Mensile Valori n.80 2010

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Anno 10 numero 80. Giugno 2010. € 4,00

Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità

In allegato > La tassa contro la speculazione

BEPPE DE PALO

Fotoreportage > Sudafrica

Dossier > Federalismo fiscale: difficile da calcolare e a rischio criminalità

Voragine devolution Finanza > II microcredito attrae enormi capitali privati: necessari o squali? Economia solidale > Assemblea dei Gas: Valori propone un dibattito in 10 punti Internazionale > Non solo Cina, è il Sudafrica la potenza coloniale africana Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento - Contiene I.P. e I.R.


| editoriale |

Federalismo fiscale

Effetti collaterali di Andrea Barolini

N

CASAL DI PRINCIPE CI SAREBBE DA RABBRIVIDIRE. Non ce ne vogliano i casalesi (intesi come “abitanti di”, naturalmente): l’immaginario, si sa, è fatto di simboli, e il casertano, oggi, è il corleonese di quindici anni fa. Ma ve la immaginate la scena all’indomani dell’attuazione completa del federalismo fiscale, che punta a demandare agli enti locali la riscossione di larga parte dei tributi oggi incassati dallo Stato centrale? Vi figurate la fila di fronte al Municipio di più o meno raccomandabili individui in cerca non più solo di finanziamenti e appalti, ma ora anche di sconti tributari, deduzioni e detrazioni su misura? O ancora, perché no, dell’avvilente “Chiuderesti un occhio...” che, nella migliore delle ipotesi, arriverebbe “in nome della nostra decennale amicizia”; nello scenario peggiore “perché così evitiamo le pallottole”. Roba da trasferire la sede del Comune (e chissà che l’ipotesi non sia prevista nel federalismo demaniale). Non ci vogliono né una fervida immaginazione, né il fiuto di Sherlock Holmes, infatti, per capire che esercitare pressioni sulle amministrazioni comunali - spesso fisicamente abbandonate dallo Stato - sia ben più facile che farlo nei confronti del ministro di turno (dipende da chi è il ministro, dirà qualcuno. Ma questa è un’altra questione). In un Paese in cui in 4 regioni su 20 a fianco delle bandiere italiana ed europea sventola quella della mafia, la fiscal devolution approvata un anno fa dal governo Berlusconi rischia di diventare un tappeto rosso per i “lobbisti” di Cosa Nostra & co. Niente di più falso, replicano i “riformatori” (Lega Nord in testa). Nella legge, infatti, c’è già un rimedio altisonante: il controllo democratico. Starà ai cittadini, dunque, grazie al potere conferitogli dal voto, giudicare, premiare e punire gli amministratori locali. Inoltre demandare poteri agli enti locali significa far effettuare i controlli a chi conosce il territorio molto meglio di chi sta a Roma. Non fa una grinza. In teoria. In pratica, però, non è così semplice. Prendiamo l’evasione fiscale: secondo la legge saranno i comuni a controllare la regolarità fiscale dei cittadini (magari li conoscono uno ad uno) e saranno i cittadini a valutare lo sforzo anti-evasione di sindaco e giunta. Ma in un Paese in cui gli evasori sono talmente tanti da aver fatto crescere il sommerso a oltre 200 miliardi di euro all’anno (una decina di corpose manovre economiche), come possiamo sperare che un ipotetico, coscienzioso senso di responsabilità possa prevalere sulla becera prospettiva di ritrovarsi con le tasche gonfie? La riforma delinea, infatti, una situazione in cui dovranno essere le persone che, per essere elette, chiedono il voto (anche) agli evasori a doverli combattere. Forse, in un altro Paese, in cui nei confronti di chi non rispetta le regole scatta automatica una totale e diffusa riprovazione sociale, tutto ciò potrebbe funzionare. Ma da noi si può affermare - tristemente quanto oggettivamente che in molti, troppi casi si rischierà di concedere a criminali di vario ordine e grado un “asso-pigliatutto”. E di dividere ancora di più le sorti del nostro Paese. La devolution rischia di “balcanizzare” il fisco italiano. Urgono correttivi, e c’è ancora tempo di introdurli nei decreti attuativi. Siate fiduciosi: in fondo sono questioni sulle quali il parlamento dovrebbe scoprirsi unanime. O no?

EI PANNI DEL SINDACO DI

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valori giugno 2010 mensile

www.valori.it

anno 10 numero 80 Registro Stampa del Tribunale di Milano n. 304 del 15.04.2005

Newtown, Johannesburg. Uno dei quartieri periferici della città sudafricana, ricco di caffè e punti di ritrovo. A Johannesburg si svolgerà la finale dei Mondiali l’11 luglio.

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Paolo Bellentani, Antonio Cossu, Donato Dall’Ava, Giuseppe Di Francesco, Marco Piccolo, Fabio Silva, Sergio Slavazza direzione generale

BEPPE DE PALO

editore

Sud Africa, 2009

globalvision

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fotoreportage. Sudafrica

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dossier. Voragine devolution

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Andrea Di Stefano (distefano@valori.it)

Federalismo all’italiana: una vera (d)evoluzione Antonini: «Il federalismo fiscale non è un salto nel buio» Un boccone prelibato per la criminalità Federal tax: la devolution la pagheranno i cittadini D’Albergo: «Un castello istituzionale per un iperbolico capitalismo»

Elisabetta Tramonto (tramonto@valori.it)

finanzaetica

Via Copernico, 1 - 20125 Milano Paola Baiocchi, Andrea Baranes, Andrea Barolini, Francesco Carcano, Matteo Cavallito, Corrado Fontana, Emanuele Isonio, Michele Mancino, Mauro Meggiolaro, Andrea Montella, Jason Nardi Francesco Camagna, Simona Corvaia (info@mokadesign.org)

Social o business? Il microcredito è arrivato a un bivio Azionariato critico 1 / La Fondazione di Banca Etica porta il vescovo all’assemblea di Enel Azionariato critico 2 / Le domande a Eni degli azionisti critici Extrabanca: una banca per stranieri in Italia Etica Sgr risponde: «I fondi etici costano meno e sono più efficienti»

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Brendan Bannon, Aimee Corrigan, Beppe De Palo, Michael Goldfarb (Msf, CyberStern.com)

finanzaislamica

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economiasolidale L’universo dei Gas a raccolta. Ma sui distretti sarà battaglia Le regionali annullano le liste dei movimenti Premio Alex Langer. Stava 1985: il Vajont dimenticato Cinemambiente. Vivere a impatto zero, yes we can Napoli teatro festival. La città sul palcoscenico

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lavanderia

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internazionale Sudafrica: potenza coloniale africana Micro-assicurazione, il nuovo business del continente nero Occhi a mandorla in Africa. Conquista o affari? La mappa: il continente dei conflitti dimenticati Nollywood, il cinema più a sud di Hollywood

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altrevoci

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Parola di Keynes

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Anno 10 numero 80. Giugno 2010. € 4,00

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Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità

Fotoreportage > Sudafrica

BEPPE DE PALO

di Alberto Berrini

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Dossier > Federalismo fiscale: difficile da calcolare e a rischio criminalità

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LCUNI LA CHIAMANO LA “CRISI

2”. Dopo la “tempesta subprime” sui sistemi finanziari, ora nell’occhio del ciclone ci sono gli Stati, o meglio, il debito sovrano, ossia i titoli emessi dai vari Paesi a finanziamento dello stesso. L’epicentro della crisi è stata la Grecia, rea di aver seguito politiche di spesa pubblica irresponsabili, ma soprattutto di aver “truccato i conti”, con l’aiuto di Goldman Sachs, per essere ammessa nella zona euro. Gli aiuti europei messi in atto per salvare il Paese ellenico presuppongono, per essere elargiti, un rientro dalla situazione debitoria in soli tre anni. La soluzione rischia di essere irrealistica ed estremamente punitiva. Come ha commentato l’economista Franco Bruni «le misure che la Grecia dovrebbe adottare sono recessive e rischiano di peggiorare la situazione politico-sociale del Paese, riducendo la sua disponibilità a disciplinarsi e ostacolando lo stesso aggiustamento del disavanzo pubblico». (La Stampa 29 aprile 2010). In effetti il “piano Grecia” non ha evitato il rischio contagio: al contrario la speculazione ha allargato i suoi obiettivi, tanto da far parlare di “attacco all’euro”. Da qui il piano anti-crisi, varato, nella notte tra il 9 e 10 maggio, dagli Stati Ue, dalla Commissione e dal Fondo monetario internazionale, mentre la Banca centrale europea potrà acquistare i Bond dei Paesi in crisi, anche se classificati (dalle “mitiche” società di rating) junk (spazzatura). Una dote di 750 miliardi di euro, utilizzabili dagli Stati in difficoltà, erogabili solo a condizione di accettare durissime politiche di bilancio restrittive. Detto in altri termini: tagli al welfare e minor “Se i Paesi europei periferici crescita, che, in alcuni Paesi, vorrà dire recessione e, dunque, scegliessero un approccio disoccupazione. Frenata dai sacrifici della Grecia e poi del keynesiano, sarebbero Portogallo e della Spagna (ma anche dell’Italia), la crescita europea massacrati dai mercati” non raggiungerà nel 2010 l’1% dopo il drammatico biennio (The Financial Times, 2008/2009. Dato per acquisito che la questione “debito pubblico” 10 febbraio 2010) deve essere affrontata in tutti i Paesi sviluppati, non è viceversa scontato che debbano essere i mercati finanziari a dettarne i tempi e le modalità. Nel 1919 Keynes, delegato del ministero del Tesoro britannico, abbandonò polemicamente la Conferenza di pace di Versailles, sostenendo che le eccessive riparazioni di guerra imposte alla Germania avrebbero condotto il Paese a una enorme crisi economica, senza peraltro produrre alcun sostegno alla depressione post bellica dei Paesi vincitori. Conosciamo tutti i tragici eventi storici che seguirono. Keynes se ne rientrò nel Sussex dove in due mesi scrisse il pamphlet più celebre del Novecento: “Le conseguenze economiche della pace”, per sostenere che in quella conferenza nessuno aveva posto attenzione al «fondamentale problema economico di un’Europa che languiva di fame e si sgretolava davanti ai loro occhi». Venendo all’oggi, il keynesiano Fitoussi ricorda che «la crisi si aggrava perché i governi non hanno colto il momento giusto per imporre nuove regole alle banche». E conclude: «Il rischio vero oggi non è il default, ma la deflazione» (La Stampa 6 maggio 2010). Si configura, infatti, il rischio di uno scenario in cui le imprese siano costrette a ridurre gli investimenti, non solo per la stretta creditizia ancora in atto, ma perché l’elevata disoccupazione e i tagli fatti per controllare i conti pubblici, freneranno ulteriormente i consumi. Non ci rimane che sperare che stavolta Keynes avesse torto quando sosteneva: «Chiedendo l’impossibile hanno sacrificato la sostanza all’apparenza e alla fine perderanno tutto».

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| fotoreportage | BEPPE DE PALO

> Sudafrica Mondiali & baracche foto di Beppe De Palo

Palla al centro: iniziano i Mondiali di calcio. I primi in uno Stato africano. La Fifa e gli organizzatori sono certi che si dimostreranno un’ottima occasione per puntare i riflettori su ingiustizie e disuguaglianze. Ma davvero qualcuno racconterà i drammi delle township, i quartieri-ghetto, simbolo della politica razzista dell’apartheid?

C

i saranno gli occhi di tutto il globo in Sudafrica tra l’11 giugno e l’11 luglio. Ci saranno telecamere a seguire gli allenamenti della spumeggiante Spagna, della rocciosa Inghilterra, del sempreverde Brasile, della gerontocratica Italia. Ci saranno tv che mostreranno i dribbling ubriacanti di Leo Messi, i numeri irridenti (e talvolta irritanti) di CR9, i gesti sopra le righe di Mister Maradona. E poi, fotocamere e zoom per carpire i sorrisi dei vincitori, le lacrime dei vinti, la rabbia di chi si sentirà defraudato per un fallo non visto o un rigore non dato. I giornalisti, i cameramen, i procuratori. Ovviamente i bookmaker pronti a fare soldi, comunque vada. E a proposito di scommesse, ne facciamo una anche noi: scommettiamo che tutti questi potenti mezzi non basteranno a mostrare il volto più vero e più nero del Sudafrica? Perché oltre i Mondiali, c’è un altro Sudafrica. Quello delle township, ad esempio: le baraccopoli-ghetto esplose da quando, nel 1948, la politica dell’apartheid vi confinò a forza neri e meticci. Prive di tutto. Strade, fogne, dignità. Come Soweto, a sud ovest di Johannesburg. La più grande, la più famosa per aver dato i natali a Nelson Mandela. O come Langa, nella periferia di Cape Town, in cui sono andati a curiosare gli “occhi” di Valori. Una sconfinata distesa di scatole di legno e tetti di lamiera. Dove gli incendi sono nemici quotidiani. E i medici raccontano di corpicini di bambine (e neonate) lacerati da abusi sessuali ripugnanti. Luoghi di vita per almeno 250 mila anime. In dieci dentro una stanza. Un brulicare di umanità perduta. Per la quale la kermesse “pallonara” rischia di essere una beffa anziché una manna. Già qualcuno, tra gli osservatori, inizia a denunciare che questi Mondiali saranno ricordati per il loro pessimo impatto ambientale (dieci volte maggiore della Coppa del Mondo di Germania 2006). Più di qualcuno lancia l’allarme che la competizione si traduca in un’impennata di turismo sessuale e prostituzione. E i più avvezzi a seguire i movimenti di denaro fanno notare come la fetta più grande dei guadagni dell’evento – pubblicità, diritti tv, merchandising – finirà in tasca alla Fifa e non nelle casse locali. E ricordano che oltre il 60% dei tre miliardi di euro del governo sono serviti per gli stadi e le infrastrutture connesse, che perderanno gran parte della loro utilità un’ora dopo che la nazionale vincente avrà alzato la Coppa al cielo. Certo, dal canto loro, gli organizzatori e i vertici della Fifa continuano a ripetere la versione ufficiale: i Mondiali sono una occasione per far luce su disuguaglianze, ingiustizie e drammi del Sudafrica. Si era detto qualcosa di simile anche per le Olimpiadi a Pechino due anni fa. Vogliamo scommettere che anche stavolta la previsione si trasformerà in illusione? Qualcuno accetta la scommessa?

L’AUTORE Beppe De Palo, nasce a Molfetta (Bari) nel 1971. Account executive all’interno di alcune aziende multinazionali specializzate nell’Information Technology, inizia a coltivare la passione della fotografia nel 2007 quando, naturalmente attratto da una visione documentaristica della realtà e ispirato dai lavori dei grandi fotografi di reportage di fama internazionale, prende a raccontare le proprie esperienze di viaggio con resoconti fotografici. Il suo è un approccio da autodidatta. Ma questo non impedisce che, nel novembre 2007 e nel luglio 2008, la rivista Il Fotografo selezioni e pubblichi due sue foto, nell’ambito di altrettanti concorsi nazionali. Nel 2007, in occasione del concorso “Tempi moderni”, TuttoCittà Milano premia un suo scatto con il Premio della Giuria e ne seleziona altri tre. Nel marzo del 2009 la prestigiosa Magnum Photos Agency lo seleziona e lo ammette a partecipare a un workshop tenuto a Toronto, in Canada, da Bruno Barbey, uno dei più grandi fotografi di viaggio contemporanei, le cui opere sono state pubblicate dai maggiori magazine mondiali ed esposte in vari musei.

Una senza tetto della baraccopoli di Langa, nella periferia meridionale di Città del Capo.

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LUCA RINALDINI

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Benvenuti a casa Diko, tra i 250mila abitanti della township di Langa (ma il numero è approssimato per difetto. Molti degli abitanti non sono nemmeno censiti). A sinistra: una donna con i figli sull’uscio della propria abitazione. In alto: l’interno della casa della famiglia Diko. Sopra: altri componenti della famiglia. Gli uomini più giovani sono in attesa di essere chiamati a svolgere l’ambita attività di Security Guard nel centro di Cape Town. Durante i Mondiali la polizia addestrerà 55 mila poliziotti oltre ai 44mila agenti già in servizio.

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In questa pagina: un giovane senza lavoro sull’uscio della propria abitazione della township di Guguletu a sud est di Città del Capo. La baraccopoli venne edificata nel 1960, a causa del pericoloso sovraffollamento della vicina Langa. Nella pagina a fianco, in alto: una donna stende i panni sul retro della propria abitazione. In basso: una donna per le strade di Guguletu.

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Sopra: donna sull’uscio della propria abitazione. In alto e nella foto grande: uomini senza lavoro per le strade di Guguletu, una delle baraccopoli dell’area di Cape Flats vicino Città del Capo. In questo caso, la costruzione delle township precedette di 40 anni l’inizio dell’apartheid legale. Già nel 1901 infatti, le autorità cittadine confinarono in quest’area la popolazione nera per combattere il diffondersi di una epidemia di peste bubbonica.

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dossier a cura di Andrea Barolini, Paola Baiocchi, Niccolò Ceci

Federalismo all’italiana: una vera (d)evoluzione? >18 Luca Antonini: «Non è un salto nel buio» >19 Il mistero dei costi standard >20 Un boccone prelibato per la criminalità >22 Federal tax: la devolution la pagheranno i cittadini? >24 Un castello istituzionale per il capitalismo >26

La spiaggia di Mortelliccio, all’interno del parco naturale della Sterpaia, vicino a Piombino, in Toscana. Già dal 2003 sono operative alcune concessioni demaniali per la gestione di attività stagionali sull’arenile. Ma dal 2004 sono state assegnate a privati aree per la realizzazione di strutture turistiche permanenti.

Devoluzione fiscale

Dura la vita da federati

Il federalismo fiscale è ancora lontano: si parte da quello demaniale, ma è una scelta obbligata La contabilità degli enti locali è sostanzialmente “anarchica”. Per uniformarla ci vorranno anni

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| dossier | voragine devolution |

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Federalismo all’italiana: una vera (d)evoluzione?

no ha gestito i “conti” a modo suo: una Babele della contabilità. E siccome l’obiettivo della riforma è riallocare buona parte dei 113,8 miliardi di euro che lo Stato trasferisce agli enti locali (vedi TABELLA ), sono chiari i connotati titanici dell’impresa. Risultato? Primo rinvio e primo cambio di rotta: il federalismo demaniale scalza la questione-bilanci e va in cima alla lista delle priorità.

D

evolution fiscale o bancarotta contabile? Decentramento o caos amministrativo? Definire i contorni dell’Italia (fiscalmente) federale è un’impresa ardua. In realtà è diffi-

cile perfino delineare quelli attuali. Calcolare l’ammontare dei singoli trasferimenti che lo Stato concede agli enti locali, ad esempio, «probabilmente in qualsiasi altro Paese sarebbe facile. Da noi è un caos: non esiste una banca dati unica e, nonostante i passi avanti, siamo in grave difficoltà. Farcela in 5 anni sarebbe già soddisfacente», ha spiegato Ernesto Longobardi, membro della Commissione paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale del ministero delle Finanze. Può bastare per percepire i contorni del “mostro” che si sono trovati di fronte gli incaricati di dare attuazione al decreto legislativo (n.42 del 2009) che introduce la devoluzione fiscale in Italia. Ma, a preoccupare ancor più dei toni, sono i tempi: le parole sono state pronunciate poche settimane fa. A un anno dalla sua approvazione la fiscal devolution sembra lontanissima. Basti pensare ai primi “macro-temi” da affrontare: armonizzazione dei bilanci, federalismo demaniale, decentramento tributario. E, soprattutto, la definizione di costi standard per le prestazioni erogate, che sostituiranno il costo storico, ma dei quali si sa ancora pochissimo. Il primo campanello d’allarme è arrivato da una constatazione: i bilanci di Comuni, Province e Regioni sono, sostanzialmente, anarchici. Ciascu-

Col federalismo demaniale si punta a valorizzare parte del patrimonio immobiliare dello Stato. Ma chi l’ha detto che gli enti locali saranno in grado di gestirlo meglio? DIFESA

ORDINE PUBBLICO E SICUREZZA

AFFARI ECONOMICI

PROTEZIONE AMBIENTE

ABITAZIONI E ASSETTO TERRITORIALE

SANITÀ

ATTIVITÀ RICREATIVE CULTURALI E DI CULTO

ISTRUZIONE

TRASF. CORRENTI AMM. PUBBLICHE 203.419.346 104.487.740 21.512 di cui: AMMINISTRAZIONI CENTRALI 11.052.572 7.704.712 20.965 AMMINISTRAZIONI LOCALI 113.801.271 96.742.392 547 – REGIONI 88.131.900 80.454.541 547 – COMUNI E PROVINCE 16.704.869 16.142.840 0 – ENTI PRODUTTORI SERVIZI SANITARI 331.737 0 0 – ENTI PROD. SERVIZI ECON., ASSIST. E ALTRO 8.632.765 145.011 0 ENTI DI PREVIDENZA 78.398.923 38.037 0 TRASFERIMENTI IN % SUL PIL 15,98

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1.959.703 1.263.080 498.314 101.804 396.430 0 80 198.309

151.076 74.345 76.731 0 787 0 75.944 0

338.756 0 338.756 338.756 0 0 0 0

5.730.942 271.505 5.458.367 5.126.630 0 331.737 0 0

1.547.245 985.235 407.610 0 113 0 407.497 203

8.321.754 80.696.080 6.501 726.229 8.315.253 1.798.763 310.859 1.798.763 161 0 0 0 8.004.233 0 0 78.162.374

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SERVIZI GENERALI

PROTEZIONE SOCIALE

FONTE: RAGIONERIA GENERALE DELLO STATO, LA SPESA STATALE REGIONALIZZATA, ANNO 2008, STIMA PROVVISORIA

PAGAMENTI DEL BILANCIO DELLO STATO, ANNO 2008, TOTALE NAZIONALE [ DATI IN MIGLIAIA DI EURO ] TOTALE

Parla Luca Antonini, uno dei “padri” della riforma.

Il pericolo del “fisco di scambio”

di Andrea Barolini

«Non è un salto nel buio»

Lo scorso dicembre il governo ha emanato il relativo decreto attuativo. Obiettivo: far sì che una parte del patrimonio immobiliare in mano allo Stato passi agli enti locali, che potranno così valorizzarlo. Caserme, terreni, edifici abbandonati potranno essere gestiti dalle amministrazioni più vicine ai cittadini (e questi ultimi dovrebbero esercitare un “controllo democratico”). Ma sorgono una serie di dubbi. A cominciare da una questione di fondo: chi l’ha detto che gli enti locali possano gestire meglio dello Stato il patrimonio demaniale? Basti pensare alle aree in cui la criminalità è strettamente intrecciata alla politica locale: in quei casi non si rischia di “avvicinare” i centri decisionali ai tentacoli delle mafie? O di instaurare un sistema fondato sulla pratica del tacito accordo? Il passo dal federalismo fiscale al “fisco di scambio” potrebbe essere brevissimo. Ma non è tutto. «Questa devoluzione è in realtà una svendita. Si concedono pezzi di patrimonio immobiliare gratis e su richiesta: lo Stato stilerà un lista di beni e gli enti locali sceglieranno quali accaparrarsi», spiega Alberto Zanardi, docente di Scienza delle finanze all’Università di Bologna. Gratis e à la carte, insomma: l’unico onere a carico degli Enti locali sarà pari ai mancati introiti (ad esempio affitti) sofferti dallo Stato. È ragionevole pensare che saranno scelti i beni più appetibili, mentre allo Stato rimarranno gli “scarti”. Inoltre la lista di beni cedibili sarà “ad esclusione”: a eccezione del patrimonio culturale (il Colosseo è salvo), nell’elenco saranno compresi tutti gli altri beni. Se lo Stato vorrà trattenerne qualcuno, dovrà specificarlo e motivarlo. Gli altri, una volta “devoluti”, potranno anche essere venduti a privati: l’unico vincolo a carico degli enti locali è quello che prescrive che simili introiti debbano andare a ripianare il debito pubblico. Già, ma quale: quello comunale o quello statale? C’è poi una questione strettamente contabile: l’enorme debito pubblico italiano (il cui 94% “appartiene” all’amministrazione centrale) è, almeno in parte, garantito dal patrimonio demaniale: «La riduzione di quote di tale attivo a fronte dell’invarianza delle passività appare affievolire le garanzie rispetto al debito», ha ammonito il Centro studi della Camera. Di più: «La Grecia insegna - prosegue Zanardi - che, in caso di crisi, si può rispondere aumentando le tasse. Ma se parte dei poteri tributari sarà concessa agli enti locali, questo strumento non sarà più a disposizione». E cosa racconterà l’Italia ai contabili di Bruxelles se si dovessero un domani sforare i parametri del Patto di stabilità? Che il Comune di Milano proprio non vuole saperne di aumentare l’Irpef? A proposito di tasse, infine, vanno registrate altre critiche dei tecnici di Montecitorio, che ricordano che gli immobili “trasferibili”, in quanto non utilizzati per compiti istituzionali, non godono dell’esenzione dall’Ici. Quindi, nel caso di passaggio ai Comuni, «per gli enti interessati si determinerebbe una perdita di gettito». Le giunte dovranno decidere come coprire gli ammanchi. E già si parla di nuove tasse.

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L

ANTONINI INSEGNA DIRITTO COSTITUZIONALE E TRIBUTARIO a Padova ed è uno dei padri della legge sul federalismo fiscale. Oggi presiede la commissione tecnica paritetica per l’attuazione del provvedimento. UCA

di Andrea Barolini Lo scorso novembre lei stesso parlava di una “Babele di sistemi contabili regionali e locali”, definendo il fenomeno “un’anomalia” e “un’enorme complicazione” per il vostro lavoro... Nel nostro Paese il federalismo, sulla carta, esiste già dal 2001, ma non funziona a causa della mancanza dei meccanismi di responsabilizzazione, che solo il fedeLuca Antonini. ralismo fiscale può attivare. Invece di generare allarmi bisogna salutare con grande favore la riforma che è stata avviata: fino ad oggi mancavano le procedure necessarie alla gestione virtuosa del processo. Quanto al federalismo contabile: una società per azioni applica il codice civile per redigere i bilanci e non è per questo minata nella sua autonomia. Il federalismo deve garantire trasparenza verso gli elettori e confrontabilità delle politiche di spesa. Secondo uno studio del centro di ricerche Cerm le regioni a maggior “sovraspesa” sono spesso quelle che offrono servizi scadenti. Dunque spendere di più non significa ottenere risultati migliori. La legge 42 non rischia di incidere poco su questo aspetto? La riforma, attraverso l’introduzione del costo standard (che finanzia il servizio, ma non l’inefficienza), sostituisce il criterio della spesa storica: l’inefficienza non verrà più finanziata. Se una Regione continuasse a superare il costo standard non potrà chiedere allo Stato di pagare quella spesa. Dovrà invece aumentare le imposte sui propri cittadini, che chiederanno il conto e giudicheranno con il voto. La nuova legge dispone poi la soppressione dei trasferimenti statali (fatta eccezione per quelli perequativi): è la fine della “finanza derivata” ed è la fine del criterio del ripiano a piè di lista che ha portato il governo Prodi a stanziare 12 miliardi di euro per 5 regioni in extradeficit sanitario o, durante questa legislatura, a destinare 140 milioni di euro per salvare il comune di Catania. Gli attuali trasferimenti ordinari, che oggi gravano

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Federalismo demaniale: l’idea è di trasferire parte del patrimonio immobiliare dello Stato agli Enti locali, consentendo loro di valorizzarlo. Ma quali saranno i costi di gestione? Non si tratta di un salto nel buio: nelle regioni a Statuto speciale questo processo è già avvenuto da tempo, con ottimi risultati. I beni verranno restituiti ai territori: non ha infatti senso, ad esempio, che i canoni demaniali delle spiagge li riscuota lo Stato, quando tutte le competenze in materia di turismo sono delle regioni. Se invece un unico soggetto sarà titolare sia della funzione che del bene avrà più interesse a valorizzarlo con strumenti adatti: ad esempio, attraverso il potenziamento dei fondi immobiliari, eliminando gli ostacoli che nella prassi ne hanno limitato l’utilizzo e favorendo la sinergia tra pubblico e privato. In Italia, però, il patrimonio demaniale di fatto, almeno in parte, garantisce il debito. Se si tra-

sferiscono beni agli enti locali, come reagiranno i mercati? In realtà l’attuazione del federalismo demaniale ha fatto emergere come gran parte delle amministrazioni statali non avesse un adeguato censimento degli immobili di proprietà. Il decreto prevede ora che una parte del ricavato dalla valorizzazione dei beni sia destinato alla riduzione del debito pubblico locale e all’ammortamento di quello statale. Si tratta di una misura che i mercati non possono che apprezzare. La legge 42 contiene alcuni incentivi alla lotta all’evasione. Ma gli enti locali italiani hanno davvero informazioni migliori dello Stato per la lotta all’evasione? In un Paese che ha 8 mila comuni, di cui una gran parte sotto i 5 mila abitanti è pensabile che il coinvolgimento nella lotta all’evasione possa avvenire anche attraverso questi soggetti che conoscono il loro territorio. Basti pensare alle residenze fittizie: un Comune ha gli strumenti per verificarle.

Calcolare il “giusto” costo delle prestazioni sarà complicatissimo: per ora sono state formulate solo ipotesi.

U

SE CI CONCENTRASSIMO SUGLI SPRECHI? LA QUANTITA DI CAPITALI SPRECATI nella sanità italiana è compresa tra 5 e 10 miliardi di euro all’anno. Si tratta di ricoveri inutili, personale inutilizzato, insieme a truffe di vario genere, che sui 108 miliardi del fondo sanitario nazionale, equivale al 5-10%. A riferirlo è stato, recentemente, lo stesso ministro della Salute Ferruccio Fazio, che ha spiegato come le cifre siano il frutto di «un calcolo di massima». Andrebbero aggiunti, poi, secondo uno studio di Confesercenti del 2006, anche gli sprechi collegati alla “cattiva gestione dei rischi in ospedale, che determina richieste di danni da parte dei pazienti pari a 2,5 miliardi di euro”.

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LA SANITÀ ITALIANA DEL 2008 A COSTI STANDARD

SIMULAZIONE DEI RISPARMI IN CASO DI APPLICAZIONE DI COSTI STANDARD INSIEME A QUANTITÀ STANDARD [ TASSO OSPEDALIERO DI 180 PER 1.000 ABITANTI ] DATI IN MILIONI DI EURO BOLZANO 913 -158

VALLE D’AOSTA 243 -8 PIEMONTE 7.697 -223

Quali prestazioni saranno considerate, appunto, standard e quali no? L’assistenza medica domiciliare, ad esempio, come sarà valutata? Ma soprattutto: questo enorme lavoro di identificazione dei livelli “congrui” di spesa, ci porterà davvero a risparmiare? Domande che ancora non hanno una risposta: la materia è ostica ed estremamente complessa e il lavoro per i decreti attuativi è appena all’inizio. Basti pensare alle variabili da considerare: conformazione geografica del Paese (comunità montane, comuni isolati se non vere e proprie isole), età anagrafica della popolazione, strutture e personale necessari. Se e quando si riuscirà a individuare la formula giusta, servirà una mega-moltiplicazione per il numero di prestazioni che è necessario erogare per centrare i Lep, “livelli essenziali delle prestazioni” (vedi GLOSSARIO ): a quel punto si potrà fissare l’asticella. Un vero rompicapo. Negli ultimi mesi sono state fatte decine di ipotesi. Secondo uno studio dell’università Bocconi di Milano (“Prime simulazioni del sistema di finanziamento e di perequazione di Regioni e Comuni previsto dalla legge delega sul federalismo fiscale”, 2009) curato da Giampaolo Arachi, Vittorio Mapelli e Alberto Zanardi, «anche se sono state fornite differenti interpretazioni, il costo standard andrebbe inteso nella sua accezione di “costo standard per unità di prodotto”». E su questa base andrebbero individuati i fabbisogni degli enti locali. Ma il lavoro del ministero delle Finanze è appena iniziato. D’altra parte, ha ricordato il deputato del Pd Marco Causi, membro del-

ISTITUTI DI CURA TOTALI [ 2003 ] – DI CUI PUBBLICI POSTI LETTO POSTI LETTO/1.000 ABITANTI [ ITALIA ] POSTI LETTO/1.000 ABITANTI MIN [ CAMPANIA ] POSTI LETTO/1.000 ABITANTI MAX [ LAZIO ] NUMERO RICOVERI [ 2003, MILIONI ] RICOVERI/1.000 ABITANTI NUMERO RICOVERI [ 2000, MILIONI ] RICOVERI/1.000 ABITANTI DEGENZA MEDIA 2003 [ GIORNI ] NUMERO MEDICI [ ITALIA ] N. MEDICI/1.000 ABITANTI [ ITALIA ] NUMERO MEDICI [ FRANCIA ] N. MEDICI/1.000 ABITANTI [ FRANCIA ] NUMERO MEDICI [ GERMANIA ] N. MEDICI/1.000 ABITANTI [ GERMANIA ]

1.367 752 239.855 4,16 3,03 5,37 8,4 146,5 9,4 163,5 7,6 330.000 5,7 198.000 3,4 273.000 3,3

TRENTO 941 -9 FRIULI VENEZIA GIULIA 2.213 16 VENETO 8.098 EMILIA ROMAGNA -362 7.814 17 MARCHE 2.630 50 ABRUZZO 2.162 MOLISE -149 590 -28

LOMBARDIA 15.698 -677 LIGURIA 2.867 -251

I NUMERI DELLA SANITÀ ITALIANA

Il mistero dei costi standard NA RADIOGRAFIA COSTA QUELLO CHE COSTA: che tu la faccia ad Aosta o a Reggio Calabria. E se non è così lo sarà presto. A imporlo - o almeno a tentare di farlo è il decreto legislativo sul federalismo fiscale con il quale si punta a di Niccolò Ceci “individuare il costo e il fabbisogno standard che, valorizzando l’efficienza e l’efficacia, costituisce l’indicatore rispetto al quale comparare e valutare l’azione pubblica”. Addio dunque al metodo utilizzato fino ad oggi, ovvero quello del costo storico: criterio che individua come riferimento la spesa sopportata per fornire una data prestazione in un determinato periodo di tempo passato. Ma sarà così semplice? Come si individueranno i costi standard? Si procederà per ente (comuni, province, regioni), per macro-settori (sanità, istruzione, assistenza) o per singole prestazioni?

Non c’è il rischio che in alcune aree del Paese, a forte infiltrazione della criminalità organizzata, si fornisca una scorciatoia a chi voglia “indirizzare” a proprio vantaggio i capitali pubblici? Dipende da come viene strutturato il sistema impositivo locale. Si dovrà ottenere un effetto virtuoso senza ripetere errori del passato. Ho fiducia nella democrazia e nella trasparenza che il federalismo fiscale è destinato a realizzare.

FONTE: CONFESERCENTI, 100 CASI DI SPRECO NELLA SANITÀ, 2006

sul bilancio dello Stato per oltre 20 miliardi di euro all’anno, verranno sostituiti da risorse fiscali autonome.

