Bambini Pazienti
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Inner Wheel Club, Crema
Pubblicazione a cura dell’Inner Wheel Club, Crema Testi degli allievi delle Classi IIIA e IIIB della Scuola Elementare di Via Curtatone e Montanara di Crema - anno scolastico 2004-2005. Coordinatrici delle classi: Loredana Mariani, Giovanna Polenghi e Anna Maiorino Progetto, graďŹ ca e illustrazioni a cura di Peppo Bianchessi - info: www.peppo.net
Ringraziamo quelli che hanno collaborato al progetto e, in particolare: Patrizia Piarulli, Pasquale Blotta, Roberto Piumini, Sergio Pininfarina, Letizia Moratti, Ferruccio De Bortoli, Enza Crivelli, gli sponsor, gli insegnanti, i genitori e, naturalmente, i Bambini Pazienti.
PRESENTAZIONE
di Patrizia Cabini Presidente Inner Wheel Club di Crema
Inner Wheel Club: un nome difficile da mandare a memoria, ma che per noi socie è davvero sinonimo di amicizia e servizio. Se coniughiamo queste due parole con lo spirito di iniziativa, ecco che nasce il fare servizio in amicizia. Per diventare innerine è necessario essere familiari di rotariani e rotaractiani, e anche questo è un grande punto di forza. Diventa infatti più facile coinvolgere per il fare altre persone che hanno gli stessi obiettivi e gli stessi entusiasmi. Eccomi quindi a presentare un libro bellissimo, nato dalla capacità di Peppo Bianchessi di fare emergere prima, e di cogliere dopo, le aspettative, le paure, le domande di alcuni bambini che si avvicinano al mondo dei medici e degli ospedali. Peppo è stato a lungo a contatto con questi bambini, e in modo giocoso ha lavorato su alcuni argomenti, partendo dal punto di vista dei bambini stessi che, naturalmente, hanno dimostrato di saper cogliere l’essenza delle cose; lo stesso ha questa grande capacità, altrimenti come avrebbe potuto evidenziare, solo attraverso un disegno, uno stato d’animo particolare come la paura o l’ansia? Chi ha poi veramente prodotto sono stati i bambini che non sapevano che la loro meravigliosa spontaneità sarebbe servita per realizzare questa che in fondo è proprio solo una raccolta di domande e pensieri. Nessuno è intervenuto per apportare correzioni ortografiche. L’unico intervento esterno è quello dell’immagine che accomapgna via via le loro domande, lasciate volutamente nel libro senza risposte. In reltà c’è stato chi ha voluto rispondere ai loro quesiti: il Dottor Pasquale Blotta si è prestato per ore ad un ‘fuoco’ di domande di questi stessi bambini che, comunque, volevano delle risposte ai loro perchè. Ero presente nell’aula, quel giorno, ed ho molto apprezzato come il Dr Blotta abbia saputo essere convincente e sereno, partecipe al loro orizzonte affettivo.
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Penso che questo libro sia un risultato convincente di un lavoro di gruppo coordinato dalla presenza silenziosa ma imprescindibile delle insegnanti, che hanno guidato i loro bambini. Ecco quindi i valori dell’Inner Wheel racchiusi in un service dove amicizia tra le socie, tra gli attori ed i registi - e servizio hanno prodotto un fare per gli altri. Il libro infatti sarà uno strumento per quei bambini che saranno ricoverati in ospedale. La speranza è che le loro paure - che noi adulti non riconosciamo più - se condivise e riconosciute in altri bambini che le hanno già esternate, risultino più lievi.
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INTRODUZIONE di Peppo Bianchessi
I bambini sono pazienti, nel senso che spesso si ammalano, purtroppo. Diventano pazienti ma restano bambini (per fortuna) con i loro sogni, bisogni, dolori, tristezze, sorrisi e arrabbiature. Soprattutto rimangono curiosi e anche un esperienza come l’ospedale li preoccupa ma allo stesso tempo li incuriosisce, con tutte quelle persone vestite da scienziati, i macchinari strani, gli “strumenti di tortura” ma anche le attenzioni, le dolcezze… I bambini sono pazienti, nel senso che sopportano molte stranezze di noi grandi o, comunque le subiscono: vengono sbattuti di qua e di lá, respirano l’aria che noi inquiniamo, vivono in brutti palazzoni e molto altro. I bambini pazienti non sono ancora “grandi” e non rinunciano a chiedere e a dire la loro, cosa che spesso spazientisce i grandi che non sono piú bambini. I bambini pazienti sono implacabili quando si tratta di coerenza: se gli si dice che la guerra è sbagliata, si ostinano a non capire perché certi grandi la praticano. Se gli si dice che bisogna essere gentili e rispettosi con gli altri, questi piccoli marziani mica si rassegnano se qualche “grande” non è gentile o rispettoso con loro, se non dá loro l’attenzione, il tempo o le informazioni che gli mancano. E se non si danno loro queste cose si lamentano e diventano impazienti: perché i bambini ci curano. I bambini ci curano nel senso che ai loro occhi, orecchie, naso, non sfugge niente. Non importa se poi non comprendono tutto. A loro non sfugge l’essenza. I bambini ci curano nel senso che è proprio la loro semplicitá a riportarci verso ció che è davvero importante o meno. A toglierci di dosso presunzioni, gadget, titoli, vestiti nuovi e costosi. Per questo gli imperatori di nuovovestiti, i grandi-non-piú-piccoli, hanno qualche volta difficoltá a comprenderli. Spesso, se stiamo ad ascoltarli, ci guariscono.
