Passi Erratici 2015 - Cervino

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Da avere con sĂŠ per trovare e capire le opere esposte, conoscere gli artisti che le hanno realizzate, visitare i luoghi e leggere le storie della Valtournenche

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ssi Erratici



Le centre du monde Vittorio Mortarotti

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“Pour un Valtournain son village à Valtournenche sera toujours le centre du monde” Amè Gorret

Il lavoro di Vittorio è dedicato alle marginalità sia geografiche che sociali. In questo caso la marginalità è soprattutto temporale. Questi scatti sono stati realizzati tra inizio e fine maggio, nel periodo in cui la montagna cambia pelle. In questo mese l’ambiente non è attraente per il turismo perché tutto ha un senso di precarietà che corrisponde ben poco all’idea familiare che abbiamo della montagna popolata, pulita e profumata nel bianco dell’inverno o nel verde dell’estate. In questo limitato limbo temporale gli alberghi e i bar sono deserti, le piste da sci sono chiuse, le seggiovie sono mosse solo dal vento, la neve si scioglie creando pantani e rivelando l’erba bruciata dal gelo mentre più in basso i prati riprendono vigore e si riappropriano degli spazi (parcheggi, monumenti, campi da tennis, sentieri) da cui a breve saranno costretti a scomparire sotto le lame delle falciatrici, i pneumatici delle automobili e le suole dei turisti e degli escursionisti. È anche il momento per i lavori di manutenzione: si riparano ponti e strade, si mettono in sicurezza le frane, si disgaggiano i blocchi e le lastre di roccia pericolanti, si tagliano gli alberi spezzati dalla neve. Per chi vive in montagna tutto l’anno questo è un momento di pausa. Le guide alpine, gli istruttori di sci, i ristoratori e gli albergatori ne approfittano per fare le vacanze, per riposarsi in vista della stagione estiva o per riaprire le porte che sono state chiuse durante la stagione invernale: Roberta Gyppaz e Luisa Perotto riaprono il Musée Petit Monde di Torgnon dopo che la strada che porta al museo è stata per mesi sbarrata da una frana; Flavio Bich aspetta che la neve si sciolga per riuscire ad arrivare ai 2.909 metri del rifugio Perucca-Vuillermozal che gestisce nel periodo estivo; Yvonne Barmasse approfitta del tempo ballerino per rimanere in casa a tradurre in patois i canti iniziali della Divina Commedia, mentre Antonio Carrel, preso dagli impegni che ha nel coordinamento italo-svizzero delle celebrazioni di Cervino 150, non conosce sosta e usa tutti i mezzi possibili (auto, treno, piedi, sci) per muoversi tra i vari appuntamenti che ha in valle (Valtournenche), Vallè (Valle d’Aosta) e altre valli (quella di Zermatt). Le persone appena citate compaiono nei ritratti della pagine successive assieme alle fotografie in bianco e nero di oggetti legati alla loro vita o storia famigliare. Isolati su un fondale nero questi frammenti mostrano istanti di vita alpina passata e presente. Corde, picozze, zaini, occhiali, cappelli, trofei di caccia e strumenti rurali raccontano chi vive e ha vissuto a contatto con la montagna tutti i giorni, per tutta la vita.




Cappello da guida e occhiali da montagna di Gino Barmasse, maestro elementare, guida alpina del Cervino e compagno di spedizioni di Guido Monzino, anni ‘50


Seggiovia Cielo Alto, Breuil Cervinia





Campo da tennis del condominio Circus e condominio I dadi, localitĂ Cielo Alto, Breuil Cervinia





Vettovaglie da campo di Gino Barmasse, anni ‘50

Grattugia in ferro, Musèe Petit Monde



Gino Barmasse, corno di caribou, 1ÂŞ Spedizione Monzino alle Alpi Stauning, Groenlandia orientale, 1963




Antonio Carrel, guida alpina del Cervino, nella sua casa di Cretaz, Valtournenche


Pensione Carrel, Cheneil, Valtournenche


Zaino da montagna di Gino Barmasse, anni ‘70


Corda da arrampicata di Flavio Bich, anni ‘90

Piccozza di Gino Barmasse, anni ‘60


Flavio Bich, guida alpina del Cervino e gestore del rifugio PeruccaVuillermozal. Cretaz, Valtournenche



La Valtournenche vista dalla strada per il MusĂŠe Petit Monde, frazione Triatel, Torgnon


Yvonne Barmasse, figlia di Gino Barmasse, ex insegnante ed esperta di patois e storia locale. Cretaz, Valtournenche


Roberta Gyppaz, assessora all’agricoltura, ambiente e territorio del comune di Torgnon Luisa Perotto, referente per il Musèe Petit Monde, Torgnon


Pilotis del rascard, Musèe Petit Monde


Torre Escargot, localitĂ Cielo Alto, Breuil Cervinia


Ricostruzione del ponte pedonale sul torrente Cheneil



Collezione di ardèillón, prima parte della tsÊa, la corda per legare le mucche alla mangiatoia

Modda, agitatore per il latte usato per rimestarlo nel momento della cagliata


Passi Erratici

2015 Cervino

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Luca Remmert Presidente della Compagnia di San Paolo

Per il secondo anno, la Compagnia di San Paolo presenta il Festival Torino e le Alpi, un cartellone di iniziative culturali che si propongono di mostrare, attraverso esperienze di partecipazione e coinvolgimento diretto, le potenzialità innovative e creative dell’ambiente alpino nel suo duplice profilo di contesto ispiratore e luogo di produzione culturale. Attraverso spettacoli teatrali, concerti, esposizioni, reading, il Festival desidera offrire una prospettiva sulle Terre Alte lontana dagli stereotipi, un’immagine della montagna dinamica e vivace, capace di esprimere cultura contemporanea e stimolare la creatività. L’iniziativa è realizzata nell’ambito di Torino e le Alpi, il programma triennale della Compagnia di San Paolo che dedica ai territori montani, con l’obiettivo di incrementare conoscenze, sensibilità e opportunità di scambio e favorire la presenza delle Terre Alte nel dibattito pubblico torinese. Oltre venti località alpine di Piemonte, Valle d’Aosta e Liguria, sono sedi di interessanti proposte culturali, selezionate a seguito di un bando promosso dalla Fondazione nei primi mesi dell’anno. Nel contempo, a Torino si propone un ricco calendario di eventi, tra i quali l’esposizione Cervino – Passi Erratici 2015, a cura di Stefano Riba, rappresenta uno degli appuntamenti più significativi. La mostra, che costituisce il secondo momento della riflessione avviata lo scorso anno dal giovane curatore sul rapporto tra montagna e creatività, nasce da un breve periodo di residenza svolto da alcuni artisti ai piedi del Cervino. Incontrando le persone che vivono nelle borgate della Valtournenche, parlando con le guide alpine e con coloro che difendono e tramandano la storia e il folclore della valle, sono nate le opere d’arte allestite ed esposte in dialogo con le collezioni del Museo Nazionale della Montagna di Torino. Coerentemente quindi con l’obiettivo della Fondazione di sostenere lo sviluppo civile, culturale ed economico del territorio e della comunità in cui opera, l’auspicio che anima tale impegno è che la visione dell’ambiente alpino e delle sue genti proposto dalla mostra contribuisca a superare la retorica di cui spesso la montagna è schiava, nella convinzione che la diffusione presso un pubblico più ampio, urbano e non, di una nuova immagine delle Terre Alte sia necessaria per comprenderne le ricchezze, le opportunità e le esigenze.