TOSCANA 6.523 30 UMBRIA 1.510 4

PUGLIA 6.479 -242

LAZIO 9.240 -1.407 CAMPANIA 8.752 -929

SARDEGNA 2.701 19

NORD-OVEST NORD-EST CENTRO SUD TOTALE

la Commissione bilancio: «C’è chi dice che sarà impossibile ottenere costi standard veri e propri e che, perciò, ci si limiterà a qualche parametro ponderato di spesa pro-capite. La legge, non a caso, è flessibile su questo punto e consente di arrivare sia ad un costo standard “vero” che ad un’approssimazione». La riforma, inoltre, prevede meccanismi di finanziamento e perequazione differenziati in relazione alla natura delle funzioni attuate dalle regioni a statuto ordinario (e per le altre, che per eventuali modifiche ai propri statuti speciali necessitino di una legge costituzionale e, dunque, di una procedura aggravata, come si farà?). In particolare per quelle che rientrano nei Lep è previsto un finanziamento mediante tributi propri regionali (tra cui, nella prima fase, l’Irap), l’addizionale regionale all’Irpef e la compartecipazione all’Iva. Gli enti ai quali il gettito fiscale non dovesse bastare, potranno poi attingere a quote di un fondo perequativo (finanziato anch’esso mediante una compartecipazione all’Iva). L’obiettivo finale della legge è di incentivare gli erogatori pubblici a perseguire l’efficienza, imponendo loro di convergere verso un punto di riferimento comune (appunto, il costo standard). Si punta inoltre a garantire una competizione tra le regioni, per invogliarle ad impegnarsi per garantire i servizi migliori, diminuendo al contempo gli sprechi (vedi BOX ). Ma si tratta di una sfida, che ha dell’epico. Sarà forse per questo motivo che in nessun altro Paese la cui sanità è basata su un servizio sanitario nazionale si utilizza un metodo analitico di calcolo?

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26.505 19.980 19.903 32.276 98.664

TOTALE DIFFERENZA RISPETTO ALLA SPESA DEL 2007

BASILICATA 953 -20

CALABRIA 2.913 -263

-1.159 -497 -1.323 -2.218 -5.197

SICILIA 7.725 -607

SANITÀ FEDERALE: CHI CI GUADAGNA? L’APPLICAZIONE DI COSTI STANDARD nella sanità potrebbe effettivamente portare consistenti risparmi di risorse finanziarie, ma solo se si agirà sulle quantità di consumo. Ad affermarlo è uno studio dell’università Bocconi di Milano, che effettua alcune simulazioni per capire cosa potrà accadere alla sanità italiana - la cui spesa è stata pari nel 2009 a 110,6 miliardi di euro, con un aumento dell’1,9% rispetto al 2008 - quando sarà applicato il federalismo fiscale. Conclusione: la mera applicazione dei costi standard garantirebbe un risparmio limitato: 2.751 milioni di euro. Ma se si aggiungessero parametri relativi alle quantità standard il risparmio salirebbe invece a 5.197 milioni (vedi MAPPA ). Secondo la simulazione più ottimistica i maggiori risparmi riguarderebbero il Lazio (1.407 milioni di euro), la Campania (929), la Lombardia (677) e la Sicilia (607). Ancor più ottimista è uno studio del Cerm dello scorso ottobre (“La spesa sanitaria pubblica in Italia: dentro la scatola nera delle differenze regionali”), secondo cui, in termini di spesa sanitaria pubblica aggregata, se tutte le regioni fossero posizionate su un’ipotetica “spesa efficiente”, il totale in carico alle regioni nel 2007, invece che 103.1 miliardi di euro, sarebbe stato di 91.9 miliardi; nel 2008 sarebbe passato da 106,1 a 94,8. Con risparmi, rispettivamente, di 11,2 e 11,3 miliardi di euro: lo 0,72% del Pil. Una manovra economica. Ma sono simulazioni: e, si sa, tra il dire e il fare.

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| dossier | voragine devolution |

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I BENI E LE AZIENDE CONFISCATE

COMUNI SCIOLTI PER INFILTRAZIONE MAFIOSA

NUMERO AZIENDE E BENI IMMOBILI CONFISCATI PER REGIONE [ DATI 2008 ]

FRIULI VENEZIA GIULIA 14 VENETO 71 EMILIA ROMAGNA 4 57 11 MARCHE 4 ABRUZZO 24

PUGLIA 612 68

gli oneri determinati dalla disastrosa gestione del ciclo dei rifiuti in sole due regioni del Sud - Campania e Sicilia - e nella capitale. Debiti pesantissimi che stanno mettendo in difficoltà i progetti per l’avvio della raccolta differenziata porta a porta, che, nonostante la situazione, registrano eccezionali risultati in termini

Vado a scuola in Veneto e mi opero in Toscana

75

PUGLIA

BASILICATA

LAZIO

PIEMONTE

37

CALABRIA

SICILIA 3.783 407

I

49

TOTALE

BASILICATA 11

CALABRIA 1.169 77

7

1

1

1

Un boccone prelibato per la criminalità

Parcellizzare i controlli espone al rischio di infiltrazioni. E potrebbe creare fiscalità priviegiate.

I

che il federalismo fiscale porterà verso gli Enti locali potrebbe diventare una ghiotta occasione per le imprese criminali? Per Enzo Ciconte, docente di Storia della criminalità organizzata all'università di Roma Tre, ci sono molte ragioni di Paola Baiocchi di credere che le mafie saranno pronte ad approfittare della nuova situazione: «Più si portano localmente le finanze e si parcellizzano i controlli, più ci si espone al rischio delle infiltrazioni malavitose. È lo stesso motivo per il quale per aumentare la trasparenza sono necessarie le “stazioni uniche appaltanti”, delle banche dati in cui centralizzare i nomi delle persone e delle ditte che gestiscono gli appalti». «Nel federalismo fiscale sono insiti dei rischi», Nella foto a destra, spiega Gianfranco Donadio, sostituto procuratore della uno dei terreni confiscati alla mafia Direzione nazionale antimafia. «E al momento, in mannel Lazio. È la quinta canza dei decreti attuativi, non siamo in grado di dire se regione in Italia per numero di beni rappresenterà una regressione, perché aumenteranno i immobili sottratti meccanismi di perdita delle informazioni, oppure se sarà alla malavita. Dopo Sicilia, Campania, un fenomeno evolutivo di aumento della trasparenza dei Calabria, Puglia dati, nel senso sollecitato dalla Procura nazionale». e Lombardia.

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L GIGANTESCO FLUSSO DI DANARO PUBBLICO

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di percentuale di intercettazione dei rifiuti. Da Salerno ad alcuni quartieri di Palermo, passando per gli Ato virtuosi della Sicilia (Agrigento 1, Caltanisetta 5, Palermo 5 e Trapani 2) i cittadini rispondono in modo eccezionale permettendo di raggiungere, e in alcuni casi, di superare il 70% di raccolta differenziata.

Sanità, assistenza, istruzione, trasporti. Proviamo a disegnare i “livelli essenziali” delle prestazioni.

CAMPANIA 1.213 206

FONTE: AGENZIA DEL DEMANIO

1,2 MILIARDI DI EURO per il commissario straordinario della Campania. Oltre 990 milioni gli Ato (ambiti territoriale ottimale) della Sicilia. 180 milioni di debiti della sola Amia di Palermo. Quasi 300 milioni, secondo le stime più attendibili, il buco dell’Ama di Roma. Una prima, sommaria, stima porta a quasi 3 miliardi di euro

MOLISE 2

LAZIO 329 96 SARDEGNA 83 1

È Napoli con 44 scioglimenti la provincia in cui si registra il maggior numero di scioglimenti, seguita da Reggio Calabria e Palermo, entrambe con 33 scioglimenti e Caserta con 22. In 24 casi i Comuni sono stati sciolti più volte: 14 in Campania, 7 in Sicilia, 3 in Calabria. Sia in Campania che in Calabria sono state sciolte anche delle Asl.

SICILIA

TOSCANA 28 8

FONTE: DIREZIONE NAZIONALE ANTIMAFIA

LIGURIA 27 7

BENI IMMOBILI AZIENDE

171

TRENTINO ALTO ADIGE 15

PIEMONTE 100 11

RIFIUTI: UN BUCO DA 3 MILIARDI DI EURO

DAL 1991 AL 2007 [ FEBBRAIO ]

CAMPANIA

LOMBARDIA 587 153

Certo è che la criminalità organizzata, la ‘ndrangheta soprattutto, ha conquistato territori al di fuori delle aree tradizionalmente controllate: lo si è visto nell’operazione - tra Buccinasco, Assago, Trezzano sul Naviglio e Gaggiano - che ha portato all’arresto di numerosi esponenti della cosca Barbaro-Papalìa, appoggiati da imprenditori e amministratori pubblici. Ma anche da un’omertà che testimonia a che punto sia il controllo del territorio: in una notte i Barbaro hanno rimosso 200 camion di terra che loro stessi avevano scaricato abusivamente. E nessuno ha telefonato al 112. «Se lo Stato non riesce a controllare, come può farlo chi è più ricattabile attraverso il voto? », continua Enzo Ciconte. «I gruppi mafiosi si organizzano in lobby elettorali per condizionare il voto ed entrare nella gestione dei flussi di danaro pubblico». Al Sud gli scenari potrebbero, invece, ricalcare quelli già visti nelle politiche economiche dell’autonomismo regionale siciliano: «Federalismo fiscale potrebbe significare fiscalità privilegiata in alcune Regioni meridionali, particolarmente orientata a favorire investi-

menti esteri», spiega Gianfranco Donadio. «Scelta neutra, ma che merita una straordinaria vigilanza perché negli anni passati in più di un’occasione, attraverso i sistemi specifici dell’autonomismo regionale, si è parlato di un rischio di ingresso di capitali criminali. Dove ci sono finanziamenti pubblici alle imprese riescono ad entrare quelle legate alla criminalità organizzata. Questo vuol dire che per contrastare un fenomeno che non ha confini, si deve disporre di una centralizzazione dei controlli dei finanziamenti alle imprese. E non devono accentuarsi autonomie operative e gestionali delle polizie locali, che potrebbero creare polizie ricche e polizie povere, perché le politiche, direttamente o indirettamente connesse alla gestione dell’ordine pubblico integrato, presuppongono impegni di spesa che devono essere equipollenti, per garantire risultati uguali su tutto il territorio nazionale», conclude Donadio. «Ma se sono devolute a entità amministrative, nell’ambito di politiche di spesa distinte, questa eguaglianza potrebbe non realizzarsi».

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MMAGINATE DI SCEGLIERE PER UN TRAPIANTO DI RENE una struttura ospedaliera del Nord, più qualificata di quella della Regione del Sud nella quale abitate. Al ritorno a casa però il servizio sanitario locale non vi fornisce il costoso farmaco post-trapianto che vi nedi Paola Baiocchi cessita. Questo non è uno scenario futuribile, ma quello che già accade in Italia, come denunciato da Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato. Il federalismo fiscale potrebbe modificare questa situazione e intervenire in positivo su una sanità che ha indicatori da primo mondo nelle regioni Centro-settentrionali e da terzo mondo, tranne alcune eccellenze, nel Sud? Sembra impossibile perché il parametro della spesa non è sufficiente a garantire l’efficienza di un sistema sanitario: già ora la Regione autonoma Sicilia spende più del doppio della Lombardia, ma con risultati molto differenti. Ma, soprattutto, potrebbero esasperarsi alcuni caratteri presenti nella nostra sanità, dove i privati già operano in base al principio di sussidiarietà e in nome di un risparmio in molti casi non provato. Secondo Lavoce.info una Regione potrebbe decidere di abolire il servizio sanitario nel suo territorio, sostituendolo con un sistema di mutua oppure con una sanità interamente affidata ai privati e integrata dal finanziamento pubblico per le cure agli indigenti. Sul modello della sanità assicurativa statunitense.

I dialetti scolastici Anche sulla scuola le Regioni hanno velocità diverse già da tempo: il Secondo Rapporto sulla scuola della Fondazione Giovanni Agnelli di Torino (febbraio 2010) conferma che il Nordest, e ancor più le province autonome di Trento e Bolzano, vantano risultati di apprendimento che li collocano ai vertici delle classifiche mondiali. Invece chi studia nelle scuole del Sud ottiene, in media, 68 punti Ocse-Pisa meno di chi frequenta le aule del Settentrione: secondo gli indicatori internazionali di apprendimento al Sud i nostri ragazzi riceverebbero l’equivalente di un anno e mezzo di istruzione

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Paradisi fiscali locali San Marino potrebbe avere i giorni contati, anche se ancora non sappiamo quali e quante saranno le imposizioni locali che dovranno sostituire e integrare il sistema fiscale centrale. Qualche sorprendente avvisaglia si è già vista durante il convegno Economia al cubo (Economia3): mentre era ancora alla presidenza della Regione, Claudio Martini, ha lungamente parlato dell’attrattiva fiscale della Toscana, per il suo contenuto livello impositivo. Forse anche per questo motivo la Regione Toscana ha avviato una serie di confronti tra imprese toscane e società del Delaware “per l’attivazione di una serie di sinergie” tra tecnologie eoliche (?) e beni museali. Il Delaware è uno Stato Usa che non rientra nella black list dei paradisi fiscali, ma fa di questa caratteristica un pregio in più per autorizzare operazioni che ormai alle Cayman sono diventate difficili. Pisa è andata oltre, e ospita una rappresentanza commerciale del Delaware. Insomma il Paese che potremmo trovarci in mano alla fine delle trasformazioni innescate dal federalismo fiscale, ricorda la politica economica dettata alla ex Yugoslavia dal Fondo monetario internazionale e dalla Banca mondiale. Non a caso Bossi e la Lega Nord si sono sempre dichiarati a favore di Milosevic.

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LE ENTRATE TRIBUTARIE DELLO STATO (MILIONI DI EURO)

FONTE: MEF, RELAZIONE UNIFICATA SULL’ECONOMIA E LA FINANZA PUBBLICA PER IL 2010

in meno. I Paesi al vertice della classifica Ocse sono quelli che riducono al minimo il divario di risultati tra Regioni, tra famiglie, tra ordini di scuole, tra le singole scuole. In Italia scarsi risultati medi convivono con differenze di livello abissali. Potrebbe il federalismo fiscale risolvere la nostra questione Meridionale? Oltre alle proposte leghiste della scuola in dialetto, il disegno di legge Goisis, che porta il nome della prima firmataria leghista, va in una direzione peggiorativa: concorsi e albi regionali per “valorizzare” insegnanti e personale Ata autoctoni; lo statuto di ciascuna scuola che dovrebbe essere approvato dalla Regione. Contratti di lavoro regionali che introdurrebbero le “gabbie salariali”, cioè retribuzioni differenti a seconda della zona, e scomparsa delle rappresentanze sindacali unitarie di scuola. Questi i contenuti del disegno di legge che porterebbero a un centralismo regionale soffocante, che potrebbe condizionare anche i programmi se, una volta varato questo disegno di legge, non si ricorresse all’incostituzionalità per fermarlo. Un sistema così fortemente differenziato potrebbe portare gli insegnanti con un più alto potere contrattuale a stabilirsi nelle Regioni fiscalmente e retributivamente più convenienti, oppure a privilegiare Regioni dove le scuole hanno statuti più aperti.

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2007

2008

2009

VAR. % ’09/’08

IMPOSTE DIRETTE

223.797

232.371

227.715

-2,0

– IRE

153.828

163.761

159.827

-2,4

– IRES

51.111

48.169

38.731

-19,6

– SOSTITUTIVA

10.938

12.347

12.335

-0,1

– RITENUTA SU DIVIDENDI

539

685

432

-36,9

– RIVALUTAZIONE BENI D’IMPRESA

378

234

16

-93,2

IMPOSTE INDIRETTE

191.126

186.468

183.853

-1,4

– AFFARI

141.551

138.799

132.646

-4,4

– IVA

118.330

115.719

110.021

-4,9

11.888

11.492

10.925

-4,9

27.727

26.178

28.148

7,5

20.337

20.291

20.826

2,6

– REGISTRO, BOLLO E SOSTIT. – PRODUZIONE – OLI MINERALI – MONOPOLI – TABACCHI – LOTTO TOTALE ENTRATE TRIBUTARIE

10.048

10.176

10.349

1,7

10.043

10.171

10.344

1,7

11.800

11.315

12.710

-1,7

414.923

418.839

411.568

-1,7

Federal tax: la devolution fiscale la pagheranno i cittadini?

L’ICI è stato abolito in pompamagna, per questo il governo non lo può ripristinare. Ma sta pensando ad una tassa sui servizi. Sarà il prezzo della devolution?

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L NUOVO ASSETTO ISTITUZIONALE che deriverà dal federalismo

fiscale potrà provocare un aumento della spesa e un indebolimento delle leve a disposizione per gestire la finanza pubblica? La domanda attraversa da mesi il dibattito sull’attuazione del federalismo fiscale, senza di Andrea Barolini ancora una risposta chiara e univoca. Ma proviamo a immaginare uno scenario pessimista. Su chi ricadrebbe l’onere derivante dalla nefasta ipotesi di un peggioramento complessivo della finanza pubblica? Di ufficiale non c’è ancora nulla. Se, tuttavia, ci si limitasse ad ascoltare rumors e prime “ammissioni” degli ultimi tempi in materia tributaria, sembrerebbe lecito preoccuparsi. 87 MILIARDI DI EURO PER FAR FUNZIONARE LO STATO CENTRALE IL FUNZIONAMENTO DEL SETTORE STATALE ITALIANO è costato, nel 2009, 86.847 milioni di euro: ben 32.557 milioni in più rispetto al 2008. Ciò soprattutto a causa della decisa crescita delle spese, che, rispetto allo scorso anno, registrano un incremento complessivo del 5,2%, e di una contrazione del 2% degli incassi. Il risultato è stato un disavanzo di 19.633 milioni, a differenza del 2008, nel corso del quale si registrò un avanzo primario di 24.123 milioni. Ciò che colpisce è che il significativo peggioramento del saldo del settore statale risente, dal lato delle entrate, proprio di una contrazione del gettito tributario, che è stata pari a 14.782 milioni. Certamente la crisi economica ha fatto la sua parte, ma vanno aggiunti anche un calo dei trasferimenti provenienti dall’Unione europea di 1.511 milioni e gli esborsi legati agli interventi per il terremoto in Abruzzo, che sono stati pari a un miliardo di euro (di cui 494 milioni sono stati però finanziati da Bruxelles attraverso un contributo di solidarietà).

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Nelle scorse settimane, infatti, si è parlato dell’introduzione di una tassa sui servizi erogati alle abitazioni, necessaria per finanziare i comuni. Via l’Ici, dunque, avanti un altro. Ma la sostanza è la stessa. La nuova “service tax”, secondo quanto emerso, dovrebbe costituire una sorta di tributo omnibus, che ingloberebbe tassa sui rifiuti, imposta di registro, Iva sull’acquisto dei nuovi immobili e addizionale Irpef. Il mirabolante futuro fiscalmente federale passerebbe dunque attraverso l’introduzione di una nuova tassa, della quale (quando ne saranno definiti i dettagli) occorrerà verificare il peso sulle tasche dei contribuenti, in relazione al cumulo costituito dalle precedenti imposte. Intanto il ministro per la Semplificazione normativa, Roberto Calderoli, ha confermato nei giorni scorsi, di fronte alla Commissione bicamerale per il federalismo fiscale, che, nell’ottica della semplificazione delle entrate tributarie dei comuni, si sta «valutando l’unificazione di queste in una service tax». Ma ha specificato che: «Di certo nessuno intende reintrodurre l’Ici». Se il senso è che non ci sarà una nuova tassa sulla proprietà potrà anche essere vero. Ma se il prelievo sarà effettuato sui servizi e non sul mero possesso per i cittadini cambierà molto poco. E stavolta il governo corre il rischio

reale di misurarsi con una scelta davvero impopolare, essendo stata l’abolizione dell’Ici sulla prima casa uno dei cavalli di battaglia di Palazzo Chigi. Ma la quadratura dei conti potrebbe lasciare poco spazio alle esigenze della politica. Già nel 2008, ben prima dell’approvazione della legge 42, il presidente della Corte dei Conti Tullio Lazzaro spiegò alle commissioni riunite Affari costituzionali, Bilancio e Finanze del Senato che «il sistema di finanziamento degli enti territoriali, configurato dal disegno di legge sul federalismo fiscale, comporterà lo spostamento di rilevanti quote di gettito Irpef dal centro verso la periferia. Ciò può comportare rischi che vanno opportunamente valutati: il rischio è un aumento della pressione tributaria». La partita è enorme: basti pensare che il mattone porta nelle casse statali oltre 43 miliardi, grazie a Iva, imposte di registro e ipocatastali, e altri prelievi. Ad essi vanno aggiunti poi gli introiti derivanti dall’Ici ancora applicata (ad esempio sulle seconde case) e dalla tassa rifiuti, che insieme valgono poco più di 14 miliardi di euro. Insomma: se in molti (soprattutto nelle regioni ricche del Nord) vedono nel federalismo fiscale il viatico per non essere più “tartassati da Roma”, il rischio è che forse ad essere eliminato sarà solo il riferimento geografico.

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Il nuovo tributo potrebbe inglobare in un’unica imposta numerosi prelievi: tassa sui rifiuti, Iva sull’acquisto di immobili, addizionale Irpef

DODICI MILIARDI E 772 MILIONI DI EURO. È il prezzo pagato dalle casse del Tesoro italiano, in termini di calo delle entrate fiscali, a causa della crisi. Una flessione, determinata dal brusco stop patito dalle attività economiche, pari a un -3,2%. A riferirlo è la Relazione unificata sull’economia e la finanza pubblica per il 2010 del ministero dell’Economia, che specifica come per il comparto tributario siano stati realizzati per il 2009 introiti pari a poco più di 411 miliardi, rispetto ai quasi 419 miliardi dell’anno precedente (vedi TABELLA ): un dato che riguarda quasi in egual misura le imposte dirette (-4.656 milioni) e le indirette (-2.615 milioni). Perciò anche quelle che, quando il federalismo fiscale sarà completamente attuato, dovranno garantire la copertura del fabbisogno degli enti locali italiani. In particolare - spiega il ministero - la flessione registrata dell’Ire (-3.934 milioni) è ascrivibile principalmente all’andamento negativo delle ritenute sui dipendenti privati, di quelle sui lavoratori autonomi e dell’autotassazione a titolo di saldo». Stesso discorso per quanto riguarda le imposte indirette, in calo dell’1,4% (a poco meno di 184 miliardi). Si registrano inoltre flessioni per l’Iva (-5.698 milioni) e per imposte di registro, bollo e sostitutiva (-567 milioni). Va meglio per quanto riguarda le ritenute sui redditi da capitale, così come per il versante dei monopoli di Stato (tabacchi) e del Lotto (quest’ultimo vale 12,7 miliardi di euro). Come facilmente prevedibile, dunque, in un periodo di crisi, gli incassi tributari dello Stato sono decisamente scesi. I meccanismi perequativi ipotizzati dal governo dovranno perciò tener conto anche delle oscillazioni del flusso fiscale dovute alla congiuntura economica. Basti pensare il fondo al quale gli Enti locali potrebbero attingere in caso di insufficienti risorse derivanti dai propri introiti tributari è finanziato anch’esso mediante una compartecipazione all’Iva. Il rischio è di scontrarsi con una coperta troppo corta.

DEVOLUZIONE Il processo di riduzione delle competenze di uno Stato e la loro contemporanea attribuzione alle Regioni e agli enti locali. LEP I “livelli essenziali delle prestazioni” concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale. PEREQUAZIONE Il meccanismo attraverso il quale si consentirà agli Enti locali, ai quali non basteranno gli introiti incassati tramite i tributi, di raggiungere i livelli di spesa necessari per garantire i servizi STATO SOCIALE (welfare state) È l’insieme di servizi sociali di massa finanziati da un’imposizione progressiva sul reddito.

Andrea Barolini

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COSTI STANDARD I costi dei servizi sanitari predeterminati sulla base del calcolo di un livello “efficiente” dei beni o servizi erogati. COSTO STORICO Lo strumento utilizzato finora per calcolare i costi dei servizi sanitari, si basa sulla spesa sostenuta in un determinato arco temporale.

TASSE & TRIBUTI, IL PESO DELLA CRISI SUL FISCO

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GLOSSARIO

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SUSSIDIARIETÀ Il principio di sussidiarietà prevede che l’intervento delle istituzioni debba coinvolgere prima quelle più vicine ai cittadini e, solo qualora esse non siano in gradi di garantire servizi efficienti, l’istituzione di livello superiore.

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Un castello istituzionale per un iperbolico capitalismo Col federalismo fiscale i contenuti sociali della nostra Costituzione sono destinati a scomparire.

«Q

è che i criteri ispiratori tendono a fare del federalismo un nuovo tipo di centralismo, la cui “modernità” consiste nell’essere strumento di maggior assecondamento degli interessi del cadi Paola Baiocchi pitalismo. E, infatti, tale modello centralista è confermato dal castello di organismi verticisti che la legge 42 introduce, mettendo fuori gioco il Parlamento, ridotto a meno organo di ratifica». Al costituzionalista, Salvatore D’Albergo, abbiamo chiesto di descriverci la situazione che si è creata dopo l'emanazione della legge 42 del 2009, mentre è in corso l’elaborazione dei decreti delegati di attuazione. «Quel che pesa in questa fase di attesa dei decreti delegati - continua Salvatore D’Albergo - è che si apre una prospettiva di definitiva cancellazione dei diritti sociali con il contributo di una contrapposizione tra Regioni forti e regioni deboli, consacrata dai principi che la legge 42, contiene in attuazione della scelta della revisione del 2001 (imposta con soli 4 voti dal centrosinistra), che ha abolito gli interventi a favore del Mezzogiorno e delle Isole per sostituirli con “interventi speciali” imposti da criteri centralistici omologhi agli interessi delle Regioni più forti». UEL CHE VA DENUNCIATO

È una riforma necessaria per l'Italia? No, è la fase terminale della delegittimazione della Costituzione democratico-sociale del ‘48 a cui ha aperto la porta la sinistra, con la modifica degli articoli dal 116 al 119 e in particolare del 118, che mina i principi della prima parte, legittimando lo svolgimento di attività di interesse generale da parte dell’autonomia privata (sussidiarietà orizzontale). Proprio dalla sinistra è stato abbandonato il senso democratico-sociale della nostra Costituzione, che è più avanzata anche di quella spagnola, portoghese e greca, perché solo nella nostra c’è la prospettiva della programmazione economica. Nelle altre c’è solamente la nazionalizzazione. Quindi non è una riforma che va a definire le attribuzioni delle Regioni lasciate aperte dai costituzionalisti? No, è una controriforma per uno smottamento che deriva dal fatto che la sinistra, ormai dagli anni Novanta, è passata a una “modernizzazione” abbandonando la prospettiva “della via italiana al socialismo” che è stata alimentata da una collocazione del sistema delle autonomie locali e delle Regioni come protagoniste di una modifica

alla fase terminale “Siamo della delegittimazione della Carta, già avviata

con la riforma del suo TitoloV

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degli assetti di potere dell'economia in nome della programmazione globale, che partisse dai territori e non dal centro. Ora la destra, dopo essersi impadronita del potere politico, lo fa diventare anche potere economico-sociale. Quello che vogliono ottenere è di mettere al centro il capitalismo, ma questo non gli basta e anche le articolazioni dello Stato in senso federale devono potersi avvalere di forme di selvaggia autonomia, in cui il capitalismo è forte come pochi. Un iperbolico capitalismo. Ed è questo il ruolo, che al di là del folklore secessionista, svolge la Lega assecondata da correnti “padane” del Pd. Una controriforma fatta con la convergenza di destra e sinistra, mentre l'opinione pubblica è completamente disinformata e disorientata... Per disinformare si equivoca anche sulla contrapposizione tra federalismo “competitivo” e federalismo “solidale”. In cui però solidale non ha il significato cattolico o socialista, ma è una solidarietà tra vertici di governo centrali e regionali, oltretutto eletti con metodo tipico del presidenzialismo. Mentre il federalismo competitivo è quello in cui si consente agli egoismi sociali di sfrenarsi incontrollatamente, lasciando forza eccessiva agli Stati membri. Allora l’invocazione da sinistra “lo vogliamo solidale” può indurre a pensare che sia coerente con un “solidarismo sostanziale” come sarebbe stato nella prospettiva del socialismo: invece si invoca solo un federalismo più accentrato. Ma la cosa più grave è che lo Stato federale ha un momento centrale, dove c'è il presidente che comanda. Quindi si capisce meglio perché a latere si discute in quale forma passare al presidenzialismo, alludendo allo Stato federale nordamericano. Sì, anche se la disputa sul premierato inglese, il cancellierato tedesco e il semipresidenzialismo servono solo a confondere le idee. Nello stesso tempo si cerca di completare la controriforma federalista introducendo il Senato federale, con tendenza ad abolire la rappresentanza popolare, immettendo nel Senato esponenti dei centri di potere regionale e degli enti locali. Quindi con un’ulteriore burocratizzazione. Verrebbe a cadere il bicameralismo perfetto e questa seconda Camera sarebbe fuori gioco nel campo delle scelte politiche generali. Insomma la situazione sta veramente precipitando... Sì, propongo che Valori attraverso più articoli di varie competenze approfondisca il tema, data la complessità del fenomeno. Da un certo punto di vista stiamo peggio che nel ‘21, perché almeno allora nasceva il Partito comunista, aprendo le prospettive che, dopo il fascismo, hanno visto nascere la Costituzione democratico-sociale, mentre adesso mancano partiti rappresentativi degli interessi popolari.

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C’è federalismo e federalismo

Come funzionano gli Stati federali stranieri, in particolare la vicina Germania e gli Stati Uniti d’America?

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N EUROPA SONO STATI FEDERALI LA GERMANIA, la Svizzera, l’Austria e il Belgio, mentre la Spagna è uno Stato regionale che ha concesso una forte autonomia fiscale alle singole comunità autonome, ma è privo di un ordinamento costituzionale federale. A livello mondiale, alcuni Paesi di Paola Baiocchi hanno un ordinamento federale sia riguardo alla forma di Stato sia al sistema fiscale: gli Stati Uniti, il Canada, il Brasile, l’Argentina, l’India e l’Australia. La Germania è una repubblica federale parlamentare di 16 Stati (Länder) alcuni dei quali divisi in distretti governativi. Amministrativamente i Länder sono divisi in 438 Kreise (circondari). Il sistema legislativo tedesco prevede la presenza del Parlamento, il Bundestag, e anche del Bundesrat, il Consiglio federale. Il federalismo tedesco sta volgendo da un approccio cooperativo a uno più prettamente competitivo, attraverso una riforma graduale che tiene conto della tradizione del corpo istituzionale, per non rischiare di produrre effetti contrari a quelli cercati. Attualmente la competenza legislativa in materia tributaria è prevalentemente della Federazione, per garantire unità giuridica ed economica e condizioni di vita simili su tutto il territorio, come richiesto dalla Legge Fondamentale. I Länder hanno competenza legislativa in materia fiscale, limitata alle sole imposte locali di consumo e di lusso, ma hanno compiti di accertamento e riscossione dei tributi. Tre le imposte comuni: Iva, Irpeg e Irpef. La perequazione fiscale “verticale” (ripartizione delle risorse tra Federazione e Länder) e “orizzontale” da Länder facoltosi a meno facoltosi è uno degli argomenti più diIn alto, una bandiera americana dipinta battuti anche se l’entità è contenuta: 7 miliardi di euro nel su un muro 2006 (lo 0,3% del Pil ). La perequazione orizzontale nasce di San Francisco.

dopo la riunificazione del 1990 come intervento di sostegno dei nuovi Länder e dovrebbe cessare nel 2019.

Il modello statunitense Gli Stati Uniti d’America sono una repubblica federale composta da 50 Stati e un distretto federale. I livelli di governo non si esauriscono con la Federazione creata dalla Costituzione, c’è anche il livello statale e quello locale, rappresentato di solito da una contea o da una municipalità, a sua volta divisa in distretti. Migliaia di municipalità sono troppo piccole per essere quantificate come city e sono denominate town e village, forme minori di governo che raccolgono tributi locali d’intesa con lo Stato e la contea. Ci sono molte aree di sovrapposizione tra le competenze statali e federali: soprattutto negli ultimi decenni il governo federale ha assunto responsabilità sempre maggiori in tema di sanità, istruzione, welfare e trasporti. Le moltiplicazioni di funzioni fanno sì che i 140 milioni di contribuenti statunitensi si trovino di fronte 3 mila diversi enti territoriali tutti dotati di un’autonomia sovrana su imposte, tasse e tributi. Così, dopo aver versato ogni anno all’erario federale circa 2.500 miliardi di dollari, i contribuenti devono far fronte agli obblighi fiscali che gli derivano dallo Stato in cui risiedono e, a seguire, dalla Contea e dalla città dove abitano. Un conto di altri 700 miliardi di dollari che da decenni vede impegnati molti studiosi in progetti di riformulazione o di rifondazione del federalismo made in Usa. L’imposizione fiscale varia da Stato a Stato: è il Wyoming il più esigente verso i propri abitanti, seguito dal Vermont; all’ottavo posto c’è la California e, in undicesima posizione, lo Stato di New York.

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Social o business? Il microcredito è arrivato a un bivio >30 Azionariato critico: alle assemblee di Eni ed Enel >34 Nasce Extrabanca: il primo istituto per gli stranieri in Italia >37

finanzaetica INVESTITORI RELIGIOSI ALL’ATTACCO DEI DERIVATI

RICICLAGGIO: IL REGNO UNITO VIETA LE BANCONOTE DA 500 EURO

ITALIA: LOTTA SENZA TREGUA ALL’EVASIONE CHE CRESCE...

CORRUZIONE: GERMANIA COMPLICE DELLA GRECIA

I 7 VIZI CAPITALI DELLE BANCHE ITALIANE: ANTICIPATI DA VALORI OGGI ON LINE

20 FONDI PENSIONE CHIEDONO TRASPARENZA

Le pratiche occulte sui derivati devono cessare. Lo sostengono gli azionisti attivi delle organizzazioni religiose americane dell’Interfaith Center on Corporate Responsibility (Iccr), impegnate da tempo a sollevare la questione nelle assemblee delle maggiori banche d’affari. Nelle scorse settimane, gli esponenti dell’organizzazione hanno lanciato la loro offensiva contro Goldman Sachs, la banca statunitense recentemente accusata di aver truffato i propri clienti nelle transazioni sui titoli derivati. La mozione sulla trasparenza presentata dai religiosi si concentra sulla cosiddetta “rehypotecation”, ovvero quel sistema che consente di utilizzare la liquidità come copertura di una transazione in derivati realizzata per garantire operazioni analoghe. In opposizione a questa pratica, gli azionisti critici chiedono alle banche di trasferire questa stessa liquidità in conti “indisponibili” per impedire che la stessa possa essere utilizzata a garanzie di altre operazioni. Pur non passando, la proposta ha comunque ottenuto un ampio successo con il 33,7% dei consensi. Risoluzioni analoghe sono state avanzate anche alle assemblee di Citigroup (30% di approvazioni) e Bank of America (39%).

