Coltiviamo una nuova economia

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Poste Italiane S.p.A. Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1 NE/VR. ARCHIVIO FATTORIA DI VAIRA

SUPPLEMENTO al n. 128 di

Coltiviamo una nuova economia

Azioni e riflessioni di Banca Etica su cibo e agricoltura per uno sviluppo sostenibile


??? UNA PESANTE IMPRONTA ECOLOGICA

3,0

FONTE: GLOBAL FOOTPRINT NETWORK

2,5

1960-2008 Impronta ecologica 2008-2050, scenari Mantenendo il comportamento attuale Con una rapida riduzione dell’impatto ambientale

2,0 1,5 1,0 0,5 0,0

1960

1970

1980

CIBO E AMBIENTE

1990

2000

2010

2020

2030

2040

2050

Temi chiave per l’Expo 2015 Risorse vitali per l’uomo

INDICE 2011 DELLA FAME PER GRAVITÀ Iceland Norway

Finland

Sweden

Estonia Latvia

United Kingdom Denmark

> 30.0 Estremamente allarmante 20.0–29.9 Allarmante 10.0–19.9 Serio 5.0–9.9 Moderato < 4.9 Basso Nessun dato Paese industrializzato

Canada

Neth.

Ireland

Belarus

Poland

Germany

Portugal

Russian Federation

Lithuania

Bel. Lux. Ukraine Czech Rep. Slovakia Austria Mold. Hungary Slov. France Switz. Romania Croatia Italy Serb. Mont. Bulgaria Mace. Albania Bos. & Herz. Greece

Spain

United States of America

Kazakhstan Mongolia Georgia Armenia Azerb.

Kyrgyz Rep.

Uzbekistan

Turkey

N. Korea

Turkmenistan

Tajikistan Japan

S. Korea Syria

Cyprus Lebanon Israel

Tunisia Morocco

Jordan

Kuwait Algeria

Egypt

Libya

Western Sahara Mexico

Saudi Arabia Cuba

Dom. Rep.

Belize Jamaica Honduras Guatemala El Salvador

Pakistan

Bahrain Qatar U.A.E.

Nepal

Trinidad & Tobago

Panama Venezuela

Guyana

Sierra Leone

Suriname

Colombia

French Guiana

Liberia

Oman

Niger

Chad

Eritrea

Lao PDR

Cambodia Vietnam

Djibouti Ethiopia

Central African Republic

Cameroon Equatorial Guinea Congo, Gabon Rep.

Philippines

Thailand

Yemen

Sudan

Burkina Faso Benin Nigeria Côte Togo d'IvoireGhana

Ecuador

Myanmar

India Mali

Senegal The Gambia Guinea-Bissau Guinea

Bhutan Bangladesh

Mauritania

Haiti

Nicaragua

Costa Rica

China

Afghanistan

Iran Iraq

Brunei Malaysia

Sri Lanka

Somalia Uganda

Papua New Guinea

Kenya

Congo, Rw. Bur. Dem. Rep.

Indonesia Tanzania

Peru

Timor-Leste

Comoros

Brazil

Angola

Malawi Zambia

Bolivia

-

Zimbabwe Mozambique

Namibia

Mauritius Australia

Botswana

Paraguay Chile

Madagascar Swaziland South Africa

2

Lesotho

25.4

26.2

27.0

27.1

28.2

28.7

30.6

33.9

37.9

39.0

Central African Rep.

Timor-Leste

Haiti

Ethiopia

Chad

Eritrea

Burundi

Congo, Dem. Rep.

21.5

25.2

21.0

Liberia

Comoros

20.7

Rwanda

24.5

20.5

Pakistan

Yemen, Rep.

20.2

Tanzania

Sierra Leone

20.1

Lao PDR

24.2

19.9

Togo

24.0

19.9

Nepal

Bangladesh

19.7

Cambodia

23.7

19.5

Mali

Angola

19.0

Guinea-Bissau

23.0

18.6

Zambia

18.2

North Korea

22.7

18.0

Kenya

India

17.7

Malawi

22.5

17.7

Côte d’Ivoire

Niger

17.3

Zimbabwe

22.5

17.2

Guinea

Cameroon

Madagascar

17.0

Mozambique

16.7

Burkina Faso

21.5

16.3

Tajikistan

Djibouti

15.5

Uganda

Sudan

15.0

14.0

Nigeria

14.0

Myanmar

13.8

Sri Lanka

14.7

13.6

Guatemala

Benin

13.2

Namibia

Gambia, The

13.2

9.5

Senegal

9.2

Armenia

Congo, Rep.

8.7

Nicaragua

12.7

8.1

Ghana

12.2

8.0

Thailand

Botswana

7.9

Suriname

12.2

7.9

Honduras

Mauritania

7.1

Ecuador

11.9

7.0

Guyana

Indonesia

6.4

Panama

11.5

6.3

South Africa

Bolivia

6.2

Uzbekistan

11.4

5.9

Turkmenistan

Lesotho

5.9

Peru

11.2

5.7

Morocco

Mongolia

5.6

Colombia

Philippines

5.5

Trinidad and Tobago

10.5

5.5

10.2

5.5

Kyrgyz Republic

Vietnam

5.4

El Salvador

Swaziland

5.4

China

Dominican Republic

5.2 Gabon

Paraguay

Uruguay

Mauritius

Argentina

SUPPLEMENTO A valori / ANNO 15 N. 128 / MAGGIO 2015


editoriale

IL VALORE DELLA NATURA di Ugo Biggeri

Supplemento al numero 128 maggio 2015 - anno 15 mensile www.valori.it Registro Stampa del Tribunale di Milano n. 304 del 15.04.2005 editore Società Cooperativa Editoriale Etica Via Napo Torriani, 29 - 20124 Milano promossa da Banca Etica direttore editoriale Mariateresa Ruggiero (ruggiero.fondazione@bancaetica.org) direttore responsabile Andrea Di Stefano (distefano@valori.it) caporedattore Elisabetta Tramonto (tramonto@valori.it) grafica, impaginazione e stampa Publistampa Arti grafiche Via Dolomiti 36, Pergine Valsugana (TN)

testi a cura di Andrea Barolini, Matteo Cavallito, Emanuele Isonio, Valentina Neri, Diletta Parlangeli editing e coordinamento Elisabetta Tramonto

Il Forest Stewardship Council® (FSC®) garantisce tra l’altro che legno e derivati non provengano da foreste ad alto valore di conservazione, dal taglio illegale o a raso e da aree dove sono violati i diritti civili e le tradizioni locali.

he tasso di rendimento ha la natura? Che ritorno è in grado di dare un ecosistema nei secoli in termini di cibo, energia, regolazione climatica? Quanto vale ciò che ci dà la natura in termini di sicurezza, bellezza, vita? Viviamo nel riduzionismo economico, in cui tutto viene misurato con il denaro, ma, in questo modo, aspetti fondamentali del Pianeta e, quindi, della vita ci sfuggono. Leggere la natura con le domande economiche classiche, per fortuna, ci sembra strano, ma è utile porsi interrogativi come quelli sopra per ridimensionare il ruolo di verità assoluta con cui finanza ed economia governano sempre più le scelte fondamentali della società mondiale. Dipendiamo dal Pianeta, dalla sua biodiversità, dalla fertilità del suo suolo, dal suo mare. Per questo uno degli indicatori fondamentali per incrociare natura ed economia è l’impronta ecologica che riporta in ettari di terra fertile consumata la misura del nostro impatto sul Pianeta. Quanto rende la natura? Ci dà abbondanza, ma con regole e modalità che sfuggono al controllo economico. Quanto vale una buona pioggia tra maggio e giugno per l’agricoltura? Se non avviene è un disastro, quindi forse vale di più delle pur incredibili spese in corso per Expo Milano. Dunque la domanda sul tasso di rendimento della natura non ha una risposta generale (il 3% o il 125%), è semplicemente mal posta rispetto alla complessità degli ecosistemi. Expo Milano, pur con le sue contraddizioni enormi che ci fanno tristezza e ci fanno penare, è un’occasione fondamentale per riflettere sul cibo e, quindi, sui punti di contatto tra il mondo economico e la natura. Il cibo è connesso alla cultura, ai diritti, ai cambiamenti climatici, all’ecologia e,