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Aldo Audisio Direttore Museo Nazionale della Montagna – CAI Torino

Anche nel 2015 Torino e le Alpi torna sul Monte dei Cappuccini, nella sede del Museo Nazionale della Montagna, con il festival e gli eventi ad esso collegati organizzati dalla Compagnia di San Paolo. La mostra Passi Erratici è di nuovo un elemento di rilievo nel programma: l’esperienza dell’anno passato ha portato a proporre nuovi lavori di giovani artisti, integrandoli nelle collezioni permanenti del Museo. Una scelta che abbiamo condiviso e riproponiamo con regolarità, a fianco delle molteplici iniziative su cui spazia l’attività della nostra istituzione. Le collezioni toccano tutti i temi, spesso i più disparati, comunque legati alla montagna e sono la nostra grande ricchezza, centinaia di migliaia di pezzi che ci rendono un caso unico nel panorama mondiale di settore. Esposizioni, incontri, spettacoli e pubblicazioni sono quanto proponiamo al pubblico da decenni e sono sempre stati il risultato di ricerche svolte “in casa”, per condividere e valorizzare il nostro patrimonio. Passi Erratici quest’anno “dialoga” con i 150 anni della prima ascensione al Cervino. La storia del 1865, con la competizione tra Edward Whymper e Jean Antoine Carrel è nel DNA del Club Alpino Italiano, fondato appena due anni prima, quindi anche nel nostro, essendo il Museo attività statutaria del Sodalizio. E il Cervino è senza dubbio una tra le montagne meglio rappresentate nelle nostre collezioni, con film già dei primi anni della storia del cinema, fotografie di ogni epoca e autore, manifesti, plastici, dipinti e mille altri oggetti, insieme naturalmente ai tantissimi e preziosi volumi e documenti dell’archivio alpinistico. Per questo siamo particolarmente curiosi di vedere come questa montagna, con quanto ha rappresentato fino ad ora nell’immaginario di generazioni di alpinisti o amanti delle vette, abbia influenzato (o meno) le scelte di un gruppo di giovani artisti, che probabilmente hanno conosciuto solo di recente tanto il suo “ingombrante” passato quanto la bellezza unica delle sue linee. Torino, Monte dei Cappuccini, luglio 2015

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Stefano Riba Curatore di Passi Erratici

Passi Erratici 2015 si presenta, fin dal titolo, con una forma diversa rispetto al 2014. Quest’anno il progetto ha una localizzazione geografica ben precisa, il Cervino e la Valtournenche, e la formula del trekking è stata limitata per dare più spazio alla scoperta dei luoghi e delle persone. Meno passi e più parole, una scelta dovuta al periodo di residenza in montagna, trascorso con gli artisti Paola Angelini, Mario Tomè, Namsal Siedlecki, Fabrizio Perghem, Giuseppe Abate, Fabrizio Prevedello e la designer Claudia Polizzi, anticipato di due mesi rispetto allo scorso anno per adattarsi allo spostamento, da settembre a luglio, del Festival Torino e le Alpi nel cui programma rientra la mostra. Come sa chi è appassionato di montagna, un trekking alpino tra luglio e agosto è ben diverso da uno tra aprile e maggio e difatti, quando siamo stati a Cervinia tra il 25 e il 30 aprile, il clima non era poi così diverso da quello dicembrino. Con una differenza però, la stagione turistica invernale era finita. La nostra breve residenza è caduta nel limbo temporale in cui non si scia più e non si fa ancora trekking (anche se una gita sulla neve ce la siamo concessa). Un momento in cui non c’è turismo (difatti Breuil è deserta o quasi) e che precede i mesi in cui sul Cervino si accenderanno i riflettori, e sarà davvero così visto che dal 10 al 19 luglio sarà illuminato anche di notte per celebrare i 150 anni dalla prima ascesa. Questa calma è stata utile per incontrare le persone che a Valtournenche vivono tutto l’anno. Abbiamo parlato con le guide alpine, i custodi della montagna che conducono le ascese ai 4.478 metri della vetta, e con uomini e donne che difendono e tramandano la storia e il folclore locale. Da questi incontri sono nati il progetto fotografico di Vittorio Mortarotti che trovate nelle prime pagine del catalogo e i lavori di Paola Angelini, Mario Tomè, Namsal Siedlecki, Fabrizio Perghem, Giuseppe Abate e Fabrizio Prevedello esposti fino al 20 settembre in dialogo con gli spazi e le collezioni del Museo Nazionale della Montagna.

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I due mesi di anticipo nella residenza sono stati funzionali anche per andare oltre il punto in cui eravamo arrivati con Passi Erratici 2014 il cui progetto era dedicato, anche in prima persona visti i chilometri percorsi sulle nostre gambe, alla ricerca di ciò che spinge l’uomo alla salita. Quest’anno affrontiamo ciò che arriva dopo la conquista: la mitizzazione, la colonizzazione, il turismo, la cementificazione, ma anche, al contrario, la difesa delle tradizioni e le storie di chi in montagna ci vive tutto l’anno.

1 Soli due anni prima Quintino Sella era salito alla cima di Monviso con due barometri per “trarre qualche conclusione di che potessimo avvantaggiare l’ipsometria alpina”.

2 Dopo l’Unità d’Italia e la fondazione del CAI – nato nel 1863 dopo la prima salita italiana al Monviso, la cui cima era stata conquistata due anni prima dagli inglesi – per Quintino Sella il primato italiano sul Cervino era diventato una questione nazionale.

3 Sulla via del ritorno morirono quattro compagni di Whymper: Lord Francis Douglas, Douglas Robert Hadow, il reverendo Charles Hudson e la guida austriaca Michel Croz.

Breuil-Cervinia è l’esempio di tutto questo. Nata negli anni ‘30 su un pianoro ricco d’acqua (Breuil significa proprio questo), prima di allora era conosciuta solo con il nome patois e frequentata come alpeggio estivo e campo base per quei temerari che tentavano l’ascesa al Cervino. Erano soprattutto inglesi, come Edward Whymper, il primo scalatore (ma dal versante svizzero) dell’ultimo quattromila delle Alpi che nel 1865 era ancora rimasto da espugnare. Una vetta mitica la cui prima ascesa è concisa con una serie di altre prime volte che hanno segnato la storia dell’alpinismo: la prima scalata a non esser stata accompagnata anche da fini scientifici 1, la prima a essere concepita come una faccenda di Stato 2 e la prima a diventare una tragedia che ebbe eco mediatico in tutta Europa 3. Inizia così il 14 luglio 1865 (per gli italiani la conquista avverrà tre giorni dopo) la fama internazionale del “più nobile scoglio di Europa” 4 che quest’anno viene celebrato con una fitta serie di eventi 5 che affrontano i temi della storia della montagna e della vita passata e presente attorno al Cervino. Questi sono gli stessi temi che abbiamo affrontato anche noi scegliendo però di allontanarci dal clima di festa e celebrazione perché l’arte è un linguaggio mediato e meditato. Ciò che vedrete in mostra e leggerete in queste pagine sono quindi le nostre visioni dei luoghi e delle persone che ci hanno accolto.

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Come lo definì il poeta inglese John Ruskin

Per il programma completo degli eventi consultare il sito: www.cervinia.it


Museo Nazionale della Montagna Duca degli Abruzzi – CAI Torino


Artisti in mostra 1  Giuseppe Abate 2  Paola Angelini 4  Fabrizio Prevedello 6  Mario Tomè

Quando 10.07 – 20.09 A che ora Martedì – domenica dalle 10.00 alle 18.00 Chiuso il lunedì

3  Fabrizio Perghem 4  Fabrizio Prevedello 5 Namsal Siedlecki

Piano terra Ingresso

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Quanto Dal 10 al 12 luglio: ingresso gratuito 13.07 – 20.09 Intero: 10,00 € Ridotto: 7,00 € Soci CAI: 6,00 € Promozionale: 1,00 €

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Dove P.zzale Monte dei Cappuccini, Torino Chi Museo Nazionale della Montagna Duca degli Abruzzi – CAI Torino Tel: +39 011 6604104 www.museomontagna.org Festival Torino e le Alpi www.torinoelealpi.it

Primo piano

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Luoghi e persone della Valtournenche


Il 29 aprile abbiamo fatto una gita sulle racchette da neve. Dal villaggio di Cheneil siamo saliti al Colle di Fontanafredda. Da lassù si vedeva tutto.

Cervino 4.478 m I vecchi di Valtournenche la chiamavano semplicemente “Gran Becca”, in patois valtournain “grande montagna”. In quasi tutto il resto del mondo è conosciuto come Matterhorn, non per gli italiani e i francesi per cui invece è il Cervino, con e senza o finale. Niente a che vedere con i cervi però, ma con le selve visto che la volgarizzazione della lingua latina ha trasformato “Silvanus” in “Servin” che poi è stato trascritto con la C iniziale. Toponomastica a parte, il Cervino è stato conquistato dal versante svizzero il 14 luglio 1865 da Edward Whymper mentre il 17 luglio Jean Antoin Carrel è salito dal crinale italiano. I 150 anni della prima ascesa cadranno quindi quattro giorni dopo l’inaugurazione di questa mostra, un evento che sia Zermatt che Breuil Cervinia si preparano a festeggiare degnamente con la serie di appuntamenti di Cervino 150.

