DabbaWalla - 23/4/23

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"Scrittore totale e militante" - così l'ha definito la rivista "doppiozero" all'indomani della sua scomparsa, Evangelisti ha sempre difeso con orgoglio la letteratura di genere, spesso relegata al rango di narrativa di serie B, dimostrando che a fare la differenza sono la passione, il talento, l'estro creativo e l'anima che vengono profusi in ogni parola. Curata da Franco Forte, direttore di Urania, questa raccolta abbraccia un arco di quasi vent'anni, e pescando nella ecletticissima opera di Evangelisti rende onore alla sua capacità di spaziare tra generi e registri diversi, dalla fantascienza al romanzo storico, passando per il racconto di cronaca e quello speculativo, arrivando alla satira e al racconto erotico, senza mai per smarrire la propria voce, lo slancio autentico e controcorrente: che navighiamo nel Mar dei Caraibi o ci svegliamo in una Terra avvolta da perenni fumi rossastri, la cifra stilistica è sempre quella, limpidissima, di chi scrive letteratura. In chiusura al volume Day Hospital, l'autobiografia delle settimane di chemioterapia seguita dall'autore, in cui emerge in maniera definitiva il suo splendido spirito anticonformista, e La fredda guerra dei mondi, i primi capitoli del romanzo inedito, purtroppo rimasto incompiuto, che Evangelisti stava scrivendo.

Un uomo mite, verso la fine della sua breve esistenza, giunge a Sanremo. Si chiama Walter Benjamin e ha con sé pochi bagagli, tra cui una valigia di libri illustrati. Nella città delle palme incontra un ragazzino curioso di nome Italo Calvino. I due si rivedranno tre o quattro volte e parleranno soprattutto di ciò che Walter vorrebbe fargli scrivere: la storia di un bambino e del suo pallone che si perde nei vicoli e oltrepassa i binari della ferrovia. Il bambino non ci sta a lasciare là quel bene così prezioso, e allo stesso tempo non può disubbidire all'ordine della madre: i binari non si attraversano. Che fare? Presto Walter e Italo si saluteranno e non si rivedranno mai più, ignorando che quel bambino, quel doppio evocato dalla fantasia, è diventato reale. E ha un solo modo per recuperare il pallone: seguire i binari, seguire il corso delle storie, cercarne la fine, a costo di metterci tutta una vita e anche di più. Un romanzo evocativo e struggente, un omaggio a quel sogno a occhi aperti che è la letteratura.

Un Manzoni trasgressivo, lontano dalla figura impolverata e un po' bigotta che a volte si spiega a scuola. Un Manzoni prima uomo e poi scrittore, che Eleonora Mazzoni ci racconta intrecciando le pagine dei Promessi sposi con una biografia costellata di slanci arditi, delusioni cocenti e brucianti amori. Il Manzoni, che immaginiamo da studenti è un uomo di mezz'età, dallo sguardo grave e un po' assente, simile a quello ritratto da Francesco Hayez. Un uomo che difficilmente riesce a ispirare simpatia, così come difficilmente può ispirarla il suo capolavoro, che da adolescenti svogliati sorbiamo come una medicina amara da ingerire perché «fa bene». Ma, leggendo le milleottocento lettere e le testimonianze di familiari e amici, Manzoni risulta diverso da così. Conversatore ironico e affabile, all'avanguardia, animato da un ardente fuoco politico, da giovane fu ribelle e libertino, rimanendo inquieto per tutta l'esistenza. Anzi, una volta diventato scrittore, riversò la propria inquietudine nella sua opera. I promessi sposi riflette le passioni che hanno agitato una vita avventurosa e piena di tumulti: l'abbandono materno, l'assenza di un padre, il travaglio spirituale, la lotta civile per un'Italia unita e libera. Un grande romanzo popolare, attraversato da uno spirito indomito, capace di penetrare gli esseri umani e il loro cuore. E di scuotere ancora oggi la nostra anima.

Sono giovani e sensuali; sbandati, idealisti e spregiudicati. Sono poeti, lavapiatti, giornaliste, infermiere, editori indipendenti, modelle e militanti. Sono, soprattutto, corpi che sbattono contro la vita, contro altri corpi e contro Roma, la città che li inghiotte e li risputa nel suo ruminare secolare. "Gli eroi si baciano" è la storia di nove vite finite nel vortice di una sera, tra musica, sogni di letteratura, incontri carnali, esplosioni di violenza e bisogno d'amore. Da un vile agguato fascista del 2005 all'attentato del Bataclan del 2015, la vita dei protagonisti si dipana lungo un decennio in quelli che sono stati definiti come "Anni 0". Tra fatti privati e avvenimenti storici, il romanzo si costruisce per fotogrammi, tasselli narrativi, illuminando vite inconsolabili e ardenti che poi si spengono nell'ombra della maturità. Eppure niente è perduto, niente è scarto, perché una sola notte può incidere sul destino più di molti anni, e le persone sfiorate o perse lungo il cammino possono accompagnarci per sempre. Filippo Nicosia costruisce un romanzo a più voci, mettendo sulla pagina personaggi potenti e fragili, sempre costretti a scegliere tra la vita e la sopravvivenza, tra l'avere un prezzo a cui vendersi e pagare un prezzo per la propria libertà. "Gli eroi si baciano" racconta la fine della giovinezza, senza nostalgia, ma con l'ardore delle vite in gioco.

Un uomo vaga estraniato per le strade di Newcastle, ancora piene di gente, mentre la notizia del virus che ha colpito l'Irlanda e il resto del mondo lo spinge a chiedersi cosa sia meglio fare. Un'infermiera esausta e impaurita per tutto quello che sta vivendo si sente ancora peggio dopo aver perso un paziente. Un padre si mette alla ricerca del figlio che non vede da tempo e si avventura per le strade di Dublino deserte per il lockdown... Storie commoventi, piene di vita e amore, ma anche di dolore e preoccupazione per i tempi incerti che tutti abbiamo dovuto attraversare. Con la sua tipica ironia, sferzata da battute fulminanti, Roddy Doyle dipinge un ritratto vivido e originale delle nostre esistenze, della vita famigliare, delle piccole cose per cui vale la pena di vivere. Per ricordarci che, malgrado tutto, anche la quotidianità più banale e ordinaria nasconde una ricchezza, che spesso riusciamo ad apprezzare solo dopo averla persa.