C

SUPPLEMENTO A valori / ANNO 15 N. 128 / MAGGIO 2015

sempre di più, alla finanza: basta e avanza per interessare chi vorrebbe un mondo migliore. Come Banca Etica ed Etica Sgr siamo abituati a farci domande sulle conseguenze non economiche delle azioni ecoUGO BIGGERI nomiche e, per questo, siamo presidente interessati a cogliere l’occasiodi Banca Etica ne per parlare di cibo da questo punto di vista. Le implicazioni delle scelte economiche e finanziarie sul cibo e la sua qualità, sui lavoratori del settore, sulle culture, sulla natura sono enormi, spesso non evidenti. La finanza, in questi anni di ricerca di investimenti “liquidi”, sta “differenziando”, comprando terre ovunque. Un indicatore sia del valore della terra sia del rischio di un futuro di fedaulesimo finanziario. Abbiamo etichette sul cibo che ci dicono molto, ma quasi mai possono misurare cose come il land grabbing o la distruzione di culture e di biodiversità legate al cibo. Dunque abbiamo provato a capire ancora meglio come quello che già facciamo come istituzioni finanziarie sia connesso al cibo e alla natura: cosa finanziamo con i risparmi raccolti da Banca Etica? Che domande poniamo alle società in cui investe Etica Sgr? Ma, più in generale, per studiare le connessioni tra finanza economia e natura e per favorire il dibattito anche in Expo, come Banca Etica ed Etica Sgr abbiamo deciso di sostenere il nuovo manifesto della commissione internazionale sul cibo presieduta da Vandana Shiva (vedi INTERVISTA a pag. 11). Tutti abbiamo bisogno di punti di vista che ci facciano riflettere, discutere e cambiare rotta. , 3


UN NUOVO MODELLO ECONOMICO

Il cibo sotto ricatto di un sistema sbagliato Abbiamo cibo per sfamare l’intera popolazione mondiale. Ma le disuguaglianze impediscono di raggiungere l’obiettivo: 800 milioni i denutriti, 1,4 miliardi gli obesi. E il peso delle multinazionali aumenta

di Emanuele Isonio

l cibo c’è, basta saperlo sfruttare nel modo giusto. L’affermazione, in un mondo in cui centinaia di milioni di persone muoiono di fame, pare una bestemmia. Ma gli analisti sempre più convintamente denunciano una verità ancora troppo poco diffusa: la battaglia contro la malnutrizione si vince non tanto aumentando le quantità prodotte, quanto ripensando a fondo l’attuale sistema alimentare (ed economico) che incide sul modo in cui i nutrienti vengono distribuiti tra le diverse popolazioni.

I

Pochi numeri sono sufficienti a fotografare la condizione mondiale: nello stesso momento in cui 805 milioni di persone soffrono la fame – denunciava la Fao a fine 2014 – un altro miliardo e 400 milioni ha problemi di sovrappeso e obesità. La stessa istituzione ha calcolato che i 6,9 miliardi di abitanti del mondo hanno oggi una disponibilità di cibo superiore del 15% a quella su cui potevano contare i quattro miliardi degli anni ’80. E, pro capite, si producono ogni giorno alimenti per 2.720 Kcal.

SPRECHI: LA FILIERA DELLA VERGOGNA Bruciare ogni anno quasi 1.700 euro a famiglia è un’azione impensabile per quasi tutti i comuni mortali. Eppure, è esattamente il controvalore del cibo che finisce per essere sprecato a causa degli stili di acquisto e consumo che, pure in misure diverse, tutti tendiamo ad avere. In Italia, a livello domestico, calcolano gli esperti dell’Osservatorio sugli sprechi di Last minute market, buttiamo 149 chili di cibo a testa: il 17% dei prodotti ortofrutticoli, il 15% del pesce, il 28% di pasta e pane, il 30% della carne e il 32% dei latticini. Un comportamento tutt’altro che isolato: la media Ue si aggira sui 180 chili. La punta di un iceberg di indecenza che però non vede sul banco degli imputati solo i consumatori. In realtà, tutti gli anelli della filiera hanno la loro parte di colpa e i clienti finali incidono “solo” per il 22% degli 1,6 miliardi di tonnellate persi durante I NUMERI DELLO SPRECO

32%

510

Milioni di tonnellate si sprecano durante la produzione agricola

4

355

Milioni di tonnellate si sprecano nelle fasi immediatamente successive alla raccolta (postharvesting and storage)

22%

180

Milioni di tonnellate si sprecano durante la trasformazione industriale

il percorso dai campi alle tavole. Il restante 78% va in fumo ben prima: 510 milioni di tonnellate (il 32%) si sprecano durante la produzione agricola a causa di surplus produttivi, inadeguate infrastrutture di trasporto e stoccaggio o per rispettare standard normativi. Le strozzature nei processi di trasformazione incidono per un altro 33%. Nella distribuzione si perde il 13%. L’impatto è impressionante non solo dal punto di vista economico (ogni anno si potrebbero risparmiare 400 miliardi di dollari, calcola l’organizzazione inglese Waste and Resources Action Programme). È anche un problema ambientale: solo nel nostro Paese, la frutta e la verdura gettate via nei punti vendita hanno comportato un consumo di 73 miliardi di metri cubi d’acqua: oltre 36 miliardi di bottiglie da 2 litri. Messe in fila coprirebbero 300 volte la circonferenza della Terra.

11%

200

Milioni di tonnellate durante la distribuzione

13%

345

Milioni di tonnellate sprecate dai consumatori (a livello domestico e nella ristorazione)

22%

SUPPLEMENTO A valori / ANNO 15 N. 128 / MAGGIO 2015


UN NUOVO MODELLO ECONOMICO FOOD SECURITY: UN PROBLEMA MULTIDIMENSIONALE FONTE: T HE EUROPEAN HOUSE-AMBROSETTI, 2011

SOCIETÀ Salute

LE CORPORATION SPECULANO

Conflitti sociali e migrazioni

AMBIENTE

Climate change

Mercati e modelli di produzione Domanda

Water scarcity

e offerta alimentare

Tecniche agricole

Commodity markets Safety next

Governance globale

POLITICA

Politiche internazionali

A completare lo scenario, un altro dato: gli sprechi. Lungo la filiera agroalimentare mondiale si perde un terzo della produzione: 1,6 miliardi di tonnellate di cibo ogni anno. Più che di incremento delle quantità coltivate, si dovrebbe parlare quindi di criteri di accesso al cibo. Fattori di un problema aggredibile solo intervenendo a più livelli – sociali, economici, ambientali e politici (vedi IMMAGINE ) – per contrastare il vero nemico: la disuguaglianza. Il link che la lega alla fame è vecchio quanto le teorie che 17 anni fa valsero il Nobel all’economista indiano Amartya Sen: «La sua intuizione fu di spostare l’attenzione dalle risorse ai mezzi per accedervi», sintetizza Enrica Chiappero Martinetti, economista dell’Università di Pavia. «Arrivò a dimostrare che la causa della malnutrizione è l’ineguale distribuzione del reddito, a cui si aggiungono altri fattori: discriminazioni sociali, livello delle infrastrutture e accesso all’istruzione». Altre conferme arrivano dal rapporto sull’Indice globale della Fame (GHI) redatto dal Cesvi. «Negli ultimi 14 anni – spiega Giangi Milesi, presidente dell’organizzazione umanitaria – lo stato della fame è nell’insieme migliorato con un calo del 39%. Ma la situazione globale resta grave. A fare la differenza è la presenza di condizioni di disuguaglianza». L’aumento più alto dell’indice GHI è ottenuto dallo Swaziland a causa dell’alta disparità dei redditi che si somma all’elevata disoccupazione e siccità sempre più frequenti. Sul fronte opposto, sempre in Africa, il Ghana è un esempio di scuola: ha ridotto il numero di sottonutriti dal 40% del 1990 al 5% del 2012. «Il governo nazionale – spiega Milesi – ha compiuto forti investimenti in sviluppo ruSUPPLEMENTO A valori / ANNO 15 N. 128 / MAGGIO 2015

