Mensile Valori n.39 2006

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Anno 6 numero 39. Maggio 2006. € 3,50

valori Mensile di economia sociale e finanza etica

osservatorio

nuove povertà

La risposta della città d’arte e cultura alla scarsità di alloggi e ai bassi redditi: Pisa apre le porte delle istituzioni ai migranti e alla solidarietà

SHOBHA / CONTRASTO

Fotoreportage > Mafia

Dossier > Oltre le intimidazioni la lotta contro la ‘ndrangheta è continua

L’ora del riscatto Fair Trade > Raddoppiano le vendite di prodotti equo solidali in Europa Messico > Il muro statunitense di mattoni e norme contro tutti i migranti Pedavena > La storica birra batte la globalizzazione e torna in attività Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento - Contiene I.P.


| editoriale |

La solidarietà è più forte

della ‘ndrangheta di Tonino Perna

VIGLIACCHI ATTENTATI CONTRO LA COOPERATIVA VALLE DEL BONAMICO, voluta fortemente dal Vescovo

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BANCA ETICA

L’AUTORE Tonino Perna

Economista e sociologo, insegna Sociologia economica presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Messina e Istituzioni di economia presso la Facoltà di Architettura (corso di laurea in Urbanistica) di Reggio Calabria. Ha scritto diversi saggi sulla dipendenza e il sottosviluppo fra cui “Mercanti imprenditori consumatori” (Angeli, 1984), “Lo sviluppo insostenibile” (Liguori, 1994) e “Fair Trade. La sfida etica al mercato mondiale” (Bollati Boringhieri, 1998). È presidente del Parco nazionale dell’Aspromonte e del Comitato Etico della Banca popolare Etica.

Bregantini, ci devono fare riflettere. Ci si domanda in tanti perché la ‘ndrangheta vada a colpire una piccola attività economica che non da fastidio a nessuno, sapendo di suscitare una grande reazione, visto il valore simbolico dell’iniziativa. È la stessa domanda che ci siamo posti quando è stato ucciso, il 16 ottobre del 2005, l’on. Fortugno di fronte al seggio elettorale convocato per le Primarie per Prodi. Che succede in questa Calabria Ultra, estremo lembo della penisola, dove si registra il più alto tasso d’omicidi per abitante ed, allo stesso tempo, il più elevato livello di disoccupazione/inoccupazione giovanile? Per tentare di dare una risposta dobbiamo fare qualche passo indietro. In questa terra che si affaccia sullo Jonio blu, attraversata da calanchi e punteggiata dai resti della grande civiltà della Magna Grecia, nella seconda metà del ‘900 si è registrato un profondo cambiamento nelle strutture sociali, economiche e politiche. Molte imprese artigianali e piccole imprese industriali non hanno retto all’apertura dei mercati, mentre l’intervento dello Stato, e quindi della politica locale, si è risolto nella creazione di posti di lavoro parassitari, privi spesso di ogni controllo sul piano della efficacia e dell’utilità. In questo vuoto che si è determinato, tanto nella sfera economica quanto in quella sociale ed istituzionale, è cresciuto e si è diffuso un fenomeno criminale noto come “la ‘ndrangheta”, la cui nascita risale alla seconda metà del ‘800, ma il cui sviluppo è relativamente recente. La ‘ndrangheta, che rappresenta la risposta perversa ai processi di modernizzazione e di mercificazione in un’area periferica dell’economia-mondo, è progressivamente entrata in tutti i gangli della realtà economica ed istituzionale, compiendo negli ultimi anni un vero e proprio salto di qualità. A partire dagli anni ’90 del secolo scorso, la ‘ndrangheta della zona jonica reggina ha abbandonato l’odiosa industria dei sequestri di persona per dedicarsi al più redditizio traffico di droga ed armi, senza perdere quel radicamento sociale e territoriale che la caratterizza. La sua peculiarità, infatti, è quella di essere, allo stesso tempo, locale e globale, di controllare capillarmente il proprio territorio d’appartenenza e di investire grandi capitali nel circuito della finanza o nelle grandi speculazioni immobiliari (per es. a Bruxelles la ‘ndrangheta ha costruito intieri quartieri). Controllando e reprimendo tutte le attività che rientrano nel suo territorio, la ‘ndrangheta è diventata il principale soggetto economico e politico dell’area della Locride, creando con le sue attività posti di lavoro nel settore turistico e commerciale (ipermercati) ed allo stesso tempo controllando la sfera politica attraverso la gestione di cospicui pacchetti di voti. In breve, la ‘ndrangheta si è fatta classe dirigente. Ed è per questo che ha ucciso l’on. Fortugno, per dare una segnale forte alla classe politica locale e regionale, su chi veramente comanda e su come si rispettano i patti. Ed è per questo che ha colpito la cooperativa della Valle del Bonamico, simbolo della battaglia di Monsignor Bregantini per il riscatto di questa terra. Una cooperativa che funzioni veramente, che offra un canale legale di crescita sociale e civile, è insopportabile per la ‘ndrangheta perché è un processo che non controlla e che mette in discussione la sua egemonia culturale. Ma, forse non ha fatti veramente i conti fino in fondo. Non ha capito che dietro questa esperienza c’è un mondo di solidarietà che non solo farà rinascere questa cooperativa, ma porterà alla moltiplicazione di questa esperienza. Tutti siamo chiamati a offrire concretamente il nostro contributo per dimostrare che la solidarietà è più forte della violenza e della sopraffazione. Per questo vorrei concludere con un appello a sostenere la cooperativa della Valle del Bonamico che fa parte del Consorzio Sociale “Goel” (c\c 513330 presso Banca Etica).

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| sommario |

valori maggio 2006 mensile anno 6 numero 39 Registro Stampa del Tribunale di Milano n. 304 del 15.04.2005 editore

Società Cooperativa Editoriale Etica Via Copernico, 1 - 20125 Milano promossa da Banca Etica

SHOBHA / CONTRASTO

www.valori.it

Bambini giocano a uccidersi tra di loro con pistole giocattolo: uno di loro è sdraiato a terra e fa finta di essere morto.

Palermo, 1991

soci

Fondazione Culturale Responsabilità Etica, Arci, TransFair Italia, Mag 2, Editrice Monti, Fiba Cisl Nazionale, Cooperativa Sermis, Ecor, Cnca, Fiba Cisl Brianza, Agemi, Publistampa, Federazione Trentina delle Cooperative, Rodrigo Vergara, Fondazione Fontana

bandabassotti

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fotoreportage. Mafia

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consiglio di amministrazione

I lamponi del vescovo come segnale di cambiamento I tanti legami tra cosche e politica nelle inchieste della magistratura Promosse le cooperative, ma manca la capacità imprenditoriale

Sabina Siniscalchi, Sergio Slavazza, Stefano Biondi, Pino Di Francesco Fabio Silva (presidente@valori.it) collegio dei sindaci

Giuseppe Chiacchio (presidente), Danilo Guberti, Mario Caizzone direttore editoriale

CISL 5 X MILLE

Sabina Siniscalchi (siniscalchi@valori.it) direttore responsabile

Andrea Di Stefano (distefano@valori.it) redazione (redazione@valori.it)

Via Copernico, 1 - 20125 Milano Cristina Artoni, Paola Baiocchi, Francesco Carcano, Paola Fiorio, Michele Mancino, Sarah Pozzoli, Francesca Paola Rampinelli, Elisabetta Tramonto revisione testi

Silvia Calvi progetto grafico e impaginazione

Francesco Camagna (francesco@camagna.it) Simona Corvaia (simona.corvaia@fastwebnet.it) Adriana Collura (infografica) fotografie

Fabio Cuttica, Stefano De Luigi, Susan Meiselas, Shobha, Stefano Snaidero (Contrasto/Magnum Photos) stampa

Publistampa Arti grafiche Via Dolomiti 12, Pergine Valsugana (Trento) distributore nazionale

Eurostampa srl (Torino) tel. 011 538166-7

dossier. Mafia

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finanzaetica Finanza, mercato e lavoro possono essere solo etici intervista a Pier Paolo Baretta La nuova censura dei bit dalla Cina può arrivare a tutta la Rete Raddoppia il Fair Trade in Europa

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lavanderia

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osservatorionuovepovertà Gli invisibili vivono anche nella città d’arte Crescono i servizi, stenta l’industria

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macroscopio

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internazionale

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Un muro per fermare i migranti di Tijuana «La migrazione ribaltata». Clandestini e poco integrati Una scuola d’arte per far superare i traumi della guerra

economiasolidale Molto rumore per abbattare un muro a mani nude Le molte strategie per competere nel mercato globale della birra

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utopieconcrete

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altrevoci

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stilidivita

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numeridivalori

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padridell’economia

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abbonamento

10 numeri 30,00 euro ˜ sostenitore 60,00 euro come abbonarsi I

bollettino postale c/c n° 28027324 Intestato a: Società Cooperativa Editoriale Etica, via Copernico 1 - 20125 Milano Causale: abbonamento/Rinnovo Valori

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Oltre Fiorani

Altro che furbetti di Andrea Di Stefano

UIGI GRILLO. MARCELLO DELL’UTRI. STEFANO PREVITI. SILVIO BERLUSCONI. Non manca nessuno all’appello stilato dall’ex amministratore delegato della Banca Popolare Italiana, Giampiero Fiorani nei numerosi interrogatori con i procuratori della Repubblica di Milano. Nel 2004 Fiorani ha affermato di aver consegnato in contanti 200 mila euro al senatore di Forza Italia Luigi Grillo per ringraziarlo dell’attività di lobby a favore di Fazio e per le sue esigenze politiche ed elettorali. Di quei soldi 100 mila euro secondo Fiorani finirono al senatore Marcello Dell’Utri sempre nell’ambito del lavoro di costruzione di una lobby per Fazio. Grillo oggi è indagato dalla procura di Milano ma non in relazione ai soldi di Fiorani, fatto per il quale fino a questo momento i magistrati non hanno ritenuto di procedere. Il senatore di Forza Italia risponde di concorso in aggiotaggio e l’iscrizione, di cui si è saputo solo dopo la chiusura delle urne, risalirebbe a diversi mesi fa. Grillo fu tra le prime persone ad essere messo al corrente dell’autorizzazione concessa da Antonio Fazio, all'epoca governatore della Banca d'Italia, in relazione all’offerta pubblica di acquisto sulla banca Antonveneta e di cui Fazio parò con Fiorani nella famosa telefonata della notte tra l’11 e il 12 luglio 2005 con “il bacio in fronte”. I pm non hanno ancora valutato la rilevanza penale o meno di una serie di dazioni di denaro avvenute nell'attività di lobby. Nello stesso quadro ci sono altre affermazioni di Fiorani che riguardano Cesare Previti, il quale «avrebbe avuto piacere di veder inserito il figlio nello staff legale di Banca Popolare di Lodi». E ancora, Grillo, Dell’Utri, Previti, sempre secondo Fiorani, «Previti attraverso il figlio Stefano Palenzona, Berlusconi. voleva accreditarsi come legale della banca». Al centro delle L’appello che viene fuori dagli dichiarazioni di Fiorani anche tre incontri con il presidente interrogatori è inquietante: del Consiglio Silvio Berlusconi. Il primo incontro fu ad agosto soldi per una lobby che del 2004 a villa Certosa in Sardegna dove erano presenti inquinava la politica e gli affari il senatore Grillo e Previti con le rispettive mogli. Fiorani parlò del suo progetto su Antonveneta e stando a quanto da lui riferito a verbale il premier disse di essere d’accordo solo se ci fosse stato il benestare del governatore Fazio. Il secondo incontro si verificò al salone nautico di Genova nell’autunno del 2004. Secondo Fiorani Berlusconi avrebbe chiesto di essere rassicurato in ordine all’inchiesta sul fallimento della società di sondaggi Hdc di cui era titolare Luigi Crespi, il sondaggista che nel 2001 aveva ideato il contratto con gli italiani presentato nella trasmissione “Porta a porta”. Fiorani disse a Berlusconi di non preoccuparsi. Un bel quadretto, nel quale non mancano il vicepresidente di Unicredit Fabrizio Palenzona: «ho effettuato tre operazioni per finanziare Palenzona. Devo premettere che Fiorani mi aveva chiesto di effettuare tali operazioni perchè dovevamo essere riconoscenti a Palenzona per le attività che lui conduceva in quanto amico di Tremonti». Boni si sofferma quindi su due pagamenti a Palenzona. «Il primo - racconta - venne da me effettuato a Lodi e consegnai una busta a Palenzona contenente 250mila euro in contanti: in questa occasione era presente anche Fiorani. Il secondo, nel 2004, lo feci a Milano in via Brolettto, per strada, e consegnai a Palenzona un plico contenente 600 mila euro in contanti». Un terzo finanziamento, ricorda poi l’ex vice-Fiorani, avvenne «su un conto presso BG-Monaco, con denominazione di un musicista e che trova causa nelle agevolazioni rispetto alla vendita dell’Iccri, (che era controllata da Unicredit)».

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ETICA SGR BANCA POPOLARE MILANO

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| fotoreportage | SHOBHA / CONTRASTO

> Mafia foto di Shobha / Contrasto

Bernardo Provenzano, ovvero l’ultimo capo di Cosa nostra. Era dal 1963 che un uomo delle forze dell’ordine non lo vedeva in volto. Lo stesso anno in cui venne istituita la commissione parlamentare antimafia. Dopo 43 anni di latitanza “binnu u tratturi” è stato arrestato a pochi passi da casa, tradito da un bigliettino dell’amata moglie.

hissà cosa direbbe oggi il grande Antonino Caponnetto, padre del pool antimafia di Palermo. All’indomani della strage di via D’Amelio, il fondatore del pool antimafia affermò: «Tutto è finito». La mafia siciliana gli aveva ammazzato due magistrati che considerava come figli: Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Era il 1992 e tutto sembrava veramente finito. Eppure la violenta offensiva scatenata da Cosa nostra altro non era che l’inizio del tramonto del clan dei corleonesi, il più feroce e sanguinario nella storia della mafia siciliana. Si iniziò con la cattura di Toto’ Riina, il capo dei capi, nel gennaio del ‘93. Le cosche, decimate dagli arresti, erano rese più fragili dalle collaborazioni dei pentiti, impoverite dai sequestri di armi e di denaro. Rimaneva però in libertà Bernardo Provenzano detto “binnu u tratturi”. Una latitanza che durava da quasi mezzo secolo. L’ultimo contatto tra le forze dell’ordine e il boss risaliva al 9 maggio del 1963, quando venne convocato nella caserma dei carabinieri di Corleone per accertamenti. Fu l’ultima volta che qualcuno lo vide in volto. Di lui si perdono definitivamente le tracce il 18 settembre del ‘63. Lo stesso anno in cui venne istituita la prima commissione antimafia. Nell’ordinanza di rinvio a giudizio del maxiprocesso, i giudici di Palermo lo descrivevano così: «Provenzano si è rivelato uno dei personaggi più sfuggenti ed inafferrabili, oltre che uno dei piu’ feroci e sanguinari, di Cosa nostra». A nulla erano servite le descrizioni fin troppo minuziose dei pentiti per scoprire i luoghi dove si nascondeva il boss. Provenzano era capace di sopportare l’insopportabile, perché era “firrignu” cioè forte: poteva vivere in condizioni dure ed era molto attento a non usare telefoni. Per dirigere i suoi affari usava i “pizzini”, cioè fogliettini di carta mandati ai destinatari da uomini fidati. Si sentiva così sicuro della propria impunità che nel 2003 affrontava un viaggio in auto dalla Sicilia fino in Francia, a Marsiglia. Si doveva sottoporre ad un delicato intervento chirurgico alla prostata. Un’operazione riuscita e che paradossalmente potrebbe essere persino stata rimborsata dall’Asl di Palermo. Una circostanza su cui stanno indagando i magistrati per scoprire se effettivamente Provenzano, che si fece ricoverare sotto il falso nome di Gaspare Troia, avesse fatto domanda alla Regione per ottenere il rimborso dell’intervento. Oggi il boss incontrastato di Cosa nostra ha finalmente un volto. L’11 aprile scorso i reparti speciali della polizia hanno messo fine alla fuga infinita di questo acrobata della clandestinità. Lo hanno scovato all’interno di una masseria vicino alla sua Corleone, dove il padrino trascorreva la propria latitanza godendo degli appoggi di alcuni luogotenenti e dei parenti più stretti. Gli è stato fatale l’amore per la moglie e alcuni “pizzini” scritti dalla amata e a lui indirizzati.

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L’AUTORE Shobha è una fotografa poliedrica, il cui nome è conosciuto in tutto il mondo. Nata a Palermo nel 1954, studia musica al Conservatorio di Milano e successivamente si stabilisce in India e negli Stati Uniti. Nel 1980 inizia a fotografare per il quotidiano L’Ora, di Palermo. Le sue immagini ritraggono il mondo politico e sociale durante gli anni caldi delle guerre di mafia. Nel 1985, a Palermo, dà vita al Laboratorio d’IF, un centro di cultura e fotografia che organizza corsi, mostre e rassegne con i più importanti fotografi internazionali. Dal 1987 inizia ad occuparsi di temi sociali ed internazionali; per un periodo si trasferisce a Cuba, lavorando sui vari aspetti dell’isola. Ha pubblicato sulle più importanti testate italiane e straniere, tra le quali Stern, Zeit Magazine, Cosmopolitan, New York Times, Sunday Times, Glamour, Der Spiegel, Il Venerdì, Panorama, L’Espresso, Vanity Fair, Max e Amica. Ha inoltre realizzato, insieme alla giornalista Petra Reski, un libro su Rita Atria e le pentite della mafia, edito in Germania da Hoffmann Und Campe; un libro di Marcelle Padovani su Giovanni Falcone, in Spagna; a Palermo“Auguri Comandante! È nata una femmina” per le Edizioni della Battaglia mentre in Francia con Desmart. Il suo impegno fotografico ha coinciso con un grande interesse per la situazione siciliana e al fenomeno mafioso ha segnato tutto il corso della sua opera.

Due nipoti di Girolamo Liggio, cugino del boss mafioso Luciano Liggio. Le donne hanno un ruolo fondamentale nella sottocultura mafiosa. Le prime imputate risalgono al 1928, anno del processo alla mafia delle Madonie.

Corleone, 2000

> Mafia

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SHOBHA / CONTRASTO

| fotoreportage |

Sopra, una delle figlie di Totò Riina. A sinistra, la casa di Giacinto di Salvo a Bagheria in cui Bernardo Provenzano è stato ospitato e, qui a fianco, il palazzo in cui vivono la moglie e il figlio del boss a Corleone. Pagina di destra, in alto, la cognata di Totò Riina mentre cammina per le vie di Corleone. Sotto, Mormino, l’avvocato dei mafiosi, al teatro Massimo di Palermo con la moglie.

> Mafia

Sicilia, 1998/2002

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| fotoreportage | SHOBHA / CONTRASTO

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In alto, da sinistra a destra: il magistrato Marisa Sabella; Antonio Ingroia, sostituto procuratore di Palermo; l’avvocato Rosalba Di Gregorio nel suo studio; il magistrato Antonio Caponnetto, morto nel 2002; Teresa Principato, sostituto procuratore presso la direzione distrettuale antimafia di Palermo; Piero Grasso, capo della procura nazionale antimafia.

Sicilia 1994/2005

Fila centrale: a sinistra, la statua di Padre Pio fatta costruire da Giacinto di Salvo (uomo di Provenzano) a Bagheria; a destra, la spiaggia di Mondello a Palermo, dove lo stesso Provenzano andava a passeggiare.

Sicilia, 2002

Fila in basso, da sinistra a destra: Capaci, monumento sull’autostrada in memoria di Giovanni Falcone; i funerali del giudice Paolo Borsellino a Palermo, ucciso nel 1992; via Carlo Alberto Dalla Chiesa; Ciaculli, periferia di Palermo, il corpo di Benedetto Grato assassinato per strada nel 1984; bambini davanti al monumento dedicato alle vittime della lotta contro la mafia; Brancaccio, Palermo, il funerale di Padre Puglisi, ucciso dalla mafia nel 1993.

> Mafia

Sicilia 1984/2004 | 12 | valori |

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Sopra, Santina Rizzo Barafranca: suo figlio di 11 anni è stato ucciso per essere stato testimone di un omicidio mafioso. A sinistra, Chiara Azzolini, figlia del gioielliere ucciso dalla mafia assieme al fratello, la madre si è suicidata dopo alcuni giorni; qui a fianco, Rita Atria, una delle prime e più giovani pentite, si è suicidata dopo l’assassinio del giudice Borsellino col quale collaborava. Pagina di destra, in alto, commemorazione di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, un anno dopo la strage. Sotto, Felicia Bartolotta Impastato mostra una fotografia del figlio Peppino, ucciso dalla mafia nel maggio del 1978.

> Mafia

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I lamponi del vescovo come segnale >18 L’incredibile storia della Madonna di Polsi >20 I tanti legami tra cosche e politica >22 Promosse le coop ma mancano gli imprenditori >25

a cura di Paola Fiorio, Francesca Paola Rampinelli e Giovanni Vignali

STEFANO SNAIDERO / CONTRASTO

dossier

Il cartello che segnala l’ingresso alla città simbolo dello strapotere delle cosche calabresi che secondo le più recenti analisi realizzano un fatturato annuo di 36 miliardi di euro, pari al 3,6 del Pil nazionale. Un impero economico fatto di traffico di armi e droga, ma anche di appalti pubblici e estorsione e che produce un enorme liquidità.

Locri, 2006,

Mafia

Le ferre contro il ricatto Per combattere il potere criminale non bastano investigatori e poliziotti L’esperienza calabrese fa paura perchè dimostra che si può vivere senza la mafia

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| dossier | mafia |

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I lamponi del vescovo come segnale di cambiamento di Francesca Paola Rampinelli

ho scomunicato la ‘ndrangheta; ho scomunicato chi ha compiuto atti violenti contro la vita». Lo afferma deciso il vescovo di Locri, Monsignor Giancarlo Maria Bregantini in risposta a chi gli chiede del gesto con cui ha risposto all’ennesimo attentato contro la cooperativa che grazie al suo imput da quasi dieci anni dà lavoro ai figli dei boss in Aspromonte. L’iniziativa del vescovo deve dare veramente fastidio da queste parti visto che, a meno di un mese dalla scomunica, l’azienda non profit è stata nuovamente colpita da un atto di vandalismo che ha causato danni meno gravi dal punto di vista economico ma ha ripetuto l’avvertimento che era appena stato lanciato. «Occorre coscientizzare chi viola la vita e la scomunica vale in questo caso come nel caso in cui si sanziona chi pratica l’aborto», spiega monsignor Bregantini mentre corre da un appuntamento all’altro.

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L’attacco della ‘ndrangheta contro le serre è un avvertimento contro un messaggio forte di riscatto DISOCCUPAZIONE [2004] Fonte: Diset

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VALORE AGGIUNTO [TOT AL NETTO SIFIM, DATI 2003 IN MLN EURO] Fonte: Istituto Tagliacarne

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«È chiaro che indirettamente si scomunica la mafia ma io non ho nemmeno nominato la ‘ndrangheta» spiega Bregantini. «La Chiesa non può restare a guardare mentre si fanno sempre più feroci gli attacchi alla vita; nelle ultime settimane sul nostro territorio gli episodi sanguinosi si sono succeduti al ritmo di uno al giorno. Bisogna sanzionare anche chi viola una fonte di vita come il lavoro e la terra, d’altra parte fin da tempi remotissimi la Chiesa ha scomunicato chi, per esempio, violava le viti». Naturalmente il gesto del vescovo ha destato scalpore in tutta Italia e ancora maggior effetto fa in una realtà dove la religione e la religiosità assumono valenze sociali sconosciute al resto del paese. «Qui le reazioni tra la gente sono state principalmente di due tipi» spiega ancora il vescovo «da una parte si è vista la scomunica come momento provvidenziale per educare le coscienze, altri invece hanno sostenuto che forse era meglio usare la misericordia ma io rispondo che per la misericordia c’è sempre ancora spazio. Infatti la Chiesa ha sempre usato la scomunica come momento penitenziale temporaneo che deve stimolare la consapevolezza del male per poi riaccogliere dopo il pentimento». Insomma un uomo deciso questo vescovo trentino da una dozzina di anni trapiantato a Locri che, nonostante le ripetute minacce, non ha mai voluto sentir parlare ne di scorta ne di protezione perché “non

LE COOPERATIVE FUNZIONANO SE HANNO UNA FORTE SPINTA ETICA

IMPRESE ATTIVE EXTRA AGRICOLE [TOT. 2004 E VAR. MEDIA ULTIMI 5 ANNI]

COSENZA

LE COOPERATIVE SOCIALI QUI FUNZIONANO perché hanno un’anima, dei valori che le sostengono, dove invece le cooperative devono creare valore non funzionano: non c’è cultura imprenditoriale. È la sintesi di un mondo che in Calabria, e in Locride particolarmente, assume un peso ben più rilevante che nel resto d’Italia. Nella regione infatti si contano più di 20 mila cooperative di cui la metà di matrice religiosa contro le circa 25 mila imprese profit con almeno un dipendente. Il nodo della mancanza di spirito imprenditoriale è decisamente arduo da superare se si aggiunge alle difficoltà proprie del territorio date dalla massiccia presenza di ‘ndrangheta e massoneria. L’impressione è proprio che dove non c’è una forte spinta etica in realtà anche le cosiddette cooperative sociali ricadano nel vizio dell’assistenzialismo. Uno dei soci di una storica cooperativa di Locri fa notare che rispetto al denaro piovuto sul paese con i patti territoriali dal 1999 al 2000 ben poche sono le realtà “sociali” finanziate che sono sopravvissute. Diverso è il discorso per l’ampio progetto messo in piedi dal vescovo di Locri Monsignor Brigantini. In circa un decennio di attività un fenomeno che era partito in sordina si è trasformato in una valanga: tra cooperative sociali, cooperative non sociali e altre imprese, legate al Consorzio Goel, che fa riferimento al vescovo appunto, sono 152, con 726 soci e 1315 occupati con un ammontare del fatturato aggregato pari 16.260 mila euro. Nel “manifesto programmatico” presentato da Goel a novembre del 2005, subito dopo l’omicidio Fortugno, tra le azioni necessarie per cominciare ad emergere da questa realtà è particolarmente forte la richiesta di valorizzare le cooperative sociali di tipo B (quelle cioè che fanno inserimento lavorativo delle persone svantaggiate). Intanto “una cooperativa sociale è espressione della comunità locale e dunque palestra di partecipazione e cittadinanza attiva” inoltre è una scuola di alta imprenditorialità, in quanto rendere sostenibile una cooperativa sociale di tipo B è molto più difficile che far quadrare i conti di una qualsiasi impresa” e per finire “la cooperazione sociale è una spazio di integrazione e solidarietà capace di includere persone che altrimenti verrebbero inevitabilmente escluse dal mercato del lavoro alimentando il disagio da cui attinge la ‘ndrangheta”.

sarebbe un bel segnale per la popolazione” e che al problema del lavoro ha fin da subito risposto che dove non c’è lavoro bisogna inventarlo. L’invenzione del vescovo si è concretizzata nell’intuizione che anche sulle montagne dell’Aspromonte si potevano coltivare i piccoli frutti che si coltivano in Trentino ma, vista la differenza del clima, d’inverno invece che d’estate (“perché la sinergia dia i massimi risultati dobbiamo produrre a stagioni alterne spiegano i tecnici delle serre”). La Cooperativa Valle del Bonamico produce piccoli frutti e, grazie alla collaborazione con i tecnici trentini specializzati in questo campo, è arrivata a produrre circa 200 quintali di piccoli frutti all’anno pari al 10% della produzione nazionale e per dimostrare “disaccordo” nei confronti dell’iniziativa è bastato del diserbante nella botte del concime. Con questo semplicissimo sistema infatti alla fine di marzo sono state letteralmente bruciate più di diecimila piantine di lampone rifiorente per almeno 120 quintali di frutti con dan-

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[+2,7%] 10.207

VIBO VALENTIA [+3,2%] 10.029 Fonte: Diset

ni stimati approssimante per duecentomila IL TERRITORIO euro. «Non si tratta di un gesto contro una realtà economica che da fastidio» spiega il Calabria Superficie: 15080 kmq vescovo «il gesto è contro l’idea, contro la Popolazione: 2.009.268 mentalità di riscatto». Quello che la mafia Reggio Calabria non può tollerare insomma è il concetto che Superficie: 3.183 kmq Popolazione:565.866 si possa fare qualcosa, qualsiasi cosa senza Cosenza sottostare alle sue regole, oltre al fatto che, Superficie: 6.650 kmq come sottolinea ancora monsignor BregantiPopolazione: 732.615 ni rispondendo alle polemiche che lo accuCatanzaro Superficie: 2.391 kmq sano di dare lavoro ai parenti degli affiliati Popolazione: 368.923 alle cosche «il vero certificato antimafia qui Crotone è il lavoro onesto; se rifiutiamo di far lavoraSuperficie: 1.717 kmq Popolazione: 172.970 re il figlio di un mafioso lo condanniamo a Vibo Valentia fare la stessa fine di tutti i membri della sua Superficie: 1.139 kmq famiglia. Se vogliamo veramente togliere alPopolazione: 168.894 la mafia chi rischia di essere risucchiato dobFonte: Istat biamo fornire un’alternativa valida». È lo stesso concetto che con parole ancora più dirette sostiene Vincenzo Linarello presidente del consorzio sociale Goel che raccoglie tutte le cooperative che fanno capo alle iniziative del vescovo. «Valle del Bonamico» afferma infatti Linarello «coinvolge volontariamente i figli dei mafiosi, non l’abbiamo mica fatta per i figli di papà! D’altra parte uno che esce dal carcere ed è interdetto dai pubblici uffici non avrà mai il certificato antimafia per poter avviare un qualsiasi tipo di impresa e solo un lavoro “rispettabile” potrà evitare che torni da mamma mafia. Quello che bisogna proporre infatti è qualcosa che possa competere con ciò che offre la mafia al di là dei valori: un lavoro competitivo anche dal punto di vista economico. Da un lato facciamo antimafia e dall’altro diamo lavoro ai figli dei mafiosi». «Non siamo oggetto di disturbo perché abbiamo guadagnato troppo» sottolinea il presidente di Goel «ma perché abbiamo sconfinato in logiche di potere. Infatti il consorzio è nato dall’idea di costruire una rete di operatori per guadagnare forza e autorevolezza. Vuole essere, non solo una struttura d’impresa, ma anche una struttura politica al punto che puntiamo a portarla a livello regionale con il progetto WelfareCalabria anche se siamo coscienti del rischi che ciò comporta». «Vogliamo assumere cioè non solo un carattere difensivo ma anche alzare il tiro». Spiega Linarello: «ci rendiamo conto che se oggi il

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NON SI FERMANO I RAGAZZI DI “AMMAZZATECI TUTTI” IL LORO STRISCIONE (E adesso ammazzateci tutti) ha fatto il giro del mondo. Sono i ragazzi di Locri che all’indomani dell’omicidio di Francesco Fortugno davanti al seggio elettorale per le primarie dell’Unione, il 16 ottobre dello scorso anno, sono scesi in piazza per urlare tutto il loro sdegno e dire basta. Basta con la criminalità organizzata, con gli attentati mafiosi, con gli omicidi. A distanza di sei mesi la loro voce non si è spenta e in aprile il Consiglio regionale ha presentato un libro su di loro, “I ragazzi di Locri”, per l’appunto. Ma da quella manifestazione di ottobre sono nate anche altre importanti iniziative. Come il Forum per la resistenza e la verità (Fo.re.ver) istituito presso palazzo Nieddu, a Locri, lo stesso dove Fortugno fu ucciso. «Abbiamo voluto dare a questi ragazzi un luogo di interlocuzione e di incontro», spiega il sindaco Carmelo Barbaro. Per comunicare con gli altri ragazzi d’Italia, poi,

i giovani di Locri hanno anche fatto un sito internet. Insomma non si è fermata la meglio gioventù calabrese e in occasione delle elezioni ha mandato il suo segnale ai politici invitandoli a sottoscrivere un Patto etico per la legalità con cui si impegnano a rifiutare qualsiasi apporto elettorale da parte di persone sottoposte a misure di sorveglianza speciale. Qualcuno ha pensato che fossero strumentalizzati, ma Valeria Buccisano, segretario Ds di Locri taglia corto: «è un movimento spontaneo. Se ha una direzione politica questo è dato dal fatto che ognuno di loro ha una propria appartenenza politica». Paola Fiorio

movimento viene tollerato per la presenza di un vescovo così benvoluto sul territorio, il tentativo di espansione farà cambiare le cose sia a livello di mafia che di massoneria deviata». Il problema locale infatti non si chiama solo mafia ma anche massoneria deviata ed è tra le maglie e gli intrecci delle due organizzazioni che bisogna destreggiarsi. «La mafia attacca chi dà fastidio o direttamente con gli attentati o con la diffamazione grossolana per cui, per esempio tutti i morti ammazzati hanno torto e comunque sono stati uccisi per questioni sentimentali, la massoneria deviata invece è molto più sottile e ricorre all’insinuazione più indiretta mettendo in giro voci e sospetti». Il vescovo si è preoccupato anche del dato pratico e ha chiesto un aiuto economico a tutte le diocesi Italiane per sanare il danno. «Per evitare qualunque insinuazione circa l’uso che si farà del denaro in arrivo» precisa Linarello «abbiamo aperto un conto corrente i cui movimenti verranno resi noti quotidianamente su Internet e, se verrà raccolta una cifra superiore a quanto necessario per riparare il danno alla serra, verrà istituito un fondo per la legalità».

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INDICE DI PERMEABILITÀ MAFIOSA [2005]

INTIMIDAZIONI MAFIOSE ALLE AMMINISTRAZIONI LOCALI [2000-2004] Fonte: Eurispes

52,7 PUNTI

CONSIGLI COMUNALI SCIOLTI [1991-2005]

Fonte: Eurispes 121

32,2 PUNTI

REGGIO CALABRIA

30,9 PUNTI

CROTONE

28,1 PUNTI

CATANZARO

VIBO VALENTIA

68

24.5 PUNTI COSENZA

Fonte: Eurispes 19

REGGIO CALABRIA

32 CROTONE

56

7

46 CATANZARO

3 VIBO VALENTIA

COSENZA

REGGIO CALABRIA

CROTONE

CATANZARO

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1

VIBO VALENTIA

COSENZA

La Madonna di Polsi, mafia e devozione In occasione del tradizionale pellegrinaggio estivo al Santuario nascosto tra le montagne dell’Aspromonte presso si svolgono i raduni plenari della ‘ndrangheta San Luca

e, in modo particolare degli abitanti della Locride, è splendidamente sintetizzato da un brano tratto dalla “Storia della Calabria, dall’antichità ai giorni nostri” di Augusto Placanica che, riferendosi al profondo malgoverno che “ha pervaso la cultura di F. P. Rampinelli di Calabria” determinando per la regione un “malinconico destino”, definisce l’identità calabrese come quell’insieme di “valori e comportamenti, e dunque l’orgoglio e l’originalità, il culto dell’intelligenza e del sapere, le capacità contestative, il rifiuto delle imposture del potere”. Eppure questi valori positivi, che ancora oggi si leggono chiaramente nelle azioni concrete delle persone che cercano di risollevare la regioLa processione ne dalla pesante oppressione dell’ndrangheta e della Madonna di Polsi o Madonna della massoneria, sono stati nel corso della storia della Montagna schiacciati da comportamenti commissivi ed omissivi che si festeggia nel cuore che determinato la situazione attuale. dell’Aspromonte Un esempio delle contraddizioni profonde legate al l’1 e 2 settembre.