Quando in montagna Andrea viene travolto da un fiume di fango, nel tentativo di salvarsi non si aggrappa solo ai rami degli alberi, ma anche ai fili tesi dal ricordo di un'amicizia. Tra conflitti e occasioni di meraviglia, tra realtà quotidiana e rivelazioni, quattro ragazzi intrecciano le loro vite con l'energia della giovinezza. Anna, Andrea, Cora e Valerio sono compagni di scuola. studiano, si divertono, sperperano con allegria le giornate. Il perno di queste esistenze - brevi e segnate da perdite e ferite - è il negozio di un rigattiere di Torino, un luogo che diventa una specie di base, talvolta di rifugio. Il tempo, però, non regge la richiesta di perfezione, di assoluto, che l'adolescenza pretende. Il desiderio si insinua nel gruppo e lo logora. Andrea, che percepisce ogni cosa con intensità maggiore, si isola: a fargli mancare il fiato sono tanto la bellezza impetuosa del presente, quanto il senso di minaccia del futuro. Ma nel momento in cui si troverà in pericolo i suoi amici, quegli amici unici che solo una certa età ti regala, saranno di nuovo con lui.

AYokohama, nel quartiere di Utsukushigaoka, c'è una casa con un grande nespolo. Le sue fronde rigogliose arrivano fino al primo piano, dai suoi frutti si ricavano unguenti, dalle foglie tè e infusi. Secondo la tradizione è un albero portafortuna, eppure qualche vicino un po' pettegolo insinua il contrario: che ogni famiglia passata di lì sia stata infelice. Ma davvero una casa può determinare il destino di chi vi abita? All'interno di questa magica cornice si intrecciano le vicende di varie famiglie, con le loro gioie, sofferenze e incomprensioni. Ci sono Mihori e Yuzuru, che hanno appena aperto un salone da parrucchiere; Takako e Yoshiaki, tra infedeltà e nipoti in arrivo; Kanae e Yukari, amiche del liceo e adesso coinquiline; Tadakiyo e Chiyoko, che cercano a tutti i costi di avere un figlio. E poi c'è Nobuko, un'anziana signora, buffa e gioviale, che va sempre in giro con un cesto di vimini dal quale si affaccia la testolina di Ganchan, la sua tartaruga. Cinque storie diverse ma ugualmente profonde e toccanti, legate da un filo invisibile: la riflessione su cosa sia la felicità e su come realizzare i propri sogni anche quando la vita ti mostra il suo lato più violento e ingiusto, specialmente se sei una donna.

Tra vita e letteratura c'è un potente movimento circolare, inesauribile, che genera sorprese e scoperte. Ce lo dice Ruth Shaw, la libraia che tutti vorremmo, con il dono di creare legami tra i libri e le persone. In questo vibrante memoir, Ruth intreccia i ricordi della sua esistenza, che sembra un film, alle storie dei personaggi che visitano il suo angolo di paradiso e a riflessioni sui suoi libri preferiti. Prove durissime e dolori a lungo trattenuti hanno punteggiato il suo peregrinare, dove non manca una bellissima storia d'amore. Pagina dopo pagina, mentre la Storia scorre sullo sfondo, Ruth ricrea per noi il suo mondo fatto di amicizie inossidabili, amori che dimostrano la sua dolcezza e la sua fame di vita e (tanti) simpatici animali che diventano compagni di strada: tutto indimenticabile, tutto vissuto con straordinaria leggerezza e, quando ci vuole, senso dello humour. I suoi consigli di lettura diventano così consigli per la vita, quella che vorremmo vivere davvero. Coinvolgente, a tratti straziante, ricco di colpi di scena e divertente: un invito a viaggiare nello spazio ma soprattutto nelle emozioni che solo un grande libro può regalare.

«Il mio cervello non si ferma mai.» Quante volte lo abbiamo detto o sentito dire? Molte donne conoscono fin troppo bene la sensazione di sentirsi soffocare da pensieri, emozioni, preoccupazioni che si accavallano fuori controllo. Che cosa sto facendo della mia vita? Cosa pensano gli altri di me? Perché non sono soddisfatta? Sarò abbastanza in gamba? Il mio compagno è interessato a me? Perché mio figlio mi risponde male? Perché mi sento frustrata e ansiosa? Pensare troppo è in effetti prevalentemente una tendenza femminile. Un'abitudine, o meglio una trappola, che come sappiamo non contribuisce a risolvere i problemi, anzi tiene la mente avviluppata in un circolo vizioso. Con conseguenze deleterie sull'umore, l'energia vitale, i rapporti interpersonali e la salute. Grazie a questo chiaro metodo, che ha già aiutato milioni di donne a ritrovare la serenità della mente, dare un taglio ai pensieri negativi è possibile. In tre step impareremo a mettere in pausa il cervello, per riprendere in mano la nostra vita. Più rilassate e cariche di energie positive, azzereremo gradualmente stress e ansia e miglioreremo le relazioni con il partner, i figli, gli amici, i colleghi. Per sperimentare finalmente la libertà e la felicità di una mente serena.