Ma gli interventi, seppur meritori, dei singoli Stati rischiano di essere una strategia vana se, nel frattempo, i fattori alla base della disuguaglianza alimentare valicano i confini nazionali. L’Osservatorio per il Diritto al Cibo e alla Nutrizione 2014 presentato alla Fao punta il dito sul ruolo cruciale delle multinazionali nella governance mondiale del cibo: da un lato, le corporation hanno una grande influenza sulle scelte alimentari dei consumatori, contribuendo alla crescita di obesità e malnutrizione sia nel Nord sia nel Sud del mondo. Dall’altro, la grande finanza e l’agroindustria stanno prendendo il controllo sulle risorse naturali e minano la sovranità alimentare delle comunità locali e dei piccoli agricoltori: la banca d’investimenti Barclays Capital ha calcolato che, in appena cinque anni, tra il 2006 e il 2011, la quantità di denaro investita dalle società finanziarie in titoli derivati legati alle materie prime agricole è passata da 65 a 118 miliardi di dollari (la metà del Pil della Grecia). «Realisticamente i nostri sforzi – conclude Chiappero – devono puntare a creare le condizioni per una governance mondiale e nazionale che affronti i fattori alla base della malnutrizione: ambientali, la difesa dei beni pubblici, le transazioni speculative che non possiamo pensare di lasciare in mano al mercato». ,

COLTURE BIO: CRESCONO ETTARI E FATTURATI

CRESCITA DEI TERRENI AGRICOLI BIOLOGICI 1999-2013 FONTE: FIBL-IFOAM-SOEL-SURVEYS 1999-2015

Tra le molte ombre nel cielo della produzio- 50 43,1 ne agricola mondiale, un dato positivo arri- 45 37,4 40 va dal mondo del biologico. La sua crescita 36,3 34,4 prosegue anno dopo anno: nel 2013 il fat- 35 36,0 37,5 30,1 29,8 31,5 turato globale è stato di 72 miliardi di dol- 30 25,7 29,0 lari, il 10% in più dell’anno precedente. 43,1 25 20 19,8 milioni di ettari coltivati in tutto il mondo 14,9 15 17,2 (quadruplicati in 15 anni, vedi GRAFICO ) gra10 11,0 zie all’impegno di due milioni di produttori 5 [milioni di ettari] (solo in India se ne contano 650mila). 0 Buone notizie arrivano dall’Italia: «Il nostro Paese – spiega Lino Nori, presidente del Consorzio Il Biologico – è uno degli 11 Stati che coltivano più del 10% delle loro terre secondo i dettami del bio. Siamo protagonisti e abbiamo tutte le potenzialità per esserlo ancor più nel futuro». A livello mondiale, gli Stati Uniti si confermano il principale mercato con 24 miliardi di dollari di controvalore. Sul podio, anche Germania e Francia (rispettivamente i loro mercati valgono 7,6 e 4,4 miliardi). Ma nell’immediato futuro si affaccia la Cina: già oggi è quarta con 2,4 miliardi. [Em.Is.]

1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013

Demografia

ECONOMIA

rale, istruzione e salute. E ha fornito ai contadini informazioni per migliorare le colture, infrastrutture e impianti di stoccaggio».

5


UN NUOVO MODELLO ECONOMICO

Sfamare il mondo nel modo giusto di Valentina Neri

Il sistema agroalimentare industrializzato non è riuscito a nutrire il Pianeta. Serve un modello agricolo che sfami il mondo e metta in primo piano la tutela del territorio: l’agroecologia primi anni Duemila non sono stati facili per la Cascina Isola Maria. Quest’azienda agricola, 40 ettari ad Albairate (a sud di Milano), pativa l’aumento dei prezzi delle materie prime e le risicate tariffe della grande distribuzione. La svolta è arrivata dall’economia solidale. Dal 2009 ha convertito al biologico la produzione di latte e formaggio, con l’aiuto del Distretto di economia solidale rurale del Parco Agricolo Sud Milano. «La conversione è un massacro – afferma senza mezzi termini il titolare Dario Olivero – servirebbe un sostegno pubblico per far fronte a spese e inevitabili errori. Superato il momento, il bilancio è positivo: le finanze si sono riassestate, abbiamo instaurato relazioni importanti e, dovendo prestare più attenzione al lavoro in campagna, abbiamo maggiori soddisfazioni professionali». Gli fa eco Marco Cuneo, che con la sua Cascina Gambarina, un’azienda orticola ad Abbiategrasso, ha vissuto una storia simile: un’attività che vive una fase non facile e la supera passando al biologico, supportata dai Gas (Gruppi di acquisto solidale). «La certificazione – spiega Marco Cuneo – è solo una componente. Stando alla normativa, “bio” significa “coltivato senza prodotti chimici”. Per noi non è tutto qui: è un modo completamente diverso di approcciare il lavoro nei campi».

I

IL MODELLO AGRICOLO MIGLIORE Di fronte a questi esempi di un modo sostenibile di intendere l’agricoltura, di norma si pone un’obiezione. Si tratterebbe, secondo alcuni, di esperienze sporadiche, su piccola scala, incapaci di far fronte alle necessità di una popolazione globale che, secondo l’Onu, arriverà ai 9 miliardi di persone entro il 2040. Ma è la realtà a smentire i diffidenti. 6

«Con una stima di 842 milioni di persone denutrite tra il 2011 e il 2013, il sistema agroalimentare industrializzato nel suo complesso ha fallito nella missione di nutrire il Pianeta. Dall’altro lato, è responsabile della metà delle emissioni di gas serra di origine antropica, dell’inasprimento delle diseguaglianze sociali tra gli attori della filiera, dell’inquinamento e dell’esaurimento delle risorse naturali», denuncia Oxfam nel rapporto Scaling up agroecological approaches: what, why and how?. Oxfam parla di agroecologia, un approccio che non si esaurisce con una sola pratica (come l’agricoltura biologica o il km zero), ma le vuole guidare tutte sulla base di alcuni principi: tutelare la salute del suolo e la biodiversità, controllare i parassiti senza ricorrere alla chimica, dire “no” agli Ogm. In sintesi, fare sì che lo sviluppo agricolo vada di pari passo con la salvaguardia del territorio. Un approccio che, cosa ancora più importante, è a pieno titolo in grado di sfamare la popolazione. Lo ha dichiarato, dati alla mano, il Rappresentante speciale del Segretario Generale ONU per il diritto al cibo, Olivier De Schutter. Con i metodi dell’agroecologia, nelle regioni più critiche del Pianeta i piccoli agricoltori saranno in grado di raddoppiare la produzione in dieci anni, sviluppando una capacità di resilienza di fronte agli shock economici e ambientali. E a livello numerico sono tutt’altro che “piccoli”. Dei 570 milioni di aziende agricole al mondo – rivela la Fao nel rapporto “Lo stato dell’alimentazione e dell’agricoltura 2014” – nove su dieci sono a conduzione familiare. Sono loro a detenere il 75% delle risorse agricole e su di loro bisogna puntare nella ricerca di un modello più sostenibile e inclusivo. , SUPPLEMENTO A valori / ANNO 15 N. 128 / MAGGIO 2015


ESEMPI CONCRETI

BANCA ETICA FINANZIA L’AGRICOLTURA SOSTENIBILE SE L’AGRICOLTURA BIODINAMICA SPOSA IL SOCIALE «Non è solo un progetto di agricoltura biodinamica, ma ha anche scopi sociali ben definiti, tra cui il mantenimento di tanti posti di lavoro in una zona in cui il lavoro è poco». Emanuela Zamberlan Feruglio descrive così il cuore della Fattoria Di Vaira. Un’azienda agricola che nei decenni ha vissuto una storia travagliata, dai molti passaggi e dagli svariati protagonisti, tutti con un intento comune: la formazione e l’educazione alla professione agricola. Nata nel secolo scorso come grande azienda agricola del Mezzogiorno (in Molise), nel 2006 ha visto unire gli sforzi del gruppo Ecor NaturaSì e dell’azienda agricola molisana Valter Desiderio, che hanno costituito nel 2007 l’Opera società agricola biodinamica Di Vaira insieme a Banca Popolare Etica, alcuni negozi specializzati del biologico e altri soci. Obiettivo: prendere in gestione l’intera azienda e creare un organismo a ciclo chiuso secondo i principi dell’agricoltura biodinamica. I binari su cui la Fattoria Di Vaira muove le sue attività sono la trasparenza, la sperimentazione e l’educazione delle giovani generazioni alla pratica agricola.