Arriva dalla Gran Bretagna un passo avanti nella lotta al riciclaggio di denaro sporco. A seguito di un accordo raggiunto nelle scorse settimane tra il ministero del Tesoro e la Britain’s Serious and Organised Crime Agency (Soca), le autorità del Paese hanno deciso di mettere “fuori legge” le banconote da 500 euro proibendone l’utilizzo e il cambio nei confini nazionali. A motivare la decisione c’è la consapevolezza del massiccio utilizzo di questo taglio da parte delle organizzazioni criminali che, ha affermato la Soca, utilizzerebbero fino al 90% delle banconote rosa circolanti nel Regno Unito. L’iniziativa segna un importante progresso nella lotta alle “lavanderie criminali” lanciando al tempo stesso un segnale particolarmente significativo. È la prima volta, infatti, che un Paese dell’Unione assume una simile iniziativa che, al momento, risulta peraltro preclusa ai membri di Eurolandia, impossibilitati ad agire in assenza di un accordo in sede Bce. Una simile intesa, per altro, sarebbe decisamente auspicabile visto che le preoccupazioni espresse dai britannici sembrano essere condivise da altri analisti del continente. Il mese scorso, l’agenzia Bloomberg aveva reso noto il contenuto di un rapporto interno della Banca d’Italia in cui l’istituto centrale esprimeva tutte le sue perplessità circa la reale funzione del massimo taglio della valuta unica europea. Quelle da 500 euro, segnalavano gli analisti italiani, rappresentano il 36% delle banconote in circolazione e la loro diffusione, che ha recentemente superato quella dei tagli da 50, è in continua crescita. In Italia, guarda caso, la loro maggiore presenza pro capite si registrerebbe nei pressi dei confini con Svizzera e San Marino, territori caratterizzati da misure antiriciclaggio meno severe.

“Nei primi otto mesi dell’anno gli accertamenti del Fisco hanno permesso di recuperare 2,8 miliardi di euro, quasi un miliardo in più rispetto al 2008, con un incremento del 47%”. Così parlava il Governo Berlusconi in una nota pubblicata nel settembre 2009 all’alba del tanto celebrato Scudo Fiscale. A nove mesi di distanza, tuttavia, la realtà emersa è risultata completamente diversa. Nei primi quattro mesi del 2010, l’imponibile evaso in Italia è cresciuto del 6,7% raggiungendo l’ammontare di 371 miliardi di euro annuali per un totale di 156 miliardi di euro di tasse non pagate. È questo il risultato ottenuto dai calcoli effettuati dalla società Krls Network of Business Ethics per conto di Contribuenti.it, l’Associazione Contribuenti Italiani che, con Lo Sportello del Contribuente, monitora costantemente il fenomeno dell’evasione fiscale in Italia. L’analisi ha preso di mira cinque aree: l’economia sommersa, l’economia criminale, l’evasione delle società di capitali, l’evasione delle big company e quella dei lavoratori autonomi e delle piccole imprese. Nella classifica degli aumenti del fenomeno per regioni svetta la Lombardia con un +10,1%. Al secondo e al terzo posto il Veneto (+9,2%) e la Campania (+8%).

Alcune delle maggiori imprese tedesche avrebbero realizzato affari d’oro con la Grecia utilizzando un consolidato sistema di tangenti, alimentando così quella corruzione endemica che acuisce oggi i problemi finanziari della nazione ellenica. È la denuncia presentata recentemente dal settimanale tedesco Der Spiegel. L’anno scorso, ricordano gli autori dell’inchiesta, la Germania ha realizzato esportazioni in Grecia per 6,7 miliardi di euro contro appena 1,9 miliardi di importazioni. Ma i metodi utilizzati per raggiungere le intese che hanno reso possibile questa enorme quantità di transazioni commerciali sono oggi sotto inchiesta. A muoversi è stata, in primis, la Securities and Exchange Commission (Sec) degli Stati Uniti che ha accusato la casa automobilistica Daimler e il colosso dei trasporti Deutsche Bahn di aver pagato tangenti per ottenere contratti estremamente favorevoli nella grande corsa agli investimenti che precedette le Olimpiadi ateniesi del 2004. Sotto accusa anche una strana vendita di sottomarini di produzione tedesca accompagnata da consulenze miliardarie pagate a misteriose compagnie create ad hoc e domiciliate, manco a dirlo, nei più lussuosi paradisi fiscali dei Caraibi.

Tutto quello che avreste voluto sapere sulla vostra banca e nessuno vi ha mai detto. Lo avevamo già anticipato sul numero di febbraio di Valori, ora il sito internet www.vizicapitali.org è operativo con informazioni aggiornate, lettere da spedire, link e contatti. Vi trovate i sette “vizi” ai quali gli istituti difficilmente resistono: armamenti, paradisi fiscali, nucleare, privatizzazione dei sistemi idrici, vessazioni verso i risparmiatori, progetti dal forte impatto sociale e ambientale. Sotto i riflettori le prime dieci banche italiane per attivi investiti e tre istituti “atipici” (Banca Etica, Credito Cooperativo e Banco Posta), per fare luce sul percorso dei nostri soldi e sul contributo che inconsapevolmente diamo alla distruzione delle risorse vitali del pianeta. Mai come oggi infatti le grandi imprese dipendono dal sistema bancario, che spesso ne decide le sorti in base alle prospettive di guadagno. Esse finiscono così per alimentare la parte peggiore dell’economia, approfittando del silenzio degli organi di informazione. L’obiettivo è ambizioso: aprire una breccia in questo muro di gomma, offrendo nuovi spazi di azione ai risparmiatori. Quantomeno per non essere complici. L’iniziativa è promossa da Valori, Altreconomia, Beati i Costruttori di Pace, Campagna Banche Armate (Missione Oggi, Nigrizia, Mosaico di Pace), Campagna per la Riforma della Banca Mondiale, Centro Khorakhanè, Comitato Italiano per il Contratto Mondiale sull’Acqua, Coordinamento Nord Sud del Mondo, Finansol, Greenpeace, Ires Toscana, Rete Italiana Disarmo. www.vizicapitali.org

Un’alleanza composta da venti fondi pensione e dai manager delle loro società di gestione di risparmio sta conducendo una campagna di pressione per indurre un gruppo di grandi imprese a garantire la massima trasparenza sulle loro politiche anticorruzione. Lo ha segnalato il portale Responsible Investor. La campagna si concentra soprattutto sui settori della difesa e della costruzione ma i nomi delle multinazionali coinvolte non sono stati resi noti. I fondi pensione protagonisti dell’iniziativa – che gestiscono assets per un valore complessivo di 1.700 miliardi di dollari – sono firmatari della convenzione Onu nota come “United Nations Principles for Responsible Investment”. I promotori della campagna, tra cui spiccano la statunitense Calstrs, il fondo statale svedese Ap, la svizzera Ethos, il neozelandese Superannuation Fund e l’Australian Council of Superannuation Investors, hanno chiesto lumi alle corporation circa la compatibilità delle loro politiche anticorruzione rispetto alle linee guida promosse dall’International Corporate Governance Network (Icgn) e dalla United Nations Global Compact. La campagna, di cui si attendono ulteriori sviluppi, è per il momento attiva in 14 Paesi diversi.

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Il fascino indiscreto dei tassi illimitati Il settore microfinanziario globale vale dai 50 ai 60 miliardi di dollari e continua a espandersi con prospettive sempre più allettanti. L’immagine resta fortemente “solidaristica”, ma i veri protagonisti non hanno nulla a che fare con il non profit. Banche e società finanziarie - ha ricordato recentemente il New York Times - controllano oggi il 60% della clientela del settore contro il 35% delle Ong e il 5% delle cosiddette “banche rurali”. Il primato dei “commerciali” è un feno-

India, la terra promessa

Filiali Impiegati Clienti Valore dei prestiti erogati* Valore dei ricavi* Valore degli assets*

MARZO 2007

SETTEMBRE 2009

276 2.381 600 mila 4,5 miliardi 457 milioni 3,3 miliardi

1.627 17.520 5,3 milioni 32,3 miliardi 3,8 miliardi 36,4 miliardi

* Dati in Rupie indiane. 1 rupia equivale a circa 2 centesimi di dollaro

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FONTE: WWW.SKSINDIA.COM

I NUMERI DELLA SOCIETA INDIANA DI MICROFINANZA SKS

L’esempio di Compartamos dovrebbe essere presto seguito da un’altra mega istituzione del settore: l’indiana Sks. Entro l’estate la società dovrebbe avviare un’Offerta pubblica iniziale (Ipo) lanciando sul mercato quasi 17 milioni di azioni, con l’obiettivo di rastrellare fino a 350 milioni di dollari. Un balzo senza precedenti che giunge al culmine di una “carriera” a dir poco fulminante. Nata come Ong, Sks ha visto il suo ammontare prestiti passare dai 21 ai 790 milioni di dollari tra il marzo 2006 e il settembre 2009. L’espansione (vedi TABELLA ) ha attratto gli investimenti delle società di private equity statunitensi, Sequoia Capital e Kismet, e dell’indiana Mauritius Unitus Capital, ad oggi principali sponsor dell’attesissima Ipo. Fortemente criticata da Yunus, l’operazione Sks ha incendiato il dibattito sul futuro del mercato indiano, ad oggi uno dei più attraenti del Pianeta. Il suo tasso di crescita - ha ricordato Vijay Mahajan, presidente della locale lobby Mfi Network - si attesta sul

75% annuo, decisamente troppo per pensare a un futuro in cui i finanziamenti siano riservati alle banche nazionali o ai “filantropi”. I pericoli, però, sono dietro l’angolo. «Il settore microfinanziario indiano è completamente sregolato» spiega Kavaljit Singh, ricercatore di New Delhi, che ha anche denunciato la diffusione di metodi sempre più violenti nel recupero crediti. «Ad oggi manca ancora qualsiasi attività di supervisione». Parole che, alle orecchie degli investitori, dovrebbero risuonare dolcissime.

Un settore al bivio Tra proposte orientate alla trasparenza (vedi INTERVISTA ) e milioni in arrivo, il mercato indiano sembra diventato l’epicentro di uno scontro globale. Da un lato c’è chi vede la “commercializzazione” come una

Muhammad Yunus: “Con la loro sete di profitto, le istituzioni commercializzate non sono altro che squali del prestito”

LA LINEA MEDIANA INDICA IL VALORE PERCENTUALE DELLE SPESE OPERATIVE RISPETTO AL TOTALE LORDO DEI PRESTITI CONCESSI DALLE MFI’S.

55

11

78

12

78

5

87 10

AFRICA SUB SAHARIANA

11

29

MEDIO ORIENTE E NORD AFRICA

75

AMERICA LATINA E CARAIBI

66

ASIA ORIENTALE E PACIFICO

meno recente. Nel 2008 - ricorda la Banca Mondiale - il settore aveva attratto quasi 15 miliardi di dollari di capitali stranieri (+24% rispetto all’anno precedente) consentendo ai privati di superare per la prima volta i governi nella classifica dei finanziamenti. Secondo i critici, dietro l’esplosione del fenomeno si nasconde il fascino di un’opportunità irresistibile: la possibilità di applicare legalmente interessi esorbitanti. Contrariamente ai tradizionali prestiti bancari, infatti, le operazioni di microcredito non sono soggette a limiti sul costo del denaro. La messicana Compartamos, prima istituzione di microcredito al mondo ad essersi trasformata in vera e propria finanziaria, pratica interessi superiori all’80% (contro il 26% della media mondiale), vantando al contempo un tasso di insolvenza inferiore al 2,5%. Quali metodi di recupero crediti rendano possibile questo miracolo aritmetico resta, probabilmente, il mistero più inquietante.

LA DISTRIBUZIONE PERCENTUALE PER CATEGORIE DI MFI’S NEL MONDO

EUROPA CENTRALE E ORIENTALE

C

OMUNQUE VADA A FINIRE C’È GIÀ UNA CERTEZZA: l’età dell’innocenza è ormai un ricordo. I grandi investitori privati si lanciano nel microcredito, i tradizionalisti si ribellano. E il settore è travolto dalla tempesta. Muhammad Yunus, che deldi Matteo Cavallito la microfinanza è l’indiscusso padre, usa parole forti: «Con la loro sete di profitto, le istituzioni “commercializzate” non sono altro che “squali del prestito”». Per qualcun altro, però, la storia è ben diversa e l’ingresso di nuovi capitali rappresenta solo il tanto atteso salto di qualità. Fuoco alle polveri, insomma. Il dibattito è ormai una guerra aperta.

È POSSIBILE CLASSIFICARE L’ETICA di un’istituzione microfinanziaria (Mfi) in termini quantitativi? Secondo il pioniere Muhammad Yunus: assolutamente sì. Per ottenere categorie comprensibili, sostiene da tempo, basta calcolare la differenza tra il tasso di interesse applicato e il costo del finanziamento ottenuto dalla Mfi che prende a prestito il denaro ai tassi di mercato. «Una vera istituzione microfinanziaria dovrebbe limitare il profitto al costo del finanziamento maggiorato del 10%», ha ribadito il Nobel 2006 in una recente intervista al portale Microfinancefocus.com. Secondo questa regola le istituzioni “autentiche” si collocano in un’ipotetica zona verde (interessi-costo del denaro ≤ 10%), le “intermedie” in zona gialla (≤ 15%), gli “squali” in zona rossa (>15%). Il metodo proposto da Yunus è però stato oggetto di critiche. Secondo Adrian González, ricercatore della società di analisi Microfinance Information Exchange (Mix), il metodo non tiene conto Muhammad Yunus. della variabilità globale di molti fattori, dal costo della vita alle spese operative. González ha tentato di classificare un campione di circa mille Mfi’s secondo il sistema Yunus ottenendo risultati sorprendenti: «La maggior parte delle Ong “orientate ai poveri” – spiega in un’intervista a Valori – finiscono per collocarsi nella zona rossa. Tra queste anche la maggioranza delle istituzioni partner della Grameen Foundation». La scoperta più inquietante, tuttavia, resta un’altra. Secondo i dati di Mix la maggiore presenza di istituzioni in zona rossa si concentra proprio nelle aree più povere del pianeta (vedi GRAFICO a fianco). Un dato che, al netto del dibattito metodologico, non può che far riflettere.

ASIA MERIDIONALE

I crescenti investimenti privati agitano le acque della microfinanza. Per qualcuno sono una necessità, anzi, un salto di qualità. Per altri una scusa per applicare legalmente tassi di interesse esorbitanti. Si apre il dibattito.

ROSSE, GIALLE E VERDI: LE MFI’S SECONDO YUNUS

MEDIA MONDIALE

Social o business? Il microcredito è arrivato a un bivio

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strada necessaria per un fenomeno che, nella veste non profit, avrebbe esaurito le sue potenzialità. Dall’altro i sostenitori di Yunus, che temono un social business sempre meno “social” e sempre più orientato al profitto. Il fondatore della Grameen Bank si è concentrato sul pericolo dell’impennata dei tassi (vedi BOX ), evidenziando la necessità di porre un limite ai profitti degli operatori microfinanziari. Alcuni analisti lo hanno criticato giudicando i suoi ragionamenti eccessivamente semplicistici. Ma al di là della querelle metodologica si evidenzia un nuovo e inquietante fenomeno. Il settore sta andando incontro a un crescente sovra-indebitamento, causato dalla pratica del prestito multiplo a chi è già indebitato. Un effetto perverso della concorrenza che in Paesi come Bosnia e Marocco ha fatto rispettivamente quadruplicare e quintuplicare i tassi di insolvenza. Yunus ha pubblicamente sollevato il problema ma nemmeno la sua Grameen Bank, in tal senso, può essere immune da critiche. Il suo istituto, infatti, vieta i prestiti multipli ma concede moltissime deroghe in situazioni più o meno emergenziali. Un problema tuttora irrisolto in un mercato dal destino sempre più incerto.

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FONTE: ANALYZING MICROCREDIT INTEREST RATES. A REVIEW OF THE METHODOLOGY PROPOSED BY MOHAMMED YUNUS. ADRIAN GONZALEZ, MICROFINANCE INFORMATION EXCHANGE (MIX - WWW.MIXMARKET.ORG). FEB. 2010

| finanzaetica | microfinanza |


| finanzaetica |

| finanzaetica |

Lo spettro dell’India si chiama liberismo Sregolato e in crescita, per gli investitori è un mercato attraente. Ma per i poveri può trasformarsi in inferno.

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N’INDIA SENZA REGOLE

in cui le banche e le società private possono fare quello che normalmente non gli sarebbe consentito: caricare interessi esorbitanti e costruire ricchezze sulla miseria altrui. È un quadro da incubo queldi Matteo Cavallito lo tracciato da Kavaljit Singh, ricercatore di Madhyam (www.madhyam.org.in), un’organizzazione non-profit di New Delhi che si dedica alla ricerca e alla formazione sui temi dell’economia e dello sviluppo. A colloquio con Valori ribadisce: per fermare “gli squali” servono riforme regolamentari, supervisori e liste nere. Lei sostiene che un ambiente sregolato costituisce un incentivo per le Mfi’s più scriteriate e i loro finanziatori nello scaricare alti tassi di interesse sui poveri realizzando mega profitti. È questa la principale ragione che spinge le banche commerciali a entrare nel business del microcredito? Assolutamente sì. Il sistema bancario indiano non è pienamente “libero”, ma il settore microfinanziario è com-

India le organizzazioni “In di microfinanza non sono sottoposte a supervisione e non hanno limiti nel livello dei tassi di interesse ”

te in India c’è stata un’ampia indignazione da parte dell’opinione pubblica nei confronti degli abusi compiuti dalle Mfi’s. Abusi che hanno anche indotto al suicidio molti debitori disperati. Le manifestazioni di protesta non sono mancate.

che molto comuni per alcuni operatori microfinanziari e prestatori di denaro. Cosa pensa della distinzione avanzata da Yunus tra zone verdi, gialle e rosse? Alcuni analisti l’hanno ritenuta troppo semplicistica… Non esiste un sistema unico per la misurazione dell’efficienza delle istituzioni di microcredito attive nel mondo, per via delle troppe differenze tra i singoli contesti nazionali. Diversi livelli di costo del credito o di spesa operativa possono spiegare la variabilità dei tassi. Ma, certamente, quando un operatore ottiene denaro dalle banche a un tasso dell’8% e poi carica un 80% sui prestiti, beh, è evidente che c’è qualcosa di sbagliato.

pletamente sregolato. Il Capital requirement delle banche tradizionali, ad esempio, è notevole mentre quello richiesto alle Mfi’s è minimo. Le banche hanno limitazioni sul livello dei tassi di interesse e le partecipazioni straniere, le istituzioni di microcredito no. In origine le Mfi’s sono nate come Ong, per questo nessuno pensò che esse dovessero essere regolamentate come operatori finanziari. Ad oggi manca ancora qualsiasi attività di supervisione.

Lei ha parlato di metodi coercitivi e umilianti nelle attività di recupero crediti. Tra questi anche umiliazioni alle donne, sequestri delle abitazioni e vere e proprie torture. Può fare qualche nome di istituzioni coinvolte? Preferisco di no, ma non è difficile reperire esempi nella cronache giornalistiche. Le posso assicurare le umiliazioni pubbliche e i sequestri delle case sono prati-

Quali sono le principali proposte regolamentari tuttora in discussione per il mercato indiano? Non chiediamo un intervento sui piccoli operatori, ma una forte regolamentazione per le grandi Mfi’s. Pensiamo soprattutto a soggetti come Sks che, con il suo comportamento, sta screditando l’intero settore. Vogliamo limitare al 20-25% il livello di quei tassi di interesse che oggi possono raggiungere anche l’80-100%. Vogliamo inoltre un organismo di controllo ad hoc sulla microfinanza - ruolo che la banca centrale indiana non è in grado di assumere e, se necessario, una lista nera dei “cattivi operatori”.

Tassi da “squalo”? Pensare all’efficienza

Sono riforme importanti. I regolatori del suo Paese saranno in grado di realizzarle? Sì, sono ottimista, la situazione è favorevole. Di recen-

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Kavaljit Singh, ricercatore di Madhyam un’organizzazione non profit di New Delhi per la ricerca e la formazione sui temi di economia e sviluppo.

L’opinione di Giampietro Pizzo (Ritmi): per molte istituzioni microfinanziarie i finanziamenti privati sono essenziali.

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A MICROFINANZA NON È IMMUNE DA PROBLEMI, ma da qui al catastrofismo ce ne passa eccome. Non ha dubbi Giampietro Pizzo, presidente di Microfinanza Srl e membro della Rete Italiana di Microfinanza (Ritmi), che, a colloquio con Valori, di Matteo Cavallito interviene sul tema della cosiddetta “commercializzazione” del settore. L’ingresso dei privati, spiega, può essere un sintomo di evoluzione naturale nonché un beneficio per le istituzioni più piccole. E le opinioni contrarie, Yunus in testa, non sono sempre necessariamente obiettive e disinteressate.

Cresce l’attività delle banche commerciali, degli hedge funds e dei private equity nel microcredito. Cosa spinge questi soggetti a investire nel settore? In primo luogo la forte evoluzione di quest’ultimo, che è un fenomeno in atto da tempo. Dal 2004 al 2006 il valore degli investimenti nella microfinanza da parte dei fondi comuni è passato da 100 milioni a 2 miliardi di dollari. Poi è arrivata la crisi globale, ma il settore ha saputo resistere continuando a crescere anche nei momenti più difficili. Per qualcuno, però, si tratta di un fenomeno allarmante. Yunus ha parlato di “squali del prestito”... Yunus è contrario alla cosiddetta “commercializzazione” del settore e la cosa non stupisce. Ha vinto il Nobel per la Pace, vanta amicizie ai più importanti livelli in tutto il mondo: lui e la Grameen non hanno problemi a ottenere finanziamenti dai donatori pubblici. Per molte altre istituzioni micro finanziarie il discorso è diverso: per loro i finanziamenti privati sono essenziali.

L’ingresso dei privati può essere un’evoluzione naturale e un beneficio per le istituzioni più piccole

È vero però che i privati rispondono ad azionisti che si aspettano sempre maggiori rendimenti. Non si rischia così un’impennata dei tassi d’interesse? Il vero problema non sono i tassi che, lo ricordiamo, sono determinati dal mercato e dai diversi contesti nazionali. La questione di fondo è l’efficienza delle istituzioni di microcredito. Non ha senso imporre limiti agli interessi, occorre piuttosto valutare se la microfinanza riesce a raggiungere i suoi obiettivi di sviluppo e di effettiva riduzione della povertà. Cosa pensa dell’Ipo di Sks? Il precedente della messicana Compartamos, obiettivamente, fa un po’ paura… Può essere il sintomo di un’evoluzione naturale del settore, anche se, ovviamente, è necessario capire i meccanismi di funzionamento. Certo quando la remunerazione attesa viene scaricata sul costo del servizio allora è un problema, ma questo, per fortuna, non è sempre possibile. In Messico Compartamos ha potuto caricare tassi di interesse esorbitanti perché operava in condizioni di sostanziale monopolio. La forte concorrenza del mercato indiano, al contrario, dovrebbe impedire a Sks di fare altrettanto. Alcuni dati recenti parlano di aumento dell’insolvenza e di sovraindebitamento. Ha senso temere una bolla del microcredito? Quello della bolla mondiale del settore è un allarme ingiustificato. Al massimo si possono osservare alcuni segmenti, specialmente nelle aree urbane, dove il rischio è stato gestito male con conseguente saturazione del mercato. È accaduto di recente in Marocco e in Bosnia, così come era avvenuto anni fa in Bolivia. Ma sono fenomeni isolati. C’è spazio per un’ipotesi di regolamentazione internazionale? Difficile stabilire regole universali, data la forte variabilità dei contesti nazionali. È importante che si promuovano i finanziamenti, ma, di certo, non serve un’authority che rilasci autorizzazioni, stabilendo chi può operare nel mercato e chi no.

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La Fondazione di Banca Etica porta il vescovo all’assemblea di Enel

Le domande a Eni degli azionisti critici

Luis Infanti, vescovo della Patagonia cilena, interviene davanti agli azionisti Enel.

250 milioni a riserva per lo scandalo corruzione in Nigeria.

Per dire no alle grandi dighe e ricordare che l’acqua è di tutti. Diecimila chilometri per parlare 10 minuti d’orologio.

Gli azionisti lo chiedono un anno fa, Eni lo annuncia solo adesso.

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ONO LUIS INFANTI, VESCOVO DI AYSÉN, nella Patagonia Cilena, dove HidroAysen, impresa in cui Enel ha il 51% di partecipazione, progetta di costruire cinque grandi dighe e un elettrodotto di 2.300 chilodi Mauro Meggiolaro metri in una terra vergine». Si presenta così, senza mezzi termini, il “vescovo azionista” all’assemblea di Enel lo scorso 29 aprile. Ha un clergyman semplice, la croce appuntata sul bavero della giacca e la camicia chiusa fino all’ultimo bottone. Nei vestiti e nei modi trasmette la semplicità di un curato di campagna, più che l’immagine austera di un alto prelato. Ma le sue parole sono taglienti. Nell’intervento di fronte al Consiglio di Amministrazione di Enel, il vescovo parla di “crisi ecologica”, “ecocidio della terra”, “nuova colonizzazione” dell’America Latina. Cita Danos hoy el agua de cada dia (Dacci oggi la nostra acqua quotidiana), la lettera pastorale che ha scritto ai suoi fedeli nel 2008, per metterli in guardia dallo scempio che HidroAysen si prepara a compiere nelle loro terre, ai confini del mondo. Infanti partecipa con oltre 57 mila azioni. Le ha avute in “prestito” dai Missionari Oblati, membri di Interfaith Center on Corporate Responsibility (ICCR), una coalizione di 275 ordini religiosi, con sede a New York, che ogni anno presenta oltre duecento mozioni di carattere sociale e ambientale alle assemblee delle maggiori società statunitensi. La regia, però, è della Fondazione Culturale Responsabilità Etica (Fcre), impegnata per il terzo anno consecutivo nell’azionariato critico. «Abbiamo voluto coinvolgere la rete internazionale degli investitori religiosi», spiega Ugo Biggeri, presidente

Attraverso una lunga catena azionaria, Enel controlla HidroAysen, che costruirà 5 dighe in una terra vergine | 34 | valori |

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della Fondazione. «È il primo esperimento del genere in Italia. Ora puntiamo a sensibilizzare gli ordini religiosi di casa nostra».

Monsignore il tempo è scaduto Alla fine del suo discorso Luis Infanti vorrebbe fare un paio di domande. Chiedere come si concilia il profilo di responsabilità sociale dell’Enel con i progetti in Patagonia. Capire perché, nello studio di impatto ambientale, non si è calcolato il rischio di terremoti, visto che l’Aysén è una regione sismica. Ma i dieci minuti a disposizione sono scaduti. Sullo schermo gigante si accende il semaforo rosso e Piero Gnudi, il presidente di Enel, è inflessibile. «Monsignore, mi permetta, ma dobbiamo andare avanti». Il vescovo se ne torna al posto deluso. Ha fatto più di diecimila chilometri e l’hanno interrotto “come un qualsiasi azionista troppo prolisso”, scriverà di lì a breve l’agenzia Reuters. Ma l’intervento è stato un successo. Nei giorni successivi escono articoli sui principali quotidiani italiani. L’azionariato critico non è mai stato così presente sui media. Che riportano anche la risposta di Fulvio Conti, amministratore delegato di Enel: «Abbiamo solo il 15% dei diritti economici totali di HidroAysen. Sarà un progetto minimamente invasivo. Saranno traslocate pochissime famiglie». Formalmente è vero: HidroAysen è controllata al 51% da Endesa Chile, che per il 61% è di Enersis, controllata a sua volta al 61% da Endesa SA, che è di Enel per il 92%. La responsabilità per la costruzione delle dighe in Patagonia si diluisce, quindi, lungo la catena di controllo societario appena illustrata e si riduce a circa il 15% se riferita direttamente al controllo di HidroAysen. Ma a muovere i fili, alla fine, sono solo due grandi soggetti: Enel e la famiglia cilena Matte, proprietaria di Colbùn, il gruppo che ha il rimanente 49%. In Patagonia lo sanno. E continueranno a bussare alla porta di Enel. Che, per ora, preferisce nascondersi dietro al paravento delle matrioske societarie.

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genza dell’impresa che tale rischio era concreto? E, se la dirigenza sapeva, perchè non è stata data risposta a una domanda precisa e circostanziata posta da un azionista in sede di assemblea e durante l’approvazione del bilancio? Abbiamo posto questa domanda durante l’assemblea 2010 e, nuovamente, la risposta ci è sembrata del tutto insoddisfacente. Ancor più perchè durante la sua introduzione, il presidente Poli, snocciolando i successi di Eni per l’anno trascorso, ha ricordato come, per il settore ingegneria e costruzioni, l’utile netto adjusted sia aumentato del 13,8%. Peccato che si sia “dimenticato” di segnalare che, al contrario, l’utile operativo è diminuito del 15,7%, proprio a causa dei 250 milioni di euro messi a riserva. Il tema della lotta alla corruzione è tanto più delicato se ricordiamo che, secondo un rapporto della stessa Eni, la Procura di Milano avrebbe richiesto all’impresa italiana di trasmettere documenti relativi agli investimenti in Kazakistan, in un procedimento contro ignoti per “corruzione internazionale, appropriazione indebita e altri reati”. Problemi che si sommano alle forti critiche riguardo gli impatti ambientali dei progetti del gigante italiano in diverse nazioni del Sud. Molte, troppe questioni che rimangono ancora senza una risposta soddisfacente. Come chiede un altro azionista intervenuto dopo di noi, l’azienda potrebbe raccogliere le domande dei piccoli azionisti alcuni giorni in anticipo, in modo da potere rispondere in maniera esaustiva, in assemblea, a tutti i dubbi sollevati. Purtroppo questo ancora non avviene. Lasciamo l’assemblea con il proposito di proseguire il dialogo con l’impresa, ma anche le iniziative di pressione e di informazione riguardo gli impatti di Eni nei suoi investimenti nel Sud del mondo. Sempre più convinti della necessità di una partecipazione attiva dei piccoli azionisti e di una maggiore trasparenza delle grandi imprese quotate, ci prepariamo a un nuovo anno da azionisti critici.

e gli sguardi severi degli agenti della security, per il terzo anno consecutivo ci presentiamo all’assemblea di Eni come azionisti critici (su proposta di CRBM, la Fondazione Culturale Responsabilità Etica di Andrea Baranes ha acquistato poche azioni, per partecipare attivamente alla vita dell’impresa e portare in assemblea la voce delle comunità impattate dai progetti dell’azienda). DiverEVASIONE FISCALE se le questioni sollevate in assemblea, legate agli investimenti di Eni nel Sud del mondo, dal Congo alla Nigeria, fiNUOVI GUAI PER ENI nei suoi investimenti no al Kazakistan. Una delle vicende più delicate riguarda nel Sud del mondo. lo scandalo per corruzione sugli impianti di liquefazione Secondo il sito This Day On Line, il Rivers del gas di Bonny Island, in Nigeria. L’anno State Government, CONTRO SHELL E BP AZIONISTI CRITICI MADE IN UK scorso la statunitense Halliburton ha patil governo di uno dei 36 teggiato una multa record per chiudere il Stati che compongono MOLTE COMPAGNIE PETROLIFERE sono nel mirino degli azionisti critici, per il loro la Nigeria, avrebbe processo negli Usa relativo ad accuse di impatto sull’ambiente. «Abbiamo chiesto ai fondi pensione inglesi di non vendere azioni accusato la Saipem tangenti pagate da un consorzio, che si è delle società, ma di usarle per partecipare alle assemblee», spiega James Marriot, - del gruppo Eni responsabile di Platform Uk (www.platformlondon.org), che da 15 anni si occupa di evasione fiscale aggiudicato appalti miliardari per realizzadi azionariato critico verso Shell e BP (British Petroleum). per oltre 14 miliardi re tali impianti. La Halliburton deteneva il di naira nigeriani, circa Che cosa significa per voi fare “azionariato critico”? 75 milioni di euro. 25% nel consorzio, la stessa percentuale Riconoscere che essere azionisti di un’impresa permette di esercitare un controllo La notizia è stata della Saipem, controllata da Eni. Durante sulle sue decisioni. In Gran Bretagna e, in misura inferiore in Italia, i fondi pensione diffusa pochi giorni sono strutturati in modo tale che chiunque vi investa, indirettamente possiede azioni l’assemblea del 2009 ci è sembrato natudopo l’assemblea Eni, Shell e BP, che occupano circa il 25% del portafoglio dei fondi pensione britannici. durante la quale la rale chiedere, come azionisti, se l’impresa Fondazione Culturale Quali sono gli elementi “critici” riguardo Shell and Bp? italiana avesse messo a riserva delle risorse Responsabilità Etica, Il rispetto dei diritti umani di BP in Colombia, Turchia e Azerbaigian e di Shell in Nigeria ha posto domande per far fronte a eventuali multe o pattege Canada; la tutela ambientale di Bp in Georgia e Canada e di Shell in Russia e Canada. circa le accuse di E, più in generale, sul contributo delle due compagnie ai cambiamenti climatici. giamenti. Non ci erano state fornite inforcorruzione legate agli La popolazione britannica è responsabile del 2,5% delle emissioni mondiali di CO2. mazioni in merito. Solo a marzo 2010, poinvestimenti di società Bp vi contribuisce per il 5,6%. Significa che l’azienda emette nell’aria più del doppio Eni nella stessa che settimane prima dell’assemblea, Eni dell’anidride carbonica generata da 62 milioni di cittadini. Nigeria. Le accuse Con l’azionariato critico si può fare molto. Compagnie come Bp e Shell sono annunciava di avere messo a riserva 250 riguarderebbero orientate principalmente a generare profitti per gli azionisti. Se le obiezioni Saipem Contracting milioni di euro per tale eventualità. al loro modello di business arrivano da chi detiene il capitale, possono diventare Nigeria Limited, Com’è possibile che noi piccoli azionisti Elisabetta Tramonto una preoccupazione fondamentale. controllata Eni. sapessimo mesi prima e meglio della diriUPERIAMO IL METAL DETECTOR

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| finanzaetica | meeting antirazzismo |

| istituti di credito | finanzaetica |

Uguaglianza e ıntegrazione in festa

IL TESORO DEGLI STRANIERI QUATTRO MILIONI DI POTENZIALI CLIENTI, destinati a raddoppiare entro il 2025, e 200 mila imprese (a cui concedere prestiti), in crescita del 15-20% all’anno. Gli immigrati sono per le banche italiane un terreno da conquistare, con un mercato delle rimesse da 6 miliardi e 381 mila euro nel 2008, una cifra enorme, decuplicata negli ultimi dieci anni (erano 588 mila euro nel 2000). Gli istituti di credito da tempo si sono accorti di questo tesoro e negli ultimi anni stanno proponendo prodotti ad hoc. Monte dei Paschi di Siena propone “Paschi senza frontiere”, un pacchetto di prodotti con carte prepagate gratuite, tassi agevolati per il conto corrente e per l’accesso al credito al consumo, fideiussione sostitutiva della cauzione per l’affitto della casa e convenzioni con le banche dei Paesi d’origine. Unicredit ha lanciato “Agenzia tu” (www.agenziatu.it), per la gestione di conti correnti, prestiti personali e mutui per la prima casa per immigrati e lavoratori atipici. Intesa-Sanpaolo ha aperto diversi “Multiethnic Point”, punti di accoglienza presso le filiali per cittadini extracomunitari, e ha avviato un servizio di trasferimento fondi nei Paesi di origine “Get money to family”. Ma anche le banche più piccole si sono organizzate, dalle Bcc alle popolari, hanno creatoprodotti ad hoc per gli immigrati e, in alcuni casi, addirittura aperto sportelli riservati. Da molti soci di Banca Etica arrivano richieste verso l’istituto di credito, di creare prodotti per gli stranieri. Per ora però non sono stati formulati. Sarà uno dei punti in agenda per il prossimo Cda, entrato in funzione dal 22 maggio. E.T.

