bonini Valetti
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Mese di maggio: in missione con Maria
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n questo numero del nostro Giornalino stiamo insistendo parecchio sul nostro cercare di essere Comunità Missionaria. Ebbene: un’occasione molto concreta per esprimere questa missionarietà è ormai molto vicina… mi riferisco al Mese di Maggio e alla bella tradizione di pregare il Rosario nelle nostre famiglie. Lo scorso anno non abbiamo avuto difficoltà a trovare famiglie disponibili ad aprire la propria casa per ospitare l’immagine della Madonna e i fratelli e sorelle per la preghiera del Rosario: il ringraziamento a queste famiglie è doveroso. A queste stesse famiglie però chiederei uno sforzo in più (ma lo chiedo in realtà a tutti…): perché non cercate voi nuove famiglie, conoscenti o vicini,
e fate loro la proposta di rendersi disponibili per questa ‘ospitalità’? Perché il rischio, o la tentazione, anche qui, è quella di ‘andare sul sicuro’, di andare a bussare alle porte da cui siamo sicuri di non ricevere un rifiuto… ma la missione esige il tentare nuove soluzioni, bussare a porte diverse, sollecitare con la nostra proposta nuove adesioni. Non importa se i nostri vicini non sono così praticanti… l’ospitare l’immagine di Maria, la prima Missionaria di Gesù, può far scattare qualche molla recondita e pregare con i fratelli può aiutare a ricondurre a un esame di coscienza sul vissuto della propria fede. Proviamoci, d’accordo? Don Raffaele
Padre Jorge Mario Bergoglio - Papa Francesco e la Madonna dei Nodi
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odi di dolore, di delusione, di pianto ridote della chiesa, “ È meravigliosa, vero? Prenda masto a metà gola…, che hanno turil santino che la rappresenta, sono certo che aiubato il nostro cuore, la nostra menterà anche lei”. te nel corso della nostra vita. Padre Jorge obbedisce ed inizia a leggere: La sensazione dello scorrere del tempo, “Santa Maria, Madre di Dio e Vergine, indipendentemente dalla nostra volonpiena di grazia, tà, è vita e la vita, per noi cristiani, è tu sei colei che scioglie tutti i nostri nodi! dono di Dio. Con le tue mani piene dell’amore di Dio Dono che, come un nodo, può bloccare tu sciogli, come se fossero dei nodi, o lasciare libero il fluire della Grazia di gli ostacoli lungo il nostro cammino, Dio in noi. i quali, nelle tue mani diventano Siamo nel 1986, Padre Jorge, all’età di come un nastro diritto, 49 anni, ottiene il permesso dai suoi come un sentiero spianato superiori dell’ordine Compagnia di Gesù dall’amore di Dio!....” (Gesuiti), fondata da Sant’Ignazio di Uscendo dalla chiesa, Padre Jorge è sereLoyola, di trasferirsi in Germania a no, la delusione per il prossimo rientro in Francoforte sul Reno, per completare la Argentina, senza il dottorato in teologia, è tesi in Teologia e Filosofia presso l’Unidissolta, superata. versità di questa città e conseguire il Forse la Madonnina ha già sciolto quel suo dottorato. nodo? Dopo otto mesi, Padre Jorge è ad AuguRientrato in Argentina, gli viene assegnato sta per le sue ricerche e qui riceve l’orLa Madonna dei Nodi un incarico presso l’Università del Salvadine di rientrare a Buenos Aires per un dor, a Cordoba, e la missione di sacerdote confessore in nuovo incarico. Per placare la delusione esce all’aperto, a camminare, a una delle sue chiese. passo svelto, tra la gente di Augusta, senza proporsi alcu- Nella valigia, Padre Jorge mette un grosso pacco di stampe di quella Madonnina: anche a Cordoba Ella avrà nodi da na meta. L’ardente desiderio di concludere finalmente gli studi, agi- sciogliere, nodi che tengono lontano dall’amore misericordioso di Dio. Siamo sempre nel 1986 e Padre Jorge Maria ta il suo cuore. Improvvisamente, si accorge di trovarsi in una zona nuo- Bergoglio è convinto di avere ricevuto l’ultima chiamata va della cittadina tedesca, al centro di una piazza, a pochi al servizio di Dio e di poterla vivere nel nascondimento, passi da una meravigliosa chiesa romanica con una gran- come è nella sua natura. Ma la Divina Provvidenza stava già elaborando nuovi e de torre funzionante da campanile. D’istinto entra, percorre la navata, osservando i dipinti gravosi progetti sulla sua persona. alle pareti, gira a destra e, qui si ferma, stupito davanti al quadro della Vergine Maria, totalmente concentrata a scio- La vicenda narrata, in sintesi, è estrapolata dal libro : gliere con le piccole dita, piccoli e grandi nodi ammassati gli uni e gli altri su un lunghissimo nastro sorretto da due PAPA FRANCESCO, LA FORZA DELL’UMILTà di Emanuela Pizziolo angeli. Come dominato da uno strano impulso, Padre Jorge s’in- edizioni: Quadratum s.p.a. via Aspromonte 13 - 20131 Milano ginocchia ed inizia a pregare. “Io la chiamo Madonna dei Nodi; il quadro non ha titolo distribuzione esclusiva: Messaggerie Periodiche via Ettore Bugatti 15 - Milano e non si conosce il nome dell’autore”, gli sussurra il sacer-
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Alcuni tratti di storia in vista della festa patronale di San Giuseppe