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In questo libro sono raccolte alcune “piccole cure” scritte dai bambini di due terze elementari di Crema, ricette e prescrizioni preziose sotto forma di domande tanto impertinenti nella loro semplicitá quanto sincere, profonde, leggere e divertenti. Alcune sono pugni nello stomaco, altre feriscono. Altre ancora sono leggere come piume che solleticano. Molto spesso imbarazzano perché contengono in sé le risposte: ci riportano alle nostre responsabilitá palesando tutte le contraddizioni della nostra societá, la nostra incoerenza, le nostre mancanze e le nostre scelte di comodo. Per questo si è deciso di riportarle cosí come sono state formulate, senza le risposte di questo o quest’altro medico: perché “curassero” anche altri lettori. In un’altra parte del libro sono raccolte esperienze dirette degli stessi bambini con i medici, gli ambulatori e le strutture ospedaliere e sono corredate da preziosi consigli e soluzioni non meno spiritose e creative per migliorare l’ambiente o lo stesso atteggiamento del personale medico. Infine, abbiamo pensato di chiedere un pensiero ad alcuni “grandi” (artisti, scienziati, attori, studiosi, cantanti, scrittori, ecc.) che con il loro lavoro, la loro arte, in qualche modo “curano” (nel senso di “fare stare bene”) quanti li seguono e ammirano. Siamo onorati di ospitare in questo libro Letizia Moratti, Ministro della Pubblica Istruzione, Sergio Pininfarina, disegnatore delle auto piú apprezzate nel mondo; Roberto Piumini, bravissimo e famoso scrittore per grandi e piccoli e Ferruccio De Bortoli, importante giornalista e direttore de Il Sole 24ore. Un grazie particolare al Professor Pasquale Blotta, Primario di Otorinolaringoiatria presso l’Ospedale di Crema che si é gentilmente prestato al “terzo grado” degli alunni e ha risposto direttamente e in modo brillante alle loro richieste durante un incontro con la scuola, del quale riportiamo qui la sua testimonianza. Peppo Bianchessi
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GRANDI CONTRIBUTI
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“ Perché alle volte le medicine non funzionano?” “ I dottori si ammalano? ” “Perché solo in certi ospedali ci sono dottoresse carine e simpatiche?” “Perché certi medici sono impazienti con certi pazienti? “
La varietà delle domande e delle osservazioni raccolte in questo libro apre una finestra sul mondo dei bambini, sul loro modo di percepire la malattia, l’ospedalizzazione, il dolore. Sono venute in mente ai bambini di Crema, ma chiunque avesse il privilegio di aver a che fare con i bambini, ha sentito domande simili che lo hanno fatto sorridere, riflettere, qualche volta agire. Hanno la freschezza di chi è semplice, di chi accosta la realtà per come si presenta concretamente, quotidianamente, con le sue difficoltà, a volte aggravate dalla disattenzione e dal cinismo dei grandi. Sono domande disarmanti; si vorrebbe, infatti, poter evitare, o almeno alleviare, un’esperienza già contradditoria per noi adulti, ancor più per coloro che, per definizione, sono pieni di speranza e di desiderio di vita nel suo momento iniziale: i bambini. Questo testo ha il pregio di provocare, in maniera leggera e allegra, risposte impegnative e inevitabili per poter accompagnare i piccoli in un’esperienza - il dolore, il limite - che tutti ci accomuna. “Sì, anche i dottori si ammalano”.