L’ingresso del meeting antirazzista del 2009, sempre tra Cecina Mare e Livorno, e il manifesto dell’edizione 2010.

Appuntamento tra Livorno e Cecina Mare per il sedicesimo Meeting Internazionale Antirazzista, quest’anno incentrato sul tema della cultura e della formazione delle giovani generazioni.

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l’opinione pubblica, con le persone in carne e ossa. L MEETING INTERNAZIONALE ANTIRAZZISTA (Mia) compie sedici anni. Non è, infatti, limitandosi ad accusare i singoli o le comunità locaCome sempre si terrà tra Livorno e Cecina Mare, in una regione li di razzismo che lo si potrà contrastare. Vanno ovviamente denunche ha investito molto sul tema dell’accoglienza e della lotta al ciate le responsabilità di chi, soprattutto in ruoli pubblici, soffia sul fuorazzismo, sia con il contributo delle amco dell’intolleranza (“cattivi con i clandestini” ha detto il Ministro ministrazioni locali, che con quello deldi Filippo Miraglia Maroni l’anno scorso e “finalmente cattivi” ha titolato Libero il 14 magla società civile organizzata. Si aprirà a Arci nazionale gio del 2009). Ma le persone, vittime anch’esse di una descrizione diLivorno con uno spettacolo la sera di vestorta e strumentale della realtà, di una semplificazione che individua nerdì 9 luglio e si chiuderà a Cecina sabato 17. Quest’anno abbiamo facili capri espiatori negli stranieri, non vanno lasciate sole di fronte ad deciso di investire soprattutto sulla formazione delle nuove generazioun messaggio comunque rassicurante e alla crisi che investe le comuni, con particolare attenzione ai giovani di origine straniera, puntando nità locali, demolendo molte certezze. su una presenza significativa del mondo della cultura. La paura per un futuro incerto e per un presente precario spesso si È proprio la cultura di questo Paese che si è progressivamente detrasforma, per responsabilità soprattutto della politica, incapace di dateriorata e, allontanandosi dai valori fondamentali sui quali è stata core risposte concrete, in paura degli altri. Paura da parte delle persone struita la nostra democrazia, soffre l’egemonia di idee intrise di rancopiù deboli nei confronti di quelli che stanno peggio di loro, degli ultire e intolleranza. Una situazione che si è determinata in un tempo mi della società, stranieri e minoranze, indicati come colpevoli e visti lungo, nel quale sono stati diffusi molti veleni che si possono riassucome concorrenti nella divisione di una torta sempre più piccola. mere negli slogan “prima gli italiani” o “padroni a casa nostra”, utiLavorare a un’alleanza con il mondo della cultura può servire a rilizzati per giustificare - raccogliendo molti consensi - la discriminaziocostruire un sentire comune basato sui principi della ne e il razzismo istituzionale che dilaga in molte città e APPUNTAMENTI nostra Costituzione. In primo luogo quel principio dell’uregioni. Un’ideologia che, con l’aiuto importante di tanti guaglianza, sancito dall’art.3 della nostra Carta Fondamedia che interpretano il proprio ruolo come megafono mentale, a cui si ispira il titolo della XVI edizione del Mia. della politica, ha prodotto un razzismo popolare, diffuso, Proprio sull’uguaglianza, su quanto sia mortificata nel senche sta penetrando la nostra società, come dimostrano i 9 - 17 luglio tire e nei comportamenti concreti, sulla necessità di rilantanti episodi di violenza razzista degli ultimi anni, a partiLIVORNO - CECINA SULL’UGUAGLIANZA ciarla come valore universale proveremo a riflettere insiere da quelli collettivi di Ponticelli e di Rosarno. ABBIAMO ANCORA me a molti intellettuali, scrittori, autori di teatro e di La preoccupazione che questo rancore diffuso nei MOLTO DA IMPARARE MIA 2010 cinema, rappresentanti dell’informazione, della politica, confronti di migranti e minoranze possa comprometMeeting della pubblica amministrazione e tanti operatori del montere seriamente la convivenza nelle nostre città, avveleInternazionale Antirazzista do dell’associazionismo e del terzo settore, a partire da conare irrimediabilmente le relazioni sociali, produrre seArci loro che le politiche del rancore pubblico le subiscono parazioni insanabili, ci ha spinto a promuovere meeting.arcitoscana.it quotidianamente, cioè dai migranti e dalle minoranze. iniziative che tentano di aprire un dialogo diretto con

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Una banca per gli stranieri in Italia

Apre a Milano la prima filiale di Extrabanca, il primo istituto di credito pensato per “conquistare” il target degli immigrati. Tra i soci Assicurazioni Generali, Fondazione Cariplo e una lunga lista di imprenditori del Centro-Nord Italia.

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E NE È ACCORTO ANCHE il Financial Times. In un articolo del 7 maggio scorso il quotidiano britannico l’ha definita “un esperimento interessante”. Si tratta di Extrabanca, l’istituto di credito lanciato a Milano da Assicurazioni Generali (con il 12% delle quote) e Fondazione di Federico Simonelli Cariplo (4,7%). Una ventina di dipendenti nella sede di via Pergolesi, la maggior parte stranieri, un capitaSotto, la prima filiale di Extrabanca, in via le sociale di circa 24 milioni euro e un azionariato compoPergolesi a Milano. sto, oltre che dai due soci di riferimento, da una pletora di Sopra, Otto Bitjoka, il vice-presidente. nomi dell’imprenditoria del centro-nord Italia. Straniero è anche il vicepresidente, un nome noto tra gli imprenditori immigrati: Otto Bitjoka, camerunense, presidente della Fondazione Ethnoland, il primo banchiere extracomunitario nella storia del credito in Italia. «Anche un’iniziativa come questa, che ha uno specifico obiettivo finanziario, può poggiare su pilastri che hanno una ricaduta in termini sociali», sottolinea il presidente della fondazione Cariplo Giuseppe Guzzetti. Ricadute, sì, ma il progetto è commerciale a tutti gli effetti: individua un segmento di clienti ancora poco battuto e potenzialmente in forte crescita e ci si lancia a capofitto. Basti pensare che gli imprenditori stranieri sono stati praticamente gli unici a crescere durante il 2009 (del 4,1% rispetto al 2008). Dati della Cgia di Mestre, che l’anno scorso ne ha contati 600 mila. «Devo dire che l’idea mi sembra buona - spiega Giorgio Roversi, responsabile immigrazione di Cgil Lombardia - naturalmente rimane il problema

degli irregolari, che restano esclusi da questi circuiti». Il mercato di riferimento della banca - che offre anche un conto corrente senza canone e alcuni servizi semplificati per l’invio di denaro all’estero - è quello di piccoli imprenditori, liberi professionisti e commercianti, oltre che famiglie. «Fino ad ora - racconta il direttore operativo Alberto Rabbia - il settore di maggior successo è stato il credito al consumo. In meno di due mesi abbiamo concesso una sessantina di prestiti a privati, circa 500 mila euro». I conti aperti nella filiale milanese per ora sono 200, il 90% a privati e un 10% a imprese. L’80% della clientela è composto da stranieri e il 20% da italiani. Prestiti a famiglie e finanziamenti a piccoli imprenditori quindi. E poi le rimesse all’estero. Un mercato che ha fatto gola a un parco soci decisamente vasto. Circa 35 i nomi a registro: dagli Arici di Brescia (oltre il 10% delle quote), al gruppo Giglio di Piacenza (8%) con Ingegneria Biomedia Santa Lucia, fino agli Amenduni (4%), ai Bonmezzadri di Como (4%) e ai Limonta imprenditori del tessile (8,6%). Ma ci sono anche i Bertola di Piacenza (4,2%), Mariella Burani (2,2%), Mario Buzzella, ex presidente di confindustria Cremona. Con una piccola partecipazione spunta anche il nome di Enrico Marcora, capogruppo UDC in consiglio provinciale di Milano. E parecchi altri nomi noti e meno noti. Di stranieri, però, ce n’è solo uno: Mohamed Lasrì, amministratore delegato di Siram, società di servizi energetici controllata dal colosso francese Veolia.

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| finanzaetica | Etica Sgr risponde |

I Fondi etici costano meno e sono più efficienti Valori riceve e, volentieri, pubblica una lettera del direttore generale di Etica Sgr, Alessandra Viscovi. Una risposta all’intervento

| finanzaetica | sostenuto direttamente i costi della ricerca, nella convinzione che sia un elemento distintivo della propria attività. Tutti i fondi “Valori Responsabili” hanno oneri molto competitivi e in costante diminuzione. Una ricerca condotta sul mercato italiano dall’Università di Bari, da un confronto tra fondi “etici” e tradizionali, mostra un costo medio inferiore dei fondi “etici”. E i costi dei fondi “Valori Responsabili” sono tra i più bassi.

Performance competitiva I fondi socialmente responsabili sono spesso e impropriamente indicati come prodotti non competitivi per il loro rendimento. Numerosi studi, condotti sia in ambito accademico sia tra gli operatori del mercato e raccolti dall’Unep 2, mostrano mediamente un legame positivo tra tale approccio e i rendimenti per la clientela. In Italia e nel caso di Etica Sgr i fondi “Valori Responsabili” presentano - a uno, tre e cinque anni - risultati di assoluto rilievo, che li collocano stabilmente tra i migliori rendimenti nelle rispettive categorie di Assogestioni. Il dato trova conferma sia nelle valutazioni (Morningstar) sia nei premi ottenuti (quattro i “Lipper Fund Awards” attribuiti dal Gruppo Thompson Reuters) da soggetti indipendenti di standing internazionale.

ETF, un confronto fuori luogo

La logica di Etica Sgr consiste nell’affiancare all’analisi più prettamente economico-finanziaria una solida valutazione di responsabilità sociale degli emittenti e un costante dialogo, tramite il Comitato Etico, con tutti gli stakeholders. Questo qualifica uno stile di un intervistato, pubblicato sul numero di maggio. dinamico, ma rigoroso, nell’applicazione dei criteri e fortemente differenziante rispetto agli altri prodotti. Il confronto con gli ETF apARO DIRETTORE di Valori, vorrei rispondere a quanto dipare improprio (nell’articolo a cui fa riferimento la lettera, il profeschiarato da un docente da voi intervistato sul numero sor Lanzavecchia dichiarava: “Sarebbe più efficiente un Etf di maggio (Alberto Lanzavecchia, ricercatore di Finan(Exchange Traded Fund). Permetterebbe di comprare gli stessi titoli za aziendale alla facoltà di Economia di Alessandra Viscovi dell’Università di Padova, ndr) riguar- selezionati con criteri etici, ma con una struttura di gestione meno costosa”) perché l’approccio utilizzato è profondamente diverso. Un do a Etica Sgr. Non per spirito poledirettore generale di Etica Sgr ETF è un fondo quotato a gestione generalmente passiva, che si limico, voglio precisarlo, ma per chiamita a replicare un indice definito. Etica Sgr ha scelto una gestione rire ai lettori degli aspetti che ritengo esposti in modo non corretto. attiva, confrontandosi con benchmark di mercato nella convinzione di poter avere rendimenti interessanti in I costi dei fondi etici senso assoluto. Gli indici “etici” attualmente presenti Il professore dichiarava che: “Etica Sgr, il gestore di fonsul mercato (FTSE4Good, Domini 400 social Index, di etici della banca (Banca Etica, ndr), non è tanto diDow Jones Sustainability Index, ecc.) presentano criteverso dai concorrenti. Ha la stessa struttura, con un adri di valutazione diversi e meno stringenti rispetto a visor e un comitato etico, che comporta costi elevati, quelli utilizzati attualmente da Etica Sgr. Anche dal che possono ricadere sull’investitore”. L’attività di ripunto di vista dei costi, i nostri fondi sono assolutacerca sulla responsabilità sociale degli emittenti richiemente competitivi come dimostra il loro Total Expense de tempo e risorse proporzionali all’ampiezza e all’apRatio (TER), indicatore di costo globale, in flessione da profondimento del lavoro. Ad oggi, Etica Sgr ha sempre Alessandra Viscovi. 4 anni. Un ETF rende più difficile offrire valore aggiunONERI DI GESTIONE E INDICATORE GLOBALE DI COSTO DEI FONDI ETICI E NON ETICI to in termini di aggiornamento e flessibilità dei criteri, dialogo con le imprese e azionariato attivo. AZIONARI OBBLIGAZIONARI FLESSIBILI BILANCIATI TOTALE FONDI ONERI DI GER ONERI DI GER ONERI DI GER ONERI DI GER ONERI DI GER Non bisogna dimenticare che non esiste una sola acGESTIONE GESTIONE GESTIONE GESTIONE GESTIONE cezione di responsabilità, di sostenibilità e, in generale, Fondi Etici 2,23 2,42 1,44 1,59 2,21 2,61 1,92 2,12 1,8 1,99 di etica dell’investimento: ogni operatore adotta criteri e [totale fondi 18] valutazioni che esprimono la propria idea di sviluppo. Fondi non Etici 2,58 2,93 1,67 1,87 1,84 2,1 1,94 2,31 1,99 2,267 Nel confronto diventa fondamentale la massima traspa[totale fondi 255] renza per consentire al risparmiatore di scegliere l’offerta Differenza -0,34 -0,51 -0,23 -0,28 0,37 0,51 -0,02 -0,19 -0,19 -0,28 più adatta alle proprie esigenze e ai propri valori.

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APPUNTAMENTI GIUGNO>SETTEMBRE

A CURA DI MATTEO CAVALLITO | PER SEGNALARE UN EVENTO SCRIVETE A REDAZIONE@VALORI.IT

Social Investment Organization. www.socialinvestment.ca 5 giugno TRENTO (ITALIA) IL SISTEMA BANCA ETICA AL FESTIVAL DELL’ECONOMIA DI TRENTO Si intitola “Scelte finanziarie consapevoli: come l’informazione può contribuire a renderle responsabili e sostenibili”, il convegno realizzato in occasione dell’edizione 2010 del Festival dell’Economia di Trento. Partecipano all’evento - in programma presso la Cassa Centrale Banche Credito Cooperativo del Nord Est in Via Clementino Vannetti 8 - Alessandra Viscovi, Direttore Generale di Etica Sgr, Enrico Salvetta, Direttore Area Finanza della Cassa Centrale Banca Credito Cooperativo del Nord Est, Mario Crosta, Direttore Generale di Banca Popolare Etica e Carlo Borgomeo, Presidente Fondazione per il Sud. Modera Andrea Di Turi. www.bancaetica.com

10 giugno MILANO (ITALIA) LA RESPONSABILITÀ DEGLI INVESTITORI OLTRE LE IDEOLOGIE: ESPERIENZE A CONFRONTO La crisi attuale mette in primo piano le responsabilità degli investitori nei processi decisionali. Quale importanza e quale ruolo assume la responsabilità sociale d’impresa? “Etica e finanza”: un binomio possibile? Se ne parlerà durante il convegno con esperti del mondo finanziario e accademico. Organizzano Etica Sgr e Banca Popolare di Milano. www.eticasgr.it

10-11 giugno TRENTO (ITALIA) FINANCIAL CO-OPERATIVE APPROACHES TO LOCAL DEVELOPMENT THROUGH SUSTAINABLE INNOVATION Incontro sul ruolo della finanza nello sviluppo locale attraverso il cooperative banking e il microcredito. Sponsorizza Euricse - European Research Institute on Cooperative and Social Enterprises. www.euricse.eu

14 - 16 giugno TORONTO (CANADA) RESPONSIBLE INVESTMENT: BUILDING SUSTAINABLE CAPITAL THROUGH INNOVATION Convegno sul ruolo dell’innovazione nel campo degli investimenti responsabili. L’evento è realizzato dalla Canadian

22 - 23 giugno ASSISI (ITALIA) COMPARING INEQUALITIES Workshop sul tema dell’analisi delle disuguaglianze organizzato dall’Italian Association for the Study of Comparative Economic Systems (AISSEC), con il sostegno dell’Università di Perugia, della European Association for Comparative Economic Studies (EACES) e dell’Associazione Italiana degli Economisti del Lavoro. www.socialcapitalgateway.org /call_AISSEC_work_ASSISI.pdf

24 - 25 giugno LONDRA (UK) 7TH EMN ANNUAL CONFERENCE Settima edizione della conferenza annuale dello European Microfinance Network organizzata congiuntamente con la Cdfa - Community Development Finance Association e con il sostegno della Commissione Europea nell’ambito delle celebrazioni del 2010 come Anno Europeo della lotta all’esclusione sociale e alla povertà. www.european-microfinance.org

28 giugno - 1 luglio MONTREAL (CANADA) SOCIAL ECONOMICS, THE SOCIAL ECONOMY, AND WELLBEING Tredicesimo congresso mondiale dell’Association for Social Economics. Ad ospitare l’incontro la Concordia University di Montreal. www.socialeconomics.org

13 - 15 luglio LONDRA (UK) TAKAFUL SUMMIT 2010 Quarto appuntamento con il summit finanziario. L’evento riunirà ancora una volta tutti gli attori internazionali del settore specializzati nel segmento del “Takaful”, il sistema islamico di assicurazione basato sulla reciproca cooperazione e la condivisione dei profitti. www.takafulsummit.com 18 - 23 luglio FIRENZE (ITALIA) INTERNATIONAL

SUMMER SCHOOL ON SOCIAL BANKING 2010 Emblematicamente intitolato “Banking on values - what values?”, il corso, destinato agli studenti e agli operatori di banche, imprese e progetti sociali si articolerà, spiegano gli organizzatori, in una serie di conferenze, dibattiti, laboratori e spazi aperti «per offrire una piattaforma che aiuti a far fronte a questo ampio problema, ed ispirare i nostri partecipanti a impegnarsi per un sistema bancario più attento e dedito all’uomo e alla natura». www.social-banking.org/summerschool 19 luglio - 6 agosto TORINO (ITALIA) 16th ANNUAL BOULDER MFT Programma estivo di corsi organizzati dal Boulder Institute of Microfinance presso il Training Center dell’International Labour Organization (Itcilo) di Torino. C’è tempo per iscriversi fino al 20 giugno 2010. www.bouldermicrofinance.org 25 - 30 luglio FRANCOFORTE (GERMANIA) HOUSING FINANCE SUMMER ACADEMY 2010 Corso dedicato allo studio degli strumenti finanziari utilizzati nel settore immobiliare dei mercati emergenti. Organizza la Frankfurt School of Finance & Management. www.frankfurt-school.de

26 - 30 luglio ACCRA (GHANA) MICROFINANCE SUMMER ACADEMY WEST AFRICA Corso intensivo sulla microfinanza organizzato dalla Microfinance Association, un’organizzazione internazionale non profit con finalità formative. www.microfinanceassociation.org

19 - 23 agosto JÖNKÖPING (SVEZIA) SUSTAINABLE REGIONAL GROWTH AND DEVELOPMENT IN THE CREATIVE KNOWLEDGE ECONOMY Conferenza sull’evoluzione dell’impresa sociale organizzata dallo European Congress of the Regional Science Association International che, nell’occasione, celebrerà i suoi cinquant’anni di attività. www.ersa.org |

31 agosto ITALIA SCADENZA BANDO “UNIVERSITY MEETS MICROFINANCE” Scadenza del 2° bando 2010 per sostenere le ricerche in microfinanza realizzato da Capgemini e PlaNet Finance Italia con il sostegno dell’Unione Europea. Le Borse di Studio, del valore massimo di 1.500 euro l’una, sono messe in palio nell’ambito del programma europeo 2009-2011 “University Meets Microfinance” che mira a creare maggiore cooperazione tra il mondo accademico, gli studenti e gli operatori di microfinanza in Europa. www.universitymeetsmicrofinance.eu

6 - 7 settembre LONDRA (UK) GLOBAL PARTNERSHIPS IN MICROFINANCE Conferenza sul tema della creazione di reti cooperative per lo sviluppo delle attività nel settore del microcredito. L’evento si svolgerà presso il World Heritage Maritime Greenwich campus della capitale inglese. microfinance.gre.ac.uk 10 - 12 settembre RETHYMNO (GRECIA) BEYOND THE CRISIS. FIRST INTERNATIONAL CONFERENCE IN POLITICAL ECONOMY Conferenza organizzata dalla Soas International Initiative for Promoting Political Economy (IIPPE) e dalla Greek Scientific Association for Political Economy. L’evento rappresenta il punto d’arrivo dei precedenti workshop realizzati dall’IIPPE a Creta, Napoli e Ankara. www.soas.ac.uk/iippe/

30 settembre GERA D’ADDA (ITALIA) MICROINSURANCE: AN INNOVATIVE TOOL FOR DISASTER AND RISK MANAGEMENT - SCADENZA BANDO L’Associazione Emanuela Morelli, con il patrocinio della Società Italiana di Filosofia Politica, indice un Concorso per una Borsa di Studio da 3000 euro sul microcredito e la microfinanza. L’iniziativa è riservata a giovani studiosi e studiose in possesso almeno di una Laurea Specialistica o Magistrale o equivalente conseguita presso un’Università italiana o straniera considerata equipollente. sifp.it/pdf/bando.pdf

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Diversità nell’unità

L’uso della religione di Federica Miglietta*

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PUBB CISL

ELLE SCORSE RUBRICHE SU VALORI ABBIAMO DELINEATO ALCUNE DIFFERENZE CONNESSE ALLA FEDE ISLAMICA. In particolare,

riguardo le due correnti maggioritarie dell’Islam: il Sunnismo e lo Sciismo. Comprendere queste differenze aiuta a guardare in modo corretto alcune apparenti “incongruenze” della cultura islamica. Apparenti perché dipendono solo dall’appartenenza all’una o all’altra corrente. Ma questa suddivisione non è completa: perché le due correnti si sono ulteriormente diversificate nei secoli. All’interno del Sunnismo, per esempio, sono nate alcune scuole di pensiero. Prendiamo l’Arabia Saudita, ove domina la scuola hanbalita, tra le più conservatrici e ortodosse: La storia di questo enorme e ricco Paese ci può spiegare molti aspetti dell’Islam. Nel 1750, quando ancora il Paese constava di una serie di Stati in lotta fra di loro, il sultano al-Saud entrò in contatto con un carismatico predicatore hanbalita, al-Waab. Con il suo aiuto riuscì a instaurare una prima entità statale all’interno del Paese. Nel corso dei secoli la dinastia di al-Saud (da cui prende il nome Saudita) è diventata la famiglia più potente e più ricca, governando un Paese ricco di petrolio. Il connubio tra la famiglia al-Saud e le idee fondamentaliste e conservatrici di al-Waab hanno fatto sì che nel Paese predomini il Wahhabismo, una forma autoritaria e non democratica della religione islamica, di derivazione hanbalita. Nel Paese non vige una Costituzione poiché il Corano e la Sunnah rappresentano la “Legge”, che non è neppure soggetta a interpretazioni (Ijmas e Qiyas) perché la scuola hanbalita non ne riconosce la validità. Questa radice storica aiuta a comprendere perché l’Arabia Saudita sia un Paese considerato dagli osservatori internazionali poco democratico e arretrato per quando riguarda La storia dell’Iran il rispetto dei diritti umani e soprattutto l’uguaglianza tra uomo e donna. e dell’Arabia Saudita In Arabia Saudita le donne e i loro comportamenti sono soggetti a una serie ci ricordano che la causa di regole che ne delimitano in maniera drastica il raggio di azione. Qualche di violenze, oppressione esempio: le donne non possono uscire di casa senza la presenza di un uomo e odio non è la religione ma l’uso che ne viene fatto della propria famiglia; non possono insegnare; non possono guidare. Esiste un corpo speciale della polizia saudita che ha il compito di reprimere qualsiasi comportamento ritenuto immorale secondo la Shari’ah e che risponde, con metodi spesso brutali, alle indicazioni della “Commissione statale per la prevenzione del vizio e la promozione della virtù”. Un altro Paese ove vige la Shari’ah è l’Iran, che si configura come una Repubblica Islamica. Anche se apparentemente simile all’Arabia Saudita (in termini di violazione dei diritti umani e di compressione dei diritti sociali e politici), l’Iran e la sua politica sono profondamente differenti dagli altri paesi islamici. L’Iran non è un Paese arabo, non appartiene cioè alla Lega Araba e nel Paese non si parla l’arabo bensì il Farsi (o Parsi) una lingua indoeuropea. In secondo luogo l’Iran è un Paese di culto sciita e proprio lo sciismo ne determina il peculiare ordinamento statale. Alla guida del Paese vi è la Guida Suprema, l’ayatollah Khamenei, capo religioso, civile e militare, affiancato dal Consiglio dei Guardiani della Costituzione. Da un punto di vista di diritti umani e di libertà civili anche l’Iran è spesso nell’occhio del ciclone (basti * Ricercatrice di Economia pensare alle contestatissime elezioni del Presidente Ahmadinejad, i cui oppositori sono stati perseguitati degli intermediari e ridotti al silenzio nel sangue). Anche lo sciismo, dunque, seppure soggetto a interpretazioni, può condurre finanziari presso la facoltà di Economia a una visione assolutista e poco democratica dello Stato. all’Università di Bari Da questi due esempi si comprende come spesso la causa scatenante della violenza, dell’oppressione e presso l’Università Bocconi di Milano e dell’odio non sia religione, ma l’uso che i religiosi ne fanno.

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L’universo dei Gas a raccolta. Sui distretti sarà battaglia >44 Stava 1985. Il Vajont dimenticato >49 Vivere a impatto zero. Yes we can! >51

economiasolidale FOTOVOLTAICO: ENTRO 5 ANNI ITALIA SECONDA IN EUROPA

AIUTI PUBBLICI AL TABACCO: LA REGIONE TOSCANA MANDA “IN FUMO” 40.000 ETTARI DI BIOLOGICO

È ITALIANO IL PROGETTO PER L’IDROGENO A BASSO COSTO

UNA T-SHIRT EQUOSOLIDALE PER I BAMBINI SUDAFRICANI

NUTRIRE LA MENTE SENZA DANNI PER LA NATURA GREENPEACE SVELA I LIBRI AMICI DELLE FORESTE

PIQ 2010: LA METÀ DEL PIL ITALIANO È DI QUALITÀ

Meno di cinque anni e l'Italia potrebbe superare la Spagna per capacità totale di energia fotovoltaica e posizionarsi così al secondo posto in Europa dietro la Germania. La previsione è contenuta nel rapporto “Global Market Outlook for Photovoltaics until 2014”, realizzato dall'Associazione europea dell'industria fotovoltaica (Epia). Il rapporto prende in considerazione lo sviluppo del fotovoltaico italiano e mondiale secondo uno scenario “moderato” e uno “ottimistico”, che contempla cioè l'adozione di ulteriori politiche incentivanti. Il primo caso prevede per l'Italia l'installazione di 800 MW di energia fotovoltaica nel 2010, 900 MW nel 2011, 1.000 MW nel 2012, 1.100 MW nel 2013 e 1.200 MW nel 2014, per un totale di circa 6.200 MW entro il 2014. Nell'altro caso, invece, questi dati saranno rispettivamente di 1200, 1250, 1500, 1750 e 2000 MW, per un totale di circa 8.900 MW nel 2014. Nel caso ottimista la capacità fotovoltaica italiana sarà superiore a quella della Spagna, che si fermerà a 7.600 MW. Nel caso moderato, invece, la Spagna resterà avanti, seppure di poco: 6300 MW contro i 6.200 dell'Italia. La classifica europea e mondiale sarà comunque guidata dalla Germania, nel cui territorio, secondo il rapporto, i megawatt di energia fotovoltaica dovrebbero oscillare tra i 26.780 dello scenario moderato e i 33.280 MW dell’ipotesi più ottimista.

Al di là della (legittima) passione per i sigari toscani, la scelta dei vertici della Regione Toscana ha poche altre giustificazioni: perché “grazie” ad essa, l’equivalente di 57mila campi da calcio che potevano essere coltivati a biologico, andranno letteralmente in fumo. È la conseguenza della decisione della giunta regionale di destinare al settore del tabacco le risorse agroalimentari – peraltro non ingentissime – del Piano di sviluppo rurale. 2500 euro di contributo ad ettaro. Considerando che, nel territorio toscano, il settore del tabacco conta 2700 ettari e 250 aziende, nei cinque anni del Piano il totale si aggira sui 34 milioni di euro. «Con questo importo – accusa Andrea Ferrante, presidente di Aiab – si potrebbero finanziare 40mila ettari di biologico (oggi in regione sono 27mila), una superficie quattordici volte superiore ai 2700 ettari di tabacco beneficiati. Si tratta del solito aiuto mascherato. Il biologico, che stava dando risposte concrete in termini di crescita economica, è stato penalizzato e le pochissime risorse a sua disposizione vengono invece dilapidate per azioni di nessun respiro in settori che già godono in maniera straordinaria di aiuti diretti». E il presidente della Firab (Fondazione italiana di ricerca in agricoltura biologica e biodinamica), Vincenzo Vizioli, si domanda: «Come mai è così facile trovare fondi per una realtà produttiva già sontuosamente foraggiata dal pubblico?». La replica alle perplessità di Aiab e Firab arriva dall’assessore regionale all’Agricoltura, Gianni Salvadori: «I fondi per il tabacco con sono lesivi degli interessi di altri produttori e le perplessità sono quindi eccessive. In questa fase, anche per sostenere al meglio la crisi che attraversano tutti i settori produttivi, la Regione sta infatti attivando il maggior numero possibile di misure ed azioni finanziabili».

Tra i progetti presentati da gruppi di ricerca, imprese e enti pubblici italiani, il suo è quello selezionato per rappresentare il nostro Paese all’Energy Globe Award, prestigioso concorso tecnico-scientifico internazionale nel settore energeticoambientale, al quale prendono parte ogni anno più di 100 nazioni con circa 800 idee e realizzazioni: Aldo Muntoni, professore associato di Ingegneria Sanitaria Ambientale dell’università di Cagliari, il 3 giugno è stato l’unico ricercatore italiano a partecipare alla cerimonia finale del prestigioso premio, a Kigali, in Rwanda. Muntoni, dal 2005, con un gruppo di ricerca sta sviluppando un processo denominato HyMeC (acronimo inglese per “idrogeno-metano-compost”). Il team sta cercando di produrre idrogeno da materiali di scarto biodegradabili usando un processo biologico fermentativo. Lo stesso processo che attualmente viene utilizzato per ricavare metano da materiali di scarto , viene modificato per produrre quantità significative di idrogeno a costi ridotti. Dalla prima fase di “HyMec” si ottiene idrogeno, dalla seconda metano; infine, il residuo finale viene miscelato a trucioli di legno e viene prodotto compost. Da una tonnellata di rifiuti organici si otterrebbero fino a 70 metri cubi di idrogeno, 500 metri cubi di metano e 250 kg di compost.

Il logo dell’iniziativa raffigurerà il continente africano trasformato in uno scarpino che calcia un pallone. Lo slogan sarà “Africa for a sustainable world”. In occasione dei Mondiali di Calcio in Sudafrica, Coop lancia una t-shirt in edizione limitata: un prodotto del commercio equo e solidale, realizzato con il cotone proveniente da filiere certificate del Mali, che assicurano un’adeguata remunerazione per i produttori, prefinanziamenti dei raccolti e rapporti di lunga durata. La t-shirt, che è in vendita sugli scaffali di oltre 1400 supermercati e ipermercati Coop da fine maggio, servirà a sostenere un progetto di solidarietà in una delle aree più degradate del Sudafrica, nota come East London. Nella zona, Coop ha già contribuito con un fondo da 50 mila euro, per realizzare strutture di accoglienza fornendo materiali per la costruzione di cucine, pozzi e cisterne d’acqua potabile, per migliorare l’alimentazione dei bambini (sono 800 da 0 a 10 anni i piccoli destinatari del progetto) e per costruire campi di calcio che funzionino da richiamo per i bambini orfani e abbandonati (35 mila, nella sola provincia di Eastern Cape). Oltre che con l’acquisto della t-shirt, al progetto si potrà contribuire facendo una donazione all’associazione umanitaria Ucodep, con cui Coop organizza il progetto: c/c postale 14301527 (causale Sud Africa) o con carta di credito, telefonando al numero verde 800.99.13.99.

Se entrando in una libreria siete indecisi quale libro comprare, tenete a mente questo elenco: Bompiani, Dindi, Edizioni Ambiente, Fandango, Foglio Clandestino, Gaffi, Hacca edizioni, Il Rovescio, La Coccinella e Lonely Planet. Acquistando i loro titoli infatti sarete sicuri di comprare un libro che non contiene tracce di... foreste pluviali. La notizia arriva dalla campagna “Salvaforeste” di Greenpeace, che, in occasione dell’ultimo Salone internazionale del Libro di Torino, ha pubblicato la classifica di sostenibilità delle principali case editrici italiane: la maggior parte dei libri venduti nel nostro Paese è una minaccia per le preziose foreste di Sumatra e per gli ultimi oranghi indonesiani che lì hanno il proprio habitat. L’Italia infatti è il maggiore acquirente europeo di carta indonesiana e il maggior cliente del “re della deforestazione”, la discussa APP (Asia Pulp and Paper). L’associazione ambientalista ha quindi chiesto agli editori di fornire informazioni sulla propria carta e sulla propria policy in tema di sostenibilità. Solo undici case editrici stampano su carta che unisce alte percentuali di fibre riciclate a fibre vergini certificate (FSC e PEFC sono i due maggiori enti certificatori del settore). «Una politica d’acquisto virtuosa – spiega Chiara Campione, responsabile della Campagna Foreste di Greenpeace Italia – anche perché in tal modo si crea una maggiore domanda sul mercato di carta riciclata». L’aspetto preoccupante della classifica è che solo il 18% degli editori acquista esclusivamente carta sostenibile. Mentre tutti i principali colossi – RCS Libri, Mondadori, Giunti e Gruppo Mauri Spagnol – non hanno una politica in tal senso. Nel 20% dei “più cattivi”, che non hanno nemmeno risposto alle domande di Greenpeace, si colloca anche Feltrinelli, che da sola controlla il 4% del mercato librario (il suo stand alla Fiera del Libro è stato non a caso invaso pacificamente dagli attivisti di Greenpeace). La classifica completa è disponibile su www.greenpeace.it/deforestazionezero.

