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Conclusioni
valutare quanto rendere disponibili agli operatori sanitari in maniera proattiva i dati di performance ospedalieri e territoriali possa portare anche a distanza di tempo a una riduzione delle disuguaglianze. Per questo motivo, nell’ambito del progetto EASY-NET (https://easy-net.info/), gli indicatori di stato di salute e quelli relativi ai percorsi di cura e agli esiti sono declinati al baseline per posizione socio-economica per poter dimostrare l’efficacia dell’intervento di audit e feedback in accordo con un disegno di studio pre e post.
Conclusioni
Da una revisione relativamente recente del Lancet, 19 è emerso che la posizione socio-economica incide sulla riduzione dell’aspettativa di vita in maniera aggiuntiva, cioè indipendentemente da tutta una serie di fattori di rischio ai quali comunque le persone di più basso livello socio-economico sono maggiormente esposte. Andando a monitorare la salute rispetto ai determinanti socio-economici non dobbiamo mai dimenticare, quindi, che il sistema sanitario ha un ruolo parziale, e cioè che una grossa parte delle disuguaglianze dipende da quello che accade “prima” che la persona abbia un contatto col servizio sanitario. È dunque importante capire quale può essere il ruolo del servizio sanitario nel cercare di ridurre l’impatto di queste disuguaglianze che comunque esistono – e che continueranno ad esistere – perché per ridimensionarne l’azione è necessario agire su altri livelli, non solo sulle politiche sanitarie.
Quindi qual è il ruolo delle politiche sanitarie? Potremmo discutere molto su quale possa essere il ruolo del sistema sanitario nella prevenzione, accettando che le posizioni al riguardo possano divergere. Invece, per quanto riguarda l’accesso e gli esiti, un sistema sanitario universalistico dovreb-
be comunque garantire a tutti lo stesso accesso e lo stesso esito. Il vulnus del nostro sistema è lì: le disuguaglianze territoriali, tra Nord e Sud del Paese, ma anche quelle intraregionali, interaziendali, interdistrettuali, tra medici di medicina generale, disuguaglianze che possiamo documentare su tutti i livelli. Un elemento utile per la discussione è quello che cerchiamo di documentare nell’ambito del programma P.Re.Val.E.: il cambiamento nel tempo di questi differenziali di accesso ed esito. Abbiamo visto,14 ad esempio, la riduzione delle disuguaglianze di accesso per livello di istruzione all’angioplastica primaria e all’intervento tempestivo per frattura di femore a seguito dell’individuazione di obiettivi per i direttori generali basati anche su obiettivi di esito e non solo di equilibrio economico finanziario. Uno spartiacque è rappresentato dal Decreto ministeriale del 2015, il cosiddetto Decreto 70 che di fatto ha reso operativo quanto già sottolineava il Decreto 229, noto come Decreto Bindi, il quale – riprendendo la Costituzione – ribadiva che tutti i cittadini hanno diritto a beneficiare di interventi efficaci e sicuri. Il Decreto 70/2015 ha cercato di quantificare questo diritto di accesso, definendo delle proporzioni attese per tutti: quello che abbiamo documentato è che, definendo questi standard per tutti, pur continuando a esistere le disuguaglianze tendono a ridursi.
Uno standard di qualità regolatorio tende quindi a rendere i cittadini tutti uguali, come dovrebbero essere di fronte al sistema sanitario. Sono segnali che ci fanno pensare che definire degli standard di qualità basati sulle evidenze, renderli operativi e validi per tutti può funzionare; purtroppo sappiamo anche che non c’è nessuna conseguenza per chi non aderisce agli standard del Decreto 70, o perlomeno le conseguenze sono talmente modeste che risultano essere poco d’impatto. L’ultimo aspetto che abbiamo visto nel 2020, e lo vediamo anche nel P.Re.Val.E., è che c’è stato un cambia-
mento di tendenza: sembra essere ripresentato il problema di un peggiore accesso per le persone con livello d’istruzione inferiore. Indubbiamente covid-19 ha lasciato un segno: e questo potrebbe rendere oggi questa sfida meno difficile da affrontare da tutti i nostri Governatori della Sanità. Questo perché in passato tale tema è sempre stato per tutti molto delicato da affrontare, dal momento che rimarcava un insuccesso da parte di un sistema nato per essere equo, universale per definizione.
Forse adesso è invece il momento di sfruttare questa opportunità: affrontare il problema della riduzione delle disuguaglianze e della promozione dell’equità nella definizione e nel disegno dei percorsi di cura non è più procrastinabile. Le conseguenze della pandemia in termini di aumento della povertà e di aumento delle difficoltà del sistema a garantire l’accesso alle prestazioni preventive, diagnostiche, terapeutiche e riabilitative pongono questo tema al primo posto dell’agenda finalizzata alla ristrutturazione dell’assistenza, in primo luogo di quella di comunità e territoriale.
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