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CAPIRE LA FINANZA
La Responsabilità Sociale d’Impresa
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Indice
Introduzione alla Responsabilità Sociale d’Impresa PARTE I –La teoria degli Stakeholder 1.1 Il ruolo dell’impresa nella società 1.2 Stakeholder: un concetto chiave 1.3 Una nuova visione dell’impresa e della sua strategia 1.4 Diversi modelli di CSR 1.5 Le teorie etiche alla base dei diversi modelli di CSR 1.6 Il contesto che spinge alla CSR 1.7 L’attenzione delle istituzioni al tema della CSR
PARTE II – La gestione della CSR: processi e strumenti 2.1 Un modello di gestione strategica 2.2 Codice Etico 2.3 Bilancio Sociale 2.4 Le certificazioni: SA8000 e Valore Sociale A cura di Laura Callegaro Banca Popolare Etica con il contributo di Andrea Baranes FCRE (Appendice c- CSR e campagne sul settore bancario; alcune parti delle Considerazioni Conclusive) Editing Irene Palmisano FCRE
2.5 ISO 26000
Considerazioni conclusive APPENDICE - La CSR nel settore finanziario a) Responsabilità “interna” ed “esterna” b) Rapporti con gli stakeholder c) CSR e campagne sul settore bancario d) La CSR in Banca Etica
Bibliografia Siti
Testi chiusi il 13/37/2011 Foto di Francesco Peraro Capire la Finanza - Responsabilità Sociale d’Impresa
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zione filosofica, la nozione di responsabilità Il concetto di responsabilità è un concetto acquista senso all’interno di una dimensione ampio, dotato di una pluralità di significati. di socialità, cioè di relazioni fra soggetti che Volendo provare a rappresentarne il senso, si interagiscono. E’ la dimensione e il contesto può dire che: “L’azione responsabile è l’aziodell’etica. ne che, consapevole del proprio limite e al tempo stesso del proprio poter incidere sulA questa dimensione non sono estranee la vita umana, si sottopone al giudizio di un nemmeno le organizzazioni, siano esse opealtro, anzi lo esige. In ciò compie un doppio ranti nell’ambito economico (le imprese) o movimento: esce dalla passività per risponappartenenti alla società civile (le organizzadere creativamente a un bisogno dell’uomo, zioni non profit). insomma decide di esercitare al meglio delle E infatti nel contesto della società civile, così proprie capacità un potere a favore di qualcome fra gli imprenditori e gli studiosi del ‘sicuno – e in ciò si oppone all’irresponsabilistema impresa’ si sta facendo largo l’idea che tà di quanti non fanno nulla, si crogiolano l’attività di un’organizzazionell’indifferenza o si nasconne non possa essere esaudono dietro la mera esecuziorientemente rappresentata ne di ordini da altri impartiti La Responsabilità è una solo dalle sue performance – ma al tempo stesso non si nozione che acquista economiche e finanziarie. arroga il diritto di giudicare dell’esercizio del proprio po- senso all’interno di una Soprattutto ci si sta rendentere, non pretende di sottrarsi dimensione di socialità, do conto che le scelte strateall’obbligo del render conto, cioè di relazioni fra sog- giche compiute dall’azienda non dipendono solo da valuma si piega al giudizio dell’algetti che interagiscono. tazioni economiche, ma antro, lo evoca, come ne evoca che, almeno in parte, da atl’impresa – in ciò si oppone teggiamenti che hanno una all’irresponsabilità di quanti valenza etica e che le strategie adottate da pretendono di esercitare il potere (politico, un’impresa per svilupparsi non hanno solo culturale, economico che sia) in modo assoeffetti economici, ma hanno anche un impatluto e arbitrario, senza alcun vincolo e legato sociale. me. In questo doppio movimento di azione e sottomissione sta il senso e la grandezza delSempre di più, inoltre, si sta facendo largo la la responsabilità umana, sul piano personale concezione dell’impresa come ‘sistema apercome su quello sociale” 1. to’, per cui l’organizzazione è definita in base alle relazioni che essa intrattiene con i suoi Come si può evincere da questa esplicitastakeholder. 1 M. Nicoletti, “Sul concetto di responsabilità” in G. Rusconi, M. Dorigatti (2004).
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In questo sistema di relazioni biunivoche nascono degli impegni da parte dell’organizzazione e delle aspettative da parte degli sta-
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keholder che non sono solo di natura economica, ma riguardano le varie sfaccettature in cui si declina il rapporto stesso. In quanto si colloca in un contesto che non è solo quello delle transazioni economiche di mercato, ma che comprende i rapporti con i suoi pubblici di riferimento, l’azienda diventa responsabile anche delle conseguenze sociali del suo comportamento. In questo senso si parla oggi di responsabilità etico-sociale d’impresa. Questa consapevolezza non è solo un nuovo approccio della teoria dell’impresa, ma una scelta e una pratica che l’impresa può adottare e concretizzare con numerosi strumenti. Riconoscendo la responsabilità degli effetti sociali che la sua attività può determinare, l’impresa ha l’opportunità di sviluppare e migliorare il dialogo con i suoi stakeholder. Così facendo essa si mette nelle condizioni di recepirne le aspettative e di innovare, conseguentemente, il proprio business in modo tale da migliorare il soddisfacimento delle attese dei suoi pubblici di riferimento. E’ da qui che parte il “movimento” dell’azione responsabile: non è sufficiente agire per raggiungere il proprio scopo sociale, se questa azione non è accompagnata dalla capacità di “rispondere” anche rispetto a come viene perseguito lo scopo. “Dare conto” della propria azione, del proprio operato, significa quindi, per un’organizzazione, verificare, in un dialogo con i propri interlocutori, la propria capacità di rispondere alle loro legittime aspettative. Significa
effettuare questa verifica non a partire dai propri parametri, ma a partire dalla valutazione che gli stakeholder danno sull’operato dell’organizzazione. E’ chiaro che questa valutazione richiede l’esistenza da un lato della disponibilità dell’organizzazione ad essere “accountable”, cioè a dare conto, in maniera trasparente, completa e veritiera, di cosa si sta facendo per rispettare gli impegni presi con i portatori di interesse e dall’altra di strumenti di gestione della RSI (Codice etico, Bilancio Sociale e Bilancio di Missione, la certificazione SA8000 e/o la certificazione Valore Sociale e certificazioni ambientali) in grado di strutturare il dialogo prima e di tradurlo poi in comportamenti aziendali. Questo numero monografico sulla CSR (Corporate Social Responsibility o Corporate Stakeholder Responsibility) propone, nella prima parte, una breve introduzione ai concetti fondamentali della teoria della CSR e, nella seconda parte, una breve descrizione dei principali strumenti utilizzati per tradurre la teoria in prassi (aziendale).
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PARTE I La teoria degli stakeholder 1.1 Il ruolo dell’impresa nella società
assolve un preciso mandato sociale” 2.
Ma che cosa si intende per “mandato sociaPer parlare di responsabilità sociale d’imle”? E che cosa rientra nella nozione dei fini presa o corporate social/stakeholder respone della funzione obiettivo che il management sibility (CSR) è necessario partire da alcune dovrebbe perseguire affinché l’impresa possa domande. Qual è il ruolo dell’impresa nella assolvere “egregiamente” il suo mandato? società? E’ esclusivamente economico o l’impresa ha anche il compito di contribuire al Sia nella dottrina che nella prassi vi sono due progresso umano, civile e sociale del contesto diverse correnti di pensiero, che danno rispoin cui opera? Le responsabilità di amministraste diverse alla domanda sutori e manager sono solo gli obiettivi propri dell’agire quelle definite dalle leggi imprenditoriale, che conseo sono anche di carattere guentemente comportano un L’interesse degli azionietico-sociale? Di che cosa diverso orientamento strasti e l’interesse diffuso: l’impresa è responsabile e tegico per il management e due correnti di pensiero, nei confronti di chi? quindi anche una diversa
due strategie manageria-
concezione della responsaL’assunto di partenza, che le che ruotano attorno a bilità dell’impresa. è alla base della moderna stockholder e stakeholder nozione di impresa, è che essa “in quanto manifesta1.2 Stakeholder: un conzione tipica dei sistemi ecocetto chiave nomici basati sulla libertà di iniziativa in campo economico e sul ruoIl concetto viene formulato per la prima volta lo regolatore dei poteri pubblici, è chiamata nel 1963 da un istituto di ricerca statunitense a svolgere nella società, in autonomia e nel (lo Stanford Research Institute, ora SRI Inc). pieno rispetto delle regole, un compito essenIl termine viene “forgiato” in analogia, e in zialmente di natura economica in contesti di parte in opposizione, alle parole stockholder competizione di mercato e, proprio svolgendo e shareholder, che indicano l’azionista (letteegregiamente questo suo compito economico, 2
V. Coda (2005)
Tabella 1 i modelli di strategia manageriale della CSR
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definizione complessiva del modo di concepire l’impresa e il suo sistema di riferimento, che ora viene rappresentato come “sistema aperto”.