Erano gli anni Settanta e la coppia più brillante del noir italiano, Massimo Felisatti e Fabio Pittorru, dava vita a storie folgoranti e trame tese, avvincenti, in cui la Roma bene si mescola a quella delle periferie. Questo è il primo romanzo che Nero Rizzoli ripropone: l'indagine su una ragazza scomparsa in via dei colli della Farnesina. Abitare qui significa essere "arrivati", eppure quando i coniugi Carpi si accorgono che la figlia Fiorella, tredici anni, non è in casa si disperano. Per rintracciarla, scomodano le conoscenze ai piani alti. Il caso viene affidato al capo della mobile Antonio Carraro, poliziotto integerrimo che, a differenza di molti colleghi, ha fatto carriera per la sua "apoliticità". Nella Roma dei favori, il vero vantaggio, per Carraro, è stato rimanerne fuori. Il suo uomo di fiducia è Fernando Solmi, sottoposto indisciplinato ma dall'intuito ineguagliabile. Rispettare gli ordini gli è impossibile, soffre le pressioni dei superiori e la superficialità dei colleghi. Per quanto scomode, sono queste le sue armi vincenti: sarà lui a seguire le tracce che porteranno al cadavere della ragazza. Con uno stile asciutto e preciso, che supera la prova del tempo, "Una famiglia perbene" è una pietra miliare del poliziesco italiano.

In un caldo pomeriggio di fine novembre, a Durton, Australia, la dodicenne Esther scompare mentre torna a casa da scuola, e la comunità della piccola cittadina sprofonda in un vortice di dubbi e dolore. La detective Sarah Michaels, donna queer in un mondo maschile e maschilista, viene inviata sul posto per indagare, e ben presto i sospetti cadono sul padre della ragazzina, Steven, un uomo affascinante dal passato controverso. La detective non è la sola a voler far luce sul caso: anche Ronnie, migliore amica di Esther, è determinata a scoprire la verità, ma si scontra con i segreti e le bugie delle persone intorno a lei, incapaci di sacrificare la propria reputazione in un ambiente dove tutti si conoscono e le voci si diffondono rapidamente. Con un sapiente gioco narrativo che alterna i punti di vista dei protagonisti a quello corale dei ragazzini, Hayley Scrivenor mette in scena un crime in cui lo sfondo sociale e ambientale determina le azioni dei personaggi, minando certezze e fiducia reciproca.

Ma è proprio nel dolore che la comunità si ricompatta e fortifica, trovando nel perdono il sentimento più potente per aprirsi a un futuro diverso.

Zama, 18 ottobre 202 a.C. Alla vigilia della battaglia che deciderà le sorti della seconda guerra punica, due uomini decidono di incontrarsi per cercare una via alternativa allo scontro frontale. Annibale, il generale cartaginese, è imponente, muscoloso. I segni delle guerre che ha combattuto sono incisi sul suo corpo. Il proconsole romano Publio Cornelio Scipione è un grande stratega, il padre lo ha allenato fin da piccolo all'arte del combattimento, ma grazie alle sue capacità è riuscito a farsi strada fino ad arrivare al comando delle legioni di Roma. I due sembrano gemelli separati alla nascita che si sono ritrovati a schierarsi su due campi rivali, eppure condividono qualcosa per cui si rispettano a vicenda: nessuno dei due è mai stato sconfitto. Ora è arrivato il momento di fare i conti con il destino: le loro strade non si incroceranno più oppure le loro vite saranno intrecciate per l'eternità? In bilico tra presente e passato, tra la loro infanzia, la loro formazione politica e militare, e i loro successi della maturità, "L'incubo di Roma" ci fa ripercorrere i momenti epici che hanno reso Annibale e Scipione soldati imbattibili e protagonisti assoluti del loro tempo, portandoci per mano nelle loro stanze segrete.

La prima è stata Margaret Thatcher. Eletta a capo del governo britannico nel 1979, guidò il paese per dieci anni, portandolo attraverso una crisi economica e una guerra contro l'Argentina, interpretando il suo ruolo con il piglio autoritario che le valse l'appellativo di "Lady di ferro". Fu il primo tentativo di rompere quel "tetto di cristallo" che nei paesi occidentali sembrava imprigionare le velleità di leadership femminili, relegando le donne in politica a incarichi minori, o alla funzione ancillare di First Lady. Il primo solco era stato tracciato, e da allora sempre più donne hanno tentato di invertire questa tendenza mondiale. Dalle prime ministre inglesi a Hillary Clinton, da Marine Le Pen ad Angela Merkel, fino a Sanna Marin e Alexandria Ocasio-Cortez, Martina Carone ricostruisce le storie di nove donne che sono riuscite a conquistare cariche governative di prestigio o ruoli di primo piano nelle proprie compagini politiche, scalando i sondaggi e guadagnando la fiducia degli elettori. In Italia, il ruolo delle donne è stato sottostimato, spesso dallo stesso partito di appartenenza, oppure interpretato come proiezione sciovinista di una leadership maschile. Oggi, con Meloni e Schlein, la lotta è tutta al femminile.

Sofferenza, stress, ansia, traumi: davanti ai colpi bassi della vita ci sentiamo impotenti. Ecco finalmente gli strumenti per imparare a guidare la nostra mente, smettere di essere in balìa delle emozioni negative e ritrovare la gioia di vivere. La vita è un mare pieno di opportunità, ma anche irto di ostacoli, secche, tempeste improvvise. Il nostro umore crolla, ci sentiamo soli, spaventati, demotivati. Forte di anni di esperienza come psicologa clinica, la dottoressa Julie Smith ci offre una cassetta piena di strumenti terapeutici di precisione per trasformare i giorni cattivi in giorni migliori. Impareremo a scoprire le trappole dell'umore e rettificare le «distorsioni cognitive», a gestire le critiche e costruire l'autostima, a sfruttare il potere delle parole e capire quando cercare aiuto... e tanti altri processi per navigare verso giornate più luminose. Anche se nessuno te l'aveva detto prima, con questo libro scoprirai che la felicità è a portata di mano.

