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UnitĂ pastorale di Curtatone Parrocchie di Buscoldo, Levata, Montanara, San Silvestro! !

Numero 1 Quaresima 2012!

DA CERCATORI A RICERCATI

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DA CERCATORI A RICERCATI

mercoledi’ delle ceneri

“Cercate tra voi fratelli”: la comunità è chiamata a servire A partire da questa esortazione, la nostra Chiesa mantovana ha celebrato anche quest’anno nel mese di settembre 2011 la sua “Settimana pastorale”. La Chiesa dunque è “serva”. Nelle nostre comunità sono diversi i servizi che si stanno esprimendo, ma molte sono ancora le potenzialità da far emergere, le forze da scoprire e promuovere, per far fronte ai vecchi e ai nuovi bisogni delle singole comunità parrocchiali e dell’Unità pastorale. “Cercate tra voi fratelli”: la ricerca come viene vissuta? Come ci si sente coinvolti? Come ci si sta interrogando per mettersi a disposizione? Ci sono tanti talenti e carismi inespressi nelle nostre comunità! Per riconoscere i doni di molti bisogna conoscersi, frequentarsi, cercando di rompere dinamiche assodate e rinunciare a pre-comprensioni e pregiudizi. Tutti, nelle nostre comunità, sono incaricati di “cercare tra i fratelli” coloro che possono essere chiamati a coordinare la vita liturgica, l’animazione della preghiera comunitaria, la testimonianza della carità, il servizio di collegamento con la diocesi e le sue iniziative, la vita dell’oratorio, la catechesi dell’iniziazione cristiana, l’animazione della pastorale giovanile e familiare, la catechesi degli adulti, il ministero straordinario della Comunione, il servizio alla persona, l’animazione del canto, la cura degli ambienti, l’amministrazione parrocchiale ... Pur proseguendo nella ricerca di fratelli e sorelle che, animati dall’amore per il Signore e dalla gratuità del servizio, esprimano la propria ministerialità per il bene e la crescita della comunità, il tempo di Quaresima che stiamo per iniziare ci viene a ricordare la necessità di cercare il Signore e, prima ancora, di lasciarci cercare da Lui: “Cercate il Signore, mentre si fa trovare; invocatelo mentre è vicino”. C’è una volontà di Dio che si rivela di una bellezza immensa, che dona speranza, che precede la nostra volontà e la anima, ed è il desiderio di cercarci perché riconoscendolo come il Signore della nostra vita accettiamo di camminare con Lui e, passo dopo passo, di unirci a Lui.

In questa Quaresima, lasciamoci trovare da Lui, non fuggiamo. Lasciamoci raggiungere per lasciarci amare da Lui. Un invito che sembra impossibile all’uomo, talmente è attraente e bello. Questo cammino, che combacia con la nostra vita, si rivela essere un cammino di amore. Quell’amore che si riconosce e prende senso solo in Dio, che ne è la Fonte. Un amore che non chiede per sé, ma vuole donarsi; lo comprenderemo bene e lo celebreremo nella Settimana Santa. Eppure quanto fatichiamo a credere che tutto questo sia possibile. Il nostro modo di vedere, di pensare, è limitato. Paragonato a quello di Dio è infinitamente limitato. Ma è così perché è limitata la nostra capacità di amare. Noi vediamo in ogni cosa ciò che non va: il Signore vede ciò che è buono e bello. Noi vediamo ciò che è da criticare: il Signore ciò che è da promuovere per il nostro bene. Noi vediamo i limiti degli altri: ilSignore vede il grande dono che ciascuno è per l’altro. Noi a volte entriamo nello sconforto e vediamo ombre e buio: il Signore vede con speranza e porta speranza, perché è la Luce. Noi vediamo la debolezza nella malattia: il Signore vede la forza e la grazia di chi si affida a Lui nella malattia. Noi vediamo il tempo che non si potrà più passare assieme a chi si vuole bene: il Signore vede la bellezza, la benedizione e la preziosità del tempo vissuto insieme. Noi vediamo una lontananza e una distanza: il Signore vede la possibilità in Lui di un’unione ancor più grande di una semplice vicinanza. Il problema non è la mancanza del Signore nella nostra vita, ma la nostra cecità che non ci fa riconoscere la Sua presenza costante vicino a noi. Ma il Signore apre gli occhi del nostro cuore giorno dopo giorno, se noi lo vogliamo. Ma serve umiltà nel riconoscere il bisogno di cambiare in Lui, di lasciarci convertire. Grazie a tutti e buona Quaresima

Parrocchia di Buscoldo

Parrocchia di Levata

Parrocchia di Montanara

Parrocchia di San Silvestro

ore 16:30 Celebrazione delle Ceneri per i bambini

ore 16:00 Celebrazione delle Ceneri per i bambini

ore 15:00 Celebrazione delle Ceneri per i bambini

ore 18:00 Celebrazione delle Ceneri per i bambini

ore 20:30 S. Messa con l’imposizione delle Ceneri

ore 20:45 S. Messa con l’imposizione delle Ceneri

ore 21 S. Messa con l’imposizione delle Ceneri

ore 21: S. Messa con l’imposizione delle Ceneri

don Mauro, don Alfredo, don Gianpietro, don Sandro


la preghiera comunitaria

esercizi spirituali

per tutte le nostre parrocchie

Messe feriali: alle 9 a Montanara (tranne lunedì alle 16 a Eremo); alle 16 a Buscoldo, alle 18 a San Silvestro e a Levata nella parrocchia di Montanara, ogni giorno di Quaresima, alle ore 19 Celebrazione del Vespro

via crucis

LUNEDI’ 19 - MARTEDì 20 E MERCOLEDì 21 MARZO, dalle 21 alle 22:30 presso la chiesa nuova di CERESE Si tratta di tre serate di ascolto e approfondimento della Parola di Dio con tempo di silenzio per la riflessione personale e per la confessione individuale

(di unità pastorale e nelle parrocchie) VENERDì 2 MARZO, ore 21 VIA CRUCIS in chiesa a LEVATA VENERDì 9 MARZO, ore 21 VIA CRUCIS in chiesa a BUSCOLDO VENERDì 16 MARZO, ore 21 VIA CRUCIS in chiesa a SAN SILVESTRO VENERDì 23 MARZO, ore 21 VIA CRUCIS itinerante lungo via Mantegna a EREMO (partenza da incrocio con la provinciale) Ogni parrocchia mantiene la celebrazione della Via Crucis nel primo pomeriggio di ogni venerdì alle ore 15; le celebrazioni della sera sono unitarie, cioè per tutte quattro le parrocchie

celebrazioni comunitaria della penitenza

per tutte le nostre parrocchie VENERDì 24 FEBBRAIO ore 21, presso la parrocchia di SAN SILVESTRO Celebrazione della Parola e tempo per le confessioni individuali VENERDì 30 MARZO ore 21, presso il SANTUARIO DELLE GRAZIE Celebrazione della Parola e tempo per le confessioni individuali

lectio divina nella parrocchia di San Silvestro, ogni lunedì di quaresima alle 21, in oratorio nella parrocchia di Montanara, ogni domenica di quaresima alle 18, in chiesa (cappella feriale)