Letizia Moratti, Ministro della Pubblica Istruzione
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Ognuno di noi ha il dovere di impegnarsi per migliorare il mondo in cui viviamo: non bisogna però pensare che riescano a farlo solo pochi grandi uomini; certo è enorme il merito di chi ha realizzato scoperte importanti come la penicillina o invenzioni rivoluzionarie come il telefono, ma è anche essenziale il contributo che tutti possiamo e dobbiamo dare semplicemente facendo bene il nostro lavoro, qualunque esso sia. Io ho disegnato molte automobili ed ogni volta ho cercato di farlo al meglio, con il massimo impegno, che si trattasse di una piccola vettura o di una potente Ferrari. Ho anche disegnato molti prodotti di uso quotidiano – fra i quali ad esempio orologi e biciclette – e a tutti ho cercato di dare forme piacevoli e armoniose: essere circondati da oggetti gradevoli migliora infatti la qualità della vita. Coniugare l’estetica con la funzionalità, è lo scopo del mio lavoro e quindi quando ottengo un risultato per me soddisfacente ho la gratificante sensazione di aver compiuto bene il mio dovere, la stessa sensazione che senz’altro provano un atleta che ha ottenuto il risultato che si era prefisso, un meccanico che ha rimesso in funzione un motore, un pianista che ha suonato con maestrìa. Sapere di aver fatto bene fa star bene. Sergio Pininfarina, Ingegnere
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Le medicine, di solito, entrano dalla bocca del paziente. Ce n’è una, invece, che gli entra dalle orecchie. E’ prodotta da molti, compresi i dottori e gli infermieri, ma soprattutto dalle persone amiche. Ha molte confezioni: Saluto, Chiacchiera, Informazione, Scherzo, Racconto, Barzelletta, Coccola, Fiaba, Filastrocca, Poesia, Gioco, Canzone, Ninnananna. Può essere somministrata a piccolissime dosi, dosi piccole, dosi medie, grandi dosi. Si può prendere al mattino, a mezzogiorno, al pomeriggio, di sera, e anche di notte. Anche per telefono. La cosa più strana, è che può uscire dalla bocca del bambino, e data a chi è con lui. E’ una medicina che non fa guarire solo chi la prende, ma anche chi la dà. Si chiama Parola Medicina. Roberto Piumini, Scrittore
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Quando ci si cura si ha la sensazione che il tempo si fermi e la vita scorra soltanto al di là delle pareti della nostra stanza o della camera di un ospedale. Il corpo umano come qualsiasi organismo vivente ha bisogno di pause e di cure. Vi propongo un piccolo gioco: immaginatevi come un oggetto tecnologico e sofisticato. Sceglietelo voi. Un robot? Va Bene. Pensandoci bene non lo vorreste né perfetto né infallibile. Lo considerereste più vicino a voi se avesse un difetto, se ogni tanto vi chiedesse di fermarsi. La perfezione è noia. E per fortuna noi non siamo perfetti. Non siamo personaggi della fantascienza, né supereroi. Dopotutto Superman un difetto lo aveva. E Achille non era in tutto immortale. Anche la Ferrari qualche volta si rompe. E Valentino Rossi se arrivasse sempre primo non sarebbe più nemmeno simpatico. Prendetela così: una pausa è necessaria per ripartire più forti di prima e migliori. Sì migliori, perché quando non si sta bene gli altri sono più vicini a noi e noi siamo più vicini agli altri. Ci sentiamo più fratelli, più amici. E cresciamo in un grande abbraccio di speranza. Che poi esploderà nella gioia della vita che riprende il suo corso normale. Ferruccio de Bortoli, giornalista
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L’incontro con gli alunni della Scuola Elementare di via Curtatone e Montanara è stato un momento davvero godevole ed interessante. Fin da subito ho avvertito una ‘corrente positiva’ fra me ed i bambini, fatta di fiducia, confidenza e simpatia per cui non c’è mai stato un’attimo di imbarazzo o di soggezione da parte loro. Ho trovato davanti a me una platea ordinata e attenta, composta da bambini maturi ed informati con competenze sul mondo dell’ospedale che derivavano da loro esperienze dirette o vicine. Gli argomenti più gettonati sono stati i pediatri e le iniezioni: su questi argomenti si è scatenata una specie di gara con descrizioni molto dettagliate e divertenti. Il tempo è passato velocissimo fra una domanda, una osservazione ed una risposta. Due bambini avevano subito recentemente un lutto familiare e con molta commozione hanno affrontato il tema della eutanasia, rivendicando soprattutto il diritto di avere una morte indolore, senza sofferenza. Queste testimonianze hanno creato una specie di emotività collettiva. L’incontro si è concluso per forza di causa maggiore: è suonata la campanella. Ognuno aveva ancora mille cose da dire, e ci siamo salutati con un arrivederci. Pasquale Blotta, medico
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I DUBBI DEI BAMBINI PAZIENTI
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PerchĂŠ alle volte i dottori arrivano in ritardo agli appuntamenti?
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PerchĂŠ certi medici sono impazienti con certi pazienti?
PerchĂŠ non fate divertire di piĂş i bambini ricoverati?
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PerchĂŠ a noi dite una cosa
e alla mamma un’altra?
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PerchÊ si då l’antibiotico anche senza sapere cosa si ha? Quanto ti aiutano le macchine nel tuo lavoro?
I medici hanno schifo di qualcosa?
PerchĂŠ i medici sembrano spesso seri o arrabbiati?
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PerchĂŠ spesso i medici non sono spiritosi?
Conosci una barzelletta sui medici?
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PerchĂŠ alle volte le medicine non funzionano?
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PerchĂŠ la maggior parte delle medicine sono amare?
PerchĂŠ certe medicine ti fanno star male invece di guarirti? PerchĂŠ non possiamo prendere certe medicine prima dei 12 anni?
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Cosa ti ha ispirato a fare il medico?
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Da piccolo avevi paura dei dottori?
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Perché per guarire bisogna prendere le medicine?