Investire sulle produzioni di qualità piuttosto che accettare la pericolosa sfida della quantità può essere una soluzione adatta a fronteggiare la crisi in modo virtuoso. Ma per stimolare investimenti nella qualità, servono anche indicatori economici che sappiano misurare questo fattore. Anche quest’anno, la Fondazione Symbola ha presentato i dati del PIQ (Prodotto interno di Qualità). «Obiettivo dello strumento – ricorda il direttore di Symbola, Domenico Sturabotti – è misurare il posizionamento di un Paese o di un settore di attività rispetto al parametro della qualità». L’indagine, che ha visto coinvolte le principali associazioni di categoria - Confindustria, Coldiretti, CNA, Confartigianato, Confcommercio – ha evidenziato che i prodotti di qualità incidono in Italia per meno del 50% del Prodotto interno lordo (46,3% per la precisione). Un valore pari a 430 miliardi di euro. I valori del Piq sono però molto diversi tra le ventisette branche dell’economia italiana prese in considerazione. Quasi trenta punti percentuali separano il settore leader – la chimica – in cui le produzioni di qualità rappresentano il 62% del Pil e il comparto alberghiero e della ristorazione in cui, a sorpresa, i prodotti di buon livello incidono per poco più del 32%. Il rapporto completo e le metodologie utilizzate per l’indagine sono consultabili sul sito www.symbola.net.

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L’universo dei Gas a raccolta Ma sui distretti sarà battaglia

GLOSSARIO GAS I media “distratti” li confondono con i classici gruppi d’acquisto, ma quelli solidali non nascono tanto per risparmiare denaro, quanto per costruire relazioni stabili e concordare eque remunerazioni con i produttori agricoli (ma non solo). Ogni Gas sceglie liberamente fornitori e tempi di consegna. Criteri guida: prodotti locali, solidali, biologici. L’insieme di tanti piccoli comportamenti per costruire un’economia più giusta.

Il tradizionale appuntamento dei Gruppi d’acquisto solidale compie dieci anni. Per la prima volta parteciperanno anche i rappresentanti dei Des. Sul rapporto tra queste due entità dell’altra economia emergono però dubbi e posizioni diverse.

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“Da una parte i Gas possono trovare nel percorso dei Des una portata più ampia della loro azione, in una prospettiva di trasformazione sociale del territorio e dei modi di produrre dei piccoli produttori locali”, si legge nel programma dell’assemblea. “Dall’altra i Des trovano nei Gas una base di sostegno fondamentale per il loro operare. L’intreccio tra queste esperienze è quindi naturale”. Ma a sentire le diverse voci dell’universo-Gas una simile posizione non è affatto scontata. «Il “gasista-tipo” - commenta Sergio Venezia, del Comitato verso il Des della Brianza - fatica a percepire l’importanza dei distretti per

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Distretti: opportunità o pericolo?

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1. Gas o Gap? I Gruppi di acquisto possono essere popolari? “Popolare” nel prezzo o anche nel coinvolgimento? 2. Gas e Des? Perché tante diffidenze? Come possono i Gas influire sui modelli di produzione se non interagiscono coi produttori, permettendo l’affermarsi di contesti territoriali omogenei? 3. Oltre all’alimentare come affrontare altre “categorie” di beni e servizi? Sinora gli esperimenti sono rimasti tali e si presentano oggettive difficoltà nella scelta dei partner… 4. Gas e informazione: oltre la Rete come si relazionano oggi e in futuro con i media? Senza la diffusione dell’informazione completa e approfondita i Gas non rischiano di ridursi a meri circoli di acquirenti? 5. Dimensione e democrazia: alcune imprese sociali hanno deciso di porre dei tetti dimensionali per mantenere in vita reali sistemi di democrazia assembleare. Quali modelli possibili? 6. Ambiente, sistema distributivo, economia: moltissime le domande per acquisire le informazioni e costruire modelli realmente sostenibili e solidali. Perché non autotassarsi per finanziare attività di ricerca? 7. Rapporti con altri soggetti: Slow Food? Associazioni ambientaliste? Azionariato critico? Consumerismo? 8. Rapporti con le istituzioni: come fare in modo che i decisori pubblici discutano del modello Gas? 9. Rapporti con la politica: come passare dalla massima distanza al confronto? 10. Nascerà prima o poi un “Giovani acquirenti solidali”?

L’EVOLUZIONE DEI GAS IN ITALIA

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E SE PARLASTE ANCHE DI…? LE PROPOSTE DI VALORI PER UN DIBATTITO ALL’ASSEMBLEA DEI GAS

IL BOOM DEL FENOMENO GAS

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nelle diverse regioni d’Italia, un incremento delle persone coinvolte, un rafforzamento del loro ruolo: se in media ogni gruppo spende 30-40 mila euro all’anno, stiamo parlando di un movimento in grado di determinare acquisti per oltre 30 milioni di euro. Ma, inevitabilmente, ha aumentato anche le differenze e le istanze delle quali ogni gruppo è portatore. Nel mondo dei gasisti fioriscono avanguardie e retroguardie, che si evidenziano quando s’inizia a parlare dei temi cruciali per lo sviluppo del settore. Come sulla questione dei rapporti tra i Gas e Des (i Distretti di economia solidale, che stanno crescendo in particolare nelle regioni del Nord) o sul tema della rappresentanza delle istanze gasiste. Nei distretti, nei media e nella politica.

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innanzitutto evitate l’errore di considerarlo un movimento omogeneo. È piuttosto un universo “a geometria variabile” quello che si riunirà, per la decima assemblea annuale, a inizio giugno in prodi Emanuele Isonio vincia di Lecco. I gruppi d’acquisto solidali e le loro reti, negli ultimi anni, sono stati protagonisti di una crescita impetuosa. Basta pensare che dai 28 Gas registrati alla Rete nazionale del 1999 si è passati agli oltre 650 dei primi mesi di quest’anno (vedi GRAFICO ), a cui si aggiungono almeno altri 300 non registrati. La crescita ha portato con sé un progressivo radicamento

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E VOLETE DAVVERO COMPRENDERLO,

incidere sulle politiche territoriali e la necessità di aprire canali verso gli altri soggetti dell’economia solidale». Inevitabile forse, vista la crescita nel numero dei Gas. «Lo sviluppo è talmente veloce da rendere difficile diffondere la consapevolezza di tali temi in chi si è avvicinato da poco al movimento». In realtà, anche tra i gasisti di “primo pelo” c’è chi vede nel rapporto con i distretti un rischio di snaturare l’esperienza originaria: «Credo in un sistema senza intermediari», osserva Giorgio Castelnovo, promotore del Gas Bellezza di Milano. «I distretti portano elementi di intermediazione nel rapporto con i produttori, che invece i Gas avevano eliminato. Vedo poi un rischio di deficit di democraticità nella rappresentanza dei Gruppi d’acquisto all’interno dei distretti. I Des possono essere utili come somma dei Gas: uno strumento per portar avanti le loro azioni, per replicarle e sistematizzarle. E dovrebbero essere subordinati all’approvazione di una Carta dei valori che chiarisca chi in un distretto può entrare e chi no». «Se siamo arrivati al punto da avere simili preoccupazioni, significa che siamo cresciuti davvero molto», commenta Andrea Saroldi, uno dei promotori della Rete Gas nazionale, che, tuttavia, giudica “fondati” simili timori. «Con i Des si rischia di ripetere l’esperienza della Coop? È una domanda classica nel nostro mondo. Per evitare gli errori del passato, dobbiamo cercare di mantenere gli anticorpi: i livelli di scala in primis. Le decisioni vanno prese a livello più basso possibile e a quelli superiori dobbiamo delegare solo l’indispensabile o quanto ogni singolo Gas non riesce a portare avanti da solo. Dobbiamo inoltre cercare di diffondere il principio di rotazione degli incarichi. Nei rapporti con gli enti locali, poi, va assolutamente scongiurato il rischio-dipendenza: ben venga se il settore pubblico vuole |

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RES Le Reti di Economia Solidale lavorano per creare rete tra i soggetti dell’altra economia: i Gas di uno stesso territorio, prima di tutto, ma anche con imprese, associazioni e cooperative. Nel 2002 è nata la Rete Res Nazionale con l’obiettivo di collegare le diverse esperienze di reti italiane. DES I Distretti di economia solidale sono “laboratori” locali, nati per attuare nuovi modelli economici, basati sui princìpi dell’economia equa e socialmente sostenibile, la sostenibilità ecologica, la valorizzazione della dimensione locale e la partecipazione attiva e democratica. Ai distretti possono aderire i Gas, le imprese e le reti di economia solidale, i lavoratori del Terzo settore, gli enti locali sensibili a questo percorso.

In alto: un’immagine del casale all’interno nel terreno acquistato dai soci del Gruppo Acquisto Terreni di Mantova.

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| economiasolidale | aiutare i distretti, ma i Des devono avere vita propria, per evitare una subordinazione culturale ed economica». D’altra parte c’è anche chi vede nei distretti una ghiotta occasione per un “salto in avanti” nel percorso avviato dai Gas. «Le pratiche gasiste sono straordinarie. Ma senza un investimento nella rete e nei distretti, l’efficacia del cambiamento è ridotta», osserva Vincenzo Vasciaveo, del Gas di Baggio e tra i fautori del Distretto rurale del Parco Sud di Milano. «O i Gas si collegano in un distretto, scegliendo dei temi “federatori” o rifluiscono su sé stessi. Rimangono un’ottima scelta ma non incidono sul tessuto sociale e sulle scelte degli enti locali». «In Brianza – spiega inoltre Sergio Venezia – se non fosse stato per i Gas, il distretto non sarebbe proprio nato. Non a caso quattro gruppi sono tra i soci del Des e gli altri sono rappresentati nel suo Consiglio direttivo attraverso la “Retina” che ne riunisce venticinque». «E se anche ci fosse il rischio di una rappresentanza inadeguata dei Gas nei distretti, non sarebbe comunque un motivo valido per non tentare», aggiunge Giuseppe Vergani, della Retina della Brianza. «Abbiamo nella nostra storia tutti i saperi per costruire un percorso secondo criteri non deleganti. E solo unendo in rete le tante positive esperienze fatte a livello locale, abbiamo la possibilità di produrre effetti a livello naLINK UTILI zionale. Solo così possiamo pensare di influenzare i processi di regowww.convegnogasdes2010.org lamentazione». Il dibattito è aperwww.retegas.org to: ce n’è abbastanza per animare la www.retecosol.org due-giorni lecchese.

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5 E 6 GIUGNO: IL DECENNALE A OSNAGO (LECCO)

LIBRI

Giusi D’Urso Paola Iacopetti Mangiando in allegria. Mangiare meno e inquinare meno, proviamo? Felici Editore, 2009 Realizzato “dal basso”, cioè raccogliendo le prenotazioni all’interno dei Gruppi d’acquisto di Calci, Viareggio, Massa, Barga, Pisa, Sesto Fiorentino, Cascina, Vicopisano, L’Orbaco e Molina di Quosa, un libricino pieno di ricette e consigli semplici per educare alla buona alimentazione i più piccoli… e i grandi.

DOPO LA “TRASFERTA” SICILIANA dello scorso anno, i Gruppi d’acquisto solidali hanno scelto Osnago (Lecco) per celebrare, il 5 e 6 giugno, l’assemblea del decennale, alla quale, per la prima volta, prenderanno parte anche i Distretti dell’economia solidale. Le discussioni saranno organizzate in gruppi di lavoro: comunicazione, piccola distribuzione organizzata, sovranità alimentare, in rete con il commercio equo, in rete con la finanza etica, progettazione di filiere solidali non food, certificazione partecipata. Il programma completo, con l’elenco dei relatori, è consultabile su www.convegnogasdes2010.org.

La prossima sfida: da gasisti a proprietari terrieri?

CON LE MANI IN PASTA… DI PANE

Cinquanta soci e un milione di euro per salvare 15 ettari dal cemento e per coltivarli biologicamente: a Mantova è nato il Gruppo d’Acquisto Terreni.

S

I GIOCHERÀ NELL’ACQUISIZIONE DIRETTA della terra da coltivare la nuova sfida che attende in un futuro nient’affatto remoto i Gruppi d’acquisto solidale? Il fenomeno è ancora poco noto anche tra i gasisti di più lunga data, ma l’idea di acquistare appezzadi Emanuele Isonio menti di terreno da sottrarre al cemento e da destinare a coltivazioni biologiche inizia a farsi strada. Soprattutto nelle aree del Belpaese sottoposte a maggiore stress dall’urbanizzazione selvaggia e dalla speculazione edilizia. Il tema è stato introdotto in Italia dai promotori del Gat (Gruppo d’Acquisto Terreni): «Nella provincia di Mantova - racconta uno dei fondatori, Rosanna Montecchi – il cemento si mangia, ogni giorno, 17 mila metri quadri di territorio. Un po’ per arginare il fenomeno, un po’ per investire il nostro denaro in modi “alternativi” e per riconquistare la sovranità alimentare attraverso la rilocalizzazione e la coltivazione biologica, abbiamo acquistato un’area di 15 ettari a Quistello, vicino a un parco d’interesse locale». Un investimento da 1,15 milioni, diviso in cento quote da 11.500 euro: 85 già vendute a 45 soci (hanno aderito medici, ingegneri, ricercatori agrari, avvocati) e 15 ancora di-

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sponibili. «Abbiamo scelto di non avere più di cento soci perché vogliamo che questa sia anche un’occasione di socializzazione e condivisione». Un contadino – anch’esso socio – si occupa di gestire il terreno, coltivato secondo le indicazioni di un agronomo, che, insieme al Cnr sta portando avanti un programma di recupero di sementi antiche («Alla faccia della Monsanto…», scherza Rosanna Montecchi). Nello statuto della società è stato espressamente indicato l’obbligo di usare il terreno per coltivazioni biologiche e il divieto di rivolgersi a istituti di credito compromessi con il commercio di armi e altri settori contrari ai principi dell’iniziativa. Nei prossimi mesi sono attesi i primi frutti, che saranno destinati ai soci ed eventualmente venduti a terzi. Un’esperienza innovativa anche per l’estero, dove esempi simili si misurano con il contagocce. Come il Land Trust della Soil Association (il maggiore ente certificatore inglese del biologico), creato per acquisire - attraverso donazioni, lasciti o compravendite - fattorie e terreni coltivati a biologico e secondo le tecniche tradizionali con il vincolo di gestirle per sempre secondo i principi della sostenibilità ambientale e sociale. O come

un altro esempio inglese, i Community Farm Land Trusts della Stroud Common Wealth Company, che lavorano in modo da mantenere la proprietà e la gestione delle aree rurali direttamente nelle comunità locali. L’iniziativa di Mantova sarà probabilmente replicata in altre aree: «Già altri gruppi hanno chiesto la nostra consulenza per replicare il progetto in varie regioni italiane. Ci piacerebbe riuscire a “riconquistare il territorio”, costruendo una vera e propria rete di Gat», rivela Rosanna Montecchi. E l’idea ha subito trovato commenti positivi anche tra i gasisti. «È un tema che sicuramente porremo nei prossimi mesi», assicura Giuseppe Vergani della Retina della Brianza. «Credo possa essere uno spazio di attivazione importante e necessario. Soprattutto in territori come il nostro, il cui la difesa del territorio diventa vincolante. Altrimenti rischiamo di non avere proprio la base per costruire la filiera corta dei prodotti agricoli». E Sergio Venezia, del Comitato per il Des della Brianza aggiunge: «Per noi sarebbe una manna. La tutela del nostro territorio è un problema cruciale. Certo, se le quote fossero più basse sarebbe senz’altro meglio».

È UN “LAVORONE”, PRENDE DALLE OTTO DI MATTINA FINO ALLA UNA (quell’ora che da queste parti si chiama “il tocco”), coinvolge almeno tre persone ma il risultato sono tra i venti e i venticinque chili di pane fragrante impastato con farina biologica e cotto a legna. Fare il pane in casa è un’idea nata dal Gas di Vecchiano, paesino nella campagna pisana tra collina e mare, dove hanno fatto anche partire un progetto di coltivazione di un pezzetto di terra da destinare proprio a grano per il pane. Al momento il terreno è andato a finire sotto le sabbie del fiume Serchio, straripato prima di Natale e ora quindi bisognerà saltare il prossimo raccolto per avere la farina prodotta sul posto. Ma intanto, da qualche mese, il Gas ha cominciato a sfornare il pane. Che non è in vendita, ma è destinato a chi aiuta a farlo, a chi si presenta il martedì mattina alle otto per condividere il lavoro. Non è una cosa da tutti fare il pane in casa e in quantità simili, ma il Gas di Vecchiano ha qualche nota caratteristica diversa dagli altri: ha al suo interno il Centro nuovo modello di sviluppo (Cnms), il Centro coordinato da Francuccio Gesualdi, dove viene elaborata la Guida al consumo critico (Editrice Missionaria Italiana, 2008) e da dove sono partite molte campagne di informazione o di boicottaggio, che hanno poi assunto dimensioni internazionali. La lavorazione del pane viene fatta nella grande casa colonica, sede del Cnms, e nasce come esperienza di vita in comune e come progetto di aggregazione, che continuerà poi con la coltivazione del grano. Pa. Bai. www.gasvecchiano.altervista.org Sopra: un’altra immagine dell’area acquistata dal Gat di Mantova. A sinistra: la lavorazione del pane nel Gas di Vecchiano.

LINK UTILI progettogat.blogspot.com www.gruppoacquistoterreni.it www.soilassociation.org stroudcommonwealth.org.uk

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| economiasolidale | dopo il voto |

| anniversario | economiasolidale |

Le regionali annullano le liste dei movimenti

Stava 1985 Il Vajont dimenticato

Venticinque anni fa, 170 mila metri cubi di fango fuoriusciti dall’impianto minerario di Prestavel spazzarono via un intero paese e uccisero 268 persone. Una tragedia

I movimenti politici “dal basso” e le liste civiche non riescono a superare la prova delle elezioni regionali,

accompagnati da un’astensione che è giunta ai massimi storici. Uniche positive eccezioni: Piemonte ed Emilia Romagna.

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28 E 29 MARZO SCORSO sono state probabilstematicamente ignorati dagli amministratori regionali. In Lombardia mente le peggiori elezioni regionali italiane. Sia per le il movimento di Beppe Grillo ha raggiunto quasi 100mila voti (2,3%), modalità con cui si sono svolte, sia per la credibilità delpiù della Federazione della sinistra di Vittorio Agnoletto (2%). la classe politica tutta. E quella “politica dal basIn Veneto, la lista “IDEA-Nucleare no grazie” (tra i fondatori il preso” che stava nascendo - mesi di riunioni, insidente di Banca Etica, Fabio Salviato) ha raccolto lo 0,67%, con 15.097 di Jason Nardi contri, manifestazioni, nuovi movimenti e voti e, chiaramente, nessun seggio. Nonostante il relativo successo in coordinamenti politici, che Valori ha raccontato nei numeri scorsi alcune città (a Monselice la lista ha sfiorato il 10%), nel resto della renon ha ottenuto risultati degni di nota. Tra pasticci nella presentaziogione la risposta è stata debolissima. In Liguria l’unica lista non diretne delle liste, candidati impresentabili, un clima politico avvelenato, la tamente apparentata a un partito è stata la formazione “Gente d'Italia”, sospensione sulla Rai dei programmi di politica, la già poca visibilità di “partito politico di moderati che vuol provare a riportare in un nuovo candidati di liste civiche è stata annullata. Molti dei “movimenti dal equilibrio la nostra nazione”: promuove la filiera corta, l’integrazione basso” hanno deciso di non presentare una lista e le poche che l’handei bambini immigrati negli asili e varie politiche per i trasporti non no fatto, non hanno superato l'1%. Segno evidente di una debolezza propriamente ambientaliste. Ha preso lo 0,72%. In Lazio si è presengenerale della società civile organizzata ritata la “Rete dei cittadini”, legata al PartiIL TREND DELL’ASTENSIONISMO spetto a una classe politica che, pur in difto per i Beni Comuni. La candidata MarDAL 2005 AL 2010 ficoltà, rimane chiusa e autoreferenziale. zia Marzioli ha preso lo 0,32%. In CampaIN PUNTI PERCENTUALI, PER REGIONE nia, il Movimento 5 stelle guidato da Roberto Fico, è arrivato all’1,33%, mentre in Piccoli grilli crescono Basilicata il “Movimento politico contro Solo una lista è riuscita a emergere, probal’indifferenza” non ha raggiunto l’1% bilmente grazie a un’organizzazione e una (mentre Magdi Allam, con il suo “Io amo preparazione pluriennali e a un forte mesla Lucania” ha ottenuto un seggio, con il saggio di alternativa ai due schieramenti: 3,73%). la “Lista Cinque Stelle - beppegrillo.it”, La politica nazionale e regionale italiache in due regioni (Emilia Romagna e Piena, chiusa, gerontocratica e discreditata, monte) ha ottenuto tra il 3% e il 6% e due SECONDO UN’ANALISI dell’Istituto Cattaneo di Bologna “per la prima non sembra lasciar alcuno spazio per nuoseggi in ciascuna. Regioni tradizionalmenvolta nella storia repubblicana la partecipazione elettorale in una ve formazioni. Gli unici spiragli di attente di centro-sinistra, dove però i temi dei consultazione di rilievo nazionale è scesa nettamente sotto il 70%, toccando il 63,5%, ben 8 punti in meno rispetto alle regionali del 2005 zione verso i beni comuni, la sostenibilità comitati civici e delle associazioni ambien(71,5%). Il calo è stato particolarmente pronunciato anche rispetto alle taliste - dalle proteste per le grandi opere recenti elezioni europee del 2009 (-6,1% nelle 13 regioni)”. L’astensionismo ambientale e la giustizia economica, si noha toccato il tetto nelle regioni del centro Italia: “Lazio (+11,9%), Toscana tano a livello locale, dove le esperienze si come la Tav alla richiesta di democrazia (+10,5%), Liguria, Emilia-Romagna e Marche (+8,7%), tutte regioni in cui il centro-sinistra ha vinto (o, nel caso del Lazio, perso di poco)”. moltiplicano, pur scollegate tra loro. partecipativa - sono visti con fastidio o si5,2

4,8

4,4

CAMPANIA

BASILICATA

6,0

CALABRIA

VENETO

8,2

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PUGLIA

PIEMONTE

8,6

8,3 LOMBARDIA

8,7 MARCHE

UMBRIA

8,7 EMILIA-ROMAGNA

10,5

8,7

TOSCANA

LIGURIA

LAZIO

13 REGIONI

8,0

11,9

UELLE DEL

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figlia di scelte tecniche criminali,

per le quali sono state condannate Eni e Montedison. Ma il dramma potrebbe ripetersi in altre parti d’Italia.

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L 19 LUGLIO PROSSIMO SARÀ TRASCORSO un quarto di secolo. Alle 12 e 22 minuti e 55 secondi di un venerdì estivo del 1985 un’impressionante colata di fango e detriti strappò via la vita di 268 persone e sconvolse per sempre l’esistenza dell’intera comunità della Val di di Emanuele Isonio Stava. Un secondo Vajont. Una catastrofe anIn alto: la piana nunciata, figlia di scelte tecniche e industriali assurde. di Stava rasa al suolo Ma che, nonostante tutto, avrebbe rischiato di finire e gli interventi nell’elenco delle tragedie dimenticate di cui è pieno il successivi al disastro. Sotto: i bacini nostro Paese. L’impegno dei superstiti, però, ha dato un di decantazione della senso positivo a quanto accaduto, trasformandolo in miniera di Prestavel. un’occasione d’impegno civile.

“Non poteva che crollare” Probabilmente non occorre una laurea in ingegneria per capire che è inconcepibile collocare 800 metri a monte di un centro abitato un bacino di decantazione con 170mila metri cubi di acqua e rocce provenienti da una minie-

ra. Se poi si aggiunge che il terreno scelto è inadatto perché acquitrinoso e ha una pendenza media del 25% con punte dell’80%, la scelta diventa criminale. Eppure è esattamente il tipo di terreno utilizzato dalle società che avevano in gestione dal 1960 la miniera di Prestavel, controllate, negli anni, da due dei maggiori colossi della chimica e della siderurgia italiana, Montedison ed Eni. “Un errore di localizzazione così macroscopico - accusava la relazione della Commissione d’inchiesta nominata dalla Presidenza del Consiglio dei ministri dopo il disastro - può trovare giustificazione soltanto nella scarsa considerazione generale che all’epoca il mondo della produzione e quello preposto alla gestione del territorio mostravano verso i problemi della salvaguardia dell’ambiente e della sicurezza civile”. L’argine del bacino, in poche parole, “era mal fondato, mal drenato, staticamente al limite. Non poteva che crollare alla minima modifica delle sue precarie condizioni di equilibrio”. |

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| l’intervista | economiasolidale |

Una decisione criminale, appunto. Dettata da ragioni soprattutto economiche: costruendo i bacini di decantazione a poche decine di metri dalla miniera si volevano, infatti, risparmiare le costose spese di trasporto verso siti di lavorazione più sicuri, ma più lontani. Il fatto drammaticamente ironico è che alle società controllanti la tragedia di Prestavel è costata molto di più di un lavoro ben fatto: Eni ed Edison, insieme a Finimeg e alla provincia di Trento hanno dovuto sborsare 133 milioni di euro. “Se a suo tempo fosse stata spesa una somma di denaro e una fatica pari anche soltanto ad un decimo di quanto si è profuso negli accertamenti peritali successivi al fatto - si legge nella sentenza del giudice istruttore del Tribunale di Trento - probabilmente il crollo di 170 mila metri cubi di fanghi semifluidi non si sarebbe mai avverato”.

PREMIO ALEX LANGER: AL FIANCO DI CHI DIFENDE AMBIENTE E DIRITTI UMANI «LA FONDAZIONE STAVA 1985 HA DUE MERITI: coltivare la memoria storica di un evento che ha segnato profondamente la comunità trentina e coniugarla con l’esigenza di diffondere una più forte sensibilità ambientale. Per questo le abbiamo conferito il premio per il 2010», spiega Rainer Girardi, vicepresidente della Fondazione Langer, che assegna un premio annuale (finanziato quest’anno e per il futuro da Banca Etica) a singoli o associazioni che, con scelte coraggiose, operano in difesa dei diritti civili o nella conversione ecologica dell’economia e del lavoro. La fondazione nasce nel 1999 da un gruppo di amici di Alexander Langer “allo scopo - si legge nello Statuto di sostenere gruppi e persone che con la loro opera contribuiscono a mantenere viva l’eredità del suo pensiero e perseguono il suo impegno civile, culturale e politico”. Un impegno, quello di Langer (nella foto, con Messner nel 1983), iniziato in Lotta Continua e continuato poi nel partito dei Verdi (del quale è tra i fondatori). Promotore di numerose iniziative per la pace, la convivenza, l’ambiente e contro la manipolazione genetica, Langer è stato anche eurodeputato tra il 1989 e il 1995. Nel luglio di quell’anno si tolse la vita nella campagna toscana. Aveva 49 anni. Ai familiari e agli amici lasciò un breve biglietto: “Non siate tristi, continuate in ciò che era giusto”. Em. Is.

Un’occasione di riscatto civile

LA MINIERA DEI VELENI CHE MINACCIA LA SARDEGNA

Da quella tragedia, tuttavia, la comunità della Val di Stava ha trovato la forza per uscire in modo positivo e virtuoso. Le 172 parti civili decisero di utilizzare i 500 milioni di lire riconosciuti loro durante il processo penale, per creare una fondazione che tenesse viva la memoria dell’accaduto e potesse diffondere i valori della sostenibilità ambientale e sociale delle attività industriali. «La nostra comunità - spiega Graziano Lucchi, presidente della Fondazione Stava 1985 - aveva bisogno di uscire da un tunnel di disperazione. La nascita della fondazione è stata un’occasione per trasformare l’evento in un momento di riscatto civile». Memoria, formazione e denuncia. Tre pilastri dell’attività della fondazione: un centro di documentazione, un percorso storico-naturalistico (“La Montagna delle Scoperte”) che guida i visitatori nella miniera e nei bacini di decantazione. La fondazione ha inoltre promosso, con le università di Trento, Modena, Reggio Emilia e il politecnico di Torino, un master universitario di II livello in “Analisi e gestione di sistemi geotecnici”. Oltre ad esso vengono realizzati seminari scientifici per gli amministratori e i tecnici delle aziende e degli enti pubblici. «L’aspetto della formazione – spiega Lucchi - è essenziale per alzare il livello di guardia verso simili catastrofi. Incidenti come quello della Val di Stava continuano ad avvenire nel mondo al ritmo di due all’anno».

INSIEME ALLE MINIERE TOSCANE, in pole position per entrare nel triste elenco delle “tragedie annunciate” italiane, c’è anche l’impianto sardo di Furtei, a Campidano, circondato da campi di grano a perdita d’occhio. Quando fu aperto nel 1995, prometteva di essere “l’Eldorado sardo”. Negli anni invece alla popolazione locale non ha portato ricchezza, ma uno scempio ambientale che rischia di trasformarsi in emergenza sanitaria. Nella zona della miniera, infatti, accanto ai macchinari bloccati da mesi, ci sono vasche colme di mercurio, ferro, cianuro, piombo e cadmio e bacini con pareti dalle quali fuoriescono metalli pesanti. A denunciare la potenziale bomba ecologica gli ex operai della Sardinia Gold Mining, proprietaria della miniera, che, una volta licenziati, si sono ormai trasformati in guardiani volontari per evitare che i veleni si diffondano nell’ambiente. Poche settimane fa, per un guasto di una pompa idraulica, le acque di un vascone stavano per riversarsi nei fiumi. In quell’occasione la riparazione fu effettuata in tempo. Ma, finché non ci sarà una bonifica definitiva, il disastro ecologico è solo rinviato. Em. Is.

IL 5X1000 PER LE DUE FONDAZIONI

In alto: Papa Wojtyła in preghiera nel cimitero delle vittime. A lato: il centro di documentazione.

LIBRI E DVD

Graziano Lucchi Stava perché Ed. Curcu & Genovese

Nuove “Stava” alle porte? Per evitare incidenti analoghi, quindi, la Fondazione – insignita quest’anno anche del Premio Langer (vedi BOX ) – collabora con altre comunità minacciate da rischi simili. I casi più preoccupanti si concentrano in Toscana, nella zona delle Colline Metallifere. Gavorrano, Nicioletta e Fenice Capanne, le situazioni più critiche. | 50 | valori |

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Stava 1985 – Il film Fondazione Stava

GIUGNO, TEMPO DI DICHIARAZIONI dei redditi. Un’opportunità però per donare il 5x1000 ad associazioni ed enti di ricerca. Chi volesse scegliere la Fondazione Stava 1985 potrà farlo indicando il codice fiscale 01748010228. Per la Fondazione Langer il codice è invece il 94069920216.

«La miniera di Fenice Capanne – rivela Lucchi – fu costruita dallo stesso ingegnere che realizzò quella di Prestavel. E, come a Stava, dopo essere stata gestita dalla Montecatini, oggi la concessione è in mano all’Eni». Che in effetti vorrebbe disfarsene. Ma la Regione Toscana si oppone alla restituzione della concessione, finché l’area non sarà messa in sicurezza (accettandola, metterebbe l’Eni al riparo da eventuali responsabilità). Ma, finora, l’azienda ha preferito fare ricorsi al Tar piuttosto che agire. «È la stessa cultura che ci ha portato via 268 nostri compaesani» commenta Lucchi. «Una cultura che non ha rispetto per la vita e il territorio e che fa prevalere le scelte di natura economica sulle ragioni tecniche. Quello che manca in questi casi è un’analisi complessiva dell’attività aziendale. Se un simile approccio non muterà, saremo testimoni di nuove tragedie. E piangeremo altri morti».

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CYBERSTERN.COM

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Vivere a impatto zero Yes, we can! Vita ad impatto zero sul pianeta: Colin Beaven e la sua famiglia ci hanno provato e ci sono riusciti abitando nel centro di New York. L’esperimento è diventato un blog, un film, un libro.

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ITA A IMPATTO ZERO: nessuna emissione, né rifiuti. È l’esperimento che Colin Beaven, sua moglie e la loro bimba conduco-

no dal 2007 a New York. Ma altro che “impatto zero”! La storia di Beavan ha creato un vero e proprio effetto a catena, stimolando molti altri a provare a fare lo stesso, dimostrando che vivere senza consumare l’ambiente in modo scriteriato è possibile e lo è anche per chi vive in una grande città. Un successo anche mediatico, sviluppatosi attraverso il blog di Colin visitato da un milione e ottocentomila persone dalla sua nascita un anno e mezzo fa. Beavan è stadi Corrado Fontana to definito da alcuni webmedia come uno dei dieci uomini più influenti del 2007 e la sua storia è diventata un film in presa diretta, passato al Sundance Film Festival e oggi in programma in anteprima per l’Italia all’edizione 2010 Sopra: Colin Beaven, protagonista con di Cinemambiente, a giugno a Torino. «Abbiamo scoperto che una vita rispettosa dell’ambiente fa bene alle persone e la sua famiglia del film al Pianeta. Così gran parte dell’anno appena trascorso ha acquisito senso per noi come famiglia», ricorda Beaven. No impact man. LA GIORNATA DELL’AMBIENTE SI PASSA AL CINEMA CINEMAMBIENTE – ENVIRONMENTAL FILM FESTIVAL si svolge quest’anno dall’1 al 6 di giugno e non in autunno come negli anni passati: uno spostamento mirato a far coincidere la sua tredicesima edizione – organizzata insieme al Museo nazionale del cinema di Torino – con la Giornata internazionale dell’ambiente, che cade il 5 giugno 2010. Ad animare la manifestazione torinese non sarà solo l’anteprima italiana di No impact man ma, come sempre, uno sguardo ampio sulle tematiche dell’ecologia e della sostenibilità, promosse attraverso lungometraggi e video, incontri e presentazioni. Luogo principale degli appuntamenti il cinema Massimo, ma non solo: proiezioni all’aperto si terranno nel cortile del Museo regionale di scienze naturali e in altri luoghi della città. Evento speciale del 2010, oltre al docu-film tratto dall’esperienza di Colin Beaven, la proiezione di The Cove, vincitore dell’Oscar 2010 come miglior documentario, sul grave pericolo di estinzione dei delfini. In occasione del festival si svolgeranno anche il Concorso internazionale documentari (in gara una decina di titoli, tra cui The End of the line di Rupert Murray, sul rischio estinzione di molte specie di pesci, diventato un caso in Inghilterra), il Concorso documentari italiani (protagonisti di alcuni video l’amianto delle case bianche di Rogoredo a Milano e l’enorme specchio installato dal sindaco del paesino piemontese di Viganella per poter avere luce anche in inverno) e un Concorso internazionale di cortometraggi. www.cinemambiente.it

Come è cambiata la vostra vita? È bene mangiare alimenti senza prodotti chimici velenosi e preferire gli alimenti di nostra fiducia, prodotti da agricoltori locali. Piuttosto che prendere un taxi per andare in palestra a correre sul tapis roulant, è meglio fare esercizio durante il giorno andando in bicicletta e camminando. Abbiamo tagliato il nostro consumo di energia al 20% e regalato i nostri condizionatori d’aria. Il punto non è quello di privare noi stessi, ma assicurarsi che le risorse che usiamo siano rinnovabili e contribuiscano a rendere davvero felici le persone. Qual è il rapporto tra la felicità e uno stile di vita senza impatti negativi sulla natura e sul clima? Molto di ciò che abbiamo fatto “per il Pianeta” è risultato essere migliore anche per noi. Abbiamo mangiato cibo locale e la nostra pelle si è schiarita. Abbiamo smesso di spendere il nostro tempo per essere consumatori e lo abbiamo dedicato ad amici e vicini. Ciò che è buono per il Pianeta è un bene per le persone. Dobbiamo imparare dai |

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| economiasolidale | Paesi poveri e capire come non sprecare. E le nazioni ricche devono aiutarli a permettersi tecnologie rinnovabili, attualmente più care di quelle convenzionali. Se non li aiutiamo, non avranno altra scelta che avvalersi di tecnologie inquinanti che fanno male a tutti noi. Quali sono le mura mentali da abbattere per uscire dallo stile di vita che conduciamo ora? La vera domanda è: perché sei vivo? Cosa vuoi dire sulla tua pietra tombale? Cosa vorresti dire ai tuoi amici di te in soli cinque minuti? Qui negli Stati Uniti ogni atto è compiuto come se le nostre vite dovessero essere dedicate a ottenere più soldi e comprare più cose. Nel frattempo, il 27% di noi ha sofferto di depressione o ansia nell’ultimo anno. Gli americani prendono così tanto Prozac che, attraverso la pipì, inquinano l’acqua! Il modo per superare le barriere psicologiche è fare della ricerca di una vita felice il nostro obiettivo primario. Qual è il valore del vostro esperimento al di là dei benefici che ne avete tratto? L’importante riguardo No Impact Man è che collega la prospettiva personale con il politico. Mostra che il modo di LIBRI vivere le nostre vite giorno per giorno ha una connessione enorme con i grandi problemi politici del mondo. Abbiamo avviato una piccola Ong attraverso la quale le persone possono sperimentare una vita a impatto zero per una settimana (www.noimpactproject.org) e Colin Beavan in circa 10 mila l’hanno fatto. No Impact Man Un anno offre l’occasione alle persone di discutere di a impatto zero uno stile di vita migliore e di cominciare a faCairo Editore re qualcosa al riguardo.