la carità quaresimale

Messaggio del Papa per la Quaresima 2012 «Prestiamo attenzione gli uni agli altri, per stimolarci a vicenda nella carità e nelle opere buone» (Eb10,24) Fratelli e sorelle, la Quaresima ci offre ancora una volta l'opportunità di riflettere sul cuore della vita cristiana: la carità. (...) Quest’anno desidero proporre alcuni pensieri alla luce di un breve testo biblico tratto dalla Lettera agli Ebrei: «Prestiamo attenzione gli uni agli altri per stimolarci a vicenda nella carità e nelle opere buone» (10,24). (...) 1. “Prestiamo attenzione”: la responsabilità verso il fratello. Il primo elemento è l'invito a «fare attenzione»: il verbo greco usato è katanoein, che significa osservare bene, essere attenti, guardare con consapevolezza, accorgersi di una realtà. Lo troviamo nel Vangelo, quando Gesù invita i discepoli a «osservare» gli uccelli del cielo, che pur senza affannarsi sono oggetto della sollecita e premurosa Provvidenza divina (cfr Lc 12,24), e a «rendersi conto» della trave che c’è nel proprio occhio prima di guardare alla pagliuzza nell'occhio del fratello (cfr Lc 6,41). Lo troviamo anche in un altro passo della stessa Lettera agli Ebrei, come invito a «prestare attenzione a Gesù» (3,1), l'apostolo e sommo sacerdote della nostra fede. Quindi, il verbo che apre la nostra esortazione invita a fissare lo sguardo sull’altro, prima di tutto su Gesù, e ad essere attenti gli uni verso gli altri, a non mostrarsi estranei, indifferenti alla sorte dei fratelli. Spesso, invece, prevale l’atteggiamento contrario: l’indifferenza, il disinteresse, che nascono dall’egoismo, mascherato da una parvenza di rispetto per la «sfera

Le nostre parrocchie raccoglieranno in questa Quaresima le offerte in denaro che saranno destinate al Fondo solidarietà famiglie in difficoltà e generi alimentari per la mensa Caritas di C.A.S.A. San Simone a Mantova e le famiglie in difficoltà del nostro comune

privata». Anche oggi risuona con forza la voce del Signore che chiama ognuno di noi a prendersi cura dell'altro. Anche oggi Dio ci chiede di essere «custodi» dei nostri fratelli (cfr Gen 4,9), di instaurare relazioni caratterizzate da premura reciproca, da attenzione al bene dell'altro e a tutto il suo bene. Il grande comandamento dell'amore del prossimo esige e sollecita la consapevolezza di avere una responsabilità verso chi, come me, è creatura e figlio di Dio: l’essere fratelli in umanità e, in molti casi, anche nella fede, deve portarci a vedere nell'altro un vero alter ego, amato in modo infinito dal Signore. Se coltiviamo questo sguardo di fraternità, la solidarietà, la giustizia, così come la misericordia e la compassione, scaturiranno naturalmente dal nostro cuore. Il Servo di Dio Paolo VI affermava che il mondo soffre oggi soprattutto di una mancanza di fraternità: «Il mondo è malato. Il suo male risiede meno nella dilapidazione delle risorse o nel loro accaparramento da parte di alcuni, che nella mancanza di fraternità tra gli uomini e tra i popoli» (Lett. enc. Populorum progressio [26 marzo 1967], n. 66). L’attenzione all’altro comporta desiderare per lui o per lei il bene, sotto tutti gli aspetti: fisico, morale e spirituale. La cultura contemporanea sembra aver smarrito il senso del bene e del male, mentre occorre ribadire con forza che il bene esiste e vince, perché Dio è «buono e fa il bene» (Sal 119,68). Il bene è ciò che suscita, protegge e promuove la vita, la fraternità e la comunione. La responsabilità verso il prossimo significa allora volere e fare il bene dell'altro, desiderando che anch'egli si apra alla logica del bene; interessarsi al fratello vuol dire aprire gli occhi sulle sue necessità. La Sacra

Scrittura mette in guardia dal pericolo di avere il cuore indurito da una sorta di «anestesia spirituale» che rende ciechi alle sofferenze altrui. L’evangelista Luca riporta due parabole di Gesù in cui vengono indicati due esempi di questa situazione che può crearsi nel cuore dell’uomo. In quella del buon Samaritano, il sacerdote e il levita «passano oltre», con indifferenza, davanti all’uomo derubato e percosso dai briganti (cfr Lc 10,30-32), e in quella del ricco epulone, quest’uomo sazio di beni non si avvede della condizione del povero Lazzaro che muore di fame davanti alla sua porta (cfr Lc 16,19). In entrambi i casi abbiamo a che fare con il contrario del «prestare attenzione», del guardare con amore e compassione. Che cosa impedisce questo sguardo umano e amorevole verso il fratello? Sono spesso la ricchezza materiale e la sazietà, ma è anche l’anteporre a tutto i propri interessi e le proprie preoccupazioni. Mai dobbiamo essere incapaci di «avere misericordia» verso chi soffre; mai il nostro cuore deve essere talmente assorbito dalle nostre cose e dai nostri problemi da risultare sordo al grido del povero. Invece proprio l’umiltà di cuore e l'esperienza personale della sofferenza possono rivelarsi fonte di risveglio interiore alla compassione e all'empatia: «Il giusto riconosce il diritto dei miseri, il malvagio invece non intende ragione» (Pr 29,7). Si comprende così la beatitudine di «coloro che sono nel pianto» (Mt 5,4), cioè di quanti sono in grado di uscire da se stessi per commuoversi del dolore altrui. L'incontro con l'altro e l'aprire il cuore al suo


bisogno sono occasione di salvezza e di beatitudine. Il «prestare attenzione» al fratello comprende altresì la premura per il suo bene spirituale. E qui desidero richiamare un aspetto della vita cristiana che mi pare caduto in oblio: la correzione fraterna in vista della salvezza eterna. Oggi, in generale, si è assai sensibili al discorso della cura e della carità per il bene fisico e materiale degli altri, ma si tace quasi del tutto sulla responsabilità spirituale verso i fratelli. Non così nella Chiesa dei primi tempi e nelle comunità veramente mature nella fede, in cui ci si prende a cuore non solo la salute corporale del fratello, ma anche quella della sua anima per il suo destino ultimo. Nella Sacra Scrittura leggiamo: «Rimprovera il saggio ed egli ti sarà grato. Dà consigli al saggio e diventerà ancora più saggio; istruisci il giusto ed egli aumenterà il sapere» (Pr 9,8s). Cristo stesso comanda di riprendere il fratello che sta commettendo un peccato (cfr Mt 18,15). Il verbo usato per definire la correzione fraterna elenchein - è il medesimo che indica la missione profetica di denuncia propria dei cristiani verso una generazione che indulge al male (cfr Ef 5,11). La tradizione della Chiesa ha annoverato tra le opere di misericordia spirituale quella di «ammonire i peccatori». E’ importante recuperare questa dimensione della carità cristiana. Non bisogna tacere di fronte al male. Penso qui all’atteggiamento di quei cristiani che, per rispetto umano o per semplice comodità, si adeguano alla mentalità comune, piuttosto che mettere in guardia i propri fratelli dai modi di pensare e di agire che contraddicono la verità e non seguono la via del bene. Il rimprovero cristiano, però, non è mai animato da spirito di condanna o recriminazione; è mosso sempre dall’amore e dalla misericordia e sgorga da vera sollecitudine per il bene del fratello. L’apostolo Paolo afferma: «Se uno viene sorpreso in qualche colpa, voi che avete lo Spirito correggetelo con spirito di dolcezza. E tu vigila su te