Antonio Carrel Guida alpina, ex- sindaco di Valtournenche, ex-  presidente Associazione Internazionale Guide Alpine, presidente del Cervino CineMountain Festival Enrica Pellissier Studiosa della preistoria in Valtournenche ed esperta di storia locale

Colle del Teodulo 3.290 m Riprendendo la toponomastica lasciata prima da parte, tutto sta a dimostrare che il nome Cervino in realtà si riferisse in passato a quello che oggi chiamiamo colle del Teodulo. Fin dall’epoca preistorica (nelle vicinanze è stata trovata la lama di un’ascia neolitica), passando per quella romana e poi per tutto il periodo medievale (caratterizzato dal caldo dell’optimum climatico) il valico era, nonostante l’alta quota, il più frequentato delle Alpi Pennine e, assieme al Gran San Bernardo, costituiva l’arteria principale per le carovane mercantili in transito tra la pianura padana e i grandi poli commerciali dell’Europa centrale. Era il passo e non il monte ad essere chiamato Cervino, infatti, in passato tutto il territorio improduttivo dell’alta montagna veniva ignorato. Vette e ghiacciai non avevano nome, mentre numerosi erano i toponimi dei poderi, dei boschi, degli alpeggi e dei valichi. Per questo motivo quello che oggi chiamiamo Teodulo (dal nome del primo vescovo di Sion) appare in numerosi documenti e cartografie del 1500 come “Certinus maximus mons” o “Mons Servin soi Roèse”, dove il termine “mons” è usato con il significato di “valico”. Il colle oggi è raggiunto dagli impianti sia del comprensorio sciistico di Breuil-Cervinia che di quello di Zermatt.


Flavio Bich, Guida alpina e gestore del rifugio PeruccaVuillermoz

Albergo-rifugio Pirovano Arch. Franco Albini 1946

Breuil Cervinia Cervinia nasce idealmente nel 1934 quando la prima strada e la prima macchina arrivano a Breuil. Prima di allora questo pianoro usato come pascolo estivo era raggiungibile solo a piedi o a dorso di mulo e si componeva di una chiesa, due piccoli alberghi, due malghe e quattro case (tra cui la celebre Maison de Saussure). La prima funivia viene inaugurata nel 1936 e tre anni dopo ne apre una seconda che porta a Plateau Rosa. Ma è dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale che inizia il vero boom edilizio. La nuova Cervinia viene costruita in un luogo vergine, è quindi esente da vincoli architettonici preesistenti. Viene così applicato il modello che aveva invaso l’Italia durante la ricostruzione postbellica e gli anni del boom economico, quello del condominio.

Giuseppe Pirovano, famosa guida alpina di inizio e metà Novecento e maestro di fiducia di Albini, commissiona al celebre architetto milanese un’abitazione per la sua famiglia con annessa la sede della sua scuola di sci. L’individuale e il collettivo convivono in una struttura che è sia casa unifamiliare che albergo-rifugio per ragazzi. Il punto di partenza è una semplice baita di legno dal sapore tradizionale, che Albini la trasforma in un esercizio di scomposizione in livelli diversi. In primo deck di legno è supportato da quattro alte colonne cilindriche di pietra sormontate dai classici pilotis, i funghi di legno e pietra che sollevavano da terra i rascard favorendone la ventilazione e evitando che i roditori accedessero alle dispense.

Rosanna Berthod, Rappresentante dell’Associazione commercianti di Breuil

Casa del Sole Arch. Carlo Mollino 1947 - 1955 È un condominio che si erge nel paesaggio come un’esile torre di nove piani. La struttura in cemento armato è sormontata da una sorprendente capanna di legno che fuoriesce a sbalzo dal coronamento. Gli elementi dell’architettura tradizionale sono accennati ma realizzati con strutture e proporzioni completamente diverse. I venti appartamenti della Casa del Sole sono progettati con i criteri del moderno residence con diverse parti comuni: servizio di ristorante, lavanderia, market, garage e portineria. Una cura speciale è dedicata agli elementi di arredo, realizzati su disegno dello stesso Mollino: attorno a surreali camini a forma di pipa sono disposte sedie e tavoli curvilinei ricavati da un unico blocco di legno. Il letto matrimoniale è composto da una coppia di letti singoli che possono anche essere impilati a castello mentre gli armadi a muro scompaiono nelle boiseries. “Dalla Casa del Sole si entra cittadini e si esce sciatori” diceva lo stesso Mollino.


Luca Bich, Direttore artistico del Cervino CineMountain Festival

Adriana Pession, Segretaria Guide del Cervino

Gérard Ottavio, Presidente Guide del Cervino Società delle Guide Alpine del Cervino Via Circonvallazione, 2 Breuil Cervinia

La Grand’Ourse Località Cielo Alto Breuil Cervinia È nelle stanze 603 e 713 del condominio La Grand’Ourse che siamo stati nei giorni trascorsi in Valtournenche. L’edificio fa parte del complesso di Cielo Alto ed è stato costruito tra il 1972 e il 1978 nel pieno dell’era dello ski total, in cui intere città autosufficienti erano create perché fossero a disposizione dello sci dodici mesi all’anno e soddisfacessero anche un uso stagionale. A Cielo Alto l’intervento dell’architetto Francesco Dolza prova a risolvere il problema dell’impatto visivo del complesso cercando il dialogo con la morfologia dei rilievi circostanti. L’interno degli edifici offre, invece, un’organizzazione spaziale e temporale totalizzante come in una città in cui tutto è accessibile e strutturato: le abitazioni, i servizi, lo sport, il tempo libero, la vita mondana. Noi ci siamo stati quando non c’era nessuno, di vita (mondana e non) nemmeno l’ombra, c’erano solo i corridoi vuoti come nell’Overlook hotel.

Dal 17 luglio 1865, data storica della conquista italiana del Cervino, le guide sono a disposizione di chi vuole avvicinarsi all’alpinismo. In 150 anni di esperienza ne hanno fatta tanta: migliaia di salite alla Gran Becca, tante altre sul territorio valdaostano a cui sono seguite le prime avventure di Jean Antoine Carrel in Sud America e le decine di spedizioni in tutto il mondo sostenute dal mecenatismo di Guido Monzino. La società oggi organizza le salite al Cervino, che si affrontano con la sicurezza di avere una guida per ogni cliente, ma anche trekking himalayani e spedizioni d’alta quota in Nepal, Patagonia, Africa e a Alaska. Dall’agosto 2012 la sede della Società ospita il Museo delle Guide del Cervino che l’11 luglio inaugura la mostra “Creste e pareti del Cervino. 150 anni di storia alpinistica”. Dal 2004 nel giardino esterno è invece visitabile la Capanna Luigi Amedeo di Savoia, costruita nel 1893 e portata a valle dopo che la frana dell’estate del 2003 (la stessa che causò la caduta del diedro Cheminée) aveva reso inagibile la struttura.


Roberta Gyppaz, Assessora agricoltura, ambiente e territorio comune di Torgnon

Valtournenche Jean Antoine Carrel, Jean Baptiste Bich, Jean Augustin Meynet e Amé Gorret, i primi quattro italiani a salire il Cervino erano tutti di Valtournenche. Basta questo a chiarire il rapporto della città con la Gran Becca. Vivono a Valtounenche, con precisione a Cretaz, anche i principali interlocutori che abbiamo avuto per questo catalogo Antonio Carrel, Flavio Bich, Yvonne Barmasse ed Enrica Pellissier. Portandoci a spasso tra antichi rascard, forni e mulini ad acqua ci hanno raccontato la storia del paese e le loro storie. Poi ci hanno aperto le porte delle loro case e sono seguiti altri racconti alcuni dei quali sono entrati nel progetto fotografico che apre questo catalogo.

Luisa Perotto, Referente Musée Petit Monde

Myriam Hérin, Bibliotecaria Valtournenche Yvonne Barmasse, Ex insegnante e esperta di patois e storia locale

Musée Petit Monde Frazione Triatel, Torgnon Costruiti tra il 1462 ed il 1700 in posizione fantastica sulla Créta de Triaté, un rascard a schiera, una grandze e un grenier, formano il complesso architettonico di grande valore storico che nel 2004 è diventato il Musée Petit Monde, il più completo ecosistema museale della Valle d’Aosta. Il rascard a schiera, costruito con tronchi di larice su pilotis, oggi ospita le sale espositive dedicate alle attività agricole e pastorali. Nella grange sono invece esposti gli oggetti utilizzati per la preparazione dei prodotti tipici della cultura contadina, gli attrezzi boscaiolo e del falegname. Mentre nel grenier è proposto l’interno di un’abitazione tipica del luogo.