L’AGRICOLTURA DELLE OASI Chi pensa che mangiare prodotti provenienti da Oasi del WWF possa essere un sacrilegio non ha mai sentito parlare del progetto “Terre dell’Oasi”. Promosso dal WWF Italia, dal WWF Oasi e dalle Cooperative delle Oasi aderenti a Legacoop, ha come obiettivo quello di valorizzare i terreni delle Oasi WWF e di dimostrare che la loro conservazione è del tutto in linea con l’attività produttiva, quando questa rispetta il territorio. Nato in seno alla Riserva regionale del Lago di Penne, in Abruzzo, si è poi esteso alle altre realtà sul territorio nazionale. “Terre dell’Oasi” ha raggiunto importanti realtà. Anche Ikea, nei propri ristoranti, in determinati giorni della settimana, propone primi piatti realizzati con prodotti biologici “Terre dell’Oasi”. La cooperativa ha ricevuto da Banca Etica un’apertura di credito in conto corrente per acquistare un macchinario per lavorare il farro.

TRENT’ANNI TRA TERRA E CIELO Trovare una rinnovata e più equilibrata dimensione per quella che era una vera e propria tradizione regionale. Da questi principi nasce, nel 1980, la cooperativa agricola biologica La Terra e il cielo. Caffè, miglio, grani duri di varietà antiche, riso, sughi, prodotti da forno, farine e molto altro nel ventaglio di prodotti che la cooperativa negli oltre trent’anni di vita ha lavorato per tenere saldi i valori della produzione biologica e dell’equità. Rappresenta 110 agricoltori con il pallino per la qualità, la tracciabilità e la tipicità dei prodotti alimentari. «Anche la scelta di Banca Etica va in questa direzione», racconta Bruno Sebastianelli, socio fondatore e presidente della cooperativa. «Eravamo in contatto con chi perseguiva gli obiettivi della finanza etica prima ancora che la banca diventasse una struttura nazionale, già dagli anni Novanta». SUPPLEMENTO A valori / ANNO 15 N. 128 / MAGGIO 2015

a cura di Diletta Parlangeli

La piccola agricoltura biologica e sociale è uno degli ambiti che Banca Etica da sempre sostiene. Ognuna delle storie raccontate in queste pagine ha incontrato in qualche modo l’aiuto della banca. Diversi i metodi, unico lo scopo: far vivere un modello agricolo che rischia di essere schiacciato dalla grande agroindustria, dalla finanza, dallo strapotere delle multinazionali

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ESEMPI CONCRETI

LA TOSCANA BIOLOGICA

LA LUNGA TRADIZIONE DEL MIELE

SUI MEZZI ELETTRICI Conapi è il Consorzio Un consorzio che raccoglie Apicoltori e Agricoltori trenta aziende e un punto venbiologici Italiani, nato dita a Firenze. Toscana Biologinel 1979 nella Valle ca offre per il 100% prodotti alidell’Idice, sull’Appenmentari, la maggior parte dei quali nino Bolognese. «I soa km 0 (a parte quelli non tipicaci, dalle Dolomiti all’Etna, hanno le loro api e conferiscomente toscani come mandorle, pono tutto il loro prodotto (a parte quello che vendono sul modori secchi) e presto arriverà uno store on line. «Cerchiamo di esterritorio) alla cooperativa, che si impegna a confeziosere il punto di contatto tra aziende e persone, facendo in modo, narlo e venderlo al meglio, anche con marchi famosi», anche se siamo degli intermediari, che i clienti mantengano un legaspiega Anna Cavazzoni, della direzione operativa. me con i produttori e con il territorio», racconta l’amministratore MarBanca Etica è sempre stato «un valido partner», racco Bignardi. L’azienda, attiva da due anni e mezzo circa, si concentra conta la Cavazzoni. «Come apicoltori abbiamo semsull’area del capoluogo toscano, effettuando anche consegne a domipre avuto una forte attenzione all’aspetto solidaricilio. Con l’anticipo di un finanziamento regionale da parte di Banca Etistico e un occhio di riguardo alla finanza etica». Con ca, ha acquistato uno dei due furgoni con cui svolge la sua attività di la crisi nel settore, arrivata con forza nel 2006, la consegne: «Abbiamo due veicoli, uno elettrico, per entrare in città, e l’alcollaborazione si è tradotta in convenzioni per giotro a metano, che usiamo per effettuare la raccolta dalle aziende e servani apicoltori (anticipo fatture), ma anche in fivire i clienti dalla periferia fino a Prato». nanziamenti e mutui. VINO, TERRA E CAVALLI

TRA TURISMO E RISTORAZIONE

L’Azienda Agraria Di Filippo è una realtà storica che opera nel settore vitivinicolo, in Umbria, con lo scopo di sfruttare tecniche di coltura che riducano al minimo l’impatto ambientale. «La nostra scelta etica è di migliorare qualitativamente il lavoro che facciamo in campagna impiegando più risorse umane», spiega Roberto Di Filippo. «Questo non vuol dire tornare indietro, ma usare le nostre conoscenze per rimodernare le tecniche». Un esempio è il lavoro portato avanti dall’azienda con i cavalli: «Li usiamo per lavorare la vigna e quindi compattiamo meno il terreno e consumiamo meno energie fossili, ma abbiamo anche costruito un prototipo per rendere il lavoro più facile al cavallo e all'uomo». L’azienda ha conosciuto Banca Etica con il passaparola e i finanziamenti sono serviti allo sviluppo dell’agricoltura biologica: «Abbiamo scoperto che l’istituto mette l'uomo come valore principale e finanzia progetti e attività, appunto, “etiche”».

L’agricoltura è stato il primo settore sviluppato dall’Undicesimaora Onlus, una Cooperativa sociale nata nel dicembre del 2011 dalla collaborazione con la Fondazione Caritas Senigallia Onlus. Tra gli obiettivi, la creazione di luoghi di lavoro temporanei (oltre 100 le persone che hanno trovato occasioni nei progetti), formazione e accompagnamento al reinserimento sociale. Ma oggi i progetti avviati sono tanti: «Ci stiamo muovendo per allungare la filiera – spiega Francesco Bucci, dell’Undicesimaora – abbiamo diversi progetti turistici e stiamo pensando di entrare nel settore della trasformazione dei prodotti alimentari e della somministrazione al pubblico. Gestiamo anche un campeggio con minimarket dove commercializziamo i prodotti che coltiviamo e, nel corso del 2015, apriremo un hotel e un ristorante». Banca Etica ha dato una mano a questa variegata iniziativa «con un anticipo contratti per 60.000 euro che si rinnova annualmente», spiegano dalla banca. «Anticipando una progettualità pluriennale finanziata da Caritas Italiana per l'avvio del progetto agricolo della cooperativa».