stesso, per non essere tentato anche tu» (Gal 6,1). Nel nostro mondo impregnato di individualismo, è necessario riscoprire l’importanza della correzione fraterna, per camminare insieme verso la santità. Persino «il giusto cade sette volte» (Pr 24,16), dice la Scrittura, e noi tutti siamo deboli e manchevoli (cfr 1 Gv 1,8). E’ un grande servizio quindi aiutare e lasciarsi aiutare a leggere con verità se stessi, per migliorare la propria vita e camminare più rettamente nella via del Signore. C’è sempre bisogno di uno sguardo che ama e corregge, che conosce e riconosce, che discerne e perdona (cfr Lc 22,61), come ha fatto e fa Dio con ciascuno di noi. 2. “Gli uni agli altri”: il dono della reciprocità. (...) I discepoli del Signore, uniti a Cristo mediante l’Eucaristia, vivono in una comunione che li lega gli uni agli altri come membra di un solo corpo. Ciò significa che l'altro mi appartiene, la sua vita, la sua salvezza riguardano la mia vita e la mia salvezza. Tocchiamo qui un elemento molto profondo della comunione:la nostra esistenza è correlata con quella degli altri, sia nel bene che nel male; sia il peccato, sia le opere di amore hanno anche una dimensione sociale. Nella Chiesa, corpo mistico di Cristo, si verifica tale reciprocità: la comunità non cessa di fare penitenza e di invocare perdono per i peccati dei suoi figli, ma si rallegra anche di continuo e con giubilo per le testimonianze di virtù e di carità che in essa si dispiegano. «Le varie membra abbiano cura le une delle altre»(1 Cor 12,25), afferma San Paolo, perché siamo uno stesso corpo. La carità verso i fratelli, di cui è un’espressione l'elemosina tipica pratica quaresimale insieme con la preghiera e il digiuno - si radica in questa comune appartenenza. Anche nella preoccupazione concreta verso i più poveri ogni cristiano può esprimere la sua partecipazione all'unico corpo che è la Chiesa. Attenzione agli

altri nella reciprocità è anche riconoscere il bene che il Signore compie in essi e ringraziare con loro per i prodigi di grazia che il Dio buono e onnipotente continua a operare nei suoi figli. Quando un cristiano scorge nell'altro l'azione dello Spirito Santo, non può che gioirne e dare gloria al Padre celeste (cfr Mt 5,16). 3. “Per stimolarci a vicenda nella carità e nelle opere buone”: camminare insieme nella santità. Questa espressione della Lettera agli Ebrei (10,24) ci spinge a considerare la chiamata universale alla santità, il cammino costante nella vita spirituale, ad aspirare ai carismi più grandi e a una carità sempre più alta e più feconda (cfr 1 Cor 12,31-13,13). L'attenzione reciproca ha come scopo il mutuo spronarsi ad un amore effettivo sempre maggiore, «come la luce dell'alba, che aumenta lo splendore fino al meriggio» (Pr 4,18), in attesa di vivere il giorno senza tramonto in Dio. Il tempo che ci è dato nella nostra vita è prezioso per scoprire e compiere le opere di bene, nell’amore di Dio. (...) Purtroppo è sempre presente la tentazione della tiepidezza, del soffocare lo Spirito, del rifiuto di «trafficare i talenti» che ci sono donati per il bene nostro e altrui (cfr Mt 25,25s). Tutti abbiamo ricevuto ricchezze spirituali o materiali utili per il compimento del piano divino, per il bene della Chiesa e per la salvezza personale (cfr Lc 12,21b; 1 Tm 6,18). (...) Di fronte ad un mondo che esige dai cristiani una testimonianza rinnovata di amore e di fedeltà al Signore, tutti sentano l’urgenza di adoperarsi per gareggiare nella carità, nel servizio e nelle opere buone (cfr Eb 6,10). Questo richiamo è particolarmente forte nel tempo santo di preparazione alla Pasqua. Con l’augurio di una santa e feconda Quaresima, vi affido all’intercessione della Beata Vergine Maria e di cuore imparto a tutti la Benedizione Apostolica. Benedetto XVI


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DA CERCATORI A RICERCATI

settimana di quaresima

LA TAGLIA PROMESSA A NOI E‘

! ! ! ! MAI PIU’ Dal libro della Gènesi (9,8-15)

Dio disse a Noè e ai suoi figli con lui: «Quanto a me, ecco io stabilisco la mia alleanza con voi e con i vostri discendenti dopo di voi, con ogni essere vivente che è con voi, uccelli, bestiame e animali selvatici, con tutti gli animali che sono usciti dall’arca, con tutti gli animali della terra. Io stabilisco la mia alleanza con voi: non sarà più distrutta alcuna carne dalle acque del diluvio, né il diluvio devasterà più la terra». Dio disse: «Questo è il segno dell’alleanza, che io pongo tra me e voi e ogni essere vivente che è con voi, per tutte le generazioni future. Pongo il mio arco sulle nubi, perché sia il segno dell’alleanza tra me e la terra. Quando ammasserò le nubi sulla terra e apparirà l’arco sulle nubi, ricorderò la mia alleanza che è tra me e voi e ogni essere che vive in ogni carne, e non ci saranno più le acque per il diluvio, per distruggere ogni carne».

INCONTRIAMOCI! !

! NEL DESERTO Dal Vangelo secondo Marco (1,12-15)

In quel tempo, lo Spirito sospinse Gesù nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano. Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».

Nel deserto, per cercare la strada della vita Lo Spirito che protegge e conforta Gesù, lo spinge nel deserto, nel cuore del conflitto. E questo perché «nel deserto un uomo sa quanto vale: vale quanto valgono i suoi dèi» (Saint-Exupèry), quanto valgono cioè i suoi ideali. Il deserto è scuola di monoteismo, lì è nata l'inguaribile malattia israelitica dell'assoluto. Nel deserto Gesù sceglie quale volto di Dio annunciare (se valga di più quello facile di un Dio padrone, o quello impossibile di servo, o quello folle di crocifisso); sceglie quale volto d'uomo proclamare (rivale o fratello?) e nasce la buona notizia. Marco non riporta il contenuto delle tentazioni, ma ci ricorda l'essenziale: che le tentazioni non si evitano, ma si attraversano, perché «sopprimete le tentazioni e più nessuno si salverà» (sant'Antonio Abate). Senza tentazioni non c'è salvezza, perché non esiste scelta, scompare la libertà, è l'uomo stesso che finisce. Anche la mia vita spirituale inizia sempre con un pellegrinaggio verso il mistero interiore che mi minaccia e che mi genera, con il confronto quotidiano con le zone oscure del mio intimo, con il mio caos interiore, con gli spazi di disarmonia, di dissonanza, di durezza, di rifiuto che si contendono il cuore. Ma anche con le radici divine dell'uomo: «cercami in te», dice Dio al mistico Silesius. Per sapere quanto vale per me il mio Dio. Gesù predicava la buona notizia. E diceva: è finita l'attesa; un mondo nuovo è possibile, il nuovo progetto di Dio è qui, convertitevi. Noi percepiamo questo verbo come un imperativo, mentre reca un invito, porta una preghiera. Cambiate strada: non è la richiesta di obbedienza, ma l'offerta di un'opportunità. Cambia strada, io ti indico la via per le sorgenti, di qua attraversi una terra nuova e splendida; di qua il cielo è più vicino e l'azzurro non è così azzurro da nessun'altra parte, di qua è la casa della pace, e il volto di Dio è luminoso, e l'uomo un amico. Convèrtiti, non suona allora come un'ingiunzione, ma come la migliore delle risorse. Hai davanti a te la vita, ti prego, non perderla. Credete nel vangelo. Fidatevi di una buona notizia. E sento la pressante dolcezza di questa preghiera: riparti da una buona notizia, Dio è qui e guarisce la vita, Dio è con te, con amore. La buona notizia che Gesù annuncia è l'amore. Credi; vale a dire: fidati dell'amore, abbi fiducia nell'amore in tutte le sue forme, come forma della terra, come forma del vivere, come forma di Dio. Non fidarti di altre cose, non della forza, non dell'intelligenza, non del denaro. Riparti dall'amore. E allora per capire chi sono, farò mie le parole bellissime di Giovanni che dice: noi, gli uomini di Cristo, altro non siamo che coloro che hanno creduto all'amore (1 Gv 4,16).