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O SPIRITO DEI CALABRESI

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carattere di questa terra è quello della festa della Madonna di Polsi o Madonna della Montagna che si festeggia l’1 e 2 settembre presso il Santuario di Maria della Montagna, nella Vallata del Bonamico presso il paese di San Luca, nel cuore dell’Aspromonte. Il suggestivo santuario incastonato nella montagna, in occasione della festa della Madonna, è da sempre meta di un fervente pellegrinaggio e, contemporaneamente, sede delle riunioni plenarie della ‘ndrangheta, come spesso ripetuto nei dossier della Commissione parlamentare antimafia che segnalano come le decisioni importanti e gli accordi tra le diverse ‘ndrine vengano prese spessissimo in occasione della festa di settembre. Già le modalità della festa con la folla che si accalca cantando al ritmo delle zampogne e dei tamburelli e i sacrifici di capre che, fino a poco tempo fa venivano sgozzate sul sagrato della Chiesa, ricorda più un rito pagano che una festività cristiana. Recentemente però il vescovo di Locri ha risposto alle richieste indignate di chi tro-

vava barbaro il sacrificio degli animali rispondendo che si tratta di una tradizione millenaria e chi quindi, in quanto tale, va conservata. Anche la Madonna oggetto di tanta devozione rappresenta una sintesi del carattere dei suoi devoti. Infatti, scrive Corrado Alvaro, uno dei maggiori scrittori calabresi nato proprio a San Luca: «La madonna é opera siciliana del secolo XVI, scolpita nel tufo e colorata, due occhi bianchi e neri, fissi che guardano da tutte le parti ... Questa madonna non ha nulla di dolce, bensì d’imperioso, nessuno può muoverla dalla sua nicchia senza che avvenga il terremoto, e per poterla portare in processione ... se n’è fatta una copia, ma più leggera ...». D’altra parte anche le grida di rito che lanciano le donne rivolte alla statua al termine della processione nulla hanno di mite e misericordioso ma esprimono anzi una fede testarda e determinata: «… eu non mi movu di cca si la grazia Maria non mi fa …» (io non mi sposto da qua se la Maria non mi concede la grazia).

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A LAMEZIA I ROM NON SONO PIÙ NOMADI LA COMUNITÀ DELLA CITTADINA CALABRESE è stanziale da secoli ma non integrata con il territorio. «Non è grandissima, sono circa 600 persone, ma è qui stanziale da moltissimo tempo e non è ancora integrata con il territorio» afferma Marina Galati, psicologa, membro della Comunità Progetto Sud di Lamezia e presidente della cooperativa sociale Ciarapanì, parlando della comunità rom di Lamezia Terme. Gli zingari del gruppo Rom, oggi più o meno seimila, sono presenti in Calabria sin dal XIV secolo, vivono in modo stabile in quattro comunità, a Lamezia Terme, Catanzaro, Cosenza e Reggio Calabria. Galati ha fondato la cooperativa Ciarapanì, in lingua rom “tenda che protegge dalla bufera”, per favorire l’integrazione con la popolazione locale a partire da quella dei giovani. Qualche anno fa l’attuale presidente della regione Puglia, Nichi Vendola, presentò un interrogazione parlamentare spiegando che «in contrada Scordovillo di Lamezia Terme sorge una baraccopoli costruita sotto il muro della ferrovia e circondata da una discarica di rifiuti urbani che ne delimitano i contorni; le baracche di tavole e pezzi di lamiera ondulata che formano il campo dove vivono circa 700 Rom calabresi sono del tutto prive di servizi igienici, acqua corrente e spesso di energia elettrica; a Scordovillo i bambini giocano con i rifiuti e i topi scorazzano per le baracche che d’inverno quando piove sia allagano in continuazione. Nel campo sono di casa le malattie dei poveri come il tifo, il rachitismo, la meningite e l’epatite virale - quest’ultima praticamente endemica». Vendola aggiungeva che «alla risoluzione del problema abitativo va affiancato un programma straordinario di inserimento lavorativo al fine di dare dignità e sussistenza ai Rom di Lamezia Terme; in passato la sperimentazione di alcune borse lavoro ha dato risultati eccezionali. Là dove le opportunità sono state offerte a donne e giovani Rom, esse sono state ampliamente colte producendo un riscatto delle persone nonché un’ottima qualità Niki Vendola delle prestazioni”. Anche Galati fa ha presentato insistentemente riferimento alla necessità, qualche anno fa un’interrogazione prima di tutto, di lavoro “come luogo parlamentare di sicurezza sociale» e «come ruolo di sulla comunità Rom di Lamezia. ed espressione di cittadinanza per tutti».

Il santuario è da sempre meta di un fervente pellegrinaggio e nello stesso tempo sede delle riunioni plenarie delle cosche |

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FATTURATO DA MULTINAZIONALE PER LE ’NDRINE UN GIRO D’AFFARI DA CAPOGIRO quello della ‘ndrangheta. Secondo una stima di Eurispes, che si è messa a fare i conti in tasca alla criminalità organizzata calabra, il bilancio del 2004 ammontava a quasi 36 miliardi di euro, pari al 3,4 del Pil nazionale. «La criminalità limita la crescita socio-culturale della Calabria», spiega Raffele Rio, presidente della sede regionale dell’Eurispes. «Abbiamo voluto dare un contributo per fronteggiare il crimine organizzato». E la prevenzione, Rio ne è convinto, passa anche attraverso la diffusione della conoscenza del fenomeno e della sua pericolosità. «La ‘ndrangheta è ormai una holding finanziaria. Si muove con gli stessi criteri, distrugge i competitors e impoverisce quotidianamente cultura ed economica calabra». Nel dettaglio, il traffico di droga si conferma il settore più remunerativo per le’ndrine che dal settore intascano 22,3 miliardi. Proventi da far invidia a una multinazionale anche dagli appalti pubblici truccati con una stima di 4,7 miliardi di euro, ben il 18,6% della ricchezza complessiva prodotta in Calabria. Seguono a ruota traffico d’armi e prostituzione che complessivamente rappresentano 4,6 miliardi di euro tra le voci attive del bilancio della criminalità organizzata. 4,1 miliardi di euro vengono invece dal mercato dell’usura che, spiega l’Eurispes, non è gestito direttamente

dalle cosche, ma si avvale di personaggi ad esse contigui che rappresentano il legame tra la società civile e quella mafiosa. Per monitorare le infiltrazioni criminali nel territorio, l’Eurispes ha anche realizzato un Indice di permeabilità mafiosa (Ipm) valutando le variabili socio-economiche delle cinque province calabresi. La classifica 2005 assegna per il secondo anno consecutivo il primato negativo a Reggio Calabria, cui fa capo la fascia territoriale della locride. A far conquistare i vertici della graduatoria al capoluogo regionale sono stati i 19 comuni sciolti per infiltrazioni mafioso dal 1991 al 2005, gli atti intimidatori contro gli amministratori locali (ben 121 tra il 2000 e il 2004) e il tasso di disoccupazione (19,2% nel 2004). Paola Fiorio IL FATTURATO DELLA ’NDRANGHETA

DROGA APPALTI PROSTITUZIONE 2.352 USURA ED ESTORSIONE ARMI 2.352 TOTALE

22.340 4.703 4.116 35.863 Fonte: Eurispes / Sole 24 Ore

I tanti legami tra cosche e mondo politico Nel silenzio della grande stampa le indagini della magistratura possono scoperchiare molti intrecci

“E

ADESSO AMMAZZATECI TUTTI”. Pochi giorni dopo l’uccisione di

Francesco Fortugno, una consistente fetta di società civile calabrese manifestò in piazza. L’omicidio del vicepresidente del Consiglio regionale, medico deldi Giovanni Vignali l’ospedale di Locri, ha rappresentato uno dei punti più alti di sfida della ‘ndrangheta alla politica e allo Stato. Una sfida che i magistrati di Catanzaro e Reggio Calabria hanno saputo cogliere rispondendo con gli arresti di nove persone - di cui quattro accusate di essere i componenti del commando che freddò Fortugno - ma ancor di più con una serie di inchieste che sono andate in profondità, a scandagliare gli intrecci fra malavita organizzata, pezzi di amministrazione, professionisti prestati al malaffare, fiancheggiatori vari, nonché ovviamente la manovalanza del crimine. I settori coinvolti sono i più disparati. La sanità innanzi tutto, con il rapporto della Commissione guidata dal prefetto Paola Basitone, per far luce su quanto accaduto a Locri. Il quadro che inizia ad emergere - e che dovrà ora essere verificato con ulteriori approfondimenti - tratteggia scenari che potrebbero fornire spunti importanti, mente si tenta di dipanare la nebbia attorno ai mandanti dell’assassinio del politico. L’Asl di Locri viene descritta come un centro d’affari e di potere, con un bi-

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lancio di 172 milioni di euro l’anno, due ospedali, 1700 dipendenti. Secondo quanto stabilito dalla Commissione, voluta dal ministero dell’Interno, almeno 75 sarebbero stati gli episodi delittuosi ascrivibili agli interventi mirati a convincere quanti osavano denunciare le irregolarità interne. In una delle schede redatte dal gruppo di lavoro compare lo schema di potere delle cosche all’interno dell’ospedale, con 124 dipendenti indicati in rapporti di polizia come collegati alle principali ‘ndrine che operano sul territorio, e 36 dipendenti rimasti uccisi in agguati di mafia. Gli ambiti sui quali si è andati a puntare l’indice sono quello degli appalti, per lo più affidati a trattativa privata e quindi aggirando la legge che impone bandi pubblici di gara. Ma anche i contratti firmati con aziende che si ripetono, o i cui referenti ritornano sempre uguali, quando non spalleggiati da prestanome, le convenzioni con cliniche private, i lavori di ristrutturazione, le forniture di presidi medici, hanno portato il prefetto e i suoi collaboratori a compilare un rapporto severissimo. Pagine che ora potrebbero costituire almeno in parte lo spunto per nuove inchieste, affidate stavolta alla magistratura. In contemporanea i pm di Reggio risalivano velocemente la catena di comando che ha eseguito il delitto: non abbastanza però per salvare la vita a un giovane calciatore di soli 28 anni, Vincenzo Cotroneo, che

doveva comparire davanti ai pm per rendere la sua testimonianza ma che è stato ucciso la notte prima dai killer. Qualcuno li aveva avvertiti, a lui è rimasto solo il tempo per raccontare alla fidanzata, in diretta via cellulare, quanto stava accadendo: “Mi stanno ammazzando”. Sono pressapoco suoi coetanei i quattro indagati con l’accusa di aver sparato “come a un cane” contro Fortugno, alle 17 e 20 del 16 ottobre, a palazzo Nieddu: Salvatore Ritorto, considerato l’esecutore, Domenico Audino, l’autista, Carmelo Dessì e Domenico Novella, ritenuti i complici. Sarebbero tutti e quattro affiliati al clan dei Cordì; adesso gli inquirenti vogliono capire chi diede loro l’ordine di uccidere il politico calabrese.

FIDUCIA NELLE ISTITUZIONI [INDICE 2004 E VARIAZIONE 2003]

ASSOCIAZIONI DI VOLONTARIATO [–5,1%] 70,5% FORZE DELL’ORDINE [–0,9%] 70,0% ISTITUZIONI RELIGIOSE [+1,3%] 69,7% MAGISTRATURA [+5,4%] 58,6% SINDACATI [–1,1%] 42,1% PARTITI POLITICI [–8%] 24,4% Fonte: Eurispes

Molte armi e droga Negli stessi giorni, mentre lo Stato muoveva la sua controffensiva alla ‘ndrangheta e tornava d’attualità anche un blitz piuttosto recente delle quantità di pattume che galleggiava fra le onde respingeva ogni giorforze di polizia, “Operazione Intreccio”, che aveva consentito di sgono i bagnanti. Nelle carte dell’inchiesta “Poseidone” - così è stata riminare un traffico d’armi e droga nella regione, la malavita organizzabattezzata - sono finiti in qualità d’indagati anche alcuni personaggi ta non è rimasta inoperosa. Ha continuato ad inviare i suoi messaggi inche contano, nella politica nazionale: Giovanbattista Papello, uomo di timidatori a chi lavora concretamente, con coraggio, per dimostrare che An molto vicino a Gasparri, Fabio Schettini, ex collaboratore di Frattiun’alternativa esiste. Come giudicare altrimenti le dodicimila piantine ni, nonché vero e proprio leader dei club di Forza Italia a Roma, Lodi ribes, lamponi e mirtilli avvelenati da ignoti nella cooperativa “Valle renzo Cesa, segretario nazionale dell’Udc. Tutti e tre soci del Bonamico”, azienda che si regge sull’opera di giovani LIBRI dell’Spb Optikal Disc: una ditta che ha ricevuto i fondi neltolti alla manovalanza mafiosa, nata grazie anche al sostel’ambito del Programma regionale finanziato dall’Ue per gno del vescovo di Locri monsignor Giancarlo Bregantini? Corrado Alvaro Gente in Aspromonte. creare posti di lavoro dalle parti di Cosenza, ma la cui viIl presidente, Pietro Schirripa, ha raccontato che questo 1930 cenda ha lasciato a bocca aperta chi ha avuto modo di sedanno – calcolato in diverse centinaia di migliaia di euro – Garzanti Libri, Gli elefanti, Narrativa guire le sue peripezie. Ricevuti i 5 miliardi che servivano è solo il più clamoroso e sfrontato di molti che si stanno per far partire l’impresa e passati i collaudi, è stata rilevata susseguendo da tempo: sabotaggi di varia natura, forme di Stajano Corrado Africo. Una cronaca da un colosso delle intercettazioni telefoniche e ambienpressione per far desistere chi si impegna quotidianamenitaliana di governanti tali, la Data General Security di Salvatore Di Gangi. Chi ha te nella riuscita dell’impresa, tentativi di impaurire i ree governati, di mafia, di potere e di lotta preso possesso successivamente di quel capannone non sponsabili e gli operai della coop., facendo trovare loro gat1979 credeva ai propri occhi: mancavano ancora i collegamenti impiccati la mattina, alle porte dell’azienda. Einaudi, Gli struzzi ti alla rete fognaria e parte del tetto, i macchinari conteLo striscione dei ragazzi di Locri non è un’iperbole: CoPlacanica Augusto nuti all’interno erano imballati. In compenso a casa di troneo nè una testimonianza, i 37 dipendenti dell’Asl di Storia della Calabria dall’antichità uno degli indagati – Papello – sono state trovate trascriLocri morti ammazzati, pure. ai giorni nostri zioni di intercettazioni telefoniche illegali fra rappresenSe la sanità è uno di quei settori sui quali si sta alzan1993 Donzelli, Saggi, storia tanti della sinistra (Fassino e Folena, ndr) e il numero uno do il velo, a Catanzaro invece, nel mare magnum delle e scienze sociali dell’Anas, Pozzi. Negli stessi giorni a Roma e a Milano opere pubbliche finanziate dalla Comunità europea, i maCampanella Tommaso esplodeva lo scandalo Laziogate e i titolari dell’inchiesta gistrati hanno rinvenuto le tracce per scoperchiare uno deLa città del sole. calabrese si rapportavano con i colleghi del resto d’Italia, gli scandali ambientali più clamorosi degli ultimi decenni. 1602 Laterza, Economica per capire se questa delle spiate ai danni di politici non sia Instradati dalla Corte dei conti, che segnalava il disastro qualcosa di più di una mera coincidenza. dell’inquinamento delle spiagge calabresi nell’estate 2005, Barillaro Giuseppe Calabria. Le perquisizioni ordinate a Catanzaro hanno fatto i pm hanno iniziato a seguire le strade invero alquanto Terra d’altri tempi. emergere una serie di ditte intrecciate fra loro come nel contorte di decine di milioni di euro spariti, per depurato1950 L’Autore Libri Firenze, più classico modello delle scatole cinesi, capaci di accenri che non depuravano e collettori fognari mai collaudati. Biblioteca 80, Narratori trare su di sé gran parte dei finanziamenti pubblici e i cui Aziende che avrebbero dovuto smaltire rifiuti sulla cui La Cava Mario fondatori erano sempre le stesse persone, o loro parenti. condotta sono in atto riscontri minuziosi e un CommisI misteri della Calabria. Appurato che i denari provenienti da Bruxelles non sersariato, quello appunto dedicato all’emergenza ambienta1952 Jaca Book, Qualecultura vivano per curare il mare calabrese, ora il punto è stabile, che dal 2000 al 2005 avrebbe operato in deroga alle norlire a cosa siano serviti, e dove siano finiti. Un’idea i pm me nazionali e comunitarie in materia di appalti e di Addante Pietro se la sono iniziata a fare se è vero che hanno ordinato una trasparenza, stando a ciò che hanno scritto i pm. Che l’eSan Francesco di Paola 1988 serie di rogatorie internazionali per poter andare a verifistate 2005 sia stata un disastro in Calabria l’hanno detto San Paolo Edizioni, care conti correnti lussemburghesi, svizzeri e francesi nei tutti: organi di stampa e privati cittadini, forze di polizia e Santi e sante di Dio quali - sospettano - potrebbero essere finiti 500 milioni magistratura. Il numero di turisti si è quasi dimezzato, la

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di euro, mille miliardi di lire. Politica, sanità, lavori pubblici, finanziamenti statali ed europei, il grande business dell’ambiente inteso nella sua accezione più ampia: dalla depurazione delle acque marine sino allo smaltimento dei rifiuti, come testimonia anche un’altra indagine partita a Reggio Calabria sulla gestione delle discariche, vera nota dolente di un bel pezzo di sud Italia. Scavando nelle pieghe della cronaca degli ultimi mesi molto è emerso dall’omicidio Fortugno in poi. L’appoggio incondizionato che tutta Italia era pronta a promettere alla magistratura che opera in sede loca-

le, proprio dopo l’assassinio politico che pareva aver sconvolto il Paese, inizia peraltro a vacillare: i titolari di ricerche scomode si sono ritrovati gli ispettori ministeriali in ufficio più e più volte, inviati da Castelli in persona per verificare la correttezza del loro operato. Pochi ne hanno parlato, d’altronde come si dice in questi casi si tratta di un atto dovuto. Ma - a pochi mesi dai partecipati dibattiti televisivi sul “non lasciare mai più solo” chi opera in Calabria affinché la legge venga rispettata – questo è forse il peggior segno che qualcosa sta di nuovo cambiando perché tutto resti uguale a prima.

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PROMOSSE LE COOPERATIVE MA MANCA LA CAPACITÀ IMPRENDITORIALE

ECONOMIA SOMMERSA Ricchezza prodotta 8.416 milioni di euro Contributi evasi: 23 milioni di euro Fonte: Eurispes

Lavoro prima ancora che sicurezza: è quello che chiedono i calabresi

Il sindaco di Locri: “contro la ’ndrangheta non si è fatto abbastanza” Il primo cittadino della “capitale” delle cosche reclama più impegno da parte delle istituzioni sia sul fronte delle indagini

«U di Paola Fiorio

N ATTENTATO NON SI NEGA A NESSUNO», scherza il sindaco di Lo-

cri, Carmelo Barbaro, ricordando quando qualche anno fa gli hanno bruciato l’automobile. Certo che l’avvelenamento delle serre di lamponi della Valle del Bonamico ha suscitato scalpore, scavalcando i confini della locride. «Che qualcuno immagini di fare un attentato alle cosiddette serre del vescovo si commenta da solo dal punto di vista della negatività», spiega il primo cittadino. Si è fatto un’idea del motivo? No, è stato un fatto inatteso. E tra l’altro non è qui vicino, ma nel territorio di Platì. Qualcuno polemizza con il vescovo sostenendo che nelle cooperative lavorano anche personaggi dal passato non cristallino o con legami familiari di stampo mafioso... Parliamo di un movimento cooperativo e le cooperative, quelle sociali, sono anche istituzionalmente e legislativamente orientate al recupero di fasce svantaggiate di popolazione, un termine molto ampio, rispetto al quale non va escluso l’ex detenuto. In questo senso allora può anche darsi che nelle cooperative ci siano delle persone appartenute o che appartengono a famiglie all’interno delle quali c’è stato qualche problema.

timore a collaborare “ Ilva compreso perché non è tempo né di eroi né di martiri ”

Ma la sua opinione qual è? Io ritengo che se un ex detenuto vuole lavorare e attraverso l’occasione di lavoro non commette più reati è un fatto positivo. Il sindaco di Locri, Carmelo Barbaro, ha ricevuto decine di minacce.

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Come agisce l’attività delle cooperative nella comunità di Locri?

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A me sembra che le persone occupate in queste serre lavorino e quindi sia un risultato positivo. È chiaro che se ci sono altri problemi bisogna correggerli, a me però non risultano. Ma è una realtà economica così incidente da meritare un attentato? L’attentato può essere legato anche a fatti di poco conto. Ma qualunque siano la motivazione e il risultato, resta un fatto gravissimo. Secondo una relazione della Commissione parlamentare antimafia le amministrazioni locali sono il primo terreno su cui le ‘ndrine cercano di infiltrarsi. Cosa ne pensa? La ‘ndrangheta nel mio comune non c’è. Naturalmente gli amministratori locali subiscono attentati innumerevoli ogni anno. Può essere perché l’amministratore dà fastidio all’attività criminale. Oppure perché l’amministratore ha qualche rapporto con l’attività criminale e quindi l’attentato può essere determinato dal non aver dato qualche riscontro. Tendo a ritenere che gli amministratori diano fastidio ai criminali, ma ovviamente vanno letti gli attentati caso per caso. Purtroppo, non ci sono evidenze investigative che ci aiutino a capire. Non mi risulta che si siano scoperti i responsabili delle centinaia di attentati che abbiamo ricevuto. Su cosa si basa l’economia della locride? Locri è un paese di uffici. È sede di tribunale, azienda sanitaria locale, Inps, Inail, agenzia delle entrate. Ci sono decine di uffici sovracomunali con competenza su tutto il territorio, cioè 42 comuni. Siderno, invece, che il paese più grande della locride, ha una connotazione più commerciale. Le attività commerciali fanno subito pensare al fe-

e della repressione sia dal punto di vista sociale nomeno del pizzo..... Non penso ci possano essere dubbi che si paga, un po’ dappertutto in Meridione. È una manifestazione legata in modo inscindibile alla sicurezza dei territori. Qui siamo in un territorio non sicuro perché il contrasto alla criminalità ad oggi non è stato all’altezza della situazione. Questo non produce una collaborazione adeguata e quindi quel timore a collaborare, che non va giustificato, va però compreso perché non è tempo né di eroi né di martiri. I cittadini che collaborano sembrano però lamentarsi proprio della mancanza delle istituzioni… Le istituzione avrebbero dovuto e devono fare di più. Non voglio con questo giocare a rimpiattino tra Stato e periferia, tra magistrati e carabinieri. Siamo nel sud e c’è un tasso di illegalità abbastanza diffuso. Un po’ è una sorta di irregolarità fatto di tante piccole cose, dal divieto di sosta all’abuso edilizio. Quello è colpa nostra dagli amministratori locali al singolo cittadino perché ognuno di noi può alzare il proprio tasso di rispetto delle regole. La criminalità organizzata invece è un’altra cosa e rispetto a questa non si è fatto abbastanza. Francesco Fortugno è stato il 23esimo morto del 2005 nel comprensorio della locride. Sono troppi, ci vogliono più risorse, più uomini, più qualità. Un momento repressivo più efficace è indefettibile. E lei, nei suoi cinque anni come primo cittadino, che cosa ha fatto per contrastare la criminalità organizzata? Noi amministriamo la cosa pubblica. Io devo fare scuole, strade, non sono addetto a prevenire i reati.

LAVORO, ANCORA PRIMA CHE SICUREZZA. È quanto chiedono i calabresi, secondo un sondaggio Eurispes, a fronte di una disoccupazione del 14,3 per cento e che nella provincia di Reggio Calabria sfiora il 20 per cento. E anche chi un lavoro ce l’ha spesso viene pagato in nero. Per il 31 per cento degli occupati, infatti, non vengono versati i contributi. Ma lavoro e legalità in realtà sono concetti tutt’altro che separati. Perché creare posti di lavoro significa anche ridurre il bacino di utenza da cui può attingere la criminalità organizzata. Alzare i livelli di occupazione però non basta. «Dobbiamo mostrare ai giovani dei percorsi alternativi alle attività illecite», spiega Nicola Ritorto della cooperativa Last, «ma dobbiamo anche dimostrare loro che è conveniente socialmente ed economicamente. Perché dall’altra parte la ‘ndrangheta gli mette davanti agli occhi subvalori molto allettanti». L’impegno delle cooperative in questo senso è chiaro e univoco, ma ovviamente dirlo non è come farlo. Oltre alle intimidazioni, chi cerca di far emergere una Calabria pulita e che lavora deve fare i conti soprattutto con la mancanza di una cultura imprenditoriale. «Nelle cooperative sono tutti autodidatti. Non c’è mai stata formazione di quadri, dirigenti e cooperanti» lamenta Piero Multari, amministratore di Afacounsulting, un’agenzia di sviluppo nel settore privato. “La formula delle cooperative ha finito così per essere assistenziale e non avere una cultura di impresa”. Si tratta insomma, secondo Multari, di belle iniziative, ma che senza formazione, informazione e divulgazione non portano sviluppo. «La cultura imprenditoriale», gli fa eco Francesco Macrì, presidente di Confagricoltura Calabria, «si costruisce quando si riesce a vivere dell’impresa e qui questo c’è ancora poco». Ma a proposito delle serre della Valle del Bonamico, Macrì ne rileva il forte impatto sociale «perché sono lavori che hanno un grande utilizzo di manodopera, non solo stagionale. Alla fine si fanno 150 giornate che in Calabria equivalgono a uno stipendio praticamente fisso». Questa effettivamente non è cosa da poco dato che il Pil pro capite regionale è di 12.855 euro, il più basso della Penisola, contro una media italiana di 20.232 euro, e che 81.514 famiglie sono a rischio povertà. L’incidenza sull’economia dell’iniziativa delle serre ha invece, secondo Macrì, una zona d’ombra. Se infatti l’idea di produrre piccoli frutti viene promossa perché il mercato non è saturo e il prezzo di vendita è molto alto, diverso è il discorso della commercializzazione che è stata affidata alla Sant’Orsola di Trento: «mi sembra una sciocchezza, anche perché così nessuno mi toglie dalla testa che il valore aggiunto rimanga in Trentino. Forse si potevano fare degli accordi diversi». Nel suo insieme, però, il valore dell’esperienza delle cooperative resta positivo «quantomeno per dare una cultura di impresa. Se uno impara a fare delle cose da solo e a ricavarci un profitto senza aspettare il sussidio di disoccupazione è un buon inizio». Qualcosa in realtà si sta muovendo. Nel 2005 infatti l’Eurispes Calabria ha rilevato una crescita delle imprese attive del 2,3 per cento a fronte dell’1,3 per cento della media italiana. Si tratta però soprattutto di società individuali (82,1%). La maggior parte delle aziende agricole, per esempio, hanno solo uno o due ettari e producono per il consumo familiare. Insomma, i veri imprenditori, che rischiano denaro per fare investimenti sono pochissimi. «In provincia di Reggio», spiega Macrì, «le imprese si contano sulla punta delle dita. Non hanno profitti e a fine anno non riescono a chiudere il bilancio in attivo. È assurdo, ma la Calabria che è la seconda produttrice di olio e di agrumi in Italia, non ha un prodotto di qualità per fare un discorso vero di commercializzazione. Dell’olio calabrese si imbottiglia oggi ufficialmente solo l’1 per cento». Le risorse ci sono. «Siamo in una terra con grandissime potenzialità, di cultura e di prodotti che potrebbero essere di eccellenza», conclude il presidente di Confagricoltura che però avverte, «ci deve essere una dimensione di impresa grande e professionalità».

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Ma la legalità si sviluppa in vari ambiti… Io cerco di esercitarla, non la proclamo.

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Offshore

Riciclaggio facile di Paolo Fusi

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AIAB

I RICORDATE? TEMPO FA, IN QUESTA PAGINA, PARLAVAMO DI SOCIETÀ BUCALETTERA CON VISTA MARE… un lettore mi fece

osservare che con ciò che guadagnava una cosa simile non poteva permettersela. Mmh. Giusto in tempo per l’estate ho trovato la soluzione: una bucalettere in multiproprietà alle Isole Marshall. Guardate su www.register-iri.com e rifatevi gli occhi. Questa società privata, fondata nel 1948 dall’allora segretario di Stato di Truman, Edward R. Stettinius jr., offre società già costituite, vista mare, annessi e connessi, da dividere con amici, ma anche col sistema “blind date” – sconosciuti, in cui magari poi ci si innamora, e dal riciclaggio nasce qualcosa di ben più duraturo…Stettinius aveva avuto un’altra idea. Nel cortile di casa sua, in Virginia, aveva aperto un ufficio che costituiva società bucalettere in Liberia. Grazie ai suoi ottimi rapporti coi potenti (il suo primo grosso cliente fu l’armatore greco Niarchos) nel giro di 15 anni aveva aperto una delle prime banche offshore del mondo, la International Trust Company of Liberia. Sede ufficiale a Monrovia, sede reale tra il gabinetto per gli ospiti e la sala da pranzo della sua villa. I suoi successori però non hanno avuto vita facile, in Liberia oramai lavorano cani e porci. Persino i liberiani hanno capito come fare soldi dal commercio di scatole vuote. Nel 1990 la società di Stettinius, la IRI (International Registries Incorporated), lascia Monrovia e si trasferisce a Majuro, nel più grande dei 29 paradisiaci atolli delle Isole Marshall. Laggiù, per combattere la concorrenza spietata delle piazze offshore più affermate, gli scappa l’idea della multiproprietà. Un’idea grandiosa. Tu compri la tua societuccia per due Vito Roberto Palazzolo, settimane l’anno. In quelle due settimane fai sparire i soldi mafioso a piede libero che ti serve di far sparire, poi pulisci, fai cambiare l’aria, in Sudafrica con licenza cambi le lenzuola, e te ne vai prima che arrivi il nuovo di riciclo, si è messo a fare Se la polizia ti cerca non ti troverà mai. affarucci con Yeslam Bin Laden, comproprietario. In una rogatoria dovrà non solo specificare il nome il presidente della Nigeria della società, ma per conoscerne il proprietario Obasanjo e via discorrendo dovrà conoscere l’ora esatta di ogni transazione. Dici che potrebbero saperla? Non c’è problema. La banca dell’IRI regola per conto terzi anche transazioni bancarie a scoppio ritardato – quando in realtà la società non è più la tua. Magari scoprono il nome di un faccendiere bulgaro che compra diamanti illegali da una società del Malati… e la cosa finisce a tarallucci e vino. Per accedere alla tua fetta di paradiso non hai nemmeno bisogno di andare fin laggiù. La tua bucalettere la puoi comprare a Washington, a New York, a Fort Lauderdale, ad Hong Kong, a Shanghai, a Singapore, a Tokyo, a Dalian, ma anche al Pireo o a Zurigo. L’indirizzo in Svizzera è Schifflände 22 (sul lungofiume, molto chic), il telefono è lo 0041-44-2682211, l’email zurich@register-iri.com . Oggi nel menù ci sono (tra l’altro) nomi dal sapore omeopatico: Gaia Holdings Corporation, Bonsai Republic SA, Liquido Finance Inc., Viento Ltd., e persino Yerba Buena SA e Sentido Latin SA (o anche Deseo Investment SA). Insomma, ce n’è per tutti i gusti. Perché mi interessa così tanto sta faccenda? Perché Vito Roberto Palazzolo, mafioso a piede libero in Sudafrica con licenza di riciclo grazie alle sue relazioni con gli stallieri della Brianza, si è messo a fare affarucci con sorcini del calibro di Yeslam Bin Laden, del presidente della Nigeria Obasanjo, della famiglia del presidente di uno Stato leggermente a sud del Canada, e via discorrendo. Tra le altre cose vendono le concessioni petrolifere, diamantifere e del legno dei loro paesi. Ed io sono troppo vecchio e scemo per trovare un sistema per arrivare a rintracciare le loro mosse.

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Finanza, mercato e lavoro possono essere solo etici >30 La censura dei bit può invadere tutta la Rete >33 Equo e solidale: raddoppia il fair trade in Europa >35

finanzaetica MPS ASSET MANAGEMENT LANCIA UN BANDO PER LA SELEZIONE DI TRE PROGETTI INNOVATIVI

OBBLIGAZIONI DI BANCA ETICA CONTRO L’INFLAZIONE

CNCA LANCIA UNA PROPOSTA DI WELFARE LOCALE

FAIR - WATCH UNO SGAURDO SULL’ECONOMIA SOLIDALE

CITIGROUP INDAGATA DALLA COMMISSIONE AUSTRALIANA PER INSIDER TRADING

CRISI FINANZIARIA ISLANDESE, UN BRUTTO SEGNO

I fondi etici di Mps Asset Management Sgr (meglio conosciuti come Ducato Etico Fix e Ducato Etico Geo) lanciano un bando per il finanziamento di progetti innovativi denominato “Dialogos - voci di solidarietà”. La selezione sarà effettuata su tre progetti che, superando una logica emergenziale o assistenziale, offrano una ricaduta positiva, significativa e duratura, evidenziando caratteristiche di originalità, eccellenza e innovazione, in tre settori: sostegno allo sviluppo socio-economico, tutela della persona e ambientale. I tre progetti vincitori potranno accedere ad un contributo max di 75.000 euro. Per sostegno allo sviluppo socio-economico si intende l’applicazione del principio di solidarietà nella duplice accezione economica e sociale che riguarda principalmente i paesi in via di sviluppo (Africa, India, America Latina, ecc…). Il sostegno finanziario è rivolto a progetti che, in linea generale, siano inquadrabili nella creazione delle infrastrutture necessarie al sostegno dell'imprenditoria locale, alla formazione dei lavoratori, al sostegno per la creazione di nuove imprese, allo sviluppo di forme di ricorso al credito adeguate alle capacità finanziarie della popolazione, all'attivazione o al supporto di scambi commerciali per il sostegno di particolari settori economici (artigianato, agricoltura, ecc), oppure che abbiano obiettivi di creazione, mantenimento e sviluppo di strutture sanitarie, scolastiche e di assistenza sociale. La tutela della persona, sempre in applicazione del principio di solidarietà, è intesa come sostegno alle categorie socialmente deboli nel territorio italiano. A questo riguardo sono selezionati progetti volti a sviluppare le infrastrutture necessarie per consentire sia l’affermazione di condizioni di vita autonoma a chi è portatore di handicap, sia l’integrazione e l’inserimento lavorativo delle categorie socialmente deboli. Per tutela ambientale si intendono azioni o interventi volti a salvaguardare o migliorare la gestione del territorio nazionale. Per info: www.mpsam.it

Fino al 9 maggio sarà possibile sottoscrivere le obbligazioni di Banca Etica. Avranno durata quinquennale, una scelta per tutelare i risparmiatori con un meccanismo contro l'inflazione. Il rendimento, fisso al 2,30% lordo per il primo anno, per gli anni successivi sarà pari alla variazione in aumento dell'indice annuo di inflazione in area euro (rilevato da Eurostat), maggiorato di 0,65 punti percentuali. Accanto a questa obbligazione, ne viene emessa anche una tradizionale di durata triennale a tasso fisso crescente (2,30% lordo per il primo anno, 2,50% per il secondo, 2,70% per il terzo). Le emissioni obbligazionarie di Banca Etica conciliano la necessità di investimenti sicuri e socialmente responsabili da parte dei risparmiatori con l’esigenza della banca di disporre di risparmio a medio-lungo termine per finanziare linee di credito di lungo periodo: sono quei prestiti rivolti al mondo dell’associazionismo, della cooperazione sociale e internazionale, della salvaguardia ambientale, che contraddistinguono da sempre l’attività di credito di Banca Etica nel panorama bancario italiano. Inoltre sono stati ritoccati libretti e conti di risparmio (che passano allo 0,75%) mentre le giacenze su conto corrente vengono remunerate tutte allo 0,20% .

