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Parola d’ordine
Distanziati, soli, privati della libertà di vivere le emozioni dello spazio esterno, molti professionisti dell’architettura e del design partecipano alla creazione di nuovi progetti che contribuiscono a ripensare le priorità quotidiane, la sicurezza e la salute dei singoli individui
benessere abitativo
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“C he cos’è la felicità?” Una casa con dentro le persone che ami… Finalmente, una casa da dividere con Simon: un vero e proprio nido d’amore pieno di piante di cui prendersi cura e invaso da profumi di torte appena sfornate. In questo passaggio di ‘Amore, zucchero e cannella’, la giornalista e scrittrice Amy Bratley (Newton Compton Editori, 2014) racconta il senso della felicità nelle piccole cose ed evoca tante esperienze che quasi tutti hanno vissuto in questo periodo pandemico. Dalla corsa all’acquisto del lievito e della farina alle coppie in convivenza forzata, qualsiasi desiderio è ormai lecito nelle quattro mura degli appartamenti, dove tutto cambia, ma nulla si muove. Il coronavirus ha trasformato l’emergenza in immobilità duratura e resistente. E l’intero mondo ha dovuto riorganizzare i propri spazi privati e pubblici. Non ci sono percorsi già tracciati o guide all’uso da seguire: il problema è così profondo e radicato nella nostra psiche e nel nostro spazio fisico, che la difesa crea un nuovo habitat del rifugio, dove il distanziamento diviene il nuovo metro di misurazione per essere davvero al sicuro. La parola d’ordine? Misura! Ogni persona, attività o esperienza dev’essere pazientemente e scrupolosamente misurata nel bene o nel male. I gradi della febbre, i numeri dei morti e degli infetti e ancora: la distanza tra le persone, l’accessibilità agli spazi condivisi, le ore di apertura e chiusura dei negozi, l’orario del coprifuoco. Insomma, tutto diviene dato, lasciando sempre meno spazio all’interpretazione. O quasi. Si parla sempre meno di ‘smart city’ e più di ‘safe city’, dove il superamento dei limiti è già in parte evidenziato nella disciplina della prossemica: “Uno spazio (fisico, o sociale) può essere vissuto in modi differenti sia che si tratti, per esempio, di uno spazio (fisico) angusto e accidentato, oppure esteso e facilmente occupabile”. Tra il bisogno di socialità e l’esigenza dei contesti, il design assume sempre più un ruolo da mediatore nel rimodellare il contemporaneo, non più e non solo nelle forme degli oggetti, ma sempre di più nel funzionamento e nel significato dello ‘stare al mondo’. I princìpi spingono la realtà concreta delle cose a evolversi, ma la comunità è davvero pronta al cambiamento a medio o lungo termine del proprio stile di vita? Se si pensa alla ristorazione, si potrebbe arrivare alla conclusione, netta e definitiva, di un collasso senza punti di appoggio o zuccherini di ripresa. In realtà, a fronte delle misure restrittive, questo settore ha messo in moto immediatamente poche ma necessarie misure di sicurezza, le quali hanno mutato l’usuale ambiente del consumo alimentare. Ciò che, alla vigilia dell’estate scorsa, poteva sembrare un’estrosa operazione di sopravvivenza è diventata la realtà dei ‘divisori’ tra le persone a tavola, mantenendo il
Ripensare le città dopo la pandemia
La proposta degli architetti di RiAgIta propone un differente modello di habitat, ripensando le relazioni sociali e culturali nelle metropoli, mettendo al centro la società, e orientando lo sguardo dei decisori alla città come luogo di cui prendersi cura, insieme alle persone e luoghi che abitano e vivono. canale dell’ascolto e il contatto visivo tra le persone. Un adeguamento doveroso, per non tradire le aspettative degli individui, che a fronte di una realtà digitale sempre più immersiva ha bisogno di vivere esperienze di condivisione reale. Non più il luogo fisico accentratore di dinamiche e abitudini secolari, ma una realtà frammentata e dislocata su più punti di accesso rispetto all’esercizio commerciale tradizionale: dalle confezioni ‘Covid-free’, all’offerta sempre più personalizzata e itinerante; dall’eventualità di nuovi sistemi di sanificazione per il guardaroba, allo chef che educa all’alimentazione salubre divenendo una star dei social. Il ‘Covid-design’ punta, insomma, a dare risposte utili e semplici a problemi grandi e complessi, soprattutto nella vita domestica. A questo punto, l’ufficio in casa richiede una scrivania ‘multitasking’; la brocca dell’acqua muta la forma in una fontana ‘minimal-retrò’ in ottone e seminato alla veneziana; l’apriporta a gomito del progetto di Grippos evita il contatto diretto con la mano e il desueto ingresso o disimpegno torna protagonista negli appartamenti. In nome di un ritorno al passato, il progetto ‘RiAgIta’, acronimo di “Ripensare, ripartire, agire, laboratorio città Italia”, immagina una nuova idea di ‘casa a patio’ e di ‘stanze a cielo aperto’, auspicando e recuperando il rapporto tra grandi città e centri minori e tra uomo e natura. l
L’apriporta a gomito del progetto di Grippos
Un’idea nata nel 2015 grazie a Fondazione Cariplo che in occasione del progetto Crew, Codesign for REhabilitation and Wellbeing ha deciso di far coprogettare soluzioni a esperti e professionisti appartenenti a diversi settori della ricerca e della cura. Il progetto è in corso da più di un anno e da qualche mese è stata avviata la sperimentazione nei centri clinici.
La scrivania a scomparsa
Partendo dall’idea di una mensola, Hella di True Design è un ibrido concettuale tra una scrivania a scomparsa e una piccola libreria dal design minimal. Il sistema a ribalta la trasforma in una postazione di lavoro che ne dilata lo spazio e la rende funzionale