Definizione di Stakeholder Gli stakeholder sono individui o categorie che hanno un interesse rilevante in gioco nella conduzione dell’impresa sia a causa degli investimenti specifici che intraprendono (stakeholder in senso stretto) sia a causa dei possibili effetti esterni positivi o negativi delle transazioni effettuate dall’impresa, che ricadono su di loro (stakeholder in senso ampio). ralmente “stockholder” significa ‘detentore di azioni’ e “shareholder” significa ‘detentore di dividendi’). Il termini stakeholder indica, invece, il ‘portatore di interesse’ (stake significa, infatti, ”scommessa, posta in gioco”). Nello specifico esso indica i gruppi senza il sostegno dei quali l’impresa cesserebbe di esistere.
1.3 Una nuova visione dell’impresa e della sua strategia L’introduzione nella teoria economica del concetto di stakeholder ha portato ad una ri-
La visione “classica” dell’impresa nel mercato, prima della teoria degli stakeholder, la rappresenta come un sistema che ha bisogno di input (capitali, forniture, lavoro) per realizzare un output (il prodotto) e non pone particolare attenzione a come avviene la trasformazione degli input, cioè a come vengono gestite le relazioni sottostanti. Di conseguenza la comunicazione dell’impresa è rivolta a due sole categorie, azionisti e clienti. Ai primi si dà conto dei risultati economici tramite il Bilancio d’Esercizio, mentre i secondi sono il target dell’informazione pubblicitaria. La teoria degli stakeholder vede invece nell’azienda un’entità al centro di un fitto reticolo di relazioni, ciascuna delle quali va alimentata con informazioni specifiche. L’azienda risulta quindi immersa in un processo continuo di comunicazione e per questo oggi si parla di “costruzione” di relazioni con gli stakeholder e non più solo di semplice comunicazione istituzionale.
Tabella 2 La visione classica dell’impresa nel mercato
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Tabella 2 La visione dell’impresa secondo la teoria degli stakeholder 1.4 Diversi modelli di CSR Dopo aver chiarito la nozione di stakeholder e il cambiamento di paradigma che ha determinato nella visione dell’impresa possiamo entrare nel merito della nozione di CSR, innanzitutto differenziando meglio i due diversi modelli di CSR sopra schematizzati.
CSR – Modello 1 - Stockholder strategy
In questo approccio amministratori e manager di una Società agiscono nell’interesse esclusivo degli azionisti, di cui sono fiduciari, cercando di produrre il massimo valore azionario. Le responsabilità che essi riconoscono di avere nei confronti di tutti gli altri stakeholder sono solo quelle definite dalla legge. Questa visione ha il suo principale e noto fautore nell’economista statunitense Milton Friedman, che in suo celebre articolo del 1970 scrive: “In una libera società c’è una e una sola responsabilità sociale dell’impresa, usare le proprie risorse e adoperarsi in attività orientate ad incrementare i profitti nella misura in
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cui si sta dentro le regole del gioco, o, detto in altri termini, impegnarsi senza inganno e frode in una competizione libera e aperta”. “Che cosa significa dire che un’attività imprenditoriale ‘ha delle responsabilità’? Solo le persone hanno delle responsabilità. Una Società è una persona artificiale e in questo senso può avere delle responsabilità artificiali, ma dell’attività imprenditoriale nel suo complesso non si può dire che abbia delle responsabilità, neanche in un senso vago” 3. Le strategie ispirate a questo modello presentano le seguenti caratteristiche: i rapporti che l’impresa instaura con i suoi stakeholder sono strumentali e funzionali al raggiungimento dell’obiettivo di business; l’equilibrio con ciascun interlocutore viene ricercato su basi essenzialmente negoziali, per cui diventa fondamentale cercare di costruire posizioni di forza contrattuale;
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M. Friedman (1970).
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la comunicazione agli stakeholder o è assente o è manipolatoria; gli eventuali strumenti di gestione etica (codice etico, bilancio sociale, ecc.) sono mezzi per accreditare un’immagine etica.
CSR – Modello 2 - La stakeholder strategy In questo approccio il mandato a bene amministrare e gestire non può prescindere dal fatto che l’impresa ha una rilevanza anche sociale che va al di là degli interessi degli azionisti e si configura come un bene pubblico. “Il successo globale della moderna impresa è, in un senso molto reale, un bene pubblico di cui tutti beneficiano, a cui tutti contribuiscono, e che non è parcellizzato in tanti riconoscimenti personali strettamente legati al contributo del singolo” 4. “Principio di legittimità dell’impresa - L’impresa dovrebbe essere governata e gestita per il beneficio dei propri stakeholder: clienti, fornitori, proprietari, collaboratori e comunità locali. Non solo devono essere garantiti i diritti di questi soggetti, ma questi gruppi devono anche partecipare, in un qualche modo, alle decisioni che incidono in maniera sostanziale sul loro benessere.” “Principio fiduciario verso gli stakeholder - Il management è responsabile di una relazione fiduciaria verso gli stakeholder e verso la Società come entità astratta. Deve quindi agire nell’interesse degli stakeholder come loro agente, e deve agire nell’interesse della Società per assicurarne la sopravvivenza, salvaguardando gli interessi di
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A. Sen (1993).
lungo periodo di ciascun gruppo” 5. Le strategie ispirate a questo modello presentano le seguenti caratteristiche: i rapporti con il sistema degli stakeholder tendono ad essere fortemente coesivi, perché funzionali ad un progetto di impresa competitiva, redditizia, rispettosa dell’ambiente, in definitiva impegnata a creare valore per tutti i suoi stakeholder; l’equilibrio con ciascun interlocutore è ricercato facendolo partecipe del “progetto di impresa”; la strategia perseguita è oggetto di un’intensa attività di comunicazione con tutti gli interlocutori; gli strumenti di gestione etica (codice etico, bilancio sociale, ecc.) non sono che un’esplicitazione e sistematizzazione di una adesione convinta e già praticata della missione e dei valori guida dell’impresa. Questa visione ha il suo principale e noto fautore nell’economista statunitense Edward Freeman, il quale propone due principi alla base della CSR.
1.5 Le teorie etiche alla base dei diversi modelli di CSR La responsabilità sociale d’impresa è una teoria ancorata non solo nell’economia, ma anche nell’etica. Le diverse nozioni di CSR non presuppongo quindi solo diverse visioni dell’impresa, ma anche differenti concezioni dell’etica, sebbene gli economisti che hanno elaborato i diversi modelli di CSR non sempre siano pienamente consapevoli della visione etica sottostante alle loro teorie. 5
W.M. Evan, R.E. Freeman (1993).
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Fondamentalmente le teorie etiche che fanno da sfondo ai diversi modelli di CSR sono quattro:
l’etica delle intenzioni; l’autointeresse illuminato; l’etica della responsabilità; l’etica della virtù.
Etica delle intenzioni Un’azione è definita buona quando è conforme a due regole: la coscienza e la legge. L’individuo che agisce armonizzando questi due fattori compie un atto moralmente buono, qualunque siano le conseguenze che esso genera. Sono solo le intenzioni dell’agire, e non anche le conseguenze, ciò che deve entrare nella definizione di comportamento etico: il fine giustifica le conseguenze. Questa posizione, in ambito economico, è sintetizzata nello slogan “good business is good ethics”: un’attività imprenditoriale gestita nel rispetto delle normative e perseguendo il fine proprio dell’impresa è gestita eticamente. Questa visione è alla base anche delle posizioni filantropiche, praticate da molte grandi imprese, che distinguono il momento di acquisizione della ricchezza, ricercata rispondendo solo a criteri di massima efficienza, da quello della sua distribuzione, che avviene nella forma delle beneficenza.
il fine giustifica le conseguenze
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Autointeresse illuminato Poiché vi è stretta connessione fra ambiente esterno e impresa, quest’ultima non può non prendere in considerazione le esigenze del contesto in cui opera, in particolare quelle degli stakeholder. Questa posizione, in ambito economico, è sintetizzata nello slogan “good ethics is good business”, ed è la posizione che considera sì la responsabilità sociale come un vincolo per la gestione strategica dell’impresa, ma da tenere in considerazione in quanto ulteriore fattore competitivo, cioè solo in quanto fattore che permette di preservare la capacità di profitto raggiunta e quindi, di nuovo, di massimizzare i profitti. E’ l’approccio di chi adotta comportamenti etici solo per attrarre nuovi settori di mercato (es. le grandi multinazionali del settore food che sviluppano linee di prodotto col marchio del commercio equo-solidale).
good ethics is good business Etica della responsabilità In questa concezione la responsabilità è intesa, secondo la definizione del sociologo Max Weber, come “la disponibilità a rispondere delle conseguenze prevedibili delle proprie azioni”. Questa definizione è stata successivamente ampliata dal filosofso Hans Jonas, tenuto conto dell’imprescindibile fenomeno della globa-
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lizzazione. Jonas riformula così il principio di responsabilità “Agisci in modo tale che gli effetti della tua azione siano compatibili con la continuazione di una vita autenticamente umana”. Nella società del XX e del XXI secolo non è più sufficiente fermarsi a considerare le sole conseguenze prevedibili, ma occorre spingersi fino a tenere conto delle conseguenze possibili delle azioni. Questa teoria etica è il fondamento della teoria degli stakeholder, come si ritrova anche nelle parole di Evan e Freeman: “Ciascun gruppo di stakeholder ha diritto a non essere trattato come un mezzo orientato a qualche fine, ma deve partecipare alle determinazioni dell’indirizzo futuro dell’azienda”. Nei termini della teoria economica questa visione etica si traduce nell’affermazione che compito primario del management è quello di operare per realizzare il bilanciamento dei vari interessi, realizzando una governance multistakeholder. Ma questo approccio innovativo apre una questione molto difficile: come è possibile rendere compatibili gli interessi dei diversi stakeholder? Come misurare l’operato del management? Fintantoché l’impresa ha come proprio scopo la creazione di valore per la proprietà (gli azionisti), l’operato del management è misurato sulla “bottom line” 6, sull’incremento dell’utile e sul dividendo distribuito agli azionisti. Ma il fatto che il perseguimento del pro-
6 La “Bottom Line” è l’ultima riga del Conto Economico, in cui viene riportato il risultato della gestione, cioè l’utile o la perdita relativa all’esercizio. Con “Triple Bottom Line” ci si vuole quindi riferire a un documento di rendicontazione che rappresenti i risultati della gestione aziendale nei tre ambiti, economicofinanziario, sociale e ambientale.