“Resistenza e cittadinanza” è la proposta di welfare locale presentata dal Cnca (Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza). La proposta denuncia la scarsità dei finanziamenti per le misure definite livelli essenziali di assistenza, dalla legge quadro 328/00. Gli ultimi cinque anni di governo hanno portato modifiche legislative orientate al controllo sociale e non alla prevenzione, soprattutto sul carcere, le dipendenze e l'immigrazione. É stata abbandonata ogni misura nazionale di contasto alla povertà, con la cancellazione del reddito minimo di inserimento. Sono diminuiti i fondi assegnati alle Regioni per la spesa sociale e sono aumentate del 5% le spese per la Difesa: la quota capitaria (quanto lo Stato versa alle Regioni per ogni cittadino) è di 18,44 euro per il sociale. Per la guerra si spendono 484,70 euro procapite. Trovare la copertura finanziaria è possibile riformulando i capitoli di spesa e alla tassazione generale. L’attuale assetto costituzionale che assegna alle Regioni la potestà legislativa in materia di politiche sociali, fa sì che esistano buone pratiche locali a fianco di vuoti e richiede, quindi, una piattaforma globale sul welfare. “Resistenza e cittadinanza” propone l’individuazione di un’Unità territoriale di base per la programmazione omogenea di politiche sociali, sanitarie e del lavoro. Per info: www.cnca.it

È nato “Fair-watch” (www.faircoop.it/fairwatch.htm), un nuovo progetto di comunicazione, informazione, approfondimento sui temi della responsabilità sociale, economia solidale, finanza etica, ambiente e diritti. Uno sguardo sulle altre economie, sul mondo delle imprese, sulla finanza. Si tratta di un blog indipendente a cui collaborano professionisti ed esperti di diversi settori. Con “Fairwatch”collaborano: Monica Di Sisto (coordinatrice), Deborah Lucchetti, Alberto Castagnola, Paolo Chiavaroli, Roberto Cuda, Vincenzo Puggioni, Andrea Baranes, Antonio Onorati, Carlo Testini. Un progetto in continuità ed in collegamento con il più famoso “Tradewatch”, che si occuperà di temi controversi legati dell’economia e dello sviluppo, dando notizia di progetti, esperienze, denunce. Ogni settimana un editoriale affronterà un tema controverso. Una redazione di professionisti della comunicazione ed esperti di economia sociale e solidale per costruire la sostenibilità. Un nuovo strumento utile per le campagne della società civile, per le organizzazioni, per i media e per i semplici cittadini, dove trovare ed approfondire temi e contenuti che difficilmente possono trovare spazio nell’informazione mainstream, ma che sono il meglio della rete e dell'attività dei movimenti.

L’autorità di mercato di Sydney accusa l’americana Citigroup Inc. di insider trading relativamente a un’offerta da 4,6 miliardi di dollari australiani, pari a circa 2,7 miliardi di euro, della Toll società leader della logistica australiana, sulla concorrente Patrick Corp. Ltd, azienda australiana specializzata in import-export. La società sotto inchiesta avrebbe condotto un'intermediazione sulla base di informazioni di insider e direttamente contro l’interesse del suo cliente. Citigroup, che ha negato di aver commesso illeciti, era infatti adviser di Toll nell’offerta. La Australian securities and Investment commission (Asic) sostiene di aver verificato l’esistenza di scambi importanti con Patrick su conti della stessa Citigroup risalenti al 19 agosto dello scorso anno, ultimo giorno operativo prima che venisse lanciata l’opa Toll. In verità alcune indiscrezioni stampa sul caso erano apparse il giorno prima. La questione è complessa, come confermano le argomentazioni a difesa portate dagli amministratori di Citigroup, che contestano l’azione della commissione perché non terrebbe conto del sofisticato mercato dei capitali australiano, per cui se una investment bank dovesse bloccare tutte le sue attività ogni volta che ottiene un mandato di advisory l’attività di mercato si bloccherebbe. La Commissione intende imporre a Citigroup il rafforzamento delle procedure per evitare i conflitti di interesse e bloccare il trading in conto proprio sulle azioni di società per cui la stessa Citi opera da adviser. Se fosse giudicata colpevole Citigroup potrebbe subire una multa fino a 1 milione di dollari australiani, ma Toll ha comunicato che terrà comunque la banca come consulente. Nel frattempo Citigroup ha già rivolto il suo sguardo verso la Cina, sulla Guangdong development bank.

La recente crisi finanziaria che ha colpito l’Islanda, secondo Jeppe Christiansen, direttore di un grande fondo pensioni pubblico danese, è uno dei punti cruciali di ciò che sta accadendo al sistema finanziario globale. Christiansen sostiene che occorre cambiare le modalità di investimento e prendere in considerazione altri strumenti per deciderli, oltre ai dati storici uniti a modelli statistici che non tengono conto di eventi improvvisi. Insomma la realtà spesso e meno lineare delle statistiche. Per l’esperto danese i mercati sono altamente inflazionati a causa del continuo pompaggio di liquidità nel sistema da parte delle banche centrali, aspetto che nel prossimo futuro porterà “aggiustamenti” anche drastici nei “valori” degli assets di mercato, provocando grandi fluttuazioni. È ciò che è acccaduto prima della crisi islandese: alcuni rubinetti globali che negli ultimi anni hanno inondato di liquidità i mercati finanziari internazionali, si sono di colpo prosciugati. Quindi nel prossimo futuro, per Christiansen, occorre considerare i problemi di equilibrio globale come estremamente gravi. Gravi al punto che il rischio di un crac finanziario globale, normalmente attestato sul 2% di probabilità, è da considerarsi di gran lunga più grande.

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Finanza, mercato e lavoro possono essere solo etici Pier Paolo Baretta, segretario confederale della Cisl, va ben oltre i confini dell’investimento etico.

C

ON PIER PAOLO BARETTA, SEGRETARIO GENERALE AGGIUNTO DELLA CISL, parliamo di investimento etico e del rapporto tra

etica e fondi pensione. Partiamo dall’ultimo vertice internazionale di Davos, dove un gruppo di personaggi famosi, come di Paolo Andruccioli Bono e Armani, hanno lanciato il “logo etico”. Siamo solo a operazioni di immagine, di marketing, oppure l’etica può influire sull’economia? Anche l’analisi effettuata di recente dal Sole 24Ore (vedi pagina 32) ha evidenziato, salvo eccezioni, che solo l’1% dei patrimoni gestiti dai fondi integrativi sono destinati ad attività improntati alla responsabilità sociale e ai temi etici. «Il rischio è di un concetto fasullo: non possiamo parlare di finanza etica presupponendo che possa esistere una finanza non etica. Noi dobbiamo invece sostenere che la finanza, come il mercato, come il lavoro non possono non essere etici. C’è quindi una scelta di fondo da compiere, perché se non affermiamo questo, si potrebbe anche pensare che noi tolleriamo anche una finanza non etica, che ovviamente esiste e dire questo significa assolversi. Ora, ovviamente esiste una finanza non etica, ma dobbiamo perseguire l’eticità complessiva del sistema economico e finanziario. Vanno poi sfatati degli equivoci: “eticità”, per esempio, non significa rispetto delle leggi. Il rispetto delle leggi è un assunto di partenza dal quale non si prescinde. “Etico” non è rispettare le leggi, come se si potesse consentire di non rispettarle. Etico è ben altro e “ben oltre” e uno dei problemi è appunto l’individuazione dei parametri di quello che si può definire un approccio etico».

rica, altrimenti rischiamo di mettere le asticelle a delle altezze tali che la stragrande maggioranza non è in grado di passarle e di fare quindi un’operazione inutile. Il dato fondamentale deve essere la condivisione collettiva e riconosciuta del parametro che si sceglie, e questo ci riporta all’elemento delicatissimo della storicizzazione dell’eticità che varia nel tempo. Oggi, in questa situazione, io ritengo che il principio di base debba essere la democrazia economica. Ovvero costruire un sistema di trasparenza, di regole e controlli che consenta di avere un approccio di cautela». Un sistema di regole “etiche” riconosciute dalla collettività? «A me non interessa che uno si dichiari etico e che lo sia. A me interessa che ci sia un sistema di eticità collettiva riconosciuta. Gli scandali finanziari di questi mesi rendono evidente Per Paolo Baretta, che il problema della democrazia e delle regosegretario confederale le del gioco sono il presupposto per poter pardella Cisl. In alto, manifestazione lare di eticità. E allora bisogna domandarsi: c’è dei sindacati contro davvero un’idea di democrazia economica? la riforma della legge sulle pensioni. Perché è evidente che la democrazia politica e Roma, 2004 i diritti da soli non risolvono più la democrazia perché nella complessa società moderna di tipo globale, la democrazia politica risulta compiuta solo se è anche democrazia economica. Siamo di fronte a un doppio canale, come quando le donne non votavano e quindi c’erano due democrazie. Oggi noi votiamo, ma non abbiamo un controllo sistematico dell’economia. La democrazia economica è quindi il completamento della democrazia politica e al tempo stesso la chiave interpretativa di un approccio etico, non si tratta di autoreferenzialità, o solidarismo, tutte cose buone. Va benissimo che a vendere un prodotto sia un’azienda etica, o che ci si metta il marchio, ma il nostro problema vero è che ci sia un sistema generale che faccia evolvere il capitalismo verso un sistema di regole e di eticità».

che di etica “Più vorrei discutere di democrazia

economica, completamento della democrazia politica

Come distinguere, quindi, l’etica in un mondo come quello della finanza e del mercato? «Questi parametri devono necessariamente essere non assoluti, visto che stiamo parlando di mercato in una determinata condizione sto| 30 | valori |

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Se questa è la definizione più generale che ci proponi, come

FABIO CUTTICA / CONTRASTO

E propone un’opzione di cambiamento basata su nuovi principi. Alla finanza etica non si puo’ contrapporre una finanza non etica. C’è una scelta da compiere circa la democrazia delle regole.

si lega l’etica ai fondi pensione. E come mai, qui da noi, l’investimento etico è così poco sviluppato? Pensi che si possa spiegare con il fatto che i fondi pensione italiani sono ancora troppo giovani? «Credo che le ragioni siano tre. È vero che i fondi pensione sono giovani, ma c’è da dire soprattutto che essi sono nati con un obiettivo etico primario: garantire la pensione. I fondi pensione italiani non si sono posti quindi il problema sofisticato dell’investimento etico. I fondi pensione puntavano ai migliori investimenti possibili ed è ovvio che i migliori investimenti per un fondo pensione non sono quelli a breve, ma a lunga durata. C’è quindi una prima differenza fondamentale tra gli investimenti del fondo pensione e quelli di un qualsiasi fondo. Il risparmio previdenziale non è un risparmio finanziario: si investe per avere una pensione tra 15, 20, 30 anni. Essendo nati con questo obiettivo, è chiaro che i fondi pensione non si sono posti il problema dell’investimento etico». Però c’è anche una forte resistenza culturale... «Sicuramente dobbiamo ammettere che c’è una resistenza culturale. Il tema dei parametri etici è in via di maturazione, ma non è ancora maturato. C’è però anche un terzo problema: non esiste l’offerta. La coscienza si sviluppa anche sulla base di un’interazione e se è vero che non c’è molta domanda di fondi etici, va detto che non c’è neppure molta offerta. È difficile, quindi, immaginare un circuito virtuoso. Solo adesso c’è chi comincia, ma siamo alle operazione di marketing. C’è poi anche un altro problema molto delicato: l’investimento etico è molto soggettivo. Io non voglio una fabbrica di armi e tu non vuoi una fabbrica di preservativi. Si deve trovare quindi il modo di una di-

versificazione, che nel mondo dei fondi pensione è un’oggettiva complicazione. Vedo però due aspetti interessanti. Il primo: il tema è ormai all’ordine del giorno. Il secondo: si comincia a fare qualche piccolo passettino, perché il sistema finanziario sta cominciando a proporre dei prodotti. Non dico quindi di essere ottimista, ma almeno fiducioso». Rispetto alle esperienze che sono state fatte, puoi indicarci qualcosa? Si può fare un primo bilancio o è ancora troppo presto? E quali sono i confronti con gli altri paesi? «È troppo presto, perché nei fondi pensione contrattuali si è appena introdotto il multicomparto. Siamo quindi ancora a episodi specifici. Penso comunque che la cosa più importante sia “alzare” la coscienza, ovvero creare una domanda molto forte. Lavorare per innescare quel circuito virtuoso tra offerta e coscienza, che poi muove la domanda. Rispetto agli altri paesi, il nodo è che i fondi pensione hanno una storia lunga, ormai consolidata e svolgono un ruolo strutturato finanziario molto forte, sono parte dell’economia. Questo comporta che anche le questioni di merito siano state più affrontate più a fondo, pensiamo solo agli Usa, che hanno dovuto superare lo scandalo Enron. Le esperienze estere sono più avanti, ma non penso che ci sia alla fine un gap così clamoroso. E’ in generale che l’offerta di fondi etici è al di sotto dell’esigenza che già esiste. Si deve considerare poi anche la dimensione dei fondi. Da noi il governo ha rinviato di due anni la riforma, è stata una bufala, che serve a tenere un mercato inesploso. Il Tfr vale circa 13 miliardi di euro l’anno. Nel giro di dieci anni, anche se solo la metà dei lavoratori aderiranno, si arriverà a una capitalizzazione che supera la Borsa di Milano e in quella dimensione il problema dell’eticità sarà centrale, dovrà essere affrontato a tutti i costi». |

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LA PREVIDENZA COMPLEMENTARE IN ITALIA. CHE GUARDA ALLA SOSTENIBILITÀ NOME FONDO

Previambiente Eurofer Fon.te Fondo Famiglia Prevaer Fp dip. San Paolo Fp dip. B. Lombarda Linea 4 Fondo dirigenti Fip Rai Unipol insieme (linea etica)

CATEGORIA

PATRIM. IN MLN €

NUMERO ISCRITTI

BENCHMARK COMP. ETICA

ADVISOR ETICO

GESTORI DELEGATI

PERF. % 2005

negoziale negoziale negoziale negoziale negoziale preesistente preesistente preesistente aperto

127,790 162,860 131,430 2,300 32,390 n.d. 3,400 50,000 1,200

21.516 30.640 22.528 5.756 5.873 n.d. 2.837 280 170

E.C.P.I Ethical Index euro E.C.P. Ethical Index global DJSustainability E.C.P.I Ethical Index euro DJSustainability E.C.P. Ethical Index di mercato non previsto di mercato

ECPI ECPI Sam-Dj ECPI Sam-Dj ECPI Avanzi – Axia

Dexia, S. Paolo, M. Stanley, Arca S. Paolo, Ras, Generali V., Unipol Cr. Suisse, Ras, S. Paolo, Unipol San Paolo Imi Unipol, Dws, Ras n.d. Dexia utilizza fondi etici Dexia Unipol e fondi azionari etici

8,26 6,43 6,3 7,7 7,71 n.d. 7,36** n.d. 12,82**

*Valori complessivi per i fondi multicomparto e relativo alle linee etiche per i fondi multicomparto **Performance lorda linea etica Fonte: Elab. Plus24 su dati forniti dalle società Ma si può distinguere il denaro “buono” da quello “cattivo”? «È difficile distinguere, gli intrecci sono tanti, i percorsi dei flussi di denaro sempre più “delocalizzati” e complessi e questo ci riporta al tema della governance e al deficit di democrazia internazionale. Lo sforzo deve essere quello di far diventare tutto pulito, lavorare affinché il sistema sia progressivamente bonificato. La premessa è la visione rispetto al capitalismo e il suo sviluppo: c’è chi ritiene che il capitalismo non sia modificabile e quindi pensa che l’unica strada sia quella di costruire dei fiumi paralleli puliti, sani, etici. Personalmente sono più appassionato a quello che dicono A.Sen e J.Stiglitz, due grandi economisti che cercano un sistema di regole per cambiare: penso che il capitalismo evolve, quindi il vero tema politico non è come mi salvo la coscienza con strade alternative, ma come cambio il capitalismo. Questo dovrebbe essere il vero terreno di una battaglia politica. Invece rischiamo

di rimanere imbalsamati in questa contrapposizione: lo scontro tra una cultura iperliberista e una ipercritica rispetto al capitalismo. Non accetto chi rinuncia al cambiamento e lo ritiene impossibile perché gli scandali sono parte del sistema. Il primo punto per chi crede che bonificare il capitalismo sia possibile è la globalizzazione: il problema è che finanza e criminalità lavorano su mercati globali , mentre le istituzioni sono indietro e con esse i sistemi di governance internazionali. Va meglio per le “istituzioni sociali”: il movimento “no global” che nasce globale, così come gli strumenti di “controllo” e denuncia avevano già quella dimensione e quella portata. Lo stesso sindacato, che si è dovuto confrontare con la logica delle multinazionali, sta lavorando per dotarsi di strutture più efficaci. Allo stesso modo bisogna accelerare la crescita di istituzioni politiche e di strumenti di controllo globali, per poter cominciare a dipanare la matassa del buono e del cattivo».

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La nuova censura dei bit dalla Cina può invadere la Rete Oltre 100 milioni di persone collegate al Web e una cyber comunità che cresce giorno dopo giorno. L’effetto libertà generato da Internet però dà fastidio al regime. Sono soprattutto giornali e giornalisti a pagare il prezzo più alto, come nei casi di Shi Tao e Li Datong . Sono aumentati reati e condanne per le opinioni eterodosse, segno della politica repressiva del presidente Hu Jintao, ma anche della difficoltà del governo cinese di arginare il fiume di parole e pensieri che scorre sulla rete.

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GOSTO 2005. I REDATTORI DEL Quotidiano della Gioventù sono

raccolti nella sala riunioni del giornale. Parla, nel silenzio generale, il direttore. Improvvisamente i cellulari di molti cominciano a trillare, avvertendo dell’arrivo di messaggi di testo. In realtà il messaggio è di Roberto Festa identico e informa che uno dei redattori presenti in sala, Li Datong, ha appena pubblicato in Rete una lettera che critica la censura e la scelta del direttore di dimezzare gli stipendi ai giornalisti sgraditi al governo. In poche ore la lettera fa il giro della Cina, moltiplicata da migliaia di mail, forum, siti. Il regime cerca di bloccarne la diffusione, ma due giorni dopo è costretto a capitolare. Di dimezzamento degli stipendi non si parla più. Il supplemento settimanale diretto da Li Datong per il Quotidiano della Gioventù viene comunque sospeso e il giornalista licenziato. A Li Datong è andata meglio che a Shi Tao, altro giornalista condannato lo scorso giugno a 10 anni di prigione. In un sito in lingua cinese di New York, Shi Tao aveva pubblicato le direttive delle autorità ai giornali per il quindicesimo anniversario del massacro di Tienanmen. Il messaggio era stato postato anonimo, ma si è qui rivelato provvidenziale l’intervento di Yahoo, che ha consegnato alle autorità cinesi la prova che Shi aveva usato il computer del posto di lavoro, Contemporary Business News, per accedere alla sua mail e spedire il messaggio. Di fronte allo sdegno internazionale e alle denunce dei gruppi in difesa dei diritti umani, Yahoo ha spiegato di essersi limitata a rispettare le leggi cinesi, e che «è importante avere buone relazioni e partnership con i governi di tutto il mondo». Shi Tao è oggi in prigione, non gli è stata garantita la possibiShi Tao, il giornalista lità di un appello. Le due storie illustrano bene l’impatto condannato lo scorso che la Rete ha oggi sulla politica cinese, e le nuove sfide giugno a 10 anni di prigione. che essa pone alla capacità del regime di controllare l’opi-

nione pubblica. Con più di 111 milioni di persone collegate al Web, la Cina è seconda soltanto agli Stati Uniti per numero di utenti. Si tratta ovviamente di una minoranza, rispetto ai numeri complessivi della popolazione cinese, ma il fenomeno ha già trasformato mezzi e modi della comunicazione. Gli utenti di Internet passano più tempo Online di quanto essi dedichino a televisione e giornali. Sono in aumento reati e condanne connessi a opinioni eterodosse, segno di una stretta repressiva imposta dal presidente Hu Jintao ma anche della difficoltà del regime ad arginare il fiume di parole e pensieri che i nuovi media stimolano. La Rete amplifica le voci e accelera gli eventi. Il governo reagisce moltiplicando strumenti e uomini della repressione, ma qualcosa spesso gli sfugge. Organi di pubblica sicurezza e provider impiegano oggi migliaia di funzionari il cui compito primario è controllare quello che i cinesi leggono e mettono online. La censura di regime si dimostra particolarmente meticolosa nel predisporre regole e comportamenti. Ogni venerdì mattina i responsabili dei principali siti di informazione sono convocati nell’Ufficio dell’Informazione di Pechino, organo che risponde direttamente al Dipartimento alla Propaganda nazionale. A gestire gli incontri è Chen Hua, responsabile dell’informazione in Rete, che ragguaglia sulle notizie cui dare spazio (o non dare spazio) la settimana successiva. Tra i presenti Sina, Sohu, Yahoo, società a capitale privato, quotate sul mercato americano o destinatarie di investimenti americani. Tutte, per agire sul mercato cinese, hanno avuto bisogno di una speciale concessione governativa. Tutte, per ottenere la concessione, hanno dovuto offrire garanzie politiche e la promessa di non farsi strumenti di diffusione del dissenso. Degli incontri del venerdì non ci sarebbe comunque nemmeno bisogno, perchè la censura - o autocensura - av|

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Hu Jintao, presidente cinese, ha moltiplicato strumenti e uomini per reprimere il dissenso nella Rete, ma qualcosa spesso gli sfugge. Nonostante la censura e le pesanti condanne la denuncia sul web continua.

| equo e solidale | finanzaetica | viene comunque a monte. L’utente che naviga in uno dei 694 mila siti cinesi ha infatti accesso a molte cose: offerte di lavoro e di viaggio, affari, ricerca dell’anima gemella e persino sesso. Se però prova a digitare su un motore di ricerca qualsiasi parole come “Tibet” o “Tienanmen”, la risposta è invariabilmente una: il nulla. All’inizio dell’anno un giovane di Pechino è finito nei guai per aver cercato di creare un blog ospitato da Microsoft il cui tema di discussione doveva essere “Libertà e diritti umani”. Ma ogni volta che il malcapitato provava a digitare una tra queste parole, una finestra lo avvertiva che «il titolo non può contenere parole proibite o profane. Prego digitare un titolo differente». Ogni società di servizi Internet si assoggetta a modo proprio alle direttive del potere centrale. Yahoo offre una gamma completa di servizi - mail, forum, motore di ricerca - senza però avvertire che il contenuto del sito è pesantemente censurato. Nel 2002 la compagnia californiana ha firmato un “Public Pledge on Self-discipline for the Chinese Internet Industry”, documento che fissa i termini dell’accordo con il governo cinese e che ha condotto alla rovina di Shi Tao. Google sceglie un approccio significativamente diverso. L’utente cinese che cerca di collegarsi a www.google.com viene automaticamente rediretto su www.google.cn, che presenta rispetto alle versioni occidentali una gamma molto più ridotta di servizi: niente mail, forum, video, blog. Ogni inserimento di una parola-chiave viene poi accompagnato dalla dizione: «la ricerca è limitata in accordo con leggi, regolamentazioni e politiche locali». Dice Rebecca MacKinnon, ex-corrispondente da Pechino della CNN ed esperta di censura in Internet: «Google cerca di far affari in Cina senza trascinare nessuno in galera» Le autorità cinesi hanno più volte spiegato che la censura interessa principalmente la pornografia. In realtà un recente studio di Open Net Initiative e Harvard University rivela che il sistema censorio riguarda soprattutto testi e siti di contenuto politico (www.opennetinitiative.net/studies/china). In questo modo il regime mette i cinesi in grado di comunicare e di commerciare con il mondo, offrendo però del mondo una visione del tutto parziale. È una strategia che finisce per nutrire xenofobia e nazionalismo. I cinesi possono trovare in Rete la testimonianza dei propri successi nel mondo o indignarsi per le atrocità compiute dai soldati giapponesi negli anni Trenta o per gli abusi americani ad Abu Ghraib. Nemmeno una parola viene però lasciata filtrare sui propri abusi. Piegare la censura è d’altra parte difficile e pericoloso. Quelli che tentano, attraverso un software, di aggirare i divieti rischiano una condanna sino a dieci anni di prigione per sovversione e propaganda contraria agli interessi dello Stato. «Si tratta del più sofisticato sistema di filtri in Internet», racconta John Palfrey della Harvard Law Schhol. Per creare

Ogni società di servizi Internet si assoggetta a modo proprio alle direttive del governo cinese

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un così avanzato sistema di censura, il regime di Pechino gode dell’appoggio delle più famose compagnie fornitrici di servizi Internet, che quindi oltre a prestarsi all’opera di repressione delle libertà vi collaborano anche attivamente.

Tecnologia al servizio del potere Nello sviluppo dei sistemi di controllo si distingue Cisco System che vende alla Cina routers in grado di bloccare non soltanto i siti sgraditi, ma anche singole pagine proibite. Un utente cinese può per esempio tranquillamente navigare nel sito di Stanford University (www.stanford.edu), ma non accedere a una sotto-sezione, www.stanford/edu/group/falun, il cui soggetto è il gruppo religioso inviso alle autorità di Pechino. Il governo cinese sta nel frattempo sviluppando una potente opera di modernizzazione delle proprie infrastrutture Internet. Un progetto chiamato China Net Next Carrying Network, o CN2, prevede un investimento di 100 milioni di dollari americani in contratti con Cisco Systems, Juniper Networks, Alcatel, Huawei Technologies. Nei prossimi mesi nuovi routers saranno installati in circa 200 città cinesi. E più i routers sono tecnologicamente avanzati, più è facile controllare cosa ci passa attraverso. Il Global Internet Freedom Act, votato recentemente dal Congresso americano, dichiara che «il successo delle politiche statunitensi nel sostenere la libertà di parola, stampa e associazione richiede nuove iniziative per sconfiggere controlli autoritari delle notizie e informazioni in Internet». Nemmeno una parola viene però spesa sul ruolo delle compagnie americane nel fornire strumenti tecnologici necessari alla repressione. Se interpellati sull’argomento, tutti dicono di doversi, per necessità, assoggettare alla legge cinese. Per Cisco «è l’utente, e non Cisco, a determinare la funzionalità e gli usi delle tecnologie». Secondo Microsoft sfidare il governo sarebbe controproducente, ed «è meglio essere lì con i nostri prodotti piuttosto che non esserci». E il motto di Google sembra essere: «Meno informazione, ma informazione comunque». Connettere i cinesi al mondo attraverso Internet, sia pure al prezzo di pesanti restrizioni, costituirebbe quindi un significativo passo avanti sulla strada della libertà e della democratizzazione del regime. Non tutti sembrano però credere che la riforma politica sia l’inevitabile conseguenza di quella economica. Anzi, secondo alcuni le pratiche di controllo autoritario rischiano di allargarsi ad altre zone del mondo. Dice John Palfrey di Harvard University: «il paesaggio globale di Internet sta significativamente mutando per i modi in cui il governo cinese limita le relazioni dei suoi cittadini in Rete». E per Rebecca MacKinnon, «le compagnie americane hanno avuto così scarsi scrupoli nell’aderire alla richiesta di consegnare i dati di un utente cinese. Come possiamo essere sicuri che non faranno altrettanto in risposta a una superzelante agenzia governativa nei nostri paesi?». Le aspettative di una nuova era di libertà d’espressione in Cina, attraverso la Rete, sono quindi meno rosee che in passato. E il problema non è soltanto cinese.

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Raddoppia il Fair Trade in Europa Il giro di affari dei prodotti del commercio equo e solidale in Europa è raddoppiato in cinque anni. Sono oltre 200 le strutture di importazione e 55 mila i prodotti presenti nei supermercati. È la Svizzera il paese con la più alta percentuale di commercio equo . L’Italia si distingue per la frammentazione distributiva e la spesa pro capite più bassa, mentre il mercato più ricettivo è quello inglese. Ma c’è ancora molto da fare per rispondere alla domanda crescente. anche se rimane un “name dei prodotti di Fair Trade certificati ha raggiunto quota 597 mino” rispetto al volume d’affari della distribuzione, organizlioni di euro e un contributo rilevante alla crescita di questo mercazata e non. Certo in Europa il panorama è molto diverso, ma to è arrivato sicuramente dall’inserimento di questi generi di coni punti vendita si sono moltiplicati e i consumi sumo nei supermercati che oggi sono oltre 55000. Il paese con le più incrementati. Oggi il giro d’affari dei prodotti alte percentuali di commercio equo solidale è la Svizzera dove il 47% di A.D.S. del commercio equo e solidale nei 25 paesi del di tutte le banane, il 28% dei fiori e il 9% dello zucchero appartiene Vecchio Continente sarebbe aral segmento certificato Fair TraLE BOTTEGHE DEL MONDO [OTTOBRE 2005] rivato a quota 660 milioni di de. Tra i grandi paesi europei il ITALIA 500 euro, il doppio di cinque anni fa mercato più ricettivo risulta esSPAGNA 95 quando era stimato in 260 misere quello della Gran Bretagna PORTOGALLO 9 lioni. L’incremento evidenziato (otto volte la Svizzera per popoFRANCIA 165 GERMANIA 800 nella ricerca sul Fair Trade appelazione) dove il commercio AUSTRIA 100 na pubblicata da FLO (Fairtrade equo e solidale raggiunge il 5% SVIZZERA 300 Labelling Organisations), IFAT nel mercato del tea, il 5,5% nelBELGIO 295 (International Fair Trade Assole banane e il 20% nel caffé. LUSSEMBURGO 6 OLANDA 412 ciations), NEWS! (Network of Le distanze nell’orientamenDANIMARCA 6 European World Shops) e EFTA to al consumo sono enormi tra i REGNO UNITO 100 (European Fair Trade Associa25 paesi europei esaminati: la IRLANDA 6 tion) è incoraggiante (+154% in spesa pro capite varia dalla più SVEZIA 35 NORVEGIA 0 cinque anni con una media del bassa, che purtroppo è quella FINLANDIA 25 20% per anno). Oltre 120 milioitaliana e si posiziona a 0,35 euni di euro è prodotto dalle Botro, a quella più alta registrata in LA SPESA IN COMMERCIO PRO CAPITE E IL VOLUME DELLE VENDITE teghe del Mondo che hanno Svizzera dove raggiunge i 18,47 PRO CAPITE IN EURO VOLUME VENDITE IN 000 EURO raggiunto quota 2800 punti euro. Al secondo posto in EuroITALIA 0,35 20.000 vendita: complessivamente sepa figura il Lussemburgo con FRANCIA 1,15 69.000 condo le stime effettuate per il 4,45 euro, seguito dalla Gran GERMANIA 0,70 58.000 voluminoso studio sul Fair TraBretagna (3,46 euro), la DaniAUSTRIA 1,94 15,781 SVIZZERA 18,47 136.028 de in Europa sono oltre 100.000 marca (2,22) e l’Olanda (2,15). BELGIO 20.000 1,92 i volontari che hanno contriMolto interessante l’analisi LUSSEMBURGO 4,43 2.000 buito al successo del commercio sul mercato italiano che nell’aOLANDA 2,15 35.000 equo solidale a livello continennalisi risulta caratterizzato da un DANIMARCA 2,22 12.000 REGNO UNITO 3,46 206.289 tale. Nei 25 paesi presi in esame elevata frammentazione distriIRLANDA 1,24 5.000 operano oltre 200 strutture di butiva, con oltre 500 botteghe SVEZIA 0,61 5.480 importazione e i risultati midel mondo e 4000 punti vendita NORVEGIA 0,99 4.540 FINLANDIA 1,48 7.700 gliori sono stati quelli conseguidella Grande distribuzione orgaTOTALE 1,51 596.818 ti dagli operatori che aderiscono nizzata che dichiarano di offrire Fonte: Fair Trade in Europe 2005 alle iniziative certificate. Il voluprodotti equo e solidali.

I

L COMMERCIO EQUO E SOLIDALE CRESCE,

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a cura di Paola Baiocchi e Micol Carmignani

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nuove povertà pisa Una città d’arte e di studio che deve fare i conti con redditi bassi e scarsità di alloggi. L’antica Repubblica marinara reagisce senza chiudersi: potenzia i servizi, unendo le forze, e apre le porte delle istituzioni ai nuovi arrivati.

Nuova Ecologia

La fabbrica di ceramiche Ideal Standard.

STEFANO DE LUIGI / CONTRASTO

Brescia, 2002

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nuove povertà

IL CENTRO DI ASCOLTO CARITAS

Gli “invisibili” vivono anche nella città d’arte

UTENTI DEI CENTRI D’ASCOLTO DA GENNAIO A DICEMBRE 2005 DONNE

Italiani Stranieri TOTALE

UOMINI

27,2% 64 72,8% 171 235

CONDIZIONE FAMILIARE DONNE ITALIANE UOMINI ITALIANI

DONNE STRANIERE

3,6 %

10,2%

A

40,4% 51,0% 56,7%

4,9% 17,1%

CONIUGATO/A

VEDOVO/A

DIVORZIATO/A SEPARATO/A

NAZIONALITÀ DEGLI UTENTI TOTALE 329

UCRAINA 43

ALTRE NAZIONI 92

ve ci si adatta alle sperequazioni, si nascondono le cause e si usa il patrimonio storico per

MACEDONIA 30

“verniciare” ogni dove Pisa è una città che reagisce, grazie ad un sistema basato sul conTUNISIA 9 FEDERAZIONE RUSSA 10

della Società della Salute (vedi articolo). Istituzioni, volontari, associazioni cercano di costruire e mantenere un tessuto solidale capace di rispondere ai bisogni più immediati, ma

POSSESSO DI PERMESSO DI SOGGIORNO DONNE UOMINI TOTALE TOTALE 171 162

anche attento a ricordare che si può fare di più per estirpare il disagio. Cominciamo a comte nei Centri d’ascolto della Caritas diocesana, di cui è direttore: «Le linee di tendenza della povertà sono quelle dell’insufficienza del reddito: anziani in affitto con la pensione, famiglie con figli; tocchiamo con mano che si fa sempre più fatica ad arrivare a fine mese con lo stipendio che si ha. I dati che abbiamo in nostro possesso sono stati rilevati tra chi si rivolge ai Centri di ascolto della Caritas; ci sono persone in difficoltà che a noi non si rivolgono».

Città d’arte, sede di tre Università e del Cnr, sembra impossibile che nella placida Pisa che si affaccia con i suoi eleganti palazzetti sull’Arno esista la povertà | 38 | valori |

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Chi sono? «Chi dispone ancora di una rete di solidarietà, la famiglia o gli amici, per questo sono di più gli immigrati, rispetto agli italiani». Marco Arzilli, responsabile del progetto “Homeless”, che comprende un dormitorio gestito dalla Caritas per il Comune di Pisa, aggiunge altre figure: «Un numero non consistente di psichiatrici gravi, da ex ospedale psichiatrico per capirci, che non si rivolgono ai centri d’ascolto e non accedono al dormitorio. Sono soli, si sottraggono alle cure e non hanno casa. Poi alcuni irregolari, cioè stranieri senza permesso di soggiorno». Come viene accolto in un quartiere, un dormitorio per senza fissa dimora? «Malissimo», risponde Marzia Tanini, responsabile dell’Ufficio di coor-

NO

FONTE: CARITAS

porre questo mosaico chiedendo a Don Emanuele Morelli di parlarci delle esigenze raccol-

NON SPECIFICATO

ROMANIA 67

possono nascondere enormi contraddizioni. Diversamente da altri territori, do-

fronto e sulla concertazione tra le componenti sociali, che le vede riunite attorno al tavolo

ELENA MONTELLA

30,4%

CULTURA. UNIVERSITÀ. GLI INGREDIENTI CI SONO TUTTI. Ma questi punti di forza

5,3 2,6 22,3%

46,3%

10,7%

RTE.

UOMINI STRANIERI

1,3

9,6%

31,7%

33,9%

LIBERO

31,5% 153 68,% 333 486

0,7%

21,5%

di Paola Baiocchi

TOTALE

35,5% 89 64,5% 162 251

56,7% 97

SÌ 43,3% 74

I flussi migratori sono cambiati. La maggior parte degli immigrati provengono dall’Est Europa. Rumeni, ucraini, macedoni e albanesi. Alla caritas si rivolgono molte donne che fanno le assistenti familiari. Non sono nemmeno giovanissime e in qualche caso hanno superato da tempo la sessantina.