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n preparazione alla festa patronale del Villaggio Violino che si terrà il prossimo 1 maggio in occasione della festa di San Giuseppe Lavoratore, riportiamo alcuni cenni di storia del territorio su cui sorge il primo dei Villaggi voluti da Padre Marcolini. Nella campagna in cui sorge il villaggio, la storia non ha lasciato impronte evidenti. Dell’antichità romana non sono infatti stati trovati segni di rilievo. Sappiamo che il territorio passò ad un certo punto della storia, al Monastero di S. Salvatore; il territorio lungo i fiumi, compreso il Mella, entrò poi, per la costituzione di Federico I, a far parte dei “diritti legali” dell’Impero; mentre il 15 luglio 1037 Corrado II, con decreto imperiale, donò il territorio al Vescovo di Brescia. Di seguito l’area passò al Comune di Brescia al quale lo confermò Enrico V il 27 luglio 1192. Al di fuori della cerchia delle mura cittadine si svilupparono di seguito i borghi, come Fiumicello, Urago Mella, La Noce, abitati di solito da pacifici contadini, e in essi, o accanto ad essi, Monasteri come la Badia dei Santi Gervasio e Protasio, di cui il villaggio vicino al Violino conserva il nome. Accanto ai borghi e ai monasteri prendono consistenza attorno alla città le “Brede” (dal latino proedia = poderi) che altro non sono che fondi suburbani, poco distanti dalle mura e dai borghi, con al centro una villa o una casa di campagna, dove i cittadini padroni si recano per curare i propri possedimenti, per le vacanze o per il diporto. È da una di queste Brede, appartenente alla famiglia Violini, che prende il nome il villaggio omonimo. I primi insediamenti importanti al Violino si trovano in Via Colombaie, sede di numerose cascine di famiglie contadine sin dal ‘700. A quel tempo non esisteva una chiesa al Violino e quindi le funzioni si svolgevano nel non troppo vicino monastero cappuccino, situato sulla collina della Badia. La parte più antica del Violino, quella corrispondente proprio a via Colombaie, strada nella quale è ancora presente la vecchia torre della Trisia, fece parte del Cantone del Garza orientale, il cui capoluogo era il rione Pallata di Brescia. Infatti, tra il 18 marzo e il 20 novembre 1797 il territorio del quartiere appartenne alla Repubblica Bresciana, uno stato preunitario, poi confluito nei territori della Repubblica Cisalpina. Intanto, intorno alla metà dell’ottocento, la Breda del Violino passò alla famiglia Tagliaferri, proveniente da Vilminore nel bergamasco e cresciuta in ricchez-
za con l’arte del ferro e il commercio. Questa famiglia, ospitò spesso nella Breda durante l’estate le Suore Dorotee. Per passare a tempi più vicini a noi, data importante per il nostro territorio è il 28 novembre 1953, giorno La Chiesa Vecchia in cui venne costituita la “Cooperativa La Famiglia” che diede il via al villaggio. Il vero boom edilizio ha inizio nel 1957 quando Padre Ottorino Marcolini, fondatore della Cooperativa La Famiglia, compra parte dei terreni dai contadini per costruirvi il primo lotto di case che adesso corrispondono alle vie Prima, Terza, Quinta e Settima ed alle traverse Seconda e Quarta. L’anno successivo venne costruita la chiesa ed istituita la Parrocchia del Violino, intitolata a San Giuseppe Lavoratore. Da quel lontano anno il Villaggio ha subito numerose trasformazioni e diverse fasi espansive che hanno portato ad un importante incremento demografico: gli abitanti del Violino sono infatti circa 3650. A causa di questo incremento la vecchia chiesa, ora adibita a palestra, è stata sconsacrata ed al suo posto è stata inaugurata la nuova chiesa già nel 1981. Padre Marcolini, fondatore del Villaggio è ricordato da un busto posto al di fuori della parrocchiale sotto il quale è applicata una targhetta che descrive con eloquenza la sua persona: “Niènt de piö de ‘n manòal, niènt de meno de ‘n imprenditùr “. (Niente di più di un manovale, niente di meno di un imprenditore). tratto da archivio bollettini parrocchiali (1992-2002) “appuntamenti per il 1° maggio”: S. Messa con la presenza di Don Luigi Salvetti Commedia Dialettale della compagnia ore 15.30 “Gli amici del cör”: “Na strana lettera” ore 11.00
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Estate Insieme 2014
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nostri oratori si stanno preparando a vivere un’intensa estate insieme trovando nell’animazione e nell’educazione un punto di sintesi del cammino svolto durante l’anno. In particolare gli adolescenti impegnati nel ruolo di animatori dei nostri grest hanno iniziato dal mese di marzo il cammino formativo verso l’estate: l’attenzione ai ragazzi, la crescita nell’educarsi educando sono lo stile richiesto per rendere l’esperienza del grest un’occasione importante nel cammino comunitario. Al resto della comunità, soprattutto ai genitori è richiesta un’iniezione di fiducia e buona volontà affinchè alla critica sterile “esterna” si sostituisca una autentica collaborazione che porti alla realizzazione del sogno di una “comunione e missione” anche nelle attività ricreative-educative del tempo delle vacanze. Ovviamente i bambini in tutto questo sono non semplicemente destinatari, ma protagonisti di un progetto che senza di loro non potrebbe riuscire a prendere forma. Per il secondo anno l’estate è pensata, nell’ottica dell’Unità Pastorale, a servizio delle famiglie nella speranza che si superino sempre di più i confini ristretti del proprio “mondo-quartiere”, per mettere a frutto il meglio che ogni ambiente e occasione riesce ad offrire. Il gioco, la festa, il divertimento sano sono la cornice e gli strumenti migliori per permettere a tutti la gioia dell’incontro con la Comunità Cristiana che senza paura porta il Vangelo anche in questi luoghi. Per agevolare una organizzazione valida delle varie attività si aprono le iscrizioni alle diverse esperienze a partire dal 22 aprile secondo le modalità ed i luoghi dello scorso anno.