Perché le medicine sono buone solo per i piú piccoli?
Perché ogni tanto dite bugie sul gusto delle medicine?
Potete fare le pastiglie piú piccole?
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Perché negli ospedali si mangia presto?
Perché in ospedale mi date sempre la minestra (e di secondo il gorgonzola)?
E perché in altri ospedali c’è un gran menu?
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Perché se sui pacchetti di sigarette c’è scritto che “il fumo uccide”, le vendono?
Perché molti dottori fumano e dicono a noi di non fumare?
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Il dottore si fa le punture da solo?
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I dottori si ammalano?
I medici hanno paura di andare dal dottore?
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PerchĂŠ certe infermiere sono scortesi e non ti chiamano per nome e invece altre sĂ?
PerchĂŠ solo in certi ospedali ci sono dottoresse carine e simpatiche?
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Voi dottori lavorate nei giorni di festa?
Sono davvero tutti necessari gli esami che fanno fare?
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Perché non si puó avere tutti una stanza singola? Perché ci si sveglia presto per forza?
Perché non si puó scendere alcune volte dal lettino e fare un giro per l’ospedale?
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Perché la parola
“Ospedale”
ti fa venire subito l’ansia?
Perché alle volte i medici “aiutano a morire dolcemente”?
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Non potete inventare nomi piĂş semplici e meno “imbirlatiâ€? per le malattie, che facciano meno paura?
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IO VORREI UN’OSPEDALE A MISURA PER ME...
(Bambini Pazienti alla conquista dello spazio)
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“Vorrei meno siringhe e della stessa misura...” Nicoló
Io due anni fa sono andato in ospedale perché i dottori dovevano togliermi le tonsille. Dopo un po’ di tempo mi hanno mandato in ambulatorio. Appena ho sentito il nome ambulatorio mi sono spaventato, ma non per il nome ma perché io me lo immagino molto pauroso, ma quando sono entrato non ho piú avuto paura, quando mi sono svegliato mi trovavo nella mia stanza e i miei genitori mi hanno regalato il game boy advance. Io peró sentivo male alla gola. Durante i giorni che sono stato in ospedale ho giocato con il game boy o leggevo qualche libro. Io vorrei che l’ambulatorio fosse con meno siringhe perché altrimenti lo spavento puó essere piú grande, poi vorrei che le siringhe siano della stessa misura e per ultimo se si puó fare vorrei mettere qualche gioco per far spaventare meno i pazienti. Io l’abito di un dottore che mi deve accogliere me lo immagino con un camice bianco, i pantaloni blu, il cappello con la croce rossa e senza siringhe in mano.
“...ha delle biro, sembra una specie di scienziato” Stefano
L’ambulatorio immaginario. Io vorrei un ambulatorio che abbia: sala giochi, mininegozio, dei chupachupa e un letto comodo. Poi con dei dottori simpatici che ti rassicurano e bravi perché ti direbbero: “Non ti faremo niente e se fai il bravo ti daremo due chupa-chupa ok?”. E io: “Va bene”. L’ambulatorio “Normale”. L’ambulatorio normale invece in confronto a quello immaginario ha: un lettino, una lampada, dei tavoli, l’ambiente è leggermente caldo e dei dottori non sempre simpatici un po’ bravi e non tanto riassicuranti perché ti direbbero: “Non ti faremo niente va bene?”. E io: “Siete sicuri?”. E loro “Sí…” Il dottore ha delle siringhe, ha un camice bianco e nel taschino del camice ha delle biro sembra una specie di scienziato.
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“La mia pediatra ideale deve essere: Alta, magra, un po’ “Le pareti le vorrei piú anziana cosí è saggia” Giulia U. colorate...” Giulia S.
Quando vado all’ospedale o dalla mia pediatra l’ambulatorio a me sembra un po’ triste va bé che dalla dottoressa nella sala d’attesa c’è la televisione, peró dentro quando ti cura o ti controlla se hai qualche malattia è un po’ triste, è vero che c’è la cesta dei giochi peró i giochi sono quelli per i bambini piccoli: c’è il sonaglino, il cagnolino che se lo trascini per terra con la cordicella che ha come guinzaglio abbaia. Io invece l’ambulatorio lo vorrei cosí: Con dei fogli e dei pennarelli e pastelli per disegnare (peró questo è per l’ospedale quando sei ricoverata) e giochi tipo per i maschi le macchinine elettroniche con il telecomando, axshomen, moto finte, i blablade, invece per le femmine i bambolotti, le barbie, pupazzi, puzzle… Le pareti le vorrei piú colorate magari con un arcobaleno che rappresenta la salute con un coniglietto sul prato e dei fiori con il sole pieno. La mia dottoressa mi piace giá com’è. Quando ha finito di medicarti ti dá sempre una caramella molto buona!