ALBANIA 25

NO 59,3% 96

BULGARIA 21

TOTALE TOTALE 333 SÌ 40,7% 66

MAROCCO 16 POLONIA 16

NO 58,0% 193

SÌ 42,0% 140

dinamento del settore alta marginalità del Comune, «questo tipo di strutture sono come i cassonetti: nessuno li vorrebbe vicino casa. E allora facciamo un lavoro di mediazione culturale nel quartiere, avvicinando le scuole alle strutture, coinvolgendo le associazioni. Con l’informazione riusciamo a far capire che si tratta di persone e non di pericoli». La marginalità è vista spesso con diffidenza; i mass media che tipo di informazione danno? «L’informazione sugli immigrati non risponde alla realtà. I flussi migratori», dice Don Morelli, «sono cambiati già da qualche anno. Le presunte invasioni dal Sud del mondo sono diminuite, sia a livello nazionale che qui a Pisa». Federico Russo sta preparando per la Caritas il rapporto 2006 sulle povertà. Può specificarci da quali Paesi provengono gli immigrati? «Al primo posto ci sono i rumeni, poi ci sono gli ucraini, seguono i macedoni e infine gli albanesi. Il 50% degli stranieri che si rivolgono a noi appartengono a queste 4 nazioni». «Il dato nuovo», aggiunge don Mo-

relli «è che incontriamo molte donne non più giovanissime (una addirittura di 64 anni) che fanno le assistenti familiari, le cosiddette badanti per gli anziani. Vengono a mangiare alle nostre mense nel giorno di libertà, perché non hanno nessuno a Pisa. Hanno progetti migratori di corta durata: vogliono tornare a casa dopo massimo sei mesi, scadendo un po’ nell’irregolarità e lavorando molto sulle rimesse (vedi box)». Don Morelli, come arrivano queste donne se non hanno parenti in Italia che le chiamano? «Supponiamo che ci sia una sorta di rete, di traffico di braccia a scopo di sfruttamento per lavoro. Ci sono vere e proprie esperienze di “caporali” che prendono percentuali sui guadagni e gestiscono anche dei “dormitori” per connazionali, dove si paga un tanto a notte e di giorno bisogna lasciare libero il posto. Quando trovano lavoro in casa di un assistito, risolvono il problema abitativo». La casa è un problema trasversale a Pisa: gli affitti sono carissimi perchè il mercato è gonfiato a causa dei fuori sede delle Università, del Cnr e dagli americani di Camp Darby (vedi box “Un’isola a stelle e strisce” a pagina 45). Così per una coppia di reddito medio-basso che si separa comincia un percorso che porta alla formazione di due nuove povertà. Massima Baldocchi conosce molto bene questo disagio, perché è avvocato per la Casa della donna di Pisa. Un’associazione nata negli anni Settanta dai collettivi femministi, ospitata in una sede della Provincia, che fornisce consulenza legale alle donne e segue molte altre iniziative come il centralino antiviolenza “Telefono donna” e organizza corsi di formazione per operatori a contatto con le violenze su donne e minori: «Chi si separa è a rischio povertà: è difficile sia per gli uomini che per le donne, perché gli affitti sono troppo cari. Molti devono chiedere l’integrazione all’affitto, ma i fondi erogati sono molto diminuiti, i bandi per le case popolari escono ogni due anni e soddisfano solo il 10% delle domande. Una problematica nata negli ultimi cinque/sei anni», continua l’avvocato Balocchi, «è l’aumento delle coppie miste italiani ed extracomunitarie. Tantissime cubane, donne che vengono dalla Russia, dalla Romania, dalla Polonia e dall’Ucraina, ma anche sudamericane, brasiliane, che si sono legate ad uomini che facevano, magari, il turismo sessuale. Vengono in Italia, raramente si sposano, ma hanno figli e le problematiche sono le più |

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diverse: dalla separazione, al divorzio in senso stretto, ai problemi di abbandono, di violazione degli obblighi di assistenza famigliare. Ci sono stati dei casi in cui l’uomo è alla terza relazione con una donna straniera, tutte da cui ha avuto figli».

Parlando di politiche sociali quali leggi provocano l’aumento della povertà? «Come Caritas sia diocesana che nazionale», risponde Don Morelli, «abbiamo fatto le pulci alla legge Turco-Napolitano, per i Cpt perché poco coraggiosa. Ma il giro di vite della Bossi-Fini ha prodotto una maggiore precarietà e preoccupazione. Un immigrato che prima aveva un anno per trovare un nuovo lavoro, ora ha solo sei mesi».

Il centro di Pisa si sta spopolando e le telecamere che controllano gli accessi delle macchine non lo rendono accogliente... «La città di Pisa non è ospitale: ha una grande tradizione di tolleranza, ma se vai a vedere il costo degli affitti, i servizi... L’Ospedale ora spenderà 300 milioni di euro (vedi box “Santa Chiara in periferia” a pagina 45) con un investimento equivalente, molto

interessante, sul centro storico: pensare che di tutto questo grosso investimento le categorie più deboli ne risentano solo ed esclusivamente per ricaduta, è riduttivo. Noi auspichiamo che si strutturino sempre di più politiche sociali, anche per la società civile pisana, che passino attraverso un’opzione decisa di inclusione degli ultimi, che riguardi dalla riqualificazione dei quartieri ad uno sguardo complessivo sulla vivibilità dei territori».

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La società della salute Un esempio per l’Oms

Il caleidoscopio delle case Poche e affollate

Conferenza dei sindaci e Asl 5 hanno costituito un consorzio per gestire le politiche socio-sanitarie del territorio.

Una piccola città che vive un’emergenza abitativa tipica di un luogo d’arte e di studio. Molti servizi e alloggi scarsi.

E PRATICHE CHE GOVERNANO LA GESTIONE DEL SOCIALE e della sa-

nità nella Zona pisana sono state dichiarate molto interessanti dall’Oms che le sta studiando. Si tratta della Società della Salute, un consorzio pubblico di di Paola Baiocchi cogestione delle politiche socio sanitarie, di cui fanno parte la Conferenza dei sindaci e l’Asl 5. Un lavoro certosino di conoscenza del territorio, razionalizzazione delle risorse attraverso l’innovazione tecnologica e un confronto continuo le associazioni, gli enti religiosi, le fondazioni, i volontari. Ne parliamo con il presidente della Società della Salute, Carlo Macaluso e con il direttore Giuseppe Cecchi. Carlo Macaluso è medico, assessore Ds alle politiche Sociali del Comune di Pisa, giunto ormai al suo terzo mandato, “memoria storica” della sperimentazione cominciata nel 1995: «Il percorso ha preso il via da un atto di indirizzo della Regione Toscana, che ha attribuito alle Conferenze dei sindaci poteri nel sociale e, attraverso la legge 72, aveva dato il potere alle conferenze dei sindaci di approvare i Piani Attuativi Locali (Pal) delle Asl di appartenenza».

L’asl aveva un buco di 64 miliardi di lire. Oggi con questo sistema il bilancio è in pareggio

É un’esperienza solo Toscana? «Consorzi pubblici costituiti dalle singole zone e dalla Asl non esistono, con questi specifici obblighi. In Toscana ci sono 19 zone sociosanitarie, molte sono solo sulla carta. Noi siamo partiti un po’ prima». Che situazione ha trovato nel 1995? «Disastrosa: la nostra Asl aveva 64 miliardi di lire di buco. Nel giro di 6/7 anni abbiamo portato il bilancio in pareggio». Di che tipo? «Nel ‘95 c’erano 14 distretti sociosanitari: dopo 6 anni uno solo. Poi abbiamo cominciato a spostare risposte dall’ospedale al territorio. Per esempio: per gli anziani avevamo una sola struttura che ospitava circa 320 persone, con indici di | 40 | valori |

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qualità pessimi. Oggi abbiamo 20 strutture, con 20 o 40 posti letto. In 10 anni abbiamo aumentato di più del 16% l’assorbimento di risorse da parte del territorio». A Giuseppe Cecchi direttore della Società della Salute, chiediamo se viene fatta un’acquisizione centralizzata dei farmaci: «L’acquisizione di bene e servizi in Toscana avviene attraverso l’Estav (Enti per i servizi tecnico amministrativi di area vasta) che con la legge regionale 40 del 2005 ha acquistato configurazione giuridica pubblica; ci saranno tre aree vaste, ognuna contenente un’azienda ospedaliera universitaria (Siena, Pisa, Firenze ndr)».

S

I tre assessori regionali all’Istruzione, alle Attività produttive e alla Sanità Stanno elaborando il Programma regionale di sviluppo, in cui la ricerca farmaceutica e l’offerta di servizi sanitari d’eccellenza, occupano molta importanza. «Noi riteniamo che siamo in grado di sostenere un sistema basato sui principi dell’universalità, dell’eguaglianza e della solidarietà. Riteniamo che questo sistema funzioni e che possa anche funzionare meglio». Dottor Macaluso, c’è una ricaduta della ricerca scientifica universitaria sul territorio? «Abbiamo fatto accordi con il Sant’Anna, con il Cnr e con l’Università. Con il Cnr abbiamo messo a punto un software per lo studio epidemiologico: incrociando i dati demografici e i ricoveri possiamo vedere i bisogni scoperti». Quali politiche provocano la nascita di nuove povertà? «L’aumento dei costi della sopravvivenza, degli affitti, le leggi sugli immigrati. Un esempio: noi stiamo smantellando i campi Rom, che vuol dire trovare una strada di inserimento, quindi lavoro, casa, scuola. Per renderli autosufficienti in 4 anni. Invece di buttar via 300/350 euro al giorno per tenerli in carcere, ne spendiamo meno per costruirgli un domani. Da altre parti si preferisce il carcere».

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CARITAS 2005 sulle povertà un caso di disagio su cinque è riconducibile al problema casa. Tra gli italiani che si rivolgono ai centri d’ascolto Caritas, il 55% risiede in case popolari o in affitto, ma di Micol Carmignani evidentemente le politiche abitative non sono bastate ad evitargli l’indigenza. Mancanza di una strategia organica e continuativa di lotta alla povertà? Un preoccupante 12,2% di italiani che chiede aiuto alla Caritas non ha alcun alloggio. Per gli stranieri la situazione è diversa: il 37% vive in affitto, quasi il 20% con parenti o conoscenti in situazioni al limite del disagio sanitario a causa dell’ affollamento. L’8,5%, infine, nelle case d’accoglienza che rappresentano una soluzione temporanea. La dimensione di Pisa è anomala per le sue esigenze di città d’arte ed universitaria: da un lato i servizi - tanti - dall’altro gli alloggi, pochi. La situazione abitativa è vicina al corto circuito: la popolazione dei residenti è di 88mila unità, mentre gli studenti sono circa 50mila. Gli alloggi in affitto sono solo 17mila: 5000 per gli studenti, 3000 case popolari, 9000 per le famiglie. Il resto, 4344mila appartamenti, sono abitati dai proprietari. Insomma una Nel settembre lotta per la conquista dello spazio vitale che produce ogni del 2005 viene anno 60 milioni di euro in affitti, il 60% in nero. occupata l’ex sede dell’Enel oggetto È chiaro che le lotte per la casa hanno avuto un ruolo di scambio tra importante, nell’ex repubblica marinara; ne parliamo con immobiliaristi, tra cui Fiorani Mike uno dei ragazzi che segue il problema alloggi a Pisa e Coppola, indagati per Università Antagonista. mesi dopo. «Le prime rivendicazioni risalgono alla fine degli anni ’70, con l’occupazione del Villaggio Centofiori, destinato alla base di Camp Darby e del Villaggio Aurora, che restano ancora oggi case popolari. Le lotte sono state discontinue, ma hanno riunito associazioni di immigrati, sindaECONDO IL RAPPORTO

Il 20 per cento degli stranieri vive con parenti o conoscenti al limite del disagio sanitario

ELENA MONTELLA

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cati degli inquilini, centri sociali e partiti di sinistra». Uno dei colori di Pisa è la cultura: l’Università e il turismo, portano attività nel terziario. In 25 anni il centro storico si è svuotato per lasciare spazio a uffici e negozi e più del 33% dei residenti si è spostato verso i Comuni limitrofi, attratto anche da minori costi al metro quadrato. Daniele Cosci, segretario Sicet (Sindacato Inquilini Casa e Territorio Cisl) segue da anni l’andamento abitativo a Pisa: «La speculazione sugli affitti li ha resi pari a uno stipendio: famiglie a medio reddito, fino ad ora autosufficienti, non lo sono più. Con la Legge 431 del ’98 e l’abolizione dell’equo canone si può chiedere l’integrazione all’affitto: approfittandosi di questa, i proprietari hanno alzato i prezzi. Dal 2003 il fondo destinato alle integrazioni si è ridotto passando da 430 a 220 milioni di euro, che non bastano. I canoni sono aumentati, e gli sfratti per morosità, a Pisa come in Italia, sono tra il 66% e il 70% del totale, anche tra le famiglie medie». Così, a fine anni ’90, torna con forza il problema abitativo: studenti, immigrati, precari, cittadini poveri o impoveriti chiedono un’abitazione. Salvatore Montano, uno degli esponenti delle prime lotte per la casa, diventa assessore per le politiche abitative, portando una sostanziale pacificazione sul problema. L’apporto fondamentale dell’assessore è lo sblocco delle liste di assegnazione per le case popolari. Aumentano di numero, ospitando sempre più famiglie.

Dal Macchia Nera al Progetto Finestre Ma non basta per spegnere le tensioni: il pretesto è la chiusura del “Macchia Nera” primo centro sociale di Pisa, episodio che sfocia in una serie di occupazioni simboliche nel centro della città, che vengono periodicamente sgomberate, ma rioccupano altri stabili. Il libero mercato degli affitti fa da molla all’aumento dei prezzi e all’evasione fiscale, così nel 2003 il gruppo Università Antagonista dà vita al “Progetto Finestre” che chiede case per gli studenti. É ancora Mike a parlare: «A fronte del miglioramento per le famiglie, agevolate dall’e|

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nuove povertà LIBRI

Cristina Cecchini Luca Gorreri Antichi mestieri rurali nel territorio del parco Ente Parco Regionale Migliarino San Rossore Massaciuccoli

Valeria Barboni Cristina Cagianelli disegni di Silvia Sarperi Pisa la fabbrica dei miracoli Felici Editore Junior

dilizia popolare, le condizioni degli studenti, specie i fuori sede, rimangono tali e quali. Gli affitti sono sempre più cari, le case cadono nel degrado e ci sono 4360 appartamenti sfitti. L’Università ed il Comune non cercano soluzioni per le richieste degli studenti e solo 1200 su 35.000 richiedenti, ricevono un alloggio dell’Ardsu (Azienda Regionale per il Diritto allo Studio Universitario)». Così, nell’Ottobre 2004, viene occupato uno stabile destinato all’Istituto Superiore S.Anna di Pisa, Università d’eccellenza largamente finanziata dalla riforma Moratti. Gli studenti chiedono 50 alloggi per gli esclusi dalle liste Ardsu. Nessun ente pisano prende la parola contro l’iniziativa e per la prima volta le richieste studentesche assumono contorni che si adattano positivamente alle lacune lasciate da Università e Comune L’iniziativa non sarà approvata, ma questa occupazione resterà un simbolo nella memoria pisana, che ha portato a conoscenza le rivendicazioni di un uso sociale e collettivo di beni pubblici. Per protesta contro le speculazioni, a metà settembre 2005 viene occupata l’ex Enel, sul Lungarno, oggetto di scambi tra immobiliaristi, ultimi Fiorani e Coppola, inquisiti mesi dopo per questo ed altri scandali. Dopo lo sgombero, Università Antagonista attacca un altro simbolo delle politiche Comunali sbiadite, l’e-

dificio “Mattonaia” nel centro storico: destinato dall’83 ad alloggi popolari finanziati dai fondi GESCAL (trattenute salariali Gestione Case Lavoratori) contrariamente ai patti, viene venduto nel 2003 a privati come immobile di lusso, con la promessa di destinare i maggiori introiti all’edilizia popolare. Nel 2005 le associazioni intervengono e occupano la “Mattonaia”, amplificando lo scandalo delle case e l’hanno vinta. «Una svolta - dice Mike - si è avuta proprio negli ultimi mesi, grazie al cambio di presidenza nell’ARDSU, che ha svincolato le scelte dal Comune. L’ARDSU ha comprato la Mattonaia ricavandone 60 alloggi per studenti e dando i negozi alle associazioni». Cosci ha una sua visione del fenomeno: «Le politiche italiane sono da sempre volte alla casa di proprietà: la defiscalizzazione, l’incentivazione per giovani coppie, da 50 anni a questa parte, ne sono esempio. Negli altri paesi europei il più degli alloggi è di proprietà pubblica o parapubblica: circa la metà è destinata all’affitto. Da noi solo il 17-18%, e questo toglie la possibilità di contrattazione. Ogni aumento della fiscalità sugli alloggi viene scaricato dai proprietari sugli inquilini. Il problema ha una radice sociale e culturale, dove la casa non è concepita come una necessità primaria per l’uomo, ma come proprietà privata, col solo obiettivo economico e non di relazione tra le persone». http://sicet.cislpisa.it

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PISA CITTÀ DELLA PACE

SAN PRECARIO ALL’UNIVERSITÀ

L’AGGREGAZIONE IN ASSOCIAZIONI, laiche o cattoliche, fa parte della storia del territorio pisano. La Misericordia di Pisa opera da sette secoli, esistono moltissime società operaie di mutuo soccorso nate dall’attività estrattiva delle cave di marmo o nella zona del legno; le cooperative sono una realtà produttiva e sono decine le associazioni che si occupano di pace, operano per la costruzione della cultura della pace o per la riconversione di Camp Darby. Forte di queste presenze, per prima a livello nazionale, l’Università di Pisa dal 2001 ha attivato il corso di laurea triennale in Scienze della Pace. Gli studenti sono una sessantina per anno, circa la metà sono adulti, lavorano e in genere sono persone impegnate nella solidarietà, nella cooperazione, nelle organizzazioni non governative. Un’altra presenza che caratterizza la volontà di Pisa di voler costruire la pace, è la Biennale del Cinema per la Pace, rassegna della produzione internazionale e concorso, giunto ormai alla vigilia della sua nona edizione.

LE TRE UNIVERSITÀ PISANE (Statale, Scuola Superiore Sant’Anna e Normale) assieme all’Ospedale, rappresentano le realtà occupazionali più consistenti della zona, sulle quali si sta anche investendo molto. Ma la vita è dura per quanti decidono di restare nell’ateneo dopo laureati per svolgere attività di ricerca o insegnare: il Comitato dei ricercatori precari pisani, il 29 e 30 marzo, ha indetto un referendum, il primo in Italia di questo genere, per portare allo scoperto la reale consistenza del fenomeno: in 1082 hanno risposto ai quesiti referendari. Il rettorato non ha riconosciuto la consultazione e ha fornito questi dati: non sono precari i dottorandi, gli specializzandi, i ricercatori in formazione e neppure gli assegnisti; sarebbero quindi in tutto 735, tra co.co.co e lavoratori occasionali, le figure non strutturate. Il Comitato chiede che cambino radicalmente i criteri di reclutamento, che si istituisca un’anagrafe dei non strutturati e vengano riconosciuti diritti come la malattia, la maternità, le ferie e i congedi parentali. Grazie al referendum è stata scoperta addirittura una nuova categoria di precari: gli “specializzoidi”, medici già laureati e abilitati, che operano nei reparti prima di diventare specializzandi. Al conto si dovrebbero aggiungere circa 900 impiegati tecnici e amministrativi con contratti a tempo determinato.

http://pace.unipi.it http://www.cinemaperlapace.it

www.precariunipi.unmondodi.it www.rebeldia.net

Pisa apre ai migranti con il Consiglio degli Stranieri Per la prima volta il meccanismo della rappresentanza degli stranieri è stata democratico. Hanno potuto scegliere i loro rappresentanti di Micol Carmignani

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ELENA MONTELLA

Scritta riguardante i clandestini sul muro dell’università

Il riconoscimento del titolo di studio è uno dei problemi degli stranieri per il lavoro | 42 | valori |

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E ASSOCIAZIONI E LE ISTITUZIONI DEI MIGRANTI sono un prodotto delle città

progressiste e aperte», afferma Natalia Belova, neoeletta nel Consiglio degli Stranieri. Nella provincia di Pisa sono presenti 9700 uomini e 8340 donne stranieri, esito di un flusso migratorio crescente da oltre 10 anni, e l’incidenza sul totale della popolazione ha raggiunto la media di 4,05%, con un picco di 8,26% in Val di Cornia. A Pisa le comunità forti sono quella albanese, senegalese e marocchina: tuttavia, secondo i dati Caritas, si consolida la tendenza degli scorsi anni che ha visto aumentare le persone dell’Est Europa, contrariamente all’afflusso da Africa e Cina. Gli stranieri sono l’apporto demografico che rende positivo l’andamento della popolazione pisana, altrimenti in decremento, secondo il saldo naturale della popolazione. Questi nuovi abitanti, forze lavoro e inquilini della città, percepiscono sempre più coscienza della loro posizione sociale, minata da norme contraddittorie o trattamenti iniqui. Come si esprimono gli immigrati a Pisa? Lo scorso 5 marzo è nato il Consiglio degli Stranieri. L’afflusso alle urne è stato del 23,5%, portando forma alla volontà di organizzarsi in enti assembleari: 15 rappresentanti, con potere solo consultivo, in linea con la legge italiana. «Il passaggio dalla Consulta al Consiglio è importante», spiega Natalia, «perché per la prima volta l’organizzazione degli stranie-

su liste di candidati formate da stranieri. Un modo per far incontrare le richieste dal basso e le proposte dall’alto. ri è stata democratica, e la rappresentanza non si è basata su criteri volontari e soggettivi, bensì su liste di candidati formate da stranieri, con propri elettori». Anche secondo Manola Guazzini, assessore alle Politiche Sociali della Provincia, il Consiglio è un traguardo che consente di avere un referente diretto per la Provincia. «Fino dal 2002 era emersa la volontà, da parte degli immigrati della Consulta, di avviare il percorso verso forme più mature di rappresentazione. Lavorando insieme, abbiamo ora una conoscenza più vera e strutturata delle esigenze degli immigrati a Pisa». Sperare in una capacità decisionale maggiore è difficile con l’assetto giuridico attuale. Il problema di non possedere la cittadinanza italiana rende impossibile legalmente ogni diritto di rappresentare i propri interessi attraverso il voto o produzione di norme. Per il momento, ad occuparsi dei diritti degli stranieri, sono solo le associazioni, enti con potere consultivo o provinciali. Un caso è il Centro Nord-Sud, nato come associazione nel 1999 e trasformato poi in ente provinciale con delibera del Consiglio della Provincia. Esso è un riferimento reale, e nasce dall’idea di far cooperare le richieste dal basso e le proposte dall’alto: un’interfaccia tra territorio e Consiglio Provinciale, che coordina e fa da raccordo agli sportelli per quello che concerne le informazioni e l’approccio all’utenza.

Guazzini precisa che Pisa si è mostrata lungimirante: si è deciso, con una variazione allo statuto, che il Consiglio Provinciale, primo in Toscana, aprirà le porte ai membri del Consiglio degli Stranieri, che avranno possibilità di intervenire seppure senza voto. Una situazione di disparità evidente, ma un simbolico passo verso il diritto d’espressione politica. «Il nostro obiettivo è dare il diritto di voto attivo e passivo agli immigrati, ed è per questo che ci siamo mossi, in febbraio, con la richiesta ufficiale a Roma di una modifica allo statuto provinciale che consenta il diritto di voto agli immigrati in provincia di Pisa. Se il nuovo governo approverà la proposta, dal 2009 i nostri stranieri potranno votare», aggiunge Guazzini. C’è una serie di documenti e contratti difficoltosi per queste 18.000 persone provenienti dall’estero. Richiedere la cittadinanza implica portare la dovuta documentazione in Questura, con tempi d’attesa da uno a tre anni. Il permesso di soggiorno varia per durata e bisogna dimostrare di avere un alloggio, che naturalmente non viene locato alle persone senza regolare permesso di soggiorno. Il contratto di lavoro, dove esiste, è spesso misurato sullo stato di necessità: paghe basse, orari prolungati. «A volte i contratti giocano sul fatto che gli immigrati non conoscono l’italiano», sostiene Vitalina Moroz ucraina della Consulta degli Stranieri di Volterra. «Un grosso |

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nuove povertà

problema nel lavoro è dato dal titolo di studio che, se equivalente alla media superiore o alla laurea, non è riconosciuto dalle autorità italiane. Questo fa sì che il livello d’istruzione conseguito nei Paesi d’origine non offra le dovute possibilità di lavoro, una volta giunti in Italia». Anche l’assistenza sanitaria ha delle lacune. Serena Fondelli ascolta quotidianamente le richieste di informazioni sull’assistenza sanitaria: è medico, volontario, partecipante al progetto sanitario Mezclar dell’associazione Rebeldia, che prevede l’uso notturno degli ambulatori Asl per gli immigrati: «Per legge tutti hanno diritto alle cure di pron-

UN’ISOLA A STELLE E STRISCE to soccorso e alle visite mediche dell’ASL. Tuttavia, per le seconde, serve un codice provvisorio, simile al nostro codice sanitario, che viene rilasciato su richiesta dietro indicazione delle generalità. Ora, per i clandestini, mostrare un documento diventa un possibile rischio di rimpatrio, perché gli enti sanitari sono obbligati a fornire dati alla Questura. Alcuni si rivolgono ai medici specialisti fuori dal circuito ASL, con prezzi alti per chi vive nella precarietà». Anche per gli extracomunitari la casa è un’emergenza: al bando per l’edilizia popolare appena indetto a Pisa, gli extracomunitari hanno potuto finalmente partecipare, in seguito alle regolarizzazioni del 20022003 e i recenti permessi di soggiorno biennali concessi dalla Questura. Le loro condizioni abitative sono preoccupanti. Asiatici e Africani

UNIVERSITÀ DI PISA studenti matricole anno 2004/2005 docenti personale tecnico amministrativo facoltà dipartimenti corsi di laurea di primo livello corsi di laurea di secondo livello corsi di laurea a ciclo unico biblioteche musei e collezioni sale studio

49.394 9571 1902 1700 11 56 81 79 6 16 13 5

Il 76% degli studenti proviene dalla provincia di Pisa e dalle province limitrofe di Livorno, Lucca e Massa, si sposta in treno o in autobus quasi ogni giorno per andare a lezione nei mesi che vanno da Novembre a Giugno. Quasi 14.000 hanno invece residenza fuori dalla regione Toscana, prevalentemente Liguria, Calabria, Sardegna. Sono domiciliati nel Comune di Pisa, San Giuliano e Cascina, solitamente con stanze prese in subaffitto. Poco più di 200 gli studenti stranieri.

vivono letteralmente ammassati in alloggi, solitamente magazzini o negozi, per i quali pagano canoni da truffa. Solitamente il contratto di affitto regolare è dato ad una persona che subaffitta ad altre. La soluzione che i sindacati propongono alle speculazioni sugli alloggi agli stranieri è il subentro, per cui chi va via lascia la firma ad un altro, ma questo deve essere previsto nel contratto. I problemi degli immigrati a Pisa sono riconducibili all’informazione disgregata, ai diritti che, seppure agevolati dalla Provincia, sono vincolati alle leggi nazionali, ma anche alla chiusura di chi stipula contratti lavorativi o abitativi, poiché non si è ancora usciti dall’idea di sfruttamento e speculazione su questa massa crescente di persone straniere.

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UN DISTILLATO DI NUOVE IDEE

SANTA CHIARA IN PERIFERIA

NEI 15MILA MQ DI UNA EX DISTILLERIA, nel 2000, è nato il Polo scientifico e tecnologico di Navacchio, un’iniziativa cofinanziata del Comune di Cascina, dalla Provincia di Pisa e con i fondi comunitari per il recupero di aree dismesse. Nel Polo si sono impiantate 60 imprese high tech, che operano nei settori ITC, microelettronica, biomedicale, robotica, energia e ambiente, per un totale di 350 addetti e un fatturato di 14 milioni di euro. Già diversi brevetti sono usciti da questo consorzio che ospita al suo interno un incubatore per nuove imprese - alcune spin off dell’Università di Pisa - che vengono seguite per due anni: dal business plan fino all’ingresso nel mondo delle imprese.

LA MAGGIOR PARTE DEL PATRIMONIO IMMOBILIARE dell’Università di Pisa presenta interesse culturale per storicità, ubicazione, architettura. L’Università per il 2005/08 ha in programma investimenti per 180 milioni di euro destinati a ristrutturazioni, costruzione di edifici e nuovi servizi (anche un impianto in erba sintetica per il calcio a 7). Ma la parte più consistente del patrimonio si trova all’interno dell’area dell’ospedale Santa Chiara: circa 10 ettari all’ombra della Torre, 340mila mc edificati e 25.250 mq di giardini in cui verranno realizzate strutture ricettive, residenziali, commerciali, servizi, scuole private e pubbliche, banche, un ufficio postale. L’Azienda ospedaliera universitaria del Santa Chiara vende in centro e si sposta in periferia, a Cisanello, una manovra complessa che frutterà 300 milioni di euro da investire per completare la costruzione dell’ospedale che già esiste. Tutti gli immobiliaristi, italiani e stranieri, già scalpitano.

www.polotecnologico.it

Crescono i servizi. Stenta l’industria Intervista a Carlo Casarosa docente di economia politica all’Università di Pisa. Sanità e scuola sono i servizi di esportazione che attirano persone da tutta Italia. Cresce il turismo. L SISTEMA ECONOMICO LOCALE DI PISA È NEI SERVIZI», dice Carlo Casarosa, docente di economia politica all’Università di Pisa, «grandi servizi attorno al turismo, l’università, la ricerca e l’ospedale. L’industria a Pisa ha un ruolo modedi Paola Baiocchi sto. L’università e l’ospedale sono servizi di esportazione, per utenti che arrivano da tutta Italia, attratti dalla qualità del servizio. Oltre l’Università ci sono centinaia di ricercatori: ci sono la Normale, il Sant’Anna, il Cnr, perfino l’Enel, che sull’Aurelia ha un grosso centro studi».

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imprenditori “Gli non mettono i capitali nelle loro imprese ”

Le zone industriali della provincia, la zona del cuoio del Valdarno, la Valdera hanno subito la crisi del Made in Italy? «La nostra area riflette quello che c’è stato in Italia. Da cinque anni va male l’abbigliamento, che subisce la concorrenza della Cina; pelle e cuoio stanno riprendendo, ma sono state in crisi per 4 anni. Ciò che ha dato sostegno all’occupazione, non è stata l’industria in senso stretto, ma l’edilizia, che è andata bene.

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L’occupazione industriale è diminuita, ed è aumentata quella nell’edilizia. Il turismo è andato bene, sono cresciuti i visitatori italiani». Perché le aziende non crescono oltre la piccola-media dimensione? «Uno dei problemi delle imprese toscane, più che in altre regioni, è che sono sottocapitalizzate, nel senso che gli imprenditori più che metterci i capitali, vanno a debito e i soldi se li prendono in patrimonio personale, per limitare il rischio». Qualche problema c’è. «Sì, perchè il reddito procapite è rimasto costante: in questi anni, in tutto il mondo occidentale, c’è stata una redistribuzione del reddito a danno dei ceti meno abbienti. Quindi i redditi bassi, sono leggermente più bassi. La sofferenza è raddoppiata dal fatto che in passato la gente era abituata, sia pure poco, a migliorare sempre. Ora si è ridotto il

reddito corrente, ma anche quello atteso: ci si aspetta meno dal futuro e in più aumenta l’incertezza, perchè i giovani non hanno il lavoro di lungo periodo. Sono tre elementi che indicano che un deterioramento che c’è stato». Ci sono in programma interventi di sviluppo? «Ci sono molti progetti, uno su IL TURISMO PER PROVINCIA cui il Comune ha investito molto AREZZO 3% MASSA 4% ed è l’insediamento sul Canale PRATO 1% PISTOIA 7% dei Navicelli, che è un’area per la PISA 7% FIRENZE 9% 26% cantieristica nautica, ma ospiterà LUCCA 10% anche un consorzio formato da SIENA LIVORNO 14% 19% GROSSETO un centinaio di imprese tecnologiche. Poi ci sarà il rigassificatore, Nel 2004 il settore turisticodi Pisa ha rappresentato il 7,0% del turismo toscano una nave gasiera in mare tra Lied ha incrementato le presenze: +1,6% vorno e Pisa. Poi ci sarà lo spostadi italiani, +1,3% stranieri (in tutto 2.570.374). La vocazione turistica della mento del Santa Chiara dal cenprovincia è quella delle città d’arte, settotro a Cisanello (vedi box) e tutta re che ha retto alla crisi. l’area diventerà un posto meravi-

585 DIPENDENTI CIVILI ITALIANI, 250/300 lavoratori di ditte appaltatrici esterne, circa 100 aziende fornitrici, 170 carabinieri nella caserma interna, circa 350 militari Usa, 750 uomini della Guardia nazionale americana, due logge massoniche al suo interno e un numero non determinato di appartamenti affittati a militari con prezzi “extraterritoriali” (forse 300) che gonfiano ulteriormente il mercato delle locazioni a Pisa: questi sono alcuni dei numeri che fanno di Camp Darby e del suo indotto una presenza occupazionale tanto rilevante, quanto ingombrante e pericolosa. 2000 ettari della pineta sul litorale tra Pisa e Livorno sono stati concessi nel 1951 agli Stati Uniti, con una durata temporale rinnovata di volta in volta segretamente, come segrete sono molte altre cose che succedono all’interno della vasta area, che comprende anche una spiaggia riservata, molto rinomata sulle brochures del Pentagono. Camp Darby è una base americana in territorio italiano, non una base Nato, il più grande arsenale al di fuori dei confini Usa, più volte oggetto di indagini giudiziarie: nel 1990 il giudice Casson scoprì che Camp Darby, durante gli anni Sessanta, era il nodo strategico della rete Gladio/Stay Behind, che al suo interno cellule di Gladio vi venivano addestrate e che vi si svolgevano anche seminari con la presenza di neofascisti di Ordine Nuovo (Gianni Bandoli) o di Amos Spiazzi (Rosa dei venti). Nel 1997 le indagini della magistratura veneziana sul disastro dell'elicottero ARGO 16, condotte da Mastelloni, confermarono la presenza a Camp Darby di missili tattici a testata nucleare. Prima di essere assunti i civili italiani devono prestare solenne giuramento di non favorire "alcun partito politico che comporta la sovversione degli Stati Uniti d'America o che sostiene il diritto di sciopero contro il governo italiano o contro il governo USA" e il limite comprende anche la Cgil che, contrariamente a Cisl e Uil, non ha diritto di accesso all’interno della base; neanche ora che sono stati annunciati cento licenziamenti di italiani, addetti alla manutenzione dei mezzi militari. Camp Darby, collegato con il porto di Livorno da un canale navigabile (in corso di allargamento), è vicino all’aeroporto militare, all’autostrada, ha una rete ferroviaria che arriva al suo interno, è posizionato al centro del Mediterraneo; insomma, ha ribadito anche il nuovo ambasciatore Ronald P. Spogli, è in una posizione irrinunciabile, di cui gli Stati Uniti si servono ogni volta che devono muovere guerra in questa area del mondo. È stato così durante il primo attacco all’Iraq nel 1991, da qui sono partite le bombe scaricate sulla Serbia nel 1999 e ora partono i rifornimenti per l’Iraq. Una santabarbara contenente ventimila tonnellate di munizioni per artiglieria, missili, razzi, bombe cluster, 8100 tonnellate di esplosivo stipate in 127 bunker e poi ancora 2600 tra tank, blindati, jeep, carri armati, veicoli da combattimento e chissà che altro, visto che la società civile non può entrare all’interno dell’area e anche per i dipendenti italiani ci sono zone off limits. Per il movimento pacifista pisano e per la Regione Toscana Camp Darby è un pugno nello stomaco: inquieta la presenza di un arsenale così ingente a stretto contatto con la popolazione, in una zona a forte vocazione turistica. Il presidente Martini da sempre dichiara di voler riconvertire la zona ad usi civili, ma oltre alle dichiarazioni e le proteste dei pacifisti, che tutte le estati organizzano un campeggio antimilitarista alle porte di Camp Darby, o le manifestazioni di Trainstopping effettuate dalla rete dei disobbedienti per bloccare i treni che trasportano le armi, servono una serie di azioni politiche che portino alla chiusura della base, così come è avvenuto per la Maddalena, in Sardegna. info@viacampdarby.org www.globalsecurity.org www.articolo11.or

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glioso per il turismo. Anche il traffico migliorerà. Poi c’è il progetto sulle caserme che non è ancora decollato, ma dovrebbe essere costruita una nuova caserma nella zona di Ospedaletto e la città acquisirebbe tre caserme».