L’IMPEGNO RICHIESTO

LA TAGLIA PROMESSA A ! ! DIO

Impara a fermarti

Nella chiesa di un villaggio sperduto, si racconta che un uomo aveva incontrato Dio ... che stava pregando. Allora l’uomo si chiese: “chi prega? Non prega certo se stesso” No, Dio non pregava rivolgendosi a se stesso, ma all’uomo. Pregava l’uomo, pregava me. Metteva in dubbio me come io mettevo in dubbio lui. Dio diceva: “O uomo, se tu esisti, dammi un segno!” Allora l’uomo rispose: “Dio mio, sono qui”. Allora Dio esclamò: “Miracolo! Un’apparizione umana!” La preghiera di Dio, il suo desiderio? Poterci incontrare e gustare della nostra amicizia. Perché invece di pregare Dio, qualche volta non ascoltiamo la sua preghiera?


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DA CERCATORI A RICERCATI

settimana di quaresima

LA TAGLIA PROMESSA A NOI E‘

! ! ! ! BENEDIZIONE

Dal libro della Gènesi (22,1-2.9a.10-13.15-18)

In quei giorni, Dio mise alla prova Abramo e gli disse: «Abramo!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Prendi tuo figlio, il tuo unigenito che ami, Isacco, va’ nel territorio di Mòria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò». Così arrivarono al luogo che Dio gli aveva indicato; qui Abramo costruì l’altare, collocò la legna. Poi Abramo stese la mano e prese il coltello per immolare suo figlio. Ma l’angelo del Signore lo chiamò dal cielo e gli disse: «Abramo, Abramo!». Rispose: «Eccomi!». L’angelo disse: «Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli niente! Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unigenito». Allora Abramo alzò gli occhi e vide un ariete, impigliato con le corna in un cespuglio. Abramo andò a prendere l’ariete e lo offrì in olocausto invece del figlio. L’angelo del Signore chiamò dal cielo Abramo per la seconda volta e disse: «Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non hai risparmiato tuo figlio, il tuo unigenito, io ti colmerò di benedizioni e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici. Si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce».

INCONTRIAMOCI NELLA! BELLEZZA

Dal Vangelo secondo Marco (9,2-10)

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro. Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.

Tabor. Su quella collina, di una bellezza selvaggia, che possiede una forza misteriosa, Gesù ha voluto portare i suoi a contemplare il suo vero volto. Il cammino del deserto quaresimale ha un solo obiettivo: farci contemplare, liberi, infine, l'immensa bellezza di Dio. Nella solitudine e nella preghiera, Dio si è mostrato in tutta la sua seducente bellezza, perché soprattutto nell'interiorità Dio svela il suo volto. Ed è stato stupore, gioia, ebbrezza: Gesù che parla con Mosè ed Elia (la Legge e i Profeti) a confermare la sua messianicità, la nube, ricordo della nube primordiale che aleggiava sulle acque della creazione, il timore che prende Pietro e gli altri, perché di fronte alla maestosità di Dio la nostra arroganza e saccenza svaniscono. Infine, l'affermazione ingenua e divertente di Pietro: è bello per noi restare qui, Maestro. Abbiamo urgente, assoluto bisogno di recuperare il senso del bello nella nostra vita. La bellezza risulta essere una straordinaria forza che ci attira verso Dio, che in sé è armonia, pienezza, verità. Quante volte mi viene da dire, a chi mi chiede della fede: è bello credere. È bello e svela in me e negli altri l'intima e nascosta bellezza che lega le persone, gli avvenimenti, le emozioni. Quanti uomini e donne, nella storia, si sono avvicinati alla fede perché attratti dalla bellezza del Cristo, dalla sua ineguagliata umanità, dalla sua profonda tenerezza, dalla sua stupefacente maturità. Sì: è bello essere qui, Signore, è bello essere tuoi discepoli.


IMPEGNO RICHIESTO Ogni giorno di questa settimana impariamo a Benedire: - il Signore, per quanto egli fa - nostro marito, nostra moglie, nostro figlio, nostro nipote ... perché sappiamo vederne la bellezza e il dono che è per noi - lasciamoci benedire dagli altri, perché riconoscano in noi la presenza del Signore

Impara a benedire Signore Gesù, tu sei benedetto in eterno. Il tuo nome è benedetto in ogni creatura, in ciò che esiste. Benedetti siamo anche noi, Signore, perché ci vuoi bene. Ci ami come figli e fratelli, ci tratti come amici, ci servi come ospiti graditi. Benedetti siamo noi, Signore, in te è ogni nostro conforto in te la nostra pace, in te la nostra benedizione. Amen.

Voi tutte opere del Signore, benedite il Signore; voi tutti angeli del Signore, benedite il Signore; e voi o cieli, e voi o acque, benedite il Signore. Voi tutte opere del Signore, benedite il Signore. Voi tutte potenze e astri del cielo,… voi tutte piogge, rugiade e nevi,… voi sole e luna, voi o venti,… Voi tutte opere... Voi fuoco e calore, freddo e caldo,… voi luce e tenebre, ghiaccio e freddo,… voi notti e giorni, lampi e nubi…. Voi tutte opere... Voi tutti uomini del Signore,… e voi sacerdoti del Signore,… voi popolo santo eletto da Dio…. Voi tutte opere... Voi servi di Dio, voi anime giuste,… voi santi, voi spiriti puri di cuore; e voi o fanciulli che avete cantato…. Voi tutte opere... Lodate Dio, perché Egli è buono,... Lodate Dio glorioso in eterno,… Cantate al suo nome, esaltate il suo amore…. Voi tutte opere ... Passiamo più tempo a parlare male dei nemici

che a dir bene degli amici (Marcel Lenoir)

LA TAGLIA PROMESSA A ! ! DIO

Spettegolare, che passione! A chi non piace fare un po’ di gossip, possibilmente malignetto, su vicini, amici, conoscenti, personaggi dello spettacolo e – visto i tempi che corrono – anche sui politici? Parlare male degli altri ci fa stare bene. Ci procura, con sottile sadismo, un senso di rivalsa nei confronti del mondo. Giovanna ha avuto più fortuna di me? Maria ha un marito più premuroso del mio? Enrica ha una casa più bella della mia? Le ripago con un po’ di maldicenze. Così imparano. Così, almeno, sembra. Sembra che sparlare degli altri ci aiuti a vivere meglio. Ma è davvero così? Mi permetto di dubitarne. Parlar male degli altri ci fa concentrare sul negativo negli altri. Il loro, come in noi, c’è il bene e il male. Cerca il bene e lo troverai. Cerca il male e lo troverai. Ci sono, è vero, in cui l’uno o l’altro aspetto sembrano prevalenti. Ma l’uno non esclude mai completamente l’altro. Se ti focalizzi sul bene lo trovi. Negli altri. E, di conseguenza, in te. Mentre se ti focalizzi sul male accade l’opposto. Lo trovi negli altri. Ma anche nel tuo animo. La sensazione di piacere crudele che provi dentro di te ti si ritorce contro. E’ energia negativa. Ti mette in primo piano il male. Nel prossimo. Ma anche nel mondo in genere. E quindi anche in te stessa, visto che ne fai parte. Non puoi razzolare nel fango senza infangarti. Non puoi parlare o ascoltare negatività senza provare sensazioni negative. E senza abituarti a vivere in un mondo negativo. Al punto che, dai e dai, il brutto ti sembra normale. E’ come stare costantemente nella puzza: dopo un po’ il naso si abitua e non te ne accorgi più. Concentrarsi costantemente sulle magagne degli altri è anche auto assolutorio. Pensi che così fanno tutti, quindi puoi farlo anche tu, che diamine! Perdi il confine tra il bene e il male. Non ci sono più il bianco e il nero. Ma solo un grigio indistinto. Altro punto: chi sparla degli altri con te, alle loro spalle, sparlerà di te con gli altri, alle tue spalle. Diventa un’abitudine. Qualcosa di naturale. Fai del male, agli altri e a te stesso, senza nemmeno rendertene conto. Perdi la capacità di cogliere il bene, vedi male dappertutto. E il mondo ti sembra più brutto. C’è un po’ di scuro e un po’ di luminoso in ciascuno di noi. Conviene lasciar perdere il male. E cercare il bene. E’ come uscire dalle tenebre. E accendere la luce nel nostro cuore. Mario Furlan

"Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace”.