Il mio ambulatorio ideale deve essere: Grande abbastanza per ospitare i bambini urgenti con le pareti gialle e arancioni con i disegni dei cartoni preferiti piú divertenti. Ci devono essere tanti giochi da fare con gli amici per farti calmare quando stai male e sei agitato. La mia pediatra ideale deve essere: Alta, magra, un po’ anziana cosí è saggia. Deve essere brava cosí ti tranquillizza e se sei stata brava ti fa i complimenti. Io sono fortunata perché la mia pediatra è mia zia si chiama Anna e ha uno studio molto bello e grande. Un giorno ero andata da uno specialista per far vedere l’angioma che ho sul labbro e era arrivato molto in ritardo peró c’era un bellissimo acquario con tanti pesci e mi divertivo a trovarli quando si nascondevano dietro al sasso era divertente. A me piace andare in ospedale nella sala d’attesa perché si possono incontrare nuovi amici e io sono felice perché trovo sempre dottori molto bravi, simpatici e intelligenti.
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“...a me i colori chiari mi fanno venire l’idea di persone che stanno male” Alberto
Se io dovessi scegliere un ambulatorio lo sceglierei cosí: Poltrone comode per rilassarmi, cesta con giochi che mi calmassero i dolori, stanza fresca, gente che parli a bassa voce, un televisore a volume medio, bagni se dovessi star male, pareti con colori vivaci perché a me i colori chiari mi fanno venire l’idea di persone che stanno male perché mia mamma mi dice quando non sto bene: “Sei bianco di pelle! Proviamo se hai la febbre”. Invece il mio ambulatorio è: Con poltrone strette e quindi chiunque avesse mal di pancia lo avrebbe peggiorato. Poi ha pareti chiare anche copri poltrone chiare tutto rosa tranne l’attaccapanni color ebano. Meno male che ha i bagni perché appena guardandomi attorno mi vien da star male. Ha anche una temperatura media ma quella va pure bene peró dipende dal male che ho. Il primo ambulatorio descritto mi piace perché appena entro il pediatra non mi deve calmare perché il male come per magia mi passerebbe subito.
“...non fare il lavoro di fretta perché se no puoi perdere il paziente” Andrea
Io gli ospedali li vedo sempre con una tristezza incredibile invece li vorrei con tanti colori, con una tele che trasmetta cartoni animati che fanno ridere per calmare i bambini, con dei giochi perché le bambine o bambini piccoli si annoiano a aspettare e con dei medici che ti facciano ridere, del cibo buono, delle medicine buone, che facciano entrare i parenti cosí i bambini si tranquillizzano; che ti facciano vedere i fratelli appena nati, dare delle medicine che funzionino veramente e non fare il lavoro di fretta perché se no puoi perdere il paziente io dico cosí perché ho una pediatra bravissima il suo studio è come l’ho descritto e infatti quando vado lí mi tranquillizzo!!
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“...qualche infermiere potrebbe dirmi qualche barzelletta almeno non mi spavento” Fabio
“Vorrei che il dottore fosse piú divertente”. Michele
Il mio ambulatorio ideale vorrei che fosse con piú quadri allegri e colorati, con dei giochi come la playstation dei game boi delle macchinine telecomandate. Con dei giornalini da leggere, un divano dove riposarmi, altri quadri dove esercitarci prima di entrare nella stanza del dottore. Poi vorrei una lavagna dove poter scrivere e dei gessi. Un tavolo dove disegnare costruire dei lavoretti fatti di carta velina, con delle tempere e fare dei regali da dare alla mamma e al papá. Vorrei che il dottore fosse piú divertente. Io volevo cosí l’ambulatorio perché è sempre un po’ triste e con tanti giochi cosí è certamente divertente.
Io una volta il giorno del mio compleanno sono andato all’ospedale perché mi bruciava tanto l’occhio. Allora mi hanno mandato nell’ambulatorio a me non piaceva perché io ho dovuto aspettare due ore senza fare niente. Poi quando sono potuto entrare mi hanno messo sull’occhio una goccia che mi faceva bruciare di piú l’occhio. Io vorrei che sia un po’ allegro cioè quando c’è da aspettare a noi bambini ci diano qualche cosa da giocare. Poi quando faccio l’operazione son tutti lí che dicono nomi strani ma qualche infermiere potrebbe dirmi qualche barzelletta almeno non mi spavento poi dopo quando loro finiscono di fare quello che devono farmi potrebbero darmi qualcosa di decente almeno io vorrei i giochi di smak down wwe cosí finisco la collezione e posso fare mille sfide diverse perché a me una volta è capitato che mi hanno dato una cosa da femmina che ho dato a mia cugina.
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“Gina ha anche un computer con lo schermo pieno di pesci...” Martina La mia pediatra si chiama Gina. Gina è disponibile, gentile, buona e educata. È alta e magra. Ha il viso ovale, gli occhi azzurri, il naso corto, la bocca rosa e i capelli biondi e anche un po’ marroncini. Gina è vestita con una camicia lunga e bianca sotto ha un paio di jeans. Gina aiuta a guarire tutti i bambini che vanno da lei e non stanno bene. Da Gina oltre a me vanno anche delle mie amiche Sara e Federica. Gina parla in modo corretto e senza difetti di pronuncia. Gina non sbaglia nel scegliere le medicine e le cure perché quello che ti dá o ti fa fare ti aiuta a guarire.