CHIÈCHI ANTONIO TABUCCHI, 1943 Scrittore e traduttore di Fernando Pessoa, nasce a Pisa il 24 settembre. Attualmente docente di Lingua e Letteratura portoghese all’Università di Siena,ha pubblicato nel 1975 il suo primo romanzo “Piazza d’Italia” a cui fanno seguito altri lavori come: Il gioco del rovescio (1981); Donna di Porto Pim (1983); Notturno indiano (1984); Piccoli equivoci senza importanza (1985); Sostiene Pereira (1994); La testa perduta di Damasceno Monteiro (1997). PAOLO BENVENUTI, 1946 Regista, sceneggiatore, produttore, è nato a Pisa. Nel 1982 fonda a Pisa il cineclub Arsenale, una istituzione multimediale che associa oggi più di diecimila soci. Oltre a numerosi corti e mediometraggi, ha realizzato cinque lungometraggi tra cui ricordiamo Segreti di stato (2003), prodotto dalla Fandango, presentato in concorso ai Festival del cinema di Venezia e Toronto. ALESSANDRO PLOTTI, 1932 Nato a Bologna l’8 agosto, è l’arcivescovo metropolita di Pisa dal 7 giugno 1986. È stato ordinato vescovo il 6 gennaio 1981 come ausiliare. Presidente della Conferenza episcopale toscana e vicepresidente della Cei, non esita a schierarsi a favore degli operai della Piaggio quando le vertenze si fanno più dure.

L’industria della memoria Archeologie industriali in Provincia di Pisa TAGETE

Alimentari, bevande e tabacco Tessile e abbigliamento Pelli, cuoio e calzature Legno e mobilio Chimica, farmaceutica, gomma e plastica Prodotti non metalliferi Produzione di metallo e fabbricazione di prodotti in metallo Meccanica Elettronica e mezzi di trasporto Varie TOTALE

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PISA

TOSCANA

2003

2004

2003

2004

-0,5 -8,9 15,4 -5,0 0,6 -0,4 -2,2 -3,4 6,9 0,4 -5,8

0,7 -11,9 -8,2 -0,9 0,4 -3,6 1,7 -3,5 2,2 -4,3 -3,3

3,5 -6,1 -10,5 -0,8 0,1 -4,0 -1,4 -3,5 6,0 -5,0 -3,7

1,9 -1,3 -3,8 1,0 1,5 -0,5 2,2 -0,7 2,2 -1,7 -0,3

La produzione della provincia di Pisa non riesce a tornare sul terreno positivo, anzi registra una contrazione (-3,3%) più pronunciata rispetto alla contrazione produttiva regionale (-0,3%). Negativa la produzione nel settore tessile-abbigliamento e anche la performances del settore cuoio, che però han dato risultati migliori nel primo trimestre del 2005. Si è dimostrata competitività manifatturiera nei settori caratterizzati da una grande dimensione aziendale: +2,2% nella produzione di mezzi di trasporto ed elettronica. Fonte: elaborazioni su dati Unioncamere Toscana - Istituto Tagliacarne

FABRIZIO FELICI È il giovane rappresentante della terza generazione di editori, che hanno cominciato l’attività nel 1930. La casa editrice Felici è specializzata in pubblicazioni sul territorio ed ha appena dato vita alla rivista trimestrale di cultura del territorio Locus, diretta da Cristiana Torti, docente di Archeologia industriale.

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Locus rivista di cultura del territorio n.1 Tramvie Felici Editore

SETTORI DI ATTIVITÀ

GINO NUNES, 1941 Nato a Livorno, laureato in Medicina e chirurgia presso l’Università di Pisa nel 1966; dal 1968 al 1978 assistente di ruolo presso il Centro ustioni nella Clinica dermatologica dell’Università di Pisa. Dal 1979 al 1980 è segretario del sindacato enti locali Cgil; dal 1980 al 1983 segretario della camera del lavoro di Pontedera. Durante la legislatura 1985-1990 è vicesindaco del comune di Pisa; presidente della Provincia di Pisa dal 1990 al 2004. Attualmente è nel Consiglio della regione Toscana.

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LIBRI

ANDAMENTO DELLA PRODUZIONE INDUSTRIALE PER SETTORI [VARIAZIONI % RISPETTO ALL’ANNO PRECEDENTE]

FRANCO GESUALDI, 1949 Nato a Foggia, allievo di don Milani è fondatore e coordinatore del Centro Nuovo Modello di Sviluppo di Vecchiano, dove si prepara la “Guida al consumo critico” (Emi editrice). Il Centro si propone di analizzare le cause dell’emarginazione e di definire strategie a difesa dei diritti degli ultimi; Gesualdi collabora con Altraeconomia ed è tra i fondatori, con Zanotelli, della rete Lilliput.

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Come vede la classe politica locale? «Sono stato consulente del sindaco Fontanelli che, durante la prima legislatura, aveva un gruppo di dieci saggi, che ha consultato sistematicamente; ora ha un gruppo più ampio di cinquanta persone, di cui faccio parte, ma è più un’interazione con la città, che con gli esperti. Il partito comunista in passato non capiva la realtà imprenditoriale, era abbastanza ostile ed antagonista; ora non è così. Favorisce lo sviluppo economico, anche l’impegno sul porto turistico non era popolare anni fa. Fontanelli invece ha puntato moltissimo sullo sviluppo turistico di Pisa, sono nati molti alberghi che prima mancavano. Ora c’è dinamismo; c’è un mutamento nella classe dirigente. Fino agli inizi degli anni Ottanta gran parte dell’apparato del partito era ancora per la reindustrializzazione, mentre si deve prendere atto che si va verso i servizi. L’industria deve avere uno spazio, ma l’occupazione verrà dai servizi».

PIL PRO CAPITE

Popolazione residente 85.379 (dati Istat 2001) Numero famiglie 36.385 Numero abitazioni 43.447 Comuni della provincia pisana 39 Superficie territoriale 2.444,38 Kmq Densità abitativa 157,32 ab/Km2 Popolazione presente 394.967 Maschi 191.776 Femmine 203.191 Occupazione uomini 74,0% Occupazione donne 49,4% Disoccupazione uomini 3,0% Disoccupazione donne 7,0%

Valori a prezzi correnti e variazioni % a prezzi costanti

Il tasso di occupazione femminile è inferiore a quello regionale (52,9%). La differenza con il tasso di occupazione maschile è alto, segno di una domanda di lavoro ancora non molto incline ad assorbire rilevanti segmenti dell’offerta di lavoro femminile.

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LA PIAGGIO DI COLANINNO

IL SALDO TRA NATI E MORTI NELLA PROVINCIA DI PISA sarebbe negativo (-1.295dati 2003) se non fosse incrementato dalle iscrizioni all’anagrafe degli immigrati. L’incidenza della popolazione anziana è molto alta: il 21,86% nella provincia pisana e il 23,62% nel capoluogo; dal 3 al 5% in più rispetto alla media nazionale che vede la Toscana al secondo posto, dopo la Liguria, per presenza di anziani. Una popolazione con un indice di dipendenza elevato, che richiama dall’Est Europa “badanti” e baby-sitter, specialmente da Romania e Ucraina. Le badanti, al momento un numero imprecisato, rappresentano un nodo da sciogliere per diritti sindacali e d’immigrazione. Consulta degli stranieri, Consiglio degli immigrati, sindacati e enti provinciali, ammettono la difficoltà a trovare linee d’azione efficaci e anche il modo di raggiungere e informare le badanti: progetti di formazione, corsi di italiano, di informatica, sui diritti delle donne, hanno avuto poche adesioni, sia per la mancata collaborazione da parte delle famiglie, sia per la volontà delle badanti di gestire altrimenti lo scarso tempo libero. Le opinioni sul contratto sono controverse: Acli e Anolf (Associazione per gli immigrati della Cisl) ne propongono uno studiato appositamente in termini di paga adeguata all’orario, turni di lavoro, vitto e alloggio; la Cgil propone, invece, l’equiparazione dei contratti a quelli dei cittadini italiani per ore lavorative, diritto al tempo libero e cura della persona. La maggioranza di queste donne arrivate dall’Est ha un’età tra i 30 e i 50 anni (dati Caritas), con alcune coraggiose sessantenni che si sottopongono al viaggio verso l’Italia per lavorare qualche mese e spedire denaro ai parenti. Resta per loro il duplice problema del permesso di soggiorno e del lavoro in nero, dove la mancanza dell’uno genera l’altro. Con il visto turistico di tre mesi queste donne sforano spesso il limite di permanenza, sfidando il rischio di un brusco rimpatrio, restando M.C. nel buio della clandestinità.

DAL 1924 LA PIAGGIO È A PONTEDERA, con la produzione di motori avio: nel 1946 riconverte le produzioni per produrre la Vespa. Nel 1965 quando muore Enrico Piaggio, figlio del fondatore, la fabbrica ha superato i diecimila addetti ed è l’azienda più grande del Centro Italia. É una fabbrica dura e sono dure le relazioni industriali: è documentato che alle donne, negli anni ’50, al momento dell’assunzione veniva fatta firmare una lettera di dimissioni con la data in bianco, da riempire nel caso di una gravidanza. Umberto Agnelli subentrerà alla presidenza dal ‘64 all’87; con lui comincia una nuova fase, segnata dall'acquisto della Gilera nel '69; i dipendenti a Pontedera toccano quota 12.800. Gli anni Ottanta portano il declino. Nel 1993, con l'arrivo di Giovanni Alberto Agnelli, c’è la speranza di una ripresa che si spegne sia per i conti dell'azienda, sia per la morte, nel dicembre ’97, dell'erede delle famiglie Piaggio e Fiat. È il dicembre del '99 quando Morgan Grenfell la spunta e acquisisce tutto il Gruppo per una cifra di 1.350 miliardi di vecchie lire, ma provvede anche - attraverso il meccanismo del “leverage” ad appesantire Piaggio di un debito che giungerà a fine 2003 a 600 milioni di euro. Nell’ottobre 2003, la Piaggio passa sotto il controllo di Roberto Colaninno. L’azienda conta ormai 2700 occupati, molti con contratto stagionale; la produzione viene spostata Asia e tagliate del 65% le commesse alle fabbriche dell’indotto: 30 imprese di fornitura diretta, 150 di altri fornitori per un totale stimato di circa 2500 addetti ai quali si aggiungono circa 500 a tempo. Risultato: circa 100 licenziati, 350 operai in cassa integrazione o in mobilità. La Regione interviene con finanziamenti per 15 milioni di euro alla filiera, per il sostegno all’innovazione tecnologica. A Pontedera infatti da tempo si è scommesso sugli incubatori d’impresa di Pont-tech e sugli avanzati laboratori del Sant’Anna per la sperimentazione della macchina ad idrogeno.

VOGLIA DI PORTO

I NUMERI DI PISA

Valdarno inferiore Val d’Era Area pisana Val di Cecina interno PISA TOSCANA

PISA E I NONNI CON LA BALIA

PIL PRO CAPITE

VAR % 2001/2004

28.842 22.319 22.880 20.921 23.679 24.501

-5,4 3,0 2,6 3,1 0,8 0,6 Fonte: IRPET

Il benessere economico, rappresentato dal Pil pro capite, non appare molto distante dalla media regionale. Tuttavia dal 1995 al 2004 la provincia di Pisa ha visto crescere il proprio Pil a prezzi costanti a velocità dimezzata rispetto alla media regionale, realizzando il peggior tasso di crescita tra le province toscane: +6,8% contro l’11,7% messo a segno a livello regionale.

L’ACQUA È UNA COMPONENTE IMPORTANTE DI PISA: la sua abbondanza ha reso necessarie bonifiche e canalizzazioni utilizzate fino al dopoguerra come il Canale dei Navicelli - per il trasporto tra Pisa e Livorno o il Fosso Macinante che da San Giuliano Terme, su barconi chiamati gondole, portava in città i marmi dalle cave di San Giuliano e Filettole. La scoperta nel 1998 di sedici navi romane (ora visitabili) sepolte vicino agli Arsenali Medicei nella zona ovest della città, ha rilanciato una serie di progetti per valorizzare questa componente del territorio. È in progetto la realizzazione del Museo della Navigazione, si sogna (per ora) la navigabilità dell’Arno tra San Rossore, Pisa e Firenze; si sono messe le basi per localizzare un polo tecnologico e di cantieristica nautica sul Canale dei Navicelli. Ma soprattutto i pisani rivogliono il porto che hanno visto insabbiarsi: non hanno mai dimenticato di essere stati una potente repubblica e di aver subito la beffa della creazione, da parte dei Medici, della città di Livorno e del suo porto (da cui la storica

avversione tra le due città).. A distanza di 600 anni Pisa ci riprova, progettando un porto turistico da 500 posti a Marina alla foce dell’Arno. Alla fine di marzo il Consiglio comunale ha votato il piano di recupero dell’ex area industriale Motofides e la variante urbanistica; il cammino però è ancora lungo perchè il porto è all’interno del Parco naturalistico di Migliarino-San Rossore, il progetto prevede anche la costruzione di un villaggio turistico da 150mila metri cubi (un quarto dell’attuale Marina) e serve la valutazione di impatto ambientale. La zona è delicatissima dal punto di vista idrogeologico e la bizzarria dell’Arno non rende accessibile la foce per almeno due mesi l’anno. L’ex Fiat-Motofides verrà completamente “espiantata” e al suo posto verrà creato un bacino per i natanti. Le critiche sono molte e accese: si chiede, tra l’altro, perchè non è stata imposta alla proprietà la bonifica dell’area industriale dismessa che la legge ed il piano regionale prevedono e se non era possibile conservare parte della storia operaia della fabbrica.

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Spoil system

Schiene dritte per la sostenibilità di Walter Ganapini

ROPPO SPESSO CI SI DIMENTICA CHE L’ITALIA È QUEL PAESE in cui, all’atto della approvazione delle famigerate leggi razziali, solo una decina di Accademici si dimise dall’Amministrazione Pubblica: persone cui si dovrebbe tributare un quotidiano omaggio, e che invece da tempo sono relegate nel dimenticatoio. Il problema si è riproposto con l’appello rivolto agli operatori della comunicazione dal Presidente Ciampi, con la nota esortazione a mostrare “schiena dritta”. A molti altri settori della vita istituzionale dovrebbe estendersi quella esortazione! In queste settimane si sono moltiplicati i rumors circa i picchi esponenziali raggiunti dalla “Borsa del Ri-Collocamento” di alti funzionari dello Stato, sottesi, come ben sa chi abbia minimamente praticato il “rito tiberino”, da una fittissima rete di telefonate impudenti, di altrettanto impudenti frequentazioni di luoghi pubblici “di tendenza” (ulivista, s’intende), dai ristoranti alle librerie (per non parlare dei salotto di intermediazione). In tema d’ambiente spiccano, al riguardo, le voci circa le profferte negoziali di ravvedimento operoso rivolte ad altissimi dirigenti dei Partiti dell’Unione da parte di altissimi boiardi, sin qui di adamantina fede per lo più postfascista, che hanno fatto (e soprattutto disfatto) ciò che hanno voluto in tema di politica ambientale di questo quinquennio, sfasciando territorio e risorse, portando l’Italia a vedersi irrogare, nell’Europa a 25, il 14% delle procedure d’infrazione di normative di settore e, comunque, spingendoci fuori da ogni moderna cultura della qualità ambientale come fattore competitivo. Il mazzo dei riciclandi include dirigenti L’incredibile borsa generali che nello scorcio finale della precedente legislatura omisero del Ri-collocamento di alti sfacciatamente atti dovuti, anche a livello internazionale, di loro funzionari dello Stato competenza, “tecnici” portati da Berlusconi a fungere da Assessori pronti a rimanere in sella in governi regionali del Polo con competenza su temi caldissimi con qualsiasi (non ultimo il Ponte sullo Stretto), accademici proni maggioranza politica che da responsabili di Autorità cruciali (e dunque per definizione “terze”) operavano contestualmente, e formalmente, presso il Gabinetto del Ministro, ecc. Questi signori, cui si deve la versione italiota del più strumentale, spietato ed inefficiente spoil-system, sono alla ricerca di ogni nicchia che li tuteli dalla applicazione più corretta di quel metodo, coerente con una anglosassone concezione del bipolarismo. Ciò che è più grave è che con questi comportamenti si allontana sempre più dallo scenario italiano la figura del pubblico funzionario inteso come colui cui compete di perseguire lealmente l’interesse generale come statuito dal legislatore e non di (sper)-“giurare fedeltà” al potente di turno , con ciò rendendo ancor più remota l’idea-forza di un’Amministrazione che si ponga come attore proattivo della soluzione dei problemi del Paese. La gravità di questa pratica ri-allocatoria assai poco europea si enfatizza a fronte del bisogno drammatico di efficienza ed orientamento e responsabilizzazione al risultato che dovrebbe caratterizzare il tentativo di “rimettere in carreggiata” il Paese sul versante della sostenibilità dello sviluppo, del contenimento degli effetti ormai irreversibili del cambiamento climatico e della crisi che caratterizza ogni matrice ambientale, a partire dall’ambito padano. Si possono avere le migliori analisi della realtà ed i più allettanti progetti ed obiettivi, ma se non si ha una macchina amministrativa adeguata scarsissime sono le probabilità che si concretizzi il percorso che dalle analisi porta al conseguimento degli obiettivi. Schiene dritte, dunque, con l’augurio che il ceto politico sappia resistere al meglio alle adulazioni dei riciclandi.

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GENERAL BEVERAGE

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Un muro per fermare i migranti di Tijuana >52 Una scuola d’arte per far dimenticare la guerra >56

internazionale QUATTROMILA MIGRANTI MORTI NELVIAGGIO DELLA SPERANZA

LA NORVEGIA RISPARMIA E SCEGLIE L’OPEN SOURCE

AUSTRALIA E CINA FIRMANO ACCORDO PER L’URANIO

MENO ANTIBIOTICI, MA PIÙ EFFICIENTI

ITALIA QUARTA NEL BIOTECH, MA ANCORA POCHI BREVETTI

EPIDEMIA DI COLERA IN ANGOLA, MSF LANCIA L’ALLARME

Per molti migranti, provenienti dal Sud del mondo, il viaggio verso l’Europa si è rivelato una trappola mortale. Tanti giacciono ancora in fondo al mare, altri invece sono morti in un container, sotto i treni o congelati nel vano carrello di un aereo. Dal 1988 al 2005 le vittime della speranza sarebbero state 3998. Il dato proviene da fortresseurope.blogspot.com la più completa raccolta di documentazione sul tema. Si tratta di una cifra spuria, cioè inferiore al dato reale, perché ricavata dalle tragedie che si conoscono attraverso gli articoli pubblicati da testate giornalistiche di diversi Paesi, disponibili in italiano, inglese e francese. La prima causa di morte è l’annegamento nelle acque del Mediterraneo. Il viaggio sulle carrette della speranza è costato la vita a 3.342 persone (86% del totale), di cui 2.080 (il 62%) decedute negli ultimi 4 anni. Circa 1.100 cadaveri, uno su tre, non sono mai stati recuperati e giacciono in fondo al mare. I punti critici sono: il Canale di Sicilia, dove dal 1996 al 2005 sono morte 1.641 persone, di cui 677 mai recuperate. Si tratta di imbarcazioni provenienti dalla Libia e dalla Tunisia e dirette verso Malta, Lampedusa e la costa italiana. Un’altra rotta a rischio è quella tra Albania e Montenegro da una parte e Italia dall’altra, dove hanno perso la vita 451 persone. Dall’Africa occidentale si viaggia verso la Spagna, attraversando lo stretto di Gibilterra. Dal 1988 al 2005 sono annegate nelle acque marocchine e spagnole 859 persone, di 197 non è mai stato recuperato il cadavere. Ma non si muore soltanto per mare. Dal 1995 sono decedute asfissiate, schiacciate dal peso delle merci o a causa di incidenti stradali, 213 persone che viaggiavano nascoste nei camion o dentro i containers caricati sulle navi cargo dirette nei porti europei.

La pubblica amministrazione norvegese abbandonerà il vecchio software proprietario, perché troppo caro e vincolante, e passerà all’open-source. È l’opinione del governo norvegese che ha deciso di rinnovare completamente i sistemi informatici utilizzati nel settore pubblico. A traghettare la Norvegia verso il codice aperto sarà un un comitato governativo. Ne faranno parte: programmatori, ingegneri ed esperti impegnati nella ricerca di soluzioni ad alta interoperabilità per implementare un piano nazionale di potenziamento delle infrastrutture di e-government. Il piano sarà articolato in tre punti fondamentali: conversione dei documenti testuali in formato aperto; aumento dell’accessibilità dei siti web istituzionali, grazie alla garanzia di compatibilità con i browser open-source; sviluppo di alternative aperte per la gestione degli archivi e dei sistemi informatici della PA. Tutto questo per garantire che ogni cittadino abbia pari diritti e non debba legarsi a sistemi proprietari esercitando un suo diritto “trasversale”. Con questa decisione la Norvegia si affianca al gruppo di paesi che hanno abbracciato l’open source, (Cina, Giappone, Corea del Sud, Francia, Germania e Brasile) come soluzione a basso costo per l’informatizzazione delle strutture e dei servizi pubblici.

Mentre gli Usa lanciano gli strali sul nucleare iraniano, l’Australia sigla un accordo con la Cina e Taiwan per la fornitura di uranio. La firma dell’intesa è stata possibile grazie al fatto che la Cina ha accettato il Trattato di non proliferazione nucleare e dunque si è impegnata a non utilizzare l’uranio per programmi riguardanti armi atomiche. L’accordo prevede la fornitura di 20 mila tonnellate l’anno di uranio a partire dal 2010, perché prima l’Australia dovrà soddisfare i contratti in corso. Si tratta di un grosso sforzo per l’Australia, che oggi produce 10 mila tonnellate di uranio estraendolo dalle sue tre miniere. La Cina nei prossimi 20 anni ha deciso di costruire circa 50 nuove centrali nucleari e perciò ha bisogno di rifornimenti stabili. Inoltre si è impegnata a usare l’uranio importato a soli fini pacifici, e ha dichiarato di considerare in modo molto serio le sue obbligazioni anche in qualità di membro dell’Aiea (Agenzia dell’Onu per l’energia atomica) e firmatario del Trattato di non proliferazione nucleare. L’accordo è stato contestato dagli ambientalisti australiani, secondo i quali l’uranio, una volta esportato, va fuori controllo circa il suo utilizzo. Attualmente l’Australia ha 19 accordi bilaterali che coprono 36 paesi, tra cui Usa, Gb, Francia, Messico, Giappone, Finlandia e Corea del Sud. Anche l’India vorrebbe acquistare uranio dall’Australia, ma non ha siglato il Trattato di non proliferazione.

La prescrizione eccessiva di antibiotici in Europa contro malattie come bronchiti e polmoniti sta contribuendo sempre più pesantemente allo sviluppo di ceppi di batteri resistenti. Così l’Unione Europea ha stanziato undici miliardi e mezzo di euro per affrontare il problema, dando vita al progetto “Grace” (Genomics to combat Resistance against Antibiotics in Community-acquired Lrti in Europe) una delle più grandi sfide sanitarie dei prossimi anni. Il progetto prevede la costruzione di un network di eccellenza, composto da 17 gruppi di ricerca in 9 paesi europei, con lo scopo di migliorare la conoscenza epidemiologica sulle infezioni respiratorie, sviluppare nuove metodologie diagnostiche, perfezionare i protocolli d’uso delle terapie antibiotiche e formare i medici sul territorio in modo che le nuove conoscenze scientifiche vengano rapidamente tradotte in applicazioni cliniche. Seppure negli ultimi anni i maggiori stanziamenti siano andati alla scoperta di nuovi farmaci, i risultati non sono stati esaltanti. Perciò è stata cambiata radicalmente la strategia: spostare le risorse dallo sviluppo di nuovi farmaci alle procedure per usare più selettivamente quelli esistenti. Per l’Italia partecipa un gruppo di ricerca coordinato da Francesco Blasi, professore di malattie respiratorie all’Università di Milano, che si occuperà di educazione e formazione.

L’Italia, con 163 società, è al quarto posto in Europa per presenza di industrie biotecnologiche. Davanti al Bel Paese ci sono: Germania, Inghilterra e Francia. Circa 73 sono di recente costituzione (5 anni) a partire dal 2000. Il dato è stato reso noto da “Biotecnologie in Italia 2006. Analisi strategica e finanziaria”, il rapporto redatto da Blossom Associati e Assobiotec. La particolarità delle aziende italiane sta tutta nella loro origine: 69 appartengono alla categoria start-up e spin-off, 9 sono spin-off di origine universitaria, 6 sono quelle nate dalle costole di aziende private. Si tratta di piccole imprese con fatturati modesti e un basso numero di dipendenti. Le classifiche stilate dall’Unione Europea sugli indicatori di sviluppo svelano inoltre che se l’Italia è quarta, per quanto riguarda le pubblicazioni scientifiche di carattere biotecnologico con 34021 studi pubblicati tra il 1994 e il 1999, scende al settimo posto quando si calcolano i brevetti domandati all’ufficio brevetti europeo. Queste piccole imprese biotech sono spesso finanziate dalle università che partecipano con percentuali variabili dal 5 al 20 per cento. Gli altri investitori sono aziende private nazionali, regioni e amministrazioni locali e in parte anche gli stessi ricercatori.

Il numero di casi di colera cresce rapidamente fuori e dentro la capitale dell’Angola, Luanda. Per questo l’organizzazione internazionale “Medici senza frontiere” (Msf) ha lanciato un appello alle autorità angolane, affinché mettano velocemente a disposizione maggiori risorse per contenere la crescente epidemia. Nella bidonville di Boa Vista, a Luanda, Msf ha aperto un centro per curare i malati di colera, altri due centri sono stati aperti nelle aree di Cazenga e Kilamba Kaxi. Un terzo centro sarà aperto nella bidonville di Smabizanfa con altri 200 posti letto. Qui lavorano oggi 17 volontari internazionali e oltre 80 angolani, tra cui 28 medici e 16 infermieri. Nei centri sono state curate oltre 2500 persone. Nella provincia di Curanza Norte, sono stati riportati circa 500 casi con 49 morti; nella provincia di Benguela 676 casi e 63 morti; nella provincia di Bengo 790 casi e 33 morti. Dall’inizio dell’epidemia almeno 4500 persone sono state contagiate, di queste 205 sono morte. Da quando il colera ha iniziato a diffondersi nelle aree fuori Luanda contenere l’epidemia è diventato ancora più difficile. Al momento mancano sia beni di prima necessità, operatori sanitari angolani, ambulanze per il trasporto dei contagiati nei centri di cura ed un sistema di autotrasporto adeguato per portare acqua potabile alla popolazione. “Medici senza frontiere” deve affrontare anche i ritardi doganali che rallentano la consegna dei medicinali e del materiale per allestire i centri.

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SCHEDA MESSICO

Superficie: 1,972,550 km quadrati Popolazione: 106 milioni di abitanti Speranza di vita alla nascita: 75 anni Gruppi etnici: 60% meticci (amerindi-spagnoli), amerindi 30%, bianchi 9%, altri 1%. Capitale: Messico (Distrito Federal) oltre ai 31 stati del paese. Tasso di disoccupazione: 25% circa Popolazione sotto la soglia della povertà: 40% PIL: $173.2 miliardi Debito estero: $174.3 miliardi

SUSAN MEISELAS / MAGNUM PHOTOS

Un muro per fermare i migranti di Tijuana Ogni anno sono circa 485 mila i migranti che entrano illegalmente negli Usa, e altrettanti ci provano inutilmente.

Tijuana, 1989

che corrono lungo la staccionata dell’ambasciata statunitense di Città del Messico. A costruire questo muro, cartone dopo cartone, è stato un gruppo di studenti universitari mobilitati contro la riforma sull’immigrazione in discussione a Wadi Cristina Artoni shington che prevede, tra le novità, di rafforzare ulteriormente la frontiera con il Messico. L’obiettivo è respingere le migliaia di persone che da tutta l’America Latina cercano, coscienti del rischio di perderci la vita, di saltare verso la terra promessa del sogno americano. Ogni anno sono circa 485 mila i migranti che entrano illegalmente negli Usa, ma altrettante migliaia tentano inutilmente il passaggio. Molte migliaia vi perdono la vita mentre almeno 200 mila, 150 mila dei quali messicani, vengono arrestati dalle autorità che li intercettano. Ora Washington ha previsto la costruzione di un muro di 1.150 chilometri lungo tutta la frontiera e di incrementare il pattugliamento con altri 12 mila agenti per bloccare i migranti. Le nuove ricette di Washington sono piombate nel mezzo della campagna elettorale messicana. Ma le presidenziali del prossi-

“E La nuova politica di contrasto all’immigrazione vista al di là del confine, nel Messico alla vigilia delle elezioni presidenziali. Un muro di 1.150 chilometri lungo tutta la frontiera e oltre 12 mila agenti a sorvegliare | 52 | valori |

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L ABUSO GLOBAL” SI LEGGE SU TUTTI I MATTONI DI CARTONE AMARANTO

mo luglio potrebbero scardinare l’asse Fox-Bush, e vedere insediarsi alla residenza del Zòcalo il candidato della sinistra, Andrés Manuel Lòpez Obrador, segretario del Partito della rivoluzione democratica (PRD). Oltre alle manifestazioni di massa negli Stati Uniti contro la nuova legislazione sull’immigrazione, anche in Messico le possibili restrizioni hanno creato un vero movimento di opinione. La politica di asservimento del presidente Vincente Fox a Washington potrebbe diventare un boomerang in vista della consultazione, secondo uno degli editorialisti del quotidiano messicano La Jornada, Pedro Miguel: «Gli Stati Uniti hanno ottenuto che le autorità messicane funzionino come la polizia degli uffici immigrazione americani. Così gli agenti messicani stanno in questi anni perseguitando i guatemaltechi, i salvadoregni, gli ecuadoregni, gli argentini che arrivano in Messico. Il primo stop di controllo ai migranti non è al fiume Rio Bravo, ma a Suchiate, alla frontiera tra Messico e Guatemala. La frontiera è quindi già al sud. D’altra parte la frontiera del nord è virtuale. Si parla di rafforzarla nuovamente, ma di sicuro da qui passano migliaia di tonnellate di co-

caina e milioni di persone senza nessun controllo. È un gran paradosso che la potenza militare, tecnologica e economica più grande del mondo non riesca a intercettare droga, persone e armi (queste arrivano dal nord, dagli Stati Uniti, verso il sud). Ora tutti questi propositi di imporre nuovi controlli sembrano un nuovo modo per modulare questi traffici, mettere una sorta di valvola di controllo per gestirli meglio più che bloccarli. Si tratta di una grande ipocrisia». Uno degli ultimi censimenti federali negli Usa ha rilevato che sono 41 milioni i residenti di origine latina, pari al 14% della popolazione. La metà è nata al di fuori della frontiera statunitense, e il 65% è di origine messicana. Nel 2045, secondo il Pew Hispanic Center il numero dei latinos si aggirerà intorno ai 103 milioni. Lo spagnolo è già la seconda lingua nel paese e gli Stati Uniti sono il secondo paese di lingua castigliana al mondo, dopo il Messico, ma davanti a Spagna e Colombia. Washington ha affrontato la riforma dell’immigrazione con un doppio binario pericoloso: da una parte cercare di regolarizzare la figura del lavoratore ospite che consenta di avviare la regolarizzazione di 12 milioni di immigrati “clandestini”, ma dall’al|

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tra introdurre per la prima volta nella storia del paese il concetto che essere senza documenti rappresenta un delitto criminale. «Manca solo questo passaggio», dice il giornalista della Jornada, «perchè gli immigrati sono già trattati come delinquenti, terroristi o narcotrafficanti. La polizia li perseguita: alla frontiera vivono braccati come gli animali e sbattuti in carcere e maltrattati. Sono oggetto di persecuzione come avvenne per i gitani in Spagna nei secoli XV e XVI. Non siamo di fronte a uno sterminio, ma sicuramente a una persecuzione sì. Vengono deportati, dopo retate di massa scattate nei posti di lavoro o nei quartieri ad alta immigrazione per cercare chi è senza documenti in regola». Eppure, per stessa ammissione del presidente Bush, gli immigrati sono una delle ricchezze per l’economia del paese: svolgono i lavori più umili (negli Usa esistono 100 mila immigrati irregola-

ri che fanno i jornaleros, lavorano come precari per imprese di pulizie o servizi di manutenzione), e rappresentano manodopera a basso costo, tanto che secondo il United Auto Workers (UAW), una delle organizzazioni sindacali del settore automobilistico, il 40% dei latinos vive sotto la soglia di povertà. «L’economia degli Usa», precisa il giornalista Pedro Miguel, «ha bisogno di almeno 15 o 20 milioni di lavoratori immigrati. Li vogliono a costi bassi e li possono avere solo tra gli illegali, così gli imprenditori possono pagarli meno. Accade l’esatto contrario di quello che succede con la droga, che quando ha difficoltà di commercio il suo prezzo lievita. Si fa in modo che la manovalanza immigrata resti a basso costo in modo che mantenga competitive le industrie degli Stati Uniti nel confronto con quelle europee o cinesi».

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«La migrazione ribaltata». Clandestini e poco integrati Intervista a Alessandro Volpi, docente di Storia contemporanea presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Pisa e autore di “La fine della globalizzazione? Regionalismi, conflitti, popolazione e consumi”, BFS edizioni. di Cristina Artoni

uanto ha influito la globalizzazione nella libera circolazione delle persone? «L’organizzazione mondiale del commercio (WTO) aveva stabilito nel 1995 di fatto una libera circolazione delle persone per quello che riguarda il settore dei servizi e quindi per coloro che avevano un’alta qualificazione. Fin dall’inizio il WTO non aveva previsto i liberi sposamenti di persone, poi su questo tessuto si sono innestate ovviamente altre diffi-

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coltà, tra cui la mancata piena realizzazione del trattato di Schengen in Europa. Il trattato diventa realtà nel 1995, ma poi nella sostanza con l’allargamento ad Est questo processo di libera circolazione viene immediatamente bloccato e la possibilità della libera circolazione della mandopera viene rimandata fino al 2012. Questo rappresenta indubbiamente un fortissimo freno e viene introdotto inoltre il principio, comune ormai in molti ordinamenti, di subordinare l’ingresso in

un paese al contratto di lavoro. Su questo punto ora si trova a fare i conti anche una terra di elezione dell’immigrazione come lo sono stati gli Usa, che in qualche modo dopo l’adozione del Patriot Act nel 2001, il complesso di normative che restringono la possibilità di accesso nel paese, si trova oggi davanti ad una situazione contraddittoria con 12 milioni di immigrati in condizione di clandestinità, proprio perchè le maglie si sono ristrette nel giro degli ultimi 3 o 4 anni rispetto al passato. Questo pone dei grossi problemi perchè quello che è importante avere chiaro è che l’immigrazione storicamente è stata un fenomeno di riequilibrio della ricchezza su scala planetaria. Le popolazioni che si spostavano da zone povere verso zone ricche contribuivano a un riequilibrio della ricchezza con il meccanismo delle rimesse degli emigranti. Ora questo con la globalizzazione di fatto non avviene più perchè in parte sono le imprese che si trasferiscono nei paesi che prima erano terra di partenza degli immigrati». Un flusso inverso al passato... «Si cerca la manodopera che costa molto poco e questo non favorisce quel miglioramento delle condizioni di vita che invece l’emigrazione della fine dell’800 e gli inizi del 1900 consentiva con l’integrazione delle popolazioni nei tessuti degli stati più avanzati economicamente. Poi l’altro fattore che si sta profilando è la chiusura sempre più ferrea delle porte agli emigranti. I dati sono chiari: gli Usa dal 1870 al 1914 hanno accolto qualcosa come una trentina di milioni di persone provenienti dal resto del mondo. Oggi ne arrivano almeno 500 mila ogni anno, ma sono tutti clandestini e sono difficilmente integrabili al tessuto sociale rispetto al passato. Questo è uno dei grandi

problemi della globalizzazione: se i capitali, che hanno una libera circolazione si possono dislocare dove è più conveniente ma le persone non possono seguire questi processi, la polarizzazione della richiesta tenderà a diventare ancora sempre più marcata». È però un dato di fatto che la più potente nazione del mondo sta chiudendo l’accesso a tutta l’America Latina? «Dobbiamo tenere presente che l’immigrazione verso gli Stati Uniti tende a provenire sempre di più solo dal Messico. Secondo i dati statistici, sui 12 milioni di clandestini una grandissima parte, pari al 70% viene dal Messico e dall’America Latica, cioè entrano dalla frontiera del sud degli Usa. Questo pone anche delle questioni sulla capacità di accordi regionali come nel caso del NAFTA (l’accordo di libero scambio fra Usa, Messico e Canada). Se tale accordo avesse favorito una crescita economica effettiva la massa migratoria sarebbe ridotta. Oltre all’applicazione del Patriot act, c’è da tenere presente che gli americani in questo momento hanno un deficit commerciale gigantesco. Significa che gli Usa importano di più di quello che riescono ad esportare, vedono chiudersi imprese e ridurre i posti di lavoro, vedono crescere un fenomeno che per il paese era fino a qui abbastanza limitato che è quello della disoccupazione. La classe politica deve rispondere all’opinione pubblica che vede comunque nell’immigrato, anche se non viene a ricoprire un ruolo di lavoro qualificante, una possibile minaccia».