Dopo lockdown e pandemia globale, si temeva una recessione. Invece, per il momento, è arrivata l'inflazione. Un tasso di inflazione al 10 per cento era per molti italiani un ricordo lontano, che risaliva a prima della caduta del Muro di Berlino. La sensazione di raddoppio dei prezzi in seguito all'introduzione dell'euro era stata, appunto, solo una sensazione: chi ha meno di cinquant'anni non ha mai vissuto da adulto in un'economia surriscaldata come quella di oggi. E se gli effetti dell'inflazione sulla vita sono chiaramente percepibili da chiunque, la faccenda si complica parecchio quando si tenta di capire la natura del fenomeno, le sue cause e le sue conseguenze. Gli economisti hanno diverse teorie, ma dalla crisi finanziaria del 2008 a oggi molte di queste teorie si sono rivelate assai meno aderenti alla realtà di quanto si pensava. Dai politici e dai media non arrivano parole di chiarezza, ma molti allarmi, eccessi di ottimismo, polemiche, o semplice disinformazione. Stefano Feltri si addentra nella selva oscura dell'inflazione, per tornare con una mappa che sia comprensibile e consultabile dal risparmiatore che ha paura, dal consumatore che si dispera, dal lavoratore che vede assottigliarsi il potere d'acquisto del suo stipendio - insomma, una mappa per tutti noi.

La bicicletta era il veicolo più diffuso alla fine dell'Ottocento. Lo è oggi e lo sarà anche domani per un'umanità assediata dalla crisi energetica e dall'inquinamento. In questo libro, Claudio Gregori esplora passioni e peripezie ciclistiche di poeti e scrittori, da Salgari a Conan Doyle, da Fallaci a de Beauvoir, ciascuno testimone di un mondo che cambia, e di una pedalata da ricordare. Si comincia dalle origini, dai primi bicicli alti come cavalli, domati a fatica da Twain e immortalati nei racconti di Leblanc, il papà di Lupin. E si arriva ai nostri giorni: al teatro di Beckett, che diede alla sua creatura più celebre il nome di un pistard; fino all'intervista più lunga nella storia del ciclismo, firmata da quel genio di García Márquez. Certo, si parla di gare, di Giro e Tour, con Colette e Buzzati. Ma si lotta anche per la vita con Zola e Quiroga. Si sorride con Jerome e Jarry. Si pedala con fervore insieme a Gadda e Pasolini.

«Ogni volta che vedo un adulto in bicicletta, non dispero più per il futuro della razza umana».

Siamo verso la fine del '300, sulle sponde del lago di Lecco. Comunità fiorenti e in continuo movimento commerciano, producono, costruiscono: un cosmo fatto di tradizioni, usanze, statuti, leggi, codici, che l'autore ci restituisce con vitalità. Su questo scenario storico ben ricostruito si snodano le umane vicende di signori e popolino, frati e giullari, focosi amanti e ascetiche fanciulle. C'è chi suda per guadagnarsi il pane quotidiano e chi si siede a tavole imbandite, chi si perde tra testi filosofici e chi tocca carta solo per consultare i resoconti delle vendite. A Corenno due grandi famiglie meditano di arricchirsi a vicenda con un matrimonio di comodo, ma chissà cosa pensano i due promessi sposi...

I libri non sono solo contenitori di mondi, idee e personaggi letterari. Sono oggetti fisici, materiali, in grado di coinvolgere i sensi e di sollecitare la nostra attenzione su aspetti - il peso, le dimensioni, la grafica della copertina, la qualità della rilegatura, l'odore della carta... - che si rivelano essenziali. Che siano volumi rari e preziosi o tascabili, nelle nostre mani i libri diventano altro. Li usiamo, li conserviamo gelosamente, li trattiamo con noncuranza. Sebbene non siano mutati in un millennio, i libri hanno cambiato le nostre abitudini, talvolta le nostre vite. Hanno patito ingiustizie, sono stati censurati, bruciati, rilegati in pelle umana, usati come talismani o come strumenti per predire il futuro. Hanno incendiato più di un'epoca, promettendo la salvezza o preannunciando la barbarie. Sono stati collezionati, trafugati, nascosti. Hanno varcato gli oceani in cerca di una vita migliore, facendosi beffe di muri e confini. Hanno creato legami unici e imprevedibili tra gli esseri umani. Hanno parlato di noi e per noi. Ed è proprio esplorando questa grande e duratura storia d'amore che Smith traccia un'affascinante e alternativa storia del libro e dei suoi lettori.

C'era una volta, in una terra chiamata Fortezza dell'Amore, un re e una regina che si amavano, ma ahimè non più. Se, dopo un anno e un giorno, non avessero ritrovato l'amore che li univa, il loro destino li avrebbe portati a essere banditi dal regno. E così fu. Imelda e Ambrose non ricordano il motivo del loro matrimonio perché, un anno e un giorno prima, Ambrose si è recato da una strega barattando il loro amore per la vita di Imelda. Nel giorno in cui sono costretti ad abbandonare il regno, quella stessa strega fa loro visita chiedendo a sua volta un favore. In cambio, promette di realizzare tutti i loro desideri. Non avendo più nulla da perdere, Imelda e Ambrose accettano e si avventurano in un viaggio incantato durante il quale recuperano la memoria e ricordano cosa li fece innamorare la prima volta. Con la fine del viaggio sempre più vicina, una nuova decisione li attende: Imelda e Ambrose inseguiranno i loro sogni o sceglieranno di amarsi, ancora una volta?

«Il mio nome è Susine...» dissi, guardandomi attorno incredula. Mi trovavo su un pontile di legno, sistemato sulla "sabbia mobile", al confine con quel... Mar Morbido. Attraccate al pontile c'erano imbarcazioni di ogni tipo e dimensione, con alti comignoli laccati da cui sbuffavano nuvolette paffute. Ma la cosa che stupiva di più erano le creature fantastiche che animavano quel paesaggio.

Età di lettura: da 8 anni.

