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Chung Eun Mo

“Con le mie opere provo a rendere la vita quotidiana più abitabile”

Credits: Galleria Alessandra Bonomo

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L’artista coreana in mostra alla Galleria Alessandra Bonomo di Roma (18 dicembre 2020-12 febbraio 2021): ci ha consegnato un biglietto di partenza verso suggestioni spaziali e cromatiche

In principio fu Lucio Fontana a parlare di concetto spaziale nelle serie ‘tagli’ e ‘concetti spaziali’. L’artista crea lo spazio nel momento in cui, lo pensa come un’entità, con la quale interagire. Fontana sposta l’attenzione dal manufatto artistico all’idea della sua creazione, un momento estremamente prolifico per l’artista, che deve necessariamente operare una selezione in ragione di un’immagine autonoma dal sé. Lo studio dei sistemi di rappresentazione dello spazio è un tema molto indagato e controverso nell’arte. Chung Eun Mo non si sottrae a questo difficile confronto, interpretandolo con una cromaticità multiforme ed esplorativa. La personale romana che porta il suo nome si compone di quattordici tele di forme e dimensioni differenti. E ogni singola rappresentazione è un momento di ‘conclusiva relatività’, annullando l’imposizione di un unico punto di vista. Quest’ultimo è un rimando ‘escheriano’ molto forte alla condanna dell’uomo a processare il proprio spazio nell’incomunicabilità con il mondo esterno, ma che trova in Chung l’idea di un ‘continuum spazio-temporale’ fluente e quasi indistinto. Non chiamatelo semplice astrattismo geometrico. L’artista coreana procede in modo metodico e meticoloso, percorrendo un doppio binario compositivo: da un lato, ci sono i giochi prospettici dei piani; dall’altro, i rettangoli, i quadrati e i cerchi, che sembrano coinvolgere e/o allontanare lo spettatore in una tridimensionalità ipnotica. Niente è come sembra: l’abilità tecnica di Chung lascia spazio volutamente all’imperfezione umana, che è, ciò che rende quella tela unica rispetto alla serialità dei prodotti commerciali. L’interessante scelta dell’olio su lino permette di evidenziare l’importanza della matericità della sua arte, percepita solo a un primo e distratto sguardo una semplice mappatura bidimensionale ma che in realtà ha la grandezza interiore della profondità.

Chung Eun Mo, in questo periodo di pandemia, l’arredamento va verso un certo minimalismo evocato anche dalle sue opere: i suoi ‘livelli abitabili’ possono rappresentare uno spazio mentale di resistenza di fronte al contagio?

“Le opere in mostra alla Galleria ‘Alessandra Bonomo’ sono state, per la mag-

gior parte, realizzate negli ultimi 5-6 anni, molto prima della circostanza in cui ci troviamo adesso. Ma se lo spettatore trovasse un certo sollievo dalla preoccupazione del presente, mi farebbe piacere”.

Guardando i suoi lavori c’è un continuo dialogo tra interno e esterno, colori forti e tenui, astrattismo geometrico e spazi reali: come nascono le sue opere?

“Nei dialoghi con i propri lavori, ciascuno arriva a scoprire e a formare un modo adatto di realizzare immagini che lo rispecchino e siano pertinenti al suo scopo. Preferisco lavorare in modo ordinato e con elementi ben definiti: con sagome geometriche semplici e colori misurati provo a costruire immagini che riflettano un senso di spazio e di luce. Un senso di spazio visto, immaginato, sentito e ricordato o non riconosciuto fino al momento in cui prende forma sulle tele”.

Il tema del sacro è espresso e interpretato in modo intimo e personale nelle ‘tre lunette’ e nel grande arco all’ingresso: il gioco di consistenze cromatiche diverse risponde all’esigenza di esplorare una spiritualità alternativa?

“Direi, forse, che sono piuttosto dalla parte del’profano’? Le lunette e il grande arco a cui vi riferite hanno più a che fare con elementi dell’architettura come aperture, finestre, porte…La metafora della pittura come finestra, nel senso di apertura verso una realtà parallela, è sempre esistita e la trovo valida su diversi livelli. Con le mie opere provo a rendere la vita quotidiana più abitabile”.

Credits: A. Forilli. Courtesy: Chun Run Mon

Nata a Seoul, negli anni ’60 vola a New York per studiare e, negli anni ’80, sceglie l’Italia come Paese in cui vivere: com’è riuscita a far convivere questi tanti mondi in un supporto, così ridotto nelle dimensioni, come la tela?

“Trovo che lo spazio della tela sia moltoampio, nonostante il limite della sua dimensione. I percorsi personali sono sempre presenti come sottofondo, ma non necessariamente appaiono nel lavoro in maniera diretta. È l’esigenza delle operea dirigere e si sovrappone su tutto. Forse ‘vita brevis, ars longa’ è un principio che può essere applicato anche in qui”.

Silvia Mattina Credits: Galleria Alessandra Bonomo

Sopra, Chung Eun Mo nel suo studio di Milano. Al centro, olio su lino - 140x140 cm. Sotto, Casa Ornella, Napoli - 2012 - colori sintetici su intonaco - 285x665 cm

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