Manuela Perrin, Ufficio turistico del comune di Torgnon



Dopo la scoperta

Le montagne sacre e proibite, la vita alpina nel Neolitico, i primi viaggiatori, gli imperatori alla guida di eserciti che attraversano le Alpi, le vette conquistate nel nome del Re e della Madonna, poi della scienza e della Patria e infine degli annali e delle foto sui giornali. Tra i tanti: Ötzi, Erodoto, Giulio Cesare, Annibale, Carlo Magno, Blaise Pascal, David Livingstone, Quintino Sella, Luigi Amedeo di Savoia, Lionel Terray, Walter Bonatti, Cesare Maestri, Reinhold Messner, Conrad Anker e Patrick Sweeney. Lo scorso anno il testo che occupava queste pagine era dedicato ai personaggi che possono definirsi, ciascuno per meriti (o demeriti) diversi, esploratori. Oggi ripartiamo da qui e aggiungiamo qualche passo. Dai conquistatori passiamo ai conquistati, non più le persone ma i luoghi. Un passaggio dovuto al fatto che a ogni conquista deve seguire un ritorno, perché le montagne bisogna salirle e anche scenderle 1, e una volta tornati quello che è rimasto alle spalle cambierà per sempre. Viene così da chiedersi come avvenga questo cambiamento e cosa cominci quando finisce il primato della natura. La risposta a questa domanda richiede circa sette minuti di lettura che, se volete, cominciano adesso con la presentazione di un caso specifico che, tra tre minuti e mezzo, porterà alla riflessione generale sul significato dei termini 1

Una regola non scritta dell’alpinismo non permette di convalidare una prima assoluta in caso di morte durante la discesa.


“montagna” e “alpino”. Il caso in questione è quello sulla nascita del mito del Cervino e di come Breuil sia diventata Cervinia. Le tappe di questo cambiamento sono, in estrema sintesi: scoperta, mitizzazione, conquista, emulazione, turismo, costruzione, multiproprietà, stile alpino. Ma andiamo con ordine. Per secoli Breuil è uno tsà, uno spazio comune fruibile come pascolo e conosciuto solamente con il toponimo che in patois indica un prato ricco di acqua. Agli alpeggi si sale a fine giugno e si scende a settembre, durante questi mesi uomini e animali vivono assieme negli chalet. Anche i primi turisti (anche se più che turisti sono scienziati o artisti) che a fine Settecento visitano questa conca si trovano a dormire sugli stessi pagliericci che ospitano gli arpiàn, il personale dell’alpeggio. Il primo straniero a passare da queste parti, per lo meno quello di cui si è conservata la memoria, è lo scienziato ginevrino HoraceBénédict de Saussure che tra il 1789 e il 1792 soggiorna più volte a Breuil “in una piccola e povera camera senza letto e senza finestra, di fianco a una cucina senza camino” 2. De Saussure, che si è anche fatto costruire al Colle del Teodulo una capanna da cui conduce i propri esperimenti, tra cui la prima misurazione trigonometrica del Cervino, ama questi luoghi e la sua presenza è così importante che, 70 anni dopo, le persone del luogo sono ancora così legate alla sua memoria da salvare dal “cadere sotto il martello di un moderno livellatore” 3 la casa di cui è stato ospite. Forse il motivo di tanta gratitudine è anche dovuto al fatto che nel 1796 de Saussure pubblica il quarto volume di Voyages dans les Alpes in cui rivela al mondo degli scienziati e dei viaggiatori 2

Guido Rey, Il Monte Cervino, Hoepli Editore, pag. 72

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Georges Carrel, Bollettino del Club Alpino Italiano, semestre 1868


le bellezze, allora semisconosciute, del Cervino e della Valtournenche. Vent’anni dopo la pubblicazione di Viaggio nelle Alpi la presenza straniera in valle è aumentata, ma l’accoglienza turistica non si è evoluta di pari passo. L’artista londinese William Brockedon trascorre a Breuil la notte tra il 19 e il 20 agosto 1825 e nel suo diario annota: “Gettarono una coperta sul fieno, una sistemazione che prometteva bene. Il luogo era estremamente sporco, ma la stanchezza non chiede giustificazione agli alloggi sudici, ed io, avvolto nel mio mantello, mi gettai sul letto. Immediatamente venni assalito da migliaia di pulci e dormire fu impossibile”. 4 Nonostante la pessima recensione, negli anni successivi il fascino del Cervino cresce fino a diventare mito. Nel 1841 James David Forbes, scienziato legato alla prima generazione di alpinisti inglesi, lo descrive come “unscaled and unscalable”. Nel 1849 l’artista e poeta John Ruskin lo fotografa per la prima volta da Zermatt e lo proclama “il più nobile scoglio d’Europa. Mentre nel 1861 John Ball, presidente del Club alpino inglese, annuncia che la piramide di roccia “avrebbe conservato il suo epiteto di inaccessibile ancora per molto”. Simile al canto delle sirene il mito dell’inaccessibili5 tà  del Cervino richiama sempre più avventurieri e fa sì che nascano le prime forme di accoglienza organizzata. Questi tentativi non sono però sono molto apprezzati e nel 1853 5

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Piero Malvezzi, Viaggiatori inglesi in Valle d’Aosta, Edizioni di Comunità, p. 85

Nel 1492 il re di Francia Carlo VIII, durante un giro tra i suoi possedimenti, scoprì che nel suo regno esisteva un Mont Inaccessible. Turbato dall’esistenza di un luogo inaccessibile sotto la sua corona, ne ordinò subito la scalata. Il ciambellano Antoine de Ville condusse l’impresa, una delle prime nella storia dell’alpinismo, e il monte venne ribattezzato Aguille. La scalata venne ripetuta per la seconda volta solo nel 1834.


la Guida Murray, la prima guida turistica a parlare della Valle d’Aosta, definisce le stanze di Valtournenche “esecrabili” mentre quelle di Breuil sono “migliori, per il semplice fatto che non possono essere peggiori”. Passano due soli anni e Samuel William King in The Italian Valleys of Pennine Alps, edito sempre da Murray, riporta che a Valtournenche si trova ormai un vero albergo, non più di una piccola casa, l’Hôtel du Mont Cervin gestito da Nicolas Pession. King lo definisce “homely but clean and cheap”, mentre a Breuil, alcuni chalet si sono dotati di stanze arredate con le comodità sufficienti a “quanto un alpinista possa desiderare”. Sempre qui, ma un po’ più in alto al Giomein, inizia nel 1855 la costruzione del primo albergo di Breuil. L’Auberge du Mont Jumont è inaugurato l’anno successivo e ribattezzato, due anni dopo, Hôtel du Mont Cervin. È da qui che, tra il 1861 e il 1864, Whymper e Tyndall partono per i loro primi assalti alla vetta e che nel luglio del 1865 si prepara la spedizione di Quintino Sella guidata da Jean Antoin Carrel. Dal 1865 al 1934 non succede poi molto a livello di sviluppo locale. Il Cervino è stato conquistato dalla Svizzera, la gloria ricade su Zermatt mentre il versante italiano rimane sostanzialmente immutato. Poi nell’ottobre del 1934 arriva a Breuil (che in epoca fascista è ribattezzata Cervinia) la prima macchina, nel ‘36 viene inaugurata la prima funivia che porta a Plan Maison e nel 1939 una seconda arriva a Plateau Rosa. Il grande cambiamento inizia allora e riprende di gran lena dopo la guerra. Oggi, nella sola Cervinia, ci sono 60 strutture alberghiere (alberghi, residence, pensioni, resort e affittacamere) con 3.683 posti letto totali che, nel corso del 2014, hanno ospitato 363.190 persone (+ 4,2 % rispetto al 2013). In poco più di 80 anni Breuil è passata da pascolo con una chiesa, due malghe e quattro case a essere, nei periodi di maggior afflusso


turistico, una città che può ospitare fino a 15 - 20mila persone al giorno. Sono cifre gigantesche se si pensa che la popolazione residente a Cervinia è di 804 persone e che oltre ai posti letto nelle strutture alberghiere sono da contare anche gli occupanti delle seconde case 6 e delle multiproprietà. Quello di multiproprietà è un concetto che, esteso in forma di metafora, può essere usato per affrontare l’idea contemporanea di una montagna in cui non sono solo gli alloggi a essere acquistati da più persone, ma è tutto il territorio alpino a essere lottizzato in proprietà multiple 7. La montagna è frazionata secondo scopi d’uso che hanno reso il suo terreno: edificabile, percorribile, tutelabile, disboscabile, sbarrabile, ingabbiabile, perforabile, scavalcabile, prosciugabile. Anche l’idea dell’ “andare in montagna” è ormai codificata da una serie di azioni ed espressioni comuni: fare vacanza, camminare, arrampicare, sciare, prendere il sole, respirare aria buona, riposarsi, osservare il paesaggio, staccare dalla città. L’utilizzo dell’ambiente alpino in funzione di qualcosa di diverso dal quotidiano avviene però senza un reale distacco dalla vita cittadina. Se su un qualsiasi sito di prenotazioni online si cerca un hotel in una qualsiasi località alpina, le parole chiave usate nelle descrizioni delle camere saranno sempre le stesse: comoda, equipaggiata, comfort, relax, parcheggio, Wi-Fi, panorama, divertimento, famiglia. Gli stessi termini che ciascuno di noi userebbe per definire 6

Nel comune di Valtournenche le seconde case sono oltre 5mila, mentre le abitazioni dei residenti poco meno di mille. Facendo due calcoli, solo il 16 % del totale della abitazioni appartiene a chi a Valtournenche vive tutto l’anno. In altre località come Sestriere, Limone Piemonte, Sauze d’Oulx, Pragelato e Cesana la percentuale è ancora minore e scende sotto il 10 %.