Un giorno, un saggio ebreo, chiese ai suoi ospiti a bruciapelo: “Dove abita Dio?” Quelli risero di lui: “Ma che vi prende? Il mondo no è forse pieno della sua gloria?” Ma il saggio diede lui stesso la risposta alla domanda: “Dio abita dove lo si lascia entrare” Ecco ciò che conta in ultima analisi: lasciar entrare Dio. Ma lo si può lasciar entrare solo dà dove ci si trova, e dove ci si trova realmente, dove si vive, e dove si vive una vita autentica.


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DA CERCATORI A RICERCATI

settimana di quaresima

LA TAGLIA PROMESSA A NOI E‘ ! ! ! RESTARE LIBERI

Dal libro dell’Èsodo (20,1-17)

In quei giorni, Dio pronunciò tutte queste parole: «Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile: Non avrai altri dèi di fronte a me. Non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio, perché il Signore non lascia impunito chi pronuncia il suo nome invano. Ricòrdati del giorno del sabato per santificarlo. Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che il Signore, tuo Dio, ti dà. Non ucciderai. Non commetterai adulterio. Non ruberai. Non pronuncerai falsa testimonianza contro il tuo prossimo. Non desidererai la casa del tuo prossimo. Non desidererai la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo né la sua schiava, né il suo bue né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo».

INCONTRIAMOCI! !

! CORPO A CORPO

Dal Vangelo secondo Giovanni (2,13-25)

Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà». Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù. Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo.

Ricordo una volta di un prete che alla fine della messa domenicale, dopo esser andato in sagrestia a togliersi i paramenti, rientrato in chiesa e vedendo che diverse persone erano rimaste in chiesa a parlare, anche a voce alta, risalì sul pulpito e dal microfono rimproverò quelli che chiacchieravano dicendo loro che la Chiesa non è un mercato ma luogo di preghiera, e che si disturbavano quelli che stavano ancora pregando. E invitò le persone a uscire in piazza. Il Vangelo che ascoltiamo questa domenica sembra giustificare in pieno l’atteggiamento zelante di quel prete, e sembra darci questo chiaro insegnamento pratico: la chiesa è un luogo sacro e va mantenuto sempre nel silenzio e nel massimo decoro soprattutto del vestire. Ma è proprio questo l’insegnamento del racconto evangelico? Già il brano del Vangelo ci narra come Gesù stesso sposta il significato della sua azione da un luogo materiale ad uno di diversa e più elevata natura, cioè la sua persona. Gesù che si indigna e che passa concretamente all’azione nel ripristinare il valore sacro del Tempio di Gerusalemme, profanato da un uso distorto, ci vuole dare un segno di qualcosa di più grande. Non è certo un invito a fare anche noi fruste di cordicelle (o di parole) per cacciare le persone (ritenute) indegne della nostre chiese, ma è l’invito ad assumere gli stessi suoi sentimenti e atteggiamenti per prenderci cura del vero tempio di Dio che ancora oggi è profanato. Non è un tempio di mattoni e pietre, ma è il tempio di Dio che è l’uomo. Ce lo ricorda anche San Paolo nella 1a lettera ai Corinti: “non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete da Dio?” (1Cor 6,19) Quante volte ci arrabbiamo e facciamo qualcosa di concreto quando vediamo uomini ridotti a mercato? Come non rimanere indignati quando, in nome della crisi, le persone sono calcolate solo come “posti di lavoro” da tenere o eliminare? E quali sono i nostri sentimenti quando gli stranieri sono valutati solo come “forza lavoro” da fare entrare o cacciare nel paese a seconda dei nostri bisogni produttivi e delle nostre esigenze? E che cosa pensiamo e facciamo quando la donna e il bambino sono ridotti a oggetto di sfruttamento sessuale di chi è più forte e violento? Anche li abbiamo una vera e propria profanazione del Tempio di Dio che non può non farci assumere i sentimenti di dolore misto a ira che Gesù dimostra quel giorno nel Tempio di Gerusalemme. E’ vero che l’edificio-chiesa è un luogo importante e da non sottovalutare nella nostra cura, ma non possiamo dimenticare che Gesù ci dà in mano la sua frusta di cordicelle perché, con il suo stesso zelo di allora, passiamo oggi all’azione in modo da togliere ogni reale profanazione che deturpa la casa di Dio. E la casa di Dio da salvare dalla profanazione è ogni uomo e donna sulla terra, specialmente quelli fuori e lontani dai nostri luoghi di culto, troppo spesso difesi come fortini e che ci impediscono di andare oltre, là dove realmente abita Dio!


IMPEGNO RICHIESTO

La storia del salice Adorazione piangente eucaristica: “corpo a corpo” Voi conoscete quell'albero che si

Questa settimana proviamo a trovare un momento in cui andare in chiesa per sostare alla presenza dell’Eucarestia (la chiesa è aperta dalle 7 alle 22 tutti i giorni) E’ l’occasione per un incontro a tu per tu con il Signore, per un incontro “fisico”, con una realtà concreta che è “presenza reale” del Corpo del Signore Gesù. Abbiamo bisogno di segni, di concretezza, di luoghi, di spazi, ... per cercarLo e essere trovati. Possiamo rimanere in silenzio oppure pregare con le seguenti parole: Signore, Tu sei santo, Tu sei forte, Tu sei grande, Tu sei unico che compi opere meravigliose. Tu sei il bene, ogni bene, il sommo bene. Tu sei vivo e vero, Tu sei amore e carità, Tu sei sapienza, Tu sei umiltà, Tu sei pazienza. Tu sei bellezza, Tu sei riposo, Tu sei sicurezza, Tu sei gioia e letizia Tu sei la nostra speranza. Tu sei giustizia, Tu sei comprensione, Tu sei ricchezza, Tu sei splendore, Tu sei mansuetudine. Tu sei protettore, Tu sei custode, Tu sei difensore, Tu sei fortezza, Tu sei sollievo .... (continua tu)