I FIORI E LE COLTURE DI OFFICINA 1981 Integrazione sociale e lavorativa sono i cardini su cui regge Officina 1981, un’impresa sociale marchigiana che offre opportunità non solo ai soci, ma alla collettività, con particolare riferimento ai soggetti svantaggiati. L’idea di Officina 1981 infatti, nasce dalla volontà di alcuni operatori della Cooperativa Ama-Aquilone che da oltre trent’anni affronta i temi del recupero delle varie forme di disagio sociale, specialmente della tossicodipendenza. I principali settori in cui si muove sono quello edile e quello agricolo. L’impresa gestisce 1000 metri quadrati di serra riscaldata ad indirizzo floricolo, orticolo e vivaistico ad Appignano del Tronto, nella struttura residenziale Casa Aquilone. Non si dedica solo alla coltura, ma anche al mercato: Officina 1981 commercializza gli ortaggi freschi biologici con marchio Ama Terra e i suoi prodotti sono disponibili nei mercati settimanali di Villa Pigna di Folignano, Offida, Castel di Lama e Monticelli di Ascoli Piceno e in diversi mercatini e fiere locali. 8

SUPPLEMENTO A valori / ANNO 15 N. 128 / MAGGIO 2015


ESEMPI CONCRETI

GOEL BIO E LA LOTTA ALLA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA

LA SALUTE DELLA PERSONA, LA SALUTE DEL TERRITORIO

«Siamo una società cooperatiLa cura del territorio trova radici nella cura della persona. La va sociale, ma anche un’impreCooperativa Biplano è nata nel bergamasco nel 1998 per sa agricola e la nostra mission è promuovere una riflessione sulle tematiche legate alla sacambiare l’agricoltura, con una lute mentale. La sua attività parte dalla centralità di tre vaserrata lotta al lavoro nero, difenlori: salute mentale, cittadinanza attiva, centralità della dendo la dignità dei prodotti, che persona, e “l’Isola”, cioè il servizio semiresidenziale gestidevono avere il giusto prezzo». Sinto dalla Cooperativa, offre a persone che presentano protetizza così Ivan Placanica di Goel Bio, realtà che si occupa di diverblematiche di tipo psichiatrico uno spazio educativo dose attività, dalla produzione alla commercializzazione di prodotti biove trovare l’opportunità di sperimentarsi in percorsi che logici, anche attraverso un ristorante, Amal. I prodotti provengono da abbiano la valenza di occupazione e di propedeutica al agricoltori calabresi che si oppongono alla 'ndrangheta: «I nostri prolavoro. Ed è qui che assume una valenza importante il dotti non saranno nei supermercati in odor di ’ndrangheta, e stessa coterritorio, considerato elemento impresa vale per i trasportatori», spiega Placanica. «Quanto costa?». «Tanto scindibile per tutti i percorsi attivati dal – risponde Placanica – e paghiamo tutto molto caro, per tenere fede alCentro Diurno. Tra i vari laboratori che le nostre scelte. Ma, anche se l’etica ha un costo, preferiamo vederla cola Cooperativa mette in campo, c’è anme un investimento». Stretto il rapporto con Banca Etica: «Speriamo di che quello di agricoltura biologica, per fare sempre più cose insieme – spiega Placanica – e anche le realtà che la coltivazione di ortaggi e fiori con ci circondano sono molto allineate con i principi che guidano la banca». metodi biologici (certificati Aiab).

LA QUALITÀ VA SETACCIATA

OSTERIA FUORI PORTA,

LA SCELTA SOSTENIBILE “El tamiso”, in dialetto veneto, significa setaccio. La coopeRistorazione, catering, spesa bio e solidale, eventi: rativa che ne ha preso il nome l’Osteria Fuori Porta è nata a Padova, gestita dalla però, non l’ha solo interpretato Cooperativa I dodici mesi, che si muove sul territocome un omaggio al mondo rio dell’economia solidale e dall’attenzione alle maalimentare, ma come un’indicazione precisa della maniera in cui affronterie prime. Una sfida nata dall’esperienza dei Gas ta, da ormai undici anni, la propria attività. La Cooperativa Agricola El Tadell’Associazione Bio Rekk, che persegue la sostemiso è nata a Padova nel 1984, per opera di alcuni produttori e tecnici nibilità sia nell’offerta al pubblico, che nella propria agricoli e da allora promuove modelli economici e produttivi in sintonia struttura interna (all’interno della cooperativa, ad con uno sviluppo sostenibile, rispettoso dell’ambiente da un lato, e del esempio, i ruoli sono paritari e lo stipendio uguale lavoro dell’uomo, dall’altro. «La nostra attività principale è l’organizzaper tutti, in base alle ore lavorate). I menù sono penzione della produzione e la vendita dei prodotti dei nostri soci, con il sati per soddisfare le esigenze di celiaci, vegani, e supporto di corsi di formazione e assistenza tecnica, informazione e persone con intolleranze alimentari. Anche il servipromozione diretta ai consumatori finali», sono le parole con cui scelzio di catering predilige materie locali e stagionali, gono di descriversi, non dimenticando il lavoro con i Gas. Negli anni la tutti da agricoltura biologica, ammettendo fino a un collaborazione non ha fatto mancare occasione di festa: nel 2012, per massimo del 10% per prodotti non bio se equo solidali celebrare l’estate, è stato organizzato un weekend di conferenze, muo non facilmente reperibili. Il rapporto tra Banca Etica sica, escursioni, giochi, mietitura e trebbiatura a mano con La Costie Fuori Porta si è tradotto anche nella collaborazione gliola, azienda agricola biologica di Banca Etica. per organizzare eventi al pubblico. MENS@SANA, LA GASTRONOMIA VEGANA L’Italia è piena di attività che promuovono gastronomia naturale. Mens@Sana è una di queste: nata nel 2003 per cucinare solo cibi vegani. I prodotti utilizzati sono in larga parte biologici e l’acqua è depurata con filtrazioni osmotiche. I grassi (olio extravergine di oliva spremuto a freddo, thain, semi oleosi) e le proteine (tofu, tempeh) sono di origine vegetale e il seitan di produzione propria. Per arricchire i piatti, spezie e profumi provengono dall’orto. Ha 11 punti vendita nella zona di Milano, oltre a un servizio di catering. E si è appoggiata a Banca Etica per dei finanziamenti. «Il laboratorio e i suoi punti vendita sono anche luoghi di cultura, di scambio, di apprendimento, di crescita della conoscenza del funzionamento del corpo umano in relazione alle esigenze individuali – spiegano sul sito – e, proprio al fine di operare una sensibilizzazione rispetto alle tematiche dell’alimentazione consapevole, Mens@Sana organizza periodicamente corsi di cucina nei suoi punti vendita». SUPPLEMENTO A valori / ANNO 15 N. 128 / MAGGIO 2015

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ESEMPI CONCRETI

IL RECUPERO A CONTATTO CON LA NATURA Una realtà che parte come attività di sostegno e, pian piano, cammina così bene sulle proprie gambe da cominciare a esplorare nuovi confini da sola. Agri.Comes, Cooperativa Sociale Agricola Onlus, è nata nell'aprile 2011 a supporto della Comunità di recupero tossicodipendenze Sasso-Montegianni, per permettere agli ospiti di svolgere attività lavorativa nei pressi del centro. Se all’inizio l'attività agricola svolta all'interno dell'azienda costituiva per i giovani del centro occasione di recupero e riqualificazione personale, con il tempo è diventata qualcosa di più. L'azienda agricola, infatti, è cresciuta al fianco della Comunità: la superficie territoriale si è ampliata, agricoltura e allevamento sono stati potenziati, il tutto mantenendo il legame con la filosofia sociale nativa di Co.m.e.S. (opportunità lavorativa per le categorie più sfavorite della società). E, per crescere, Agri.Comes ha chiesto aiuto a Banca Etica, da cui ha ottenuto un finanziamento di 600.000 euro per realizzare una nuova stalla da 1.450 metri quadrati, dotata di un impianto fotovoltaico.