7

Anche il Cervino è una multiproprietà. Da molti secoli la famiglia Maquignaz ne possiede la cima e il lato sud-ovest, mentre alla fine dell’Ottocento i Frassy acquisirono il diritto sulla parte restante della montagna. Questa divisione è segnata sulle piante catastali e le due famiglie pagano regolarmente i contributi per la singolare proprietà.


la propria abitazione. Le stanze 8 che ci hanno ospitato a Cervinia, ad esempio, erano proposte così: “Coperte dalla connessione Wi-Fi gratuita e provviste dell’accesso diretto alle piste sciistiche, le stanze sono caratterizzate da uno stile alpino con arredi e pavimenti in legno. Le sistemazioni presentano una TV a schermo piatto, un angolo cottura completamente attrezzato con anche la lavastoviglie, un bagno privato con asciugacapelli e un balcone con ampia vista”. Eccoci arrivati allo “stile alpino”, un ideale di gusto creato per coinvolgere ogni settore (architettura 9, design, artigianato, grafica, cucina, abbigliamento) e soddisfare (come la multiproprietà) ogni tipo di esigenza senza necessariamente legarsi al rispetto dei vincoli della storia e delle tradizioni locali 10. Uno stile dove l’importante non è l’autenticità, ma il rispetto di un modello universalmente riconosciuto che fa sì che tutte le località turistiche si somiglino rifacendosi al all’idea comune di “stile alpino”. In fondo però questa è una storia che va avanti dalla notte dei tempi. La montagna, che sia quella da temere e venerare o quella da conquistare e costruire, ha sempre seguito gli ideali che l’uomo ha imposto agli ambienti in cui è arrivato. Anche il turismo non è una scoperta recente e nemmeno le seconde case che già esistevano ai tempi dei patrizi

10

8 – 9

Vedi sezione “Luoghi e persone della Valtournenche”

“Volere un’architettura folkloristica vuole dire ripetere un modo che gli stessi costruttori di baite, gli stessi artigiani che con il legno e la pietra costruirono queste antiche architetture, oggi non vorrebbero più accettare”. Questo scrive nel 1954 Carlo Mollino riguardo il progetto della Casa del Sole che fu tra i primi condomini a essere realizzati in una Cervinia ancora senza un piano regolatore (e lo resterà fino al 1985). La tesi di Mollino genera scandalo e ancora una volta il mondo della montagna si divide fra “tradizionalisti” e “modernisti”.


romani che duemila anni fa si facevano costruire le ville per le vacanze al mare, in campagna o nei pressi delle terme. Il problema non è quindi il modello turistico, ma la scala che ha raggiunto senza quasi conoscere sosta 11. “Oggi molti dei nostri comuni turistici non vivono più di turismo, ma di edilizia”, è il sindaco di un comune francese ad aver colto l’essenza della questione. È la montagna che diventa città il problema. Ma non tutto è perduto perché per scoprire luoghi e persone fantastiche non è necessario isolarsi nella natura. Lo scorso anno, durante il trekking attorno al Monviso, è stato fin troppo facile riconoscere la bellezza che ci stava attorno. Lo scenario dell’ideale romantico quest’anno è stato sostituito dal panorama antropomorfizzato, ma abbiamo scoperto che anche partendo dai comodi letti delle camere con la connessione Wi-Fi, lo stile alpino e la lavastoviglie in cucina di Cielo Alto si può arrivare a scoprire la vera essenza della montagna. Basta osservare tutto con curiosità e sensibilità e sentire la sveglia la mattina. È questo lo spirito che ha guidato Passi Erratici 2015 e spero lo ritroverete nelle opere degli artisti di cui leggerete nelle pagine successive e di cui vedrete il lavoro al Museo Nazionale della Montagna di Torino.

11

L’acquisto di seconde case in quasi tutte le località di alta montagna continua a crescere: + 2,9 % a Cervinia, + 5,5 a La Thuile e Gressoney, + 13,5 a Macugnaga. Così come le presenze turistiche, il febbraio di quest’anno per la Val d’Aosta è stato il migliore degli ultimi sette anni.



Giuseppe Abate pag. 58

Il nuovo, incredibile e avventuroso, non privo di colpi di scena, Giuoco del Monte Cervino (completo di tavolo e sgabelli, su consiglio di Alessandra Messali)

Paola Angelini pag. 62

A guardare il cielo si diventa cielo, resoconto di una salita mai discesa

Vittorio Mortarotti pag. 2

Le centre du monde

Fabrizio Perghem pag. 68

Le cose da lontano appaiono migliori, l’invenzione della montagna

Fabrizio Prevedello pag. 72

Primo, quinto e sesto innesto in cava Accumulazione per scomparsa (124)

Namsal Siedlecki pag. 78

Ø

Mario Tomé pag. 82

Anarchy in the mountain with my orange bivouac tent


Il nuovo, incredibile e avventuroso, non privo di colpi di scena, Giuoco del Monte Cervino (completo di tavolo e sgabelli, su consiglio di Alessandra Messali) Giuseppe Abate

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Negli archivi del Centro Documentazione del Museo Nazionale della Montagna la sezione dedicata ai giochi sull’alpinismo, lo sci, le esplorazioni e le spedizioni polari costituisce una collezione unica per la consistenza e la rarità dei pezzi conservati. Questi giochi sono testimonianze che, attraverso il divertimento, hanno permesso a generazioni di conoscere, o scoprire, la geografia delle vette del mondo, le grandi avventure, la fauna e la flora alpina, i rischi e le trappole della montagna e i nomi di chi le ha sfidate. Il lavoro di Giuseppe parte da questa antica tradizione ludica per creare un nuovo gioco da tavola legato alla conquista del Cervino, in cui quattro giocatori hanno la possibilità di sfidarsi a chi raggiunge per primo la vetta. Oltre alla sorte determinata dal tiro dei dadi, saranno i personaggi del folklore valdostano, gli agenti atmosferici e gli alpinisti diventati leggenda ad aiutare od ostacolare la scalata a una tra le più celebri montagne del mondo.

Posizione: piano terra, area 2 “Comunicazione”

Un ringraziamento speciale alla famiglia Giacomini, in particolare modo a Scardi.


59

1

1

Disegno dell’autore


2

Giuseppe Abate Il nuovo, incredibile e avventuroso, non privo di colpi di scena, Giuoco del Monte Cervino (completo di tavolo e sgabelli, su consiglio di Alessandra Messali) Tecnica mista 85 x 76 x 76 cm 2015

60

2 Matterhorn-spiel, Editions Spes (Säuberlin & Pfeiffer S. A. Vevey), Losanna, CH, 1925 ca. Gioco di percorso Tavola: cm 47,5 x 37 Courtesy: Centro Documentazione del Museo Nazionale della Montagna – CAI Torino

3

3

Jeu du Cervin, Edition Spes (Säuberlin et Pfeiffer S. A. Vevey), Losanna, CH, 1925 ca. Gioco di percorso Tavola: cm 47,5 x 37,5. Courtesy: Centro Documentazione del Museo Nazionale della Montagna – CAI Torino


61

4

4

Disegno dell’autore


A guardare il cielo si diventa cielo, resoconto di una salita mai discesa Paola Angelini

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Paola è cresciuta in una città sulla costa adriatica e ha quasi sempre vissuto in città di mare. Questo lavoro nasce dal suo primo vero contatto con la montagna, un’esperienza che l’ha portata a scoprire l’ancestrale paura dell’inesplorato e di ciò che viene dopo la salita.