fitto debba essere contemperato anche con un equo bilanciamento degli interessi degli altri stakeholder rischia di lasciare un ampio potere discrezionale al management, che potrebbe anche giustificare delle inefficienze o addirittura delle decisioni assunte nel proprio interesse adducendo l’esigenza di bilanciare gli interessi degli stakeholder. Una possibile soluzione viene dalla definizione di un Codice Etico inteso come contratto sociale tra tutti gli stakeholder, nel quale sono definiti non solo i legittimi interessi di ciascuno stakeholder nei confronti dell’impresa (e quindi ciò che può aspettarsi dall’impresa stessa come impegno nei propri confronti), ma anche i criteri di equità in base ai quali bilanciare i diversi interessi, soprattutto laddove essi entrino in conflitto. Un Codice Etico così inteso consente da un lato di estendere i doveri fiduciari del management a tutti gli stakeholder e dall’altro di definire il limite e l’ambito in cui il management può esercitare il proprio potere discrezionale. In questa concezione di CSR l’impresa non massimizza più il profitto, ma ricerca la miglior soluzione possibile per l’interesse di ciascuno stakeholder e il Codice Etico rappresenta un vincolo normativo per il management. Questa è la visione etica sottesa alle più comuni e diffuse pratiche di CSR.
“L’autentico fine dell’impresa è quello di operare come veicolo per realizzare il bilanciamento dei vari interessi”
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Etica delle virtù Questa teoria etica asserisce che le norme etiche vengono rispettate solo se i principi che ispirano le norme stesse fanno parte della struttura motivazionale interna della persona. Questo presuppone, però, che l’assetto istituzione della società sia tale da favorire la diffusione tra i cittadini delle virtù civiche. Se gli agenti economici non accolgono già nella loro struttura di preferenza i valori espressi nel codice etico d’impresa e che si vuole che vengano rispettati, non ci sarà molto da aspettarsi. Questa è la base dell’economia civile, seconda la quale è perché vi sono stakeholder che hanno preferenze etiche (attribuiscono cioè valore al fatto che l’impresa pratichi l’equità e si adoperi per il rispetto della dignità delle persone, indipendentemente dal vantaggio materiale che può derivarne) che il codice etico può essere rispettato anche senza la necessità di meccanismi di enforcement esogeni. L’etica della virtù intende superare la visione individualista propria delle altre teorie etiche, ma anche la visione delle teorie altruistiche (per le quali la vita migliore è quella che promuove il bene altrui), per porre al centro il bene comune, che è il bene dello stesso essere in comune, cioè dell’essere inseriti in una struttura di azione comune (qual è appunto l’impresa). Mentre nel “contratto sociale”, che è un esempio di azione comune, la comunanza si limita ai mezzi (ciascuna parte accetta che ognuno persegua il proprio fine, anche se il fine non è comune), nell’impresa il fine si realizza con il compimento dell’azione comune. Nel primo caso si può parlare di coordinazione fra gli interessi degli stakeholder, nel secondo di cooperazione per il raggiungimento del fine comune.
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Comportarsi in modo etico non è bene solo per gli altri, ma è bene anche per sé stessi, perché è un bene di per sé. E l’affermazione dei valori della CSR dipende dal processo attraverso il quale questi valori si edificano come virtù civili.
porre al centro il bene comune cioè l’essere inseriti in una struttura di azione comune
1.6 Il contesto che spinge alla CSR La spinta verso un nuovo paradigma di gestione strategica dell’impresa non deriva, però, soltanto dagli studi accademici, ma anche dal profondo mutamento del contesto economico e dalle pressioni della società civile. Il principale fenomeno che ha caratterizzato la fine del XX secolo e l’inizio del XXI, è stata la tendenza alla privatizzazione delle decisioni economiche rilevanti, che sempre più sono diventate appannaggio degli attori economici più forti e sempre meno dei decisori politici. I principali eventi che hanno portato a questa situazione sono stati:
- l’affermazione di posizioni libertarie e liberiste negli Stati Uniti e in Gran Bretagna (anni ‘80); - la finanziarizzazione dell’economia, che a partire dagli anni ‘90 è proceduta a ritmi sempre più elevati; - il fallimento del modello renano di capitalismo, basato su una compartecipazione dei la-
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voratori al governo dell’impresa, ma che, comportando costi elevati, è risultato insostenibile; - il crollo di un modello economico, quello dell’economia di piano, alternativo al capitalismo; - la perdita di controllo, da parte degli Stati nazionali, sulle attività delle imprese transnazionali; - l’avvio in Italia, a partire dalla fine degli anni ‘90, delle privatizzazioni delle aziende a partecipazione statale (le public utilities, le aziende del settore bancario e le telecomunicazioni). Questi eventi hanno fatto sì che il campo di battaglia si sia spostato dalla politica al mercato e, nel mercato, all’interno della sfera dei criteri che presiedono alle decisioni manageriali e imprenditoriali. Conseguentemente si sono attivati dei tentativi di responsabilizzazione dei decisori economici di fronte ai differenti interessi sociali coinvolti nelle attività di business e si è posto il problema di come evitare che la domanda di efficienza, associata alla spinta verso la privatizzazione delle decisioni economiche, venisse disgiunta da una complementare domanda di equità.
1.7 L’attenzione delle istituzioni al tema della CSR Le istituzioni internazionali ed europee sono intervenute a più riprese allo scopo di promuovere una visione omogenea della CSR e di stimolare la diffusione della cultura e delle prassi di responsabilità sociale. Nella Tabella 3 sono riassunti i più importanti interventi istituzionali.
In questo contesto l’attivismo degli stakeholder è divenuto una componente crescente dei comportamenti “di mercato”: consumo responsabile, finanza etica, advocacy sul rispetto dei diritti umani e boicottaggio, motivazioni intrinseche da parte dei collaboratori più sensibili al clima aziendale. Gli stakeholder hanno cioè cominciato a scoprire il loro potere e hanno cominciato a “punire” certe pratiche (delocalizzazioni in violazione dei diritti umani, falso in bilancio ecc.) rifiutando le transazioni e premiandone altre, preferendo rendimenti economici inferiori laddove siano soddisfatte le preferenze etiche e valoriali.
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1999 L’ILO pubblica la “Dichiarazione Tripartita di Principi riguardanti le Multinazionali e la Politica Sociale” per la tutela dei diritti umani e lavorativi dei Paesi in Via di Sviluppo. 2000 Durante il Summit di Lisbona il Consiglio Europeo “rivolge un appello particolare al senso di responsabilità sociale delle imprese perché si impegnino in progetti di formazione permanente, organizzazione del lavoro, pari opportunità, inclusione sociale e sviluppo sostenibile.” Il Segretario Generale dell’ONU Kofi Annan lancia il Global Compact per aggregare le multinazionali su un percorso di responsabilizzazione del business e attenzione agli effetti sociali del loro operato. 2001 Esce il Libro Verde della Commissione Europea “Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle impresa”. “Affermando la loro responsabilità sociale e assumendo di propria iniziativa impegni che vanno al di là delle esigenze regolamentari e convenzionali cui devono comunque conformarsi, le imprese si sforzano di elevare le norme collegate allo sviluppo sociale, alla tutela dell’ambiente e al rispetto dei diritti fondamentali, adottando un sistema di governo aperto, in grado di conciliare gli interessi delle varie parti interessate nell’ambito di un approccio globale della qualità e dello sviluppo sostenibile” (Green Paper, Bruxelles, 18.7.2001). 2002 La Commissione Europea emette la comunicazione “Responsabilità Sociale: un contributo delle imprese allo sviluppo sostenibile”. In Italia il Ministero del Welfare lancia il Progetto CSR-Social Commitment per la promozione della cultura della responsabilità sociale nel sistema economico nazionale. 2002 – 2004 Si svolgono i lavori dello European Multistakeholder Forum: gruppo di discussione ed orientamento costituito da organizzazioni rappresentative di datori di lavoro, sindacati, consumatori, società civile, associazioni professionali. 2003 Viene siglato il Protocollo di Intesa fra Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e UnionCamere per la diffusione della cultura della CSR tramite la creazione di sportelli dedicati. 2006 Viene pubblicata la Comunicazione della Commissione Europea “Il partenariato per la crescita e l’occupazione: fare dell’Europa un polo di eccellenza in materia di responsabilità sociale delle imprese”. 2007 Viene pubblicata la risoluzione del Parlamento europeo “Risoluzione del Parlamento Europeo del 13 marzo 2007 sulla responsabilità sociale delle imprese: un nuovo partenariato”. 2009 Viene pubblicata la comunicazione della Commissione Europea “Contribuire allo sviluppo sostenibile: il ruolo del commercio equo e solidale dei programmi non governativi in ambito commerciale in ambito della sostenibilità”.
