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Analfabeti del futuro

Il giudizio di Joan Fontcuberta sul nostro rapporto con le immagini è spietato. Nel suo ultimo libro “Contro Barthes. Saggio visivo sull’indice”1, non se la prende solo con uno dei più conosciuti linguisti e semiologi del Novecento ma anche con Maestri della fotografia – come Laszlo Moholy-Nagy – o intellettuali dalla personalità tanto complessa quanto universalmente riconosciuta – come Walter Benjamin. Fotografi e pubblico – scrive il fotografo e critico spagnolo – continuano a essere “illetterati nel senso delle immagini” ma in un modo nuovo: “La nostra ignoranza, l’analfabetismo più decisivo, oggi, è frutto della mancanza di abilità nei campi dell’informatica, della robotica e dell’intelligenza artificiale”. Gli algoritmi costantemente all’opera stanno rivoluzionando la realtà e la condizione stessa della fotografia attraverso programmi come DALL·E (prodotto da OpenAI, la stessa società che ha costruito ChatGPT) o Midjourney.

Di cosa stiamo parlando? Di programmi che – opportunamente guidati – costruiscono immagini che rispondono al contenuto della descrizione che l’utente progressivamente definisce insieme e “per” lo strumento di machine learning e intelligenza artificiale. Sarebbe davvero molto più semplice capire il loro funzionamento usandoli, ma possiamo immaginare una sequenza in cui chiediamo ci venga proposta “un’immagine di Joan Fontcuberta che osserva la teca in cui sono contenute le lumache nutrite con le stampe fotografiche di suoi antichi lavori” (non stiamo delirando: è l’oggetto di un lavoro del Maestro presentato nel 2015 al festival “Fotografia europea” di Reggio Emilia). DALL·E o Midjourney sono stati allenati con centinaia di milioni di immagini (foto, illustrazioni, diagrammi) e continuano a essere arricchiti dagli input di tutti i loro utenti. “I risultati di questi trasformatori – è ancora Fontcuberta che scrive – sono spettacolari e ci lasciano sbalorditi nello stesso modo in cui sicuramente lo erano coloro che, nel 1839, ebbero il privilegio di osservare i primi dagherrotipi e non sapevano se attribuirli alla magia o al miracolo”.

Molto del fascino di questi strumenti risiede nella loro capacità di evolversi a un ritmo molto rapido: ogni nuova versione rilasciata si mostra migliore della precedente e più capace di rispondere in modo appropriato ai prompt dell’utente. Quando avremo superato la fase attuale – in cui apprezziamo talvolta dei lavori meravigliosi e in altre occasioni restiamo interdetti di fronte all’ingenuità di errori o malintesi – “saremo giunti al collasso della nostra cultura visuale. Le macchine fotografiche non saranno più necessarie per creare nuovi contenuti; nel migliore dei casi saranno relegate a una funzione di vigilanza e controllo”.

Le macchine fotogra che non saranno più necessarie per creare nuovi contenuti; nel migliore dei casi saranno relegate a una funzione di vigilanza e controllo.

— Joan Fontcuberta

In alcuni ambiti questo domani è già oggi. La comunicazione scientifica è scossa da una serie di pubblicazioni caratterizzate da falsificazioni e frodi proprio di immagini ricostruite in modo grossolano o sofisticato.

Elisabeth Margaretha Harbers-Bik è una microbiologa danese che si dedica ormai a tempo pieno all’investigazione dei casi di frodi nella riproduzione dell’iconografia scientifica. Bik ha iniziato a concentrare il proprio interesse sull’integrità della scienza nel 2013, quando ha scoperto che una delle sue pubblicazioni era stata plagiata. Oggi è tra le persone più note nella “sorveglianza” sull’etica dello scientific publishing e l’uso sempre più diffuso di strumenti per la produzione di immagini sta probabilmente accrescendo il rischio di falsificazioni 2. Il lato oscuro di questi strumenti di intelligenza artificiale generativa è bilanciato dalle opportunità che la ricerca informatica in questo ambito offre e sempre più offrirà in futuro in termini di messa a punto di sistemi in grado di supportare gli editor scientifici nel lavoro di verifica della affidabilità dei contenuti sottoposti per la pubblicazione 3

L’intelligenza artificiale generativa sta provocando una vera e propria rivoluzione, uno tsunami per citare Seth Godin, uno dei più riconosciuti esperti di comunicazione e marketing. Il lavoro che attende chi lavora nella comunicazione della ricerca è mettere a fuoco nuove competenze, “competenze e capacità umane”, più rapidamente di quanto l’innovazione tecnologica cancelli l’originalità di ciò che solo noi possiamo fare. “Possiamo ancora aggiungere valore – puntualizzava Godin quando ancora l’intelligenza artificiale sembrava qualcosa di distante dal nostro quotidiano – ma dobbiamo farlo in modo diverso, più coraggioso e con sempre maggiore capacità di intuizione”4

Possiamo ancora aggiungere valore, ma dobbiamo farlo in modo diverso, più coraggioso e con sempre maggiore capacità di intuizione.

— Seth Godin

2. Lau J. The science detective on a mission to stamp out shoddy research. Times Higher Supplement, 7 aprile 2021.

Ancora una volta dobbiamo riconoscere che viviamo in tempi interessanti: se Fontcuberta prevede che “finalmente” la fotografia si affrancherà dal reale, cessando di essere mera rappresentazione dell’esistente, in ambito scientifico le cose sono meno complesse dal punto di vista – per così dire – filosofico, ma più delicate per le implicazioni etiche. Governare l’innovazione sarà una sfida quotidiana: il solo modo per non arrendersi è restar convinti di essere “svegli” almeno quanto lo è – e sempre più lo sarà – l’intelligenza artificiale. F

3. Mattina C. Ai holds potential to support ethical principles in hematology—but there’s a dark side. Am J Managed Care, 11 giugno 2022.

4. Godin S. You will not be surprised by arti cial intelligence. Seth’s blog, 18 marzo 2018.

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