seguirà l’esperienza di Azzurro presso il Violino fino a fine luglio e nelle prime settimane di settembre. I costi e le modalità di iscrizione non cambiano rispetto a quelli dello scorso anno. I Campi offrono l’occasione ai nostri ragazzi di vivere una forte esperienza di vita insieme e di crescita comune: perdere questa possibilità è come possedere un tesoro e non volerlo scoprire! • Campo Junior (nati tra 2002-2004) dal 12 al 19 luglio • Campo senior (nati tra 2000-2001) dal 19 al 26 luglio • Campo avventura (nati tra 1997-1999) (pellegrinaggio La Verna-Assisi) dal 28 luglio al 3 agosto • Esperienza-pellegrinaggio a Lourdes con l’OFTAL dal 6 al 12 agosto • Campo famiglie nella settimana centrale di agosto
Nei nostri oratori l’estate è anche tempo di feste e tornei: tra le tante iniziative che verranno proposte ci permettiamo di mettere in rilievo le due feste dei nostri oratori che vogliono diventare sempre di più feste dello “stile educativo” della comunità cristiana: la partecipazione numerosa a questi momenti offre la possibilità di farsi parte attiva della crescita dei nostri oratori, mancare in questi momenti è un po come rifiutarsi di scommettere sulla validità della proposta comunitaria.
Grest 2014: “Piano Terra” Non possiamo che rimanere affascinati da Gesù che “abita” la nostra terra, che non resta semplicemente nell’alto dei cieli, ma si fa carne della nostra carne. Attorno al tema dell’”abitare” verrà 20-22 giugno: festa oratorio Badia strutturato il nostro grest come occasione unica di 5-7 settembre: crescita nel gioco e nell’amicizia per i ragazzi. festa oratorio Violino • Grest presso Oratorio Violino dal 9 al 27 giugno Non ci resta che augurare a tutti una buona estate • Grest presso Oratorio Badia insieme! dal 23 giugno al 11 luglio I consigli dell’oratorio di Badia e Violino
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Vita dei Quartieri Alla ricerca delle nostre radici Monaci e monasteri nel territorio bresciano Le prime fondazioni monastiche a ricerca delle nostre radici cristiane non può prescindere da una componente fondamentale molto viva anche in tutta la diocesi di Brescia e a cui è particolarmente legato il nostro territorio dell’Oltre Mella: la presenza di Ordini monastici e Congregazioni religiose, che tanto hanno animato nel corso dei secoli, sia pure con modalità diverse, le nostre comunità cristiane. Non abbiamo testimonianze storiche di monasteri
il territorio bresciano conobbe l’insediamento di grandi monasteri benedettini. Il primo fu quello fondato nel 753 da Ansa, moglie di Desiderio, all’estremità nord – orientale della città, che fu chiamato del Divin Salvatore e successivamente intitolato a Santa Giulia, quando vi furono traslate le reliquie della vergine e martire Giulia. Desiderio ed Ansa, divenuti poi sovrani dei Longobardi, oltre al terreno e agli edifici compresi entro il muro della clausura, donarono al monastero una prima curtis in località Cerropicto (ora via del Serpente nella zona delle Fornaci); a questo primo possedimento se ne aggiunsero numerosi altri lungo i fiumi Oglio e Mella. Nei secoli IX e X, in epoca carolingia, i possedimenti di Santa Giulia andarono estendendosi notevolmente: erano presenti in città, nella zona nord – occidentale fino al lago d’Iseo, nella zona sud – orientale tra l’Oglio e il Garda, nella parte settentrionale del lago d’Iseo e nella bassa Valle Camonica; ma c’erano possedimenti fondiari del monastero anche nella bassa Lombardia tra Piacenza e Mantova lungo il Po e altre curtes sparse in tutta Italia. Inoltre al monastero di Santa Giulia fu concesso di eleggere la propria abbadessa, che venne esentata dalla giurisdizione