"I promessi sposi" raccontati da un punto di vista nuovo: quello di Lucia, giovane donna che si batte per i propri ideali. Un omaggio alla prima, straordinaria, eroina del romanzo italiano. Lucia Mondella è stata spesso considerata un personaggio umile e passivo, ma in realtà è il fulcro de "I promessi sposi", è lei a mettersi in relazione con tutti i personaggi, nessuno escluso. Non solo: imparando a conoscerla bene, si scopre una giovane donna che si batte per le proprie convinzioni, un esempio di grande forza e profonda umanità. In questa versione del capolavoro manzoniano, fedele all'opera originale, è Lucia a raccontare in prima persona, narrando così le vicende da un altro punto di vista, il suo. Un'occasione per avvicinarsi a un capolavoro, grazie a una lingua più semplice e moderna, e riscoprire la sua straordinaria protagonista. Un libro di narrativa per bambine e bambini dai 10 anni, un omaggio alla prima eroina femminile del romanzo italiano: una giovane donna che si batte per i suoi ideali.

Età di lettura: da 10 anni.

Atutti manca qualcosa. Qualcosa che non puoi mai riuscire a trovare eppure continui a cercare. A Vittorio, che ha 14 anni, manca Federico, suo fratello in coma per un incidente accaduto in circostanze poco chiare. Nell'incapacità di colmare questa mancanza in altro modo, Vittorio decide di completare, al posto suo, tutte le collezioni di libri e fumetti che il fratello ha lasciato incomplete. E seguendo ostinatamente le tracce che gli sono rimaste di lui: i quattro migliori amici di Federico, le geografie dei loro ritrovi, i giochi di ruolo e perfino un'anomalia nella materia oscura rilevata dai genitori, entrambi fisici, diventano per Vittorio tracce della presenza di suo fratello. E, nell'approfondire quella figura così cara e così lontana, forse mai davvero conosciuta, scoprirà qualcosa anche di sé.

Età di lettura: da 11 anni.

Arya, giovane di umili origini e appassionata di libri, divora letteralmente ogni parola e non ha idea di essere la chiave per salvare il suo regno. Dopo alcuni fatti gravissimi avvenuti nella corte, le viene rivelato il suo destino e il suo compito. Le Parole si sono risvegliate per ristabilire l’ordine sul caos, la verità sull’illusione, ma per poter essere efficaci hanno bisogno di qualcuno che le sappia usare nel modo giusto, ovvero lei, la nuova Passeuse de Mots. Prima di farlo, però, Arya dovrà affrontare un viaggio iniziatico grazie al quale prenderà consapevolezza del suo potere e imparerà a gestirlo.

Età di lettura: da 10 anni.

Da quando Tuva e le sue amiche hanno iniziato la seconda media, nulla è più come prima. Mentre una di loro ha un fidanzato ed è innamorata, un’altra odia tutto quello che riguarda l’amore e i ragazzi. Tuva non riesce a scegliere da che parte stare e si domanda se riuscirà mai a innamorarsi. Ma poi arriva Miriam e tutto cambia. È forse possibile essere innamorati di una ragazza e allo stesso tempo della boyband del momento?

Età di lettura: da 10 anni.

Dora è una scalcinata Fiat Panorama del 1986 a due colori e sette posti. Più che una macchina, Dora è parte della famiglia

Mennonna: papà Nicola e mamma Karin, Orlando (tredici anni e le cuffie sempre nelle orecchie), Amelia (undici anni e imbizzarrita come un cavallo) e Berenice (due anni e una propensione a riempire i pannolini nei momenti meno opportuni). Quando Amelia viene convocata in Sicilia per i campionati nazionali di equitazione, Karin decide che è l'occasione giusta per passare del tempo tutti insieme. Con nonna Bruna e la pony Lady Killer al seguito, i Mennonna hanno tre giorni per percorrere i quasi 1500 chilometri di distanza tra Milano e Catania. Riuscirà Amelia ad arrivare in tempo? Ma soprattutto, riuscirà la sua famiglia a superare litigi, divisioni, capricci e incomprensioni? Un'esilarante commedia on the road, una Little Miss Sunshine attraverso l'Italia.

Età di lettura: da 10 anni.

Nemo, Ada e Fred sono dei veri esperti nel gestire le creature fantastiche che escono fuori dai pacchi misteriosi. Troppa sicurezza però può essere pericolosa e la situazione si fa... scottante! Sarebbe proprio il caso di capire chi è il mittente, ma non è facile scoprirlo, soprattutto perché nel frattempo bisogna anche evitare che Barbaville finisca in cenere.

Età di lettura: da 9 anni.

Iconigli hanno bisogno di grandi spazi sotto le zampe e sopra le orecchie, per sentire la terra e il vento. Ma da quando Nuvola ha cambiato padrone, passa le sue giornate in una gabbia minuscola, che per di più deve condividere con un compagno nervoso e antipatico. Un incubo. Forse è giunto il momento di organizzare la fuga del secolo... Un libro illustrato per bambini dai 7 anni, pensato appositamente per le letture in autonomia, ideale per i bambini che vogliano leggere divertendosi. Un racconto perfetto per viaggiare con la fantasia e per compiere da soli i primi passi nel meraviglioso mondo dei libri.

Età di lettura: da 7 anni.

Peter Pavone è stato rapito! Per salvare le penne alla vanitosissima star dello zoo, gli amici Poldo Panda e Clic lo Scimmiotto si affidano a Supergatto, il supereroe degli animali, e alla sua fidata assistente Super Milli. Armati di un tutù, di un barattolo di maionese e dei suoi poteri speciali, Supergatto & Co. partono per un'avventura ad alto tasso di mistero, risate e... trovate geniali!

Età di lettura: da 5 anni.

L'orsa polare Ida ha preparato

tutto: la torta, le candeline, i palloncini. L'unico problema sono gli invitati, pare che lì dove abita lei non ci sia proprio nessuno... Ma Ida non si scoraggia, prepara la valigia e parte per un viaggio intorno al mondo: si ferma a invitare la balena che nuota nell'oceano, le volpi del bosco, i coccodrilli della savana, i gatti randagi della città, fino ai pinguini del Polo Sud. E dopo tutto questo viaggio, la festa non può che essere un gran successo!

Età di lettura: da 4 anni.