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10 REGOLE PER AZZERARE IL PROPRIO IMPATTO Ecco le 10 regole che potete adottare per trasformare la vostra vita ed essere più velici ed “eco-friendly”. Parola di Colin Beaven. 1. SMETTERE DI MANGIARE CARNE BOVINA. A livello mondiale, la produzione di carni bovine contribuisce ai cambiamenti climatici più del settore dei trasporti. 2. ABBANDONARE L’ACQUA IN BOTTIGLIA. La produzione di bottiglie di acqua di plastica insieme alla privatizzazione della nostra acqua potabile è una catastrofe ambientale e sociale. 3. OSSERVARE UN “ECO-SABATO”. Per un giorno, un pomeriggio o anche un’ora alla settimana, non comprare niente, non usare le macchine, non accendere nulla di elettrico, non cucinare, non rispondere al telefono. In altre parole, date a voi stessi e al Pianeta una pausa nell’uso delle risorse. 4. ATTRIBUIRE LA DECIMA PARTE DEL PROPRIO REDDITO PER IL NON-PROFIT. L’idea di comprare cose per aiutare la gente è folle, soprattutto se si pensa che il nostro consumo danneggia l’habitat. 5. ARRIVARE IN TUTTA TRANQUILLITÀ. Impegnarsi a muoversi in bicicletta o a piedi un certo numero fisso di giorni al mese. 6. IMPEGNARSI A NON SPRECARE. Lo spreco consuma risorse del Pianeta e svuota il portafoglio. Non surriscaldare la casa, ripara, riusa, ricicla… 7. COSTRUIRE UNA COMUNITÀ. Ascolta barzellette. Invita a cena gli amici. Canta insieme. Reimparare a scherzare e giocare non costa nulla al nostro portafogli o al nostro Pianeta. 8. APPLICARE I PROPRI PRINCIPI AL LAVORO. Un amministratore delegato di un’azienda o un designer hanno il potere di fare una differenza enorme con il loro business. 9. DEDICARE UNA GIORNATA ALLA SETTIMANA A UN SERVIZIO AMBIENTALE INVECE DI GUARDARE LA TV. L’americano medio guarda quattro ore e mezza di tv al giorno. Prendi un giorno di riposo dal televisore e dedicalo a migliorare il nostro Pianeta. 10. CREDERE CON TUTTO IL CUORE CHE IL MODO DI VIVERE LA TUA VITA FA LA DIFFERENZA PER TUTTI NOI. Siamo tutti interconnessi. Ogni passo verso una vita consapevole in cui si considerano le conseguenze delle nostre azioni fornisce il supporto a tutti gli altri - sia che lo sappiano o meno - che stanno cercando di fare la stessa cosa.

www.teatrofestivalitalia.it Napoli Teatro Festival Italia www.puntacorsara.it Punta corsara A sinistra la birreria di Miano. Sotto, un momento del Napoli teatro festival e alcune scene di “Alberi adagiati”.

La città sul palcoscenico Seconda edizione di un evento che abita tutta la metropoli e mischia un’anima internazionale a mille

partenopee. Società e umanità sono scandite nel racconto, in un tempo scenico che spazia dall’istante alla vita.

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realizzata lungo l’asse tortuosa che da Napoli passa attraverso il Singapore Arts Festival, la East West Theatre Comdopo gli 83 spettacoli e 82 mila spettatori del 2009, il Napany in Bosnia-Erzegovina e gli artisti di Les Ballet C de la poli Teatro Festival Italia. La scelta di utilizzare lo scenario B dal Belgio); nel Napoletango di Giancarlo Sepe c’è il dianaturale della città e i suoi siti monumentali, arlogo di una famiglia di tangueros partenopei mentre il cocheologici e urbani come palcoscenico ideale per la di Corrado Fontana reografo argentino Rodrigo Pardo danza in una toilette. rappresentazione di pièces pensate e realizzate nei Tutti gli estremi spazio-temporali vengono compressi mesi scorsi a Napoli e per Napoli non è stata abbandonaLA CITTÀ PERFETTA dalla messa in scena ma il valore del fattore tempo è svita, ma semmai arricchita. E così al Real Albergo dei Poveluppato in modo quasi ossessivo. Renato Quaglia, direttori, alla Darsena Acton, al Maschio Angioino, alle gallerie I DESTINI OPPOSTI di due giovani re artistico della manifestazione, si interroga proprio su d’arte, ai musei, chiese, chiostri e sotterranei si aggiungepartenopei si «Quanto tempo siamo disposti a concederci per seguire ranno quest’anno luoghi mai utilizzati per la scena teatraraccontano in La città di fuori / La città una storia?» e illustra la risposta del Napoli Teatro Festival le, come il sito archeologico del Rione Terra a Pozzuoli e di dentro: Chimicone, Italia: «Peter Stein invita il pubblico per una intera giornaun simbolo dell’architettura industriale degli anni Cinanarchico che aderisce alla violenza eversiva; ta, per rivivere il più moderno capolavoro di Dostoevskij. quanta come l’ex birreria di Miano. Festival col crisma di Sanguetta – nomen Ai personaggi di Robert Lepage occorrono nove ore per un profondo radicamento in una realtà che teatralizza omen – che sale affamato le scale della raccontare, in quattro lingue, una storia che si sviluppa ogni cosa, che trasforma farsa e tragedia nel loro contrario, camorra fino a uno nell’arco di settant’anni. Gaetano ma anche vocazione a guardare scranno da piccolo boss. Storie napoletane SCAMPIA DAVANTI ALLE QUINTE Ventriglia offre ai personaggi di fuori e lontano attraverso le conate dal romanzo di Delitto e castigo due giorni, una produzioni internazionali che Angelo Petrella La città PUNTA CORSARA, UN BEL NOME per un bel progetto perfetta. Coprodotto notte e la scena reale dei vicoli dei fanno lavorare insieme artisti itateatrale. Nato nel 2007, vive grazie alla Fondazione con I teatrini e Teatri Campania dei Teatri ed è stato pensato per il quartiere Quartieri Spagnoli. A Manuela liani con quelli di altri Paesi. della Legalità e con di Scampia. Ma qualcosa è cambiato. Il teatro Cherubini e a Rafael Spregelburd Un festival di molteplicità la regia di Mario Gelardi auditorium, costruito negli anni ’80 con i finanziamenti e Giuseppe Miale del dopo terremoto e rimasto chiuso per 20 anni, si è serve invece un’ora al giorno, per nel centro della Campania. DanDi Mauro, lo spettacolo trasformato nella sede del laboratorio e degli spettacoli venti giorni consecutivi, per inza e teatro sono i linguaggi imva in scena su tre teatrali dei ragazzi che partecipano al progetto. Punta giornate nell’inedito Corsara è ora una vera compagnia teatrale e sarà trecciare tutte le vicende degli olpiegati per celebrare il gioco del scenario teatrale al festival napoletano con Il Signor di Pourceaugnac tre cento personaggi della prima calcio e i suoi personaggi in Footdel Real Orto Botanico. di Molière (25, 26, 27 giugno alla Ex Birreria di Miano). “teatronovela” europea». ball, football (una co-produzione ORNA PER LA SUA TERZA EDIZIONE dal 4 al 27 giugno prossimo,

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APPUNTAMENTI GIUGNO>SETTEMBRE giugno ITALIA GOLETTA VERDE È la campagna estiva di Legambiente di informazione e sensibilizzazione sullo stato di salute del nostro mare. Dal 1986 ad oggi, ogni estate, il battello ambientalista compie il periplo delle coste italiane prelevando e analizzando circa 500 campioni d’acqua ed eseguendo su ognuno le analisi previste dalla legge. www.legambiente.eu/campagne/goletta /index.php 3 - 6 giugno TRENTO FESTIVAL ECONOMIA 2010 L’anno scorso il tema fu: Come ha fatto il mondo ad arrivare sull’orlo di una nuova Grande Depressione? Quest’anno, la domanda chiave è: Come possiamo attrezzarci perché non accada più? www.festivaleconomia.it 4 - 27 giugno NAPOLI NAPOLI TEATRO FESTIVAL ITALIA 2010 Giunto alla terza edizione, sarà un Festival internazionale di creazione, che promuove nuove progettualità, utilizza come palcoscenico intere parti della città, invita artisti, commissiona testi originali, propone spettacoli site-specific. www.teatrofestivalitalia.it 5 giugno MONDO WORLD ENVIRONMENT DAY Il 5 giugno è la Giornata Mondiale dell’Ambiente istituita dall’ONU per stimolare una maggiore sensibilità, promuovere azioni concrete e concentrare l’attenzione dei governi sulle tematiche ambientali. www.unep.org/wed/2010/english 5 - 6 giugno OSNAGO (LECCO) CONVEGNO NAZIONALE GAS E DES 2010 Una nuova tappa nella costruzione di una “economia delle relazioni”. Per la prima volta Gas (Gruppi di acquisto solidale) e Des (Distretti di economia solidale) si confrontano alla ricerca di un cammino comune. Due giorni di incontri, testimonianze, seminari, animazione. www.convegnogasdes2010.org 6 giugno RICCIONE NO ECOMAFIA TOUR Parte il 6 giugno da Riccione, in occasione | 54 | valori |

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A CURA DI ANDREA BAROLINI | PER SEGNALARE UN EVENTO SCRIVERE A REDAZIONE@VALORI.IT

del Premio Ilaria Alpi, la nuova campagna itinerante di Legambiente, per portare l’annuale dossier “Rapporto Ecomafia” a contatto con la gente, ricondurlo alla sua origine, proprio dove accadono i fatti di cronaca. Dove muore un poco alla volta il nostro Paese. www.legambiente.eu/documenti/2008 /0604_ecomafiatour/index.php

10 - 11 giugno TORINO BIO SOTTO CASA. RISTORAZIONE COLLETTIVA SOSTENIBILE CON I PRODOTTI BIOLOGICI Corso di formazione gratuito organizzato da Aiab, Amab e Coldiretti rivolto ai decision maker e agli operatori del settore alimentare. Obiettivo: spiegare gli impatti ambientali della ristorazione collettiva e i vantaggi di servizi basati su filiere biologiche ed ecocompatibili. www.aiab.it e www.ecomeal.info 11 - 12 giugno FORLÌ ECONOMIA SOCIALE: IL CONTRIBUTI DEI GIOVANI ECONOMISTI VII edizione del workshop che vedrà ricercatori di università italiane e straniere riuniti per presentare le proprie ricerche dedicate all’economia sociale. www.aiccon.it/agenda_scheda.cfm?wi d=250 17 giugno ROMA LIBERA UN’ALTRA ITALIA Alle ore 20, presso la Stazione della Birra (Via Placanica 172, Morena) concertoevento organizzato dal Presidio dell’associazione Libera “Vito Volterra” di Ciampino con il Comitato Studentesco per la Legalità del Liceo “James Joyce” di Ariccia e il Liceo “S. Giuseppe del Caburlotto” di Quarto Miglio. Il ricavato sarà devoluto alla Cooperativa “Le Terre di Don Diana - Libera Terra” per la gestione dei beni confiscati alle mafie nel Casertano. www.libera.it 18 giugno PESARO FOTOVOLTAICO: TAVOLA ROTONDA CON LA REGIONE MARCHE Incontro per capire come investire nel fotovoltaico: quali opportunità per le aziende del territorio, il quadro normativo, gli incentivi e gli strumenti finanziari, i profili tecnico-progettuali. www.businessinternational.it/events /ed.action?edCode=2356

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25-27 giugno PISTOIA VII FORUM GREENACCORD L’UMANITà IN CAMMINO NEL CREATO Torna a Pistoia – Sala dei Vescovi, piazza del Duomo - l’appuntamento con il Forum dell’Informazione Cattolica per la Salvaguardia del Creato organizzato dall’associazione ambientalista Greenaccord. Tre giorni di interventi e relazioni di esperti, esponenti del mondo universitario e sociale. Ma anche tanti racconti di vita personale e di comunità per trasmettere il senso del cammino dell’uomo nelle bellezze del pianeta Terra. L’evento sarà interamente trasmesso sul sito www.greencanal.eu. Le relazioni e gli interventi saranno invece disponibili su www.valori.it Luglio ITALIA COMUNI RICICLONI Legambiente premia i comuni più impegnati nei programmi per la raccolta differenziata dei rifiuti. Sono oltre 1000 i comuni in Italia che ogni anno si candidano per partecipare al concorso. www.ecosportello.org Luglio - ottobre ITALIA LA CAROVANA DELLE ALPI Campagna per la difesa e valorizzazione delle Alpi, territorio in cui si concentrano enormi risorse naturali ma anche una grande potenzialità produttiva. Il primo passo per garantire il mantenimento del paesaggio alpino è contrastarne lo spopolamento, al pari delle azioni contro gli inquinamenti e il degrado. www.legambiente.eu 2 luglio ROMA L’ITER AUTORIZZATIVO PER LA REALIZZAZIONE E GESTIONE DI IMPIANTI FOTOVOLTAICI E EOLICI Ottenere l’autorizzazione per la costruzione di un impianto fotovoltaico e/o eolico rappresenta uno degli elementi che maggiormente incide sulla tempistica legata all’entrata in esercizio e quindi sulla redditività dell’investimento fatto. Ne discutono giuristi e tecnici. www.businessinternational.it/events /ed.action?edCode=2326

16 - 18 luglio PARCO DELLE MADONIE SOLEXP ESPERIENZA SOSTENIBILE E LEGALE Agricoltura biologica, riuso e riciclo dei

materiali, mobilità sostenibile, energie rinnovabili, bioedilizia sono i temi del primo festival internazionale della sostenibilità e della legalità, organizzato dal CoMeSS (consorzio mediterraneo per lo sviluppo sostenibile). www.solexp.it 18 - 23 luglio FIRENZE INTERNATIONAL SUMMER SCHOOL ON SOCIAL BANKING Un’importante esperienza formativa organizzata dall’Institute for Social Banking, centro studi internazionale promosso da alcune tra le più importanti banche etiche e alternative europee. Per l’Italia è presente Banca Popolare Etica. Le iscrizioni scadono il 20 aprile. www.social-banking.org/en/news

6 - 15 agosto ENAOLI (GR) FESTAMBIENTE È uno dei maggiori appuntamenti europei dedicati all’ecologia e la solidarietà, organizzato nel cuore della Maremma toscana. Il festival promuove la qualità della vita in tutti i suoi aspetti: sana alimentazione, salvaguardia del patrimonio ambientale e culturale del paese, innovazioni tecnologiche, promozione delle fonti rinnovabili, tutela delle tradizioni e culture locali, solidarietà, svago e divertimento in chiave ambientalista. www.festambiente.it

7 - 10 settembre ROMA ZEROEMISSION ROME 2010 L’edizione 2010 sarà caratterizzata da una rinnovata modalità di svolgimento, e comprenderà Eolica Expo Mediterranean dal 7 al 9 settembre; PV Rome Mediterranean, CSP Expo, ECO House, Geoenergy Expo, CO2 Expo e CCS Expo dall’8 al 10 settembre. www.zeroemissionrome.eu

23 - 25 settembre BOLZANO KLIMAENERGY Fiera dedicata agli usi commerciali e pubblici delle energie rinnovabili. Tappa fissa per gli operatori del settore, si distingue per il carattere specializzato di espositori e visitatori. www.fierabolzano.it

Politica e finanza

Chi comandava a Berlino Est? di Paolo Fusi

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N PROCESSO SVIZZERO HA DECISO CHE LA BANK AUSTRIA (controllata di Unicredit) debba risarcire 230 milioni di euro alla Germania. Un risarcimento dovuto alle attività della società Novum, guidata da una misteriosa donna d’affari viennese, tale Rudolfina Steindling. Questa società, durante gli ultimi dieci anni della DDR, guidava e finanziava le attività politiche estere della SED, il partito unico della Germania Est: il finanziamento di partiti amici in altre nazioni, il sostegno di personalità di estrema sinistra braccate dai regimi locali, oppure, più prosaicamente, lo sviluppo delle relazioni commerciali a beneficio, non della collettività, ma di coloro che, al di là del muro, erano molto più uguali degli altri. Il processo si è svolto in Svizzera perché lì passavano i milioni, una volta usciti dall’Austria, diretti alle loro destinazioni finali. Leggendo questo fatto nasce la prima domanda. Ma i soldi non venivano da Berlino Est? Nossignori, venivano da Vienna, erano principalmente finanziamenti dati dal Governo austriaco per la dolorante economia della DDR. Il primo pensiero potrebbe essere: ma guarda che gentaglia, i generosi austriaci danno loro dei soldi per sfamare il popolo e quegli aguzzini li usano per costruirsi una residenza dorata all’estero! Roba da Craxi, perbacco! Invece, come al solito, bisogna guardare le cose con attenzione. Perché solo ora questa sentenza? Perché questi soldi devono andare alla IKB, l’equivalente tedesco della Cassa del Mezzogiorno, andata in fallimento con una cifra multimiliardaria di buco. Il Governo Merkel ha bisogno di quei soldi per turare un po’ la falla, giacché il proprietario ultimo della IKB è il Governo federale e, quindi, se la bancarotta non viene in qualche modo evitata, ad andare in fallimento è la Bundesbank con tutto il Paese. I soldi per la politica Cosa che non può e non deve succedere e non succederà. interna li metteva Bonn, A me però interessa altro. La SED si faceva, quindi, pagare le attività quelli per i servizi segreti estere dal Governo austriaco, sia sotto Kreisky che sotto Vranitzky, due gli Usa, la politica estera la pagava Vienna. E l’Urss governi per lo più a conduzione mista socialdemocratica e democristiana. A partire dagli anni ’70 la sola grande banca della DDR abilitata a interagire metteva le pallottole sui mercati occidentali, la DHB-Deutsche Handelsbank, aveva segretamente venduto il 30% delle proprie azioni al Credit Lyonnais. Nello stesso periodo la Germania Ovest, sotto la spinta del ras bavarese Franz Josef Strass, aveva iniziato a finanziare ufficialmente la DDR. A Lipsia e Dresda una società chiamata SCM, poi rilevata dal gruppo Minolta e ora trasferita a Krefeld, costruiva macchine per cifrare le comunicazioni su patente filippina (non è uno scherzo!) e le vendeva negli Stati Uniti. Il capo di quella società, un parente del dittatore filippino Ferdinand Marcos, si chiamava Herminio Disini e, alla caduta del regime (1986), si è nascosto a Vienna e ha preso la cittadinanza austriaca, trasferendo tutte le attività che aveva ereditato dalla cassa estera della dittatura del suo Paese nella Germania Est. Quando cadde il Muro diede l’incarico a due ufficiali della Stasi di raccogliere i soldi rimasti. Lo fecero, ma scapparono con il bottino in Sudamerica. Ricapitoliamo: i soldi per la politica interna li metteva Bonn; quelli per i servizi segreti (in parte minima, ma qui conta il principio) gli Americani; a pagare per la politica estera ci pensava Vienna. Ma allora, questa riunificazione tra le due Germanie - la più colossale truffa politica e finanziaria mai compiuta ai danni di una popolazione europea dai tempi della cessione di Nizza, Marsiglia, Pola, Zara e Fiume - c’è mai veramente stata? La DDR apparteneva davvero al blocco comunista? Dato che le fucilate sparate a chi fuggiva oltre il Muro non ci permettono di dubitare, allora, chi diavolo comandava a Berlino? E la Guerra Fredda?

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Sudafrica: potenza coloniale africana >58 Occhi a mandorla in Africa, conquista o affari? >63 Nollywood, il cinema più a sud di Hollywood >66

internazionale UNA NUOVA VIA DEL COMMERCIO DALL’EUROPA AL SUD AMERICA

ONU: NELLA COMMISSIONE PER I DIRITTI ALLE DONNE ELETTO UN MEMBRO DELL’ANTI-FEMMINISTA IRAN

BIODIVERSITÀ A RISCHIO: L’EMERGENZA È MONDIALE

PETROLIO, NUOVI IMPIANTI NEL GOLFO DEL MESSICO

CHAVEZ ALL’ATTACCO DEGLI SPECULATORI. MA IL VENEZUELA RISCHIA GROSSO

OBAMA CHIEDE 80 MILIARDI PER IL TRATTATO NUCLEARE

L’Unione europea sta pianificando una serie di misure per intensificare i rapporti commerciali con l’America Latina. Ciò in barba alle preoccupazioni manifestate da alcuni ministri dei Paesi membri e da produttori del Vecchio Continente, che temono la competizione con i concorrenti d’oltreoceano. Per questo i negoziati con il gruppo del Mercosur (che comprende Argentina, Brasile, Uruguay e Paraguay), congelati dal 2004, potrebbero essere presto riaperti. La decisione è arrivata dopo una lunga serie di colloqui a Madrid. In particolare, si è pianificato un piano di iniziative da 125 milioni di euro per facilitare gli investimenti in America del Sud, capaci potenzialmente - secondo il presidente della Commissione di Bruxelles Jose Barroso «di generare business per oltre 3 miliardi di euro». Un’operazione, quella dell’Ue, che costituisce di fatto il superamento della Doha Development Agenda: si passa così dall’ipotesi di accordi globali ad una serie di intese regionali. E per l’Europa questo primo passo potrebbe costituire un nuovo volano per la ripresa economica, dal momento che la crescita in America Latina è attesa intorno al 4%: ben al di sopra del +1% prospettato dal Fondo monetario internazionale per i 27 Paesi membri dell’Ue.

È passata quasi in sordina la notizia che le Nazioni Unite hanno eletto un membro iraniano nella Commissione per i Diritti delle donne. Una scelta che non può che lasciare perplessi, dal momento che il governo di Teheran può di certo difficilmente ergersi a paladino dell’emancipazione femminile. La scelta è arrivata pochi giorno dopo l’abbandono, da parte dell’Iran, della candidatura per un posto presso il Consiglio dei Diritti Umani: il Paese islamico dovrà “accontentarsi” di perorare la causa delle donne e, più in generale, delle pari opportunità. Ma è giunta soprattutto ad una settimana da una notizia rimbalzata proprio dall’Iran, che ha dell’incredibile. Secondo la bizzarra (per usare un eufemismo) teoria dell’ayatollah ultraconservatore Kazem Sediqi (foto), «I rapporti sessuali extraconiugali sono all’origine dell’incremento dei sismi» nel Paese. E la colpa principale, indovinate di chi è? Delle donne, ovviamente: «Molte di loro vestono in modo sconsiderato, provocando smarrimento nei giovani, mettendo a rischio la loro castità e incitando ai rapporti al di fuori del matrimonio nella società, che a loro volta incrementano i terremoti. Le calamità naturali - sostiene l’ayatollah - sono il risultato delle azioni della gente». Sarebbe divertentissimo, se non fosse vero. Forse tutto ciò ha provocato un po’ di imbarazzo anche nel Palazzo di Vetro, e forse per questo l’annuncio dell’ingresso di un membro iraniano nella Commissione per i Diritti delle donne è stato dato senza dar fiato ad alcuna tromba: in un documento distribuito nei giorni scorsi dalle Nazioni Unite, si legge dell’elezione. Effettuata “per acclamazione”: formula che indica che nessuno degli Stati membri ha chiesto un voto aperto sulla questione. Tacito assenso o distrazione? Siamo ottimisti: magari si è voluto lanciare un segnale: gran parte dell’Iran, infatti, è tutt’altro che involuta.

Nel 2002 i governi di tutto il mondo si erano impegnati a “raggiungere, entro il 2010, una riduzione significativa del tasso attuale di perdita della biodiversità”. Ma otto anni dopo un rapporto - il Global Biodiversity Outlook 3 dimostra che quel solenne impegno è rimasto ampiamente disatteso. Il dossier, redatto da un gruppo di scienziati nominati su proposta di governi, organizzazioni internazionali ed Ong, è stato pubblicato dalla Convenzione sulla diversità biologica (un organismo mondiale creato nel 1993). Sconfortanti i dati in esso contenuti: 10 dei 15 indicatori principali sviluppati dalla Convenzione mostrano tendenze sfavorevoli per la biodiversità; nessun governo ha raggiunto gli obiettivi nazionali; i cinque fattori che più danneggiano la biodiversità (cambio di habitat, sovrasfruttamento, inquinamento, specie esotiche invasive e cambiamenti climatici) stanno aumentando di intensità; le specie animali censite sono diminuite del 30% tra il 1970 e il 2006 e continuano a ridursi, soprattutto nelle aree tropicali. «Continuiamo a perdere la biodiversità ad un ritmo mai visto nella storia», denuncia il segretario esecutivo della Cbd, Ahmed Djoghlaf. «Lo status quo non è più un'opzione se vogliamo evitare dei danni irreversibili ai sistemi di sostegno della vita nel nostro pianeta».

Le autorità americane hanno concesso a British Petroleum e ad un’altra dozzina di altre compagnie petrolifere nuovi permessi di trivellare nel golfo del Messico. Sembrerebbe una notizia di qualche mese fa, prima del disastro dell'impianto Deepwater Horizon, esploso lo scorso 21 aprile provocando la morte di 11 dipendenti di BP, e che da quel momento provoca il riversamento nelle acque dello stesso golfo di almeno 5 mila barili di greggio al giorno. Invece la decisione è arrivata a metà del mese di maggio direttamente dal Minerals Management Service (MMS) americano, organismo che - secondo le leggi statunitensi sulla salvaguardia delle specie in pericolo e sulla protezione della fauna marina - è incaricato di fornire alle compagnie il via libera alle trivellazioni. Eppure è stata la stessa agenzia governativa che, nei mesi scorsi, ha lanciato ripetuti avvertimenti circa l’impatto sull’ecosistema di tali modalità di estrazione del petrolio offshore. Né sono valse le raccomandazioni della National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA), che ha spiegato in più di un’occasione come trivellare nel golfo del Messico costituisca un enorme pericolo per l’ambiente. Dal gennaio del 2009 nell’area sono stati autorizzati dall’MMS 346 piani di estrazione del greggio.

«Colpiremo gli speculatori dove fa più male». Il presidente venezuelano Hugo Chávez (foto) usa come sempre parole forti per lanciare l’ennesima campagna di difesa dello Stato concentrandosi questa volta sul mercato dei cambi. Secondo quanto riportato dall’agenzia Bloomberg, Chávez vorrebbe implementare al più presto una riforma per consentire alla banca centrale di Caracas di diventare l’unico soggetto autorizzato alla compravendita di titoli utilizzati per ottenere dollari. L’obiettivo è quello di bloccare di fatto quel mercato finanziario parallelo in cui i venezuelani possono ottenere i biglietti verdi scambiando titoli denominati in dollari e bypassando così i controlli. L’offensiva di Chávez si colloca in un momento particolarmente critico per la valuta venezuelana. Il bolivar è ormai in caduta libera dopo aver fatto registrare una flessione del 27% nel corso del 2010. L’inflazione si abbatte soprattutto sui prezzi degli alimentari con gravi conseguenze sociali. Il Governo tenta di sostenere la moneta acquistandola sul mercato ma per far ciò è costretto ad attingere alle sue riserve di valuta straniera che, durante l’anno, sono già calate di un quarto. I guai dell’economia venezuelana hanno però radici più profonde. Negli anni del boom petrolifero il rapporto sproporzionato bolivar/dollaro ha favorito l’export di Caracas che, come noto, dipende in larga parte dal commercio dell’oro nero. Il successivo tracollo del prezzo del greggio ha fortemente penalizzato il Venezuela evidenziando la debolezza strutturale di un’economia scarsamente diversificata ed eccessivamente dipendente dal destino di una singola materia prima. Una paio d’anni or sono, Chávez definì i “100 dollari al barile” come il giusto prezzo di mercato del greggio fissando così, implicitamente, la soglia critica di sostenibilità della sua economia. Una soglia che i mercati non sono oggi in grado di raggiungere..

Barack Obama ha chiesto al Senato americano 80 miliardi di dollari per finanziare il trattato che dovrebbe portare Russia e Stati Uniti alla riduzione di concerto e all’aggiornamento degli arsenali nucleari. Proprio la costituzione di questo fondo, che certamente le lobby militari apprezzeranno, potrebbe contribuire a vincere le ritrosie dell’opposizione nel sostenere il piano. Così la pensano in molti, tra cui anche Hans Kristensen, direttore del Nuclear Information Project presso la Federazione degli scienziati americani, che ha dichiarato «Questo potrebbe essere ciò che è necessario per comprare i voti di ratifica». L’attesa ora è tutta per quegli otto voti che separano Obama dal nulla osta per il trattato richiesto ai senatori statunitensi (59 sono i democratici, ma la maggioranza si ottiene con 67 voti favorevoli) e per il corrispondente parere del Parlamento russo, che, in caso di approvazione, renderanno l’accordo operativo. In molti sperano nel buon esito di una trattativa che mira a ridurre del 30% entro sette anni gli arsenali di armi nucleari strategiche allestiti dalle due ex superpotenze durante la Guerra Fredda. Ma c’è dell’altro: un risultato positivo è già scaturito dai colloqui dei mesi scorsi che hanno comunque ottenuto un reset delle relazioni Usa-Russia. Un bel passo avanti rispetto all’era Bush quando non si potevano certo definire di piena e serena concordia.

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| internazionale | IMPRESE SUDAFRICANE CHE FANNO AFFARI NEL CONTINENTE NERO

Banche e servizi finanziari

IMPRESA SUDAFRICANA

private

statali manufatturiero

Vendita al dettaglio, franchising, supermercati

N. PAESI AFRICANI IN CUI È IMPEGNATA

Stanbic ABSA Stanlib (Standard Bank/Liberty Bank joint venture) First Rand plus subsidiary Rand Merchant Bank Nedbank Investec Ltd Metropolitan Life DBSA IDC Nampak Sappi SABMiller Illovo Sugar Tongaat Hulett Barloworld AECI-AEL and Dulux Shoprite Massmart Metcash Wooltru/Woolworths Steers Holdings Pepkor Holdings

9 4 9 3 7 4 5 7 20 10 3 15 5 3 7 12 15 4 3 19 22 6

Città del Capo, capitale del Sudafrica, terza città più popolosa del Paese con tre milioni e mezzo di abitanti. È circondata da una cintura di township, i quartieri poveri: Khayelitsha, Gugulethu, Mitchell’s Plain, Atlantis e Athlone.

Sudafrica, 2009

BEPPE DE PALO

MONDIALI 2010: GUADAGNI PER LA FIFA, NON PER IL PAESE

Sudafrica Potenza coloniale africana

La Cina non è l’unica a sfruttare le ricchezze africane, ci pensa anche il Sudafrica, che sceglie turismo, costruzioni e nuove tecnologie. I settori lasciati più “liberi”.

I

di Sara Milanese

N NIGERIA LI CHIAMANO “I NEOCOLONIALISTI”. Ma non arrivano dall'’Europa e non hanno gli occhi a mandorla: vengono dal Sudafrica. Sono imprese in cerca di affari. Che qui non mancano: dal 1994 ad oggi il commercio tra Pretoria e Lagos, capitale economica della Nigeria (quella politica è Abuja), è passato da 11 milioni a 2,1 miliardi di dollari, soprattutto grazie agli investimenti sudafricani. Nel 1999 erano solo quattro le imprese sudafricane attive nel Paese, oggi sono centinaia, in ogni settore.

CONTINENTE TECNOLOGICO

Dalla Nigeria al Madagascar

IN AFRICA IL MERCATO DELLE NUOVE TECNOLOGIE è in crescita esponenziale. Nel solo 2008 gli acquisti di telefoni Gsm sono aumentati del 184% in Repubblica democratica del Congo, del 171% in Niger, del 139% in Sudan. È connesso solo il 4% degli africani, ma l’indice di penetrazione di internet è del 1.359% (la media mondiale è 369%). Un potenziale enorme, che il Sudafrica sta già sfruttando: le locali Telkom, Vodacom, MTN/M Cell si dividono il mercato di quasi tutta l’Africa subsahariana, direttamente o attraverso joint venture con compagnie locali. MTN è il principale fornitore in Nigeria, Camerun e Swaziland, con una forte presenza in Ruanda e Kenia. Vodacom copre Lesotho, Mozambico, Tanzania, RdC. Telkom è la principale impresa di ICT e l’internet service provider dell’Africa subsahariana e con MTN e Vodacom è tra i finanziatori dell’EASSY (Eastern Africa Submarine Cable System), uno dei cavi sottomarini che sta per portare internet in tutta l’Africa. S.M.