Tabella 3 Gli interventi istituzionali in ambito di CSR
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PARTE II La gestione della CSR: processi e strumenti 2.1 Un modello di gestione strategica Spesso si identifica la responsabilità sociale d’impresa con gli strumenti che ne facilitano l’attuazione. Prima di tutto la CSR è però una nuova visione di governance dell’impresa, che viene implementata tramite un apposito sistema di gestione, che la traduce in comportamenti aziendali.
Elementi Identità
I sistemi di gestione hanno il compito di rendere i processi aziendali conformi agli orientamenti strategici e di innescare processi di miglioramento continuo basati sulla definizione di obiettivi, la loro attuazione e la verifica delle azioni di miglioramento. La gestione strategica della CSR è fondata su una serie di elementi che vengono poi attuati tramite specifici strumenti.
Strumenti
Funzione
Visione etica
Definisce l’identità dell’impresa Stabilisce un criterio di equità per bilanciare i diversi interessi degli stakeholder
Principi e Regole
Codice Etico
Cultura d’impresa
Formazione interna
Comportamenti
Rendicontazione
Credibilità
Sistemi di attuazione e controllo
Bilancio Sociale o di Sostenibilità
Verifica esterna su standard e certificazioni (SA8000; Valore Sociale)
Articola la visone in diritti e doveri di ciascuno stakeholder, Definisce per ciascuno stakeholder le regole di comportamento relative alle situazioni critiche. Sviluppa consapevolezza etica per quanto riguarda principi, regole e strumenti dell’organizzazione. Rafforza la cultura d’impresa. Supporta le decisioni etiche. Assicurano conformità a principi e regole tramite attività sia di ispezione, monitoraggio e controllo che di dialogo organizzativo Fondono in una valutazione unitaria obbiettivi di business e criteri etici. Fornisce agli stakeholder un resoconto completo, significativo, chiaro e verificabile delle performance sociali dell’impresa, cioè della coerenza fra i comportamenti da un lato e gli impegni e i principi di riferimento dall’altro. Accerta, tramite verificatori accreditati, la conformità degli strumenti di responsabilità etico-sociale adottati dall’impresa. Genera credibilità e reputazione. Stimola al miglioramento continuo.
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2.2 Codice Etico La reputazione è una delle risorse più importanti per le imprese: per un’impresa avere reputazione equivale ad affermare che i suoi stakeholder hanno fiducia in essa e nel modo in cui vengono gestiti i rapporti nei loro confronti. La creazione di reputazione richiede all’impresa di annunciare impegni credibili e verificabili nei confronti dei suoi stakeholder. Ma come può l’impresa creare un’aspettativa circa la sua condotta e dimostrare di tener fede agli impegni assunti? Come può ciascuno stakeholder giudicare che gli impegni presi siano stati rispettati e formarsi un giudizio circa la condotta dell’impresa? Le imprese assumono impegni in termini di responsabilità sociale innanzitutto per mezzo del Codice Etico. In esso gli impegni vengono ulteriormente specificati in relazione alle aree critiche nei rapporti con gli stakeholder e sono integrati nello svolgimento dell’attività aziendale tramite la revisione delle strategie, delle politiche, delle norme di comportamento e delle procedure. Il Codice Etico è dunque un documento che enuncia l’insieme dei diritti, dei doveri e delle responsabilità dell’impresa nei confronti di tutti i suoi stakeholder e ha la funzione di favorire il riconoscimento e la prevenzione dei comportamenti ritenuti non etici e il consolidarsi di relazioni di fiducia tra l’impresa e i suoi stakeholder, alimentando la reputazione dell’impresa. Praticamente è uno strumento di gestione dell’organizzazione, volto a orientare le decisioni ed i comportamenti dell’impresa e di governo delle relazioni tra l’impresa e i suoi stakeholder. Il Codice Etico è un processo di autoregolamentazione, non di imposizione di norme
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esogene e la conformità ai principi e alle norme in esso enunciati si basa sull‘adesione volontaria di chi opera nell’azienda. Per essere completo esso dovrebbe contenere:
1. la visione etica e la mappatura degli stakeholder; 2. i principi etici dell’organizzazione; 3. norme e standard di comportamento; 4. modalità di attuazione e controllo del codice. Una volta che il Codice Etico viene adottato dall’organizzazione, comportamenti e procedure aziendali devono essere resi coerenti con i principi del codice etico. Si rende quindi necessario avviare la revisione delle policies e delle procedure aziendali alla luce dei principi e degli standard di condotta. In un’ottica di miglioramento continuo, devono essere previste modalità per la revisione periodica del Codice Etico, basate sia su procedure di revisione del Codice alla luce di riscontri interni (ad es. Ethical Auditing) sia su opinioni degli stakeholder.
2.3 Bilancio Sociale Il Bilancio Sociale o Bilancio di Sostenibilità (BS) è uno strumento di monitoraggio, rendicontazione e comunicazione del processo di gestione responsabile e sostenibile intrapreso dall’organizzazione. E’ finalizzato a misurare il raggiungimento degli obiettivi, a rendere conto degli effetti prodotti dall’organizzazione e a comunicarli, mettendo gli stakeholder nelle condizioni di dare valutazioni più appropriate sull’andamento della gestione. Il BS rappresenta la responsabilità dell’organizzazione, indagandone tutti gli aspetti, sia quelli economici che quelli sociali e ambien-
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Struttura Visione etica e mappatura degli stakeholder
Contenuti La visione etica generale dell’impresa compone in un quadro unitario di tipo strategico la missione e i valori dell’impresa, legandoli e rendendoli coerenti. I valori riflettono la cultura e la tradizione aziendale e guidano il comportamento dell’impresa e di quanti operano in essa e per essa. I valori etici sono quelli di equo trattamento di ciascuno stakeholder, sulla cui base vengono stabiliti i doveri fiduciari dell’impresa verso ciascuno stakeholder (deontologia). L’elenco degli stakeholder deve essere completo e deve essere il risultato di una mappatura dei soggetti (individui, gruppi, organizzazioni) i cui interessi (economici e non) sono coinvolti dall’attività dell’organizzazione a causa delle relazioni di scambio che intrattengono con essa o comunque a causa dei possibili effetti esterni positivi o negativi delle transazioni effettuate dall’impresa e che ricadono su di loro.
Principi etici dell’organizzazione
Stabiliscono quale livello di soddisfazione equa delle aspettative è un diritto dello stakeholder, rispetto al quale l’impresa si assume una responsabilità. Sono astratti e generali e si applicano a molteplici eventi* (pag.22).
Norme e standard di comportamento
Nelle relazioni con gli stakeholder possono presentarsi situazioni a “rischio etico”, in cui cioè si può incorrere in comportamenti opportunistici** (pag.22) che potrebbero compromettere i valori, i principi e le finalità a cui ci si ispira. Per questo il Codice Etico deve definire ed esplicitare un insieme di norme che rappresentino sia dei divieti che che degli standard preventivi di comportamento.
Visione etica e mappatura degli stakeholder
E’ la descrizione analitica dei meccanismi e degli organi preposti dall’organizzazione al fine di attuare, monitorare e diffondere il rispetto e la conformità al Codice Etico. I principali organi di attuazione e controllo sono il Comitato Etico aziendale e l’Ethics Officer. I meccanismi di attuazione e controllo comprendono: - programmi di formazione etica; - attività di comunicazione del Codice Etico agli stakeholder interni ed esterni; - canali di segnalazione di violazioni del Codice accessibili agli stakeholder; - esame delle violazioni per opera di una magistratura etica interna, ma indipendente; - sistemi di incentivi e sanzioni; - sistema di Internal Ethical Auditing; - disclosure, cioè strumenti di trasparenza e rendicontazione etica e sociale; - attività di verifica e certificazione effettuata da una parte terza esterna indipendente. Capire la Finanza - Responsabilità Sociale d’Impresa
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tali. L’attività di redazione del Bilancio Sociale rientra infatti fra le attività di “accountability”, cioè il dovere e la responsabilità di dare conto, a chi ne ha diritto, cosa si sta facendo per rispettare gli impegni presi con i portatori di interesse. Il Bilancio Sociale o di Sostenibilità è:
- strumento di gestione in quanto, permettendo di misurare le performance economiche, sociali e ambientali dell’azienda, si configura come un valido sistema informativo per assumere decisioni, controllarle e valutarle; gestire le priorità e le aspettative dei principali interlocutori; supportare la pianificazione strategica; verificare il raggiungimento degli obiettivi; - strumento di comunicazione perché, attivando adeguati canali di ascolto, consente di rilevare le aspettative legittime, il grado di soddisfazione e di consenso degli stakeholder e, contestualmente, aumenta la comprensione dell’attività svolta dall’azienda rendendo sistematico il dialogo e la comunicazione a due vie. In generale il Bilancio Sociale è un documento redatto volontariamente e periodicamente, possibilmente alla fine di ogni esercizio. Esso ha un carattere prevalentemente consuntivo, ma non deve trascurare le linee programmatiche per il futuro. E’ un documento pubblico, rivolto agli interlocutori sociali che direttamente o indirettamente sono coinvolti nell’esercizio dell’attività. Per questo è di fondamentale importanza che esso sia sottoscritto dall’organo di governo dell’organizzazione, che si assume la responsabilità delle informazioni contenute nel documento. Il bilancio si propone di conseguire due obiettivi fondamentali:
a) fornire a tutti gli stakeholder un quadro complessivo delle performance aprendo un processo interattivo di comunicazione sociale;
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b) fornire informazioni utili sulla qualità dell’attività aziendale per ampliare e migliorare – sotto il profilo etico-sociale – le conoscenze e le possibilità di valutazione e di scelta degli stakeholder. La performance sociale, così come quella economica, deve essere descritta in maniera oggettiva con l’utilizzo degli indicatori di tipo quantitativo. Sebbene questi da soli non siano sufficienti a rendere conto dell’attività sociale, che ha comunque bisogno di essere espressa in maniera discorsiva e qualitativa, essi permettono di aumentare la comparabilità delle informazioni. In questo modo si rende possibile verificare nel tempo l’andamento di certi fenomeni e di certe attività dell’organizzazione e confrontare le performance dell’impresa con quella di organizzazioni simili. Nonostante il BS sia uno strumento volontario, nel corso degli anni è sorta l’esigenza di elaborare degli standard e delle linee-guida che consentano di realizzare dei documenti dotati di un sufficiente e adeguato valore informativo e fra loro comparabili. Gli standard maggiormente riconosciuti sono: GBS (Gruppo di studio per il Bilancio Sociale): è uno standard studiato da un gruppo di studiosi ed esperti italiani, che si è affermato come uno dei principali riferimenti delle organizzazioni italiane; GRI (Global Reporting Initiative): è il principale standard a livello internazionale, sempre più diffuso anche a livello italiano in particolare fra le grandi imprese; Accountability 1000: è stato uno dei primi standard ad essere proposti, caratterizzandosi per l’attenzione alla qualità del processo di rendicontazione.