del vescovo diocesano. Questi privilegi, concessi da Desiderio, vennero confermati dai sovrani carolingi. Nella stessa epoca ebbe uguale importanza il monastero di Leno. Fondato dallo stesso Desiderio, fu sempre in diretto rapporto con l’abbazia di Montecassino. Quest’ultima, devastata dai Longobardi nel VI secolo, era stata ricostruita dal La consegna delle regola di San Benedetto bresciano Petronace nel 717: il re Desiderio chieMiniatura del X sec. se, intorno al 758, che nella pianura bresciana si maschili o femminili nei primi secoli del cristiane- stabilisse una comunità benedettina proveniente simo; la tradizione parla dell’esistenza nel VI se- da Cassino. Vennero dodici monaci sotto la guida colo di un Monasterium Honorii femminile presso dell’abate Ermoaldo con una preziosa reliquia di la cattedrale e di una comunità religiosa maschile, san Benedetto, a cui venne intitolato il monastero, Santa Maria ad silvas dove più tardi sarebbe sorto come al santo vennero intitolate le chiese dipendenti da Leno, quelle di Brescia, Toscolano, Pavoil monastero di San Faustino Maggiore. Ma verso la fine dell’età longobarda (sec. VIII) ne Mella, Fontanellato (Parma), Torricella Cremo-
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nese, Gonzaga (Mantova). L’abbazia godette di grande prestigio e fu dotata di ampi possedimenti fondiari e di molti privilegi, via via confermati dai sovrani carolingi e successivamente dai diplomi di Ottone I e di Ottone II, i quali, non solo attestarono la crescita di questi beni, ma anche la loro maggiore organizzazione intorno a chiese e cappelle rurali più vicine tra loro. Presso la città venne poi fondato dal vescovo Ramperto un monastero maschile dove sorgeva la chiesa di Santa Maria ad silvas, che custodiva i corpi dei santi martiri Faustino e Giovita, e che per questo ricevette la denominazione di San Faustino Maggiore (841). Il vescovo desiderava che questo monastero fosse uno strumento di iniziative pastorali e culturali: volle che la sua fondazione fosse sanzionata dal metropolita di Milano e dagli altri vescovi lombardi. Ramperto dotò inoltre il monastero di cospicui possedimenti e riconobbe ai monaci il diritto di eleggersi liberamente l’abate. Ma soprattutto il monastero di San Faustino divenne un centro importante di formazione e di diffusione culturale, la cui fama si diffuse ampiamente in Europa. Ramperto (o il suo successore Notingo) rifondò anche il Monasterium Honorii, nella zona antistante l’attuale Broletto, e lo intitolò ai Santi Cosma e Damiano: per rispondere alla necessità di ingrandire il palazzo del comune, il monastero alla fine del 1200 venne demolito e fatto ricostruire nella zona dei Campi Bassii (l’attuale via Bassiche), conservando la sua denominazione: attualmente il complesso monastico è sede de La Residenza. Il monachesimo dopo il Mille: le nuove famiglie benedettine Tra il X e l’XI secolo la cristianità in Italia era travagliata da molti problemi: oltre alle incursioni degli Arabi nel centro – sud e alle terribili invasioni degli Ungari a nord, le continue lotte tra papato e impero per le investiture feudali diffondevano un clima di grande incertezza e inquietudine. Contesi tra il papa e l’imperatore i monasteri benedettini andavano perdendo non solo la loro potenza economica, ma anche la forte spiritualità che li aveva caratterizzati. Ma, a partire dalla fine del secolo X, la grande abbazia di Cluny in Borgogna diede inizio a una riforma intesa a riportare l’Ordine benedettino all’obbedienza fedele alla Regola e a legarlo più strettamente all’autorità papale, sottraendolo al controllo dei principi laici e dei vescovi spesso da loro nominati.