Molti di quelli che tentano il passaggio clandestino in Usa muoiono. Ogni anno almeno 150 mila messicani vengono arrestati dalle autorità che li intercettano sul confine.

Tijuana, 1989 LIBRI

Alessandro Volpi La fine della globalizzazione? Regionalismi, conflitti, popolazione e consumi BFS Edizioni

70 per cento “Ildei clandestini viene dal Messico e dall’America latina

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Una scuola d’arte per far superare i traumi di guerra ai bambini

Futuro verde

La canapa vince di Massimiliano Pontillo

N MANUALE SUI PRODOTTI TESSILI DI FINE ‘800 così recitava: “ La canapa italiana dà una fibra biancastra, fina, lucida, morbida, fresca al tatto e ben pettinata … I centri produttivi italiani più importanti e rinomati sono in Piemonte, nell’Emilia e nel Napoletano …..”. Si dava atto, così, del primato italiano in materia di qualità della canapa. La stessa con cui è stata stampata la Bibbia di Gutenberg, è stata scritta la dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti, sono state tessute le vele delle navi dei Fenici e delle caravelle di Cristoforo Colombo. Furono gli Sciiti a introdurre la canapa in Europa, pare attorno al 1500 a.c.; e l’Italia, nella sua produzione e lavorazione, ha recitato sempre un ruolo da regina fino alla metà del secolo scorso, quando il petrolio prese il sopravvento seminando raffinerie e nylon, fumi e plastica, ciminiere e prodotti dal prezzo imbattibile. Per poi arrivare alla legge Cossiga del 1977 che ne proclamò il bando totale vietandone le piantagioni, lasciando il monopolio del settore alla Cina e ai Paesi dell’Est. Solo nel 1998 una “timida” circolare del Ministero delle Politiche Agricole autorizzò una delega per la coltivazione sperimentale della canapa sativa su 1000 ettari, successivamente ampliata. Da allora è stato un crescendo continuo della produzione, con un aumento del 100% all’anno. Nel 1999 nasce il Consorzio Canapa Italia, dando un ulteriore spinta al settore. Molteplici sono diventati i suoi usi: quelli alimentari, dall’olio, ai semi perfino alla birra; al settore farmaceutico, in gran ripresa, contro l’asma e il glaucoma. Ma comincia Industria tessile, ad essere apprezzata anche nei settori produttivi pesanti: dall’industria alimentare, farmaceutica: sono moltissimi e crescenti automobilistica, che la impiega per gli interni delle macchine; all’edilizia, per farne pannelli di truciolato e mattoni. Gli utilizzi più i settori dove si fa ampio utilizzo di questa promettenti, però, rimangono la carta e il tessile. Due motori che coltivazione vengono alimentati soprattutto da Armani, con una linea jeans creata appositamente e da una piccola realtà industriale emiliana, la Raggio Verde di A. Malagoli, che trasforma la canapa in quaderni, depliant, calendari, cataloghi, orologi e altri vari gadget; usando inchiostri vegetali e un sistema di stampa senza acqua. Nel dicembre 2003, a Comacchio, viene inaugurato Ecocanapa, il primo stabilimento europeo per la lavorazione di fibra tessile di qualità dalla canapa, che arriva a trattare circa 500 tonnellate l’anno. È stata la prima pianta fibrosa a essere coltivata, agli albori dell’agricoltura, 10 mila anni fa, anche perché cresce rapidamente: in condizioni ideali può raggiungere i 5 mt di altezza in meno di 6 mesi, arrivando a guadagnare fino a 10 cm al giorno! Una volta tagliata, poi, è come un supermercato, offre di tutto: si usa per fare stoffe, olio, farina, carta, incenso, cosmetici, medicinali. Negli Stati Uniti, fino agli anni Trenta, la canapa era parte integrante del pacchetto di fibre vegetali con cui si produceva il metanolo per alimentare le Ford che, nel periodo tra le due guerre mondiali, sperimentarono questo combustibile come alternativa al petrolio. Tra i vantaggi ambientali c’è, infine, una resa molto alta in termini di cellulosa: un terzo in più rispetto a una superficie equivalente tenuta a bosco; è quindi particolarmente adatta per produrre energia da biomasse, che utilizza i vegetali come combustibile in modo da arrivare a un impatto serra pari a zero. Una strategia di cui l’Italia ha particolarmente bisogno per rimettere in pari i propri conti ecologici e che potrebbe risultare molto interessante anche a livello europeo, vista la necessità di riconvertire quote di agricoltura per far fronte alla crescente concorrenza dei mercati asiatici.

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Il Museo d’Arte di Tel Aviv, fin dalle sue origini ha scelto di proporsi come punto di incontro neutro, in nome dell’universalità dell’arte, in una terra devastata dai conflitti. Ha anticipato di 16 anni la nascita dello Stato d’Israele e anche nei momenti più duri dell’Intifada ha costituito un angolo di sicurezza, perché il museo non ha mai subito attentati. vati dalla guerra che apprendono attraverso l’arte a recuperare le per far superare i traumi derivati dalmigliori condizioni psicofisiche. la guerra ai bambini di talento della città quale che sia In Italia, dal 2001 esiste L’A.M.A.T.A, l’associazione culturale la loro provenienza. Anche questo propone il Museo “Amici del Museo d’Arte di Tel Aviv” presieduta da Ermanno Ted’Arte di Tel Aviv, che fin dalle sue origideschi e con un comitato d’onore che vede tra i suoi membri perni ha scelto di essere un punto di incondi F.P.R. sonaggi del calibro di Umberto Eco, Edoardo Sanguineti, Elie Wietro neutro, in nome dell’universalità delsel e Tullia Zevi.L’Associazione A.M.A.T.A., è stata fondata dallo l’arte, in una terra devastata dai conflitti. storico dell’arte e saggista Arturo Schwarz e da Anna Sikos, docenIl museo è nato nel 1932, anticipando di 16 anni la creazione te di Letteratura all’Università Statale di Milano, dopo che dello Stato di Israele; è il più grande Museo di Belle Arti israeliaSchwarz, avendo deciso di donare 700 quano e l’unico al mondo, tra i pubblici, ad dri ad Israele (500 sono invece andati al avere al suo interno una Scuola d’Arte SuMuseo di arte Moderna di Roma), è andato periore. La sua vera eccezionalità però conpersonalmente a verificare dove sarebbero siste nella missione che porta avanti fin andati a finire. È stato amore a prima vista. dalla sua fondazione e cioè quella di soste«È commuovente» afferma Anna Sikos, nere un progetto di pace, aperto a tutte le vicepresidente dell’associazione insieme a Giespressioni artistiche ed a tutti gli artisti no Di Maggio. «Da fuori l’edificio cade a pezdel mondo, per primi i Palestinesi, grazie zi ma dentro è una meraviglia. Tutti gli artisti al linguaggio universale proprio di quale i docenti che collaborano sia con il Museo siasi espressione artistica. Da sempre attiche con la scuola d’Arte lavorano gratis, tutte vo nel promuovere la comprensione tra In Italia dal 2001 esiste l’associazione “Amici del Museo d’arte di Tel Aviv”, ne fanno le opere sono state donate, non è stato comIsraeliani e Palestinesi il museo ora costiparte del Comitato d’onore: Umberto Eco, prato un solo quadro e, per finire, non esistotuisce anche una sorta di ponte tra medio Elie Wiesel, Edoardo Sanguineti e Tullia Zevi no come da noi le cantine; tutto ciò che arrioriente e Europa, un’isola che, anche nei va viene esposto». «Anche per questo - spiega Sikos - c’è una commismomenti più duri dell’Intifada, ha costituito un angolo di sicusione di esperti che decide se accettare o meno i quadri e non sono rezza; mentre infatti cinema, teatri e bar si svuotavano la gente si ammessi compromessi di tipo economico, il museo ha rifiutato inriversava al Museo che non è mai stato obiettivo di violenza. genti donazioni pur di non doversi appiccicare nomi o etichette». Diretto da Modrechai Omer, il centro riesce a sostenere le sue «Il direttore inoltre - sottolinea ancora la vicepresidente - è un molteplici attività autofinanziandosi grazie all’attività delle Assoburocrate ma un vero appassionato d’arte e ciò aiuta decisamente l’iciazioni degli Amici del Museo (site a New York, Madrid, Parigi, stituzione a garantire l’alto livello delle opere esposte senza dover Milano) per consentire a tutte le attività didattiche che porta sottostare alla volontà altrui e riuscendo sempre a mantenere, anche avanti di sopravvivere, prima fra tutte la Scuola d’Arte dove ascon la scuola d’Arte, il suo carattere super partes». sieme agli studenti sono ospitati bambini vittime di traumi deri-

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Molto rumore per abbattere un muro a mani nude >60 Paesi emergenti, taglio dei costi e birre leggere >62

economiasolidale NASCE IN BRIANZA IL DISTRETTO EQUO E SOLIDALE

DISCARICHE E SMOG. LA COMMISSIONE EUROPEA BOCCIA L’ITALIA

I SONAR DELLE NAVI MILITARI UCCIDONO LE BALENE

CERTIFICAZIONE OBBLIGATORIA PER CHI PRODUCE OGM

LA CALIFORNIA PUNTA SULLE ENERGIE RINNOVABILI

IL BIOLOGICO DELLE AZIENDE “STORICHE” APRE LE PORTE

L’economia solidale cresce in Brianza. Un insieme di soggetti tra cui: cooperative sociali, botteghe del commercio equo, gruppi di acquisto solidale, produttori locali biologici, ma anche Comuni, hanno deciso di costituire tra loro una rete economica. L’associazione Mondolfiera e il nodo Lilliput, partendo da questa presenza, stanno promuovendo per Monza e dintorni la nascita di un distretto economico solidale. Sono in fase di avvio i primi progetti concreti per mettere in pratica l’economia solidale, partendo da una domanda qualificata e consapevole, come già avviene nei progetti presenti in America latina. I responsabili dell’iniziativa puntano allo sviluppo della filiera del pane, una produzione fatta con frumento biologico e con la commercializzazione attraverso i gas (gruppi di acquisto solidale) del territorio. Il coordinamento della “Retina” ha individuato dei terreni nel parco della Cavallera che possono essere acquistati e dati in affitto a una cooperativa sociale per la coltivazione del frumento biologico e la costruzione del forno per produrre il pane. Si lavorerebbe, dunque, dal chicco di grano alla michetta biologica nel giro di pochi chilometri. Per avviare il progetto, si è cercato di aumentare e potenziare i gas che fanno parte del coordinamento e presenti a Brugherio, Arcore, Desio, Monza, Muggiò, Vimercate e Concorezzo, Villasanta, Oreno, Vedano al Lambro.

Sono cinque i provvedimenti di infrazione in tema di ambiente che Bruxelles sta portando avanti nei confronti dell’Italia e che rientrano nel pacchetto di procedure d’infrazione decise dalla Commissione europea. Richiami che si aggiungono a quelli sullo scarso sostegno dell’Italia all’energia verde e sui mancati controlli della qualità delle acque di balneazione. La Commissione si appresta così ad inviare all’Italia due pareri motivati per esortarla a rispettare alcune sentenze già pronunciate dalla Corte di Giustizia sull’inadeguata gestione di alcune discariche. Una risposta insufficiente a questi pareri potrebbe indurre la Commissione a chiedere alla corte di imporre sanzioni pecuniarie all’Italia. Le violazioni riguardano la direttiva quadro sui rifiuti in riferimento alle discariche di Castelliri, nel Lazio, e di Campolungo, vicino ad Ascoli Piceno, nelle Marche. Le notizie di infrazioni contro l’Italia sono ormai molto frequenti, al punto da non fare più notizia, come hanno sottolineato i parlamentari verdi a Bruxelles, ma abbastanza allarmanti da preoccupare gli ambientalisti. Le altre infrazioni riguardano la mancata adozione di misure per il rispetto dei limiti previsti per alcuni inquinanti atmosferici in numerose regioni italiane e due per la violazione delle regole sulla caccia. Nel primo caso la Commissione si riferisce all’assenza di misure per ridurre l’inquinamento atmosferico, con riferimento ai livelli di Pm10 (particolato), cioè polveri sottili, solide o liquide, che fluttuano nell’aria e molto pericolose per la salute.

Dall’inizio dell’anno sono almeno quindici le balene che si sono arenate sulle coste delle Isole Canarie. Altre cinque sono state trovate morte al largo delle stesse isole. Gli ecologisti spagnoli ormai non esitano a parlare di strage. Tra i principali imputati, i sonar delle navi militari americane che navigano in zona per esercitazioni, le cui onde acustiche provocherebbero effetti mortali sulle balene. I sonar usati dalla marina militare, infatti, sono molto più potenti di quelli usati in ambito civile. Tutti i cetacei morti non sono risultati malati, circostanza che avallerebbe l’ipotesi. Inoltre arrivano in fin di vita sulla costa dopo essere entrati in contatto con le frequenze dei sonar o di apparecchiature per le ricerche petrolifere sottomarine. Il problema è presente già da tempo, tanto che esiste una moratoria Ue sull’uso dei sonar nelle acque europee. Casi di spiaggiamenti di balene si erano verificati nella stessa zona anche negli scorsi anni sempre in coincidenza con manovre di navi militari. Le Canarie sono state infatti dichiarate “zona particolarmente sensibile” dall’Organizzazione marittima internazionale. Le acque che circondano l’arcipelago sono uno dei punti più importanti al mondo per il passaggio delle balene. Gli ambientalisti hanno chiesto al ministro degli esteri spagnolo di accertare eventuali responsabilità di paesi terzi.

Il gruppo Ifoam (International federation of organic agriculture movements), che è tra i firmatari della dichiarazione di Vienna per “Un’Europa libera da ogm”, ha invitato la Commissione Europea a proteggere l’agricoltura biologica da qualsiasi contaminazione. Di conseguenza il gruppo ha chiesto che tutti i produttori di ogm siano assoggettati ad un rigoroso regime di certificazione, che assicuri che altri non vengano contaminati con materiale transgenico. «È semplicemente inaccettabile che ad altri venga permesso di contaminare i nostri prodotti come conseguenza del loro business» hanno dichiarato i responsabili del gruppo. Una scelta di reciprocità è ciò che viene rivendicato. Secondo i richiedenti, infatti, occorre che L’Unione Europea chieda standard seri e affidabili, sottoposti al controllo di enti di certificazione terzi ed indipendenti. Come fa con i coltivatori di prodotti biologici. Ciò che viene contestato alla Commissione è l’imposizione della coesistenza, forzando i produttori non-ogm ad accettare la contaminazione sistematica fino ad un massimo di 0.9 per cento. Secondo Ifoam, la Commissione dovrebbe ora mettersi al lavoro per elaborare una legge che renda i produttori di ogm responsabili per i danni che causano.

Il Governo Bush, che si è sempre rifiutato di condividere, con gli stati che hanno sottoscritto il protocollo di Kyoto, impegni stringenti e puntuali di riduzione delle emissioni che stanno cambiando in modo sempre più evidente il clima del pianeta, questa volta si deve arrendere al presidente del parlamento della California. Il democratico Fabian Nunez ha infatti presentato un progetto di legge che punta a ridurre del 25 per cento, entro il 2020, il livello delle emissioni di anidride carbonica e di altri gas serra rispetto a quanto emesso nel 1990. La legge dovrebbe passare senza troppi problemi e soprattutto potrebbe servire come esempio ad altri Stati, come è spesso successo con provvedimenti presi in California, come quello anti-fumo. La proposta non pare poi essere in contraddizione con le posizioni del Governatore Arnold Schwarzenegger, un repubblicano, che l’anno scorso aveva fissato una serie di limiti ambientali, anche se meno severi, in un suo provvedimento esecutivo. Contrari alla legge, naturalmente, sono invece i produttori di energia locali, i raffinatori di petrolio, i produttori di cemento e i costruttori di auto, che preferiscono programmi volontari di riduzione dell’inquinamento da parte dell’industria stessa. Non è la prima volta che la California cerca di fare da apripista a più severe normative ambientali. Nel 2002 è infatti stato approvato un provvedimento che introduce obblighi di riduzione di quasi il 30 per cento delle emissioni di auto e autocarri entro il 2016. Una decina di stati in seguito avevano adottato provvedimenti simili, scontrandosi anche con l’amministrazione federale. La nuova proposta di legge punta su programmi per le energie alternative come quella solare ed eolica.

I campi dove crescono i “grani antichi”, salvati dall’estinzione; ma anche il pastificio, fondato da Gino Girolomoni e dai suoi compagni negli anni ‘80, per recuperare i metodi tradizionali di lavorazione della pasta. Sarà possibile vedere e visitare tutto questo, addentrandosi nella splendida campagna marchigiana, domenica 28 maggio nel corso dell’ottava giornata “Porte Aperte” organizzata da Ecor. Scopo dell’iniziativa: coinvolgere clienti, produttori e soprattutto consumatori in un itinerario di contatto “diretto” con le modalità di produzione, il contesto, l’esperienza del biologico. Come Alce Nero, storica cooperativa fondata nel 1977 da Gino Girolomoni e da un gruppo di persone che condividevano lo stesso sogno: praticare un’agricoltura naturale che rispettasse l’uomo e l’ambiente. Nel convento di Isola del Piano, dove ha sede la cooperativa, si ritrovano, allora come oggi, alcuni dei protagonisti del mondo della cultura, si continua a sensibilizzare verso il biologico, sposando teoria e prassi. Alce Nero è una delle otto realtà che finora hanno ospitato l’iniziativa Porte aperte che si è svolta alla cooperativa Osiris di Termeno (BZ); ai Bernardi di Castel D’Aiano (BO); al Poggio di Camporbiano (San Gimignano - SI); all’Agrilatina di Sabaudia (Latina); presso Cascine Orsine (Bereguardo PV); Perlage di Soligo (TV) e San Michele di Conegliano (TV). Per info: www.ecor.it

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Molto rumore per... abbattere un muro a mani nude

Un altro gioiello dell’industria italiana ha rischiato di chiudere i battenti. Invece nella battaglia contro Heineken, Davide ha sconfitto Golia. La storica birra Pedavena tornerà presto al suo posto, in un boccale, per brindare. Merito di una volontà instancabile e di averci creduto fino in fondo. di Elisabetta Tramonto

UESTA STORIA INIZIA CON UN TRISTE ANNUNCIO e termina con il rintocco di tre campane. È la storia di una battaglia combattuta a denti stretti, con molta, molta determinazione e un pizzico di creatività. Ma alla fine, una volta tanto, a vincere non è stato il più forte. Ma andiamo con ordine. Siamo a Pedavena, un paesino di quattro mila anime in una verde vallata della LIBRI provincia di Belluno, per molti amanti della birra solo un nome scritto sull’etichetta di una bottiglia. Pedavena, infatti, è anche lo storico marchio della birra prodotta nella fabbrica che dal 1896 rappresenta l’orgoglio del paese. Una fabbrica di birra, ma non solo. C’è il parco e il locale ristorazione, un grande pub-ristorante, che ogni anno spilla 3.600 ettolitri di birra. Un’enorme vetrata separa dall’esterno, in modo che, seduti al tavolo a sorseggiare una bionda, si è immersi nel verde della vallata. Un luogo dove bere, mangiare, incontrarsi. Pedavena è un vero punto di riferimento nella vita del paese e della vallata. Continua ad esserlo anche dopo il 1974, quando finisce nelle mani del gigante olandese Heineken. Lelio Bottero La Birra artigianale La bionda continua a uscire a fiumi dallo stabilimento, soprattutto con il marchio Heineken o Moretti, Gribaudo - Il Gusto ma, in piccola parte, anche targata Pedavena. E la gente della vallata continua a lavorare nella fabbrica, giugno 2005 a incontrarsi e bere birra nel pub, a passeggiare nel parco. Poi improvvisamente qualcosa si spezza. Il 22 settembre di due anni fa, come ogni giorno all’ora di pranzo, gli ottanta dipendenti della fabbrica sono tutti in mensa. «Il 31 dicembre ci chiudono!», una furia è entrata nella sala, una collega con la voce spezzata e il terrore dipinto sul volto. Silenzio. È uno scherzo, pensano tutti. Presto si accorgono che non è così, è tutto vero, Heineken lo ha appena annunciato ai rappresentanti sindacali: tre mesi ed è tutto finito. Niente più lavoro, pub, parco. Niente più Pedavena. Heineken intende chiudere cinque stabilimenti di birra in Italia. Razionalizzazione, scelte strategiche, taglio dei costi. Queste le motivazioni. Non l’inefficienza della fabbrica, 660 mila ettolitri di birra, di cui 15 mila di Pedavena, prodotti ogni anno, con un fatturato attribuibile allo stabilimento di 68 milioni di euro. È una scelta strategica, solo pedine da spostare sul tavolo da gioco degli affari. La decisione è categorica: non si vende, si chiude. Di cedere a un concorrente uno stabilimento ben avviato e di successo, neanche a parlarne. Il colosso olandese non sente ragioni, ma ancora non sa in quale vespaio si sta cacciando. Ben La fabbrica della birra di Pedavena. Un parco, un ristorante e un’enorme vetrata che dà sulla verde vallata. presto infatti la disperazione e lo sconforto dei dipendenti della fab-

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brica si trasformano in qualcosa di diverso: grinta, energia, lucidità. E la battaglia ha inizio, in piazza, sui giornali, via posta, su internet e ai piani alti del ministero. Una vera strategia di guerra, senza lasciare scoperto alcun fianco. Il bersaglio da colpire con tutta la forza possibile è uno solo, quello che Heineken ha di più caro: l’immagine.

Tiro incrociato Nella battaglia della piccola Pedavena contro il gigante Heineken, scendono in campo i lavoratori della fabbrica, i sindacalisti, il sindaco, il parroco, il vescovo ma, soprattutto, la gente comune, gli abitanti del paese. Obiettivo: alzare un polverone tale da infastidire il più possibile i padroni olandesi. Si combatte contemporaneamente su più fronti. Nasce il Comitato Birreria Pedavena, che riunisce rappresentanti dei lavoratori dello stabilimento, delle parrocchie del paese, delle associazioni locali e del Comune. Per oltre un anno organizzano manifestazioni e fiaccolate, partecipano alle fiere in tutta Italia, inventano eventi e usano i pretesti più creativi per attirare l’attenzione sul caso Pedavena. Come le magliette con la scritta “don’t touch my beer”, vendute alle fiere o indossate ai raduni dei motociclisti, i volantini distribuiti al Giro d’Italia, o come “Teli d’autore”, un’iniziativa che coinvolge artisti, pittori e disegnatori da tutta Italia, invitati a dipingere una tela di 2 metri per 75 centimetri sul tema della birra, perché la tradizione continui. La risposta stupisce gli stessi organizzatori: arrivano 226 tele. Esposte tutte insieme formano un muro lungo 460 metri, un monumento significativo di questa battaglia della fantasia e del colore. Tra le armi più affilate del comitato il sito internet creato ad hoc, www.comitatobirreriapedavena.it. Sul sito arrivano lettere da tutta Italia, anche da chi fino a pochi mesi prima non aveva mai sentito parlare del marchio Pedavena. E sul sito arrivano 17 mila firme alla petizione per fermare la chiusura di Pedavena, che, insieme a quelle raccolte a mano, raggiungono quota 44 mila firme.

CHE COS’È LA BIRRA? LA BIRRA È UNA BEVANDA ALCOLICA AROMATIZZATA CON LUPPOLO ottenuta dalla fermentazione (generalmente indotta), per mezzo di un lievito, degli zuccheri estratti dal malto d’orzo o di altri cereali in grani o fiocchi maltati. Dai quattro elementi base (acqua, malto, luppolo, lievito) per mezzo di cinque fasi standard (ammostamento, filtrazione, bollitura, fermentazione, maturazione) si può ottenere una gamma particolarmente ampia (per caratteristiche organolettiche, tasso alcolico e tipologia di consumo) di birre: Abbey, Ale, Alt, Weisse, Bock, Dunkel, Gueuze, Kriek, Lambic, Pils, Stout, Trappista, ecc..

LA LEGGE SULLA PUREZZA IL REINHEITSGEBOT (LETTERALMENTE “REQUISITO DI PUREZZA”) è una norma che ebbe origine nella città di Ingolstadt nel ducato di Bavieranel 1516. Regolamenta la vendita e la produzione della birra. È la più antica regolamentazione nel settore igienico -alimentare ancora in uso. Nel testo originale, i soli ingredienti che possono essere usati nella produzione della birra sono tre: acqua, orzo, e luppolo. Il Reinheitsgebot non è più incluso tra le leggi tedesche; al suo posto c’è la “Legge provvisoria sulla birra tedesca” che permette alcuni ingredienti proibiti nel Reinheitsgebot, come il malto di frumento e lo zucchero di canna, ma che non permette più l’utilizzo di orzo non maltato. La maggior parte dei birrifici tedeschi si conformano volontariamente al Reinheitsgebot, usandolo come un potente strumento di marketing. Fonte: wikipedia.org

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IN ITALIA FIORISCONO I MICROBIRRIFICI

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I COLOSSI DELLA BIRRA CHIUDONO I PICCOLI IMPIANTI e concentrano la produzione? Non c’è problema. Per gustare la buona birra di una volta basta far tappa in un microbirrificio oppure prodursi direttamente la birra in casa. Secondo l’annuario “Birre Italia” nel nostro Paese i microbirrifici sarebbero ormai più di 130, con una produzione annua che puo’ essere stimata intorno ai 60.000 ettolitri. Non sono da meno i “birrai casalinghi”, una comunità di ben 10.000 persone. Alla base di queste iniziative c’è il desiderio di riscoprire le radici locali della birra e di gustare il sapore della birra naturale di produzione artigianale troppo spesso “vittima di imprenditori impreparati o poco scrupolosi”, come si legge sul sito di Unionbirrai (www.unionbirrai.com), associazione culturale che promuove in tutta Italia la produzione e il consumo di “birra cruda, integra e senza aggiunta di conservanti, ma con un alto contenuto di entusiasmo e creatività”. Come trovare i micro-birrifici? Dall’anno scorso è a disposizione degli appassionati “La birra artigianale. Guida ai microbirrifici italiani” (riferimenti bibliografici in basso). Per ogni piccolo birrificio o “brew-pub” c’è una scheda con la descrizione delle birre prodotte, gli abbinamenti, le tecniche di produzione e le curiosità legate al territorio.

I PRINCIPALI PRODUTTORI DI BIRRA DEL MONDO IMPRESA

SEDE

MARCHI

RICAVI NETTI 2005*

Sab Miller Sudafrica

Miller, Peroni, Pilsner Urquell, Nastro Azzurro, Raffo, Wührer InBev Belgio Stella Artois, Beck’s, Leffe, Hoegaarden, Labatt, Staropramen, Tennent’s Heineken Olanda Heineken, Gösser, Amstel, Adelscott, Paulaner, Moretti, von Wünster, Ichnusa, Sans Souci Carlsberg Danimarca Carlsberg, Tuborg, Poretti, Splügen Anheuser Usa Budweiser Busch *in miliardi di euro

**in valuta locale

RENDIMENTO AZIONI 2005**

12,00

26,03%

11,66

27,90%

10,80

11,65%

5,10

21,64%

12,41

-15,54%

Fonte: Bloomberg e bilanci delle società

Intanto il sindaco, Franco Zetta, e l’amministrazione comunale si muovono tra le maglie istituzionali, coinvolgendo direttamente i governi, italiano e tedesco, fino al parlamento europeo. Tra i più interessati al caso Pedavena, il sottosegretario Maurizio Sacconi. «È originario di Treviso e da giovane frequentava queste zone – spiega il sindaco – riusciva quindi a capire l’importanza di Pedavena per il territorio». Intanto centinaia di lettere, elettroniche e non solo, vengono spedite a chiunque possa essere utile alla causa. Una lettera aperta sul Corriere della sera al presidente della Repubblica, al presidente del Consiglio e al presidente di Confindustria. Comunicati stampa ai giornali italiani ma anche a 25 testate olandesi per far conoscere oltre confine quello che sta accadendo in Italia. All’amministratore delegato di Heineken, alla regina d’Olanda e agli altri stabilimenti appena acquisiti da Heineken in Europa, per metterli in allarme su quello che sarebbe potuto capitare anche a loro. Un colpo dopo l’altro, l’immagine di Heineken iniziava a vacillare e, con essa, i vertici dell’azienda.

Il muro inizia a sgretolarsi I primi risultati iniziano ad arrivare, uno alla volta, uno dopo l’altro, finché il muro non va in frantumi. La chiusura dello stabilimento, fissata per dicembre 2004, viene rinviata prima a luglio e poi a settembre 2005. Arrivano gli accordi con i lavoratori. Un generoso pacchetto di ammortizzatori sociali per gli ex dipendenti con cui Heineken spera di calmare le acque, ma si sbaglia. Arriva anche la prima dichiarazione di disponibilità a vendere. Ben presto però si rivela un’apertura solo di facciata. Heineken non ha nessuna intenzione di vendere. Un funzionario interno all’azienda raccoglie e vaglia le eventuali offerte e, guarda caso, nessuna va in porto. «Appena i produttori di birra prendevano contatti con Heineken, il discorso si esauriva», racconta Vittore de Bortoli, assessore comunale e membro del Comitato Birreria Pedavena. «Il primo vero segnale positivo è arrivato quando la vendita dell’ stabilimento è stata affidata a un soggetto esterno: Ubm, la società finanziaria del gruppo Unicredit», continua De Bortoli. Ed ecco le prime concrete proposte d’acquisto, tre quelle in lizza: il gruppo svedese produttore di birra Kopparbergs, rappresenta-

to in Italia dalla J&D Royal, la potentina Tarricone Spa, produttore della Birra Morena, e Birra Castello Spa, produttore e distributore di birra con sede a Udine. J&D viene subito esclusa, troppo grande forse, ma nel frattempo compare un piano B da mettere in pratica nel caso le altre offerte fossero tutte bocciate. Un gruppo di ex dipendenti, 35 per la precisione, costituiscono l’Associazione Pedavena Progetto Birra e entrano in contatto con Banca etica con l’intenzione di creare una cooperativa per acquistare lo stabilimento. Ma il progetto non si realizza perché Heineken, ormai con le spalle al muro, non può fare altro che gettare la spugna. Il 10 gennaio è la giornata storica, i vertici olandesi firmano la vendita di Pedavena a Birra Castello, solo lo stabilimento però, perché Heineken ha voluto giocare la sua ultima carta: vendere separatamente lo stabilimento e la ristorazione, per scoraggiare gli acquirenti. Non è riuscita nel suo intento.

Una favola a lieto fine Il 10 gennaio le campane delle tre parrocchie del paese hanno suonato a lungo insieme per festeggiare. La prima bottiglia della nuova Pedavena potrebbe uscire dallo stabilimento entro la fine di maggio. Per ora sono in corso i test per riattivare la fabbrica e i contatti con i fornitori. Per quest’anno si produrranno solo cento mila ettolitri di birra, di cui circa 20 mila ettolitri a marchio Pedavena. Ma la produzione crescerà di anno in anno, già nel 2007 dovrebbero uscire dallo stabilimento 250 ettolitri di bionda. Queste le promesse di Birra Castello. Venti lavoratori dovrebbero essere riassunti subito, altri venti entro la fine dell’anno. Intanto alla Castello stanno già organizzando i festeggiamenti per la riapertura della fabbrica. Per chi volesse brindare con un boccale di Pedavena non resta che consultare il sito www.birreriapedavena.info per conoscere la data della festa.

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La minuscola Pedavena alla fine vince contro il gigante Heineken. Tutti si mobilitano: i lavoratori, il sindaco, il parroco, il vescovo, i sindacati, ma soprattutto la gente comune.

Paesi emergenti, taglio dei costi e birre leggere le ricette per stare sul mercato Il mercato del nord Europa è maturo. Asia, Africa e America Latina sono il futuro del settore. I cinque fra i più grandi produttori L CONSUMATORE OCCIDENTALE BEVE MENO BIRRA. Preferisce vino, cognac, whisky. Sorseggia, degusta, abbina. È una tendenza che si osserva da alcuni anni, anche nei Paesi del nord Europa. In termini economici si dice che il “mercato è maturo”. Credi M.M. sce impercettibilmente o cala di poco ma in sostanza rimane stabile. La torta ormai è quella, può cambiare solo la dimensione delle fette. La risposta dei grandi produttori non si è fatta attendere. Uno dopo

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l’altro hanno cominciato a rilevare marchi e stabilimenti di produzione in America Latina, Asia, Africa: mercati tutti da esplorare e con un grande potenziale di crescita. La compagnia belga Interbrew (Stella, Beck’s) nel 2004 ha rilevato per 11,2 miliardi di dollari la brasiliana AmBev e si è trasformata in InBev, primo produttore di birra al mondo. L’anno scorso la sudafricana SABMiller, dal 2003 proprietaria della nostra Peroni, ha acquisito il Gruppo colombiano Bavaria,

DAGLI ALBORI DI PEDAVENA...

...AGLI ULTIMI DIFFICILI MESI

1897. Nasce la birra Pedavena. Lo stabilimento è fondato dai i fratelli Luigi, Sante e Giovanni Lucani, arrivati da Canale d’Agordo (Belluno). 1917. Durante l’occupazione delle truppe austroungariche la fabbrica viene saccheggiata e semidistrutta da un incendio. 1928. I fratelli Luciani acquistano la fabbrica di birra Dreher di Trieste, costruita dal viennese Anton Dreher nel 1869. Gli acquisti continuano fino al 1964: la Cervisa di Genova, la Metzger di Torino, l’Avqua San Bernardo di Cuneo, metà della Itala Pilsen di Padova, la Ibi-thor di Macomer nel nuorese. 1929. Nasce la centrale idroelettrica di Pedavena, che sfrutta l’acqua del torrente Colmeda e produce 7 milioni di chilowattora all’anno. Nel gennaio 2004 è venduta all’azienda municipalizzata trentina Acsm. 1940. Viene creato il giardino botanico di Pedavena e, nel 1952, il parco zoo. 1974. Dissapori tra i soci, eredi dei fratelli Lucani, e difficoltà finanziarie mandano in crisi la società. Per evitare il fallimento i Lucani vendono Pedavena alla multinazionale olandese Heineken. Nello stabilimento sarà prodotta soprattutto birra Heineken e Moretti, solo in minima parte Pedavena.