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Modello GBS
GRI - Global Reporting Initiative
Il GBS, Gruppo di studio per il Bilancio Sociale, è un’Associazione nazionale per la ricerca scientifica sul bilancio sociale, che nel 2001 ha pubblicato uno standard in cui ha definito i requisiti minimi e i principi per la redazione del Bilancio Sociale o Bilancio di Sostenibilità.
Iniziativa promossa nel 1997 dalla Coalition for Environmentally Responsible Economies (CERES) in partership con l’United Nations Enviroment Programme (UNEP). La Global Reporting Initiative (GRI) è un vasto network multi-stakeholder di migliaia di esperti, operanti in decine di nazioni, che partecipano ai gruppi di lavoro e agli organi di governo.
Secondo lo standard GBS, il Bilancio Sociale è redatto come documento consuntivo con linee programmatiche per il futuro, separato e complementare al bilancio di esercizio e di pubblica divulgazione. Esso deve contenere le seguenti aree informative:
Lo standard propone una rendicontazione di tipo “triple bottom line”, che esplicita cioè le performance sociali, ambientali ed economico-finanziarie, definendo i principi fondamentali e gli indicatori per una corretta rendicontazione di sostenibilità.
1. Identità aziendale. Deve essere esposta in maniera completa, descrivendo assetto istituzionale, valori di riferimento (orientamenti, principi etici e codici deontologici effettivamente seguiti), missione, strategie e politiche dell’azienda.
Il GRI è arrivato alla terza edizione dello standard e ha pubblicato anche linee-guida specifiche per diversi settori.
2. Produzione e distribuzione del valore aggiunto. Il VA (=Valore Aggiunto) è un parametro di tipo contabile che misura come la ricchezza prodotta dall’azienda viene distribuita fra i suoi principali stakeholder (azionisti, personale, Stato, società civile…).
1. Trasparenza: l’organizzazione deve dare completa comunicazione delle informazioni sugli argomenti e sugli indicatori necessari per rispecchiare gli impatti generati e permettere agli stakeholder di prendere decisioni (il principio di Trasparenza è un valore e un obiettivo sottostante a tutti gli aspetti del reporting di sostenibilità).
La determinazione del VA rappresenta anche il legame fra il bilancio contabile d’esercizio e il bilancio sociale. 3. Relazione sociale. Quest’area informativa rende conto dell’utilità, non economica, prodotta dall’azienda nei confronti dei suoi stakeholder, consentendo di verificare la coerenza fra enunciati valoriali, impegni assunti nel piano strategico e attività socialmente rilevanti di fatto realizzate.
Esso fonda l’attività di reporting su una serie di 11 principi:
2. Materialità: l’organizzazione dovrebbe comunicare tutte le informazioni rilevanti relative al proprio impatto economico, ambientale e sociale o che potrebbero influenzare in modo sostanziale le valutazioni e le decisioni degli stakeholder. 3. Inclusività degli stakeholder: l’organizzazione deve identificare i propri stakeholder e spiegare come ha risposto alle loro ragionevoli aspettative e interessi.
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Schema del processo di rendicontazione secondo AA1000
4. Contesto di Sostenibilità: l’organizzazione dovrebbe presentare le proprie performance nel più ampio contesto della sostenibilità ambientale e sociale. 5. Completezza: la trattazione degli argomenti e degli indicatori materiali, così come la definizione del perimetro del report, devono essere sufficienti a riflettere gli impatti economici, ambientali e sociali significativi e a permettere agli stakeholder di valutare le performance dell’organizzazione nel periodo di rendicontazione. 6. Equilibrio: il documento deve riflettere gli aspetti positivi e negativi delle performance dell’organizzazione. 7. Comparabilità: è necessario che le informazioni incluse nel report siano presentate in modo tale da permettere agli stakeholder di analizzare i cambiamenti della performance dell’organizzazione nel corso del tempo e da permettere l’analisi comparativa rispetto ad altre organizzazioni. 8. Accuratezza: le informazioni contenute nel report dovranno essere sufficientemente accurate e dettagliate. 9. Tempestività: la rendicontazione ha cadenza regolare e gli stakeholder sono informati tempestivamente al fine di poter prendere decisioni fondate. 10. Chiarezza: le informazioni devono essere presentate in modo comprensibile e accessibile agli stakeholder che le utilizzano. 11. Affidabilità: le informazioni e i processi impiegati per la stesura del report devono essere raccolti, registrati, preparati, analizzati e comunicati in modo da poter essere esaminati per stabilire la qualità e la rilevanza delle informazioni.
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AA1000
stakeholder.
Introdotto nel 1999 dall’ISEA (Institute for Social and Ethical Accounting) di Londra, AA1000 - AccountAbility 1000 – definisce uno standard di processo che delinea procedure e metodologie di rendicontazione e certificazione dei bilanci sociali, con particolare enfasi al dialogo con gli
Il processo di rendicontazione sociale dovrebbe essere strutturato in cinque fasi: 1. Knowledge planning: programmazione del lavoro; 2. Accounting: raccolta dei dati e delle informazioni, sviluppo degli indicatori di performance, identificazione degli obiettivi di miglioramento e delle linee programmatiche; 3. Reporting: redazione del documento e sua comunicazione secondo le modalità più adeguate alle esigenze informative degli stakeholder; 4. Verification: verifica dei dati e delle informazioni, in termini di completezza e affidabilità, con l’emissione di un parere professionale a garanzia delle verifiche; 5. Stakeholder Engagement: coinvolgimento e dialogo con gli stakeholder e richiesta di feedback volontari; 6. Embedding: integrazione degli obiettivi sociali nelle strategie e nelle procedure aziendali.
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2.4 Le certificazioni: SA8000 e Valore Sociale Valore Sociale Valore Sociale è un’associazione composta prevalentemente da organizzazioni della società civile (Action Aid, ARCI, Contratto Mondiale sull’Acqua, Fondazione Culturale Responsabilità Etica, Mani Tese, Movimento Consumatori, Università Bicocca). Lo standard Valore Sociale è un marchio di qualità sulla Responsabilità Sociale d’Impresa, caratterizzato dall’integrazione della della dimensione sociale e di quella ambientale. Tale certificazione permette quindi sia il monitoraggio effettivo del rischio lungo tutta la filiera, sia l’utilizzo di strumenti di prevenzione dell’impatto negativo dell’attività produttiva sui diritti umani e sugli aspetti sociali e ambientali.
cittadini e dei consumatori.
Lo standard è frutto di una consultazione multistakeholder a cui hanno partecipato esponenti della società civile e della parti sociali, pubblici e privati, e si avvale di enti certificatori di grande rilievo come il RINA e ICEA.
Lo standard è stato emesso per la prima volta nel 1997 dal SAI (Social Accountability International: organizzazione non-governativa, internazionale e multistakeholder, dedita al miglioramento dei luoghi di lavoro e delle comunità tramite lo sviluppo e l’implementazione di standard) e nel 2008 è stata pubblicata la terza versione aggiornata.
Lo standard VS si estende alle seguenti dimensioni e ai relativi ambiti di intervento: Comunità: rispetto delle comunità locali; sicurezza e protezione dei siti aziendali; programmi di sviluppo e promozione sociale. Lavoro: non discriminazione, rifiuto del lavoro minorile e del lavoro forzato, libertà di associazione e contrattazione collettiva, equità della retribuzione, rispetto dell’orario di lavoro, salute e sicurezza, sviluppo delle competenze. Cittadini e Consumatori: protezione dei
Ambiente: protezione dell’ambiente. Mercato: rapporti di fornitura, lotta alla corruzione, concorrenza, vendita e distribuzione, gestione finanziaria responsabile. Pubblicazione delle informazioni: trasparenza e rendicontazione.