Resoconto di una salita mai discesa, il sottotitolo del suo lavoro, non vuole indicare un fallimento, ma la volontà di nascondere cosa si è visto o capito in vetta. Mentre il titolo principale, A guardare il cielo si diventa cielo, pone l’attenzione sull’atto precedente all’arrivo in cima: l’ascesa. Un momento segnato dalla volontà di annullare la propria identità e andare oltre i propri confini fisici per appropriarsi di qualcos’altro. Paola finge allora di calarsi nei panni dello scalatore. Lo fa attraverso la realizzazione di un falso storico. Dipinge il suo autoritratto nelle vesti di alpinista come se ad averlo eseguito fosse stato il bisnonno di Antonio, Victor Carrel, un artista nato in una famiglia di conquistatori di vette, le cui commissioni principali erano i ritratti di quegli alpinisti e guide alpine alla cui categoria aveva scelto di non appartenere. In maniera del tutto simile a Victor, che aveva trovato il suo modo di avvicinarsi alle vette non scalandole ma dipingendo scalatori e guide del luogo, anche Paola si appropria di un’identità non sua attraverso una serie di lavori a olio e di oggetti legati all’attività alpinistica realizzati in plastilina, un materiale inusuale per la scultura che non ferma l’oggetto nel tempo rimanendo sempre in uno stato di possibile cambiamento. A ristabilire un legame con la realtà è esposto l’autoritratto originale di Victor Carrel per il cui gentile prestito ringraziamo Antonio.

Posizione: piano terra, area 1 “Dal mistero alla civiltà”


63

1


Paola Angelini A guardare il cielo si diventa cielo, resoconto di una salita mai discesa Materiali vari, dimensioni variabili Veduta dell’installazione nello studio dell’artista 2015

64 2

3

4

4

Victor Carrel, (1835 - 1915) Autoritratto Olio su tavola 56 x 65 cm


65

5

1 - 3, 5 - 8

Fasi di preparazione dell’opera

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6


66

8


67


Le cose da lontano appaiono migliori, l’invenzione della montagna Fabrizio Perghem

68

Il lavoro di Fabrizio è una ricerca su come l’artigianato ligneo sia diventato uno degli strumenti dell’attuale rappresentazione della montagna. Da sempre legato alla creazione di oggetti utili alla vita agro-pastorale, in età moderna il legno è stato il materiale più usato, assieme ai prodotti culinari e tessili, nel diffondere l’ideale di montagna. Tanto nell’architettura, quanto nell’arredamento e nell’industria dei souvenir si sono sviluppati dei veri e propri pattern riproducibili all’infinito che condensano la complessità della montagna in una semplificazione grafica e concettuale applicabile in ogni campo. Una seconda ricerca presente nel lavoro esposto affronta proprio il tema della rappresentazione grafica della montagne. Una rappresentazione che nasce con la trigonometria, lo strumento fondamentale della topografia. E furono proprio i topografi, mossi dall’ambizione di misurare le vette, a inventare l’alpinismo. A questa categoria apparteneva Horace-Bénédict de Saussure, lo scienziato ginevrino che, dopo aver nel 1786 dato il via alla conquista del Monte Bianco, tre anni dopo diventò una celebrità anche a Breuil dove comparve scendendo dal colle del Teodulo da cui aveva per la prima volta stabilito l’altitudine del Cervino. Ed è sempre grazie a lui, e al quarto volume del suo Voyages dans les Alpes pubblicato nel 1796, che la Gran Becca divenne celebre e iniziò ad attirare i primi stranieri. Azzardando una conclusione possiamo dire che la moderna Cervinia nasce grazie a de Saussure. È invece senza pericolo che possiamo affermare che la rappresentazione grafica della montagna è oggi passata dal campo della topografia a quello della pubblicità e che, per la sua semplicità geometrica, il Cervino è diventato il logo di sé stesso. Il lavoro di Fabrizio fonde questi due aspetti e lega la tipicità dell’incisione lignea alla rappresentazione e ricostruzione geometrica del territorio alpino. In un tronco di legno è stata scolpita in negativo la rappresentazione grafica della montagna. A ulteriore negazione di ogni manualità anche la figura dell’artigiano scompare, sostituita dal lavoro di una macchina a controllo numerico che segue gli input dati da un disegno fatto al computer.

Posizione: primo piano, area 5 “Alpinismo invernale”


1

Mappa mentale del panorama dal colle di Fontanafredda, 29 aprile


Fabrizio Perghem Le cose da lontano appaiono migliori, l’invenzione della montagna Legno e incisione a controllo numerico 60 x 40 x 30 cm ciascuno 2015

70

2


71

2

Studio della forma, astrazione grafica ispirata alla rete geodetica italiana


Primo, quinto e sesto innesto in cava Accumulazione per scomparsa (124) Fabrizio Prevedello

72

Fabrizio è uno scultore. Vive ai piedi delle Alpi Apuane, una zona famosa per l’estrazione del marmo, ed è proprio la vicinanza alle origini della materia che lavora ad averlo reso familiare all’idea e all’immagine del sottrarre alla natura. Nel rapporto quasi sempre unilaterale tra uomo e ambiente, Fabrizio ha scelto di agire secondo una forma di restituzione, che ha chiamato “innesti”, iniziata nel 2010 quando trova un pezzo di Nero del Belgio tra gli scarti di una segheria. L’artista prende questo marmo quasi estinto, lo porta in studio e lo lavora, poi sale in montagna dove lo restituisce inserendolo in un incavo scolpito in una cava abbandonata sul Monte Corchia. Il piccolo intarsio dialoga con le dimensioni smisurate della montagna che per la prima volta, dopo aver per secoli offerto il marmo che conservava, riceve un dono. Nei mesi e anni successivi seguono altri innesti collegati tra loro. Un pezzo di Fior di Pesco del Monte Corchia è lavorato e inserito in una cava di Bardiglio alle Marmitte dei Giganti, il Bardiglio si fonde in una parete di Arabescato. Nella quinta e sesta azione (i cui video sono presenti in mostra assieme al primo della serie) gli innesti tornano a essere creati partendo da frammenti di risulta. Fabrizio trova le lastre abbandonate di marmo Cipollino e Portoro che hanno subito un doppio distacco, quello dal loro ambiente naturale e da ogni funzionalità, e le riconduce nuovamente alla montagna, in una cava sul Monte Sella e in una sul Monte Sagro. Fabrizio è uno scultore e da millenni gli scultori usano la materia estratta dalle montagne. Da un semplice sillogismo ne deriva che gli scultori scolpiscono le montagne. Come vedete nell’opera che sta all’esterno del museo, è una deduzione che funziona. Però la montagna di Fabrizio sembra reale, non ha la freddezza del plastico o della riproduzione in scala, non è imitazione di qualcosa che esiste, è creazione, è la scomparsa di un’ideale e la nascita di un’idea.

Posizione: – Primo piano, area 8 “Sviluppo sostenibile” – Cortile esterno al museo


73

1

1–4

L’artista recupera un pezzo di marmo tra gli scarti di una segheria e dopo averlo lavorato in studio, lo inserisce in un incavo scolpito in una cava abbandonata raggiunta dopo una camminata solitaria. Il piccolo intarsio rimane a testimonianza di un’azione che si è svolta in assenza di pubblico.


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4

3


75

1

1–2

Bozzetti preliminari

2


Fabrizio Prevedello Primo, quinto e sesto innesto in cavamarmo Nero del Belgio, Cipollino, Portoro Video 6’31”, 3’55’’, 4’33” 2010 - 2013

Fabrizio Prevedello Accumulazione per scomparsa (124) Cemento armato, marmo, fossile di mollusco, ferro, corda, legno, gesso 205 x 170 x 120 cm Traccia in gesso di dimensioni variabili 2015

76 3

3–5

Alcuni elementi in cemento armato e marmo sovrapposti uno sull’altro si elevano verticalmente. Sono legati tra loro da una corda e poggiano su due travi di legno. L’intera composizione è delimitata da due tracce di gesso dipinte sul pavimento.