Francobollo e Cartolina, proprio come gli oggetti di cui portano il nome, sono due topini inseparabili. Condividono abitudini e sogni nella loro scatola rossa, fino a quando unToc Toc! -arriva a sconvolgere le loro vite spensierate. Devono fare i bagagli e con poche briciole di pane iniziare un lungo viaggio per trovare una nuova casa. Dove andare? Cosa cercare? Con gli occhi pieni di domande, i due topini si gettano nel vasto mondo alla ricerca di uno spazio anche piccolo, ma che sappia contenere la loro storia e il loro colorato futuro.

Età di lettura: da 3 anni.

Nel paese di Novi Meste non si legge più. Situato in provincia di ***, il comune fu sconvolto da alcuni cruenti delitti accaduti tra il millenovecentosettantacinque e il millenovecentottantuno, i quali furono la causa di quest’abitudine.

I fatti furono attribuiti alla sanguinosa follia di un serial killer. Chiamato, come era in voga a quei tempi, il Mostro di Novi Meste, l’efferato autore di nove omicidi – sette uomini e due donne, ritrovati in condizioni raccapriccianti – non fu mai identificato.

Cercando dunque di fare luce su questi casi rimasti irrisolti e caduti nel fondo di grigi archivi impolverati, abbiamo voluto approfondire sul campo.

Il resoconto che riportiamo, ci teniamo a sottolinearlo, potrà apparire ridicolo a molti; non ci sorprenderemo se alcuni di voi parleranno di leggende metropolitane, o di mere chiacchiere per

attirare lettori, e nemmeno ci scandalizzeremo se critiche e personaggi ci tacceranno come pennivendoli. Tuttavia crediamo che, per imperitura memoria dei defunti, sia doveroso far conoscere ciò che, passato per leggenda, è nostra convinzione essere verità.

Novi Meste è circondato a nord da colline boschive, le quali sono state lasciate proliferare senza alcun intervento umano, eccezion fatta per le raccolte di legna, funghi, castagne e frutti di bosco dal sapore sempre intenso, per i quali la cittadina è famosa nel circondario. Queste colline, dietro le quali un’impervia vallata le divide da altre colline e altri borghi, con l’arrivo del boom economico, hanno iniziato a punteggiarsi di ville e villette residenziali, tanto da creare una svariata rosa di occasioni per ladri e birboni.

Qui, venne ad abitare, secondo atto notarile dal millenovecentosessantadue, lo scrittore Leone Fiordigigli: abruzzese d’origine, di fama sì estesa

ma non al punto d’esser annoverato fra i più del secolo, scriveva soprattutto romanzi di spionaggio e recensioncine su riviste di terz’ordine, mentre in paese aiutava spesso l’oratorio e la scuola nella regia di alcune recite, ma fu anche attivo in comizi o in particolari cerimonie nelle quali fu sempre felice di partecipare. Di temperamento placido, segaligno e con un nasone aquilino, il Fiordigigli era un tranquillo e qualunque cittadino di Novi Meste: qualche misera rimunerazione e una cospicua eredità gli permettevano di vivere nell’agio.

Parliamo di Fiordigigli poiché, dalle nostre indagini, un singolare episodio che lo vede protagonista è necessario per capire lo svilupparsi delle vicende e, soprattutto, perché successivamente verrà additato come servo di Satana.

Secondo la testimonianza della signora Giovanna Rossi – il nome è fittizio – quello fu il primo e lampante indizio della sua follia. La signora, adusa a passare le mattinate ciarlando e zompettando qui e là per la piazza e gli esercizi, dichiara che, nel dicembre millenovecentosettantaquattro, Leone si presentò come un diavolaccio che s’era bevuto d’un fiato il cervello:

[…] Era tutto scombussolato, gli occhialoni con il fondo di bottiglia storti, lo sguardo che pareva aver ingoiato un fantasma. Dovevate vederlo!

Camminava gobbo e scandagliava i dintorni per cercare qualche cosa, si avvicinava alle insegne e le osservava come ipnotizzato, credetemi che era davvero una visione obbrobriosa. Ma non è mica finita: passando il prete con il breviario alle mani, lo vide da lontano, indemoniato vi corse incontro che si sarebbe detto un animale, tanta foga c’aveva quel vecchietto a correre coi pugni chiusi, non sapevamo se ridere o se scandalizzarci. Era una persona normale, semplice. Certo c’aveva anche lui i suoi segreti e particolarità, eh. Sapete che […] Comunque, dicevo, il Leone corre peggio di una belva, si getta sul prete, lo butta a terra e lì in piazza si azzuffano tra le grida dell’uno e i ruggiti dell’altro. Il diavolo era! Quando poi riesce a staccargli dalle mani il breviario, che Don *** teneva stretto stretto, lo alza al cielo, se lo mette al petto e con la corsa di una gallina impazzita scappa via. Da allora, non l’ho più visto.

Altri cittadini confermano la testimonianza. Questo singolare accadimento, tuttavia, sarebbe passato in cavalleria, se non fosse stato per l’aggravarsi degli eventi che colpirono i mesi successivi Novi Meste.

Circa una dozzina di giorni dopo, la signorina

Tecla Pallavicini, fattorina del droghiere, non era ancora rincasata nel pomeriggio. Creduta fuggita con un bel giovanotto, si aspettò fino al tramonto per dare via alle ricerche. Il mattino dopo, venne ritrovata la bicicletta sopra il ponte che, passando sul fiumiciattolo Lubìccolo, portava ai campi a sud del paese, dove la Tecla era solita consegnare derrate ai contadini del luogo. Nessuno l’aveva vista il giorno precedente. Il corpo, a ridosso della riva, era caracollato fin lì. Si poté accertare l’identità della vittima solo dai vestiti e dalla suddetta bicicletta, poiché il viso era irriconoscibile. Lacerato, maciullato, sfregiato fino alle ossa, era una macchia di sangue e carne. Le indagini non trovarono alcun indizio, tranne un foglio tenuto stretto fra le mani dalla vittima, del tutto inservibile essendo inondato di sangue. Chi parlava di una bestia, chi di un omicida, chi di un demone venuto a punire la Tecla – sempre con quei vestitini succinti –, le voci si erano sbizzarrite. Il paese di Novi Meste cominciò a temere la presenza di un assassino e le autorità consigliarono di rincasare entro il tramonto e di non girare mai da soli.