La prima, significativa testimonianza del diffondersi nella diocesi di Brescia della riforma cluniacense è quella dell’abbazia di Leno, seguita da molte altre fondazioni monastiche: ad Acquanegra, Agussano di Orzinuovi, Capodiponte, Cazzago, Clusane, Gerolanuova, Pompiano, Isola di San Paolo, Ognato di Brandico, Provaglio di Iseo, Quinzano, Rodengo, Verziano. Questo elenco dà l’idea di quanto diffusi fossero gli insediamenti monastici nella diocesi . Intanto il vescovo Landolfo II aveva fondato presso la città il monastero di Santa Eufemia della Fonte (1015 – 1019); il suo successore Ulderico fondò (o forse rifondò) il monastero di San Pietro in Monte Ursino sopra Serle (1036). Nel 1090 il priorato di San Pietro di Rodengo era officiato da un monaco cluniacense: ben presto avrà inizio la costruzione del monastero che costituirà il punto di riferimento di tante fondazioni tra il lago d’Iseo, l’Oglio e il Mella nell’attuale Franciacorta. Verso la fine del secolo XI (1090 – 1107) si insediarono nel suburbio occidentale ai piedi del colle di sant’Anna i monaci Vallombrosani (un altro grande ramo dei benedettini riformati), che fondarono con il sostegno del Vescovo Arimanno l’abbazia dei Santi Gervasio e Protasio, la nostra Badia, nella quale il vescovo stesso si ritirò e volle essere sepolto. Dal monastero bresciano la congregazione benedettina di Vallombrosa si diffuse rapidamente nella Lombardia fino all’Adda. Il significato della presenza monastica La grandissima diffusione dei monasteri anche nel territorio bresciano ebbe un’importanza primaria nella crescita umana e cristiana delle popolazioni. La Regola di san Benedetto divenne il fondamento di un ideale di perfezione spirituale austero ma adattabile alle esigenze delle diverse comunità e delle persone. La spiritualità benedettina si fondava sulle buone opere, l’obbedienza, l’osservanza del silenzio e l’umiltà; grande importanza rivestiva la preghiera sia quella comunitaria (l’ufficio divino), sia quella privata. La giornata dei monaci alternava in maniera equilibrata la preghiera, la lettura dei testi sacri (lectio divina) e il lavoro. Per questo era necessario che i monaci sapessero leggere e scrivere e che il monastero fosse dotato di una biblioteca: presso ogni abbazia vennero organizzati sia una scuola, a cui talvolta avevano accesso anche i giovani non destinati alla vita monastica, sia uno scriptorium, nel quale si copiavano, oltre ai testi sacri,
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L’antica abazia Ss. Gervasio e Protasio (Badia) le grandi opere della cultura antica e dei Padri della Chiesa: si offrivano così i testi per la lettura quotidiana che doveva formare e arricchire la spiritualità dei monaci: “Un monastero senza libri è come una fortezza senza mura”. I monaci amanuensi diedero vita a vere e proprie scuole pittoriche per ornare i testi, soprattutto i Vangeli, con fregi, disegni floreali o vere e proprie scene che illustravano gli episodi descritti nella pagina: è l’arte preziosa della miniatura. Né va dimenticato l’apporto determinante dei monaci all’agricoltura: essi dissodarono e bonificarono terreni rimasti da secoli incolti, abban-
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donati dai contadini perché troppo esposti alle devastazioni dei popoli barbarici. Dall’Italia fino al mare del Nord il lavoro paziente dei monaci rese fertili e rigogliose le campagne, regolamentò i corsi d’acqua, salvaguardò l’esistenza di boschi e foreste. Un esempio concreto della loro operosità può essere proprio la Franciacorta, fino al 1000 regione acquitrinosa lasciata dal ritiro del grande ghiacciaio dell’Adamello dopo l’ultima glaciazione. Ma i monaci di Provaglio, di Rodengo, dei Santi Gervasio e Protasio la trasformarono nella ridente campagna che noi conosciamo. Irma Bonini Valetti
Verso la festa SVI
metà giugno, dal 13 al 15, l’oratorio della Badia ospiterà anche quest’anno la festa SVI, Servizio volontario Internazionale, un’associazione di ispirazione cristiana che da più di quaranta anni prepara e invia volontari in paesi poveri. La festa avrà, anche in questa edizione, occasioni ricreative e di riflessione. Venerdì 13 presso il teatro dell’oratorio verrà rappresentato “Montecampione, un paradiso forzato”, uno spettacolo teatrale curato dalla cooperativa K-Pax, che racconta una storia delle tante legate alla cosiddetta “Emergenza Nord Africa” in Italia dell’anno 2011. Il tema è quello dei poveri in casa nostra, riflessione che ci aiuta a cogliere l’importanza di aiutare chi si trova in stato di necessità, sia qui fra le nostre case che nelle loro comunità di origine, prima che il bisogno li costringa a fuggire, lasciando famigliari e amici in cerca di fortuna. Anche in questa occasione la festa avrà il suo culmine conviviale nello spiedo all’ora di pranzo di domenica 15 giugno (da prenotare, con possibilità di asporto), ma l’offerta gastronomica sarà ampia in ogni serata. Proposte musicali e culturali allieteranno e animeranno le sere di sabato e domenica, secondo un programma che verrà pubblicizzato mediante manifesti e volantini. La festa vedrà la presenza di banchetti delle principali organizzazioni che, come lo SVI, si occupano di volontariato internazionale in territorio bresciano. Si ringraziano i sacerdoti e la comunità tutta per l’ospitalità e la collaborazione concesse anche in questa occasione, e si invitano tutti gli abitanti del Violino e della Badia a fornire un caloroso sostegno partecipando numerosi alla Festa! Aiutare un volontario che decide di dedicare parte della propria vita ai poveri, è molto più di un’adozione a distanza di un singolo bambino: significa adottare una comunità intera affinché affronti i problemi innanzitutto con le proprie risorse, senza dover fuggire dal proprio paese. Mario Piazza