SA8000
E’ uno standard fondato sul rispetto e sulla promozione dei valori sanciti nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (1948), nella Convenzione delle Nazioni Unite per i diritti del bambino, nella Convenzione per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne, nelle Convenzioni dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO). SA 8000 certifica il rispetto dei requisiti minimi in materia di rispetto dei diritti dei
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lavoratori, definiti sulla base delle norme internazionali. Laddove le legislazioni nazionali e di settore siano più restrittive e più favorevoli al lavoratore rispetto ai requisiti fissati dallo standard, allora prevalgono questi ultimi. E’ uno standard verificabile, i cui requisiti si applicano universalmente, indipendentemente dalla dimensione dell’impresa, dalla collocazione geografica e dal settore industriale. E’ uno standard adottato volontariamente dalle imprese. SA8000 si prefigge di aumentare, all’interno dell’ambito di controllo e di influenza dell’impresa, il livello di protezione e di “potere” dei lavoratori che producono prodotti o forniscono servizi per quell’impresa, siano essi impiegati nell’impresa stessa o presso i suoi fornitori e sub-fornitori o siano lavoratori a domicilio. Lo standard definisce i requisiti minimi relativamente a 9 ambiti. Di questi, 8 sono di merito, cioè riguardano l’oggetto specifico dello standard (la tutela dei lavoratori) e l’ultimo è di gestione. 1. lavoro minorile; 2. lavoro forzato; 3. salute e sicurezza; 4. libertà di associazione e diritto alla contrattazione collettiva; 5. discriminazioni;
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6. pratiche disciplinari; 7. orario lavorativo; 8. remunerazione; 9. sistema di gestione.
2.5 ISO 26000 Ultimo standard nato, ma che rappresenta una sintesi a livello internazionale dei più diffusi orientamenti in materia di CSR, è lo standard ISO 26000. Emanato nel 2010 dall’ISO (International Standard Organization), fornisce suggerimenti e raccomandazioni sulla Responsabilità Sociale. L’elaborazione della norma ha visto il coinvolgimento volontario di oltre 400 esperti e 175 osservatori e stakeholder (ad esempio i sindacati) provenienti da 91 Paesi di tutto il mondo. Esso ha lo scopo di supportare le organizzazioni che intendono operare nell’ottica di uno sviluppo sostenibile ed è valido per tutti i tipi di organizzazioni, piccole e grandi, governative, commerciali o non-governative. A differenza di altre norme ISO, come le più note ISO 9001 e ISO 14001, non è uno standard certificabile, ma una guida da cui le organizzazioni possono prendere spunto per adattare gli strumenti già adottati. L’ISO 26000 stabilisce che un’impresa o una qualsiasi organizzazione, pubblica o privata, che adotti un comportamento socialmente responsabile deve attenersi alle seguenti linee guida: Responsabilità: l’organizzazione
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deve assumersi la responsabilità del suo impatto sulla società e sullo sviluppo. Deve accettare eventuali controlli ed ha il dovere di risponderne. Trasparenza: l’organizzazione deve essere trasparente in tutte le sue decisioni ed attività, in particolare in relazione alla sua natura, ai suoi obiettivi, ai risultati in termini di responsabilità sociale e alla provenienza delle sue risorse finanziarie. Etica: l’organizzazione deve comportarsi sempre in modo onesto, equo e integro moralmente. In questo atteggiamento deve essere compreso il rispetto per persone, ambiente, animali e di tutti coloro che in qualche modo sono coinvolti nella attività dell’azienda. Rispetto degli stakeholder: l’organizzazione deve identificare tutti coloro che, diret-
tamente o indirettamente, sono coinvolti nell’attività d’impresa e avere particolare attenzione per le loro necessità. Rispetto della legge: l’organizzazione deve accettare come obbligatorio il rispetto della legge. Rispetto degli standard di comportamento internazionali: conseguentemente, l’organizzazione dovrà aderire ai principi stabiliti a livello internazionale, e rispettarli il più possibile nel caso in cui operi in nazioni con una legislazione che entri in conflitto con queste norme. Rispetto dei diritti umani: l’organizzazione deve riconoscere l’importanza e l’universalità di questi diritti ed evitare di trarre vantaggio da situazioni in cui tali diritti non siano rispettati.
Considerazioni conclusive La CSR è riuscita ad essere incisiva influenzando le strategie aziendali o è rimasta sulla superficie concretizzandosi solo in una grande operazione di marketing? Ha ragione chi pensa che sia al più un’operazione di facciata, come dimostrerebbero i pesanti scandali che hanno colpito alcune grandi imprese che pure si erano dotate di un Codice Etico e di sofisticati bilanci di sostenibilità o ha ragione chi al contrario pensa che la CSR sia ormai superata perché è entrata nei processi aziendali e quindi è embedded, completamente integrata? Difficile rispondere. Da un lato appare eccessivamente ottimistica la posizione di chi sostiene “la fine della
CSR” sulla base del fatto che i tipici strumenti dei sistemi di gestione responsabile (in primis il Bilancio di Sostenibilità) siano prassi consolidate. Per la maggioranza delle imprese l’adozione degli strumenti non è stata accompagnata da un cambiamento di visione culturale e strategica, e non è stato compreso che la vera portata della CSR risiede nel livello strategico e di governance. Molte imprese adottano allora entrambi i modelli di CSR sopra discussi, senza che venga intaccato l’assunto per cui la funzione obiettivo dell’impresa è (esclusivamente) la produzione di valore per gli azionisti. Di conseguenza l’adozione del modello di CSR inteso come governance multistakeholder viene per lo più applicato in maniera parzia-
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le e strumentale, fintantoché, cioè, è “fattore competitivo”, cioè capace di alimentare la profittabilità del business. Questo non preclude il fatto che alcuni progressi ci siano stati e abbiano portato reali benefici agli stakeholder, e come tali vadano quindi apprezzati. Il cambiamento culturale è però ancora lontano. Di questo però non bisogna attribuire tutta la colpa ai manager, ma anche alle istituzioni che li formano, e che ancora, a loro volta, non hanno acquisito questo nuovo indirizzo della teoria economica. E inevitabilmente chi si forma nelle grandi scuole di “management” riceve una forma mentis orientata al profitto e allo stockholder. Il fatto che molte aziende si stiano dotando di una struttura di CSR management, seppur in modo ancora discontinuo e poco omogeneo, è comunque un elemento incoraggiante. E’ un primo passo nella giusta direzione, anche se molta strada rimane da fare. Nel giudicare le imprese che dicono di attuare politiche di CSR è opportuno assumere un atteggiamento di apprezzamento critico, valorizzando cioè gli impegni e le informazioni veicolati tramite i diversi strumenti, ma cercando sempre di andare a fondo per capire quale radicamento effettivo hanno nella cultura aziendale, consapevoli dei limiti che ciò comporta alla loro applicazione.
Parte II, capitolo 2.3 Bilancio Sociale * Per valori (etici) si devono intendere attributi di importanza morale dati da individui o gruppi (valori condivisi) a qualità, cose, eventi, ideali cui ci si ispira e nei quali si crede. Per principi si devono intendere criteri astratti e generali che guidano l’azione ed offrono un parametro di giudizio per la valutazione di una determinata situazione (hanno un carattere prescrittivo, cioè indicano come ci si deve comportare). Un esempio: Valore: lealtà Principio (1) : Principio di concorrenza leale Principio (2): Principio di contrattazione leale Principio (3): Principio della lealtà del dipendente. ** Si ha comportamento opportunistico quando un soggetto (o un gruppo) si appropria di un vantaggio o di un beneficio frutto dell’attività cooperativa, sottraendo ad altri una parte del vantaggio che legittimamente poteva aspettarsi di ricevere.
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APPENDICE - La CSR nel settore finanziario a) Responsabilità “interna” ed “esterna” Il concetto di responsabilità sociale di impresa è di particolare importanza per il settore bancario e finanziario. Le banche hanno infatti un ruolo centrale nei processi economici. Raccolgono il risparmio dei clienti per impiegarlo in finanziamenti per le famiglie e le imprese, o in altre parole gestiscono l’allocazione del capitale. La decisione di accordare un dato prestito ha delle conseguenze che non sono unicamente di natura economica, ma anche sociale e ambientale. La recente crisi finanziaria ha mostrato come molte grandi banche abbiano dimenticato la propria funzione sociale e trasformato la finanza in un fine in sé stesso per realizzare soldi dai soldi nel più breve tempo possibile. I prestiti non venivano accordati all’economia “reale”, ma le risorse depositate dai clienti erano troppo spesso utilizzate per fini speculativi. Trasformare la finanza in un casinò globale non solo ha provocato una durissima crisi globale di cui paghiamo ancora pesantemente le conseguenze, ma ha sottratto risorse alla sfera produttiva. Il risultato è da un lato una finanza ipertrofica che sposta migliaia di miliardi da un angolo all’altro del pianeta e sostiene le peggiori forme di speculazione, dall’altra il fatto che oltre due miliardi di esseri umani sono esclusi dall’accesso al credito. Anche quando vengono finanziate attività legate all’economia “reale” le banche hanno delle responsabilità sostanziali per gli impatti sociali, ambientali e sui diritti umani dei finanziamenti che concedono. In altre parole le scelte delle banche non sono neutre. Per fare un esempio tra i molti possibili, scegliere di investire e finanziare il nucleare o i
combustibili fossili o di sostenere con forme di prestito ad hoc le energie rinnovabili e gli interventi per l’efficienza energetica ha delle ricadute sostanziali sull’ambiente. Da queste considerazioni discende che il concetto di CSR per il settore bancario presenta una specificità fondamentale. E’ sicuramente importante l’impatto delle attività lavorative in sé, o quella che viene a volte chiamata la responsabilità “interna” della banca, come l’uso di carta riciclata o di lampadine a basso consumo nelle filiali, i rapporti con i dipendenti e i diritti dei lavoratori, e via discorrendo. Per il settore finanziario è però di importanza ancora maggiore la responsabilità “esterna”, ovvero gli impatti dei prestiti e dei finanziamenti concessi dall’istituto di credito.