Si comporta gentilmente senza dire parolacce e comunica le cose tranquillamente senza aver voglia di finire la comunicazione al piú presto. Gina ha tanti giocattoli per far giocare i bambini piú piccoli. Sulla sua scrivania ha un barattolo pieno di caramelle. Quando vado da da lei per una visita sono sempre un po’ agitata ma dopo un po’ mi sento meglio. Gina quando mi visita la pancia mi fa sempre il solletico. Gina ha anche un computer con lo schermo pieno di pesci, squali e cavallucci marini, un fondale marino pieno di alghe e coralli e l’acqua color blu intenso. Quando Gina mi visita il giorno dopo sto meglio.
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“Io vorrei un ospedale a forma di barca pirata...” Marco
“...Se fai il bravo alla fine ti dá una caramella a forma di orsetto” Giorgio La mia pediatra si chiama Gina e nella sala di aspetto mette una televisione con dentro le cassette. Spesso quando vado io c’è sempre Tom e Jerri. Io e mia sorella Giulia stiamo paralizzati sul cartone (intanto) e mia sorella alcuni momenti fa dei versi. Quando la dottoressa ci chiama io faccio finta di niente ma mia mamma mi trascina da dietro. Il suo studio appena entri se guardi davanti vedi tantissimi disegni. Gina mi fa sedere sempre sul lettino e con uno strumento che si chiama stetoscopio. I suoi capelli qualche volta gli vanno negli occhi e vede un colore marrone, nero. Dietro alla porta c’è una cesta piena di giochi per i bambini piccoli ad esempio mia sorella che tra due giorni compie undici mesi. Da quando non vado dalla dottoressa il mio record è di otto mesi e ventiquattro giorni. Il suo computer ha scritto molti nomi di bambini o ragazzi e adulti. Se fai il bravo alla fine ti dá una caramella a forma di orsetto.
Io vorrei un ospedale fatto a misura per me. Io lo vorrei cosí: a forma di barca pirata (come quella di Gardalan) e voglio che accolgono tutti cantando una canzoncina divertente, e con una torta croccante e alla nutella, e vorrei che i dottore mi regalassero tantissimi giocattoli, il liquidator, il color shot, e miliardi di pacchetti di figurine delle tartarughe ninja e poi i prelievi vengono sempre annullati oppure vengono fatti con una macchina a forma di spada, o a forma di uncino. La barca all’esterno è piena di medici che ti accolgono vestiti da sssuper-eroi. E poi vorrei che le stanze fossero piene delle foto dei miei amici: Ste, Nick, Fabio, Lucian, Marco e… E poi vorrei che il pranzo fosse sempre: arrosto, patate, cordon blue, cotolette pollo, cotechino prosciutto e puré. E poi vorrei che l’ambulanza fosse una ferrari gigante. Bé quell’ospedale è proprio BELLO.
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“Per il massimo prima di andare via ricevere un giochino...” Sara
L’ambulatorio della mia pediatra non è molto accogliente perché è tutto bianco con solo qualche adesivo e è anche freddo. Io invece lo vorrei con tutte le pareti colorate e tanti disegni sui muri poi l’ideale sarebbe un distributore di brioche e le macchinette con i pulsanti che schiacci escono o il caffè, o il latte, o il caffè macchiato, o il latte con lo zucchero, o il cappuccino con il caffè, o il latte e cacao, o il cappuccino col cacao oppure solo il bicchiere. Poi magari l’ambulatorio diviso in due parti una per le femmine e una per i maschi. Il lettino per quando devi essere visitato per esempio a una gamba, un po’ piú morbido e colorato. Per il massimo prima di andare via ricevere un giochino ma anche uno piccolo come le sorprese degli ovetti. Come optional il camice del pediatra invece che bianco di un colore chiaro giallino, verdino, rosino, azzurrino. Invece la sala d’aspetto un filo piú calda e magari con i muri colorati di colori forti come il rosso, e per finire dei divanetti invece delle sedie, poi la televisione c’è giá!
“mentre aspetto il mio turno si diverte solo mio fratello...” Pia
L’ambulatorio della mia pediatra è giá molto divertente perché è pieno di poster della carica dei 101 dei sette nani della bella e la bestia e di Cenerentola e un sacco di giochi. Peró io vorrei anche dei giochi dai grandi tipo pusel, memori, corde per saltare, cerchi e un distributore di caramelle peró non so se sará possibile un distributore di caramelle perché alla mia pediatra non piace molto che mangi le caramelle. Io sto chiedendo queste cose perché altrimenti mentre aspetto il mio turno si diverte solo mio fratello Angelo che ha due anni con uinni de paó che parla cammina e canta. Le macchinine telecomandatte, camion, macchinine piccole grandi. E soprattutto mio fratello Angelo si diverte a disordinare e poi mia mamma dice a me di riordinare. La pediatra tiene molto al suo ambulatorio e quindi vuole che non lo sporchiamo. Peró anche se la mia pediatra non metterá le cose che ho richiesto sará sempre l’ambulatorio piú bello del mondo per mé.