4


77

5


Ø Namsal Siedlecki

78

L’antico cappello da caccia della Transilvania, il boomerang, un meteorite, un’ascia, un elmo, l’argilla, gli sci. Il lavoro di Namsal parte da oggetti e materiali che appartengono alla storia minerale e cosmica (i meteoriti, l’argilla, il rame) o, più limitatamente, a quella umana (il boomerang, l’ascia, gli sci) e approfondisce il tema della ricerca della forma legata alla funzionalità. Una sintesi che può arrivare alla perfezione in fretta, come nel caso del boomerang rimasto identico per 30mila anni e diffusosi da allora in tutto il mondo, o che può impiegare secoli e millenni a trovare una stabilità che segue le evoluzioni delle leggi dell’ergonomia, dell’aerodinamica o più semplicemente dei ritrovati delle nuove tecnologie. È il caso degli sci che sono considerati il piú antico mezzo di trasporto umano (l’incisione rupestre ritrovata in una grotta sull’isola norvegese di Rødøy li renderebbe antecedenti alla ruota) ma che dalla loro invenzione sono cambiati, e continuano a cambiare, tanto nei materiali quanto nell’aspetto. L’opera esposta unisce elementi esistenti nel primo “prototipo” assieme alle caratteristiche presenti negli ultimi modelli per creare un oggetto che in sé racchiude la storia di questa invenzione. La nascita dello sci è rappresentata dal legno, con il quale sono stati realizzati i primi modelli, sulla cui superficie è sciolto uno strato di sciolina, odierna miscela sintetica usata per migliorarne la scorrevolezza. Le due sostanze si fondono, il legno assorbe la sciolina diventando un’unica entità che ingloba due epoche lontane tra loro.

Posizione: primo piano, area 6 “Sci e sport invernali”


79 1

1–3

Fasi di preparazione dell’opera


80

4

Namsal Siedlecki Ø Sciolina su legno 120 x 80 cm 2015

4

2 3

Incisione rupestre, isola di Rødøy, Norvegia Ca. 4.000 a.C


81 5

5

Sci scandinavi tradizionali di tipo Finmark, 1860 - 1870 e sci di tipo norvegese con bastoncino in bambù, 1880 -  1890. Courtesy: Centro Documentazione del Museo Nazionale della Montagna – CAI Torino


Anarchy in the mountain with my orange bivouac tent Mario Tomé

82

Il trofeo Mezzalama è una maratona scialpinistica. Quest’anno è partito all’alba del 2 maggio da Gressoney ed è arrivato ai piedi del Cervino tra le 5 ore e le 12 ore dopo (5 ore e 10 il tempo dei vincitori, 11 e 50 quello degli ultimi arrivati). I giorni che abbiamo trascorso a Cervinia hanno preceduto di 48 ore l’evento e in città si potevano trovare ovunque i poster e le brochure del Mezzalama. In uno di questi dépliant era rappresentato il percorso che avrebbero affrontato gli atleti: Gressoney (1.637 m), rifugio città di Mantova (3.498 m), Passo del Naso del Lyskamm (4.150 m), Ghiacciaio del Felik (3.719 m), Castore (4.226 m), Passo di Verra (3.848 m), Colle del Breithorn (3.826 m), Breuil Cervinia (2.050 m). Quarantacinque chilometri di percorrenza e a un dislivello di 2.862 metri in salita e di 3.145 metri. Mario sì è portato a casa un po’ del materiale informativo sul trofeo e, come vedrete nella pagina successiva, ha ridisegnato la grafica del percorso. A dire il vero non ha reinterpretato solo il disegno, ma anche il percorso che però è partito da più lontano per concludersi prima. Ha avuto inizio nel punto in cui Mario nel 2012 ha per la prima volta visto il Cervino, dalla Capanna Margherita sul Monte Rosa (che ha raggiunto da Alagna Valsesia). Da qui, passando per il Naso del Lyskam, il ghiacciaio del Lys e il ghiacciaio Felik ha raggiunto il rifugio Quintino Sella per poi scendere a Gressoney. Un percorso durante il quale il Cervino non era la Montagna ma era una montagna tra tante, un anello nella grande catena delle Alpi. L’idea iniziale di ripercorrere un cammino già fissato è stata messa da parte per seguire la volontà di muoversi tra il ghiaccio, le cime e il cielo con l’anarchia di cui parla il titolo del suo lavoro. La serie di diapositive che vedete in anteprima al Museo Nazionale della Montagna è stata scattata durante il trekking e non è inclusa nel catalogo perché il ritorno di Mario è stato successivo alla stampa di queste pagine. Un secondo motivo è che la regola fondamentale di ogni anteprima è che le immagini esposte non siano mai state pubblicate altrove, nemmeno qui.

Posizione: piano terra, area 3 “Il turismo e l’alpinismo”


1

1

83

Gianluigi (?) Colonnetti, Trofeo Mezzalama: alpinisti in vetta al Castore, [I edizione], 28 maggio 1933. Courtesy: Centro Documentazione del Museo Nazionale della Montagna – CAI Torino


Mario Tomè Anarchy in the mountain with my orange bivouac tent Diapositive, proiettore Dimensione ambiente 2015

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2


85

2

Anarchy in the mountain with my orange bivouac tent, rielaborazione grafica del percorso del trofeo Mezzalama, tecnica mista su carta 30 x 150 cm, 2015


Biografie di artisti e autori Giuseppe Abate nasce a Bari nel 1987. Nel 2012 ha conseguito il Diploma di Laurea presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia nel 2012. Tra il 2014 e il 2015 è stato selezionato tra gli artisti che hanno partecipato alla residenza presso la Fondazione Bevilacqua la Masa sempre a Venezia. Nel biennio precedente ha lavorato a Milano presso lo Studio d’Arte Cannaviello. Tra le sue mostre

Paola Angelini nasce a San Benedetto Del Tronto nel 1983. Nel 2008 si diploma in Pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze. Nel 2011 frequenta il laboratorio di Arti Visive presso l’università IUAV di Venezia sotto la guida dell’artista norvegese Bjarne Melgaard, lo stesso anno espone all’interno del padiglione Norvegese alla 54° Biennale di Venezia, nella mostra dal titolo

Giuseppe Abate

Paola Angelini

personali ricordiamo la serie di personali curate da Enzo Canaviello allo Spazio A quadro di Roma, la galleria Interno 18 di Cremona e lo Studio d’Arte Canaviello di Milano e Il giudizio universale delle scimmiette tenutasi alla galleria Le Muse Factory di Adelfia (BA). Tre le collettive a cui ha partecipato nel 2015: Rob Pruitt Flea Market presso la A+A gallery di Venezia, Fluxbooks presso Palazzetto Tito, Fondazione Bevilacqua la Masa, Venezia, Mostra di fine residenza Bevilacqua la Masa presso la Galleria di San Marco, Venezia. Nel 2014: New Italian Painting, galleria Michael Shultz, Berlino; The inner outside (bivouacs), Dolomiti Contemporanee, Casso (PN); Piccolo Mondo Antico, Vivai Capitanio, Monopoli (Bari); Residenza#6 Lago del Duro, Serra dei Giardini, Venezia. •  giuseppeabate.tumblr.com

Baton Sinister curata dallo stesso Melgaard. Nel 2012 inaugura la sua prima mostra personale ad Oslo nella Galleria Rod Bianco. Ha ricevuto diversi riconoscimenti tra cui il Premio Level 0 – ArtVerona 2014, selezionata da Cristiana Collu per una personale al MART di Rovereto (TN) che si terrà nell’autunno 2015. Nel 2014 è stata in residenza per tre mesi presso Nordic Artists Centre Dale (NKD, Norvegia), da cui è nata la sua ultima mostra personale dal titolo Regio alla Galleria Massimodeluca di Mestre. Da Febbraio 2014 per un anno è stata in residenza presso La Fondazione Bevilacqua la Masa di Venezia. Vive e lavora a Venezia. •  www.paolaangelini.com

Vittorio Mortarotti nasce a Savigliano (CN) nel 1982. Nel 2005 si trasferisce a Parigi per studiare fotografia e frequenta il Centro Iris. Nel 2008 tiene la sua prima mostra personale al festival Photomonth di Cracovia in cui espone la serie Focus Nord Kapp. Lo stesso anno espone al Fries Museum di Leeuwarden (Olanda) nella mostra collettiva Behind Walls. Nel 2010 Laura Serani lo inserisce tra i 13

Fabrizio Prevedello nasce a Padova nel 1972. Si diploma in Scultura all’Accademia di Carrara (MC). Dal 1995 al 2002 vive e lavora a Berlino, dal ritorno in Italia a oggi vive e lavora in Versilia (LU). Ha da poco tenuto la sua personale Erste Episode: Dachboden Scheidswaldstrasse 5 al Mobiles Zentrum für ästhetische Avantgarde di Francoforte, mentre tra 2014 e 2015 la CAMeC, Centro Arte