Il centro commerciale The Palms si trova nella Lekki Peninsula, appena fuori da Lagos, ed è il più grande di tutta l’Africa subsahariana, con 69 negozi, 6 moderne sale cinematografiche e un parcheggio per circa mille auto. Inaugurato nel 2006, è gestito dalla Broll, compagnia sudafricana, come molti dei negozi in franchising: Shoprite, Game, NuMetro, Nandos. Sudafricana è anche una delle maggiori compagnie telefoniche, la MTN, che copre circa il 50% del mercato nigeriano. Con le multinazionali europee, americane e cinesi tutte impegnate nello sfruttamento dei giacimenti petroliferi nel Delta del Niger, il Sudafrica ha scelto con cura gli ambiti di investimento più

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liberi, anche quelli in cui le imprese occidentali non osavano rischiare: turismo, costruzioni, comunicazioni, nuove tecnologie. La Nigeria non è il solo paese su cui Pretoria ha messo le mani: il Sudafrica è il maggior investitore africano nel continente. Ngozi Okonjo-Iweala, ex ministro delle Finanze nigeriano, lo scorso febbraio ha aperto l'Africa Investment Forum 2010 sottolineando che il commercio tra Paesi africani è solo il 10% del totale continentale, ma è in crescita: il 50% delle esportazioni di 5 Stati è diretto ad altri Paesi africani, mentre per altri 14 la quota è del 25%. Sudafrica e Nigeria da sole totalizzano un terzo delle esportazioni intra-africane. Nonostante la grave crisi energetica, che nel 2008 ha frenato una crescita costante da 17 anni, il Sudafrica ha saputo riprendersi e già dall’ultimo trimestre del 2009 il Pil è tornato a superare il +1%, confermandosi l’economia più moderna e dinamica del Continente. Le imprese sudafricane trainano lo sviluppo nei Paesi di tutta la SADC, la comunità degli stati dell’Africa australe (15 stati, dalla Repubblica democratica del Congo al Madagascar), ma investono anche in Uganda, Ghana, Kenya, Congo. Accra accoglie a braccia aperte le imprese sudafricane, valida alter-

«CON TUTTO CIÒ CHE DI NEGATIVO SUCCEDE IN AFRICA, questo per noi è un momento superbo. Se, per viverlo, dovremo avere degli “elefanti bianchi”, ebbene che ci siano». Desmond Tutu, arcivescovo sudafricano Nobel per la Pace, non sta nella pelle in attesa del calcio d’inizio dei Mondiali 2010. Ma attorno agli “elefanti bianchi”, cioè i 10 stadi milionari costruiti per la Fifa, la polemica è rovente: troppi i soldi destinati a monumentali, ma inutili, impianti sportivi. Il solo Soccer City di Johannesburg è costato 440 milioni di euro: tanti, per una nazione in cui la metà dei cittadini (25 milioni di persone) vive al di sotto della soglia di povertà. I cantieri in alcuni casi hanno preso il posto di parchi e siti archeologici (come a Cape Town). O di scuole, come a Nelspruit, dove per ospitare gli architetti francesi del nuovo stadio di Mombela (102 milioni di euro), gli unici 2 edifici con luce, acqua corrente e aria condizionata sono stati “requisiti”. Dal 2007 gli studenti fanno lezione in prefabbricati torridi e senza aria. A Cape Town, come in altre città, le baraccopoli sono state smantellate senza preavviso: non erano un “bello spettacolo” per i turisti in arrivo. Migliaia le persone rimaste senza casa. I mondiali non hanno nemmeno aumentato l’occupazione: solo contratti a termine e poco retribuiti. Il governo spera nel ritorno di immagine per il turismo, ma per ora l’unica cosa certa è il guadagno della Fifa: S.M. 2 miliardi di dollari per i diritti televisivi sulle partite.

IN TRENO TUTTI I TRENI PARTONO DA PRETORIA: il 42% degli investimenti nelle linee ferroviarie dell’Africa subsahariana viene dal Sudafrica. E sudafricana è la metà di tutte le locomotive che circolano nel continente, nord Africa compreso. Stessa provenienza anche per il 74% dei vagoni. Ma l’interesse di Pretoria non è migliorare i trasporti pubblici nei Paesi africani, piuttosto fare in modo che i propri prodotti arrivino a destinazione. In tutto il Continente, le rotaie sono ancora più sicure delle strade, per questo importazioni ed esportazioni viaggiano soprattutto sui treni. Resta il problema dei tempi: si contano di media 4 ore di ritardo tra Sudafrica e Botswana, 36 tra Tanzania e Zambia. Investire in nuove strade diventa quasi d’obbligo, ne sa qualcosa la Group5, impresa di costruzione presente in 17 Paesi africani: tutta l’Africa australe e poi Nigeria, Ghana, Mali, Burkina Faso. Da poco anche in Polonia e Ungheria. S.M.

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DATI: CORPORATE MAPPING DATABASE, HUMAN SCIENCES RESEARCH COUNCIL (HSRC)

SETTORE


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ESPORTAZIONE DI ARMI SUDAFRICANE NEL MONDO [ IN MLN $ DAL 2006 AL 2009 ]

INVESTIMENTI E MINIERE

PAESI

ORO, DIAMANTI, PLATINO, TITANIO, zinconio, manganese, vanadio: il sottosuolo sudafricano è un grande supermercato. Il Paese è il primo produttore mondiale di platino; nel 2007 ha perso però il primato nella produzione di oro, detenuta dalla Cina. E recentemente la De Beers, impresa sudafricana leader nel commercio di diamanti, ha lanciato un allarme sul prosciugamento dei giacimenti, annunciando la riduzione della produzione. L’industria estrattiva resta centrale per l’economia di Pretoria: i minerali rappresentano il 20% delle esportazioni sudafricane. E per fare affari le imprese locali sono pronte a tutto. Anglogold, azienda leader nel commercio di oro, investe in 8 Paesi africani, a partire da Namibia e Tanzania. Nel 2005, dopo la pubblicazione di un rapporto di Human Rights Watch, ha ammesso di aver pagato i gruppi armati ribelli in Repubblica democratica del Congo per l’accesso alle miniere dell'Ituri. Nel 2007 l'associazione britannica War on Want ha denunciato gli abusi dell'impresa sudafricana nei confronti di cittadini e lavoratori in Ghana, Mali e Colombia. Anche la De Beers è finita più volte sotto accusa per il commercio di diamanti insanguinati, in Angola, Sierra Leone, Liberia, RdC. In Botswana il governo le ha concesso ampi favori, arrivando a espropriare la terra ai boscimani, popolazione indigena che oggi vive nelle riserve, per permetterle di aprire nuove miniere.

72 21 19 – 11 18 – – – – 12 4 4 – – – – – –

116 – – 8 7 – – – 15 – – 4 – – 1 2 1 1 1

289 63 32 31 29 18 16 16 15 13 12 12 12 11 8 2 1 1 1

IN ETIOPIA SI FANNO BUONI AFFARI: parola di Girma Woldegiorgis, presidente etiope. Per affermarlo è stata creata addirittura una rivista sui possibili investimenti nel Paese: Investment in Ethiopia. Copre tutti i settori, dal turismo all’industria, dalle infrastrutture al commercio. Focus del primo numero (uscito in maggio): i crescenti investimenti nell’energia solare nel Paese. Pubblicata in inglese e patrocinata anche dalla Ue, vuole creare un ponte tra governo, istituzioni pubbliche e imprenditori. L’Etiopia, infatti, è in forte crescita, ma ancora troppo dipendente dagli aiuti economici. www.invest-ethiopia.com

nativa ai prodotti e ai sevizi francesi, tedeschi e inglesi. AngloGold Ashanti, Goldfields, SABMiller, Hytec Engineering, Afripa Telecom, Stanbic Bank, Shoprite Checkers, SAA: queste sono solo alcune delle imprese sudafricane che operano in Ghana, paese considerato un “faro di speranza” dagli investitori per la sua stabilità politica. Per questo in Africa occidentale, dopo la Nigeria, è lo stato in cui Pretoria investe di più.

Petrolio, ma non solo Nemmeno gli ingenti investimenti per i Mondiali 2010 hanno bloccato la corsa degli imprenditori sudafricani, basta guardare gli ultimi appuntamenti sull’agenda del presidente Jacob Zuma: in marzo Kampala, in aprile Brazzaville. Con 800 milioni di barili di greggio scoperti nel bacino del lago Albert, l’Uganda è un nuovo Eldorado del petrolio africano. Pretoria vuole prendersi la sua parte di torta, al pari della francese Total e della cinese CNOOC, destinata ad accaparrarsi la fetta maggiore. Questo sarebbe per il Sudafrica un nuovo settore di investimento in Uganda, dove è già leader nelle telecomunicazioni, nel sistema bancario e nel commercio di alcolici. In aprile Zuma ha invece incontrato Denis Sassou-Nguesso, presidente della Repubblica del Congo, con il quale ha firmato un Memorandum di cooperazione economica. A Pretoria interessa soprattutto il petrolio di Brazzaville (che rappresenta il 60% del Pil nazionale congolese), ma Zuma ha detto che ci saranno investimenti anche nel settore minerario, turistico, delle infrastrutture e dei trasporti. E non solo: un consorzio di agricoltori sudafricani ha appena ottenuto un contratto di affitto di lungo termine per lo sfruttamento di 200 mila ettari di terreno congolese finora inutilizzato. | 60 | valori |

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Politica e affari Ovunque arrivino, le imprese sudafricane creano opportunità di lavoro, ma non sempre anche rispetto: privilegiano il lavoro precario rispetto a contratti a lungo termine, dissuadono dall’iscriversi ai sindacati, trattano in maniera diversa dipendenti locali e personale espatriato. Ma l’esuberanza delle imprese sudafricane preoccupa anche a livello politico: le posizioni di Pretoria in seno al Wto e ad altri organismi regionali (a partire dalla SADC) spesso contrastano con le linee di sviluppo economico del continente dettate nel NEPAD (il New Partnership for Africa's Development, piano per lo sviluppo adottato dall’Unione Africana nel 2001), a cui il Sudafrica dice di ispirarsi. I suoi maggiori partner commerciali, di cui spesso controlla il sistema bancario, continuano a restare in posizione subalterna. In Mozambico, il commercio dell'alluminio oggi è tutto in mano a MOZAL, colosso a guida sudafricana. Nelle grandi catene di supermercati i prodotti sono per oltre il 30% sudafricani, con gravi ripercussioni sul mercato nazionale, tanto in Tanzania quanto in Zambia. Nello Zimbabwe in crisi economica, il Sudafrica continua ad avere un accesso privilegiato alle risorse, come ricompensa dell’appoggio incondizionato all’impresentabile capo di stato Robert Mugabe. La quiet diplomacy che Pretoria ha adottato in politica estera (a partire proprio dal caso di Mugabe), ha il suo corrispondente finanziario: un approccio sereno, da fratello maggiore, che spinge sull’importanza di fare affari tra africani in nome del bene per il continente. Ma che punta soprattutto a fare gli interessi degli imprenditori della nazione arcobaleno.

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Non vero sviluppo, ma forme di schiavismo e colonialismo.

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GNUNO DI NOI HA CERTAMENTE VISTO una di quelle carte geografiche in cui le dimensioni dei Paesi corrispondono alla misura dei loro dati macro-economici come il Pil. In queste carte l’Europa e il Nord America appaiono iper gonfiati e occupano gran parte dello spazio assieme a Giappone, Cina, Russia e alcuni Stati che vidi Raffaele Masto vono ancora dell'eredità del miracolo economico asiatico degli anni Novanta. L’America Latina, guidata dal Brasile, mostra la Jo’burg, il diminutivo crescita di questi ultimi decenni senza colpi di Stato ma rimane pur con cui è spesso chiamata sempre una piccola appendice rispetto ai giganteschi Stati Uniti. L'AJohannesburg, frica è un puntino, un microscopico ammasso di Paesi che, in terla città più popolosa mini di spazio, e quindi di capacità economica, rappresentano la del Sudafrica QUOTA SUDAFRICANA DELLE RISERVE ventesima o trentesima parte della sola Europa occidentale. (3,8 milioni E DELLA PRODUZIONE MONDIALE MINERARIA di persone). I suoi Quelle carte geo-politiche esprimono molto bene visivamente 100 % RISERVE MONDIALI PRODUZIONE MONDIALE abitanti invece 90 come stanno le cose e cioè il fatto che l'Africa, nell’attuale stato di la chiamano 80 eGoli, in Zulu globalizzazione del sistema economico del Pianeta, non è nemme70 significa “luogo 60 no un mercato, dato che per esserlo dovrebbe produrre una certa d’oro” per ricordare 50 il florente passato quantità di merci e servizi e, soprattutto, dovrebbe comprendere una 40 minerario, ma 30 popolazione con un potere d’acquisto. capace di aggredire beni di anche la sua 20 ricchezza attuale. consumo provenienti da altri mercati. Non è così. L'Africa nel siste10 Sudafrica, 2009 ma globale continua a essere quasi esclusivamente un serbatoio di mano d’opera e materie prime a basso costo e, nella sostanza, svolge la stessa funzione che svolse al tempo dello schiavismo, prima, e DALL’AFRICA ALL’ITALIA LA SOLIDARIETÀ IN DIREZIONE OPPOSTA del colonialismo, poi, cioè quella di un continente dal quale attingere ricchezze per finanziare l'accumulazione di capitale, la rivoluLa solidarietà di una Ong per una volta parte dall'Africa e arriva in Italia, zione industriale e il boom economico occidentale. non viceversa. Si chiama Poveri Voi, fondata da Ronald Samako, metà africano La strabiliante crescita negli ultimi anni di alcune economie afrie metà britannico, e vanta già una serie di attività svolte per i bambini in Africa, cane, in particolare dei Paesi petroliferi, non deve ingannare. Se si ma - dice Roufain Douhe (nella foto), responsabile dei progetti - l’area principale dovesse disegnare una carta geo-sociale si vedrebbe che i benefici di del suo interesse è l’Europa. Lo scorso aprile Poveri Voi si è presentata in Italia. quelle crescite non hanno migliorato il benessere delle popolazioni, Una certa perplessità, suscitata tra i giornalisti innanzitutto dal nome (nella che continuano ad avere dati spaventosi di accesso alla sanità, morhome page del sito internet dell'organizzazione appare un titolo che recita talità infantile, aspettativa di vita, analfabetismo. “Questa non è una provocazione, è un sogno”), viene dissolta dalla spiegazione In compenso nel continente africano è emerso un Paese investidi Roufain Douhe: «Il senso è quello di “Poveri sognatori!”, come inizialmente tore che si comporta in modo analogo agli investitori europei, nord venivamo definiti. Ma l’intento della nostra Ong non è portare aiuti materiali, americani e cinesi: il Sudafrica, protagonista di grandi accordi con le bensì lavorare sull’individuo: la solitudine crea in Italia molti problemi, élite di regimi corrotti e repressivi per lo sfruttamento, la prospeziol’individuo non è più al centro della società, mentre in Africa è ancora il fulcro. ne e la commercializzazione delle ricchezze minerarie africane. Una Col progetto “Manager di vita vera” cercheremo di spostare il punto di vista vera e propria potenza continentale che, in nome degli affari, non di cinque manager italiani che hanno già aderito all’iniziativa e abbiamo si è fatta scrupolo, fino ad ora, di proteggere regimi, come quello delselezionato da varie parti d’Italia (Veneto, Lombardia, Sardegna). A ottobre 2010 lo Zimbabwe, per esempio, dalle giuste sanzioni che le Nazioni Uniandranno a vivere per sei mesi presso una famiglia nella savana centroafricana, te avrebbero dovuto comminargli. in Tanzania, dove sperimenteranno la vita di quella Dunque non c'è da farsi illusioni. Per l’Africa e per gli africani comunità. Non è turismo “alternativo”, ma un’occasione nulla di nuovo sotto il sole. All’orizzonte non si vede una svolta, il per ritrovare la semplicità dell’esistenza». E per il 2011 ruolo di questo continente nell’odierna economia globalizzata è ane 2012 Poveri Voi ha altri progetti in programma cora quello che fu ai tempi dello schiavismo, prima, e del colonialiC. F. in Italia, soprattutto con i bambini. smo, poi, naturalmente (e non è poco) con forme moderne e un siwww.poverivoi.org stema di leggi internazionali che vieta lo schiavismo e abiura qualunque forma di colonialismo.

PLATINUM GROUP METALS

UNA RIVISTA PER INVESTIRE IN ETIOPIA

Quale crescita per l’Africa?

FONTE: DEPARTMENT OF MINERALS AND ENERGY - MAGGIO 2008

90 21 13 – 2 – 4 13 – – – – – – – – – – –

TITANIO

11 21 – 23 9 – 12 3 – 13 – 4 8 11 7 – – – –

ZIRCONIO

TOTALE

ORO

2009

VANADIO

2008

CROMO

2007

MANGANESE

Usa Gabon Finlandia Giordania Svezia Algeria Iraq Rwanda Spagna Brasile Thailandia Emirati Arabi Uniti Unione Africana Canada Senegal Azerbaijab Irlanda Uganda Burkina Faso

2006

BEPPE DE PALO

DATI: SIPRI (STOCKHOLM INTERNATIONAL PEACE RESEARCH INSTITUTE). DATI RIFERITI SOLO AL COMMERCIO DI ARMI PESANTI: IL SUDAFRICA NON FORNISCE DATI SUFFICIENTI PER DETERMINARE L’AMMONTARE DELLA PRODUZIONE E LA VENDITA DI ARMI LEGGERE

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Occhi a mandorla in Africa Conquista o affari? BRENDAN BANNON / MSF

Micro -insurance Il nuovo business africano

Per i servizi finanziari c’è un mercato da 25 miliardi di dollari, ma non tutti ne beneficieranno. Duecento milioni di super poveri non potranno mai permettersi un’assicurazione.

P

e carenze strutturali. Per buona parte del continente africano sono le caratteristiche principali dello scenario di tutti i giorni. Ma anche, e qui sta la sorpresa, gli elementi chiave per lo sviluppo di un enorme mercato dei servizi fidi Matteo Cavallito nanziari. Sembra un paradosso, ma la spiegazione è più intuitiva del previsto. Se le difficoltà congenite delLa township Langa a Città del Capo. l’Africa e la sua nota mancanza di strutture generano riNella pagina a fianco, schi, perché non colmare il vuoto introducendo prodotti rifugiati arrivano al campo profughi assicurativi adatti? Se lo sono chiesti gli analisti dell’orgadi Nyori, nel sud Sudan. nizzazione sindacale internazionale (l’International Ladopo gli attacchi dei ribelli ai loro villaggi. bour Organization - Ilo), che, in una ricerca condotta, tra

BEPPE DE PALO

OVERTÀ ENDEMICA, SOTTOSVILUPPO, PRECARIETÀ

gli altri, insieme al MicroInsurance Centre e all’African Insurance Organization, hanno studiato le potenzialità di un ipotetico mercato micro assicurativo in Africa. Riscontrando, nell’occasione, dati sorprendenti.

Per i poveri, ma non poverissimi Con un reddito che non supera i 2 dollari al giorno, ricorda l’Ilo, il 60% degli africani vive nella costante esposizione al rischio. I prodotti micro-assicurativi, gli unici economicamente sostenibili in condizioni di estrema povertà, possono garantire una protezione in caso di disastri naturali, malattie, decessi familiari e incidenti. Eppure, nonostante tutto, la loro diffusione resta minima. Meno di 15 milioni di africani (il 2,6% della popolazione) vanta oggi una “micro copertura”. Assumendo un ipotetico mercato fatto di poveri e “semi-poveri” per un totale di 700 milioni di individui, gli operatori del settore possono sperare di raggiungere, almeno in teoria, un giro d’affari da 25 miliardi di dollari annuali contro la “miseria” dei 257 milioni che rappresentano l’attuale valore di mercato. Le prospettive, insomma, sembrano ottime ma, ovviamente, non manca il rovescio della medaglia. Questo enorme mercato, infatti, esclude completamente i super poveri del Continente, ovvero quei 200 milioni di individui che non potrebbero mai permettersi un prodotto assicurativo. Il treno del loro riscatto non corre ancora sui binari della finanza.

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La relazione tra la Cina e l’Africa ha radici nell’ideologia, ma ormai è una questione d’affari. Anche la Banca Mondiale guarda Pechino come un partner nel continente africano. Robert Zoellick è pronto a lavorare insieme.

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INA-AFRICA, UN BINOMIO CHE QUASI NON FA PIÙ NOTIZIA. Ma che è sempre più una realtà nel continente africano, dove la presenza di compagnie cinesi e di ricche e consolidate partnership tra Pechino e vari Paesi africani sono sotto gli occhi di tutti. di Irene Panozzo Quando, nel 2006, il “safari cinese” in Africa ha attirato l’attenzione dei media e dei governi occidentali, le basi di un rapporto solido e di mutuo interesse erano già state gettate da almeno dieci anni. La Cina popolare vanta relazioni importanti con alcuni Paesi africani fin dalla stagione delle indipendenze, a cavallo tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio dei Sessanta. Erano gli anni del movimento dei non-allineati e i rapporti tra Pechino e i governi africani amici, pur comprendendo rapporti anche economici, erano in prima battuta orientati da vicinanze ideologiche, come il sostegno della Cina popolare a vari movimenti di liberazione di orientamento marxista che lottavano per l’indipendenza.

Dall’ideologia agli affari Con la metà degli anni Novanta, invece, da quando la Cina da esportatore è diventata importatore di petrolio, per alimentare un’economia in continua crescita, ciò che detta il ritmo delle relazioni tra Pechino e i Paesi africani è il business. Sicuramente conta molto la fame cinese per le materie prime africane: energetiche, minerarie e naturali. Ma non basta a spiegare l’ampiezza del fenomeno, fatto di relazioni anche con Paesi africani che non hanno particolari risorse naturali da esportare. L’ha dimostrato il presidente cinese Hu Jintao nel suo viaggio in Africa a febbraio 2009, scegliendo di recarsi in Ma-

li, Senegal, Tanzania e Mauritius, Paesi con cui la Cina ha ottimi rapporti, ma non particolarmente ricchi di risorse. Non sono neanche Stati governati da dittature. Tutt’altro: Mauritius è, insieme al Botswana, la democrazia più matura dell’Africa. Senegal, Mali e Tanzania hanno vissuto negli anni ’90 transizioni democratiche più o meno compiute. Questo sfata il luogo comune che Pechino faccia affari e protegga soprattutto rogue states, come il Sudan o lo Zimbabwe, approfittando del vuoto, politico ed economico, lasciato dalle sanzioni dei Paesi occidentali e offrendo in cambio la copertura diplomatica nelle sedi che contano, a iniziare dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu, di cui la Cina è membro permanente con diritto di veto. Se è in parte vero per i due Paesi citati, questo dato non spiega il successo diplomatico di Pechino in Africa. C’è molto di più: la disponibilità a erogare prestiti miliardari anche a Paesi che hanno problemi a rientrare nei parametri dettati dal Club di Parigi per la rinegoziazione del debito, magari vincolandoli a progetti infrastrutturali di ampio respiro appaltati a compagnie cinesi; il pragmatismo con cui i rapporti bilaterali sono affrontati; il volume di scambi commerciali; la disponibilità delle compagnie cinesi, comprese quelle piccole , a investire in Africa, anche nel debole settore manifatturiero. Non è un caso se a febbraio il presidente della Banca Mondiale, Robert Zoellick, si è detto pronto a lavorare con la Cina, in progetti co-finanziati, per “sviluppare il settore manifatturiero e trasformare le economie del più povero tra i continenti”. Un approccio ben diverso da quello del suo predecessore, che solo quattro anni fa parlava della penetrazione cinese in Africa come di un pericolo da cui guardarsi.

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Il continente dei conflitti dimenticati

ALGERIA È l’unico degli Stati africani della fascia mediterranea coinvolti in una guerra civile. Gli scontri tra l’esercito governativo e il gruppo Salafita per la Predicazione e il Combattimento (trasformatosi nel 2005 nel gruppo Al Qaeda) nella regione del Maghreb hanno provocato in otto anni 150 mila morti. TUNISIA MAROCCO

ALGERIA

SUDAN 301 mila morti dal 2003 e varie pandemie sono il “bottino di guerra” delle violenze nella regione del Darfur, dove si fronteggiano i soldati governativi e i ribelli di almeno sei fazioni diverse: Justice and Equality Movement (cessate il fuoco firmato a febbraio scorso), Liberation and Justice Movement (cessate il fuoco a marzo scorso), Sudan Liberation Army, Sla-Nour, National Redemption Front e Sudan Liberation Movement. Inoltre, dal 2005 sono in lotta anche il governo del Sudan del Nord (islamico) e il Sudan del Sud (cristiano).

LIBIA EGITTO

SAHARA OCCIDENTALE MAURITANIA

MALI

«L

E RICCHEZZE MINERARIE DEL NOSTRO PAESE sono una delle ragioni di questo conflitto senza

fine, in cui i congolesi si combattono gli uni contro gli altri, fratelli contro fratelli. Spesso per interessi che stanno fuori dal Paese. È una situazione di violenza, ingiustizia, sfruttamento che non possiamo più tollerare». L’accusa, disperata, durissima, è stata lanciata a fine 2009 da un uomo di Chiedi Emanuele Isonio sa: l’arcivescovo di Butembo, monsignor Sikuli Paluku. Si riferiva alla guerra che, a più riprese, sta devastando da mezzo secolo la Repubblica DemoA fianco, una donna di 90 anni cratica del Congo. Ma il suo atto d’accusa è perfetto per spiegare la maggior parte (a sinistra) dei conflitti – guerre, guerriglie, scontri tra eserciti più o meno regolari – che rapsiede insieme a sua figlia e sua presentano la triste quotidianità in molti degli Stati africani. nipote davanti L’Africa è il continente in cui si concentra la maggior parte delle guerre del globo. la loro capanna nella zona Spesso dimenticate dai media occidentali e quindi ignorate dall’opinione pubblica di Mugote, alle dei Paesi ricchi. Anche perché, dietro a quei conflitti, si celano di frequente gli inporte della città di Kitchanga teressi di Stati occidentali (e delle loro aziende), che utilizzano “il Continente nero” nella provincia come magazzino per accaparrarsi le preziose materie prime di cui è ricchissimo: peNord del Kivu, Repubblica trolio, oro, diamanti, coltan (essenziale per l’inDemocratica dustria informatica). Ma anche grano e cacao. del Congo. Un circolo vizioso che, oltre a provocare morti e feriti, costringe in ginocchio economie altrimenti floride,con ripercussioni devastanti sulle LIBRI condizioni di vita delle popolazioni locali, costrette a lunghe migrazioni per cercare di sopravvivere. Lo Zimbabwe ad esempio era considerato il granaio africano, con un sistema sanitario di alto livello e un aspettativa di vita di 63 anni precipitata oggi a 34 anni. Le crisi umanitarie Scenari da girone dantesco, che troppi fingono dimenticate di non vedere. Per perpetuare in un modello di dai media 2009 sviluppo assurdo che altrimenti sarebbe già Marsilio, 2010 crollato su sé stesso.

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CIAD

SIERRA LEONE LIBERIA

NIGERIA Dal 1993 nella regione del Delta del Niger l’esercito e la polizia si scontrano con numerose milizie armate, che rivendicano il diritto delle comunità locali di ricevere maggiori fondi dallo sfruttamento petrolifero. Negli anni gli attacchi agli impianti delle multinazionali Shell, Chevron e Agip sono aumentati. Dal 2004, il maggiore di tali gruppi è il Ndpfv (Niger Delta People’s Volunteer Force). Nel 2006 sono poi nati il Mend Movement for the Emancipation of the Niger Delta) e la Martyrs Brigad. 15 mila i morti accertati nei combattimenti.

MICHAEL GOLDFARB / MSF

Si combatte in Africa, ma spesso per interessi economici esterni: petrolio e risorse naturali come acqua, legno, oro e diamanti. A pagare sono le popolazioni locali.

ERITREA Oltre alle continue tensioni per questioni di confine con Gibuti, nel Paese, dopo l’indipendenza conquistata nel 1993 e le violenze della guerra contro l’Etiopia conclusasi nel 2000, l’esercito regolare si oppone ai ribelli del Democratic Movement for the Liberation of the Eritrean Kunama (DMLEK), dell’Eritrean Salvation Front (ESF) e del Red Sea Afar Democratic Organisation (RSADO).

NIGER

SENEGAL GAMBIA GUINEA BISSAU GUINEA

CIAD Nel Paese, quasi senza soluzione di continuità dal 1960, numerosi gruppi di guerriglieri contendono il controllo dello Stato ai governi di volta in volta in carica. A farne le spese, i civili: oltre 50mila i morti. Dal 2005 operano due gruppi armati: il Rassemblement pour la Démocratie et la Liberté e lo Scud (Socle pour le changement, l’unité nationale et la démocratie), formato da ex militari in dissenso con il presidente Idriss Deby. I due gruppi, l’anno dopo, si sono uniti nel Fuc (Front Uni pour le Changement).

ERITREA

SUDAN

BURKINA FASO BENIN COSTA D’AVORIO

TOGO GHANA

NIGERIA

ETIOPIA CAMERUN

REPUBBLICA CENTRAFRICANA

REPUBBLICA CENTRAFRICANA GUINEA EQUATORIALE Da metà del 2006 la violenza CONGO nelle regioni settentrionali GABON della Repubblica Centrafricana è aumentata e cresciuta drammaticamente d’intensità, con gravi conseguenze per i civili che si sono trovati in mezzo al fuoco incrociato di diversi gruppi, armati dai Paesi vicini (i governativi sono invece foraggiati dalla Francia). I rifugiati sono 200 mila. La Repubblica è una delle nazioni più povere del mondo, nonostante sia ricca di acqua, foreste di legno ANGOLA pregiato, oro e diamanti.

REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO Per tutto il 2009 gli abitanti del Congo orientale hanno subito violenze incessanti di diverse fazioni armate. Migliaia le persone uccise (38mila al mese per guerra e malattie), milioni i profughi (1,5 solo tra marzo e giugno 2009). Oltre alla ricchissima regione mineraria del Kivu, gli scontri interessano le aree di Haut-Uélé e Bas-Uélé. Uno contro l’altro, l’esercito regolare, le milizie Mai Mai, il Popular Front for Justice e l’Esercito di Resistenza del Signore, che vuole instaurare una teocrazia basata sui Dieci comandamenti.

SOMALIA UGANDA REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO

ETIOPIA Ad aprile, si chiude la lotta tra l’esercito regolare e l’UWSLF (United Western Somali Liberation Front) che ha accettato di deporre le armi, dopo 40 anni di guerra. Rimangono aperti i conflitti con l’ONLF (Ogaden National Liberation Front) che dal 1984 chiede l’indipendenza dell’Ogaden (4mila i morti ufficiali) e con l’OLF (Oromo Liberation Front) in corso dal 1973.

KENYA

RWANDA BURUNDI REPUBBLICA UNITA DI TANZANIA

SOMALIA I continui scontri tra l’esercito regolare, le forze dell’Unione africana, la Milizia Sufi Ahlu Sunna Wal Jamaca (ASWJ) e tre gruppi islamici (Al-Shabaab, Hizbul Islam, Hisb al-Islam) hanno provocato, oltre a ottomila morti nei combattimenti, una grave crisi sanitaria. La mortalità materno-infantile è in aumento, il sistema di salute pubblica vicino al collasso. E gli operatori umanitari, stranieri e somali, sono vittime di sequestri e omicidi.

MALAWI ZAMBIA

MOZAMBICO

ZIMBABWE NAMIBIA

BOTSWANA

SWAZILAND LESOTHO SUDAFRICA

UGANDA Dal 1986 il Nord del Paese è scenario di una delle guerre civili più sanguinose dell'Africa. I guerriglieri dell'Esercito di Resistenza del Signore (Lra), capeggiati dal fondamentalista cristiano Joseph Kony e sostenuti anche dal Sudan e dal Congo, combattono una cruenta guerra civile contro il governo ugandese. Nel 2006 era stato proclamato un cessate il fuoco, rotto dall’esercito regolare nel dicembre 2008, a seguito della mancata firma dell’accordo finale di pace da parte dei ribelli.

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AIMEE CORRIGAN

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APPUNTAMENTI GIUGNO>SETTEMBRE capitale francese è nato nel 2001, e da quell’anno non ha mai abbandonato il panorama del settore. L’esposizione sarà organizzata a Porte de Versailles. www.energie-ren.com/2010 4 - 6 giugno CIPRO VIAGGIO DI BENEDETTO XVI È la prima visita di un Papa sull’isola, dove la maggioranza della popolazione è ortodossa.

Nollywood, il cinema più a Sud di Hollywood

8 - 9 giugno PARIGI (FRANCIA) OECD GLOBAL FORUMS ON TRADE L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Oecd) organizza un incontro tra politici, accademici, rappresentanti ed esperti per analizzare l’attuale contesto delle relazioni commerciali globali. www.oecd.org

La terza industria cinematografica mondiale abita in Nigeria. Sforna più di mille titoli l’anno per il mercato interno. Ma sta attirando l’interesse delle major internazionali.

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ARLANO DI MAGIA NERA, di diritti delle donne, di Aids, di cor-

ruzione, di petrodollari, di satira politica. Sono film africani per africani. E vengono prodotti dalla terza industria cinematografica mondiale: quella nigeriana. Dopo la californiana Hollywood, dopo l’indiana Boldi Paola Baiocchi lywood il più recente fenomeno di produzione industriale cinematografica si chiama Nollywood, abita a Alcune riprese del film “This is Nollywood” Lagos e sforna oltre mille film l’anno, incassando 2,75 di Robert Caputo, Franco Sacchi e Aimee miliardi di dollari. Un fatturato da capogiro che sta attiCorrigan, uscito rando l’interesse delle conglomerate internazionali: nel nel 2007. Le immagini 2007 Time Warner e Comcast hanno formato una partsi possono scaricare dal sito internet: nership con Iad per distribuire film nigeriani. Film nati thisisnollywood.com per il mercato interno, recitati nei circa 250 dialetti locali. E in inglese per la parte destinata all’esportazione. E SULLA HOLLYWOOD D’AFRICA E GIA STATO GIRATO UN FILM IL FENOMENO DELL’INDUSTRIA CINEMATOGRAFICA NIGERIANA ha già meritato anche un documentario. Si chiama This is Nollywood di Robert Caputo, Franco Sacchi e Aimee Corrigan. Uscito nel 2007, ha fatto il giro del mondo e racconta le vicende del regista Bond Emeruwa, che deve completare in nove giorni le sue riprese con una sola cinepresa digitale, due luci e circa 20 mila dollari. Dribblando teppisti che gli impongono il pizzo, superando i blackout dell’elettricità e anche la preghiera della vicina moschea, che esplode attraverso gli altoparlanti mentre stanno girando una scena cruciale. Un film brulicante di gente per raccogliere lo spirito della produzione nigeriana. Come dice il regista Bond: “A Nollywood non contiamo le pareti, impariamo a scalarle”. www.thisisnollywood.com/film

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Bassi costi e grandi talenti Il fenomeno Nollywood è nato alla fine degli anni Ottanta, quando Lagos ha avuto il più alto picco di criminalità e la moneta nazionale era debole: due fattori che hanno reso difficile per il pubblico andare al cinema e mandato in crisi l’industria cinematografica tradizionale, che si è convertita attraverso giovani autori alla produzione di videocassette da vedere in casa. Sono nati così prodotti a basso costo, ora convertiti in dvd, girati in digitale al massimo in due settimane, con sceneggiature sommarie, ma che devono superare difficoltà inimmaginabili nel resto del mondo delle produzioni cinematografiche, come racconta il documentario This is Nollywood (vedi BOX ). Il successo dell’industria nigeriana deriva da un mix di talenti creativi e un format molto economico che non necessita di grandi capitali, ma come abbiamo visto, garantisce grandi profitti e sta formando nuove competenze. Migliaia di attori, costumisti, registi, sceneggiatori, ballerine, una nuova comunità del cinema, sulla quale il governo punta per aumentare le entrate commerciali ampliando la quota di audience: nel 2006 esponenti dei media e funzionari governativi nigeriani hanno invitato a Los Angeles esponenti di Hollywood per “The Nollywood Foundation Convention: African Cinema and Beyond”.