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“Che ci sia una piccola palestrina dove si possa giocare” Stefania
Il mio ambulatorio ideale sarebbe con televisione, con quattro finestre, con un piccolo scaffale pieno di libri, un cesto pieno di bambole con i vestitini nuovi, un tavolino multi colore con seggiole fatte di cartongesso, che sia anche pieno di di fiori profumati; i muri pieni dei personaggi della disney esempio: Topolino, Topolina, Paperina, Paperino, Clarabella e Pippo… Che ci sia una piccola palestrina dove si possa giocare a palla volo, a palla, a calcio e a ruba palla che ci sia una mensola di game boy e delle loro schedine, un armadio di legno con dentro dei pastelli e dieci pacchi di fogli a quadretti, una lavagna tutta azzurra con i gessi bianchi e quelli colorati, delle altalene con
uno scivolo, una stanza con delle gabbiettine con dentro gli animali esempio il cricetino, l’uccellino, il coniglio… Ma in veritá il mio schifosissimo ambulatorio è cosí: c’è un bagno senza carta igienica, ci sono diciotto sedie in sala d’aspetto con un orologio di legno, tre quadri e il primo ha su tre oche il secondo ha su il circo il terzo ha su gli animali della savana, ci sono due cartelloni attaccati al sughero sul muro uno parla di una malattia degli occhi, l’altro cartellone parla dei bambini appena nati e ti da dei consigli per loro e alla fine una finestra. Ma il mio ambulatorio è molto confortevole.
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“...mi chiama con il mio nome” Giulia R.
La mia pediatra si chiama Gina è molto simpatica, ha i capelli lunghi marrone chiaro, è alta circa un metro e settanta, e molto magra, è sempre vestita di bianco come tutti i medici e è molto generosa perché quando vado da lei per farmi visitare mi dá sempre una caramella. Quando vado da lei mi accoglie nella sua sala d’aspetto con una cassetta che puó essere di Tom e Gerri, del libro nella giungla della sirenetta dei Pokemon. Quando ha visitato un bambino prima di me e ha finito di visitarlo mi chiama con il mio nome, nel suo studio c’è sempre una cesta piena di giochi. Io quando entro mi prende in braccio e mi mette sul lettino ma a me non piace perché quando mi prende in braccio mi fa male perché mi stringe. Quando Gina mi mette sul lettino mi dá fastidio perché sul lettino c’è la carta lei mi ascolta con lo stetoscopio e poi mi fa scendere dal lettino e mi fa andare sulla pesa ma la sua pesa è speciale perché è come quelle elettriche. Sul muro ci sono molti disegni che hanno fatto i bambini piccoli. Quando vado da lei mi sento benissimo.
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“Quando vedo gli strumenti mi fanno molta paura ma quando li provo so che non mi fanno niente.” Federica S. La mia pediatra è gentile, accogliente e molto brava a risolvere i problemi che noi bambini abbiamo nel nostro corpo tipo il raffreddore, mal di testa, mal di pancia e altre cose. La mia pediatra è alta lunga e snella. Il suo viso è molto bello ha gli occhi azzurri, il naso corto e magro la bocca è sempre pitturata con il suo rossetto rosa chiaro che intona al suo colore di pelle. Lei ha quasi sempre la coda e i suoi capelli sono biondi e marroncini, lei è vestita con una camicia lunga e bianca sotto ha un paio di jeans chiari e un po’ scuri e molto lunghi che gli arrivano fino sotto le scarpe. Quando mi visita usa degli strumenti molto particolari. Quando li vedo mi fanno molta paura ma quando li provo so che non mi fanno niente. Appese alle sue pareti ci sono: tante
cartoline del mare e della montagna, tanti disegni che riguardano lei che visita i bambini e ha tanti calendari degli animali. Quando finisce di visitarmi mi regala dolci pupazzi e figurine della Barbie. Quando stai molto male ti dá tante medicine che ti fanno guarire presto. Intanto che la mamma ti dá il libricino e le fa vedere cos’avevo io mi siedo su delle poltroncine colorate con dietro tanti grossi e piccoli pupazzi. Sulla sua scrivania ha un computer con lo schermo dei pesci marini e con quei pesci ci puoi giocare con il maus. Poi ha una coccinella con delle orecchie che balzano su e giu in quella coccinella ci sono dei buchi li ci mette le biro e le matite colorate. Poi sul suo banco ciá dei fogli bianchi per ricordare quando il cliente viene per visitarla. Quando mi visita il giorno dopo sto sempre meglio.