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Genitori in cammino Avviato il progetto “Genitori in prima linea”
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finalmente partito il progetto proposto dall’Unità Pastorale Violino e Badia, in collaborazione con il Distretto Scolastico Ovest e finanziato dalla Regione Lombardia, “Genitori in prima linea”. Il progetto è a sostegno della genitorialità ed è finalizzato a creare una rete di mutuo aiuto genitoriale all’interno della comunità territoriale. Tale progetto ha permesso, oltre all’apertura di uno sportello di ascolto ed orientamento per studenti presso la scuola media inferiore Kennedy, l’attivazione di uno sportello per famiglie presso l’ oratorio Violino, a cui ci si può rivolgere gratuitamente, singolarmente o in coppia, per ricevere ascolto, consulenza, indirizzamento e supporto alle problematiche familiari, relazionali e/o genitoriali. Parallelamente, presso il plesso scolastico Ovest e gli Oratori del Violino e della Badia, è partito un ciclo di incontri formativi/interattivi che a cadenza mensile affrontano le principali tematiche giovanili, che spaziano dalla prospettiva genitoriale a quella dell’adolescente, trattando argomenti che vanno dalla gestione dei conflitti, al cyber bullismo, dall’uso/abuso di sostanze psicoattiGenitori in prima linea
ve, all’affettività e sessualità in adolescenza. Tale iniziativa ha riscosso un significativo interesse da parte della comunità e dato l’elevato numero di iscrizioni raccolte è stato possibile, soprattutto grazie alla disponibilità dei professionisti volontari che intervengono come relatori agli incontri, replicare l’iniziativa formando così due gruppi di partecipanti. Un’ulteriore attività, sempre gratuita, per incentivare il reciproco sostegno e per approfondire in maniera più interattiva le tematiche trattate nel ciclo di incontri sopracitato, è costituita dal gruppo di mutuo aiuto. Il gruppo di genitori si incontra presso l’ aula 5 dell’oratorio Violino il martedì a cadenza quindicinale. Grazie alla condivisione ed al confronto delle esperienze personali in ambito genitoriale, il gruppo trova occasione di condividere riflessioni sulle dinamiche familiari. Infine partirà nel mese di maggio un corso di formazione genitori che darà la competenza di base ai volontari per proseguire in autonomia l’attività di sportello una volta che il progetto sarà ultimato. Prof.ssa Allegra Lindberg Poletti
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Cüntòmela sö
a qualche settimana ha preso avvio la progettazione a cui seguirà la realizzazione presso l’oratorio della Badia, del progetto “Cüntòmela sö” che si propone di promuovere momenti di socializzazione e aggregazione coinvolgendo gli anziani dei due villaggi di Badia e Violino. Perché proprio gli anziani? Spesso la persona anziana vive momenti di solitudine, isolata dalla comunità e fatica a uscire dalle mura domestiche. Questo nuovo progetto è un’opportunità che la comunità offre per vivere momenti non solo di socializzazione in quanto sono previste anche tematiche culturali, educative e a volte sarà possibile avere qualche consiglio su una buona salute. Grazie a questi incontri sarà possibile trascorrere alcuni momenti in compagnia potendo portare le proprie esperienze di vita, i propri pensieri all’interno del gruppo e alleviare per qualche momento pomeridiano la solitudine. E perché no, al termine di questi incontri sarà possibile effettuare una piccola merenda. Gli incontri si terranno presso il bar dell’oratorio delle Badia con cadenza quindicinale a partire da martedì 6 maggio alle ore 15,00. Tutti si sentano invitati e ben accolti...vi aspettiamo! Alice Stabile
7 Aprile - Centro diurno e disponibilità
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ella serata del 7 Aprile si è svolto presso il teatro parrocchiale un interessante incontro pubblico, tema della serata la costruzione nel nostro quartiere di un centro diurno per anziani. Hanno partecipato all’incontro 4 personalità che da tempo operano nel settore della terza età: Barbieri Pinuccia responsabile della casa famiglia presso l’Achille Papa, Fadabini Giuseppe vicepresidente provinciale A.n.t.e.a.s., Parolini Luciano assistente sociale del Comune di Brescia e Guizzi Arrovilla del Centro Anziani Ferrante Aporti. Questa bella ed interessante serata in un teatro praticamente pieno, ha concluso un percorso, tentando di aprire una prospettiva. Il percorso che si chiude attiene al tentativo di vedere ed interpretare le esigenze del nostro villaggio. Tramite il questionario che il gruppo di riferimento ha fatto nel 2011 si era evidenziato come uno dei problemi più sentiti dalle famiglie del quartiere fosse legato alla gestione degli anziani, mentre una della strutture Parrocchiali meritoria di un miglior utilizzo fosse l’area verde di fianco alla Chiesa. La riflessione nel gruppo di riferimento ha portato poi alla richiesta di un centro per anziani, richiesta inserita in un documento di più ampio respiro contenente varie esigenze del quartiere. Questo documento è stato poi presentato a tutti i candidati sindaco durante la campagna elettorale scorsa. Una volta superato lo scoglio delle elezioni la nuova amministrazione si è resa disponibile a perseguire questa idea, mentre la Parrocchia ha ipotizzato l’utilizzo della cascina in fianco alla chiesa per la concreta realizzazione del nuovo centro per anziani. Su espressa richiesta del Comune tale prospettiva potrà concretizzarsi solo se nel quartiere si renderanno disponibili persone, volontari, in grado di