VALLI UNITE TRA PASSATO E FUTURO Occuparsi dei campi, della vigna, del negozio, seguire il ristorante e gestire gli appartamenti: ce ne sono di attività da portare avanti alla Cooperativa Valli Unite (in Piemonte). Molti i prodotti venduti, primo su tutti il vino. La filosofia che porta avanti la Cooperativa è quella che concilia i lati positivi dell’innovazione, con la tradizione. Per le erbe infestanti che crescono lungo i filari i ragazzi di Valli Unite utilizzano la falce e non i diserbanti. La concimazione viene eseguita con il letame che oggi è compostato e integrato con elementi minerali. È praticata la tecnica del sovescio di erbe leguminose e spontanee e, nei primi anni di impianto della vigna, vanga e zappa sono usate lungo l’interfilare: solo in seguito si utilizzano appositi attrezzi portati dalla trattrice a cingolo. In cantina l’attenzione è rivolta ai materiali: l’antico "cemento" nelle vasche di fermentazione per i vini rossi (che poi passano alle botti di legno), e il nuovo acciaio per tutti i bianchi.

CORTOBIO, FILIERA CORTA NEL BRESCIANO Cassette di frutta e verdura che arrivano direttamente dai produttori alle case dei clienti, oppure nei punti di ritiro. Cortobio è un servizio di distribuzione nato da circa quattro anni per favorire la filiera corta e avvicinare quanto più possibile i produttori ai consumatori nella zona di Brescia e provincia. «Sono 15 le aziende associate, la maggior parte della zona, e qualcuna del CentroSud, per quei prodotti che non si trovano da noi – spiega Jurij Bonomo, di Cortobio – e abbiamo 600 famiglie iscritte al servizio». La filosofia del progetto comprende il riutilizzo degli imballaggi, il km 0, il mancato imballaggio di frutta e verdura. La Cooperativa Vivigarda è il soggetto attuatore, che acquisisce il prodotto. «Banca Etica è entrata a supporto di Vivigarda – continua Bonomo – e con Cortobio è stata una scelta reciproca. Abbiamo trovato molto supporto in un periodo storico complesso». Il progetto lavora prevalentemente con i privati, ma, oltre ai singoli, sono già parecchie le realtà della ristorazione locale che ricevono i suoi prodotti.

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TERRA VIVA

Vandana Shiva: «La sostenibilità è l’unica via» Per la scienziata indiana l’agricoltura ecologica è l’unico modo per nutrire il Pianeta. Nel nuovo manifesto di Navdanya International “Terra Viva” propone un nuovo paradigma economico circolare una celebre scienziata e ambientalista indiana, ma non solo. È anche il volto dei movimenti che da decenni si battono in tutto il mondo per il diritto al cibo, per la libertà dei semi dal dominio delle multinazionali, per un’agricoltura vicina all’ambiente e alle persone. Vandana Shiva è all’Expo come Ambasciatrice. Alla vigilia dell’evento, Valori l’ha intervistata.

di Valentina Neri

È

Negli ultimi due decenni lei ha lavorato per la democrazia alimentare, la libertà dei semi, l’agricoltura su piccola scala. Com’è cambiata la situazione? Quale eredità ha lasciato la crisi? La situazione è cambiata sia in meglio sia in peggio. Il cambiamento climatico si è aggravato: proprio in questo periodo i piccoli agricoltori stanno perdendo il raccolto a causa delle piogge fuori stagione. Ma l’agroecologia ha fatto passi avanti e sono più note le contromisure “naturali” al cambiamento climatico. Cresce la crisi sanitaria, ma anche la consapevolezza verso la salute. Cresce il potere delle grandi corporation, ma anche il potere dei movimenti. La crisi finanziaria globale ha peggiorato la situazione per le persone, ma sta anche creando terreno fertile per le alternative. Navdanya International – insieme a Banca Etica e ad altre organizzazioni impegnate per un'economia sempre più sostenibile – ha prodotto un nuovo Manifesto intitolato Terra Viva. Qual è il suo messaggio principale? Il messaggio più importante di Terra Viva è che la Terra è un organismo vivente, che noi siamo inseparabili dal suolo e proprio questa separazione ha scatenato una molteplicità di crisi. Proponiamo un paradigma per una Nuova Agricoltura, una Nuova SUPPLEMENTO A valori / ANNO 15 N. 128 / MAGGIO 2015

VANDANA SHIVA attivista politica e ambientalista HTTP://COMMONS.WIKIMEDIA.ORG / AUGUSTUS BINU/ FACEBOOK

Economia, una Nuova Democrazia, basate sulla transizione da un paradigma lineare ed estrattivo a un paradigma circolare basato sulla legge del ritorno. Il tema di Expo 2015 è “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita”. Potrebbe essere una grande possibilità per parlare di temi che porta avanti da anni… L’Expo ospiterà anche i dibattiti sulle politiche pubbliche relative al cibo. Le aziende affermeranno di nutrire il Pianeta con la chimica e gli Ogm; gli scienziati e i movimenti affermeranno che è l’agroecologia a nutrire il Pianeta. La casa editrice Feltrinelli sta per pubblicare il mio nuovo libro, Who feeds the World, che riporta la mia idea su quello che milioni di visitatori dovrebbero sapere riguardo al cibo. Perché i piccoli agricoltori hanno un ruolo fondamentale per la sostenibilità del sistema? L’Expo darà loro sufficiente spazio? L’agricoltura su piccola scala è importante perché produce più cibo, cibo migliore e più opportunità lavorative, soprattutto in questa fase di alta disoccupazione. Il primo modo per tutelare i piccoli agricoltori è remunerarli con un prezzo equo per ciò che producono e instaurare legami più stretti tra produttori e consumatori tramite le comunità del cibo. 11


TERRA VIVA Si può nutrire l’intero Pianeta facendo affidamento unicamente sull’agricoltura sostenibile e abbandonando chimica e Ogm? L’agricoltura ecologica è l’unico modo per nutrire il Pianeta. La chimica e gli Ogm, al contrario, portano fame e malnutrizione. Il 90% della soia e del mais Ogm serve per l’alimentazione animale e per i biocarburanti: questo non è un sistema alimentare. Qualsiasi report delle Nazioni Unite – dallo IAASTD (Valutazione internazionale delle scienze e delle tecnologie agricole per lo sviluppo), all’UNEP (Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente), all’UNCTAD (Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo svilup-

po), alla FAO – dimostra che l’agricoltura ecologica ha una produttività maggiore. I report di Navdanya International Salute per acro e Ricchezza per acro dimostrano che cambiando rotta, e passando dalla chimica e dagli Ogm all’agricoltura ecologica, possiamo nutrire il doppio della popolazione e decuplicare le rendite delle aziende agricole. Com’è possibile convincere governi, aziende, mercati finanziari e consumatori a perseguire un modello economico sostenibile? Bisogna praticare questo modello, esprimerlo, condividerlo e propagarlo. ,