22 settembre 2004 Heineken Italia annuncia l’intenzione di chiudere lo stabilimento di Pedavena alla fine dell’anno. Inizia subito la mobilitazione dei lavoratori e di tutto il paese di Pedavena. 11 ottobre 2004 Heineken per la prima volta si dice disponibile a vendere lo stabilimento. 3 dicembre 2004 Siglato un accordo tra le Organizzazioni Sindacali e Heineken Italia, nel quale è posticipata la chiusura al 30 settembre 2005 e vengono concessi ammortizzatori sociali per i lavoratori. 11 febbraio 2005 Heineken affida a UBM, gruppo Unicredit, la vendita dello stabilimento. 23 marzo 2005 Si presenta pubblicamente la prima ditta interessata all’acquisto della birreria: la svedese Kopparbergs, rappresentata in Italia dalla J&D Royal. 29 luglio 2005 Dallo stabilimento di Pedavena esce l’ultima bottiglia di birra. Settembre 2005 Spuntano nuovi acquirenti: la Birra Castello di Udine e la Tarricone di Potenza. La svedese Kopparbergs viene esclusa. 30 settembre 2005 La sirena della fabbrica suona per l’ultima volta. Pedavena chiude i battenti. 10 gennaio 2006 Heineken cede la Birreria Pedavena a Birra Castello Spa.

controllano il 40 per cento del mercato mondiale. secondo produttore del Sud-America, ed è salita al secondo posto della classifica mondiale superando l’americana Anheuser Busch (Budweiser). Anche la Cina e l’est Europa sono territori di conquista. Due anni fa Anheuser ha comprato Harbin, quarto produttore cinese, riuscendo a battere l’offerta di SABMiller, e recentemente ha aumentato al 27% la sua partecipazione in Tsingtao - la birra più diffusa nei ristoranti cinesi in Europa. Heineken, che ha perso la corsa per l’ac-

quisto di Bavaria, si è rifatta comprando due produttori russi. Il processo di concentrazione sembra destinato a continuare. Se fino a 15 anni fa i cinque più grandi produttori controllavano il 17% del mercato ora sono saliti al 40% e, secondo l’Economist, potrebbero toccare il 50% nel 2010. Le acquisizioni e le ristrutturazioni hanno ridato ossigeno al settore. Dopo un periodo di relativa stagnazione, negli ultimi due anni i |

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L’ALCOLICO PIÙ CONSUMATO AL MONDO EUROPA E USA IN TESTA AI CONSUMI La birra è la bevanda alcolica più consumata al mondo (circa 1.500 milioni di ettolitri all’anno). Europa e USA, pur rappresentando solo un quarto della popolazione terrestre, assorbono oltre due terzi della produzione mondiale di birra, con consumi pro-capite rispettivamente di 64 e 55 litri annui.

I mercati emergenti sono il motore per l’aumento delle vendite nel futuro PRINCIPALI PRODUTTORI: VENDITE 2005 IN MLN ETTOLITRI

L’ASIA È IL MERCATO PIÙ PROMETTENTE Il continente più promettente in termini di sviluppo dei consumi è l’Asia che, pur disponendo di un consumo pro-capite di solo 11 litri annui, assorbe già oltre un quarto dei consumi globali, con tassi di crescita molto interessanti. La Cina recentemente è diventato il mercato nazionale birrario più importante al mondo, superando gli USA. I CECHI BEVONO PIÙ DI TUTTI La Germania è il mercato più importante dell’Europa Occidentale (circa un terzo dei totale consumi), seguito da Gran Bretagna e Spagna, mentre l’Olanda continua a mantenere il primato delle esportazioni. Nell’Europa dell’Est sta emergendo il mercato russo, ma spiccano per le dimensioni raggiunte anche la Polonia e la Repubblica Ceca (quest’ultima vanta il primato mondiale dei consumi pro capite con oltre 160 litri annui). ITALIANI E FRANCESI PREFERISCONO IL VINO L’Italia e la Francia, Paesi di antica tradizione vinicola, mostrano i più bassi consumi pro-capite dell’Europa Occidentale (rispettivamente 30 e 35 litri annui). L’Italia ha il primato delle importazioni di birra che hanno ormai raggiunto il 27% del totale consumi; le birre tedesche rappresentano il 51% delle importazioni. PERONI, ICHNUSA, MORETTI IN MANO AGLI STRANIERI In Italia operano circa 250 produttori provenienti da tutto il mondo. I primi quattro operatori (Heineken Italia, SABMiller, Carlsberg Italia e Interbrew Italia), controllano (tra marchi di propria produzione e marchi importati) oltre il 70% delle vendite a quantità. Quasi tutti i maggiori marchi italiani sono di proprietà di compagnie straniere. Fanno ancora eccezione Forst (Bolzano), Menabrea (Biella, Gruppo Forst) e Hausbrandt Trieste 1892 (Treviso, birra Theresianer). Fonte: associazione culturale Unionbirrai

BIRRA SOCIALMENTE RESPONSABILE SABMILLER, HEINEKEN, ANHEUSER-BUSCH non sono solo tra i più grandi produttori di birra del mondo. Secondo l’advisor etico Ethibel sono anche le migliori imprese del settore nel rispetto di criteri sociali e ambientali. Di conseguenza i loro titoli sono presenti nei portafogli di numerosi fondi comuni di investimento etici. Vediamo perché. Heineken, per esempio, investe nella salute dei lavoratori nei Paesi in via di sviluppo, dove ha creato centri di prevenzione dell’HIV/AIDS aperti anche alle famiglie dei dipendenti. In Africa più di 90.000 persone hanno fatto uso di questi servizi. SABMiller si distingue per l’ottima politica di gestione delle risorse umane e per la tutela dell’ambiente: recentemente ha lanciato una campagna per la riduzione degli imballaggi e l’utilizzo di vetro a rendere. La multinazionale sudafricana è anche un pioniere nella valutazione degli impatti delle proprie attività sulle comunità locali. InBev, invece, è stata recentemente esclusa dal paniere di Ethibel. Secondo l’advisor la compagnia belga non avrebbe elaborato linee guide chiare sui diritti umani. M.M.

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223,5

INBEV 176,83

ANHEUSER BUSCH

175*

SAB MILLER HEINEKEN CARLSBERG *inclusa Bavaria

118,6 101,6 Fonte: bilanci delle società

risultati finanziari delle multinazionali della birra sono stati incoraggianti. Le azioni di InBev nel 2005 sono salite del 27,9%, SABMiller ha chiuso l’anno a +26,03%, Carlsberg a + 21,64%. “I produttori hanno cavalcato la crescita di alcuni mercati emergenti che saranno il motore per l’aumento delle vendite nel futuro”, si legge nell’ultimo rapporto della banca di investimenti Morgan Stanley (marzo 2006). Che mette però in guardia le compagnie: “più della metà dei profitti arrivano ancora dall’Europa occidentale e dal nord America. I produttori devono cercare di rendere più redditizi i loro investimenti nei mercati tradizionali. I benefici sui bilanci delle acquisizioni si vedranno solo nel lungo periodo”. Tornare ad investire in casa. Ma come? La parola che piace alle grandi banche d’affari è soprattutto una: ristrutturazione. Taglio dei costi, chiusura degli stabilimenti più piccoli, ampliamento di quelli più grandi. InBev ha 125 stabilimenti ma ha dichiarato che in un “mondo ideale” gliene servirebbero solo 70. Calsberg sta progettando di chiuderne 14, Heineken conta di risparmiare 200 milioni di euro nei prossimi due anni solo con la razionalizzazione degli impianti di produzione. “Il processo di ristrutturazione” - continua Morgan Stanley, “è lento, a causa delle lunghe consultazioni con i sindacati e delle questioni politiche locali che possono sorgere. Difficilmente i risparmi si vedranno nel breve periodo”. Per fare cassa nei mercati maturi alle compagnie non resta che puntare sempre di più sulle birre pregiate (premium), che soffrono meno la concorrenza della grande distribuzione e dei discount, e su un nuovo tipo di prodotti fatti su misura per il consumatore moderno: le birre light. Heineken ha cominciato a sperimentarne una l’anno scorso nel mercato USA. La Heineken Premium Light Lager “viene prodotta con la stessa cura dell’originale ma ha un gusto più leggero e contiene meno calorie e carboidrati”, si legge nella pubblicità.

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guerra e pace


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economiaefinanza

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altrevoci

narrativa

ILGIOCO CHE PRECEDE LA REGOLA

SOFTWARE OPEN SOURCE LA NUOVA SFIDA

INTELLIGENZA DEL MALE LA REALTÀ NASCOSTA

ACQUISTI TRASPARENTI, UNA SCELTA QUOTIDIANA

BREVI DISTANZE, LA MAPPA DEI SENTIMENTI

I QUATTRO CANI DI PAVLOV

Per parlare del rapporto tra mercato e diritto, Guido Rossi nel suo ultimo libro “Il gioco delle regole” ricorre al paradosso di Achille e la tartaruga. Il diritto, secondo l’autore, sarà costretto a inseguire il mercato, con l’amara consapevolezza di non riuscire mai a raggiungerlo. I termini si sono invertiti, dunque, perché il gioco precede le regole. Nonostante il nostro tempo sia caratterizzato da un iperattivismo legislativo, le norme sono incapaci di incidere sulla realtà perché sempre più autoreferenziali e ininfluenti sulle questioni importanti della vita. Il proliferare di leggi non riesce a rappresentare i diritti di tutti, l’interesse superiore. Il rimedio potrebbe essere la ricerca di una Grundnorm (una norma fondamentale, come la chiama il sociologo del diritto Hans Kelsen), ovvero una legge superiore. E cosa potrebbe essere se non una norma costituzionale? Una norma di tal fatta non basta, secondo Rossi, che invece afferma la necessità di un costituzionalismo aperto, capace cioè di affermare i princìpi generali, dei quali la maggioranza non è legittimata a disporre, come ad esempio la democrazia, e al tempo stesso essere il baluardo contro ogni abuso esterno. Ognuno gioca secondo le proprie regole ed è per questo che l’affannosa rincorsa tra la tartaruga e Achille rischia di non terminare mai. Una possibilità esiste ed è rappresentata dall’ultima regola conosciuta: i diritti umani, il cui portato etico e morale potrebbe rappresentare il minimo comun denominatore (morale) per i giocatori della terra.

La crescita di internet, il successo dei sistemi operativi (Linux) e degli applicativi open source, frutto della collaborazione spontanea e disinteressata di migliaia di programmatori di tutto il mondo, danno una prospettiva concreta a quanti chiedono maggiore equità e una crescita sostenibile. Mariella Berra, sociologa delle reti telematiche e docente alla facoltà di Scienze politiche dell’Università di Torino, in questo libro delinea il modello dell’informatica solidale, capace di veicolare una conoscenza aperta e libera. Il mercato dell’Itc è quanto mai strategico nell’assetto del nuovo equilibrio mondiale, ed per questo che accanto a chi cerca di controllarlo nascono anche movimenti che affermano il principio della libertà d’accesso alle informazioni. L’autrice analizza anche il sistema su cui si basa il software proprietario, le prospettive e l’impatto economico delle nuove e diverse modalità introdotte dall’informatica solidale, l’atteggiamento dei governi nazionali e locali nei confronti del software libero e open source.

«La violenza che si esercita è sempre speculare a quella che si infligge a se stessi. La violenza che si infligge è sempre speculare a quella che si esercita. È questa l’intelligenza del male. Se il terrorismo è il male allora è questa intelligenza del male che dobbiamo capire». Per il filosofo Jean Baudrillard se vogliamo capire il male (di cui il terrorismo è sicuramente espressione) dobbiamo essere consapevoli che esiste un patto di lucidità: la realtà che viviamo, con i suoi cloni e i suoi surrogati, capace di annullare ogni dualità, diventa totalizzante. L’unica vera forma di integralismo che segna il nostro tempo. L’informazione gioca un ruolo fondamentale perché svuota la storia di ogni senso reale, crea non-eventi, come l’economia crea valori, cioè segni della ricchezza, non la ricchezza in sé. L’umanità si trova così di fronte ad un complotto di realtà e scoperchiarlo significa soprattutto capire il male e le complicità che nasconde. Allo stesso modo, tutto ciò che sta in equilibrio a sua volta nasconde antagonismo.

Francesco Gesualdi, coordinatore del Nuovo centro modello di sviluppo, aveva già pubblicato una “Guida al consumo critico”, libro che aveva avuto un grande successo. “Acquisti trasparenti” è un libro che rilancia il diritto di ogni cittadino alla trasparenza sui propri acquisti, attraverso l’istituzione di un marchio di qualità del lavoro che certifichi le aziende che rispettano i diritti dei lavoratori e dell’ambiente. Questo è il passaggio necessario per non disperdere la consapevolezza dei cittadini-consumatori, sempre più critici e informati sulle sperequazioni che si celano dietro produzioni e prodotti imposti dal mercato. Elevare il livello dei diritti dei lavoratori nel sud del mondo, tutelare l’ambiente, rispettare i diritti dei bambini, permettere l’accesso all’informazione sono temi strettamente connessi tra loro e pertanto vanno affrontati tutti. Il primo passo per un pianeta più giusto e sostenibile è fare delle scelte nella quotidianità, correggendo la rotta del proprio stile di vita, a partire dai prodotti che inseriamo nella borsa della spesa.

È difficile parlare di responsabilità, senso di colpa e lutto con delicatezza e allo stesso tempo con sintesi narrativa efficace. Rachel Seiffert ci riesce bene. In “Brevi Distanze”, libro di racconti, la giovane autrice conduce il lettore nella mappa dei sentimenti che popolano la vita di personaggi che vivono in epoche e luoghi diversi: dall’Europa della seconda guerra mondiale alla ex Germania Est post comunista, fino alle periferie suburbane dei giorni nostri. Nonostante questa discontinuità temporale, sono tutti accomunati dalla necessità di ricostruire una geografia dei sentimenti. Sono storie che riaffermano il bisogno di accettazione dell’uomo verso se stesso e gli altri, o il bisogno di condividere qualcosa cercando di stabilire relazioni vere e sincere. Con “Il guado” (ottavo racconto), la storia di una madre che cerca di portare in salvo i suoi tre figli attraversando un fiume, in un’Europa devastata dalla guerra, la Seiffert ha vinto nel 2001 il premio “International Pen/T.K. Wong” per il miglior racconto.

Paolo Nori il padre di “Learco Ferrari”, personaggio che popola i suoi romanzi, questa volta non si limita a mettere il lettore di fronte al suo doppio, ma ci infila anche un triplo. Tre personalità che si alternano in un gioco grottesco e surreale di incastri, di monologhi interiori. Tre piani temporali diversi. C’è uno scrittore in crisi, che cerca di dimagrire e di smettere di fumare mentre attende la nascita del figlio (il presente). C’è uno sceneggiatore anarchico che si accompagna a una donna soprannominata “Togliatti” (il passato). C’è un agente segreto che lavora per una potenza straniera (il futuro). Insomma, c’è un sovraffollamento nell’io del protagonista, un espediente un po’ caotico ma efficace per dare risposte ai propri conflitti e alle proprie paure, ma soprattutto alle proprie speranze. Nori trova il modo per spiazzare il lettore e se stesso, perché la domanda che incalza è la seguente: il Triplo non è altro che il nuovo doppio che si appresta ad occupare la sua penna? E Learco Ferrari che fine farà? Non è detto che la risposta sia nel prossimo libro dell’autore bolognese.

EDUART E ILSOGNO MEDITERRANEO DI UN GIOVANE POETA ALBANESE

GUIDO ROSSI IL GIOCO DELLE REGOLE

MARIELLA BERRA LIBERTÀ DI SOFTWARE, HARDWARE E CONOSCENZA

JEAN BAUDRILLARD IL PATTO DI LUCIDITÀ O L’INTELLIGENZA DEL MALE

FRANCESCO GESUALDI ACQUISTI TRASPARENTI

RACHEL SEIFFERT BREVI DISTANZE

PAOLO NORI I QUATTRO CANI DI PAVLOV

ARTHUR SPANJOLLI EDUART

IMRE KERTÉSZ KADDISH

Bollati Boringhieri, 2006

Raffello Cortina Editore, 2006

FRASSINELLI, 2006

Bompiani, 2006

Besa, 2005

Feltrinelli, 2006

Adelphi, 2006

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Emi, 2005

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PREGHIERA PER UN BAMBINO MAI NATO Il Kaddish è la preghiera sentita con maggior trasporto e commozione dagli ebrei. È uno dei pilastri della sensibilità ebraica, come scrive Elena Mario Luzi ha scritto: «Conosco Artur Spanjolli Loewenthal. La parola deriva da tempo e l’ho seguito nella sua trasformazione: da Qadash che significa essere la sua opera per certi versi è anche la mia». santi. La preghiera, recitata Non si fatica a comprendere leggendo “Eduart” in aramaico, è diventata con che la comune matrice a cui fa riferimento il celebre il tempo la preghiera per i defunti. poeta è quella di una sensibilità mediterranea, La prima parola di questo di una espressività più vicina al dolore che Kaddish per un bambino al piacere. Spanjolli è albanese (classe 1970) non nato è “No!”. È così che ed è arrivato in Italia nel 1992. Rimane folgorato il narratore, uno scrittore ebreo dal Bel Paese e si stabilisce a Firenze. In “Eduart” ungherese di mezz’età, György racconta se stesso. Il viaggio in Europa di un Köves, già presente nei due giovane che rimane legato al ricordo di un amore precedenti romanzi della trilogia albanese, la giovane Eugenia, a cui non è mai di Imre Kertész, risponde riuscito a confessare il proprio amore. Nella sua a un conoscente che gli chiede memoria è rimasta impressa una giornata al mare se ha un figlio. È la stessa con lei e alcuni amici. Una giornata speciale risposta data alla moglie (ora a cui seguirà il distacco, perché Eduart dovrà ex moglie) quando, anni prima, ritirare un premio di poesia in Italia. È l’occasione aveva espresso un desiderio per lasciarsi alle spalle la miseria del suo Paese, di maternità. La perdita, appena uscito dal comunismo e scaraventato l’anelito, il rimpianto di botto nella bolgia consumistica. Il suo arrivo che tormenta gli anni tra i due nell’Europa che “conta” coincide con una ricerca “no” dà luogo a una delle culturale, dai classici francesi, alla letteratura meditazioni più eloquenti mai italiana passando per le tracce illuminate della scritte sulla shoah. Mentre pittura impressionista. Eduart cresce, è ormai il narratore si rivolge al bambino un uomo, ma per abbandonare la sua età dell’oro che non si è sentito di mettere dovrà tornare in patria e fare i conti con quell’amore al mondo, introduce mai dimenticato. La realtà che lo aspetta il lettore nei labirinti della non è solo il matrimonio di Eugenia, ma anche sua coscienza, drammatizzando tutta la fatica per quegli ex ragazzi costretti i paradossi che accompagnano a scegliere tra quello che è rimasto del vecchio la sopravvivenza regime e il sogno infranto del capitalismo. alla catastrofe di Auschwitz.

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fotografia

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NON LUOGHI E LA SOLITUDINE DEL PRESENTE

contrasto

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JODICE E LA RICERCA SENZA FINE

LE MAGIE DADAISTE DI MAN RAY “Magie”, tali erano le fotografie Man Ray (Emmanuel Radnitzky), il genio ribelle. Il fotografo che più di tutti sperimentò la contaminazione tra le arti, cercando tecniche non solo capaci di stupire, ma di aprire nuove strade. Un artista che si è misurato con più forme d’arte come la scultura e la pittura e che ha contribuito in maniera determinante ad elevare la fotografia al rango delle altre arti. Ha partecipato alle avanguardie del Dadaismo e del Surrealismo e i suoi compagni di strada sono stati Marcel Duchamp e André Breton. Le sue immagini documentano l’avanguardia: atmosfere di Parigi e New York dagli anni ’20 agli anni ’40, quando l’arte contemporanea si stava espandendo in tutto il mondo. Man Ray si chiedeva sempre il perché delle cose, particolare che lo aiutò ad elaborare tecniche innovative: come la solarizzazione, i rayogrammi (l’appoggio diretto degli oggetti sulla carta sensibilizzata) o i cliché verre (un vetro annerito sul quale veniva eseguito un disegno ed esposto su carta fotografica), ed ha ampliato così le possibilità espressive della fotografia.

La definizione “non luogo” è stata coniata dall’antropologo francese Marc Augé. Il “non luogo” è un punto di passaggio di circolazione, ed ha come sfondo il consumo. Un autogrill, ad esempio, un aeroporto, le catene alberghiere, le autostrade. Spazi che non creano identità individuali e neanche relazioni simboliche. C’è una solitudine anche nella moltitudine perché non c’è vera condivisione. Gli individui, secondo Augé, si mettono in gioco come spettatori senza essere interessati allo spettacolo che li circonda. Però nei non luoghi c’è una familiarità legata al consumo. Si tratta, infatti, di spazi che ci ricordano qualcosa che abbiamo già visto su un depliant, una brochure o in qualche pubblicità televisiva e perciò appartenenti alla nostra esperienza. Le fotografie di Francesco Nencini (classe 1965) documentano questa dimensione non declinabile né al presente, né al passato e nemmeno al futuro nelle metropoli occidentali. I protagonisti delle sue fotografie sono ritratti nei momenti di transito. Stazioni, metropolitane, fabbriche dismesse, scorci di periferie abbandonate sono i campi dove si gioca la partita della solitudine contemporanea.

MURALES, LA VOCE DEGLI UMILI NELMONDO «Ho fotografato i murales perché mi aiutano a capire gente e paesi. Un pensiero o un disegno che viene dal cuore abbellisce sempre un muro! I murales ci guardano dall’alto dei muri del mondo: solleva gli occhi, passante, ai muri della tua città!» Il fotografo Vittorio Canetta ha girato il mondo, dall’Asia all’Europa, dalle grandi città americane fino agli sperduti paesini della Barbagia sarda, alla ricerca dei murales, li ha fotografati e alla fine ne è nato un libro: “I muri raccontano. Murales del mondo”. Le foto sono accompagnate dalle parole di Margherita Magillo che, fin dall’inizio, chiarisce la natura dei murales: né graffiti né affreschi, perché sono meno curati come aspetto, forma e collocazione e soprattutto non vanno confusi con i graffiti. Anzi sono l’uno l’opposto dell’altro. Canetta inizia questo viaggio nel 1978 nel sud dell’Egitto. Per una pura combinazione passa davanti ad una casa, il cui proprietario aveva voluto raccontare al mondo con una pittura gialla il suo viaggio alla Mecca con ben tre mezzi di trasporto: un cammello, una nave e un aereo. Il murales è dunque il megafono colorato di chi il megafono non ha, per far conoscere al resto del mondo la propria condizione. Ha nell’immediatezza la sua principale caratteristica perché lancia messaggi semplici, diretti e comprensibili a tutti. È il volantino e il giornale di chi non ha i mezzi per stampare. A differenza dei graffiti, il cui messaggio è quasi sempre e solo estetico.

Mimmo Jodice (Napoli 1934) è considerato uno dei grandi fotografi del bianco e nero del Dopoguerra. In questo volume sono raccolte oltre cento fotografie dai più svariati soggetti: paesaggi, elementi naturali, reperti archeologici ed oggetti comuni. Un grande archivio, costruito dal fotografo in quasi mezzo secolo di attività. Uno sguardo inedito sulla sua poetica, una riflessione sulla classicità e lo spirito dell’antica cultura mediterranea passando per l’indagine sulla realtà sociale napoletana e meridionale. Un tema che Jodice sente molto, anche perché le sue origini sono nel rione Sanità, uno dei più popolari del capoluogo partenopeo. Un legame che lui ripaga con alcuni lavori importanti di documentazione sociale. Risale al 1980 “Vedute di Napoli”, che costituisce una svolta nel suo lavoro e l’inizio di un lungo periodo di ricerca sulla rappresentazione dei luoghi. Jodice insieme ad altri fotografi è il protagonista di un profondo rinnovamento che permetterà alla fotografia italiana di affermarsi sulla scena internazionale. Farà parte di un progetto sulla città di Boston, su incarico della Mass Art del Mit.

FRANCESCO NENCINI I NON LUOGHI

VITTORIO A. CANETTA, MARGHERITA MAGILLO I MURI RACCONTANO

MIMMO JODICE LIGHT

MAN RAY MAGIE

Silvana Editoriale, 2006

SLH Edizioni, 2004

Damiani, 2006

Damiani, 2006

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multimedia

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AFFINITÀ MUSICALI GRAZIE A INTERNET Dimmi cosa ascolti e ti dirò che cosa ti piacerebbe ascoltare. La capacità di intercettare il gusto “futuro” dei consumatori oggi viene svolto da software e algoritmi che partendo da una minima indicazione sono capaci di tracciare l’intera mappa delle preferenze. In campo musicale esiste il sito music-map.com. Nella scarna home page compare un campo in cui inserire il nome dell’artista preferito. Una volta schiacciato enter, “esplode” una galassia di nomi che si muovono dapprima con velocità e poi sempre più lentamente fino a trovare la giusta collocazione intorno al nome selezionato. I più vicini al centro sono anche quelli più affini al vostro gusto musicale. Se digitate Dylan, ad esempio, troverete vicini i Doors e i Beatles. Distanti invece Sting e i Rem. Sulla stessa lunghezza d’onda anche il sito pandora.com, il suo fine è quello di creare una stazione radio basata sui propri gusti musicali. Il meccanismo è sempre lo stesso: si inserisce il nome di un gruppo o cantante del quale ci verrà fatto ascoltare una canzone che se non è di nostro gradimento verrà sostituita da un altro brano.

UN SITO DENUNCIA LE VIOLENZE CINESI

WWW.MUSIC-MAP.COM

WWW.SINA.COM

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Grazie ad alcuni siti internet cinesi, un nuovo caso di repressione violenta delle proteste popolari è stato denunciato agli occhi di mondo. La storia riguarda Li Gang, un giovane che si era assunto il ruolo di portavoce di un gruppo di contadini del villaggio di Huananxincheng, nella provincia meridionale del Guangdong, che protestava per gli indennizzi da pagare per la requisizione delle terre. L’uomo è stato pestato da un gruppo di teppisti che si sono rivelati poi essere agenti della pubblica sicurezza del paese. Dopo il pestaggio Li Gang avrebbe subito l’asportazione della milza. Fatto strano e che potrebbe dare speranza è la conferma dell’accaduto da parte delle autorità cinesi e dalla televisione di stato Cctv. La vicenda è stata taciuta dai giornali del Guangdong, probabilmente perché funzionari locali potrebbero essere coinvolti. I siti coraggiosi che invece hanno diffuso la notizia sono Sohu.com e Sina.com. Una piccola goccia nell’oceano delle libertà mancate della Cina che potrebbe però riaprire la strada verso una libera informazione e verso una liberalizzazione della rete. Hanno fatto scalpore, infatti, i casi di limitazioni imposti, nei mesi scorsi, all’enciclopedia on-line Wikipedia oltre che ai motori di ricerca Yahoo e Google. Secondo alcuni esperti di comunicazione questa vicenda dimostra che la combinazione di un crescente spazio di libertà di discussione fornito dai blog e di un sistema efficace di censura e filtro sta creando una evoluzione graduale, anche se molto lenta.

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UNA STORIA AMERICANA, LO SCANDALO SENZA VERITÀ

CHI SONO I NUOVI PADRONI DELMONDO?

La storia raccontata in questo dvd ha scosso profondamente l’America negli anni Ottanta. La vita dei Friedman, un’anonima famiglia della media borghesia newyorkese, è sconvolta quando Arnold, il capofamiglia, e Jesse, il figlio minore, vengono arrestati e accusati di aver sessualmente abusato di numerosi bambini. La bufera si scatena intorno a questa famiglia insospettabile. Arnold, il padre, insegna musica e informatica ai bambini del vicinato, con l’ausilio del figlio minore Jesse. La polizia, seguendo le tracce di una rivista per pedofili, scopre che Arnold e Jesse abusavano continuamente dei bambini. Il resto lo fanno i media la cui pressione diventa devastante e per la comunità e per la famiglia stessa. La formula scelta dal regista Andrew Jarecki è stata quella del reportage televisivo, ma allo stesso tempo ha inserito ampi stralci di filmini amatoriali girati dagli stessi Friedman nel corso degli anni. Un film che non condanna ma che invita ad una riflessione profonda su una tragedia in cui l’incertezza sulla verità genera continua tensione.

John Pilger, giornalista australiano, è stato sempre un tipo scomodo fin dai tempi della guerra del Vietnam. Questo cronista serio e appassionato non ha mai smesso di denunciare le pressioni del potere, lo sfruttamento e le sperequazioni ai danni del Sud del mondo. Nel suo incessante peregrinare nel pianeta, si è sempre posto una domanda: chi sono i nuovi padroni del mondo? E come esercitano il loro potere? Pilger ha dato una risposta andando a indagare dentro le logiche delle multinazionali, scavando nei meccanismi economici e nei rapporti con le banche, entrando con la cinepresa nelle fabbriche dove vengono cuciti i vestiti per le sfilate di moda di Milano. Questo video denuncia lo sfruttamento a cui sono sottoposti i lavoratori asiatici, analizza i processi di delocalizzazione che arricchiscono a dismisura gli imprenditori occidentali e spremono senza scrupoli la povera gente che abbandona le campagne per incatenarsi in fabbriche malsane e invivibili. Un video che può aiutare i consumatori a orientare le loro scelte di consumo.

ANDREW JARECKI UNA STORIA AMERICANA

JOHN PILGER I NUOVI PADRONI DEL MONDO

Feltrinelli, 2006

Emivideo, 2005

novamont


stilidivita STOP ALLE DISTRAZIONI, ILCHIP FA LA SPIA

MONGO, LA SPAZZATURA DALLA DOPPIA VITA

NASCE PHPEACE ILSOFTWARE NO PROFIT

ILCORPO UMANO MEGLIO DEL BLUETOOTH

BIODIESEL DAGLI SCARTI DEI PESCI

Per chi ha sempre la testa fra le nuvole, o pensa sempre ai fatti propri o a poca capacità di concentrarsi sulle parole degli interlocutori la vita diventerà difficile. I ricercatori del Massachussetts Institute of Technology di Cambridge (Usa) hanno inventato un sensore per scoprire il grado di interesse di chi ascolta una conversazione. Se l’attenzione scende sotto un certo livello il sensore inizia a suonare inesorabilmente. Le applicazioni sono tra le più svariate. Le più interessanti riguardano alcune patologie psichiatriche come l’autismo, disturbo che impedisce una normale relazione con gli altri. Il dispositivo funziona come una macchina fotografica. Il sensore è collegato a un calcolatore e riesce a leggere le reazioni emotive dell’ascoltatore attraverso alcuni movimenti fisici. Basta un sopracciglio alzato, le labbra serrate, impercettibili cenni del capo di agitazione o inclinazione, che possono tradire interesse o noia. Un software di riconoscimento di immagini, montato sul computer a cui è collegato il sensore, fa vibrare l’apparecchio quando l’ascoltatore si distrae. Il sensore sarà sperimentato su volontari artistici.

Mongo è uno slang che indica materiali di scarto raccolti, recuperati e riutilizzati. In una parola, significa: immondizia. Le ragioni per raccogliere mongo sono le più diverse. Alcuni lo fanno per divertimento, altri per arredare la casa, alcuni come atto politico, altri per dipendenza. La casa editrice Isbn sull’argomento ha pubblicato un libro (scritto dal giornalista Ted Botha). “Mongo” è un’indagine, un’inchiesta, un viaggio per le strade di New York alla ricerca di quanti, per scelta o necessità, frugano tra i rifiuti. Un campionario umano inaspettato: dalla casalinga all’homeless, dal ragioniere al consulente informatico, dall’impiegato di banca al collezionista a tempo pieno. Ci sono ragazzi che si procurano la cena nei cassonetti dei ristoranti, c’è chi trova gioielli nelle fogne e chi ha creato una delle più grandi collezioni di libri rari della città. C’è chi raccoglie nei cassonetti solo materiale cartaceo come libri e cataloghi che poi rivende su eBay, mentre il gruppo denominato “Gli anarchici” ha smesso di fare la spesa da anni, visto che coloro che ne fanno parte sono specializzati proprio nel trovare cibo scartato da ristoranti e negozi. Più diffusa e anche più datata l’abitudine di andare alla ricerca di oggetti d’arredamento particolari. E qualcuno è riuscito ad avviare una attività di modernariato. “Mongo” apre nuove prospettive nell’analisi di un fenomeno mondiale, restituisce l’immagine di un’epoca in cui, indiscutibilmente, il capitalismo è sempre più sommerso dai rifiuti che produce. Tanto da non poterne fare a meno.

Nasce “PhPeace”, un software di gestione di contenuti web costruito per le associazioni e organizzazioni no-profit, sviluppato sulla base di tecnologia open source e completamente gratuito. Il nuovo software è stato sviluppato in php su sistema operativo open source Gnu/Linux e la sua creazione risponde alle esigenze di tutte le organizzazioni che lo hanno utilizzato in Italia e all’estero, tra cui “Pax Christi Italia”, la “Coalizione internazionale contro la povertà”, il gruppo editoriale “Terre di mezzo”. Realizzato a partire dal 2001 da Francesco Iannuzzelli, portavoce dell’associazione PeaceLink, si tratta di un software estremamente funzionale alla partecipazione democratica in rete e quindi molto diverso rispetto ai programmi per siti web commerciali e di intrattenimento. PhPeace è completamente gratuito e può essere personalizzato e gestito collegialmente, mediante redazioni collettive, dalle organizzazioni che hanno un proprio dominio internet. Il software è progettato per generare pagine conformi agli standard di accessibilità definiti dal World Wide Web consortium.

La pelle ha una capacità di condurre segnali elettrici sufficiente per fare da collegamento tra il generatore di segnali e la cuffia di riproduzione. La scoperta è di alcuni ricercatori coreani del dipartimento di ingegneria elettrica del Korea Advanced Institute of Science and Technology. Il corpo umano, dunque, può essere utilizzato come parte integrante di un sistema di trasmissione di dati e segnali. La tecnologia messa a punto riguarda segnali emessi da un riproduttore Mp3, un telefono cellulare o una qualsiasi apparecchiatura. Rispetto all’aria, il corpo umano presenta una minore resistenza elettrica qualità che faciliterebbe la conduzione dei segnali elettrici. I vantaggi rispetto al noto sistema Bluetooth usato con i telefoni cellulari sarebbero il minore consumo energetico, l’economicità, i minori disturbi e la migliore resistenza alle intercettazioni dei segnali. Il generatore di segnali deve essere a contatto con la pelle e, secondo i ricercatori le correnti trasmesse e raccolte dalla cuffia generano bassissimi campi elettromagnetici. I costi rispetto al Bluetooth risulterebbero abbattuti notevolmente: 5 euro contro gli attuali 90 -100.

Anche il pesce, dopo il girasole, lo zucchero e il vino, potrebbe dare il suo prezioso contributo alle bioenergie. In Norvegia, dove abbondano salmoni, saraghi, merluzzi, aringhe e sgombri, si usa il loro olio per produrre biodiesel. Una società norvegese ha infatti sviluppato una tecnologia che ricava olio dagli scarti ittici, che poi viene miscelato con il diesel tradizionale. Ogni anno vengono lavorate circa 110.000 tonnellate di scarti da cui si ricavano, oltre all’olio per i motori, anche concentrati di proteine, mangimi per acquacoltura e ingredienti base per lubrificanti, detersivi, sgrassanti, solventi e vernici eco-compatibili. Il pesce che rende di più per i motori norvegesi è il salmone con i suoi 8 milioni di litri di olio, trasformati in biodiesel, pari allo 0,5% del consumo di diesel di un Paese che non tocca i 5 milioni di abitanti. Il pesce con i suoi Omega3, oltre ad abbassare il livello di colesterolo nel sangue, ridurre il rischio di infarto e ridimensionare le affezioni cardiovascolari in genere, è dunque un valido alleato per combattere lo smog. In Italia l’estrazione di olio di pesce ad usi energetici è ancora molto limitata.