garantire braccia, gambe, idee, che rendano vive, utili, le mura che si andranno a costruire. E’ il momento dunque di passare dai pensieri, dai sogni, alla concretezza della realtà e della disponibilità. Gli ospiti della serata con grande passione e trasporto ci hanno illustrato il loro impegno nel volontariato, ci hanno permesso di capire come diversi possono essere gli interventi a favore degli anziani ( centro diurno, centro diurno integrato, casa famiglie, residenze protette…..) e che diversi sono i livelli di impegno richiesti. Si tratta ora di fare un passo avanti, di rendersi disponibili, ciascuno con le proprie capacità e per il tempo che potrà dedicare, per un servizio che sarà una ricchezza per il quartiere e per la città. Un’opportunità che se concretizzata oltre a garantire un servizio per gli anziani della nostra zona, potrà essere forte fattore identitario per il quartiere, e centro di numerose iniziative che negli anni potranno svilupparsi. La finestra di opportunità che si è aperta è dunque legata alla tangibile disponibilità che la gente del nostro villaggio saprà dimostrare, creando un gruppo di persone pronte a prendersi cura della struttura e a farla vivere. Più questo gruppo sarà numeroso più l’impegno profuso darà frutto e meno sarà gravoso per i singoli componenti. Chi volesse rendersi disponibile può contattare direttamente don Raffaele o la segreteria della Parrocchia. E’ il momento, prendendo a prestito le parole del cantante Ligabue “sono sempre i sogni a dare forma al modo, sono sempre i sogni a fare la realtà”, di passare dal sogno alla realtà, dal pensiero alla parola, dalla parola alla disponibilità, e attraverso la disponibilità alla realizzazione concreta del bene comune. Grazie fin da ora a chi vorrà creare la realtà futura.
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Cronaca di Vita Comunitaria
Esperienza alla Sacra Famiglia a Cesano Boscone
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urante il ponte di dei quali era assegnato un recarnevale un gruppo parto e ogni giorno cambiavadi adolescenti ha demo reparto a rotazione. Così ciso di vivere un’esperienza facendo ci siamo rapportati diversa dalle solite, prestancon diverse realtà, accomunado servizio nel centro della te però da una caratteristica: Sacra Famiglia di Cesano l’allegria con cui tutti vivevaBoscone (Milano), una assono e ci accoglievano, ognuno ciazione che offre accogliena modo suo; qualcuno poteva za e aiuto alle persone con solo muovere la testa e abbozdisabilità. zare un sorriso, altri iniziavaSiamo partiti da Brescia no a parlare e non smettevapensando di andare a porno più. tare allegria e aiuto in un La loro gioia però si percepiva I ragazzi al lavoro... posto che immaginavamo sempre, così come si percepisimile ad un ospedale: un va il fatto che gli ospiti fossepo’ triste e pieno di solitudine, ma ci siamo ro i veri e propri “ padroni di casa”: eravamo dovuti ricredere in fretta. Il centro della Sacra noi ad essere guidati per le strade del centro e Famiglia a Cesano Boscone (Milano) è infatti per i corridoi dei reparti. simile più che altro ad una piccola città e fin Abbiamo passato circa tre giorni nel centro, da subito ci siamo sentiti parte di questa bella prestando servizio e divertendoci; un periodo comunità. forse breve, che però è bastato a farci apprezzaSiamo stati accolti con entusiasmo dai respon- re questa realtà e a creare anche nuovi legami sabili, dagli operatori e dagli ospiti del centro, tra di noi, trasformandoci in un gruppo unito. che si sono mostrati felicissimi di avere qualcu- Ci sono alcune persone che ci sono anche reno con cui parlare e condividere le attività che state impresse, alcuni “personaggi” difficili da svolgono abidimenticare, e tualmente. Apciò ha sorpreso profittando del tutti. sole abbiamo Chi se lo sarebbe accompagnato mai aspettato? alcuni di loro È stata quindi a fare una pasun’esperienza seggiata e abdi crescita molbiamo iniziato to positiva, che a conoscerli. Il di certo non digiorno succesmenticheremo e sivo noi ragazzi che speriamo di ci siamo divisi poter rivivere in in alcuni grupfuturo. Gruppo a Cesano Boscone pi, ad ognuno Chiara e Anna
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Un gancio in mezzo al cielo Giulia, una testimone speciale “