LA TAGLIA PROMESSA A ! DIO

La nostra fede

chiama "salice piangente"? Bene. Non è sempre stato così. Una volta era un "salice ridente". Era un albero che cresceva all'interno di un recinto (i dieci comandamenti), innaffiato e curato da un contadino molto sapiente e molto buono. I rami del salice ridente erano bellissimi, lunghissimi, tutti rivolti verso l'alto.. verso il sole che lo inondava della sua luce dall'alba al tramonto. Lo chiamavano "ridente" perché tutta quella luce rendeva l'albero sempre di buon umore e gli uccellini si posavano fra i suoi rami dritti per cantare le loro barzellette più allegre. E il salice si faceva delle matte risate. Ma una notte di primavera, l'albero faticava ad addormentarsi. Vide un serpente che da fuori il recinto si avvicinava verso di lui. "Perché te ne stai dentro questo recinto?" disse il serpente. "Non lo so. Sono sempre stato qui" rispose il salice. "Perché? C'è qualcosa oltre il recinto che è più bello?". "C'è la libertà..." bisbigliò il serpente col tono di chi sembrava essere molto esperto ma anche voleva tenere la cosa segreta. "Che significa "libertà"?" domandò il salice ridente. "Significa la possibilità di fare quello che ti pare. Non vedi che qui nel recinto hai bisogno del figlioletto del padrone che ti innaffia? Fuori dal recinto scorre il fiume e tu potresti assorbire tutta l'acqua che vuoi senza aspettare che il figlio del contadino ti innaffi. E poi, vuoi mettere l'avventura di entrare nel terreno di un altro e succhiare con le radici il nutrimento di altri alberi.. Senza contare che nessuno ti poterebbe più i rami! Così decideresti tu se andare da una parte o dall'altra senza per forza essere così dritto"! Disgraziatamente il nostro albero si fece convincere ad alzare le radici e scavalcare il recinto. La terra era così morbida che non fece per niente fatica. Il contadino, infatti, la zappettava e la concimava ogni giorno. Sempre di notte e sempre con quell'aria di chi doveva tenere la faccenda nascosta, il salice ridente scavalcò il recinto e si sentì per la prima volta nella sua vita strano. Ma il serpente lo rassicurava che tanti alberi avevano fatto come lui. Anzi se non voleva essere preso in giro da tutti gli altri doveva fare finta di essere un albero che già da molto tempo aveva disubbidito a quei dieci stupidi paletti messi come recinto dal padrone contadino. "Quei paletti non erano di protezione per il tuo bene, ma erano di ostacolo... li aveva messi per non farti scappare" gli aveva detto il serpente per convincerlo a superare quel sentimento strano. E

camminando e strisciando arrivarono al fiume. Il nostro salice era emozionato. Non l'aveva mai visto prima. Aveva solo sentito il rumore dell'acqua da lontano. Gli sembrò strano tutto quel silenzio.. Ma d'altra parte era notte. "Quando verrà il giorno vedrai che bello" pensava. Si mise con le radici dentro un buco lasciato da un albero secco che era caduto dentro il fiume, e il serpente lavorò tutta la notte per riempirlo ben bene con la terra affinché entrasse profondamente. Quando fu giorno il salice ridente ebbe una dolorosa sorpresa... Quel posto era coperto da una parete rocciosa ed era sempre in ombra! Il sole non batteva mai sulla sua chioma. Ma il dolore si accompagnò ad un grido quando si accorse che il fiume non era un fiume, ma una fogna! L'acqua era sporca e inquinata perciò c'era così tanto silenzio. Nessun animale e nessun uccello sarebbe mai venuto a bere quella schifezza. Avrebbe voluto alzarsi e tornare dentro il recinto di casa, ma la terra era così dura che non gli riusciva proprio di muoversi. I suoi rami crescevano come volevano, è vero. Ma erano sempre più spogli e malati. Sempre più curvi verso il basso. I rovi gli si avvolgevano intorno ogni giorno di più con le loro spine. E il serpente? Il serpente - quel grande bugiardo - aveva fatto del nostro albero la sua tana e, approfittando dei rami pendenti, mordeva le persone che malauguratamente passavano lì sotto per buttare la spazzatura. E il salice ridente scoppiò in un grande pianto. Così divenne il salice piangente. Lontano da casa e lontano dal sole; lontano dal suo contadino e lontano dal bene. Aveva fatto male ad uscire dal recinto e ora stava male. Si era condannato da solo ad una morte certa dalla quale non poteva più scappare. Ecco perché c'era quel buco. Ecco perché quell'albero era secco. Quel buio della notte che ora l'avvolgeva, lui l'aveva già avvertito nel suo cuore.. era stato quel sentimento strano che aveva provato nel fare qualcosa di nascosto. Aveva accolto le tenebre quando aveva rifiutato di accogliere le cure del suo contadino ed il luogo recintato in cui l'aveva messo insieme al suo giovane figlio. Il ricordo di quel luogo pieno di luce, di gioia, di pace divenne il motivo della sua tristezza, amarezza e pianto La cosa più difficile è apprezzare la libertà e restare liberi. Il male e il peccato ci rende schiavi. L’esercizio quotidiano dell’esame di coscienza ci permette di essere vigili su noi stessi e a non perdere la nostra dignità di figli amati.


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D E T N A

DA CERCATORI A RICERCATI

settimana di quaresima

LA TAGLIA PROMESSA A NOI E‘

! ! !

Dal 2 libro delle Cronache (36,14-16.19-23)

RISCATTARSI

In quei giorni, tutti i capi di Giuda, i sacerdoti e il popolo moltiplicarono le loro infedeltà, imitando in tutto gli abomini degli altri popoli, e contaminarono il tempio, che il Signore si era consacrato a Gerusalemme. Il Signore, Dio dei loro padri, mandò premurosamente e incessantemente i suoi messaggeri ad ammonirli, perché aveva compassione del suo popolo e della sua dimora. Ma essi si beffarono dei messaggeri di Dio, disprezzarono le sue parole e schernirono i suoi profeti al punto che l’ira del Signore contro il suo popolo raggiunse il culmine, senza più rimedio. Quindi [i suoi nemici] incendiarono il tempio del Signore, demolirono le mura di Gerusalemme e diedero alle fiamme tutti i suoi palazzi e distrussero tutti i suoi oggetti preziosi. Il re [dei Caldèi] deportò a Babilonia gli scampati alla spada, che divennero schiavi suoi e dei suoi figli fino all’avvento del regno persiano, attuandosi così la parola del Signore per bocca di Geremìa: «Finché la terra non abbia scontato i suoi sabati, essa riposerà per tutto il tempo della desolazione fino al compiersi di settanta anni». Nell’anno primo di Ciro, re di Persia, perché si adempisse la parola del Signore pronunciata per bocca di Geremìa, il Signore suscitò lo spirito di Ciro, re di Persia, che fece proclamare per tutto il suo regno, anche per iscritto: «Così dice Ciro, re di Persia: “Il Signore, Dio del cielo, mi ha concesso tutti i regni della terra. Egli mi ha incaricato di costruirgli un tempio a Gerusalemme, che è in Giuda. Chiunque di voi appartiene al suo popolo, il Signore, suo Dio, sia con lui e salga!”».

INCONTRIAMOCI! !

! ALLA LUCE

Dal Vangelo secondo Giovanni (3,14-21)

In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».