Il funerale della povera Tecla si svolse il lunedì successivo, al quale mancò soltanto lo scrittore Leone Fiordigigli. Per molti non fu nulla, ma per i genitori e alcuni cittadini, tra cui la citata Giovanna Rossi, questa fu la prova della colpevolezza dello scrittore, o perlomeno della sua complicità con il demonio. Dopotutto, chi mai avrebbe potuto maciullare così il volto di una bella ragazza? Si cercò di sbirciare nella casa del Fiordigigli, di spiarlo e seguirlo, ma non se ne ebbe traccia alcuna. Quando, con il secondo omicidio, questa volta il notaio Abelardo Ciappalardi, si scoprì qualche cosa in più.

Il modus operandi dell’assassino era il medesimo, essendo il volto del Ciappalardi non più in essere. La mascella scarnificata mostrò alcuni molari d’oro. La procedura, nonché la furia dell’azione, era dimostrata dall’esplosione rossa circostante sulle coste dei libri scaffalati, dai segni profondi e netti nella carne e nelle frattaglie penzolanti rimaste attaccate al corpo. Ritrovato in biblioteca, intento a leggere un tomo d’economia, anch’egli aveva un foglio in mano – collegabile al precedente della Pallavicini – trovato probabilmente fra le pagine e che, per una fortuita casualità, non del tutto ricoperto di sangue: su un angolino rimasto nitido, si poté leggere qualche lettera. Con una veloce ricerca, la scrittura fu subito attribuita a Leone Fiordigigli. Strana coincidenza, visto che il Ciappalardi non era solito leggere frivolezze: era solo incuriosito, o si trattava di una trappola? Si pensò subito a un collegamento con lo scrittore e con il comportamento “demoniaco” sopra

raccontato. Perdipiù, la scomparsa della sua persona in paese, fu segno di colpevolezza per tutti.

La polizia, spinta dai cittadini e dagli indizi, decise di entrare nella casa dello scrittore in cerca di altre prove.

Quello che non si aspettava nessuno, però, era il corpo mummificato dello scrittore, seduto alla sua scrivania con espressione sofferente e la penna ancora tra le mani. Pareva fosse rimasto lì in attesa per decenni, talmente era scarnificato e rinsecchito.

Le piste ora si dividono, poiché ufficialmente, sotto quella parvenza orribile, si scovò che anche il Fiordigigli ebbe le medesime ferite delle vittime precedenti, anche se più leggere, come se anziché in un raptus fossero state inferte con pazienza, erodendo pian piano il viso dello scrittore. Venne dunque scartata l’ipotesi della sua colpevolezza e creato il Mostro di Novi Meste, rimasto ignoto fino ad oggi: le autorità non poterono seguire le infondate accuse e stramberie che, pian piano, andarono a insinuarsi nella cittadinanza.

Difatti, in quell’occasione fu scoperto un codice manoscritto redatto intorno al sedicesimo secolo, di carattere esoterico e stregonesco, aperto in bella mostra sulla scrivania. Le autorità non presero minimamente in considerazione le possibilità paranormali, o magiche, lasciandolo dove l’avevano trovato.

Il manoscritto divenne fulcro della leggenda qualche mese dopo, a seguito di altri due assassini – uno in piazza, proprio di fronte ai necrologi, l’altro nel circolino, precisamente nell’angolo dei quotidiani. Una manciata di spavaldi personaggi, decisi a voler vederci chiaro e senza alcuna fede nel corpo di polizia, si promossero a giustizieri mascherati: uno di costoro era il professore di storia e italiano della scuola elementare di Novi Meste, tale Luca Ottolenghi, il quale, sgattaiolando in cerca di prove nella casa di Fiordigigli, lo notò, ne riconobbe la natura maligna e lo prese per studiarne gli intrighi. Vi si spiegava, raccontò giorni dopo, un incantesimo grazie al quale le streghe si divertivano a uccidere intellettuali ed ecclesiastici dell’epoca tramite la scrittura, visto che erano assai pochi coloro che sapevano leggere: bastava che leggessero poche lettere per rimanervi incatenati fino alla fine, quando una furia maligna ne avrebbe preso la vita: si trattava di scrivere su alcuni fogli con apposito inchiostro venefico preparato in precedenza – il manoscritto non presentava la ricetta: la pagina era stata strappata –e chiedere la grazia diabolica. La trappola era così pronta, bastava solo nasconderla. Nel corso dei mesi successivi, benché le indagini cercassero di additare indiziati come il Mostro,

nessuno di loro fu mai condannato per mancanza di prove. Il professore e i suoi seguaci giustizieri, invece, convinti della loro pista, smisero seduta stante di leggere in paese: in calce all’incantesimo si aggiungeva un limite spaziale e temporale alla maledizione.

Abbiamo scovato negli archivi di una rivista esoterica, la Chimere e Suppellettili, numero ottantadue del febbraio millenovecentosettantanove, un’intervista a un compare della banda del professore:

- Dunque è vero che chi legge muore?

- Assolutamente sì: tutte le vittime sono state trovate intente a leggere qualche cosa, che fosse un foglio trovato per terra, come la Tecla Pallavicini, o il menù dell’osteria Bell’Uomo con il Giovannone, che buon’anima è stato ucciso con il pane ancora in bocca e c’aveva mollica insanguinata dappertutto. Noi abbiamo provato ad avvertire la cittadinanza tutta, ma in pochi ci hanno voluto ascoltare.

- Ma come facevano queste storie, ci chiedono i lettori, a trovarsi in posti così particolari? È stato qualcuno a nasconderle?