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IRIDE E IMPRONTE, LA NUOVA ANAGRAFE

ROBOT, LE BADANTI DEL FUTURO

AL POLO SUD ARIA E GHIACCIO SONO BOLLENTI

Nonostante i dubbi sollevati dal Garante europeo per la protezione dei dati sull’affidabilità dei sistemi d’identificazione con sistemi Gli strati più alti dell’atmosfera sopra il Polo Sud biometrici, la Gran Bretagna sono tre volte più caldi di quello che dovrebbero ha dato vita all’era biometrica. essere. Secondo la rivista “Science” l’ultimo Entro il 2010 tutti i sudditi rilevamento effettuato avrebbe rivelato della corona dovranno registrare un riscaldamento di 0.7 gradi centigradi impronte digitali e foto. per decennio, il triplo di quanto accade La decisione è stata presa nell’alta atmosfera del resto del mondo (circa dal Parlamento con un’ampia 0.2 °C per decennio), 10 volte superiore a quello maggioranza. medio globale a livello del suolo (circa 0.7 °C I dati biometrici saranno per secolo). I numeri, dunque, continuano registrati e archiviati in un unico a confermare i segnali di un surriscaldamento database nazionale. del clima globale, probabilmente legato La decisione ha innescato all’aumento di emissioni di gas serra nell’atmosfera. immediatamente la polemica La scoperta è stata fatta dai ricercatori da parte di un comitato dell’ente nazionale britannico per le ricerche sorto contro questo tipo in Antartide e si basa su misure eseguite di identificazione. Le autorità negli ultimi 30 anni mediante radiosondaggi hanno garantito sull’integrità nella media troposfera. Il motivo di questo totale e la sicurezza riscaldamento dell’atmosfera antartica del database biometrico non ha ragionevoli spiegazioni scientifiche, nazionale. Il problema secondo anche perché il più rapido dei cambiamenti i contestatori non è il documento climatici riguarda di solito tutti gli strati in sé, quanto piuttosto dell’atmosfera. Tra le cause più probabili: il database nazionale che, nelle un cambiamento della circolazione atmosferica mani dell’esecutivo, esporrebbe sull’Antartide, una maggiore concentrazione il cittadino ai pericoli legati di gas serra (compresa l’umidità) negli strati alla sicurezza dei dati sensibili. più alti dell’atmosfera antartica. Le stesse obbiezioni sollevate Un altro dato preoccupante riguarda la calotta dal garante europeo che parla di ghiaccio dell’Antartide, la più vasta riserva di eccesso di interoperabilità di acqua dolce della terra, che negli ultimi quattro tra i database e i sistemi anni è diminuita di circa 152 km cubi l’anno. biometrici. Ma le applicazioni Una perdita di massa che avviene al doppio sono molteplici: l’impronta della velocità prevista dieci anni fa. La notizia digitale, ad esempio, potrebbe è di un gruppo di scienziati dell’università diventare moneta, chiave di Boulder in Colorado, sulla base dei dati rilevati d’accesso informatico e parte tra il 2002 e il 2005 dai satelliti Grace della Nasa. integrante di un passaporto. |

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Hirochika Inoue da molti anni è protagonista delle ricerche di frontiera sui robot umanoidi: professore emerito dell’università di Tokyo, lavora per la maggiore agenzia governativa giapponese nel settore della ricerca, l’Istituto di scienza e tecnologia avanzate. Secondo lo studioso giapponese fra vent’anni i robot che entreranno nelle nostre case saranno intelligenti, avranno un aspetto umano e potranno essere usati nell’assistenza delle persone anziane. La nostra vita quotidiana sarà destinata a procedere a fianco di queste macchine intelligenti. La forma umanoide per Inoue è molto importante per garantire l’adattabilità e l’accessibilità all’ambiente. Avranno occhi, orecchie, braccia e mani indispensabili per svolgere lavori domestici e compiere gesti ripetitivi nella quotidianità. In Giappone, come in molte società occidentali, l’invecchiamento della popolazione sta diventando un problema serio. Nel paese del Sol levante si calcola che nel 2025 la popolazione si sarà ridotta di 10 milioni e che gli anziani di oltre 65 anni saranno 10 milioni in più, passando dagli attuali 20 milioni a 30 milioni.

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future

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LA SAGA DI THE MEATRIX PER UN CIBO SANO

UN FORMAT LIBERO PER SEGNALIBRO VIRTUALI

La multimedialità come strumento educativo per raggiungere un pubblico sempre più vasto. Una tendenza diffusa, complice la diffusione di tecnologie avanzate a costi accessibili. “The Meatrix” si muove in questo filone ed è una parodia online del celebre film “The Matrix” dei fratelli Wachowski. Seguendo lo sviluppo della serie originale, è giunta ora al secondo episodio. Abbandonato il latex di Trinity e lo spolverino di pelle di Morpheus che caratterizzavano i protagonisti della parabola di Neo, l’eletto che avrebbe svelato il dominio delle macchine sull’uomo, in The Meatrix i protagonisti sono la mucca Morpheus e il maiale Neo, che invitano alla riflessione su problemi ambientali e alimentari legati all’allevamento su scala industriale. The Meatrix II Revolting è la nuova puntata disponibile sul sito www.themeatrix.com. Il filmato è concepito in ottica educational e sul sito sono attivi un forum e campagne informative sull’uso di additivi. Sono inoltre segnalate azioni di pressione su catene come Starbucks che utilizzerebbero alimenti derivanti da bovini alimentati con ormoni ricombinanti (rBGH).

Il “social bookmarking” è una delle più recenti tendenze che si stanno sviluppando, dopo gli Stati Uniti, anche nel panorama della Rete in Italia. Il social bookmarking è un’attività eseguita su una rete di computer che permette agli utenti di registrare e catalogare una raccolta personale di segnalibri (bookmarks) e di condividerli con altri. Gli utenti possono prendere anche i segnalibri registrati da altri e aggiungerli alla propria raccolta, oppure abbonarsi alle liste di altri utenti creando in pratica un accesso non casuale ma maggiormente indirizzato alla Rete e quindi una gestione personale della conoscenza. Malgrado le perplessità sulla possibile violazione della privacy nella condivisione della propria rete di interessi, la pratica del social bookmarking è divenuta piuttosto popolare ed è stato lanciato recentemente un progetto open source per creare il primo “Bookmarks Interchange Format”. L’idea è quella di avviare una collaborazione fra gli sviluppatori per creare un formato che consenta di importare ed esportare i dati. La crescente complessità della navigazione su Internet è infatti uno degli ostacoli principali al suo effettivo uso, anche in ambito sociale e di ricerca.

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LA STORIA CLINICA PERSONALE IN BITS NON SARÀ PRODOTTA EOLO, LA PRIMA AUTOMOBILE AD ARIA COMPRESSA Aveva fatto grande scalpore la presentazione ufficiale al Motorshow di Bologna nel 2001 da parte di Guy Negre, ingegnere e progettista di motori per Formula 1 che ne annunciava la produzione per la primavera del 2002. Eolo, la prima monovolume “aircar” alimentata con una espansione di aria compressa non sarà per il momento prodotta. Il solo consumo previsto era quello di energia elettrica mentre l’unica emissione doveva essere aria di scarico a -30° da sfruttare per il sistema di condizionamento. L’aria compressa dove essere ricaricata ogni quattro ore tramite un compressore elettrico presente a bordo del veicolo oppure presso normali stazioni di servizio. La vettura, prodotta dalla casa francese MDI di Nizza doveva essere realizzata in Italia presso uno stabilimento sito nella provincia di Rieti. Sono trascorsi quattro anni, ogni anno un nuovo sito dedicato alla rivoluzionaria auto è apparso nel web, sempre più invogliante e sofisticato. Ma dell’auto sulle strade nemmeno l’ombra.Secondo gli ultimi aggiornamenti apparsi su Giornaletecnologico, lo stabilimento italiano “Eolo Auto Italia” ha deciso definitivamente di chiudere e di fare causa alla MDI perchè questa non è stata in grado di fornire i macchinari necessari alla produzione determinando una perdita di circa 6 milioni di euro agli investitori e il licenziamento dei 74 operai della fabbrica al termine di un lungo periodo di cassa integrazione. L’amministratore dimissionario di Eolo Auto Italia ha dichiarato che «i tecnici francesi non hanno ancora trovato il modo di trasformare e conservare la potenza».

La registrazione e l’archiviazione dei ricordi in una memoria digitale con lo scopo di supportare la nostra memoria umana, anche a scopo clinico. Jim Gemmel è un ingegnere del centro di ricerca Microsoft di Redmond, inventore insieme a Gordon Bell di Mylife bits (un software che permette di costruire una banca dati della nostra esistenza, composta da gigabytes di fotografie, conversazioni, articoli e libri letti, film visti, cd ascoltati, e-mail, ma anche lettere, bollette e resoconti di esami clinici, il tutto ridotto in bits tramite salvataggi in formato testo, scansioni e masterizzazioni e in seguito rievocabile tramite una parola chiave come in una normale ricerca online). Il software è risultato utile a pazienti in difficoltà nel gestire i propri dati clinici, in particolare i dettagli di sintomatologie e i vari passaggi che spesso caratterizzano la costruzione di una diagnosi medica. Presso l’università di Pittsburg è stato istituito un fondo speciale da destinare a “MyHealthBits”, progetto parallelo a MyLIfeBits ma rivolto espressamente allo studio della gestione delle informazioni sullo stato di salute.

diario


7.587 Ungheresi

8.134 Messicani 8.028 Slovacchi

9.548 Ceki 9.116 Polacchi

13.136 Portoghesi 10.693 Turchi

16.720 Spagnoli 16.242 Italiani

18.549 Media Ocse 17.919 Neozelandesi

18.891 Svedesi 18.735 Danesi

19.731 Francesi 19.729 Belgi

19.890 Finlandesi 19.770 Canadesi

19.999 Statunitensi 19.932 Islandesi

21.111 Irlandesi 20.713 Austriaci

22.579 Norvegesi 21.235 Tedeschi

Olandesi 23.298 23.139 Australiani

Lussemburghesi 24.897

Britannici 28.007

Svizzeri 26.322 Giapponesi 25.764

FONTE: OCSE

Coreani 28.095

I SALARI NEI PAESI OCSE Lavoratori single senza figli dati in euro a parità di potere d’acquisto, 2005

numeri Stipendi sempre più poveri per i lavoratori italiani

sette Paesi dove, a parità di potere d'acquisto, i salari risultano inROLLA IL POTERE D’ACQUISTO DEGLI STIPENDI DEGLI ITALIANI: feriori a quelli del nostro Paese sono: Portogallo, Turchia, Repubnella classifica Ocse, il livello delle nostre buste-paga blica Ceca, Polonia, Messico, Slovacchia, Ungheria. Nella media dei scivola quasi in coda alla classifica. Siamo al 23esimo Paesi Ocse lo stipendio è maggiore del 12,4% rispetto a quello di un posto tra i 30 paesi industrializzati, dietro non solo a Germania, italiano; la differenza sale se si considera l'Europa a 15. In questo caFrancia, Giappone, Usa ma anche Spagna e Grecia. L’organizzazioso le nostre buste-paga sono mediamente più basse del 18,7%. ne di Parigi ha calcolato “la media annuale delle retribuzioni per L’Ocse fornisce anche la stessa classifica nelle valute in corso nei vauna persona single senza figli”. I salari, calcolati sia al lordo che al ri Paesi, non tenendo conto dunque della parità del potere di acnetto, sono espressi dall'Ocse in dollari e valutando la parità del poquisto. Mentre per gli altri Paesi si registrano cambiamenti di riletere di acquisto. Traducendo i salari in euro, un italiano guadagna vo (in testa alla classifica salgono la Svizzera e la Norvegia, mentre al netto mediamente 16.242 euro l’anno, circa 1.350 euro al mese la Corea scende al sesto posto), l’Italia resta comunque ad un vencompreso il rateo di tredicesima. Ovvero il 42,1% meno dei coreatiduesimo posto, davanti sempre ai ni, che spiccano in vetta alla classifiTAGLIO DI 5 PUNTI DEL CUNEO FISCALE RIPARTITO AL 50% [in euro] soliti sette Paesi, riuscendo a sorpasca insieme agli inglesi. la differenza QUANTO CI GUADAGNA IL LAVORATORE QUANTO CI GUADAGNA L’AZIENDA sare in più, ma di misura, solo la Grecon la busta-paga di un tedesco è del cia. In alto la classifica delle retribu23,5%, con quella di un francese del Contribuente single impatto Stipendio Impatto Stipendio annuo lordo sulla busta annuo lordo sui contributi zioni nette nel 2005 nei Paesi Ocse 17,6%. Ma davanti agli italiani in € 20.000 paga mensile € 20.000 dell’azienda (la media riguarda un single senza fiquesta classifica troviamo anche spaStipendio lordo mensile 1.538,46 Stipendio lordo mensile 20.000,00 gli). L’Ocse ha fornito i dati in dollagnoli, greci, irlandesi. Per non parlaImponibile previdenziale 1.538,00 Contrib. previd. c/azienda 5.232,00 Contrib. prev. dipendenti 98,28 Risparmio contributi c/azienda 500,00 ri utilizzando il 'PPP' (purchasing re poi dell'area scandinava, di Usa e Imponibile fiscale lordo 1.440,18 Ires su risparmio contributi 165,00 power parity, sistema che tiene conCanada, o di Paesi in cui da sempre No tax area 355,19 Irap su risparmio contributi 21,25 to dei cambi a parità di potere di acgli stipendi sono più sostanziosi, coImponibile fiscale netto 1.084,99 Risparmio netto complessivo 356,25 Imposta lorda 249,55 quisto). me in Svizzera e in Giappone. I soli

C

FONTE: ?????????

radio popolare

123

Imposta netta Stipendio netto mensile Aumento del netto

.

249,55 1.190,63 26,84

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| numeridell’economia |

IV IV IV IV IV IV IV IV IV III IV III III IV

Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Dicembre IV Trimestre I Trimestre IV Trimestre IV Trimestre III Trimestre IV Trimestre IV Trimestre IV Trimestre IV Trimestre

+16,2 +8,3 -15,4 +2,6 -2,8 +37,2 +20,0 +14,1 +12,8 +8,6 +5,4 +5,0 +5,9 +6,0 +4,1 +13,5 +4,0 +8,4 +5,6 -4,5 +15,1 +11,6 +10,2 +1,0

Febb. Gen. Gen. Gen. Gen. Feb. Feb. Feb. Feb. Feb. Feb. Feb. Gen. Gen. Gen. Dic. 2005 Gen. Gen. Gen. Gen Feb. Dic. Feb.

+0,9 Feb. +4,4 Gen. +15,7 Mar. +3,2 Feb. +7,6 Mar. +1,2 Feb. +2,0 Mar. +1,0 Feb. +5,7 Mar. +11,1 Mar. +5,5 Feb. +4,0 Mar. +4,2 Feb. +3,7 Feb. +2,5 Mar. +12,1 Mar. +3,4 Gen. +3,1 Feb. +3,9 Feb. +8,2 Mar. +2,8 Feb. +2,5 Feb. +0,7 Feb. +10,6 Mar.

IL PESO DEL CUNEO lmposte e contributi in % del costo del lavoro 50,1 43,8

0,7

39,0

| 78 | valori |

37,3

0

33,5 27,7

27,1

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11,9

ESTATE

LA SCELTA DELLA FRANCIA

ESTATE

0,4 0,2 0,3 0,1 - 0,1

Davis Amundsen-Scott

0,2 0,2 0,1 0,2

0,5 0,4 0,2

0,3

Mirny

0,3 1 - 0,2

- 0,1 - 0,2

Casey

0,3

0,1 0,2

0,4 - 0,1 - 0,1

Mc Murdo 0,6 0,2 0

PRIMAVERA

INVERNO

AUTUNNO

ANNUALE

0,7

0,2

0

- 0,1

L’atmosfera sopra I'Antartide negli ultimi 30 anni si è surriscaldata tre volte in più rispetto alla media delle altre zone terrestri. Si tratta del surriscaldamento globale più signiticativo.

0,2

0,4 0,5

0,1

0

LE PREVISIONI SUI PAESI RICCHI PAESE

Australia Austria Belgio Gran Bretagna Canada Danimarca Francia Germania Italia Giappone Olanda Spagna Svezia Svizzera Stati Uniti Area Euro

PIL MIN/MAX 2006

MIN/MAX 2007

2,8/3,7 2,0/2,4 2,0/2,5 1,9/2,6 2,7/3,5 2,5/3,3 1,5/2,2 1,5/2,2 0,9/1,5 2,5/3,7 1,7/3,1 2,8/3,5 2,9/4,1 2,0/2,8 2,8/3,7 1,8/2,4

2,7/3,8 1,5/2,2 1,6/2,2 1,9/2,8 2,6/3,1 1,7/3,1 1,6/2,4 0,3/1,9 0,6/1,6 1,5/3,9 1,4/2,7 2,4/3,1 2,5/3,1 1,1/2,5 2,4/3,5 1,3/2,4

INFLAZIONE MEDIA 2006

MEDIA 2007

3,1 2,2 2,2 2,3 3,1 2,8 2,0 1,8 1,2 3,0 2,5 3,1 3,3 2,3 3,3 2,1

3,4 1,9 1,8 2,4 2,8 2,2 2,0 1,2 1,1 2,4 1,9 2,7 2,8 1,7 2,8 1,7

2006

2,8 1,9 2,1 2,0 2,1 1,9 1,7 1,6 2,1 0,4 1,6 3,5 1,2 1,2 3,0 2,0

2007

BILANCIO STATALE (IN % DEL PIL) 2006 2007

2,7 1,8 1,8 1,9 2,1 2,0 1,5 2,3 1,9 0,6 1,5 2,8 1,8 1,2 2,3 2,0

-5,5 0,1 +2,0 -2,5 2,2 2,7 -1,6 3,9 -1,5 3,7 5,7 -7,3 6,5 13,0 -6,8 -0,3

8,1

Francia Italia UE a 15 Ocse

0,8

Secondo gil esperti del British Antartic Survey gli inverni stanno diventando sempre meno freddi in Antartide e la temperatura nel continente bianco sta salendo progressivamente. Qui, per gil studiosi, come pure per ii Polo Nord, i gas responsabili dell’effetto serra potrebbero avere un’impatto ancora più grave che nel resto del mondo. II motivo però non si comprende e la causa non è totalmente imputabile all’uomo.

0,7 0,6 0,5 0,4

39

0,3

37

0,2

35

0,1

33 2000

-5,0 0,1 2,1 -2,5 1,6 2,5 -1,3 4,1 -1,4 3,6 5,6 -7,4 6,1 12,3 -6,7 -0,1

IL LIVELLO DEI MARI La media globale dell'innalzamento del livello del mare, in metri. Le proiezioni sono state fatte sulla base di numerosi modelli

Imponibile e contributi in % del costo del lavoro per persone single senza figli con un guadagno del 67% della media

41

24,9 25,7

Irlanda

Ocse

Spagna |

2,40 6,09 13,65 3,51 7,50 3,44 4,29 1,70 5,10 9,69 16,54 4,68 5,99 7,22 4,77 10,19 8,61 5,28 7,20 14,23 2,09 6,27 4,17 12,00

43

29,1

27,7

27,1

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Febbraio Febbraio Febbraio Febbraio Gennaio Febbraio Febbraio Febbraio Febbraio Febbraio Marzo Febbraio Gennaio Febbraio Gennaio IV Trim. IV Trim. Febbraio Febbraio Febbraio Febbraio Gennaio Gennaio Gennaio

0,4 - 0,2

TASSI INTERESSE

45

33,4

Repubblica Ceca

Italia [non è calcolata l’Irap]

35,2

Francia

Germania

35,7

+102,6 -38,0 +29,8 +26,8 -3,8 +30,6 +19,3 +7,6 -7,0 +11,3 +45,8 +9,7 +1,4 -4,8 +5,2 +31,5 -11,1 -8,7 -4,7 -45,3 +1,7 - 3,3 -2,9 +124,3

0,6 0,3 0,2

Halley

0 ,4

.

BILANCIA COMMERCIALE

PRIMAVERA

ri a zero da parte della Banca Centrale Giapponese sembra non imminente. Prima di una stretta monetaria la BOJ vorrà assicurarsi che la deflazione sia definitivamente scomparsa in modo da non ripetere l’errore del 2000 quando un rialzo dei tassi fermò la ripresa economica.

47

Giappone

41,7

Stati Uniti

45,4

Single senza figli Coppia sposata con 1 stipendio e 2 figli

Regno Unito

51,8

PREZZI AL CONSUMO

FONTE: OCSE

Cina +9,9 India +7,6 Indonesia +4,9 Malesia +5,2 Filippine +6,1 Singapore +8,7 Corea del Sud +5,2 Taiwan +6,4 Tailandia +4,7 Argentina +9,2 Brasile +1,4 Cile +5,2 Colombia +5,8 Messico +2,7 Perù +7,4 Venezuela +10,2 Egitto +5,2 Israele +4,8 Sud Africa +4,5 Turchia +7,0 Repubblica Ceca +6,4 Ungheria +4,3 Polonia +4,2 Russia +7,0

PRODUZIONE INDUSTRIALE

Syowa

rilevazione effettuata con palloni-sonda

0,4

PIL

Novolazarevskaya Bellingshausen

LE NAZIONI EMERGENTI PAESE

caldo

INVERNO

rivede le stime per quest’anno sul Pil mondiale a causa soprattutto di un’espansione più veloce del previsto del Giappone e dell’Asia in generale. L’istituto di Washington porterà così il tasso di crescita per il 2006 dal 4,3% al 4,9% con

freddo

ANNUALE

I

un progresso stimato per il Pil nipponico del 2,8% (+2,% nelle previsioni precedenti). Il rafforzamento dell’economia del Sol Levante ha consentito la riduzione della disoccupazione ai valori più bassi degli ultimi sette anni, nonostante ciò l’abbandono della politica monetaria dei tassi pa-

L FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE

CIELO CALDO SOPRA L’ANTARTIDE Tre gradi in più, record nel mondo

AUTUNNO

Pil mondiale rivisto in rialzo grazie all’economia nipponica

FONTE: CORRIERE DELLA SERA

| numeridell’economia |

2001

2002

2003

2004

2005

2000

2050

2100

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ANNO 6 N.39

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MAGGIO 2006

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indiceetico

| numeridivalori |

| numeridivalori |

portafoglioetico

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IL PORTAFOGLIO DI VALORI

NORDISKT HÅLLBARHET INDEX NOME TITOLO

ATTIVITÀ

BORSA

Electrolux H&M Trelleborg Orkla Kesko Statoil Svenska Handelsbanken Storebrand Gambro Coloplast Novozymes Metso Skanska Tomra Tietoenator Nokia Holmen UPM-Kymmene Telenor Volvo

elettrodomestici abbigliamento componenti meccaniche alimentari/media distribuzione petrolio servizi bancari assicurazioni tecnologia medica tecnologia medica farmaceutici macchine industriali edilizia macchine industriali software telefoni carta carta telecomunicazioni automobili

Stoccolma, Svezia Stoccolma, Svezia Stoccolma, Svezia Oslo, Norvegia Helsinki, Finlandia Oslo, Norvegia Stoccolma, Svezia Oslo, Norvegia Stoccolma, Svezia Copenaghen, Danimarca Copenaghen, Danimarca Helsinki, Finlandia Stoccolma, Svezia Oslo, Norvegia Helsinki, Finlandia Helsinki, Finlandia Stoccolma, Svezia Helsinki, Finlandia Oslo, Norvegia Stoccolma, Svezia

CORSO DELL’AZIONE AL 31.03.2006

RENDIMENTO DAL 31.12.2004 AL 31.03.2006

13.244,43 SEK 11.050,11 SEK 14.467,64 SEK 14.710,58 NOK 1.435 € 16.402,41 NOK 11.272,27 SEK 10.323,37 NOK 8.841,04 SEK 11.472,89 DKK 11.203,78 DKK 2.731,56 € 14.400,55 SEK 12.998,24 NOK 1.377,78 € 1.470 € 12.884,50 SEK 1.192 € 10.568,08 NOK 14.847,29 SEK

40,45% 17,18% 53,42% 85,02% 43,45% 106,30% 19,54% 29,84% -6,24% 53,70% 50,10% 173,16% 52,71% 63,48% 37,78% 46,99% 36,64% 19,19% 32,92% 6,64%

Rendimento del portafoglio dal 31.12.2004 al 31.03.2006 *Il rendimento di Volvo è calcolato dall’entrata del titolo nell’indice (2 settembre 2005)

+47,15%

BORSA

Sabaf Heidelberger Druck. CSX Body Shop International Henkel Aviva Svenska Handelsbanken Novo Nordisk Merck Kgaa 3M Company FLS Industries Mayr – Melnhof Karton Verizon Intel Canon Stmicroelectronics BG Group Severn Trent Vestas Wind Systems Boiron

pezzi per forni a gas macchine per la stampa trasporti cosmetici detergenti, cosmetici assicurazioni servizi bancari farmaceutici farmaceutici/chimica grafica, edilizia edilizia cartone telecomunicazioni tecnologia Informatica tecnologia digitale semiconduttori gas ciclo acqua pale eoliche medicina omeopatica

Milano, Italia Francoforte, Germania New York, USA Londra, Gran Bretagna Francoforte, Germania Londra, Gran Bretagna Stoccolma, Svezia Copenaghen, Danimarca Darmstadt, Germania New York, USA Copenaghen, Danimarca Vienna, Austria New York, USA Santa Clara, USA Tokyo, Giappone Milano, Italia Londra, Gran Bretagna Londra, Gran Bretagna Copenaghen, Danimarca Parigi, Francia

Lo dicono i nostri portafogli azionari etici. Il Nordiskt, un indice che abbiamo creato per gioco scegliendo venti imprese scandinave riRendimenti dal 31.12.2004 al 31.03.2006 Nordiskt Index [in Euro] 47,15% spettose dell’ambiente e dei diritti dei lavoratori, ha reso il 47,15% negli ultimi 15 mesi. Sedici punti in più rispetto al DJ Eurostoxx 50, Eurostoxx 50 price Index [in Euro] 30,58% che rappresenta l’andamento medio dei mercati europei. Il portafoglio internazionale di Valori (che trovate a destra) ha chiuso marzo con un +40,79% da inizio gioco. Dodici punti in più del MSCI DM, l’indiSkanska Sede Stoccolma, Svezia Borsa SSE – Stoccolma Rendimento 31.12.2004 – 31.03.2006 +52,71% ce con cui lo confrontiamo ogni mese. Cosa spiega questi rendimenti? Sicuramente la fortuAttività Skanska è il più grande gruppo di costruzioni della Scandinavia e una delle maggiori compagnie immobiliari della Svezia. Opera in più di 60 Paesi. Impiega oltre 80.000 persone. na di aver puntato, a caso, sui cavalli giusti: Metso (+173,16%), Statoil (+106,30%), Fls InResponsabilità sociale dustries (138,95%), Vestas Wind Systems Giudizio complessivo Buone le relazioni con i sindacati. Pioniere in campo ambientale. Linee guida chiare (+124,93%), Bg Group (102,17%). Ma forse c’è per la costruzione di dighe. una ragione in più, che alcuni studi recenti Politica sociale interna Skanska si è impegnata a rispettare le convenzioni OIL (Organizzazione Internazionale sembrano confermare. Le imprese più attente del Lavoro) in tutti i suoi impianti produttivi. In Europa il tasso di incidenti sul lavoro è più basso della media del settore. agli impatti sociali e ambientali delle loro attiPolitica ambientale Tutti gli impianti sono certificati ISO14001. Sul sito internet dell’impresa sono presentati vità sarebbero anche più solide dal punto di vinel dettaglio gli studi ambientali sulle maggiori opere di costruzione. sta finanziario e il mercato, nel lungo periodo, Politica sociale esterna Skanska è stata tra le prime imprese ad adottare le linee guida della Commissione Mondiale finirebbe per premiarle. Ci piace pensare che sia sulle Dighe. Nel 2000 si è ritirata da un progetto a Ilisu (Turchia), che era stato fortemente così. Intanto incassiamo il risultato e conticriticato. nuiamo a navigare a vista.

CORSO DELL’AZIONE AL 31.03.2006

RENDIMENTO DAL 31.12.2004 AL 31.03.2006

23,59 € 36,40 € 59,80 USD 296,50 £ 96,47 € 799,55 £ 216,50 SEK 383,00 DKK 78,42 € 75,69 USD 247,00 DKK 147,50 € 34,06 USD 19,46 USD 7.790,00 JPY 15,30 € 719,50 £ 1.128,13 £ 153,50 DKK 17,30 €

23,98% 45,60% 67,89% 87,06% 50,73% 28,94% 19,66% 27,64% 55,90% 3,78% 138,95% 17,72% -5,39% -24,11% 38,60% 7,66% 102,17% 18,13% 124,93% -29,39%

Rendimento del portafoglio dal 31.12.2004 al 31.03.2006

+ 40,79%

€ = euro, £ = sterline inglesi, USD = dollari USA, SEK = corone svedesi, DKK = corone danesi, JPY = yen giapponesi

Body Shop. La fine di una favola? pagine a cura di Mauro Meggiolaro

ETICA RENDE BENE.

UN’IMPRESA AL MESE

L’

UN’IMPRESA AL MESE

ATTIVITÀ

€ = euro, SEK = corone svedesi, DKK = corone danesi, NOK = corone norvegesi

Portafogli etici, rendimenti elevati

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NOME TITOLO

BODY SHOP. Un’impresa inglese che produce cosmetici naturali rigorosamente non testati sugli animali. È nel nostro portafoglio etico dall’iniRendimenti dal 31.12.2004 al 31.03.2006 Portafoglio di Valori [in Euro] 40,79% zio del gioco (gennaio 2005). In un mese i suoi titoli sono saliti del 18%. Il motivo è semplice: L’Oréal, leader mondiale delle creme e MSCI DM World price Index [in Euro] 28,52% dei profumi, ha deciso di comprarsi il gioiellino eticamente corretto sborsando quasi un miliardo di euro. Nata 30 anni fa in una piccola strada di Brighton, Body Shop ha ormai più di 2.000 punti vendiVerizon ta nelle maggiori città del mondo. La sua fonSede New York (USA) Borsa NYSE – New York Rendimento 31.12.2004 – 31.03.2006 -5,39% datrice, l’appassionata animalista Anita RodAttività Verizon è uno dei leader mondiali nella fornitura di servizi di comunicazione. dick, detiene il 18% delle azioni assieme al È presente in 45 Paesi di tutto il mondo. Ha circa 250.000 dipendenti. marito Gordon. Dalla vendita incasseranno Responsabilità sociale 173 milioni di euro che, stando alle dichiarazioni della Roddick, dovrebbero essere destinaGiudizio complessivo Leader del settore nella tutela dell’ambiente e delle pari opportunità. ti in buona parte al sostegno di cause ambienPolitica sociale interna Buona la politica di salute e sicurezza sul lavoro. Ottimi i piani di carriera e sviluppo. taliste. È la fine di una favola? Staremo a Negli ultimi anni le relazioni con i sindacati sono sensibilmente migliorate. vedere. L’Oréal, che vuole mettere le mani su Politica ambientale Gli obiettivi principali della politica ambientale sono una forte riduzione del consumo di energia una nicchia di mercato prestigiosa e in rapida e il riciclaggio dei cavi e degli altri materiali utilizzati per i servizi di telecomunicazione. crescita, ha assicurato che non chiuderà punti Politica economica Verizon applica le stesse linee guida sui diritti umani in tutti i Paesi in cui opera. vendita e non cambierà i manager. E che, dal In Negli USA è considerata una delle migliori imprese di telecomunicazioni per quanto riguarda 1989, ha completamente rinunciato ai test sula soddisfazione dei clienti. gli animali per tutti i suoi prodotti.

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ARLIAMO DI

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in collaborazione con www.eticasgr.it | 80 | valori |

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Piero Sraffa

Redistribuzione frutto del conflitto sociale

Anno 6 numero 39. Maggio 2006. € 3,50

valori Mensile di economia sociale e finanza etica

osservatorio

nuove povertà

La risposta della città d’arte e cultura alla scarsità di alloggi e ai bassi redditi: Pisa apre le porte delle istituzioni ai migranti e alla solidarietà

di Francesca Paola Rampinelli Fotoreportage > Mafia

quale che sia la distribuzione del reddito fra salariati e capitalisti-imprenditori e quindi il problema della distribuzione del reddito è un problema che la teoria economica pura non è in grado di risolvere, ma appartiene invece alla sfera del conflitto sociale. Lo afferma Piero Sraffa nel 1960 nel volume “Produzione di merci a mezzo di merci” che viene subito preso come modello teorico dal movimento sindacale italiano. Sraffa peraltro aveva già attaccato, nel 1925, in un saggio giovanile, la teoria tradizionale, soprattutto di Marshall, basata sull’ipotesi della concorrenza perfetta sostenendo che fosse viziata da gravi errori analitici. «L’insegnamento più grande di Sraffa è che per comprendere la diseguale distribuzione del reddito nelle nostre società l’economia deve andare oltre se stessa: non deve far riferimento solo alle leggi della concorrenza, cioè della domanda e dell’offerta, ma deve considerare quelle dinamiche politiche e sociali, spesso conflittuali, che determinano effettivamente la vita degli uomini e che, in ultima istanza, assegnano a loro un posto determinato nella società». Ha affermato infatti l´economista napoletano Augusto Graziani nel corso del Convegno Internazionale organizzato nel 2003 dall’Accademia dei Lincei, in occasione del ventennale della morte di Sraffa. «Nel vasto campo degli studi economici», afferma ancora Graziani, «Sraffa ammetteva una distinzione precisa, tra studi di economia applicata, necessariamente sintetici e approssimativi, e analisi teoriche per le quali egli esigeva invece il più grande rigore logico. Per molti aspetti, non si va lontani dal vero affermando che l’intera sua opera fu La diseguale ripartizione della ricchezza costituisce un grandioso lavoro di ricerca del ragionamento rigoroso e una instancabile battaglia contro le incongruenze delle teorie dominanti». Piero Sraffa nasce un problema che la teoria economica pura a Torino nel 1895 da Angelo, famoso professore di Diritto Commerciale, non è in grado di risolvere studia a Parma, Milano e Torino dove si laurea nel 1920 in giurisprudenza con una tesi sull’inflazione in Italia nel periodo della prima guerra mondiale con Luigi Einaudi, futuro Presidente della Repubblica. Tra il 1921 e il 1922 studia alla London School of Economics per poi tornare in Italia come direttore dell’ufficio provinciale del lavoro di Milano, quindi professore di Economia politica a Perugia e successivamente a Cagliari. In questo periodo Sraffa si professa marxista radicale e diventa grande amico di Antonio Gramsci. Intanto svolge anche una intensa attività di pubblicista scrivendo sia per testate italiane che inglesi tanto che la pubblicazione di uno dei suoi articoli, dedicato alle problematiche del sistema bancario italiano, sul Manchester Guardian, provoca le ire di Mussolini. L’articolo nasce dai suggerimenti di John Maynard Keynes che Sraffa aveva conosciuto nel 1921 e che lo stima e incoraggia. Nel 1927 infatti, preoccupato per i pessimi rapporti con il regime fascista, Keynes invita l’economista italiano all’Università di Cambridge dove gli fa ottenere un incarico di docente e successivamente un posto di bibliotecario. A Cambridge, dove tra mille incertezze e qualche puntata italiana resterà fino alla morte nel 1983, Sraffa frequenta Ludwig Wittgenstein e Frank Ramsey con i quali discute le teorie economiche di Keynes e di Friedrich von Hayek per poi dedicarsi allo studio della vita e delle opere di David Ricardo, dei cui lavori cura una edizione critica imponente che gli vale la medaglia d’oro dell’Accademia Reale delle Scienze Svedese comparabile con l’attuale Premio Nobel. Sraffa viene descritto come persona di grande intelligenza, dotato di proverbiale riservatezza e timidezza e mosso da una vera passione per lo studio e i libri; la sua biblioteca conteneva più di 8000 volumi ed ora è in parte confluita nella Wren Library del Trinity College.

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SHOBHA / CONTRASTO

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SSUMENDO, PER IPOTESI, UN MERCATO DI CONCORRENZA PERFETTA, il sistema risulta perfettamente vitale ed efficiente,

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Dossier > Oltre le intimidazioni la lotta contro la ‘ndrangheta è continua

L’ora del riscatto Fair Trade > Raddoppiano le vendite di prodotti equo solidali in Europa Messico > Il muro statunitense di mattoni e norme contro tutti i migranti Pedavena > La storica birra batte la globalizzazione e torna in attività Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento - Contiene I.P.

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