Paura della luce? "Chiunque fa il male, odia la luce". Da un po' di tempo questa frase, uscita dalla bocca di Gesù mi mette a disagio. Ho l'impressione che oggi non corrisponda più alla realtà. C'è un sacco di gente che compie porcherie assortite, si abbandona ad ogni sorta di malvagità, si specializza nelle mascalzonate più disgustose, compie atrocità agghiaccianti, eppure esibisce il tutto in piena luce. Mai come oggi il male viene esibito, pubblicizzato, reclamizzato. Addirittura esaltato, onorato. "Chi opera la verità viene alla luce...". Sembra che il pudore, la vergogna, si siano trasferiti nel campo del bene, dell'onestà, della generosità. Gli "operatori della verità", coloro che prendono sul serio il Vangelo, non compaiono sui giornali, vengono ignorati dai mezzi di informazione. Sembra che il buio, il silenzio accolgano i flash di verità, di bontà e di pulizia che scarseggiano in questo nostra società. Assistiamo a una specie di volgare ribaltamento della dichiarazione di Gesù: il bene sospettato, deriso, censurato, diffamato, condannato all'oscurità. E il male glorificato, esaltato. La chiarezza, la trasparenza sono sempre per gli altri. Difficilmente abbiamo il coraggio di riconoscere i nostri torti. E ci si arrabbia soltanto perché "si è saputo", o se ne parla. Ed allora. Ecco la Parola di Dio. Essa è luce fastidiosa, diversa. E' rivelatrice del peccato. Del mio peccato, del tuo peccato, del nostro peccato. Io, abituato a divagare, a scantonare nei meandri della giustificazione di comodo, degli alibi, delle attenuanti. Io, abituato e specializzato a scoprire le colpe altrui e a mostrarmene scandalizzato da falso puritano. Io, sempre disposto a minimizzare le mie mancanze fino a renderle invisibili e a non farmi sfuggire quelle gigantesche degli altri... A un certo punto, ecco la Parola-Luce che mi inchioda: il colpevole sei tu, non un altro. Il peccato è quello tuo, non quello del tuo prossimo. Se voglio scoprire l'estensione del perdono di Dio, devo accettare di lasciarmi rinfacciare dalla sua Parola il mio peccato... A un cristiano interessa e deve interessare non il punto di vista della massa, dell'opinione pubblica, ma unicamente il punto di vista di Dio sul peccato e sul male. E Cristo si china su di me. E' Lui la luce che mi mette in piedi. Disposto a camminare, con Lui, su un'altra strada...


IMPEGNO RICHIESTO

L’esame di coscienza quotidiano

per gli adulti: Esercizi spirituali a Cerese (lunedì 19, martedì 20 e mercoledì 21 marzo - ore 21-22:30) Oh, Signore, fa' di me lo strumento della Tua Pace; Là, dove è l'odio che io porti l'amore. Là, dove è l'offesa che io porti il Perdono. Là, dove è la discordia che io porti l'unione. Là, dove è il dubbio che io porti la Fede. Là, dove è l'errore che io porti la Verità. Là, dove è la disperazione che io porti la speranza. Là, dove è la tristezza, che io porti la Gioia. Là, dove sono le tenebre che io porti la Luce. Oh Maestro, fa' ch'io non cerchi tanto d'essere consolato, ma di consolare. Di essere compreso, ma di comprendere. Di essere amato, ma di amare. Poiché: è donando che si riceve, è perdonando che si ottiene il Perdono, ed è morendo, che si risuscita alla Vita eterna. (Francesco di Assisi)

La luce è scesa fino a me, nelle mie tenebre. Ha bussato alla porta del mio cuore, alle porte della mia paura. Insistente, come la voce del povero, come il silenzio del mendicante, come il vagito di un bambino. Resta con noi, Signore, La luce mi ha detto: anche in questa sera. “Io non vengo a giudicarti, Siamo soli qui, con Te. ma a salvarti. Resta con noi e accogli La tua notte ti fa morire, questa giornata: il mio chiarore ti guarisce. accoglie le nostre azioni, Aprimi. i nostri errori, le nostre generosità. Accogli i doni che ci hai affidato: questa sera li riponiamo nelle tue mani, con la speranza di averli trafficati con entusiasmo. Accogli, Signore, i nostri dubbi, le nostre incertezze, il passo lento. Accogli anche la gioia, le azioni belle di questo giorno. Accogli tutte le persone che abbiamo incrociato, le affidiamo al tuo amore di Padre.

Non a caso la Pasqua è posta in primavera. Dalle mie parti, la battaglia fra inverno e primavera, fra gelo e tepore, fra tenebra e luce, è ancora più evidente. È stupendo potere godere della neve e dello sci. Ma, alla lunga, abbiamo bisogno di sole e di caldo, di giornate lunghe e di alberi in fiore. La stessa lotta fra la tenebra e la luce avviene nei nostri cuori. Ma senza automatismi, come accade per le stagioni: ci sono persone che vivono tutta la propria vita nell’inverno dell’egoismo e della violenza, senza mai conoscere la gioia della primavera interiore. Gesù parla ad un combattuto Nicodemo che lo raggiunge durante la notte, per non farsi vedere. Ha una reputazione da difendere, ma è curioso. Lui è un credente, un membro del Sinedrio, sa bene di Dio e delle sue leggi. Ma cerca anch’egli la primavera. Come molti degli adulti che incontro che si dicono cristiani, ma a patto di non mettere mai in discussione il loro stile di vita. Intendiamoci: decenni di sottolineature del senso del dovere e del peccato hanno ingenerato, in molti, un’orribile idea di Dio, come se fosse una specie di giudice ficcanaso pronto a chiedere conto di ogni nostra marachella. Se l’idea di Dio come una specie di Moloch assetato di giustizia, pronto a fartela a pagare, è sbagliata, lo è altrettanto l’idea contemporanea che il peccato sia un’invenzione dei preti. Siamo liberi e, perciò, possiamo sbagliare. Dio non vuole una classe disciplinata di bravi ragazzi che obbediscono sorridendo. Dio vuole persone autentiche che sappiano mettersi in gioco, che accettino di crescere, che imparino a distinguere le proprie ombre. Gesù è chiarissimo: Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Dio vuole la salvezza, cioè la pienezza di vita per ogni uomo. Davanti alla possibilità di essere dei capolavori o delle fotocopie sbiadite, l’uomo è libero di scegliere. E sono le nostre scelte a giudicarci, possiamo vivere in un prolungato inverno, ostinandoci a dire che non esiste nessuna bella stagione e che, al massimo, noi sappiamo vestirci meglio degli altri. Quando tutto è grigio è difficile vedere l’ombra dietro di sé. Ma vivere una vita grigia è una non scelta di vita. Il male si presenta sempre come bene, nessuno berrebbe ad una bottiglia etichettata come veleno! Il male è suadente, convincente, minimizza. E il male, oggi, ha assunto forme nuove che i credenti faticano a considerare peccato. Abbiamo urgentemente bisogno di ridire cosa è luce e cosa è tenebra, in un mondo in cui si preferisce il neon. Gesù, però, è ottimista: il problema non è cedere alle tenebre, cosa che succede a tutti, ma amare le tenebre, per evitare di mettersi in discussione. E aggiunge: abbracciare la luce significa fare la verità, iniziare riconoscendo che siamo bisognosi di salvezza. È una rinascita dall’alto quella che Gesù chiede di compiere a Nicodemo, e a noi. Ma non abbiamo da temere: colui che ci propone questo percorso di conversione desidera la nostra pienezza, la nostra gioia, il nostro bene.

LA TAGLIA PROMESSA ! A DIO

Un abbraccio di luce


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DA CERCATORI A RICERCATI

settimana di quaresima

LA TAGLIA PROMESSA A NOI E‘ UN

! ! ! ! ! CUORE NUOVO Dal libro del profeta Geremìa (31,31-34)

Ecco, verranno giorni – oracolo del Signore –, nei quali con la casa d’Israele e con la casa di Giuda concluderò un’alleanza nuova. Non sarà come l’alleanza che ho concluso con i loro padri, quando li presi per mano per farli uscire dalla terra d’Egitto, alleanza che essi hanno infranto, benché io fossi loro Signore. Oracolo del Signore. Questa sarà l’alleanza che concluderò con la casa d’Israele dopo quei giorni – oracolo del Signore –: porrò la mia legge dentro di loro, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. Non dovranno più istruirsi l’un l’altro, dicendo: «Conoscete il Signore», perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande – oracolo del Signore –, poiché io perdonerò la loro iniquità e non ricorderò più il loro peccato.