Vittorio Mortarotti

Fabrizio Prevedello

fotografi segnalati in Italian Emerging Photography, il progetto e il relativo catalogo vengono presentati al Mois de la Photo di Parigi. Nel 2012 espone il progetto These Are the Days nell’ambito della nona edizione di Manifesta a Genk (Belgio). Nel 2015 tiene la sua personale Disparition(s) al Museo Arsenal di Metz (Francia), vince il Leica Prize al festival di arti visive Images di Vevey (CH) e viene selezionato tra i 10 finalisti del First Book Award di Londra. Nel 2014 esce il documentario Aprés di Anush Hamzehian dedicato al suo progetto fotografico The First Day of Good Weather, il film è presentato a Le Cube e al MEP di Parigi e successivamente a Metz, Torino, Padova e Vicenza. Lo stesso anno vince il premio Photodays di Rovigno (Croazia) e partecipa al SiFest Savignano Immagini con una sua mostra personale. •  www.vittoriomortarotti.com

Moderna e Contemporanea di La Spezia, gli ha dedicato la grande monografica Luce. Nel 2014 espone e realizza interventi site specific nella collettiva I baffi del bambino a Milano, BG3 – Biennale Giovani all’Accademia di Belle Arti di Bologna e in seguito al Museo della Città di Rimini, Blueshift presso Localedue di Bologna e Il collasso dell’entropia, installazione permanente realizzata negli spazi del Museo d’Arte Contemporanea di Lissone (MB). Negli anni precedenti partecipa, tra le tante, alla collettiva Apologia, Museo Civico del Marmo di Carrara (MS); al 13° Premio Cairo al Museo della Permanente di Milano e tiene Verde, la sua seconda personale alla galleria Cardelli e Fontana di Sarzana (SP) con cui collabora dal 2010. •  www.fabrizioprevedello.com


Biografie di artisti e autori Fabrizio Perghem nasce nel 1981 a Rovereto (TN) dove si diploma presso l’Istituto d’Arte Fortunato Depero. Nel 2008 si laurea all’Accademia di Belle Arti di Bologna in Pittura con una tesi in antropologia culturale curata da Roberto Daolio. Nel 2014/2015 è stato selezionato tra gli artisti che hanno partecipato alla residenza presso la Fondazione Bevilacqua la Masa di Venezia durante la quale ha

Namsal Siedlecki nasce nel 1986 negli Stati Uniti ma si trasferisce presto in Italia. Si diploma in scultura all’Accademia di Carrara (MC) dove nel 2008 fonda, assieme a Helena Hladilova, l’artist run space Gum Studio, la cui sede nel 2012 si sposta a Torino dove rimane fino al 2013 quando l’artista si trasferisce a Seggiano (GR). Tra settembre 2015 e l’agosto 2016 sarà a Roma dove lavorerà con il

Fabrizio Perghem

Namsal Siedlecki

partecipato a Fluxbooks presso il Palazzetto Tito, al Premio Stonefly e alla mostra di fine residenza entrambe tenutesi nella Galleria di Piazza San Marco. Durante l’anno corrente ha esposto i suoi lavoro in Jenga presso la galleria Localedue di Bologna, mentre a Milano ha partecipato a Quanto mi dai se mi sparo? presso Workbench e in Mal di montagna presso lo spazio Mars. Nel 2014 ha esposto nella collettiva Afterimage presso il MART-Galleria Civica di Trento e in Errare humanum est alla Galleria Civica Segantini di Arco (TN). Negli anni precedenti ha esposto in Die Lightung presso la Kunsthalle Hotel Eurocenter di Lana (BZ); Hic et Nunc project alla Fiera d’Arte Contemporanea di San Paolo (Brasile) e Amarelarte al Porto di Bari, progetto successivamente ospitato ad Artissima Lido a Torino. •  www.fabrizioperghem.com

sostegno dell’Italian fellowships presso l’Accademia Americana. Durante l’ultimo anno ha esposto in StillLive Remix all’Antinori Art Project di Bargino (FI), è stato tra i vincitori del Premio Moroso la cui mostra si è tenuta a Villa Manin a Udine, ha partecipato alle collettive Time dreaming itself e Club of matinée idolz, entrambe a Torino, la prima allo Spazio Barriera di Torino, la seconda alla galleria CO2. Nel 2014 ha partecipato a: Keep It Real, Ventura XV, Milano; Così Accade, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino; The Remains of the day, Casa Masaccio, San Giovanni Valdarno (AR) e ha tenuto la personale Group show al Museo Apparente di Napoli. •  namsalsiedlecki.blogspot.it

Mario Tomé nasce ad Agordo (BL) nel 1980. Laureato in pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia dove nel 2007 è stato tra i borsisti presso gli atelier alla Fondazione Bevilacqua la Masa. Nel corso degli ultimi anni ha preso parte con installazioni e performance a molti degli appuntamenti curati da Dolomiti Contemporanee presso il Cubo di Palazzo Crepadona a Belluno, il Nuovo Spa-

Stefano Riba nasce nel 1981 a Verzuolo. Si fa 10 anni di gavetta (Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Fondazione Merz, Museum Ludwig, galleria Giorgio Persano e collaborazioni con Flash Art, Il Manifesto e Artribune) prima di iniziare la propria attività indipen-

Mario Tomé zio di Casso a Casso (PN), il Villaggio ENI a Borca di Cadore (BL), il museo GAL dell’Alto Bellunese, la Città di Glorenza (BZ), la Comunità Montana della Carnia, il Museo Etnografico Al Pojat di Zoppè di Cadore (BL), il padiglione Sass de Mura presso l’ex cartiera di Vas (BL). Vive e lavora a Agordo (BL).

Stefano Riba dente. Nel 2012 apre lo spazio espositivo Van Der. Nel frattempo collabora con il progetto editoriale PrintAboutMe, crea (assieme a Pepe fotografia) la serie di incontri sulla fotografia secondo e dal 2014 cura la mostra Passi Erratici. •  www.vandergallery.com

Claudia Polizzi nasce nel 1986 a Napoli ed è grafica e illustratrice. Studia all’Isia di Urbino e allo Iuave e si laurea nel 2013 in Design e comunicazione per l’editoria. Nel 2012 il progetto Panorama 4, Arte Nuova in Alto Adige sviluppato con Nike Auer, vince il primo premio Aiap Woman in Design Award

Claudia Polizzi ed è esposto all’International Festival of Poster di Turun in Polonia e alla Turkish Graphic Designers Association di Istanbul. Nel 2014 il libro Cinderella, (ed. Milimbo) illustrato con Michele Galluzzo, è selezionato a Ilustrarte 14 – Biennale internazionale di illustrazione per l’infanzia. Vive e lavora a Bolzano.


Cervino Passi Erratici 2015

A cura di Stefano Riba

Mille grazie a Francesca Gambetta, Sara Leporati, Aldo Audisio, Marco Ribetti, Gérard Ottavio, Adriana Pession, Flavio Bich, Antonio Carrel, Luca Bich, Yvonne Barmasse, Enrica Pellissier, Rosanna Berthod, Myriam Hérin, Manuela Perrin, Claudia Polizzi, Roberta Gyppaz, Luisa Perotto, Maurizio Dematteis, Dario Rabbia, tutti gli artisti e, per i preziosi dati, un ringraziamento agli uffici del Turismo di Breuil - Cervinia e Valtournenche, all’Ufficio Tecnico e all’Anagrafe del Comune di Valtournenche.

Testi Stefano Riba

Artisti Giuseppe Abate, Paola Angelini, Vittorio Mortarotti, Fabrizio Perghem, Fabrizio Prevedello, Namsal Siedlecki, Mario Tomé

Fotografie Vittorio Mortarotti Illustrazioni Giuseppe Abate Progetto grafico Claudia Polizzi Stampa Lanarepro – Lana (BZ) Carta GardaMatt Art, 115 gr Fedrigoni Freelife Vellum, 100 gr Fedrigoni Ispira, 250 gr Font Marr Sans, Commercial type Calibre, Klim Type Foundry Finito di stampare Luglio 2014 Tiratura: 1.850

Mostra e catalogo realizzati con il sostegno della Compagnia di San Paolo nell’ambito del Programma Torino e le Alpi. Responsabile del programma Torino e le Alpi: Sara Leporati Responsabile del Festival Torino e le Alpi: Francesca Gambetta Segreteria organizzativa: Daria Rabbia


2015

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Vittorio Mortarotti Paola Angelini Mario Tomè Namsal Siedlecki Fabrizio Perghem Giuseppe Abate Fabrizio Prevedello

Mostra e catalogo realizzati con il sostegno della Compagnia di San Paolo nell’ambito del Programma Torino e le Alpi.


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