b) Rapporti con gli stakeholder C’è anche un altro motivo che fa si che la CSR sia di particolare rilevanza per il settore bancario: gli istituti di credito lavorano con i soldi del pubblico e dei piccoli risparmiatori. Quanti di noi presterebbero il proprio denaro a chi proponesse di utilizzarlo per un traffico di armi con un Paese dittatoriale,
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per quanto remunerativo? Quanti lo presterebbero a qualcuno che volesse andare a giocarselo al casinò? I nostri soldi, una volta incanalati nei circuiti finanziari possono avere degli impatti rilevanti, tanto in positivo quanto in negativo, sull’insieme della società.
“una lavata verde” della propria immagine per descrivere tale approccio e denunciare la mancanza di un impegno serio per la CSR in ogni settore dell’attività bancaria.
Da un altro punto di vista, la teoria degli stakeholder precedentemente esposta è quindi di particolare rilevanza per le banche. Una compagnia estrattiva o mineraria non opera direttamente sul mercato. E’ quindi più difficile per il pubblico poterne influenzare i comportamenti in ambito sociale e ambientale. Le banche fondano al contrario il proprio lavoro sul rapporto con la clientela e sono presenti in maniera estremamente capillare sul territorio. Se il comportamento della mia banca non mi piace, per questioni ambientali, di governance, di rispetto dei diritti umani o per qualunque altro motivo, in pochi minuti posso spostarli presso un altro istituto.
Sono diverse le campagne e le iniziative sviluppate negli ultimi anni per denunciare comportamenti irresponsabili delle banche e per chiederne una maggiore sostenibilità. In Italia l’esempio più noto è probabilmente la “campagna di pressione alle banche armate” 1. Nata dall’iniziativa di tre riviste di ordini religiosi missionari, la campagna chiedeva ai correntisti di scrivere alla propria banca, nel caso questa fosse coinvolta nell’import-export di materiali di armamento. Nella lettera si specificava di non volere che la propria banca, e di conseguenza i soldi sul conto corrente, potessero essere coinvolti in operazioni nel settore degli armamenti, e si chiedeva alle banche di cambiare comportamento. Una partecipazione massiccia di piccoli risparmiatori e correntisti ha portato a un notevole successo nel corso degli anni, e in particolare molte delle principali banche italiane a sviluppare delle linee guida sulla questione degli armamenti, anche se il finanziamento dell’industria delle armi è ancora oggi un problema rilevante e molto delicato per il settore finanziario.
Le banche sono dunque particolarmente sensibili alle questioni di CSR anche solo per un mero motivo di rischio reputazionale che devono fronteggiare. Negli ultimi anni quasi tutte le grandi banche hanno sviluppato delle proprie linee guida in materia sociale e ambientale. In alcuni casi tale lavoro risponde a un serio impegno verso una maggiore sostenibilità, ma molto spesso le iniziative sviluppate in ambito CSR non sono nate da un movimento interno alla stessa banca, ma in risposta alle campagne di pressione delle organizzazioni della società civile. La CSR è ancora oggi troppo spesso considerata come un’operazione di marketing per migliorare l’immagine dell’azienda, e non come un impegno serio e vincolante per una maggiore sostenibilità. In inglese è stato coniato il termine greenwashing, ovvero letteralmente
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CSR e campagne sul settore bancario
Come accennato, le banche si muovono molto spesso in risposta a iniziative e
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www.banchearmate.it
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campagne dal basso. E’ così che in altri Paesi, a seconda delle tematiche sollevate dalle reti della società civile, le banche hanno sviluppato una maggiore attenzione verso questioni differenti. In alcuni Paesi l’argomento più delicato è il finanziamento a progetti ambientalmente devastanti nel Sud del mondo, dalle grandi dighe in poi; in altri si parla del sostegno ai combustibili fossili e del problema dei cambiamenti climatici. Altre campagne hanno sollevato la questione dei finanziamenti all’industria nucleare, e via discorrendo. A livello internazionale è nata alcuni anni fa una coalizione globale che cerca di monitorare il comportamento dei maggiori gruppi bancari del mondo, dei progetti finanziati da tali gruppi e degli impatti sociali e ambientali di questi finanziamenti. E’ la rete BankTrack, che riunisce oltre 30 organizzazioni di 18 Paesi. Una delle ultime iniziative di Banktrack riguarda un sito specifico di informazione sulle banche che maggiormente finanziano il nucleare 2. Grazie all’attività di tali reti e organizzazioni della società civile, la CSR in ambito bancario e finanziario sta diventando un tema sempre più centrale e conosciuto dal pubblico. In Italia alcune organizzazioni, tra cui i promotori della stessa campagna di pressione alle banche armate, si sono riunite per dare vita a un sito di informazione sul comportamento dei principali gruppi bancari italiani. Il sito ha selezionato alcuni settori particolarmente “critici”, quali armi, nucle-
2 Vedi rispettivamente www.banktrack.org e www.nuclearbanks.org.
are, paradisi fiscali, comportamento verso la clientela e altri, per monitorare tanto le linee guida e le dichiarazioni in ambito CSR quanto il reale comportamento delle banche italiane 3. Negli ultimissimi anni, e in particolare in seguito all’esplosione della crisi finanziaria, le reti della società civile si sono interessate a nuove tematiche che interessano il settore bancario. Parliamo in particolare delle attività speculative e sui derivati, della presenza nei paradisi fiscali e via discorrendo. L’ultima questione emersa sulla scena globale riguarda la speculazione finanziaria sul cibo e sulle materie prime che ha degli impatti devastanti sulle fasce più deboli della popolazione, nel Nord come nel Sud del mondo. Anche in questo caso delle campagne di pressione si stanno organizzando in diversi Paesi. E’ probabile che in risposta a tali iniziative e all’attenzione che stanno sollevando, nel prossimo futuro il concetto di CSR per il settore finanziario verrà allargato per ricomprendere la presenza di filiali nei paradisi fiscali e la speculazione su cibo e materie prime. La questione del comportamento fiscale in particolare dovrebbe essere centrale in ogni politica di CSR, e non unicamente per le banche. Si tratta di un tipico settore in cui un comportamento responsabile verso l’insieme della società può fare la differenza, e in cui al contrario i più “furbi”, con procedure al limite della legalità possono ottenere illeciti vantaggi competi-
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Vizi Capitali: www.vizicapitali.org
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tivi e minori costi rispetto alla concorrenza. Per chiarire quanto la materia fiscale sia sensibile ai comportamenti adottati basterà ricordare che è l’unico caso in cui esiste un termine per indicare un comportamento formalmente legale ma di dubbia moralità e liceità. Se l’evasione fiscale è infatti illegale, l’elusione fiscale indica appunto un comportamento legale quanto eticamente riprovevole. Per questi motivi l’elusione fiscale dovrebbe rappresentare un aspetto centrale di ogni politica di CSR. Se le banche avessero davvero una volontà per una maggiore sostenibilità, sarebbe auspicabile che le loro iniziative in ambito CSR non si limitassero a seguire gli input e le pressioni che arrivano dalle reti della società civile e che le espongono a un rischio reputazionale. L’approccio alla CSR dovrebbe essere visto come un elemento strategico e centrale in ogni decisione assunta dalle banche, e come un processo dettato da principi forti e fondato su un continuo impegno e sulla trasparenza. Sono questi gli obiettivi che si pone la finanza etica.
La CSR in Banca Etica Banca Etica nasce dal basso, dall’impegno di migliaia di cittadini, organizzazioni e reti che insieme decidono di realizzare una banca fondata sui principi della responsabilità sociale e ambientale e della sostenibilità. Banca Etica presenta diverse caratteristiche che ne fanno un caso unico nel panorama italiano e spesso internazionale. Nel nome di una completa trasparenza, tutti i finanziamenti erogati dalla banca alle persone giuridiche (imprese, cooperative, associazioni,
ecc...) 4 sono pubblicati sul sito della banca stessa e disponibili per la consultazione. In questo modo ogni persona interessata può verificare come viene impiegato il denaro di clienti e correntisti. Banca Etica fonda la propria politica del credito sui principi del manifesto della finanza etica e sull’analisi delle conseguenze non-economiche delle azioni economiche, privilegiando quelle organizzazioni, nonprofit e profit, che si contraddistinguono per il valore sociale e/o ambientale della loro attività. E’ così che le richieste di prestiti e finanziamenti devono superare una doppia istruttoria. La prima è la “classica” istruttoria economica, svolta dal personale preposto della banca. Accanto a questa si svolge però una seconda istruttoria, chiamata socioambientale, per verificare se chi domanda un prestito a Banca Etica ha un adeguato profilo di responsabilità sociale. Chi richiede un affidamento deve sottoporsi ad un’analisi che valuta il rispetto dei diritti dei lavoratori, il grado di trasparenza, la democraticità interna, l’attenzione alla catena di fornitura, il rispetto dell’ambiente, il rapporto con il territorio e le comunità locali. Tale seconda istruttoria è svolta dai Valutatori Sociali, soci di Banca Etica appositamente formati, che hanno una forte conoscenza del territorio e quindi possono anche valutare l’impatto del finanziamento. In altre parole questo doppio procedimento consente una verifica dal basso e partecipata del rispetto degli impegni in ambito CSR della banca. L’attenzione alle conseguenze non-economiche delle proprie attività si ritrova anche nelle altre società della rete di Banca Etica, 4 Per evidenti motivi di privacy non vengono invece pubblicati i nominativi delle persone fisiche che ricevono un prestito.