INCONTRIAMOCI NELLA!

Dal Vangelo secondo Giovanni (12,20-33)

GLORIA

In quel tempo, tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c’erano anche alcuni Greci. Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli domandarono: «Signore, vogliamo vedere Gesù». Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. Gesù rispose loro: «È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà. Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome». Venne allora una voce dal cielo: «L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!». La folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: «Un angelo gli ha parlato». Disse Gesù: «Questa voce non è venuta per me, ma per voi. Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me». Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire.

Dal nulla il frutto di una vita nuova Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore produce molto frutto. Il centro della frase non è il morire, ma il molto frutto. Lo sguardo del Signore è sulla fecondità, non sul sacrificio. Vivere è dare vita. Non dare, è già morire. Tuo è solo ciò che hai donato. Come accade per l’amo­re: è tuo solo se è per qualcuno. Un chicco di grano, il quasi niente: io non ho cose importanti da dare, ma Lui prende questo quasi niente e lo salva, ne ricava molto frutto. Sarò un chicco di grano, lontano dal clamore e dal rumore, caduto nel silenzio, seminato giorno per giorno, senza smania di visibilità e di grandezza, nella terra buona della mia famiglia, nella terra arida del mio lavoro, nella terra amara dei giorni delle lacrime. Chicco di grano che prendi in mano e sembra una cosa morta, una cosa dura e spenta, mentre è un nodo di vita, dove pulsano germogli. Così è ogni uomo: un quasi niente che però contiene invisibili e impensate energie, un cuore pronto a gemmare di pane e di abbracci. Chi vuole lavorare con me, mi segua. Seguire Cristo, unico modo per vederlo. Per rispondere alla richiesta che interpella ogni discepolo: vogliamo vedere Gesù. L’unica visione che ci è concessa è la sequela. Come Mosè che vede Dio solo di spalle, mentre passa ed è già oltre, così noi vediamo Gesù solo camminando dietro a lui, rinnovando le sue opere, collaborando al suo compito: portare molto frutto. Gesù, uomo esemplare, non propone una dottrina, rea­lizza il disegno creatore del Padre: restaurare la pienezza, la gloria dell’umano. Gloria dell’uomo è il molto frutto di vita, gioia, libertà. Gloria di Dio è una terra che fiorisce, l’uomo che mette gemme di luce e di amore. Alto sui campi della morte, Gesù è amore fatto visibile. Alto sui campi della vita, è amore che seduce. E mi attira, dolce e implacabile, verso la mia casa, verso la mia gloria, verso il molto frutto.


IMPEGNO RICHIESTO

gesti di amore, gesti concreti

L'uomo è irragionevole, illogico, egocentrico: non importa, amalo. Se fai il bene, diranno che lo fai per secondi fini egoistici: non importa, fa' il bene. Il bene che fai forse domani verrà dimenticato: non importa, fa' il bene, L'onestà e la sincerità ti rendono vulnerabile: non importa, sii onesto e sincero. Quello che hai costruito può essere distrutto: non importa, costruisci. La gente che hai aiutato, forse non te ne sarà grata: non importa, aiutala. Da' al mondo il meglio di te, e forse sarai preso a pedate: non importa, da' il meglio di te.

(Tonino Bello, vescovo)

(madre Teresa di Calcutta)

Rendimi strumento tra le tue mani, Signore, rendimi strumento del tuo amore. Se sono triste, mandami qualcuno da rallegrare. Se sono stanco, mandami qualcuno da servire. Se sono annoiato, mandami qualcuno da aiutare. Mandami, Signore, chi ha bisogno, chi soffre, chi non spera più: usa la mia vita per i fratelli, e fammi ancora strumento del tuo amore.

(Ernesto Olivero

LA TAGLIA PROMESSA A ! ! DIO

La gloria di Dio è l’uomo vivente


la catechesi per giovani e adulti su proposta del Gruppo Missionario “Padre Tullio Favali” di Montanara

Padre nostro che sei nei cieli Scrivi per inserire testo

Quattro incontri per coloro che sono alla ricerca del Volto di Dio GIOVEDI’

1 MARZO, ore 21, presso la parrocchia di Levata

QUALE ESPERIENZA DI DIO OGGI incontro guidato da don Sandro Barbieri

GIOVEDI’

8 MARZO, ore 21, presso la parrocchia di Levata

VIVERE SENZA DIO un approccio a Dio a partire dalla cultura incontro guidato da Norberto Ravelli GIOVEDI’

22 MARZO, ore 21, presso la parrocchia di Levata

CHI E’ COME TE TRA I MUTI? un approccio a Dio a partire dalla Scrittura incontro guidato da Maurizio Rossi GIOVEDI’

29 MARZO, ore 21, presso la parrocchia di Levata

UN PADRE AVEVA DUE FIGLI un approccio a Dio a partire dalla fede della Chiesa incontro guidato da don Sandro Barbieri

PELLEGRINAGGIO IN UMBRIA

DA 23 AL 26 APRILE 2012, guidato da don Sandro Barbieri lunedì 23 aprile Partenza da Montanara alle ore 7 per Imola dove incontreremo le suore di Madre Speranza che sosteniamo nelle loro missioni in Brasile; dopo l’incontro, partenza per il Santuario della Verna (Arezzo) dove San Francesco ha ricevuto le stigmate come conferma della sua missione nella povertà; pranzo presso la Casa del Pellegrino del santuario e partecipazione alla Processione delle stigmate; si riparte per Collevalenza dove visiteremo il Santuario della Divina Misericordia dove è sepolta Madre Speranza; cena e pernottamento martedì 24 aprile Dopo colazione, si parte per visitare i quattro santuari francescani della Valle Santa di Rieti: il santuario di Greccio (dove San Francesco ha “inventato il presepe”), di Fonte Colombo (dove Francesco scrisse la regola definitiva), della Foresta (dove Francesco scrisse il Cantico delle Creature), di Poggio Bustone (dove partì la missione di pace dei francescani); pranzo in ristorante e cena e pernottamento a Collevalenza mercoledì 25 aprile Dopo colazione, si parte per Norcia (luogo nativo di San Benedetto), quindi Cascia (luogo dove è sepolta Santa Rita); dopo pranzo, si visita Spoleto; cena e pernottamento a Collevalenza giovedì 26 aprile Dopo colazione, si parte per Assisi; visita della cittadina, pranzo vicino all’Eremo delle Carceri; nel viaggio di ritorno (se possibile) ci fermiamo all’Eremo delle Celle di Cortona; arrivo a Montanara in tarda serata (cena autogestita)

in pullman - pernottamenti a Collevanza quota iscrizione: 280 €

PELLEGRINAGGIO A SANTIAGO DI COMPOSTELA

DALL’ 8 AL 15 SETTEMBRE 2012, guidato da don Sandro Barbieri 900 chilometri seguendo il cammino dei pellegrini, dedicando ogni giorno 3-4 ore di vero cammino a piedi e visitando nel pomeriggio le più belle città toccate dal cammino (chi non si sente di camminare, può ovviamente rimanere sul pullman) ISCRIZIONI ENTRO MARZO 2012 - quota 1250 €

PELLEGRINAGGIO IN TERRA SANTA DA 23 AL 30 AGOSTO 2012, guidato da don Sandro Barbieri

tre giorni nel nord di Israele, a Nazareth, Cafarnao, Cana, il lago di Galilea un giorno di trasferimento passando per il deserto di Giuda, Gerico e Masada tre giorni a Gerusalemme e un giorno a Betlemme ISCRIZIONI ENTRO MARZO 2012 -quota partecipazione: 1300 € programma dettagliato www.parrocchiecurtatone.it o in parrocchia


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