SEMI AGROINDUSTRIALI UN PERICOLO PER L’UMANITÀ di Andrea Barolini

Poche imprese (Monsanto, Pioneer, Syngenta, Limagrain) controllano il mercato agricolo mondiale. E decidono le sorti delle varietà agricole in base a criteri di rendimento Il 95% dei semi in Europa è controllato da cinque colossi dell’agroindustria e dell’agrochimica. Nel caso del mais, il 75% del mercato è in mano a un pugno di grandi aziende. Per le barbabietole da zucchero, 4 compagnie controllano l’86% del mercato (si passa al 99% se si prendono in considerazione le prime otto aziende). E una sola impresa, la Monsanto, controlla nel Vecchio Continente il 24% dell’intero mercato dei semi vegetali. La fotografia è stata scattata dal rapporto Concentration of market power in the EU seed market, pubblicato lo scorso anno dalla Greens European Free Alliance del Parlamento europeo, che si contrappone diametralmente al quadro tracciato dalle industrie, secondo cui il mercato europeo dei semi è in salute e diversificato. Il vero problema del settore – come spiegato da Robert Ali Brac de la Perrière nel suo libro Semences paysannes, plantes de demain – è legato al fatto che, in tutto il mondo, poche multinazionali controllano 12

buona parte del mercato. Nomi noti come Monsanto, Pioneer, Syngenta o Limagrain di fatto dominano il mondo agricolo imponendo i semi che loro stessi hanno selezionato, prodotto e commercializzato. Tale dinamica, secondo quanto denunciato dalla Fao già nel 1997, ha comportato un gigantesco calo della biodiversità di alcune coltivazioni, nel corso del ventesimo secolo. È il caso dei cereali, che hanno già perso il 75% delle loro varietà, e che, secondo le previsioni degli esperti, subiranno un ulteriore declino entro il 2050. L’agenzia delle Nazioni Unite avverte che, a oggi, solo 30 tipologie di cereali rappresentano il 90% delle calorie della dieta umana nel mondo. Con l’avvento della società industriale – osserva Brac de la Perrière – è cambiato lo status di frutta, verdure e cereali, diventando non più proprietà della collettività umana, ma dei privati, «che le hanno modificate e migliorate al fine di produrre il più possibile e per il più grande numero di consumatori possibile». I vegetali che mangiamo, in realtà, non sono altro che il frutto del lavoro secolare dei contadini, che nel corso del tempo li hanno selezionati e adattati. Tuttavia, oggi, «pur di difendere un modello nefasto basato sull’agricoltura intensiva – denuncia Isabelle Goldringer, genetista dell’Institut National de la Recherche Agronomique di Parigi – stiamo perdendo questa selezione naturale. In Canada gli agricoltori biologici non riescono

quasi più a trovare semi che non siano geneticamente modificati. Perché un pugno di multinazionali decide quali varietà commercializzare, grazie anche a regole favorevoli concesse loro da quasi tutti i governi. E la scelta non è basata sulle qualità nutrizionali: nel caso del grano, ad esempio, vengono privilegiati criteri di rendimento e di qualità tecnologica, come la capacità di resistere agli stress della panificazione industriale». «Inoltre – prosegue la ricercatrice – le varietà commercializzate risultano ormai estremamente omogenee dal punto di vista genetico. Sono state, infatti, selezionate e scelte solo le specie più performanti in termini di resa. Ma tale qualità è stata valutata ipotizzando condizioni ottimali di coltivazione. Se un domani dovessero non essere più le stesse, ad esempio a causa del cambiamento climatico, il rischio che corriamo è di trovarci in mancanza di una biodiversità sufficientemente ampia da garantire la resilienza. In altre parole, le varietà che “funzionano” bene in contesti normali, potrebbero non essere capaci di adattarsi agli shock». A preoccupare è soprattutto la perdita di varianti locali, che risultano sempre meno diffuse nel mondo, fagocitate dai prodotti “globalizzati”: «In Africa si sta imponendo sempre di più l’uso di semi standard, il che comporta anche problemi dal punto di vista economico, perché alcune popolazioni diventano, di fatto, sempre più dipendenti dalle importazioni. Ciò rappresenta un rischio dal punto di vista della sicurezza alimentare, che l’umanità corre pur di esportare un modello agricolo basato sulla massimizzazione dei profitti e delle produzioni». , SUPPLEMENTO A valori / ANNO 15 N. 128 / MAGGIO 2015


ARRIVA LA SPECULAZIONE

Prezzi e concorrenza Il supermarket vince sempre G

QUESTIONE DI PREZZO Una svolta significativa della bilancia dei poteri nella determinazione dei prezzi. I segnali non mancano, come evidenzia il caso del comparto italiano dei latticini. Tra il gennaio del 1996 e l’inizio del 2014, ad esempio, l’indice dei prezzi dei latticini misurato dall’Istat al banco del supermercato è salito del 36,6%, vale a dire una crescita inferiore rispetto all’indice generale (+45,7%). Un dato che stupisce se si pensa, ad esempio, all’aumento dei costi di produzione legato a sua volta alla crescita dei prezzi dei cereali (alla base dei mangimi degli animali da latte) sperimentata nel recente passato. La soluzione dell’arcano è tutta nei prezzi riconosciuti ad allevatori e produttori che, nonostante l’impennata dei costi, non sono aumentati di conseguenza. Un fenomeno che ha consentito alla grande distribuzione di continuare a praticare prezzi competitivi, riaffermando contemporaneamente il ruolo di quest’ultima come elemento forte del mercato. Ma la vicenda più emblematica la racconta il settore della frutta esotica. Nel 2002 le prime cinSUPPLEMENTO A valori / ANNO 15 N. 128 / MAGGIO 2015

que multinazionali del mondo erano arrivate a controllare quasi i tre quarti del mercato. Oggi, ha ricordato la Fao, la loro quota di mercato complessiva si è ridotta al 44%. La britannica BananaLink e le altre Ong da tempo lanciano l’allarme sulla guerra dei prezzi agli scaffali. Un altro segnale dello spostamento di potere dai produttori ai grandi distributori, gli stessi – spiegava a Valori Thomas Zulian, Product and Key Account manager di Fairtrade Italia – che «da almeno un decennio hanno acquisito un grande peso», scegliendo in alcuni casi «di acquistare direttamente dai produttori bypassando le grandi aziende».

LA RICADUTA L’aspetto peggiore, va da sé, è nelle ricadute negative sulla concorrenza. Che investono l’intera catena produttiva. «Il potere dei supermarket come acquirenti – osservava Food & Water Watch – ha indotto molti produttori del settore alimentare a perseguire fusioni tra di essi e a concentrare ulteriormente l’intera industria del cibo». Un fenomeno che si era arrestato di colpo con lo scoppio della crisi nel 2008. Ma che, in seguito, ha ripreso la sua corsa, contribuendo all’aumento della concentrazione in molti segmenti del comparto alimentare. ,

di Matteo Cavallito

Negli anni i colossi della grande distribuzione sono diventati sempre più potenti, tanto da dettare legge a tutti. Anche ai mega produttori

HTTPS://WWW.FLICKR.COM / NICHOLAS ECKHART

randi, sempre più grandi, addirittura gigantesche. Nelle dimensioni dei punti vendita e nella loro presenza sul mercato. Sono le multinazionali del supermercato, potenti quanto le loro cifre. Nel 2012, notava qualche tempo fa la Ong di Washington, Food & Water Watch, la spesa effettuata dai consumatori americani nel comparto alimentare aveva superato i 600 miliardi di dollari. Più di metà della cifra era finita nelle casse delle quattro maggiori corporation della grande distribuzione. I dati andrebbero aggiornati, ma la sostanza non cambia. In un mondo in cui si consuma sempre più cibo, i grandi retailers hanno assunto una supremazia sostanziale: quella dei prezzi. Quelli espressi sui banchi del supermarket, ma anche quelli imposti ai produttori. Grandi a loro volta, s’intende, ma meno potenti rispetto al passato.

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"GIOCARE" SUL CIBO

Speculazione Se la finanza attacca il cibo di Matteo Cavallito

A favorire l’impennata dei prezzi delle materie prime alimentari sono stati negli ultimi anni diversi fattori. Tra cui la crescita delle transazioni finanziarie iugno 2008, febbraio 2011. Sono le date chiave della storia recente del mercato alimentare globale. Due momenti emblematici, due picchi dei livelli di prezzo delle materie prime (commodities) capaci di mandare in orbita il mercato e di garantire enormi profitti agli operatori meglio collocati. Ma anche, ovviamente, di ricacciare nella povertà milioni di individui limitando la loro capacità di accesso alle risorse e minacciandone, di conseguenza, la sicurezza alimentare.