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CINQUE STORIE CHE FANNO BENE
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IL CONIGLIO ODIA-CAROTE di Pia IIIa A
C’era una volta il primo coniglio del mondo che adorava le carote, ma siccome ne mangiava troppe il suo pelo era diventato tutto arancione e tutti lo scambiavano per una delle volpi che divoravano tutte le galline. Per questo motivo il coniglio cominció a odiare le carote. Per fortuna anche le mele avevano un buon odore ma erano troppo in alto. Un giorno arrivó un bambino, vide che il coniglio non riusciva a prendere le mele e quindi lo aiutó; mentre lo aiutava pensava: “Ma come mai non ha paura di me?”. Mentre passavano i giorni il coniglio e il bambino diventavano sempre piú amici, finché il coniglio imparó a mangiare direttamente dalla mano del bambino. Il bambino sapeva sempre dov’era il suo amico perché seguiva le pallottole di cacca tutte in fila come i sassolini di Ansel e Gretel. Questa è una storia per spiegare perché non si devono dare le carote ai conigli, anche se nei cartoni animati il coniglio Bags-banni è sempre lí a sgranocchiare carote. La morale della storia è: il cane è il migliore amico dell’uomo, ma anche il coniglio non è niente male.
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IL PESCE GIUSEPPE di Andrea IIIa B Un giorno un pesciolino di nome Giuseppe era stanco di avere un mare inquinato. Allora pensó di viaggiare e vedere cosa inquinava il mare. Dopo tre giorni di viaggio, il pesciolino vide tra le alghe un anziano pesciolino che si chiamava Luigi e lo mise sulle spalle e lo portó a casa sua perché era ferito. Dopo cinque giorni Luigi per ringraziare Giuseppe per quello che aveva fatto gli fece esprimere un desiderio e Giuseppe disse: “Vorrei che il mare non fosse piú inquinato!” e il desiderio si avveró e vissero felici e puliti.
PEPPINO E IL CONIGLIO di Luca IIIa A Un giorno Peppino andó a una fiera di animali e vide un coniglio bellissimo di colore bianco e arancione ma aveva il vizio di non mangiare carote. Lo portó a casa sua ed era un giocherellone e mangiava tutti i giorni semi di girasole. Un brutto giorno si ammaló di mal di pancia. Peppino lo portó dal veterinario e gli disse che se voleva farlo guarire doveva mangiare carote da mattino a sera. Peppino preparó un misto di carote con i semi di girasole e lo invoglió a mangiare e il coniglio non lo rifiutó. Piano piano mangió tutto e trovó che era appetitoso e non cattivo come lui pensava.
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LA NONNA LAVA-PESCI di Giulia IIIa A
C’era una volta in un fiume un pesciolino diverso dagli altri perché era tutto rosso con delle specie di pallini arancioni. Un giorno dei pescatori andarono in quel fiume a pescare con le reti e pescarono anche il pesce a pallini. Visto che erano tutti pesci rossi li portarono al negozio di pesci. Dopo un po’ di giorni arrivó nel negozio di pesci un bambino che voleva un pesce diverso dagli altri e appena vide il pesce a pallini se ne innamoró subito, la mamma glielo compró e lui tornó a casa tutto orgoglioso del suo pesce a pallini. Decise di chiamarlo Claunetto. Tutti i giorni, tornato da scuola, il bambino andava da Claunetto a dargli da mangiare e a contargli i pallini. Arrivó l’estate e il bambino andó in vacanza e affidó Claunetto a sua nonna che gli chiese perché l’aveva chiamato cosí e lui disse che l’aveva chiamato Claunetto perché a lui sembrava un claun. La nonna aveva la mania delle pulizie e tutti i giorni gli cambiava l’acqua e un giorno le venne in mente di dare una spazzolata anche al pesce. Finite le vacanze il bambino andó a riprendere il pesce ma non lo trovó piú a pallini e chiese alla nonna cos’era successo e lei gli disse che gli aveva dato una spazzolata. Tutti si misero a ridere e il bambino fu comunque orgoglioso del suo Claunetto perché anche senza pallini gli piacque molto.
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L’ALBERO di Michele IIIa B
Molto tempo fa sulla grande quercia vivevano insieme, tranquilli e felici, molti insetti buoni: coccinelle, libellule, bruchi, lucciole, maggiolini e grilli. Poco distante da loro, abitavano su un albero morto scarafaggi, api, vespe, mosconi e ragni che erano invidiosi della vita felice che facevano gli insetti buoni. Allora decisero di dichiarargli guerra per rubare la grande quercia. Gli insetti buoni erano molto preoccupati e chiesero consiglio alla farfalla Aiuta-Tutti che suggerí loro di evitare la guerra, cercando di trasformare l’albero morto in un albero pieno di vita. La notte seguente gli insetti con la farfalla piantarono vicino all’albero morto dei semi magici, che in un istante germogliarono e trasformarono l’albero morto in un albero vivente. Al risveglio gli scarafaggi e gli altri insetti capirono che c’è sempre un modo per risolvere i problemi senza fare la guerra.
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Inner Wheel Club, Crema Con il Patrocinio di:
Rotary Club Crema
Rotary Club Cremasco S.Marco
Con la Collaborazione di:
ICAS
s.r.l
industria cassetti
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