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9 - 12 giugno SINGAPORE (REPUBBLICA DI SINGAPORE) 13MA CONFERENZA INTERNAZIONALE DELLA MEDICINA D’EMERGENZA È l’incontro biennale organizzato dalla Federazione internazionale della medicina d’urgenza. Prevede aggiornamenti di tipo clinico e legale, sulla medicina e i disastri umanitari, e le emergenze medico-militari. www.icem2010.org

11 giugno – 11 luglio SUDAFRICA CAMPIONATO MONDIALE DI CALCIO Organizzato ogni 4 anni dalla Fifa (Fédération International de Football Association) il Campionato mondiale di calcio è arrivato alla sua 19ma edizione e sarà ospitato per la prima volta da un Paese africano. La finale si svolgerà nell’emisfero australe dopo 32 anni.

13 giugno BELGIO ELEZIONI PARLAMENTARI 16 - 18 giugno PARIGI (FRANCIA) SALON DES ENERGIES RENOUVELABLES Il Salone delle energie rinnovabili della

20 giugno POLONIA ELEZIONI PRESIDENZIALI A poco più di due mesi di distanza dal disastro aereo di Smolensk la Polonia va alle urne per scegliere i successori del defunto presidente Lech Kaczyński e dei tre senatori periti nello stesso incidente. Sono 17 i candidati per la poltrona di capo dello Stato. Tra questi anche il leader del Partito della Legge e della Giustizia Jarosław Kaczyński, fratello di Lech ed ex premier.

20 giugno ONU GIORNATA MONDIALE DEI RIFUGIATI Appuntamento annuale per tracciare un bilancio sul problema dei rifugiati nel mondo. Secondo le ultime statistiche, i richiedenti asilo sono 377 mila. In testa alla classifica per nazionalità ci sono gli afghani, con oltre 26 mila richieste avanzate nel 2009 ai governi stranieri. Sul “podio” anche iracheni (24 mila) e somali (più di 22 mila). www.unhcr.org

25 - 26 giugno MUSKOKA (CANADA) SUMMIT ANNUALE DEI G8 Quinto incontro in Canada da quando nel 1976 la nazione nordamericana si è aggiunta al gruppo delle maggiori economie mondiali – Francia, Germania, Italia, Giappone, Russia, Gran Bretagna e Stati Uniti – e 36° vertice per il G8. g8.gc.ca/g8-summit

26 - 27 giugno TORONTO (CANADA) G20 Le venti principali economie del Pianeta si incontrano presso il Metro Toronto Convention Centre (MTCC). Al centro della discussione le auspicate riforme della finanza mondiale. g20.gc.ca

PER SEGNALARE UN EVENTO SCRIVERE A REDAZIONE@VALORI.IT

solare fotovoltaica. I lavori si svolgeranno dal 6 al 10 settembre, mentre l’esibizione (5th World Conference on Photovoltaic Energy Conversion) si svolgerà, sempre nella fiera della città spagnola, dal 6 al 9. www.photovoltaic-conference.com

9 luglio OLANDA ELEZIONI PARLAMENTARI 11 luglio GIAPPONE ELEZIONE DELLA CAMERA ALTA Giapponesi al voto per l’elezione dei rappresentanti della Dainiju-nikai Sangiingiin Tsūjōsenkyo, o Camera di Consiglio, l’equivalente del Senato nel sistema parlamentare bicamerale. 12 - 14 luglio AMMAN (GIORDANIA) SUSTANINABLE ARCHITECTURE AND URBAN DEVELOPMENT Seconda conferenza internazionale sull’architettura sostenibile e lo sviluppo urbano, organizzato da The Center for the Study of Architecture in the Arab Region, in collaborazione con la University of Dundee, School of Architecture (UK) e la Jordan University. www.csaar-center.org/conference /saud2010

17 luglio PALESTINA ELEZIONI AMMINISTRATIVE Si rinnovano i consigli comunali nella West Bank. 18 - 23 luglio VIENNA (AUSTRIA) XVIII CONFERENZA INTERNAZIONALE SULL’AIDS Durante la Conferenza verrà illustrato lo stato di diffusione del virus dell’Hiv e verrà fatto il punto sull’azione combinata della prevenzione con le terapie antiretrovirali e l’accessibilità alle cure. 12 agosto ONU INTERNATIONAL DAY OF THE WORLD’S INDIGENOUS PEOPLE Evento annuale organizzato dallo UN Permanent Forum on Indigenous Issues. www.un.org/esa/socdev/unpfii/ 6 - 10 settembre VALENCIA (SPAGNA) 25TH EU PVSEC Venticinquesima edizione della conferenza mondiale sull’energia |

12 settembre TURCHIA REFERENDUM COSTITUZIONALE I cittadini turchi sono chiamati a ratificare le riforme costituzionali approvate dal parlamento tra la fine di maggio e l’inizio di giugno. 13 - 17 settembre MONACO DI BAVIERA (GERMANIA) IFAT 2010 Una delle principali fiere internazionali focalizzata sulle nuove tecnologie e lo sviluppo di servizi nella gestione idrica, del territorio e nel riciclaggio dei rifiuti. www.ifat.de 15 - 17 settembre GINEVRA (SVIZZERA) WTO PUBLIC FORUM 2010 Si intitola “The Forces Shaping World Trade” la tre giorni di incontri pubblici realizzata dall’Organizzazione mondiale del Commercio (Wto). A confronto accademici, politici, rappresentanti istituzionali, membri dei sindacati ed esponenti della società civile. www.wto.org 18 settembre AFGHANISTAN ELEZIONI PARLAMENTARI Il martoriato Afghanistan torna al voto tra mille incertezze e molte paure. L’ultimo appuntamento elettorale (le passate presidenziali) è stato caratterizzato dalle accuse di brogli e dall’escalation della violenza dei ribelli talebani. 19 settembre SVEZIA ELEZIONI GENERALI 26 settembre VENEZUELA ELEZIONI PARLAMENTARI In clima di grave incertezza alimentata dalle crescenti difficoltà economiche, il Venezuela va al voto per il rinnovo del Parlamento. Non è esclusa un’alleanza generale tra tutte le forze di opposizione che contrastano il partito di maggioranza guidato dal presidente Hugo Chávez.

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economiaefinanza

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altrevoci a cura di Michele Mancino

FUORI I PARTITI DALLA TV PUBBLICA

LA NATURA SELVAGGIA VIVE INSIEME A NOI

MANHATTAN ESEMPIO DI CITTÀ SOSTENIBILE?

LIBERTÀ E VERITÀ NEL SILENZIO DI BRESSON

RITRATTI, FESTE E VOLTI L’AFRICA DI SIDIBÉ

Più di un miliardo di persone soffre la fame, mentre la produzione alimentare raggiunge i massimi storici. E i profitti li raccolgono solo un pugno di imprese multinazionali. Questo libro cerca di risolvere il paradosso, attraverso un’analisi chiara e concisa. Si inizia con l’indagine dei processi che hanno portato i popoli del Sud del Mondo e le comunità svantaggiate del Nord industriale alla perdita del controllo dei propri sistemi alimentari. Il crack finanziario che ha prodotto il collasso dell’economia reale, subìto dai Paesi del Nord industrializzato, trova origine nel crollo dei prezzi del cibo che ha destabilizzato il Sud a partire dal 2006. Le cause di questa situazione sono da ricercare in una politica economica mondiale ingiusta, che ha favorito esclusivamente gli interessi dell’agroindustria e delle multinazionali. Gli autori analizzano le soluzioni proposte dalle principali istituzioni finanziarie, evidenziando gli assunti non verificati e gli ordini del giorno non dichiarati che stanno dietro i provvedimenti. Al termine del libro suggeriscono politiche e azioni concrete per risolvere la crisi alimentare e indirizzare i sistemi di produzione del cibo sulla strada della sovranità alimentare.

«Alla Rai servono il coraggio e l’umiltà di rimettersi in gioco come fabbrica di innovazione, di cultura radiotelevisiva popolare e insieme anche alta, liberandosi dal complesso di inferiorità che forse nutre nei confronti di tv e network ben più agili nell’approntare novità stilistiche, espressive e narrative». Gilberto Squizzato la televisione di mamma Rai la conosce bene, almeno da trent’anni, e conoscendola dall’interno è in grado di indicare una via credibile per riformarla. L’autore e regista individua le urgenze più immediate: da una parte svincolarsi dalla presa soffocante dei partiti politici, dall’altra sapere cosa ci sta a fare in Italia un servizio pubblico televisivo. L’analisi impietosa della tv pubblica lascia però anche spazio a un atteggiamento propositivo. Squizzato infatti non affonda solo il coltello nella piaga di una “Rai occupata”, ma propone idee e soluzioni trasparenti, ad esempio sulla selezione della dirigenza, del corpus editoriale e dei contenuti. Lui ci crede ancora. È già una buona notizia per gli italiani.

C’è un mondo di vita attorno a noi, che spesso passa inosservato. Quasi 1.300 specie di piante spontanee a Roma, 1.243 a Berlino, 86 specie di uccelli nidificanti a Firenze. Se da una parte le città influenzano l’ecosistema globale, dall’altro ospitano sempre più forme di vita. Gran parte di questi animali e piante sono «ospiti graditi» e portano colore e suoni nel deserto di cemento e asfalto. Talvolta alcune specie diventano problematiche (es. colombi), mentre altre sono “aliene” perché introdotte da altri continenti. La moltitudine di questi esseri viventi forma la “biodiversità urbana”. Gli appassionati di birdwatching e birdgardening possono approfondire il fenomeno dell’inurbamento della fauna nel proprio giardino. Per i ricercatori questo libro è una fonte di dati e riferimenti bibliografici, ma si rivolge anche ad amministratori, tecnici ed operatori, impiegati sia nel pubblico che nel privato, che gestiscono gli ecosistemi urbani, occupandosi di progettazione, pianificazione urbanistica, edilizia, ambiente, verde pubblico e gestione faunistica.

David Owen, giornalista del New Yorker, sostiene che Manhattan, con i suoi 26 mila abitanti per chilometro quadrato, sia un modello di città sostenibile, tesi sostenuta da molti studiosi delle scienze sociali ma avversata dagli ambientalisti. «L’82% degli abitanti di Manhattan che hanno un lavoro dipendente - scrive Owen - va in ufficio con i mezzi pubblici, in bicicletta o a piedi», aggiungendo anche che tale percentuale corrisponde a dieci volte quella media degli americani in generale e che Manhattan, nonostante il traffico intenso, ha il rapporto auto/residenti più basso degli Stati Uniti. Ma non solo. New York è accusata di generare quasi l’1% dei gas serra prodotti negli Usa, ma chi fornisce questo dato si dimentica di aggiungere che “la città ospita il 2,7% della popolazione del Paese” e, quindi, le emissioni risultano straordinariamente basse. Se poi si prendono altri parametri, si può vedere come nel bucolico Vermont - dice l’autore - gli abitanti consumano più acqua dei newyorkesi, tre volte più benzina, più del quadruplo dell’elettricità.

Sono ritratti mentre osservano alla finestra, sdraiati su letto, intenti ad ammirare un’opera d’arte. Sono famosi e sconosciuti, amici e indifferenti. In tutti regna il silenzio. Così come li ha colti il grande Henri Cartier-Bresson (1908-2004), il più grande e innovativo quando si parla di ritratti. Il più celebre fotografo del ventesimo secolo ha saputo cogliere in questi sguardi un particolare, una piega della storia (non importa se solo personale), un’anomalia degna di diventare arte e quindi messaggio universale. Lo ha fatto per oltre mezzo secolo con le star e con i viandanti che avevano la fortuna di incrociarlo. In questi sguardi silenziosi non ci sono artifici, ci sono solo l’istinto e il talento di CartierBresson, perché ricercare il silenzio interiore vuol dire ricercare la personalità. Le sue foto esprimono un grande senso di libertà, lo stesso che lo ha attraversato lungo tutto il secolo scorso, non proprio incline, soprattutto nella prima metà, agli spiriti liberi. In questo lavoro c’è sentimento e intuizione, cuore e cervello, gli stessi che hanno conquistato l’immaginario occidentale.

Questo libro costituisce la prima monografia edita in Italia dedicata a Malick Sidibé, il fotografo africano più noto a livello internazionale. Curioso del mondo dell’arte in senso esteso e fedele, nel suo percorso di ricerca, alla fotografia in bianco e nero, Malick Sidibé ha ottenuto importanti riconoscimenti, fra i quali si ricordano il Leone d’Oro alla carriera (Biennale di Venezia, 2007) e il World Press Photo nella sezione Arts and Entertainment a Amsterdam (2010). Il volume, pubblicato in occasione della prima grande esposizione dedicata in Italia al fotografo, propone una rassegna del suo lavoro, incentrato sui ritratti, e sulle immagini dedicate alla gioventù, alle feste e alle famiglie di Bamako negli anni Sessanta e Settanta. Il catalogo è introdotto da un testo di Laura Serani, che contestualizza l’opera di Sidibé in un’analisi più ampia della fotografia in Africa, e da un’intervista al fotografo condotta dalla giornalista Laura Incardona.

GILBERTO SQUIZZATO LA TV CHE NON C’È

MARCO DINETTI BIODIVERSITÀ URBANA

DAVID OWEN GREEN METROPOLIS

HENRI CARTIER-BRESSON IL SILENZIO INTERIORE

Minimum Fax, 2010

robin.marco@tiscalinet.it, 2010

Università Bocconi editore, 2010

Contrasto, 2010

Slow Food Editore, 2010

LA LONDRA DI BAILEY TRA WARHOL E GLI STONES LA SCUOLA DI DÜSSERLDORF LA GERMANIA CHE HA FATTO STORIA

David Bailey (1938) ha attraversato un’epoca con la sensibilità di chi sa cogliere il cambiamento nelle mode. Un’intera società è passata dal suo obiettivo carico di originalità, dando vita alla sognante e cosmopolita Swinging London, dopo l’austerità del secondo dopoguerra. La sua celebrità è legata a quella degli altri perché Bailey ha immortalato musicisti, artisti, attori e personalità degli anni ’60. L’opera contiene i suoi scatti più celebri come i ritratti dei mitici Rolling Stones, dell’eclettico Andy Warhol, dell’affascinante Catherine Deneuve, del misterioso Michael Caine e dei turbolenti gemelli Kray. Una raccolta di opere realizzate in ogni decennio della carriera di Bailey, comprese foto di famiglia e intensi scorci delle vie di Londra. Il saggio introduttivo, illustrato con una carrellata dei suoi scatti dagli anni ’60 a oggi, è dedicato all’importanza storica di Bailey come fotografo di moda, mentre ogni opera è corredata da brevi testi che ne svelano i retroscena.

La “Scuola di Düsseldorf” è un’avanguardia fotografica nata nel 1976 presso la Kunstakademie di Düsseldorf, i cui capostipiti furono i coniugi Bernard e Hilla Becher, di cui fanno parte tre generazioni di artisti: Andreas Gursky, Thomas Ruff, Thomas Struth, Candida Höfer, Axel Hütte, Simone Nieweg, Jörg Sasse, Laurenz Berges, Elger Esser e Petra Wunderlich. Dopo il Bauhaus, la “Scuola di Düsseldorf” è l’unico movimento artistico tedesco ad aver raggiunto un vasto riconoscimento internazionale e le opere di questi fotografi hanno di fatto sancito il riconoscimento del valore artistico della fotografia, in contrapposizione a quello documentario. Gli allievi hanno tutti sviluppato stili e percorsi personali di ulteriore innovazione rispetto ai loro insegnanti, pur mantenendo alcuni elementi comuni: la posizione “oggettiva” nei confronti del soggetto fotografato, la “disumanizzazione” delle immagini, la sperimentazione su grandi formati. STEFAN GRONERT LA SCUOLA DI DÜSSELDORF

Johan & Levi Editore, 2010

MALICK SIDIBÉ LA VIE EN ROSE

Silvana Editoriale, 2010

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SE AVETE LIBRI, EVENTI, PROGETTI DA SEGNALARE, SCRIVETE A MANCINO@VALORI.IT

IL PARADOSSO ALIMENTARE: PRODUZIONE AI MASSIMI MA IL MONDO HA FAME

ERIC HOLT GLIMENEZ, RAJ PALTEL CON ANNIE SHATTUCK FOOD REBELLIONS! LA CRISI E LA FAME DI GIUSTIZIA

fotografia

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DAVID BAILEY LOOK

Phaidon, 2010

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terrafutura

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LA CREATIVITÀ AL SERVIZIO DEL BENE COMUNE Ripetere i successi della prima edizione di un festival è sempre difficile. Per questo nel 2010, Scrivere sui margini - Festival delle letterature della società (Milano, 1-6 giugno) si presenta ancor più ricco di idee in evoluzione. I nomi “in cartellone” - il comico toscano Paolo Migone accanto a Valerio Massimo Manfredi, Giuseppe Culicchia, Mauro Corona - danno il senso di un evento culturalmente vario. Commistione e integrazione espresse anche dalla stessa location del festival, ovvero il cosiddetto Villaggio Barona, dove coesistono esperienze di partecipazione e residenzialità diverse, servizi alla persona, realtà associative e culturali, giovani imprese. Tema guida di quest’anno sarà il recupero, nel tentativo di «dare voce al sentimento, sempre più diffuso, di vivere un’epoca in cui creatività e innovazione si impongono come requisiti indispensabili per pensare e attuare il bene comune. Perché ciascuno di noi, in fondo, è in tempo per recuperare qualcosa». E così gli autori parleranno di radio di strada, periferie, terremoti, cucina con gli avanzi; ci saranno i laboratori creativi per bambini, gli spettacoli di Roberto Piumini, il reading del libro “Come mi batte forte il tuo cuore. Storia di mio padre” di Benedetta Tobagi. E ci sarà anche Valori.

MILANO CITTÀ DELLA CUCCAGNA SETTE ASSOCIAZIONI PER UNA CASCINA E chissà che anche a Milano non ci possa essere edilizia senza speculazione. A volerlo dimostrare è un consorzio di sette associazioni cittadine (Esterni, Chiamamilano, Cooperativa Cuccagna, Cooperativa Sociale Comunità Progetto, Cooperativa Sociale Diapason, Cooperativa Sociale S. Martino, Smemoranda Cooperativa) con il Progetto Cuccagna. Obiettivo: ristrutturare una delle più antiche cascine agricole milanesi (1695), la cascina Cuccagna appunto, nascosta tra i palazzi di Corso Lodi, alle spalle di Porta Romana, e strapparla al degrado per restituirla al quartiere trasformata in un “centro polifunzionale d’iniziativa e partecipazione territoriale”. Non un’impresa da nulla per delle realtà associative. E assai costosa, tanto che la richiesta di sostegno economico da parte della cittadinanza è essenziale e il countdown del denaro necessario per i lavori resta in bella vista sulla home page del sito ufficiale del progetto. Se tutto andrà bene la comunità potrà godere entro il 2011 di un ampio complesso (2000 metri quadrati di locali e altrettanti di corti e giardino) con orti e serre didattiche, una bottega per diffondere prodotti a filiera corta, una trattoria, un’agenzia per il turismo agricolo-territoriale, spazi per ospitalità temporanea, laboratori e spazi per incontri, esposizioni. Il Comune ha assegnato, con bando pubblico, in concessione ventennale al Consorzio Cantiere Cuccagna la gestione degli spazi, restano “solo” da trovare le risorse.

www.cuccagna.org www.scriveresuimargini.org | 70 | valori |

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ACQUISTI LEGGERI PER IL PIANETA

I VESTITINI DEI BAMBINI AIUTANO I DISABILI

LE MAPPE VOLONTARIE CHE AIUTANO HAITI

RUSSIA NUOVA PATRIA DELL’HI-TECH

Partiamo dalle fredde cifre: 78.600 chilowattora di energia non consumati (e quindi non prodotti), 18 tonnellate di CO2 non emessa in atmosfera e oltre 5,5 milioni di litri di acqua che non sono stati utilizzati per la produzione dei contenitori. Ci credereste che si possono risparmiare tante risorse ambientali solo cambiando il negozio dove facciamo la spesa? A Torino ci sono riusciti, in un anno di attività del primo Negozio Leggero (in via Giovanni Francesco Napione, 37/E), attraverso la riduzione degli imballaggi sulle sole vendite di vino, latte crudo e detersivo. Nel Negozio Leggero si vendono pasta, spezie, cereali, vino, detersivo, saponi. Ma ogni tipologia di merce viene proposta in forma sfusa ed è perciò possibile portarsi il proprio contenitore da casa e riempirlo a piacere, senza sprechi. L’ideaè di una società torinese, Ecologos - Science Shop/Ente di ricerca ambientale applicata, ed è diventata un progetto di franchising vincente. Dopo il primo esperimento, sono stati già inaugurati a maggio altri due negozi, a Novara in viale Roma 6 e a Saluzzo (Cuneo), in corso Roma 4.

In tempi di crisi economica ogni risorsa torna utile e parole come “riciclo” e “riuso” acquistano valore. In quest’ottica quattro anni e mezzo fa è nata l’esperienza di un piccolo, ma interessante, progetto di “recupero”, appunto, di abbigliamento per bambini: vestitini e accessori usati, donati da chi non ne ha più bisogno a un centro di raccolta, e poi selezionati, lavati e stirati da volontari, per essere poi rivenduti a basso costo in un “negozio solidale” nel centro di Monza, in provincia di Milano (via Francesco Frisi 9). A sviluppare l’iniziativa, sotto l’ombrello della cooperativa sociale Novo Millennio e della Caritas di Monza, una decina di volontari che gestiscono il negozio e trattano i capi: non se ne ricavano cifre da capogiro, naturalmente, ma l’importanza del progetto sta innanzitutto nei significati di rigetto degli sprechi e di solidarietà che si concretizzano in un ulteriore passaggio: il guadagno viene a sua volta donato da 18 mesi al centro per disabili Argonauta, anch’esso di Monza, chiudendo una sorta di cerchio ideale del dono che parte dal privato, si diffonde tra le associazioni e torna sull’individuo. Ma i responsabili del progetto denunciano che la crisi economica riduce i clienti e le donazioni.

Le chiamano open street map, sono mappe costantemente aggiornate da gruppi di volontari chiamati open mapper. Il funzionamento è semplice. Sul sito www.openstreetmap.org vengono raccolte le informazioni provenienti da fotografie aeree di tutto il mondo, aggiornate dagli utenti. La mappa si aggiorna spesso. Il progetto, che fa capo a una fondazione con sede a Londra, è basato su un concetto di democrazia dello spazio allargata. Se il colosso Google offre Google Earth e lo vincola alle proprie politiche di sviluppo, decidendo anche quali luoghi mappare e quali no, Open Street si ritrova spontaneamente ad avere un ruolo grazie alle migliaia di sostenitori volontari nel mondo. In alcuni teatri di crisi internazionali, dove ci sono guerre o spostamenti di massa, gli scenari geografici e spaziali (si pensi agli ospedali da campo) cambiano abbastanza rapidamente. Open Street, costantemente aggiornato grazie ad un flusso di informazioni e immagini provenienti dagli open mapper, ha avuto un ruolo importante per alcune Ong durante l’emergenza seguita al terremoto ad Haiti.

Il governo russo punta sull’innovazione tecnologica e coinvolge gli oligarchi del Paese per costruire una nuova Silicon Valley. Presentata al rientro da un viaggio di studio a Boston, dove ha sede il tempio laico dell’innovazione statunitense, il Mit (Massachusetts Institute of Technology), la nuova cittadella russa dell’innovazione si candida ad ospitare studenti e lavoratori dell’interazione più avanzata, provenienti da ogni parte del mondo. Il luogo prescelto è la cittadina di Skolkovo nei pressi di Mosca. Il progetto è stato affidato dal Cremlino alle cure dell’oligarca Viktor Vekselberg, intimo di Vladimir Putin e titolare, tra le altre, di Renova Holding, cui si devono recenti acquisizioni in numerosi Paesi, tra cui alcune (peraltro molto discusse) in Svizzera, investimenti internazionali nel settore del gas e il progetto di far nascere una nuova banca d’affari per gli stessi oligarchi russi. Per l’avvio della cittadella moscovita dell’innovazione sono stati previsti importanti sussidi da parte dello Stato e agevolazioni fiscali per le aziende.

www.ecologos.it www.negozioleggero.it www.detersivisfusi.it www.riducimballi.it

future

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SUL WI-FI KARLSRUHE IMITA PISANU E FA MALE IPAD, KINDLE, STREAK I PRODOTTI DIGITALI CAMBIANO I LETTORI E IL LAVORO DELL’EDITOR Esce iPad, si colorerà Kindle, si aspetta Streak: il futuro dell’editoria si anima di nuove terminologie di prodotti digitali. Si presentano, con abili campagne di marketing, nuovi e apparentemente indispensabili tablet ed e-reader e la grande e piccola industria dell’editoria cerca di adeguarsi. Cambia anche il mestiere dell’editor, chiamato a interagire con nuove figure professionali perché un conto è leggere un libro su carta, un altro navigare un ipertesto con animazioni, video e link. Abbastanza concordi gli esperti. A seconda delle abitudini, dell’attitudine all’acquisto elettronico e della diffusione della banda larga presto o tardi la rivoluzione digitale dell’editoria arriverà in tutti i continenti, come è arrivata ormai dappertutto quella della fotografia. In Italia, dove l’onda lunga dell’editoria digitale avrà alcune resistenze storiche, culturali e strutturali da superare o con cui convivere, debuttano le prime esperienze di progetti di “portabilità” dei contenuti per case editrici che vogliono trasformare l’attuale edizione cartacea in un file e-reader compatibile (Simplicissimus). Sotto il profilo del software libero, Stanza conferma il suo ruolo mentre Flash è sotto attacco per la scelta di Apple, strategica o solo commerciale, di non supportarne il codice, a favore del più rapido e snello Html5.

www.novomillennio.it |

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Una brutta notizia per le amichevoli abitudini degli utenti di network wi-fi, lasciati volutamente non protetti in Germania. La sentenza di una corte tedesca applica, infatti, le medesime e contestatissime normative dell’italianissimo “decreto Pisanu”. Questa volta sotto tiro non sono i potenziali terroristi che potrebbero usare Skype al bar per scambiarsi segreti e obiettivi, ma, più semplicemente, ragazzini che scaricano illegalmente file musicali. Usate la banda larga del vostro amico e vicino di casa o vi collegate al suo router wireless liberamente? Siete parte del network Phon e pensate di avere sempre qualche collega cui collegarvi nel mondo? Da oggi, almeno in Germania, sarà più difficile trovare un varco. La Corte Federale di Karlsruhe ha infatti stabilito che il titolare dell’accesso alla Rete risponde di ogni utilizzo, anche se non è direttamente riferito ad un suo computer. Sanzionato quindi il titolare di un contratto wi-fi che aveva lasciato l’accesso privo di password. Durante una sua (dimostrata) vacanza qualcuno si è collegato con un portatile e ha scaricato musica illegale. Il musicista ha denunciato e avviato l’iter repressivo. GIUGNO 2010

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indiceverde

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VALORI SOLAR ENERGY INDEX NOME TITOLO

ATTIVITÀ

PAESE

Conergy Centrotherm Photovoltaics Evergreen Solar First Solar GT Solar Manz Automation Meyer Burger Phoenix Solar PV Crystalox Solar Q-Cells Renewable Energy Corporation Roth & Rau SMA Solar Technologies Solar Millennium Solaria Solarworld Solon Sunpower Suntech Power Sunways

Sistemi fotovoltaici Linee produttive per pannelli solari Celle e moduli fotovoltaici Moduli fotovoltaici (film sottile) Linee produttive per pannelli solari Linee produttive per pannelli solari Seghe speciali per lavorazione pannelli Costruzione di centrali solari Silicio policristrallino Celle fotovoltaiche Silicio, celle, moduli fotovoltaici Linee produttive per pannelli solari Inverter solari Solare termico Moduli fotovoltaici Celle e moduli fotovoltaici Moduli e sistemi fotovoltaici Celle e moduli fotovoltaici Celle e moduli fotovoltaici Celle e inverter solari

Germania Germania USA USA USA Germania Svizzera Germania Gran Bretagna Germania Norvegia Germania Germania Germania Spagna Germania Germania USA Cina Germania

CORSO DELL’AZIONE 20.05.2010

RENDIMENTO DAL 15.10.08 AL 20.05.2010

0,73 € 27,50 € 0,96 $ 110,00 $ 5,31 $ 46,62 € 23,10 CHF 27,56 € 50,50 £ 5,03 € 16,26 kr 21,00 € 89,73 € 18,15 € 1,53 € 8,68 € 4,42 € 10,09 $ 9,51 4 3,96 €

-82,78% -6,87% -69,82% -1,75% 14,68% -38,11% 53,06% -9,61% -63,05% -86,06% -78,85% 9,49% 100,56% 10,74% -49,67% -56,43% -81,96% -67,96% -49,66% 41,43%

-25,63% € = euro, $ = dollari Usa, £= sterline inglesi, CHF = franchi svizzeri, NOK = corone norvegesi. Fonte dei dati: Thomson Reuters/Financial Times Nota: la rubrica “indice etico” ha natura puramente informativa e non rappresenta in alcun modo una sollecitazione all’investimento in strumenti finanziari. L’utilizzo dei dati e delle informazioni come supporto di scelte di investimento personale è a completo rischio dell’utente.

Meyer Burger brilla in una valle di lacrime a cura di Merian Research

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UN’IMPRESA AL MESE

IÙ L’EURO. GIÙ LE BORSE. E con esse tutti i titoli del solare (con poche eccezioni) che, come sem-25,63% Valori Solar Energy Index pre, tendono ad amplificare verso il basso o verso l’alto l’andamento medio dei mercati. L’indice solare di Valori perde per strada altri nove punti, precipitando a -25,63%. Crolla anche il Dow Jones Eurostoxx 50, il nostro parametro di riferimento, che scende a +1,70%, partendo però da Eurostoxx 50 +1,70% +13,19%. Tra tanta disperazione ci sono anche un paio di imprese che chiudono in positivo. Sono quelle dell’indotto, come abbiamo precisato il mese scorso. Come Meyer Burger, in vetrina questa settimana. Rendimento dal 15.10.08 al 20.05.2010 Un’impresa svizzera che si è specializzata nella produzione di macchine di precisione, usate in Meyer Burger www.meyerburger.ch particolare per il taglio dei wafer, che costituiscoSede Thun – Svizzera no i moduli dei pannelli. Grazie anche al rafforzaBorsa SWX - Zurigo mento del franco svizzero i ricavi, tradotti in euro, Attività Meyer Burger è un gruppo svizzero, fondato nel 1953, che produce macchine sono saliti nel 2009, mentre il numero dei dipendi precisione per l’industria fotovoltaica, usate in particolare per il taglio dei wafer che costituiscono i moduli dei pannelli. denti è cresciuto di quasi il 20% in seguito all’acÈ attiva anche nel mercato dei semiconduttori e nel settore dell’ottica di precisione. quisizione di Diamond Wire Technology, un’imRendimento dal 15.10.2009 al 20.05.2010 +53,06% presa americana che da 45 anni produce lame in Ricavi [Milioni di euro] Utile [Milioni di euro] Numero dipendenti 2008 diamante. E se gli ordini dall’Europa sono sta738 2009 297,21 295,45 gnanti, già da tempo Meyer Burger cerca lavoro in 630 Cina. Il 9 aprile scorso ha chiuso un contratto da 20 milioni di euro per la fornitura di seghe diamantate a Shangai Comtec. Uno dei maggiori 24,67 20,60 produttori cinesi di moduli solari.

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L’isterismo

Malattia infantile del capitalismo dal cuore della finanza londinese Luca Martino

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LL’INDOMANI DEL FALLIMENTO DELL’IDEOLOGIA ECONOMICA CENTRALIZZATA DELL’UNIONE SOVIETICA, nel suo “Il declino

del capitalismo”, il filosofo Emanuele Severino (foto) identificava nella degenerazione tecnocratica e nella presenza di alcuni “elementi di disturbo” quali la religione, il diritto e l’etica, le cause che avrebbero portato il capitalismo a un inevitabile declino: lo scopo originario del capitalismo, creare profitto, sarebbe diventato prima o poi qualcosa di diverso, che avrebbe reso l’intero sistema non in grado di sopravvivere a se stesso. Impossibile sapere come replicherebbero Adam Smith o David Ricardo, considerati i padri dell’ideologia economica liberale, che, nei loro scritti, nel Settecento, trattavano di produttori onesti e consumatori consapevoli, di saggi dei profitti e di divisione del lavoro, non usando mai neanche la parola “capitalismo”. Oggi, invece, ci si interroga circa le ragioni della recente crisi finanziaria e su nuovi sistemi di regole a salvaguardia dell’economia e viene da chiedersi che tipo di capitalismo si stia ridisegnando. Appare verosimile che il capitalismo di domani sia più efficiente, soprattutto in un’ottica di breve periodo e dal punto di vista “severiniano” della continua ricerca del profitto, ma sembra improbabile che il sistema economico di domani sia un sistema migliore rispetto a quello di oggi. Anche se si riuscisse nell’impresa di ridefinire le attuali regole dei mercati dei capitali, poco o nulla pare destinato a cambiare dal punto di vista di quello che Adam Smith teorizzava essere il fondamento della ricchezza di un Paese: non già il denaro, ma la produzione e il commercio. Quando anche tali “riforme” venissero approvate, oltre Se si vogliono realmente alle complessità legate alla loro implementazione, occorre ricordare evitare nuove crisi, occorre che la finanza pratica da tempo, e con immenso successo, chiedersi se hedge fund, lo shadow-banking e altre forme di arbitraggio regolamentare, fondi speculativi e mercati tanto più complesse quanto più rischiose, pensate per creare profitto secondari servano davvero al nostro sistema economico in assenza, di fatto, di alcun regime di controllo. E nulla fa pensare che questo non avvenga anche domani. Le stesse banche commerciali, indebitandosi enormemente, investono da tempo in un ammontare sempre crescente di attivi di tipo non tradizionale (tramite il trading, da cui derivano la maggior parte dei loro profitti) in un contesto sostanzialmente rischioso e deregolamentato. Se si volesse davvero evitare, e non semplicemente pensare di poter assorbire in maniera più “elastica” altre crisi, occorrerebbe ben altro livello di riforma dei mercati: bisognerebbe ripensare il sistema nel suo complesso, chiedersi se le operazioni di hedge fund e di fondi di private equity in ottica puramente speculativa, se i mercati secondari e i fondi monetari di tipo esotico, se le cartolarizzazioni e i paradisi fiscali servano davvero al nostro attuale sistema economico. Occorrerebbe anche riconsiderare l’isterismo di fondo dell’attuale sistema, esemplarmente rappresentato dalla volatilità dei mercati di oggi e dai blackout del computer trading di queste settimane. Una schizofrenia, teorica e operativa, sulla quale da anni il capitalismo fa leva per raggiungere crescite e profitti a doppia cifra. Perseverando in tale isterismo, l’intero edificio rischia di collassare in ogni momento e appare ridicolo continuare ad autoconvincersi che lo scopo di tutto ciò sia l’efficienza dei mercati. Lo scopo, vent’anni dopo l’ipotesi catastrofistica di Severino, è sempre la creazione del profitto basato sul denaro, fondamento di ricchezza di un Paese non già per Adam Smith, ma per noi capitalisti di oggi. todebate@gmail.com

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