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n gancio in mezzo al cielo” è il titolo del libro in cui Giulia racconta in prima persona la propria vita, la scoperta della malattia, il dolore, la speranza, i progetti. Giulia è scomparsa nel 2011 all’età di 14 anni a causa di un tumore. Una ragazzina normale, piena di vita, che un giorno scopre per caso di avere un tumore che si rivelerà inguaribile e che nel giro di due anni la porterà in cielo. “Sogno di scrivere un libro” affermava Giulia “un libro per raccontare una storia. La mia storia”. Una storia fatta di sofferenza, di crisi, ma soprattutto una storia fatta di speranza, di amore, di legami e di amicizie che sbocciano con le tante persone che le stanno accanto. “Il fatto è che molta gente ha paura della malattia, della sofferenza. Ci sono molti malati che restano soli, tutti i loro amici spariscono, … Non bisogna avere paura!”. È un messaggio fortissimo, soprattutto perché va di pari passo con il cuore della sua esperienza, che Giulia riassumeva in una sola parola: amore. Un amore – diceva Giulia – che è “come un soffio che gonfia un palloncino, gonfia, … gonfia, … fino a farlo esplodere e ad invadere tutti!”. È un vulcano di idee e progetti, una vitalità che contrasta con il lento progredire della malattia che la costringerà a stare su una sedia a rotelle, a terminare la scuola presso l’ospedale dove viene ricoverata, a periodi di lunghe e dolorose terapie. È proprio questo contrasto che in Giulia appare così luminoso: da una parte la morte che sopraggiunge inesorabile dopo il lungo periodo, dall’altra la speranza che cresce solida e tenace tanto quanto la malattia. Una speranza non cieca o rassegnata: fatta sì di momenti duri e di rabbia verso gli
eventi che le accadono, ma soprattutto fatta di luce, quella luce che per Giulia proviene da Gesù e dalla sua “mammina celeste”, Maria. “Ora so che la mia storia può finire solo in due modi” affermava Giulia “o, grazie ad un miracolo, con la completa guarigione, che io chiedo al Signore perché ho tanti progetti da realizzare. E li vorrei realizzare proprio io. Oppure incontro al Signore che è una bellissima cosa. Sono entrambi dei bei finali …”. Il 9 marzo scorso, presso il teatro del Violino, abbiamo avuto la grazia di poter incontrare per una testimonianza, i genitori ed il fratello di Giulia che si sono resi disponibili a far conoscere la loro esperienza. Dopo un filmato che, girato due mesi prima della sua morte, Giulia riprende Giulia che racconta con una disarmante semplicità la propria storia, la propria malattia, le proprie speranze, non è stato facile intervenire: l’impatto con una esperienza così forte, ha preso il sopravvento sulla capacità di dire qualsiasi cosa. I genitori di Giulia hanno saputo raccontare episodi della loro vita familiare con limpidezza e con semplicità, non nascondendo le loro difficoltà durante la malattia della figlia, le loro fatiche anche rispetto al figlio più piccolo, ma sapendo andare però al cuore del messaggio che Giulia ha lasciato come una scia luminosa: “il Signore non abbandona mai”, nemmeno quando ci sentiamo soli, Lui è lì vicino a noi che ci dice: “coraggio, io sono con te per aiutarti”. Questo allora fa comprendere la grande testimonianza offerta da Giulia: la fede in Gesù, sempre disponibile per tutti come “un gancio in mezzo al cielo”. Coraggio, afferriamolo! Vittorio Rubagotti
“Riprendiamoci il nostro futuro” - Argogiovani “ArgoGiovani” è un gruppo di aggregazione giovanile, attivo dal 2006. La sua finalità principale consiste nel favorire un dialogo e un dibattito tra i giovani, promuovendo azioni di volontariato ed eventi di beneficenza. Obiettivo dichiarato riuscire a coinvolgere nelle varie iniziative un numero sempre maggiore di ragazzi e ragazze interessati. Dal 2013, Grazie a Don Raffaele Donneschi e Don Fausto Mussinelli, “ArgoGiovani” ha la sua sede all’oratorio del Villaggio Badia e segue un percorso formativo con l’aiuto di don Fausto per rendere sempre migliore e ricco il mettersi a servizio della comunità. Attualmente il gruppo è composto da circa 50 giovani e sta portando avanti numerose iniziative alcune in atto, altre in cantiere: Volontariato Locale: Animazione come volontari all’interno di tre strutture del territorio con diverse utenze: disabili, anziani, minori. Teatro: Progetto di incontro e aggregazione finalizzato alla libera creazione giovanile, con produzione propria di commedie, cene/aperitivi con delitto e teatro dell’oppresso. Volontariato Internazionale: Organizzazione di “Grest” all’estero con la collaborazione del “Gruppo Est-Portiamo” di Brescia. Cineforum: Progetto Culturale di discussione e confronto riguardo temi e valori espressi dalla cinematografia internazionale. Dopo le vittorie rispettivamente a “PensoGiovane” (2009) e “Youth in Action” (2013), con la Parrocchia Madonna del Rosario è stato possibile aggiudicarsi il “Bando Cultura 2013” di Fondazione Comunità Bresciana con il progetto denominato “Riprendiamoci il nostro Futuro” che si è svolto in quattro giornate al Teatro della Badia alla fine di marzo e ai primi di aprile, affrontando tematiche diverse per affermare il significato del fare volontariato oggi. La risposta delle comunità locali si deve ancora profilare, tuttavia, riteniamo che lo spazio per una crescita reciproca ci sia, quindi ci auguriamo che davvero possiamo tutti i giovani insieme “riprenderci il nostro futuro”! a presto i Coordinatori Alberto Marizzoni e Massimiliano Bordiga (Per qualunque ulteriore informazione vi invitiamo a scriverci una e-mail all’indirizzo info@argogiovani.it oppure a contattarci al numero 345-4624594)
CARN EVA LE 2014
Concerto domenica 23 marzo
Il rogo della vecchia