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e in particolare nella società di gestione del risparmio Etica Sgr, che seleziona gli emittenti quotati (imprese e Stati) che compongono l’universo investibile dei fondi Valori Responsabili in base a criteri di responsabilità socio-ambientale. Il gestore delegato, Anima Sgr, sceglie i titoli nei quali investire unicamente all’interno dell’universo investibile stesso. La metodologia di analisi sociale, ambientale e di governance degli emittenti viene sviluppata in collaborazione con un Comitato Etico indipendente e approvata dal Consiglio di Amministrazione della società . In un’ottica di trasparenza e correttezza verso il cliente, Etica Sgr ha pubblica trimestralmente sul sito Internet l’elenco completo delle imprese e degli Stati presenti nel portafoglio dei fondi Valori Responsabili 5. Dal 2009 Etica Sgr si è dotata di una Policy sulla Responsabilità Sociale in cui elencano vengono elencati i principi ispiratori dell’attività d’impresa e i principali soggetti con cui interagisce (clienti, dipendenti, fornitori, collocatori, soci, concorrenti, etc.). La Policy CSR di Etica Sgr è consultabile sul sito della società. Etica Sgr è la prima società di gestione del risparmio del nostro Paese ad aver redatto un Bilancio di gestione che coniuga gli aspetti economici con quelli sociali, ambientali e di governance. Il Bilancio di gestione 2010 è stato, infatti, redatto secondo i principi di rendicontazione delle Sustainability Reporting Guidelines del GRI (Global Reporting Initiative – G3), lo standard più diffuso nel mondo per la redazione di bilanci sociali. Inoltre, dal 2009, Etica Sgr ha adottato una metodologia di analisi interna per la valutazione della responsabilità sociale delle 5
Per maggiori informazioni: www.eticasgr.it
imprese italiane quotate. La metodologia è stata mutuata prendendo in considerazione le peculiarità del contesto italiano con lo scopo di analizzare in maniera più dettagliata le imprese del nostro Paese meritevoli di entrare nell’universo investibile dei fondi. La metodologia è stata sviluppata in collaborazione con ALTIS (Alta Scuola Impresa e Società) dell’Università Cattolica di Milano e con il Comitato Etico. Infine, Etica Sgr collabora ormai da anni con altri investitori esteri alla creazione di una rete di azionisti attivi che fa sentire la propria voce davanti agli amministratori delle imprese quotate su una serie di questioni sociali, ambientali e di governance. L’azionariato attivo è una pratica diffusa all’estero tra gli investitori istituzionali e i fondi comuni. In Italia è, invece, un fenomeno poco comune 6. Accanto a queste e altre specificità, la banca promuove la CSR tramite diverse altre attività. In quest’ambito la Fondazione Culturale Responsabilità Etica organizza ogni anno a Firenze Terra Futura, una mostra mercato di buone pratiche per la sostenibilità. La Fondazione ha anche avviato un programma di azionariato critico, acquistando un numero simbolico di azioni di imprese italiane criticate per i loro comportamenti in ambito sociale, ambientale e dei diritti umani. L’idea è quella di intervenire e partecipare alla vita di queste imprese – a partire dalle assemblee
6 Secondo una recente ricerca realizzata dall’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro” (Fonte: Dell’Atti, Intonti, Iannuzzi, “Azionariato attivo e soft engagement nei fondi SRI europei: un’analisi empirica”, Banche e Banchieri n°6/2010), tra le prime dieci società di gestione europee per attività di azionariato attivo ed engagement, l’unica italiana è Etica Sgr, che si piazza al 3° posto in questa particolare classifica.
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annuali – in qualità di azionisti per chiedere un maggiore impegno in ambito CSR e per la sostenibilità di lungo periodo 7. A differenza di quanto avviene per la maggior parte delle imprese e di quelle finanziarie in particolare, i principi della CSR per Banca Etica non rappresentano un valore aggiunto ma sono parte fondante dell’operato, come confermato dal fatto che le basi e i principi sono inscritti nello stesso Statuto della banca, in particolare all’Art.5 8.
7 Per informazioni e aggiornamenti sull’azionariato critico: www.fcre.it 8 Vedi sul sito www.bancaetica.com il menù “Principi” per l’Art.5 dello Statuto e l’approccio di Banca etica alla sostenibilità, e il menù “realtà finanziate” per il dettaglio dei finanziamenti accordati
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BIBLIOGRAFIA AA.VV. (a cura di L. Sacconi), Guida critica alla responsabilità sociale e al governo di impresa, Banca Editrice, Roma, 2005. A. Bassi, Dono e fiducia. Le forme della solidarietà nelle società complesse, Edizioni Lavoro, Roma, 2000. A. Chiesi, A. Martinelli, M. Pellegatta, Il bilancio sociale. Stakeholder e responsabilità sociale d’impresa, ed. Il Sole 24 Ore, Milano, 2000. W.M. Evan, R.E. Freeman, A stakeholder theory of the modern corporation: kantian capitalism, 1993. M. Friedman, The social responsibility of business is to increase its profits, New York Times Magazine, 13 Settembre 1970. L. Hinna (a cura di), Il Bilancio Sociale, ed. Il Sole 24 Ore, Milano, 2003. F. Manfredi, G. Maino (a cura di), Il governo e la comunicazione della qualità, ed. EGEA, Milano, 2000. G. Rusconi, M. Dorigatti (a cura di) La Responsabilità Sociale d’Impresa, Ed. Franco Angeli, 2004. A. Sen, Does business ethics make economic sense?, in MINUS P.M. (ed.), The Ethics of business in global economics, Kluwer Academic Plublisher, 1993. M. Viviani, Il bilancio sociale e l’evoluzione delle imprese, ed. Il Mulino, Bologna, 1999.
SITOGRAFIA www.rsinews.it www.csreurope.org www.unglobalcompact.org www.oecd.org www.gruppobilanciosociale.org www.globalreporting.org www.accountability.org.uk www.ilo.org/ www.sa-intl.org www.lavoroetico.org www.valoresociale.it www.business-humanrights.org
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La Fondazione Culturale Responsabilità Etica (www.fcre.it) è stata fondata da Banca Etica per promuovere nuove forme di economia sostenibile, per diffondere i principi della finanza eticamente orientata, per analizzare il funzionamento della finanza e proporre soluzioni nella direzione di una maggiore sostenibilità. Per realizzare questi obiettivi, la Fondazione lavora in rete e partecipa alle iniziative e alle campagne delle organizzazioni della società civile in Italia e a livello internazionale. Nell’ambito delle proprie attività, la Fondazione ha deciso di proporre queste schede “capire la finanza”. Le schede provano a spiegare in maniera semplice i principali meccanismi e le istituzioni del panorama finanziario internazionale, dalle istituzioni internazionali ai paradisi fiscali, dai nuovi strumenti finanziari alle banche e alle assicurazioni. Con queste schede ci auguriamo di dare un contributo per comprendere le recenti vicende in ambito finanziario e per stimolare la riflessione nella ricerca di percorsi alternativi. Le schede sono realizzate in collaborazione con il mensile Valori e con la CRBM. Valori (www.valori.it) è un mensile specializzato nei temi dell’economia sociale, della finanza etica e della sostenibilità. E’ tra le testate più autorevoli in Italia a trattare questioni complesse e “difficili” relative al mondo dell’economia e della finanza in maniera approfondita ma al tempo stesso comprensibile: denunciandone le ingiustizie, evidenziandone le implicazioni sui comportamenti individuali e sulla vita della società civile a livello sia locale che globale, e promuovendo le esperienze, le progettualità e i percorsi dell’economia sociale e sostenibile. La CRBM (www.crbm.org) lavora da oltre 10 anni per una democratizzazione ed una profonda riforma ambientale e sociale delle istituzioni finanziarie internazionali, con un’attenzione particolare agli impatti ambientali, sociali, di sviluppo e sui diritti umani degli investimenti pubblici e privati dal Nord verso il Sud del mondo, in solidarietà con le comunità locali che li vivono in prima persona ed all’interno di numerose reti della società civile internazionale. La Fondazione Culturale, CRBM e Valori sono anche tra i promotori dell’Osservatorio sulla Finanza, uno strumento di informazione critica sulla finanza e l’economia: www.osservatoriofinanza.it Per contatti e per maggiori informazioni: info@fcre.it