- Non lo sappiamo. Il professor Ottolenghi non ha trovato alcun indizio a riguardo. Si è presunto che il Fiordigigli avesse un complice che lo aiutasse, ma questa idea è stata scartata proprio successivamente all’assassinio del Giovannone. I menù erano nuovi di zecca, il giorno prima erano stati controllati personalmente dall’oste, il quale, oltre che avere alibi di ferro per gli altri omicidi, non avrebbe mai ucciso qualcuno nella sua attività. Difatti, dovette chiudere i battenti poche settimane più tardi.

- Potrebbe essere che lo scrittore Leone Fiordigigli avesse preparato tutto?

- La nostra ipotesi è che Fiordigigli è stato sopraffatto dalla sua stessa creazione. Il suo corpo ritrovato in quelle condizioni ci ha fatto presumere che l’incantesimo lo abbia scarnificato e assorbito, fino a diventare una cosa viva. Nel manoscritto, io non l’ho letto però eh, non c’è alcun incantesimo di ‘locomozione inanimata’, così chiamata da Ottolenghi. Si crede che abbiano assorbito l’intera vita dello scrittore, come una specie di sacrificio, e che grazie a ciò abbiano acquistato vita propria.

- Si sa quante sono le storie?

- No. Finora sono cinque, l’ultima scoperta poco fa.

- E non si sa che cosa raccontino?

- Se lo sapessi, ora non sarei qui.

- Consigliate a tutti di smettere di leggere, quindi?

- No, anche perché altrimenti i morti non si concentrerebbero nel nostro paese: la nostra teoria è che esiste un centro nevralgico nella casa del Fiordigigli, dal quale le storie si sostengono fino al compiere ciò per cui sono state create e che perciò non possono allontanarsi troppo. Non c’è la possibilità di capire però quale sia questo limite. In via teorica, ora, è il fiume Lubìccolo, dove è stata ritrovata la Pallavicini: il raggio è dunque di cinque chilometri quadrati.

A Novi Meste, dunque, alla fine degli anni Settanta i cittadini erano terrorizzati e disorientati. La polizia non faceva altro che catalogare gli omicidi e pattugliare, svogliatamente secondo alcuni testimoni, le strade della cittadina. Il Mostro divenne famoso, così come la maledizione della lettura. Il piccolo circolo del professore divenne sempre più popolare, al punto che si presero misure drastiche. Le scuole si spostarono nei paesi limitrofi, i bambini dovettero starsene in classe fino a sera tarda a fare i compiti prima di tornare a casa, la biblioteca venne sprangata, le edicole chiuse e i giornali bruciati, le lettere e le cartoline stracciate, la posta proibita, i necrologi limitati alla sola immagine e data del funerale, gli avvisi municipali imparati a memoria e urlati a squarciagola, così come i menù dei bar e delle osterie, le insegne dei negozi limitate a simboli, i nomi sui citofoni eliminati, i ricettari divennero come le istruzioni dei mobili Ikea, i certificati di matrimoni firmati a occhi chiusi, le Sacre Scritture recitate a memoria e imparate fuori da Novi Meste. Nessuna accozzaglia di parole fu più letta, ammessa o vista e gli abitanti aguzzarono l’ingegno per aver salva la vita.

Nel millenovecentottantuno, si riscontrarono gli ultimi tre omicidi, tutti per sfortunate

dimenticanze: la signora Vitali, tritata a seguito della lettura di alcune lettere di guerra del defunto marito in occasione dell’anniversario di matrimonio, chiuse a chiave in un baule – per questo certa che non ci fosse pericolo – e scoperta solo cinque giorni dopo grazie al fetore; il piccolo

Serafino Pitti, giovincello di seconda elementare che si era dimenticato di fare i compiti e non voleva farsi trovare impreparato il giorno dopo; il vecchio e malato di Alzheimer Giampaolo Molinari,

trucidato dal calendario appeso in cucina in mezzo al quale si era insediata una di quelle dannate storie.

Gli omicidi, alla fine, si fermarono. Ma che cosa cercava, in fondo, Leone Fiordigigli, con queste storie? E soprattutto, egli ha voluto crearle per uccidere e macinare i visi dei novimestini per una qualche vendetta, oppure anch’egli è vittima di una maledizione? La nostra ricerca sul territorio ha trovato opinioni discordanti, seppur la maggior parte degli intervistati sia convinta che Leone Fiordigigli avesse architettato tutto per poter passare alla storia, cosa che effettivamente ha ottenuto. L’ultimo omicidio, il nono, fu quello del professor Ottolenghi, impavido e incessante ricercatore della verità, che deciso a vederci chiaro non volle mai abbandonare la lotta contro il demonio. Tenace fino all’ultimo, volle chiudere una volta per tutte la faccenda entrando nella casa dello scrittore per darvi fuoco e liberare la cittadinanza. Il suo corpo fu ritrovato senza volto, lacerti di carne e muscoli sbrindellati e penzolanti, un occhio maciullato, gli zigomi erosi e le ossa bianche all’aria. Il suo animo eroico e la sua curiosità finirono per ammazzarlo. Riuscì però a salvare la storia assassina, alzata nell’ultimo sprazzo di vita, lasciando intonsa la gran parte dello scritto, che tuttavia si rivelò illeggibile, vergato in una lingua sconosciuta: oggi, svuotata della furia omicida, si può osservare nel museo cittadino, senza ovviamente alcuna dicitura esplicativa.

Delle storie assassine, non si sentì più parlare: tutta Novi Meste smise di leggere e ancora oggi la leggenda e la particolare abitudine perdura. La casa di Leone Fiordigigli è ancora in piedi, fatiscente e terrificante – nemmeno i nostri inviati hanno voluto metterci piede. Il Mostro di Novi Meste fu presto dimenticato e la tranquillità ritornò nel paese che non legge più.

Una curiosità particolare: proprio da qui nacque il modo di dire ‘una storia dal finale mozzafiato’.

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