G

L’ESPLOSIONE DEI PREZZI A raccontare questa storia ci pensano i numeri, a cominciare da quelli registrati dall’indicatore più

importante: il Food Price Index della Fao (vedi GRAFICO ), frutto di una media ponderata di diverse commodities. Nel corso del 2008 l’indice ha registrato il primo picco storico oltre quota 200 punti (+121% rispetto al valore del 2000) per poi andare incontro a un calo e a una successiva risalita fino all’aggiornamento del primato nel 2011 (229,9 punti, +156% rispetto al dato di inizio millennio). Nei tre anni successivi il dato medio è diminuito leggermente, ma si è sempre mantenuto a livelli piuttosto alti. L’ascesa dei prezzi, per altro, era iniziata già negli anni precedenti. Nel periodo 20032008, per rendere l’idea, il valore di mercato delle 25 principali materie prime (tra cui cacao, caffè, mais, soia e frumento) è aumentato mediamente

MATERIE PRIME E MERCATI. «POCHE REGOLE, TROPPE SCOMMESSE» di Matteo Cavallito

«Pochi soggetti controllano il mercato. E il rischio bolla è sempre dietro l’angolo». L’opinione di Andrea Baranes, presidente della Fondazione Culturale Responsabilità Etica Un mercato tipicamente “oligopolistico” nel quale la speculazione ha dettato e continua a dettare legge. È questo, in estrema 14

ANDREA BARANES

sintesi, il quadro del comparto delle materie prime alimentari tracciato da Andrea Baranes, presidente della Fondazione Culturale Responsabilità Etica (FCRE) e portavoce della Campagna 005 per l’introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie.

to la speculazione finanziaria attraverso strumenti derivati come i contratti futures che hanno esasperato la volatilità dei prezzi.

Come si spiegano le impennate dei prezzi sperimentate negli ultimi anni? Sui rialzi pesano molti fattori: i biofuels, l’aumento della domanda nei mercati emergenti, gli effetti del cambiamento climatico. Ma, a incidere nel breve periodo, è stata soprattut-

Ma cosa ha favorito la proliferazione dei futures sulle materie prime? Il crollo stesso patito dai mercati nel 2008 che ha travolto asset tradizionali come azioni e obbligazioni e ha determinato uno spostamento degli investimenti verso asset

presidente della Fondazione Culturale Responsabilità Etica

SUPPLEMENTO A valori / ANNO 15 N. 128 / MAGGIO 2015


"GIOCARE" SUL CIBO

più sicuri e promettenti come le materie prime. Da qui lo sviluppo di una domanda artificiale che ha gonfiato i prezzi del comparto generando il classico schema della bolla finanziaria. Il trionfo del mercato verrebbe da dire… Già, ma quale mercato? Il libero mercato di cui si parla da almeno 30 anni? La verità è che il comparto delle materie prime è soggetto a un evidente oligopolio in cui pochi soggetti controllano segmenti chiave come cereali, fertilizzanti, prodotti di largo consumo in genere. Insomma, un mercato non propriamente concorrenziale e di certo niente affatto “libero”, ferme restando le critiche più che fondate all’idea stessa di un libero mercato per un bene primario come il cibo. SUPPLEMENTO A valori / ANNO 15 N. 128 / MAGGIO 2015

I SOLDI IN BALLO FONTE: CAMPAGNA “SULLA FAME NON SI SPECULA”

Valore delle posizioni finanziarie sui mercati dei derivati delle commodities agricole [in miliardi di dollari]

126 $

2006

108$

2007

89$

2008

55$

2009

84 $

2010

65 $

2011

L’ANDAMENTO DEI PREZZI DEI BENI ALIMENTARI 2000-15 FONTE: FAO, FOOD PRICE INDEX MARZO 2015, WWW.FAO.ORG

Come giudicare il processo di riforma regolamentare tuttora in corso? L’aspetto positivo è che anche grazie al lavoro delle campagne internazionali il tema della speculazione finanziaria è entrato nell’agenda dei regolatori di Usa ed Europa. È pur vero, tuttavia, che i risultati raggiunti non sono soddisfacenti. Si cerca di limitare l’utilizzo degli strumenti derivati, ma le lobby finanziarie spingono in senso opposto. Ad oggi la possibilità di speculare sulle materie prime è più viva che mai. Per i grandi operatori finanziari? Non solo, anche per la cosiddetta clientela retail. Lo sviluppo di strumenti di investimento come gli Exchange Traded Funds, che replicano l’andamento degli indici e dei

2015/02

2014

2013

2012

2011

2010

2009

2008

Food price index

2007

2006

Zucchero

2005

Oli vegetali

2004

Cereali

2003

400 350 300 250 200 150 100 50 0

2002

Ma come si spiegano i clamorosi rialzi degli anni? I fattori sono molteplici, dalla crescita della domanda materiale – favorita dallo sviluppo economico senza precedenti dei mercati emergenti – fino all’espansione dei biocarburanti (responsabili di tre quarti dell’incremento dei prezzi tra il 2002 e il 2008 secondo la stima di uno studio riservato della Banca Mondiale diffuso successivamente dalla stampa – “Secret report: biofuel caused food crisis”, Guardian, 3 luglio 2008). Ma a sorprendere in modo particolare, inevitabilmente, è il peso di un altro fattore: l’impennata degli scambi sulle materie prime nei mercati finanziari. È l’epopea, per intenderci, dei contratti differiti d’acquisto come futures e forward che da “polizza di assicurazione” contro la volatilità dei prezzi sono diventati col tempo uno strumento speculativo privilegiato. Alla fine, si dice spesso nell’ambiente dei trader, le variabili materiali (domanda e offerta nel mercato fisico) prevalgono sempre e la speculazio-

2001

L’EPOPEA DEI DERIVATI

ne finanziaria in senso stretto non può pesare più di tanto troppo a lungo. Ma è un dato di fatto, ammettono ormai anche i legislatori di Usa e Unione europea, tuttora impegnati nell’implementazione delle nuove norme per la regolamentazione degli scambi, che l’uso massiccio degli strumenti derivati sia in grado di produrre evidenti distorsioni nel mercato. Il classico eufemismo, per intenderci, con cui si definiscono le bolle speculative. Nel 2003, dicono i dati della Banca dei Regolamenti Internazionali, i futures sulle materie prime (esclusi i metalli preziosi) valevano 952 miliardi di dollari. Nel giugno del 2008, nell’anno del primo storico picco delle food commodities e del petrolio, l’ammontare totale aveva raggiunto secondo l’analisi della Federal Reserve Bank of St. Louis i 2,13 trilioni (mila miliardi) di dollari. Nell’agosto dello stesso anno, stimava un rapporto della banca francese Crédit Agricole, la posizione di mercato dei derivati scambiati sulla piazza di Chicago ammontava a un quarto dell’intera produzione mondiale di mais e soia e all’8% di quella del frumento. ,

2000

del 183%. Un’impennata che ha avuto conseguenze clamorose. Nel solo 2008, stimava qualche anno fa la Banca Mondiale ripresa anche dalle Nazioni Unite (“The Global Social Crisis - Report on the World Social Situation 2011”, Onu, giugno 2011), l’emergenza sperimentata sul fronte alimentare avrebbe spinto nella povertà da 130 a 155 milioni di persone. Un dato, sottolineava l’Onu, tradottosi nelle celebri «rivolte per il pane», che a partire da quell’anno avrebbero «minacciato i governi e la stabilità sociale in Africa, Asia, Medio Oriente, America Latina e Caraibi».

prezzi, consente anche a investitori meno esperti di scommettere su tutto. Anche sui prezzi di materie prime e cibo. Ci sono rischi di nuove bolle, dunque? Il rischio è sempre dietro l’angolo. Un po’ perché la regolamentazione viaggia con il freno a mano tirato, un po’ perché le politiche monetarie espansive condotte negli Usa e da qualche tempo anche in Europa hanno gonfiato ulteriormente il mercato finanziario. L’attività finanziaria è ripartita a gran ritmo, ma adesso, a differenza del 2008, i bilanci pubblici sono decisamente meno in salute. E se scoppiasse una nuova bolla la possibilità di intervenire efficacemente per salvare il sistema nel suo complesso sarebbe decisamente più limitata rispetto al passato. , 15



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